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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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giurisprudenza, peraltro, è stata chiaramente specificata l’irrilevanza del consenso<br />

dell’avente diritto proprio con riguardo ad ipotesi di contagio da HIV da rapporto<br />

sessuale reiterato e non protetto: si afferma, infatti, che, ai fini della configurabilità del<br />

reato di lesioni gravissime, sia “del tutto irrilevante […] l’eventuale consenso della<br />

vittima”, essendo “la operatività della esimente di cui all’art. 50 c.p. […] esclusa” in<br />

caso di lesioni di diritti indisponibili, “quali sono le lesioni produttive di una<br />

diminuzione permanente della integrità fisica a fini non terapeutici”; si afferma,<br />

dunque, che la sussistenza o meno del consenso potrebbe rilevare solo ai fini della<br />

valutazione della gravità della condotta, nonché ai fini della concessione di eventuali<br />

circostanze attenuanti, ma non ai fini del giudizio inerente l’antigiuridicità della<br />

condotta e, dunque, l’esistenza del reato 734 .<br />

La seconda impostazione, del resto, appare eccessivamente rigorosa nel<br />

richiedere che il soggetto sieropositivo, pur adottando misure idonee a ridurre il<br />

rischio a termini prossimi allo 0%, debba necessariamente esporre aspetti attinenti il<br />

proprio stato di salute e, dunque, la sfera della propria riservatezza.<br />

In base alle osservazioni appena elaborate, si dovrebbe coerentemente<br />

concludere – a parere di chi scrive – che l’unica modalità esigibile, attraverso la<br />

quale la pratica del rapporto sessuale da parte del soggetto sieropositivo e<br />

consapevole del proprio stato possa restare nella sfera del rischio consentito, sia<br />

l’adozione del condom: essa sarebbe, ai fini dell’azione all’interno del “rischio<br />

consentito”, condizione necessaria e sufficiente; del resto, non dovrebbe essere<br />

necessaria, previa l’adozione del condom, l’informazione del partner; né tale<br />

informazione potrebbe essere sufficiente, in caso di mancata adozione del condom,<br />

ad instaurare una sfera di “rischio consentito”.<br />

Sin qui si è fatto riferimento al presupposto per il quale, ai fini del sorgere degli<br />

obblighi di adozione del condom o informazione del partner, il soggetto sieropositivo<br />

debba essere “consapevole del proprio stato”. Si tratta, a questo punto, di specificare<br />

quando, effettivamente, tale “consapevolezza” possa dirsi sussistente: se l’alternativa<br />

si pone fra la rilevanza del mero stato di “sospetto” e la “consapevolezza” in base<br />

all’esito positivo dell’apposito test, appare maggiormente condivisibile sostenere che<br />

solo in questa seconda ipotesi il soggetto possa dirsi “consapevole dello stato di<br />

sieropositività” e, di conseguenza, gravato dall’obbligo di adozione di idonee misure<br />

di riduzione del rischio connesso alla pratica del rapporto sessuale 735 .<br />

Un ultimo punto che – prima di passare all’analisi dei casi concreti – merita<br />

approfondimento è dato dalla valutazione se l’adozione del condom possa essere<br />

effettivamente sufficiente a costituire un effetto scriminante: la risposta dovrebbe<br />

essere affermativa in quanto, se così non fosse, si ricadrebbe nel controproducente<br />

risultato di rendere inefficaci le campagne di informazione le quali promuovono,<br />

appunto, l’adozione del condom; in particolare, se l’adozione del condom non<br />

comportasse efficacia scriminante, i soggetti infetti potrebbero essere indotti a<br />

rinunciare a priori all’utilizzo di tale metodo precauzionale, essendo essi nella<br />

consapevolezza di correre comunque il rischio di rispondere degli eventuali esiti<br />

lesivi che siano in rapporto materialmente causale rispetto alla condotta consistente<br />

della scarsa probabilità di contagio nel singolo rapporto, possa equivalere ad un consenso al rischio di<br />

contagio o morte, ma non certo agli eventi “contagio” o “morte” (ivi, 329).<br />

734 Trib. Savona, 6 dicembre 2007, in www.altalex.com<br />

735 Questa è la posizione accolta dalla dottrina maggioritaria, come evidenzia K. SUMMERER,<br />

op. cit., 308.<br />

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