Tecnologie_e_Soluzio..
Tecnologie_e_Soluzio..
Tecnologie_e_Soluzio..
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1 - DCB Roma - Supplemento al n. 16 del 17 agosto 2010 di Ambiente&Sicurezza<br />
luglio/agosto 2010<br />
3<br />
SPECIALE<br />
BONIFICHE<br />
Come effettuare a regola d’arte<br />
l’allontanamento e lo scavo del terreno<br />
Inertizzazione e ossidazione chimica insieme<br />
Substrato vegetale iniettato in falda<br />
per ridurre gli organici clorurati<br />
Misura diretta dei gas interstiziali<br />
per una corretta analisi di rischio<br />
Il monitoraggio delle emissioni odorigene
In questo<br />
numero<br />
Sommario<br />
ISTRUZIONIPERL’USO<br />
n IN APERTURA<br />
Analisi di allontanamento e scavo<br />
Elmetti come parti del processo di bonifica<br />
Urti di Maria eCristina contatti Panigada pericolosi:<br />
e Damiano Romeo<br />
la scelta del corretto DPI<br />
per L’analisi proteggere di un progetto l’addetto di bonifica (in fase conclusiva),<br />
realizzato in Regione Lombardia relati-<br />
di vamente Casto DiaGirolamo, un sito con Maria destinazione Bonacci e David urbanistica D’Ambrosio<br />
residenziale e finalizzato all’edificazione di 4<br />
piani di box interrati e alla realizzazione preventiva<br />
di opere di consolidamento (paratie) permette<br />
di apprezzare la procedura utlizzata per<br />
asportare il terreno fino alla quota di -11,60 mt.,<br />
senza provocare cedimenti strutturali agli edifici<br />
insistenti sul perimetro dell’area interessata dal fenomeno.<br />
n TERRENO<br />
PROCESSIESISTEMI<br />
n IN APERTURA<br />
PROCESSI INTEGRATI<br />
Trattamento e inertizzazione on-site<br />
per gli idrocarburi e i metalli pesanti<br />
di Elio Crescini e Giuseppe Lonardini<br />
PAGINA II<br />
I trattamenti on-site prevedono la rimozione dei terreni<br />
contaminati, anche se l’operazione è gestita in<br />
loco nell’ambito del cantiere di bonifica, ricorrendo<br />
a impianti di taglia medio-piccola, spesso mobili;<br />
dopo il trattamento, per i materiali può essere previsto<br />
un riutilizzo, parziale o completo, per il ripristino<br />
dei luoghi. Il ricorso a questo tipo di soluzioni on-site<br />
è preferibile in caso di compresenza di contaminanti idrocarburici e metalli<br />
pesanti, sia per la difficoltà tecnica insita nell’ingegnerizzazione e nell’ottimizzazione<br />
di soluzioni in-situ sia per la limitata sostenibilità economica e ambientale<br />
di interventi off-site che prevedono lo scavo e il conferimento in impianti<br />
esterni di trattamento o smaltimento.<br />
PAGINA 8<br />
4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
n TRATTAMENTI<br />
I criteri di scelta per individuare la migliore tecnologia<br />
di Carlo Collivignarelli e Mentore Vaccari<br />
Alle tecnologie di bonifica dei terreni<br />
contaminati già consolidate,<br />
quali i trattamenti chimico-fisici,<br />
termici e biologici, sulla base di<br />
alcune recenti ricerche, si stanno<br />
affiancando interessanti prospettive<br />
di sfruttare processi non convenzionali<br />
quali la fitobonifica, il<br />
trattamento elettrocinetico e<br />
l’ossidazione chimica in situ. È,<br />
quindi, opportuno passare in rassegna<br />
i principali criteri da adottare<br />
per la scelta della migliore tecnologia da utilizzare.<br />
n DEGRADAZIONE ANAEROBICA<br />
Substrato vegetale iniettato in falda<br />
per ridurre gli organici clorurati<br />
di Giovanni Buscone, Sergio Cremona, Martin Slooijer e John A. Dijk<br />
Nell’ambito del progetto di bonifica di un sito industriale attivo, è stato avviato<br />
un test pilota per verificare l’applicabilità, a livello esecutivo, della tecnica di<br />
degradazione anaerobica riduttiva<br />
per la bonifica di acque sotterranee<br />
contaminate da composti organici<br />
clorurati. Il processo di degradazione,<br />
che nel caso specifico avrebbe<br />
