DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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colpa cosciente: quantomeno, si pone in evidenza la labilità del criterio dell’accettazione del rischio. Restano da analizzare le applicazioni del criterio della “previsione in concreto”: pur trattandosi di un’impostazione minoritaria, essa è stata effettivamente adottata in taluni casi 656 , ed in particolare, tra l’altro, proprio in ipotesi di omicidio come “sviluppo” di rapina a mano armata, mediante l’affermazione della responsabilità ai sensi dell’art. 116 del compartecipe il quale, pur non avendo commesso l’azione tipica dell’omicidio, avesse previsto in concreto la possibilità di realizzazione di tale evento come conseguenza dell’azione concordata 657 . È stato osservato, in dottrina, che una ricostruzione di questo tipo dovrebbe essere quella maggiormente garantista ed aderente al principio di personalità della responsabilità penale 658 . Ancora, a sostegno del principio della “previsione in concreto”, si è osservato che l’applicazione, in luogo di esso, del criterio della “prevedibilità in concreto” potrebbe condurre ad un indebito ampliamento della sfera del dolo eventuale, essendo facile che il giudizio sulla prevedibilità in concreto si tramuti in giudizio sull’effettiva previsione in concreto: la parte di dottrina alla quale sono riferibili tali osservazioni conclude, quindi, che la responsabilità ai sensi dell’art. 116 necessiti della previsione in concreto, effettiva, ma che si connoti in termini di mera possibilità o scarsa probabilità; si sostiene, altresì, che il dolo non intenzionale debba essere caratterizzato dalla rappresentazione della realizzazione del fatto di reato in termini di elevata probabilità, sicché si conclude comunque per l’ascrivere la responsabilità dolosa, in ogni sua forma, alla sfera dell’art. 110, e non a quella dell’art. 116; parallelamente, la responsabilità ai sensi dell’art. 116 verrebbe a collocarsi, effettivamente, al di fuori della sfera del dolo 659 . Una teoria di questo tipo ha sicuramente il pregio di inserirsi in un’ottica garantista, ma incorre nei limiti, più volte evidenziati, in cui incorrono, in linea generale, tutte le ricostruzioni basate su valutazioni di carattere quantitativo ai fini della distinzione di elementi, invece, qualitativamente diversi: è vero che il dolo eventuale sarà, di norma, più agevolmente ravvisabile allorché sussista una rappresentazione di realizzazione del fatto collaterale in termini di elevata probabilità, mentre sarà più agevole l’identificazione della colpa cosciente laddove il livello intellettivo fosse caratterizzato da percezione di livelli di probabilità meno intensi; tuttavia, ciò non legittima a far assurgere tali considerazioni a criteri di carattere decisivo o identificativo a priori, rispettivamente, di dolo eventuale o colpa cosciente. Da un altro punto di vista, ci si potrebbe chiedere se il dolo eventuale sia compatibile con l’atteggiamento psicologico del concorrente in relazione al reato da egli voluto (che dovrebbe essere il reato “originariamente” oggetto della compartecipazione criminosa): sembra fondato ritenere che, in mancanza di elementi a supporto della conclusione negativa, si possa propendere per la soluzione positiva, con la conseguenza che detto atteggiamento psicologico potrà assumere la forma del dolo eventuale 660 . È da rilevare, tuttavia, che parte della dottrina si sia pronunciata nel senso che il dolo eventuale rileverebbe soltanto con riguardo ad un 656 Tra le altre, Cass. Pen., Sez. I, 3 febbraio 1992, in Giust. pen., 1993, 2, c. 227. 657 Cass. Pen., Sez. I, 22 ottobre 1990, in Cass. pen., 1993, 1, 46. 658 E. DI SALVO, op. ult. cit., 127. 659 E. DI SALVO, op. ult. cit., 133. 660 S. PROSDOCIMI, op. ult. cit., 218. 132

eato effettivamente realizzato 661 , sicché l’atteggiamento psicologico del concorrente relativamente al reato da egli voluto e diverso da quello effettivamente realizzato potrebbe assumere valenza in forma di dolo eventuale soltanto qualora il reato voluto fosse stato anche esso realizzato, in aggiunta rispetto al reato diverso da quello voluto: ma tale conclusione non appare condivisibile, in base all’osservazione del fatto che l’art. 116 faccia riferimento, in ogni caso, ad un atteggiamento psicologico relativo al reato diverso da quello realizzato che avrebbe integrato il dolo se il reato fosse stato effettivamente commesso 662 . 4. Dolo eventuale e preterintenzione La preterintenzione costituisce una forma autonoma di elemento soggettivo, a sé stante e distinta rispetto a dolo e colpa: lo si evince dall’art. 42, comma 2, c.p., laddove esso dispone che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge” 663 ; nonché dall’art. 43, comma 1, alinea 2, c.p., ove compare la definizione di “delitto preterintenzionale”, il quale si avrebbe allorché “dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente”. La dottrina non manca di rilevare che, invero, la preterintenzione non costituisca effettivamente un elemento soggettivo “nuovo”, ma sia dato da dolo misto a responsabilità oggettiva 664 , ovvero dolo misto a colpa 665 : l’accoglimento della prima impostazione (preterintenzione come dolo misto a responsabilità oggettiva) conduce a valutare il delitto preterintenzionale come caratterizzato da un’azione dolosa diretta a commettere un delitto meno grave la quale realizzi, invece, un risultato lesivo più grave rispetto a quello voluto; risultato che viene accollato all’agente in base alla sola sussistenza di un nesso di causalità materiale fra la condotta da lui tenuta ed il risultato lesivo e, dunque, in base ad un criterio corrispondente alla responsabilità oggettiva 666 . La seconda tesi, d’altra parte, appare maggiormente conforme al principio costituzionale di colpevolezza, che renderebbe necessaria una rilettura costituzionalmente orientata di tutte le ipotesi originariamente previste come forme di 661 A. PAGLIARO, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto, Milano, Giuffrè, 1966, 46. 662 S. PROSDOCIMI, op. ult. cit., 220. 663 Analogo rilievo è effettuato da G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637. Gli Autori aggiungono che la preterintenzione dovrebbe considerarsi, altresì, come distinta rispetto alla responsabilità oggettiva, in base al dato normativo di cui all’art. 42, comma 3, c.p., il quale prevede che “la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione o omissione”: tale disposizione dovrebbe indicare, appunto, la responsabilità oggettiva, concepita a sua volta, dunque, come forma di responsabilità distinta rispetto a dolo, colpa e preterintenzione. Nondimeno, viene effettuato il rilievo delle sole due ipotesi pacificamente considerate come forme di delitto preterintenzionale: l’omicidio preterintenzionale (art. 584) e l’aborto preterintenzionale (art. 18, comma 2, legge 22 maggio 1978, n. 194). 664 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637. 665 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 128. 666 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637. Gli Autori evidenziano, a sostegno dell’accoglimento della tesi la quale vede la preterintenzione come dolo misto a responsabilità oggettiva, che la legge non faccia alcun riferimento alla necessità, ai fini della configurazione della responsabilità preterintenzionale, che l’evento più grave sia prodotto con colpa. 133

