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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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eccessiva, dato che individuare l’elemento volitivo del dolo nell’accettazione del<br />

rischio effettuata tramite la deliberazione di subordinazione del bene giuridico<br />

esposto a pericolo rispetto al perseguimento del fine intenzionale non significa far<br />

divenire l’accettazione stessa oggetto di rappresentazione e volontà (il dolo è<br />

rappresentazione e volontà, quindi l’oggetto del dolo deve essere l’oggetto di<br />

rappresentazione e volontà); oggetto di rappresentazione e volontà resta l’evento,<br />

mentre la deliberazione è ciò che concretizza la volontà ed, anzi, proprio la<br />

volontà/accettazione dell’evento (non del mero rischio).<br />

Nondimeno vengono elaborate, da parte di Forte, considerazioni con riguardo<br />

alla dimensione oggettiva del “rischio”. Si evidenzia, nello specifico, che, mentre nelle<br />

ipotesi della realizzazione di attività potenzialmente pericolose, ma “consentite”,<br />

dotate di una certa utilità, e non indirizzate volontariamente alla lesione di beni<br />

giuridici, il “rischio consentito”, individuato attraverso le regole cautelari, svolga la<br />

funzione di esonerare da responsabilità i soggetti che pratichino tali attività, la<br />

medesima funzione non risulterebbe coerente nei confronti di soggetti che intendano<br />

ledere beni giuridici, magari con sfruttamento della potenziale pericolosità dell’attività<br />

svolta, comunque, entro il rispetto delle regole cautelari: in sostanza, mentre, nel<br />

caso della responsabilità colposa, il “rischio consentito” avrebbe una funzione di<br />

descrizione normativa, contribuendo proprio alla delineazione dell’illecito colposo, nel<br />

caso della responsabilità dolosa esso servirebbe ad individuare il livello di<br />

pericolosità della condotta in astratto e, di conseguenza, a determinare quali<br />

condotte siano rilevanti ai fini del giudizio eziologico 546 . Sin qui, tuttavia, si fa<br />

riferimento al dolo inteso come caratterizzato da “volontà” in senso stretto,<br />

considerata come “volontà in direzione dell’offesa”: questa, secondo l’Autore,<br />

mancherebbe nell’ambito della categoria del dolo eventuale, sicché ci si dovrebbe<br />

porre il problema di stabilire se, relativamente al dolo eventuale stesso, il “rischio”<br />

debba atteggiarsi alla stregua dei parametri propri della colpa, oppure<br />

conformemente a quelli propri del dolo. Orbene, muovendo dalla considerazione per<br />

cui la differenziazione di atteggiamento del rischio fra le ipotesi di dolo (caratterizzato<br />

dalla “volontà in direzione dell’offesa”, quindi con esclusione del dolo eventuale) e le<br />

ipotesi di colpa sia data dal fatto che le prime siano connotate dalla volontà<br />

dell’evento (mancante nelle seconde), e posto che il dolo eventuale mancherebbe di<br />

una “volontà” intesa propriamente come “volontà in direzione dell’offesa”, ne<br />

conseguirebbe che il rischio, in rapporto al dolo eventuale, dovrebbe atteggiarsi allo<br />

stesso modo del rischio caratteristico della colpa 547 . Da tali considerazioni, dovrebbe<br />

emergere un ulteriore argomento a favore della concezione del dolo eventuale come<br />

“doppione mascherato” della colpa cosciente.<br />

A supporto della tesi a favore della “commistione” fra dolo eventuale e colpa<br />

cosciente, sono state sviluppate anche osservazioni con riguardo ad un caso<br />

giudiziario che fece molto scalpore tra il 1997 e il 2003: si tratta dell’omicidio della<br />

studentessa Marta Russo, colpita da un proiettile partito dall’Aula assistenti della<br />

Città Universitaria dell’ateneo La Sapienza di Roma. Tralasciando le problematiche<br />

relative all’individuazione del movente, in sede processuale si pose il problema<br />

dell’identificazione dell’elemento soggettivo configurabile in capo all’imputato, il quale<br />

si sosteneva avesse sparato il colpo di pistola senza il fine intenzionale di uccidere,<br />

546 G. FORTE, op. ult. cit., 238, 265.<br />

547 G. FORTE, op. ult. cit., 266.<br />

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