luogo anche naturalmente, anche se<br />
con tempi molto più lunghi, è stato<br />
stimolato tramite l’iniezione in falda<br />
di un substrato di origine vegetale. È<br />
stata, inoltre, sperimentata l’efficacia<br />
di iniezione in falda con estrazione/dosaggio/iniezione<br />
a ricircolo<br />
continuo delle acque in modo da garantire un dosaggio costante di substrato.<br />
PAGINA 25<br />
n VAPORI<br />
Misura diretta dei gas interstiziali<br />
per una corretta analisi di rischio<br />
di Angiolo Calì e Giuseppe Prosperi<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
PAGINA 17<br />
I modelli di simulazione, basilari per l’analisi di<br />
rischio, richiedono generalizzazioni delle caratteristiche<br />
sito specifiche tali da non riflettere le<br />
complesse dinamiche che avvengono nel sistema<br />
esistente; in particolare, questo aspetto<br />
emerge con forza nei siti di piccole dimensioni<br />
dove alcune assunzioni risultano estremamente<br />
discostanti dalla realtà. A dimostrazione di<br />
quanto sopra, l’esame di cinque casi studio pone in rilievo la differenza, rispetto<br />
ai risultati dei modelli, dei risultati derivanti dalle misure delle concentrazioni<br />
dei gas interstiziali, in prossimità dei potenziali bersagli.<br />
PAGINA 31<br />
5
PRODOTTIESOLUZIONI<br />
n EMISSIONI ODORIGENE<br />
I SOA ai confini dell’area di bonifica<br />
come uno strumento di monitoraggio<br />
di Maurizio Benzo e Marco Tamberi<br />
Fin dall’inizio delle attività di<br />
scavo nel sito “ex raffineria” ubicato<br />
a La Spezia, sono apparse<br />
problematiche legate alle emissioni<br />
di sostanze odorigene e si è,<br />
quindi, posta la necessità di accorgimenti<br />
sito specifici per permettere<br />
il raggiungimento degli<br />
obiettivi di bonifica. A questo<br />
proposito, l’ARPA Liguria, in coordinamento<br />
con il dipartimento<br />
di chimica farmaceutica dell’Università<br />
di Pavia, ha studiato<br />
un sistema di monitoraggio in<br />
continuo dell’odore in grado di<br />
segnalare in anticipo il superamento<br />
della concentrazione di<br />
inquinanti odorigeni. Lo sviluppo di questa tecnologia è stata resa possibile<br />
grazie a “nasi elettronici” da installare al confine dell’area di bonifica in posizione<br />
corrispondente alle direzioni preferenziali del vento.<br />
PAGINA 38<br />
LEAZIENDEINFORMANO<br />
n IMPATTO<br />
Sostenibilità degli impianti:<br />
quali soluzioni innovative?<br />
di Massimo D’Avola, Michele Griglione, Marco Di Muro e Angiolo Calì<br />
Il fatto che le operazioni di bonifica siano finalizzate a ridurre le sorgenti di<br />
inquinamento nei diversi comparti ambientali, quali terreno, acque superficiali e<br />
sotterranee, spesso ne mette in ombra i costi<br />
energetici, sostenuti, ad esempio, per estrarre<br />
la contaminazione dalle matrici ambientali, trasferirla<br />
a sistemi di abbattimento o di stoccaggio<br />
e, infine, smaltirla quale rifiuto ai sensi della<br />
normativa vigente. A questo proposito, vengono<br />
analizzati due casi relativi a interventi eseguiti<br />
su siti di piccole dimensioni contaminati da idrocarburi,<br />
nei quali è stato utilizzato un apposito<br />
software analitico multicriteri per la valutazione<br />
della convenienza di un progetto o di una<br />
scelta caratterizzata da rilevanti impatti di tipo<br />
sociale, ambientale ed economico sul territorio,<br />
in modo da confrontare diverse soluzioni progettuali,<br />
basando la scelta della soluzione ottimale<br />
sui principi dello sviluppo sostenibile. PAGINA 43<br />
6 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
TECNOLOGIE&PRODOTTI<br />
n Schede tecniche DA PAGINA 51<br />
LEAZIENDEDELNUMERO3<br />
Direttoreresponsabile:<br />
MASSIMOCASSANI<br />
Coordinamento editoriale:<br />
Dario De Andrea (02/30223270)<br />
Redazione: Katia Rebucini (02/30223067)<br />