eato effettivamente realizzato 661 , sicché l’atteggiamento psicologico del concorrente<br />

relativamente al reato da egli voluto e diverso da quello effettivamente realizzato<br />

potrebbe assumere valenza in forma di dolo eventuale soltanto qualora il reato voluto<br />

fosse stato anche esso realizzato, in aggiunta rispetto al reato diverso da quello<br />

voluto: ma tale conclusione non appare condivisibile, in base all’osservazione del<br />

fatto che l’art. 116 faccia riferimento, in ogni caso, ad un atteggiamento psicologico<br />

relativo al reato diverso da quello realizzato che avrebbe integrato il dolo se il reato<br />

fosse stato effettivamente commesso 662 .<br />

4. Dolo eventuale e preterintenzione<br />

La preterintenzione costituisce una forma autonoma di elemento soggettivo, a<br />

sé stante e distinta rispetto a dolo e colpa: lo si evince dall’art. 42, comma 2, c.p.,<br />

laddove esso dispone che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla<br />

legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto<br />

preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge” 663 ; nonché dall’art.<br />

43, comma 1, alinea 2, c.p., ove compare la definizione di “delitto preterintenzionale”,<br />

il quale si avrebbe allorché “dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o<br />

pericoloso più grave di quello voluto dall’agente”.<br />

La dottrina non manca di rilevare che, invero, la preterintenzione non costituisca<br />

effettivamente un elemento soggettivo “nuovo”, ma sia dato da dolo misto a<br />

responsabilità oggettiva 664 , ovvero dolo misto a colpa 665 : l’accoglimento della prima<br />

impostazione (preterintenzione come dolo misto a responsabilità oggettiva) conduce<br />

a valutare il delitto preterintenzionale come caratterizzato da un’azione dolosa diretta<br />

a commettere un delitto meno grave la quale realizzi, invece, un risultato lesivo più<br />

grave rispetto a quello voluto; risultato che viene accollato all’agente in base alla sola<br />

sussistenza di un nesso di causalità materiale fra la condotta da lui tenuta ed il<br />

risultato lesivo e, dunque, in base ad un criterio corrispondente alla responsabilità<br />

oggettiva 666 . La seconda tesi, d’altra parte, appare maggiormente conforme al<br />

principio costituzionale di colpevolezza, che renderebbe necessaria una rilettura<br />

costituzionalmente orientata di tutte le ipotesi originariamente previste come forme di<br />

661<br />

A. PAGLIARO, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto, Milano,<br />

Giuffrè, 1966, 46.<br />

662<br />

S. PROSDOCIMI, op. ult. cit., 220.<br />

663<br />

Analogo rilievo è effettuato da G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637. Gli Autori<br />

aggiungono che la preterintenzione dovrebbe considerarsi, altresì, come distinta rispetto alla<br />

responsabilità oggettiva, in base al dato normativo di cui all’art. 42, comma 3, c.p., il quale prevede<br />

che “la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come<br />

conseguenza della sua azione o omissione”: tale disposizione dovrebbe indicare, appunto, la<br />

responsabilità oggettiva, concepita a sua volta, dunque, come forma di responsabilità distinta rispetto<br />

a dolo, colpa e preterintenzione. Nondimeno, viene effettuato il rilievo delle sole due ipotesi<br />

pacificamente considerate come forme di delitto preterintenzionale: l’omicidio preterintenzionale (art.<br />

584) e l’aborto preterintenzionale (art. 18, comma 2, legge 22 maggio 1978, n. 194).<br />

664<br />

G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637.<br />

665<br />

S. CANESTRARI, op. ult. cit., 128.<br />

666<br />

G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 637. Gli Autori evidenziano, a sostegno<br />

dell’accoglimento della tesi la quale vede la preterintenzione come dolo misto a responsabilità<br />

oggettiva, che la legge non faccia alcun riferimento alla necessità, ai fini della configurazione della<br />

responsabilità preterintenzionale, che l’evento più grave sia prodotto con colpa.<br />

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