DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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non fosse voluto, neppure nella forma indiretta, da parte del concorrente il quale<br />
avesse – questa volta sì – voluto la realizzazione di un reato diverso 650 : significa,<br />
dunque, che l’art. 116 richiede la totale mancanza di intenzionalità da parte<br />
dell’agente con riferimento al fatto realizzato e diverso, la quale deve essere esclusa<br />
anche nella forma dell’accettazione del rischio 651 .<br />
Tali conclusioni appaiono coerenti alla luce di diversi punti di vista: in primo<br />
luogo, in base alla considerazione per cui l’adozione del criterio della “prevedibilità in<br />
astratto” ai fini dell’inquadramento del concorso anomalo potrebbe condurre a<br />
risultati non congrui allorché l’evento fosse in astratto imprevedibile, ma prevedibile<br />
in concreto; in secondo luogo, in forza del fatto che, qualora si identifichi la<br />
correlazione fra responsabilità per concorso anomalo e previsione in concreto, si<br />
avrebbe una indebita disparità di trattamento fra realizzazione del fatto di reato<br />
monosoggettivo e realizzazione del medesimo in concorso: nel primo caso si<br />
avrebbe imputazione per dolo eventuale, con trattamento sanzionatorio ordinario; nel<br />
secondo, si avrebbe imputazione per concorso anomalo, con trattamento<br />
sanzionatorio ridotto rispetto a quello relativo al concorso “puro” di cui all’art. 110.<br />
Tutto ciò, a parere di chi scrive, è sicuramente lineare e logico ma,<br />
probabilmente, tende a trascurare la definizione di “dolo eventuale”: in effetti, la<br />
giurisprudenza che si è cimentata sull’argomento in questione ha avvallato<br />
pedissequamente il tradizionale criterio dell’accettazione del rischio il quale, di per sé<br />
considerato, suscita le problematiche che sono già state evidenziate all’interno del<br />
capitolo precedente (in particolare, ed in estrema sintesi, la difficoltà di conciliazione<br />
fra i concetti di “rappresentazione della possibilità di realizzazione dell’evento” e<br />
“sicura fiducia che l’evento non si verificherà”, ai fini dell’inquadramento della colpa<br />
cosciente; nonché il carattere ambiguo dell’espressione “accettazione del rischio” la<br />
quale, invero, parrebbe identificare proprio l’atteggiamento soggettivo tipicamente<br />
colposo). Inoltre, la medesima giurisprudenza sembra quasi escludere, ai fini della<br />
trattazione dell’argomento in questione, la categoria della colpa cosciente: infatti, la<br />
“previsione in concreto” potrebbe ben configurare, appunto, la colpa cosciente;<br />
ammettere il contrario significherebbe o configurare ipotesi di dolo in re ipsa<br />
(ritenendo sussistente l’elemento volitivo alla luce dell’elemento intellettivo in sé<br />
considerato), ovvero accoglimento di un’impostazione riconducibile al paradigma<br />
indicato dalla teoria della rappresentazione, non condivisibile per i motivi che sono<br />
già stati esposti (supra, cap. II, par. 1). Si vuole sostenere, cioè, che, laddove si<br />
identifichi il concorso anomalo qualora l’evento diverso sia rimasto nella sfera della<br />
mera “prevedibilità”, ed il concorso “puro” laddove, invece, l’evento diverso sia stato<br />
“concretamente previsto” ed “accettato” 652 , non viene menzionata l’ipotesi in cui<br />
l’evento sia stato previsto ma non accettato, ossia l’ipotesi della previsione non<br />
accompagnata da un atteggiamento psicologico che configuri una presa di posizione<br />
della volontà e, quindi, l’elemento volitivo necessario ai fini dell’inquadramento del<br />
dolo.<br />
650 Cass. Pen., Sez. I, 16 maggio 2003, n. 30262, in dejure.giuffre.it: “Per la sussistenza del<br />
concorso anomalo è necessario […] che l’evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo<br />
del dolo indiretto e che il reato più grave non sia stato già considerato come possibile conseguenza<br />
ulteriore e diversa della condotta criminosa concordata o che, nonostante la previsione, non sia stato<br />
ugualmente accettato il rischio del suo verificarsi.”<br />
651 Cass. Pen., Sez. I, 27 settembre 1996, n. 9487, in dejure.giuffre.it<br />
652 Cass. Pen., Sez. VI, 13 gennaio 2010, n. 18489, in dejure.giuffre.it<br />
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