Proprietario ed editore:<br />
IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />
Presidente: GIANCARLO CERUTTI<br />
Amministratore Delegato: DONATELLA TREU<br />
Registrazione Tribunale di Milano n. 749<br />
del 9 novembre 1998.<br />
Sede legale: Via Monte Rosa, 91 20149 Milano.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
Nome Azienda Nome Prodotto Pagina<br />
8 SENAF SRL Ambiente e Lavoro<br />
8 S.I.M.I.N. SPA Simintech Concrete FPC<br />
III<br />
COPERTINA 7<br />
IV<br />
COPERTINA 7<br />
8 RIMINIFIERA Ecomondo PAGINA 3 7<br />
8<br />
8<br />
ARTENERGY<br />
PUBLISHING SRL<br />
GOLDER<br />
ASSOCIATES SRL<br />
Fiera Zero PAGINA I 7<br />
I sistemi di supporto<br />
a soluzioni innovative<br />
di progetto<br />
Progettiamo un mondo<br />
sostenibile da 50 anni<br />
Foto in copertina su gentile concessione di NCE S.r.l.<br />
PAGG.<br />
43/50 7<br />
Amministrazione:<br />
Via Monte Rosa, 91 20149 Milano.<br />
Direzione, redazione: Via Monte Rosa, 91 20149<br />
Milano Fax 02/30223992.<br />
IL SOLE 24 ORE S.p.A. Tutti i diritti sono riservati. Le<br />
fotocopie per uso personale del lettore possono essere<br />
effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di<br />
periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso<br />
previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile<br />
1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di<br />
carattere professionale, economico o commerciale o<br />
comunque per uso diverso da quello personale possono<br />
essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione<br />
rilasciata da AIDRO, C.so di Porta Romana n. 108,<br />
Milano 20122, segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org.<br />
Servizio clienti periodici: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />
Via Tiburtina Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 67061<br />
Carsoli (AQ).<br />
Tel. 3022 5680 (prefisso 02 oppure 06)<br />
Fax 3022 5400 (prefisso 02 oppure 06)<br />
I numeri non pervenuti potranno essere richiesti via fax<br />
al n. 0206/3022540206 o via email a servizioclienti.periodici@ilsole24ore.com<br />
entro 2 mesi dall’uscita<br />
del numero stesso.<br />
Abbonamento per 12 mesi (Italia): 155 euro<br />
Gli abbonamenti possono essere sottoscritti telefonando<br />
direttamente e inviando una fotocopia della<br />
ricevuta di pagamento sul c.c.p. n. 31481203.<br />
La ricevuta di pagamento tramite c.c.p. può essere<br />
inviata per posta a Il Sole 24 ORE, Via Tiburtina<br />
Valeria Km 68,700 67061 Carsoli (AQ) e via fax ai<br />
numeri 06/30225406 02/30225406.<br />
In questo ultimo caso non inviare la ricevuta per posta.<br />
Pubblicità: Rete Ediltarget Il Sole 24 ORE Businnes<br />
Media S.r.l. Via Goito 13 40126 Bologna Tel.<br />
051/6575889859 email: ediltarget@ilsole24ore.com.<br />
Stampa: IL SOLE 24 ORE S.p.A. Via Tiburtina<br />
Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 67061 Carsoli (AQ).<br />
7
n di Elio Crescini e Giuseppe Lonardini, NCE S.r.l.<br />
Nella gestione di interventi di bonifica on-site di terreni contaminati da metalli e idrocarburi, si pone il<br />
problema di combinare, nell’ambito dello stesso intervento, trattamenti finalizzati alla stabilizzazione dei<br />
metalli e processi che prevedono la rimozione o la degradazione degli inquinanti organici. Tra i possibili<br />
approcci al problema, si prendono in esame due diverse combinazioni di tecnologie caratterizzate dall’integrazione<br />
tra processi di inertizzazione e di ossidazione chimica.<br />
Processi
Idrocarburi Idrocarburi e metalli metalli pesanti: pesanti:<br />
trattamento e inertizzazione inertizzazione<br />
negli negli interventi interventi ”onsite”<br />
”onsite”<br />
integrati
Tra i possibili approcci progettuali per la gestione di un<br />
problema di contaminazione di terreni o sedimenti in<br />
