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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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Le osservazioni appena esposte sono confermate dalle sentenze di legittimità le<br />

quali, a fronte di un comportamento che si potrebbe definire, genericamente, “guida<br />

spericolata”, ravvisano costantemente la colpa; se non altro, si afferma la sola colpa<br />

cosciente in mancanza di elementi idonei a dimostrare una presa di posizione della<br />

volontà nei confronti della realizzazione dell’evento lesivo (generalmente, morte o<br />

lesioni), ed in forza del principio in dubio pro reo. Un esempio emblematico di tali<br />

meccanismi è dato dal noto (e relativamente recente) “caso Bodac”, nel quale il<br />

soggetto accusato di aver investito due persone, procedendo alla guida di un veicolo<br />

di grossa cilindrata ed in stato di ebbrezza alcolica, fu condannato per omicidio<br />

colposo, con sentenze sostanzialmente concordi sino al terzo grado di giudizio: ma la<br />

tesi a sostegno della colpa cosciente, con negazione del dolo eventuale, era già<br />

stata affermata dalla Suprema Corte in sede di procedimento cautelare, dopo che,<br />

peraltro, tale tesi era stata applicata dal GIP e confermata dal Tribunale del<br />

riesame 708 .<br />

La pronuncia della Cassazione nell’ambito del procedimento cautelare sul “caso<br />

Bodac” richiama, condividendole, le osservazioni del Tribunale del riesame, in base<br />

alle quali la giovane età del conducente ed il fatto che egli fosse alla guida di un<br />

veicolo di grossa cilindrata (questo, peraltro, da poco nella sua disponibilità), il fatto<br />

che egli fosse alla presenza di amici ed accompagnato dal desiderio di attrarre la loro<br />

attenzione, l’ostentazione del veicolo “sgommando per il centro cittadino e<br />

procedendo a velocità eccessiva”, rivelavano il quadro di un giovane “spericolato ed<br />

eccitato”, indotto ad una condotta “estremamente imprudente e negligente”; l’aver<br />

superato più volte lo stesso percorso in modo spericolato senza incorrere in ostacoli<br />

di sorta avrebbe contribuito ad alimentare la condotta suddetta; inoltre, lo stato di<br />

ubriachezza avrebbe anche esso concorso a generare un “senso di onnipotenza”,<br />

che avrebbe condotto il soggetto a persistere nell’azione. Viene rimarcata, inoltre, la<br />

differenziazione tra “prevedibilità” e “concreta previsione” (quest’ultima necessaria ai<br />

fini dell’inquadramento del dolo eventuale), nonché la necessità di evitare<br />

affermazioni di dolo in re ipsa in base alla sola considerazione dell’attuazione<br />

consapevole di una condotta trasgressiva di regole cautelari. Si afferma, quindi, una<br />

distinzione fra dolo eventuale e colpa cosciente basata sul fatto che il primo si<br />

manifesti come previsione della concreta possibilità di realizzazione di un evento<br />

lesivo – dovendosi avere riguardo all’effettiva previsione, e a nulla rilevando la mera<br />

prevedibilità obiettiva –, accompagnata dall’accettazione del rischio di tale<br />

realizzazione; mentre la seconda si connoti per una rappresentazione della<br />

“semplice” possibilità di realizzazione dell’evento lesivo, accompagnata dalla fiducia<br />

nella non verificazione di esso.<br />

Considerazioni analoghe a quelle appena esposte, in ordine alla non sufficienza<br />

della mera violazione, per quanto grave e seppur consapevole, di regole cautelari ai<br />

fini dell’affermazione della volizione, benché in forma eventuale, dell’evento, sono<br />

riproposte ai fini dell’inquadramento della colpa cosciente – con parallela negazione<br />

del dolo eventuale – nell’ambito del “caso Lucidi” (supra, Cap. II, par. 4). In primo<br />

grado, e con rito abbreviato, l’imputato era stato condannato per omicidio doloso<br />

sorretto da dolo eventuale: il GUP, in particolare, aveva ravvisato tale elemento<br />

soggettivo (mentre, in sede di procedimento cautelare, il fatto era stato qualificato<br />

come omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento) richiamando la teoria<br />

708 Cass. Pen., Sez. IV, 10 febbraio 2010, n. 13089, in dejure.giuffre.it<br />

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