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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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anni ’90 si rilevano, dapprima, alcune sentenze di legittimità le quali tendono ad<br />

“aggirare” il problema, astenendosi da una netta presa di posizione sulla<br />

compatibilità fra dolo eventuale e tentativo, e risolvendo i casi specifici più “a monte”,<br />

valutando il vizio di motivazione sull’elemento soggettivo 560 ; successivamente,<br />

invece, inizia ad affermarsi l’impostazione a sostegno della non compatibilità fra dolo<br />

eventuale e delitto tentato 561 , la quale si protrae sino ai tempi più recenti 562 :<br />

fondatamente, quindi, può dirsi che, nel contesto attuale, l’orientamento<br />

giurisprudenziale affermato sia quest’ultimo.<br />

Per quanto concerne l’analisi strettamente sostanziale della posizione a favore<br />

della compatibilità fra dolo eventuale e tentativo, in via preliminare va notato che, nei<br />

casi giurisprudenziali concreti, si trattava perlopiù di ipotesi di “progressione<br />

criminosa” meramente “teorica” (in quanto l’evento più grave non veniva<br />

effettivamente realizzato) relativamente alla possibilità di lesione dei beni “vita” o<br />

“integrità fisica”, per le quali veniva prospettato il tentato omicidio, sorretto da dolo<br />

eventuale, con riferimento alla condotta di chi avesse provocato volontariamente<br />

lesioni; condotta, questa, che era considerata come accompagnata dall’accettazione<br />

del rischio di provocare l’evento più grave (la morte, nello specifico): in altri termini si<br />

trattava, principalmente, di casi in cui si inquadrava un reato doloso consumato il<br />

quale rappresentasse un determinato stadio di lesione di un bene giuridico, e con<br />

riferimento al quale veniva considerato configurabile un tentativo, sorretto da dolo<br />

eventuale, di lesione del medesimo bene giuridico ad uno stadio più elevato, posta<br />

l’affinità o omogeneità di “direzione” fra reato consumato e quello che era<br />

considerato come tentativo 563 .<br />

560 Cass. Pen., Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 3, in Cass. pen., 1993, 1, 14: i giudici di<br />

legittimità, in particolare, sostennero non fosse stata sufficientemente motivata sussistenza, ritenuta<br />

dai giudici di merito, della volontà omicida in capo ad una guardia giurata che, tentando di fermare un<br />

soggetto il quale conduceva un’automobile rubata, aveva esploso un colpo mirando agli pneumatici;<br />

colpo che, tuttavia, a causa del rinculo dell’arma, aveva ferito alla testa il guidatore, senza però<br />

provocarne la morte; i giudici di merito di secondo grado avevano effettivamente affermato la<br />

responsabilità dell’imputato a titolo di tentato omicidio, ma la motivazione da essi adottata presenta<br />

punti critici che vanno, invero, molto al di là della sola questione di compatibilità fra dolo eventuale e<br />

delitto tentato: sostanzialmente, la Corte d’Assise d’appello aveva affermato la sussistenza, al<br />

contempo, di dolo eventuale e dolo alternativo, sostenendo che l’imputato si fosse rappresentato la<br />

possibilità di uccidere accettandone il rischio e che, contemporaneamente, si fosse posto in una<br />

condizione di conseguire, alternativamente, il risultato di ferire o il risultato di uccidere.<br />

La soluzione della questione di compatibilità fra dolo eventuale e tentativo viene “aggirata”<br />

anche in Cass. Pen., Sez. Un., 15 dicembre 1992, n. 646, in Cass. pen., 1993, 5, 1095,<br />

fondamentalmente allo stesso modo in cui la medesima questione era stata evitata nella prima<br />

sentenza indicata all’interno della presente nota: viene ritenuto sussistente il vizio di motivazione con<br />

riguardo al dolo eventuale, relativamente alla sentenza di merito di secondo grado che aveva<br />

condannato l’imputato per tentato omicidio continuato (nel caso di specie, l’imputato aveva inferto<br />

colpi di coltello alla zona addominale della vittima, nel corso di un diverbio).<br />

561 A dire il vero, anche prima delle due pronunce delle Sezioni Unite di cui alla nota<br />

precedente, vi era stata da parte delle Sezioni semplici l’affermazione della incompatibilità fra dolo<br />

eventuale e delitto tentato. In questo senso, Cass. Pen., Sez. I, 2 novembre 1990, in Cass. pen.,<br />

1992, 10, 2343; Cass. Pen., Sez. I, 19 febbraio 1990, n. 1263, in Cass. pen., 1992, 10, 2345; Cass.<br />

Pen., Sez. I, 8 aprile 1991, in Cass. pen., 1993, 5, 1104.<br />

562 Tra le altre, Cass. Pen., Sez. I, 17 marzo 1995, n. 1219, in Cass. pen., 1996, 7 – 8, 2190; tra<br />

le più recenti, Cass. Pen., Sez. I, 31 marzo 2010, n. 25114, in Cass. pen., 2011, 6, 2245.<br />

563 Tali sono le osservazioni di S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis, 159. L’Autore aggiunge<br />

anche (ivi, 160): “il rapporto di progressione ravvisato fra le diverse lesioni sembra consentire la loro<br />

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