compresenza di contaminanti idrocarburici e metalli<br />
pesanti può essere previsto il ricorso a soluzioni on-site,<br />
sia per la difficoltà tecnica insita nell’ingegnerizzazione e<br />
nell’ottimizzazione di soluzioni in situ con questa tipologia<br />
di inquinanti, sia per la limitata sostenibilità economica<br />
e ambientale di interventi off-site che prevedono lo<br />
scavo e il conferimento in impianti esterni di trattamento<br />
o smaltimento.<br />
I trattamenti on-site prevedono comunque<br />
la rimozione dei terreni<br />
contaminati, ma il trattamento viene<br />
gestito in loco nell’ambito del<br />
cantiere di bonifica, ricorrendo a impianti<br />
di taglia medio - piccola, spesso<br />
mobili; dopo il trattamento, per i<br />
materiali può essere previsto un riutilizzo,<br />
parziale o completo, per il<br />
ripristino dei luoghi.<br />
In questi casi la combinazione di interventi<br />
di solidificazione-stabilizzazione<br />
e di rimozione/degradazione<br />
dei contaminanti organici costituisce<br />
non solo un problema tecnico significativamente<br />
complesso per le marcate<br />
differenze in termini di processo,<br />
ma può presentare anche criticità rilevanti<br />
legate alla logistica di cantiere<br />
e alla complessità impiantistica.<br />
Sebbene esistano sul mercato diverse<br />
soluzioni tecnologiche promettenti,<br />
alcune delle quali non ancora<br />
pienamente sviluppate su scala industriale,<br />
che puntano all’integrazione<br />
di diversi processi, la specificità dei<br />
problemi emergenti nel caso di installazioni<br />
on-site con compresenza<br />
di contaminanti metallici e organici<br />
richiede comunque un dimensionamento<br />
caso-specifico tramite un<br />
percorso a step che prevede l’esecuzione<br />
di test alla scala di laboratorio<br />
seguiti da prove in impianti pilota.<br />
L’inertizzazione di terreni o sedimenti<br />
è una tecnologia completamente<br />
sviluppata su scala industriale<br />
e largamente applicata in impian-<br />
ti fissi o in impianti temporanei<br />
approntati presso grandi cantieri di<br />
bonifica, che ha l’obiettivo di immobilizzare<br />
i contaminanti, soprattutto<br />
i metalli, prevenendone il rilascio<br />
nell’ambiente, ma lasciandone inalterata<br />
la quantità e le caratteristiche.<br />
Questa tecnologia è prevalentemente<br />
basata su processi che hanno<br />
lo scopo di legare fisicamente i<br />
contaminanti in una massa inerte<br />
(solidificazione) e di ridurne la mobilità<br />
mediante reazioni chimiche<br />
tra il contaminante e gli agenti stabilizzanti<br />
(stabilizzazione) e prevede<br />
la miscelazione del materiale da<br />
trattare, eventualmente selezionato<br />
dal punto di vista granulometrico<br />
tramite processi quali, ad esempio,<br />
la vagliatura, con additivi che, nella<br />
maggior parte delle applicazioni<br />
meglio sviluppate, sono rappresentati<br />
da leganti idraulici quali calce o<br />
cemento, caratterizzati da un basso<br />
costo capitale e gestionale. Sono disponibili<br />
molte soluzioni sviluppate<br />
dai principali produttori di miscele<br />
cementizie, ampiamente sperimentate<br />
e ottimizzate per le varie applicazioni<br />
anche con aggiunta di ulteriori<br />
additivi (ad esempio, carboni<br />
attivi, polimeri organici, composti<br />
microincapsulanti, ecc.).<br />
Tra i processi di rimozione/degradazione<br />
dei contaminanti organici sviluppati<br />
in applicazioni on-site, trovano<br />
largo impiego tecnologie basate<br />
sulla degradazione per via<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
biologica dei contaminanti (ad esempio,<br />
biopile, bioreattori, landfarming,<br />
ecc.), sul trattamento termico<br />
(ad esempio, impianti mobili di desorbimento)<br />
o sul dosaggio, entro un<br />
sistema chiuso e controllato, di reagenti<br />
