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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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Cassazione – avevano ritenuto insussistente l’elemento soggettivo, in quanto<br />

avevano sostenuto che, ai fini del dolo, non fosse sufficiente una generica<br />

rappresentazione di un evento, ma fosse necessaria una rappresentazione del “dato<br />

storico nella sua globalità”; sulla stessa linea, i giudici di appello avevano evidenziato<br />

che la responsabilità dolosa per omissione ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p.,<br />

dovesse richiedere non solo l’effettiva consapevolezza della sussistenza dei<br />

presupposti dell’obbligo di agire, bensì anche una determinazione a non agire, con<br />

piena percezione – volizione del danno che la norma incriminatrice trasgredita<br />

tendesse ad evitare, concludendo che, nel caso di specie, non potesse dirsi<br />

raggiunta la prova in tal senso. Sennonché, i giudici di legittimità osservano le<br />

incongruenze della correlazione fra presupposti di partenza assunti dai giudici di<br />

appello e conclusioni dagli stessi tratte: se, da un lato, l’argomentazione adottata<br />

all’interno della sentenza di secondo grado sarebbe, in astratto, corretta, dall’altro<br />

non si adatterebbe coerentemente al caso concreto; effettivamente – rilevano i<br />

giudici di Cassazione – non si comprenderebbe come possa escludersi la rilevanza<br />

dell’atteggiamento soggettivo in capo al rettore il quale, essendo stato edotto degli<br />

accadimenti anomali che avvenivano all’interno della comunità, avesse dimostrato la<br />

più totale inerzia. Si giunge, sostanzialmente, a censurare la conclusione per cui<br />

l’imputato non avrebbe avuto una “piena percezione – volizione” del danno che la<br />

norma incriminatrice mirava ad evitare, nonché a ritenere infondata e non<br />

condivisibile la necessità, ai fini dell’attribuzione della responsabilità in casi di tale<br />

genere, di un dolo diretto. Si ammette, conseguentemente, la configurabilità del dolo<br />

eventuale.<br />

Sul versante dei reati omissivi propri, sono rilevabili numerose pronunce che<br />

ammettono la compatibilità del dolo eventuale con le ipotesi di fuga e omessa<br />

assistenza a seguito di incidente stradale riconducibile al proprio comportamento e<br />

con danni alle persone: nella maggior parte dei casi, viene proposto il tradizionale<br />

criterio dell’accettazione del rischio; accettazione la quale, tuttavia, viene<br />

generalmente dedotta alla luce della mera correlazione fra elemento cognitivo<br />

(rappresentazione della possibilità che si fossero verificati danni alle persone) e<br />

condotta consistente nell’allontanamento dal luogo dell’incidente, con omissione di<br />

verifica della sussistenza dei presupposti dell’obbligo di “fermarsi ed assistere”, ed in<br />

considerazione della particolare “pregnanza” dei dati di fatto (ad esempio, violenza<br />

dell’urto determinato dall’incidente, conseguenze al veicolo determinate<br />

dall’incidente, ecc.) dai quali avrebbe potuto ricavarsi la rappresentazione (anche in<br />

termini di mera possibilità) della sussistenza di detti presupposti 497 ; talvolta, in pratica<br />

497 Cass. Pen., Sez. IV, 25 settembre 2008, n. 47373, in dejure.giuffre.it, ove si afferma il dolo<br />

eventuale in capo al soggetto che, avendo percepito l’incidente stradale come riconducibile al proprio<br />

comportamento e come concretamente idoneo a provocare danni alle persone, si fosse – invece –<br />

allontanato dal luogo, senza accertare la sussistenza degli elementi integranti la fattispecie. Nello<br />

stesso senso, Cass. Pen., Sez. IV, 13 febbraio 2008, n. 12364, in dejure.giuffre.it: “per la sussistenza<br />

del reato di omissione di assistenza, è necessaria l’effettività del bisogno dell’investito, che viene<br />

meno nel caso di assenza di lesioni, di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più<br />

necessario, né utile o efficace, l’ulteriore intervento dell’obbligato, circostanze che non possono<br />

essere ritenute ex post, dovendo l’investitore essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione.<br />

In conclusione: non può invocare l’ignoranza del bisogno di assistenza chi, dopo avere cagionato un<br />

incidente caratterizzato da un urto diretto e violento del veicolo da lui condotto contro il corpo<br />

dell’investito, si sia dato alla fuga senza aver accertato lo stato della vittima”; Trib. Bari, Sez. II, 24<br />

gennaio 2008, n. 170, in dejure.giuffre.it (in questo caso si opta per l’assenza dell’elemento<br />

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