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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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intenzionalmente perseguito, e qualora l’“intenzionalmente perseguito” e la<br />

“fattispecie – mezzo” siano realizzabili con la medesima condotta materiale; mentre il<br />

dolo indiretto si avrà per la fattispecie realizzata, non intenzionalmente perseguita, la<br />

quale, tuttavia, sia considerata come necessaria conseguenza connessa e<br />

collaterale rispetto alla realizzazione del fine intenzionalmente perseguito, e sia<br />

prevista come certa o altamente probabile 43 ; la fattispecie sorretta da dolo eventuale<br />

(si riserva la trattazione specifica della definizione di “dolo eventuale” secondo le<br />

varie teorie al cap. II) si distinguerebbe quindi, rispetto a quella realizzata con dolo<br />

indiretto, in primis dal punto di vista quantitativo, in quanto nell’ipotesi del dolo<br />

indiretto la realizzazione della fattispecie è prevista come certa o “quasi certa”,<br />

mentre nell’ipotesi del dolo eventuale la realizzazione del fatto è ritenuta dall’agente<br />

come possibile o probabile (comunque non “certa”); tuttavia, tale aspetto di carattere<br />

quantitativo comporterebbe conseguenze anche sul piano qualitativo dato che,<br />

nell’ipotesi del dolo indiretto, l’accettazione del fatto sarà senz’altro piena, mentre<br />

nell’ipotesi del dolo eventuale si resterà nell’ambito di graduazioni inferiori del livello<br />

di accettazione, che resterà quindi nella sfera dell’ipotetico 44 ; in ogni caso (dolo<br />

diretto, dolo indiretto, dolo eventuale) si avranno fattispecie realizzate con condotta<br />

caratterizzata comunque da un fine intenzionale (che nelle ipotesi diverse dal dolo<br />

intenzionale, ovviamente, non coincide con la fattispecie realizzata e che si assume<br />

sorretta, a seconda dei casi e alternativamente, da dolo diretto, indiretto o<br />

eventuale): in questo senso sarebbe soddisfatto il tenore letterale dell’art. 43, comma<br />

1, c.p., laddove vede inserito l’inciso “secondo l’intenzione” 45 . L’impostazione<br />

dottrinale la quale considera, quale forma intermedia fra dolo intenzionale e dolo<br />

eventuale, il solo dolo diretto, identifica quest’ultimo nell’ipotesi in cui la fattispecie<br />

non intenzionalmente perseguita sia realizzata in quanto mezzo necessario per il<br />

conseguimento del fine intenzionale, ed alla luce della certezza o “quasi certezza” di<br />

realizzazione della fattispecie stessa, facendo tuttavia rientrare in quest’ambito<br />

anche le ipotesi che, come si è osservato, altra parte della dottrina classifica come<br />

“dolo indiretto” 46 : il che, ad ogni modo, non appare in contrasto con la tesi per cui il<br />

termine “intenzione” utilizzato dal legislatore all’interno dell’art. 43 sarebbe riferito<br />

all’intenzionalità della condotta umana; anche in quest’ultimo caso, in effetti, si tratta<br />

di identificare una fattispecie non intenzionalmente perseguita e realizzata tramite<br />

una condotta la quale perseguisse intenzionalmente un fine ulteriore. Sulla base di<br />

quanto si è esposto, è possibile individuare una ricostruzione in base alla quale le<br />

diverse forme di dolo (intenzionale, diretto, indiretto, eventuale) sono (e devono<br />

essere) tutte caratterizzate da elementi i quali concretizzano il requisito psichico della<br />

volontà, seppur con gradazioni diverse di tale requisito: in questo senso, il rapporto<br />

fra “intenzione” e “volontà” si inquadra nel paradigma plus – minus, nel senso che si<br />

tratta di elementi i quali esprimono diverse gradazioni di un medesimo concetto<br />

sostanziale (e non concetti sostanzialmente differenti) 47 ; ne deriva, chiaramente, la<br />

riconduzione al paradigma plus – minus del rapporto fra dolo intenzionale, dolo<br />

diretto, dolo indiretto e dolo eventuale.<br />

43 S. PROSDOCIMI, op. cit., 132 – 135.<br />

44 S. PROSDOCIMI, op. cit., 135.<br />

45 S. PROSDOCIMI, op. cit., 33 e 137.<br />

46 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 361.<br />

47 G. CERQUETTI, op. cit., 184. Si accoglie, in particolare, la ricostruzione effettuata da Mario<br />

Romano relativamente al requisito della volontà nelle varie forme di dolo.<br />

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