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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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dovrebbe essere sufficiente, al medesimo fine, la sola seconda opzione<br />

(informazione del partner), alternativamente all’adozione del condom; si sostiene, in<br />

sintesi, che al soggetto sieropositivo debba essere concesso un certo margine di<br />

scelta fra comportamenti alternativi ed idonei a ricondurre l’attività sessuale da egli<br />

praticata nella sfera del “rischio consentito”, escludendo senz’altro la configurabilità<br />

di un dovere di astensione totale dall’attività sessuale per il soggetto infetto da HIV e<br />

consapevole di tale stato 732 .<br />

La seconda posizione citata, del resto, appare indubbiamente come più<br />

rigorosa, richiedendo che il soggetto sieropositivo e consapevole del proprio stato<br />

debba sia adottare idonee misure di contenimento del rischio di contagio, sia<br />

informare il partner del proprio stato di sieropositività.<br />

Entrambe le posizioni, a parere di chi scrive, manifestano dei punti critici. La<br />

prima ritiene sufficiente la sola informazione del partner, alternativamente<br />

all’adozione del condom, ma si tratta di un aspetto che non contribuisce in misura<br />

drastica alla riduzione del rischio (perlomeno non quanto l’adozione del condom,<br />

appunto, la quale riduce la percentuale di rischio a termini prossimi allo 0%); al più,<br />

dando per ipotesi la scelta di mancata adozione del condom con previa informazione<br />

del partner, tale informazione potrebbe contribuire a ridurre oggettivamente il rischio<br />

di contagio qualora sussistano fattori idonei ad incidere sulla misura del rischio e che<br />

siano a conoscenza del solo partner sano (per esempio, presenza di microlesioni o<br />

infezioni genitali nel partner sano, o presenza di altre malattie sessualmente<br />

trasmissibili). Per esempio, il partner non sieropositivo, se informato dello stato di<br />

sieropositività dell’altro, essendo consapevole di avere microlesioni genitali, potrebbe<br />

optare per l’astensione dal rapporto non protetto, cosa che non avrebbe fatto se<br />

avesse ritenuto l’altro partner sano: tuttavia, in questi casi, la “riduzione del rischio” si<br />

avrebbe, oggettivamente, con l’astensione dal rapporto non protetto, sicché non<br />

potrebbe parlarsi propriamente di “riduzione del rischio” connessa al rapporto. Il tutto<br />

tralasciando il discorso inerente il consenso dell’avente diritto: il contagio da HIV<br />

produce una lesione permanente all’integrità fisica e, dunque, attinge un bene<br />

giuridico indisponibile, per il quale la scriminante in parola non opera 733 . In<br />

obbligo “morale” di informazione del partner, accennando al fatto che le riflessioni in materia possano<br />

complicarsi ulteriormente qualora si considerino le stabili relazioni di coppia o il contesto del<br />

matrimonio: casi nei quali alcuni esponenti della dottrina, in forza del rapporto di fiducia intercorrente<br />

fra i soggetti coinvolti, ritengono sussistente comunque un obbligo di informazione del partner.<br />

732 K. SUMMERER, op. cit., 330.<br />

733 Sui limiti di operatività del consenso dell’avente diritto, G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit.,<br />

261 – 264. Risultano interessanti anche le considerazioni effettuate da K. SUMMERER, op. cit., 327 –<br />

328, che evidenzia la distinzione fra “autoesposizione a pericolo” ed “esposizione a pericolo di terzo<br />

con il suo consenso”: la prima si avrebbe nel caso in cui il soggetto intraprenda autonomamente una<br />

condotta per sé stesso pericolosa, oppure si esponga ad una preesistente situazione di pericolo; la<br />

seconda si avrebbe nel caso in cui il soggetto si esponga consapevolmente ad un pericolo provocato<br />

da un altro soggetto, il quale detenga il controllo di detto pericolo; si tratta, insomma, di una distinzione<br />

basata sull’identificazione del soggetto che detenga il controllo degli accadimenti. Si evidenzia, quindi,<br />

che, nel caso del rapporto sessuale non protetto, dovendosi individuare quale, fra i soggetti coinvolti,<br />

detenga il controllo, non si debba incorrere nell’errore di individuare necessariamente tale soggetto in<br />

quello infetto, posto che il “pericolo” è dato dal “rapporto sessuale non protetto”, e non dalla mera<br />

“contagiosità”: il che dovrebbe essere utile a non accollare necessariamente all’infetto conseguenze<br />

lesive dovute non già esclusivamente alla sua condotta, bensì all’atteggiamento “autolesionista” della<br />

vittima. Si precisa, inoltre, che il consenso ad un rapporto occasionale non protetto, in considerazione<br />

153

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