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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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differenziazioni di valutazione fra tentativi “perfetti” e tentativi “imperfetti”, dato che<br />

questi ultimi configurano un pericolo meno concreto 595 .<br />

Volendo trarre conclusioni con riguardo alle varie impostazioni qui esposte,<br />

appare maggiormente condivisibile l’orientamento il quale nega la compatibilità fra<br />

dolo eventuale e delitto tentato; in effetti, non si vede per quale motivo l’art. 56 non<br />

dovrebbe costituire una fattispecie autonoma; nondimeno, posto che, in linea<br />

generale, l’oggetto del dolo debba riguardare tutti gli elementi rilevanti del fatto tipico,<br />

non si comprende in base a quale fondamento dovrebbe configurarsi un’eccezione<br />

per l’elemento dell’“univoca direzione degli atti”, richiesto dal legislatore all’interno<br />

della norma che definisce il delitto tentato. Una volta accolta la concezione del<br />

tentativo come fattispecie autonoma, è incontestabile la considerazione per cui la<br />

rappresentazione dell’univoca direzione teleologica degli atti verso la realizzazione<br />

dell’evento lesivo sia inconciliabile con la rappresentazione della sola possibilità (e<br />

non della certezza) di realizzazione dell’evento lesivo stesso, che non sia<br />

intenzionalmente perseguito e che sia collaterale (e non necessario o condizionante)<br />

rispetto alla realizzazione del fine intenzionalmente perseguito. Deve concordarsi,<br />

inoltre, con i rilievi mossi da quella parte di dottrina che evidenzia il permanere<br />

dell’incompatibilità fra dolo eventuale ed univocità anche qualora quest’ultima sia<br />

intesa in senso meramente oggettivo: infatti, il concetto stesso di tentativo è<br />

rivelatore di una tendenza verso uno scopo, la quale non può consistere in un<br />

elemento volitivo diverso dalla volontà diretta (o intenzionale) 596 .<br />

L’assetto in questione, come si è già precisato, può fondatamente dirsi essere,<br />

allo stato attuale, quello dominante in giurisprudenza: anche nell’ultimo biennio, tra<br />

l’altro, i giudici di legittimità hanno confermato che “è pacifico, in giurisprudenza, che<br />

l’ipotesi del tentativo richiede il dolo diretto, nella forma, al più, di dolo alternativo”<br />

mentre “non è configurabile, invece, ove ricorra il dolo eventuale” 597 (con riferimento<br />

ad un caso concreto in cui l’imputato, a bordo di un veicolo rubato e inseguito dai<br />

Carabinieri in una strada senza uscita, aveva proceduto in retromarcia, urtando l’auto<br />

della forza pubblica, mentre il maresciallo che aveva preso parte all’inseguimento era<br />

sceso dal mezzo, collocandosi alle spalle del veicolo rubato).<br />

2. Dolo eventuale e fattispecie con dolo specifico<br />

Il dolo specifico consiste in uno scopo che, ai fini della configurabilità del reato e<br />

per espressa previsione da parte della norma incriminatrice, deve essere preso di<br />

mira non essendo, tuttavia, necessario che esso venga effettivamente realizzato.<br />

Uno degli esempi tradizionalmente addotti ai fini della comprensione del concetto di<br />

dolo specifico è dato dal reato di furto, per la rilevanza del quale è necessario che<br />

l’agente realizzi la condotta perseguendo il fine di trarne profitto, non essendo invece<br />

necessario che il profitto, effettivamente, si realizzi 598 .<br />

Talvolta, il dolo specifico qualifica come reato una determinata condotta che, in<br />

mancanza del perseguimento dello scopo indicato, appunto, dal dolo specifico, non<br />

595 L. DE MATTEIS, op. cit., 995 – 996.<br />

596 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 468 – 469.<br />

597 Cass. Pen., Sez. I, 31 marzo 2010, n. 25114, in Cass. pen., 2011, 6, 2245.<br />

598 Cfr. G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 365, tanto per la spiegazione del concetto di “dolo<br />

specifico”, quanto per l’esemplificazione tramite il riferimento al delitto di furto.<br />

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