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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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2 . Contagio da HIV e responsabilità dell’AIDS carrier<br />

I casi di contagio da HIV tramite rapporto sessuale non protetto e/o senza<br />

informazione del partner costituiscono un ulteriore ambito interessante ai fini dello<br />

sviluppo della dogmatica inerente l’elemento soggettivo, resa ancor più complessa,<br />

in questo frangente, dalla necessità di contemperare diversi interessi giuridicamente<br />

rilevanti: da un lato, il diritto alla salute tutelato dall’art. 32 Cost.; dall’altro, il diritto<br />

all’autodeterminazione del singolo, nonché il diritto alla privacy ed alla riservatezza in<br />

capo al soggetto sieropositivo. In altri termini, si pone la problematica dell’individuare<br />

l’equo contemperamento fra diritti del sieropositivo e diritto alla salute del partner<br />

sano, posto altresì che il principio generale del neminem laedere dovrebbe<br />

comportare che il diritto penale debba esigere, dal soggetto sieropositivo<br />

consapevole del proprio stato, l’adozione delle cautele necessarie ai fini della<br />

neutralizzazione del pericolo 720 .<br />

È ormai una conoscenza quasi generalizzata il fatto che il rapporto sessuale<br />

non protetto sia una modalità di potenziale trasmissione del virus HIV; ed è<br />

altrettanto chiaro che l’eventuale trasmissione comporti una lesione del diritto alla<br />

salute per il soggetto precedentemente sano: sicché il rapporto sessuale non<br />

protetto, praticato dal soggetto sieropositivo e consapevole del proprio stato,<br />

costituisce sicuramente una tipologia di condotta la quale è catalogata come<br />

intollerabile dall’ordinamento; e lo è anche qualora si tratti di un rapporto singolo,<br />

nonostante la percentuale di rischio di contagio insita, appunto, nel rapporto singolo<br />

e non protetto si aggiri fra lo 0,1% e l’1 % (in misura comunque variabile in base a<br />

diversi fattori, quali tipologia del rapporto, presenza di microlesioni o infezioni genitali,<br />

presenza di altre malattie sessualmente trasmesse, tasso di viremia e sesso del<br />

partner infetto) 721 . È stato giustamente evidenziato che la dottrina (in particolare<br />

quella d’oltralpe) giustifichi la considerazione del singolo rapporto sessuale non<br />

protetto come “rischio intollerabile” sulla base degli effetti sociali che avrebbe la<br />

liberalizzazione dello stesso singolo rapporto non protetto: ciò che renderebbe<br />

“intollerabile” il rischio sarebbe la sommatoria dei rischi connessi al singolo<br />

rapporto 722 .<br />

Qualora il virus HIV venga effettivamente trasmesso, in genere si verifica un<br />

periodo di incubazione di durata variabile tra i 5 ed i 10 anni, a seguito del quale si<br />

manifesta lo sviluppo dell’Aids conclamata: e questa ha, come conseguenza quasi<br />

certa, la morte del soggetto infetto 723 . In base a tali considerazioni, è fondato definire<br />

la pratica del rapporto sessuale non protetto, posta in essere dal soggetto<br />

sieropositivo e consapevole del proprio stato, come condotta non solo<br />

potenzialmente lesiva dell’integrità fisica ma, nello specifico, come idonea ad avviare<br />

un decorso causale che, alla luce dell’attuale contesto medico – scientifico, conduce<br />

con “quasi certezza” alla morte del soggetto contagiato.<br />

Del resto, il rapporto sessuale protetto riduce il rischio, ma non lo azzera (pur<br />

rendendolo comunque, in linea di massima, prossimo allo 0%): si tratta, dunque, di<br />

720 K. SUMMERER, Contagio sessuale da virus HIV e responsabilità penale dell’AIDS – carrier,<br />

in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001, 1, 305 e nota (3).<br />

721 K. SUMMERER, op. cit., 307 e nota (11).<br />

722 Queste le considerazioni di K. SUMMERER, op. cit., 307 e nota (13).<br />

723 K. SUMMERER, op. cit., 307.<br />

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