chimici (ad esempio, ossidanti<br />
come il perossido d’idrogeno o l’ozono),<br />
con lo scopo di convertire i contaminanti<br />
in forme meno o non pericolose,<br />
cioè in composti più stabili,<br />
meno mobili e/o inerti.<br />
In termini generali, la combinazione<br />
dei due processi può avvenire in modo<br />
sequenziale, quando uno dei due<br />
si configura come pretrattamento<br />
rispetto all’altro, o in modo simultaneo,<br />
quando entrambi i processi avvengono<br />
contemporaneamente.<br />
Nel seguito, vengono proposte due<br />
possibili combinazioni di tecnologie<br />
ritenute particolarmente interessanti<br />
sotto il profilo della semplicità<br />
e dell’integrabilità impiantistica:<br />
l una combinazione sequenziale di<br />
un pretrattamento di ossidazione<br />
chimica dei terreni, finalizzato alla<br />
degradazione dei contaminanti<br />
organici, seguito da un processo di<br />
stabilizzazione per via chimica dei<br />
metalli, mediante fosfatazione;<br />
l una combinazione simultanea di<br />
un processo di degradazione della<br />
sostanza organica con reagenti ossidanti<br />
e di un processo di stabilizzazione/solidificazione<br />
con leganti<br />
idraulici.<br />
Dal punto di vista operativo, le combinazioni<br />
indicate corrispondono alle<br />
seguenti tipologie di impianto:<br />
A. Un impianto costituito da una sezione<br />
di trattamento in torbida con<br />
ozono gassoso, collegato a una sezione<br />
di dosaggio di acido fosforico per<br />
la fosfatazione della torbida con tecnologia<br />
Novosol ® (si veda la figura 1).<br />
B. Un comune impianto mobile di betonaggio<br />
in cui dosare, oltre al materiale<br />
da trattare, dei leganti idraulici<br />
tradizionali, acqua e additivi quali<br />
persolfato di sodio ed eventuali<br />
agenti attivanti (si veda la figura 2).<br />
10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
TRATTAMENTO IN TORBIDA DI TERRENI MEDIANTE OSSIDAZIONECHIMICA<br />
CON OZONO GASSOSO E SUCCESSIVA STABILIZZAZIONE MEDIANTE FOSFATAZIONE<br />
La soluzione proposta prevede la<br />
combinazione di una tecnologia di ossidazione<br />
con ozono dei terreni in torbida<br />
e di una tecnologia di fosfatazione<br />
corrispondente al processo brevettato<br />
Novosol ® che prevede il dosaggio<br />
nella torbida di acido fosforico.<br />
L’ozono, composto gassoso dall’elevato<br />
potere ossidante, ha buone capacità<br />
degradative nei confronti di tutte<br />
le categorie di composti contaminanti<br />
organici d’interesse nel campo dei siti<br />
contaminati, è largamente e stabilmente<br />
impiegato in moltissime applicazioni<br />
industriali e ambientali per<br />
l’abbattimento della sostanza organica<br />
e di inquinanti, in particolare, quasi<br />
sempre in impianti che prevedono il<br />
suo dosaggio in una fase liquida o in<br />
sistemi multifase quali torbide.<br />
Il trattamento di ossidazione prevede<br />
l’impiego delle seguenti sottosezioni<br />
impiantistiche, a valle di un<br />
sistema di selezione granulometrica<br />
mediante vagliatura:<br />
l un serbatoio agitato per la formazione<br />
e il mantenimento della torbida<br />
(rapporto solido-liquido prossimo<br />
a 1:10);<br />
l un sistema di contatto con ricircolo<br />
nel serbatoio;<br />
l un sistemadiproduzionedell’ozono;<br />
l un sistema di distruzione dell’ozono.<br />
La reazione di fosfatazione prevede<br />
l’aggiunta di acido fosforico al 75%<br />
entro una miscela pompabile di terreno<br />
e acqua in rapporto 1:1, nella<br />
quale avviene la precipitazione di<br />
apatite per reazione tra l’acido e il<br />
calcio presente nel terreno.<br />
La sezione di fosfatazione, combinabile<br />
in successione al trattamento<br />
con ozono, prevede:<br />
l un sistema di adeguamento del<br />
rapporto acqua-terreno nella torbida,<br />
che deve raggiungere un rapporto<br />
prossimo a 1:1;<br />
l una sezione di dosaggio in linea di<br />
acido fosforico;<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
l una sezione di sgocciolamento,<br />
con ricircolo dell’acqua;<br />
l una sezione di essiccazione.<br />
In presenza di una specifica matrice<br />
da trattare, il dimensionamento dell’impianto<br />
deve necessariamente<br />
passare attraverso prove di trattabilità<br />
a diverse scale, per verificare<br />
l’efficacia del trattamento e stabilire<br />
i tassi di efficienza sulla specifica<br />
matrice e calibrare i principali parametri<br />
di processo.<br />
In particolare, per il processo di ossidazione<br />
sono necessari:<br />
l test di ozonizzazione in colonna,<br />
5 Figura 1 – Schema a blocchi combinazione A<br />
5 Figura 2 – Schema a blocchi combinazione<br />
con volumi di 5-10 litri di torbida,<br />
mediante i quali verificare l’efficacia<br />
e l’efficienza del processo in<br />
termini di fabbisogno specifico di<br />
reagente;<br />
l test di trattabilità in un impianto<br />
pilota, su volumi di 200-300 litri di<br />
torbida, mediante i quali verificare<br />
i parametri di dimensionamento<br />
delle sezioni impiantistiche, le<br />
portate di ricircolo e di dosaggio<br />
dell’ozono.<br />
Per il processo di fosfatazione sono<br />
necessari:<br />
l prove alla scala di laboratorio, su<br />
11
pochi chilogrammi di terreno, per<br />
verificare i dosaggi di reagente, le<br />
condizioni di reazione e le eventuali<br />
necessità di sistemi di controllo<br />
di parametri quali il pH, la<br />
temperatura, ecc.;<br />
l prove alla scala di impianto pilota.<br />
Prove di questo tipo vengono condotte<br />
tramite impianti pilota in<br />
grado di trattare quantitativi nell’ordine<br />
dei 300 l/h di torbida, simulando<br />
le condizioni degli impianti<br />
su scala industriale.<br />
Il programma operativo generale di<br />
esecuzione di ciascuna prova pilota<br />
è articolato in diverse fasi esecutive:<br />
l individuazione e preparazione del<br />
materiale rappresentativo da sottoporre<br />
a prova;<br />
l campionamento del materiale da<br />
trattare e caratterizzazione analitica<br />
del materiale da trattare;<br />
l esecuzione della prova;<br />
l campionamento e caratterizzazione<br />
analitica del materiale trattato<br />
in ciascuna sessione di prova.<br />
Prova pilota di trattamento<br />
in torbida con ozono<br />
Sistema di prova<br />
L’impianto pilota ripropone lo stesso<br />
schema impiantistico dell’impianto<br />
industriale, con le unità operative<br />
distinte (si vedano le foto 1):<br />
A. Un serbatoio agitato, costituito<br />
da un serbatoio cilindrico in PVC ad<br />
asse verticale con fondo conico,<br />
cielo flangiato, capacità massima<br />
di 400 litri (diametro 900 mm, altezza<br />
circa 600 mm) e dotato di un<br />
agitatore ad asse verticale con elica<br />
e deflettori interni, con motore<br />
da 1,5 kW (si veda la foto 2). Il<br />
serbatoio è dotato di un bocchello<br />
flangiato con coperchio a tenuta<br />
da 200 mm per il carico della miscela<br />
(terreno e acqua), uno scarico<br />
di fondo DN 40, un ingresso di<br />
ricircolo DN 40 e 2 bocchelli filettati<br />
per interfacciare sonde di monitoraggio<br />
e misura delle condizioni<br />
di reazione o per il dosaggio di<br />
5 Foto 1 – Prospetto laterale dell’impianto pilota e immagine della torre di contatto<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
ulteriori reagenti per l’ottimizzazione<br />
del processo (ad esempio, altri<br />
ossidanti, come perossido di<br />
idrogeno, o agenti modificatori del<br />
pH di reazione).<br />
B. Un sistema di contatto in controflusso<br />
gas-liquido, costituito da<br />
un serbatoio cilindrico verticale in<br />
PVC trasparente con una capacità<br />
di circa 70 l, dimensionato al fine<br />
di massimizzare il tempo di contatto<br />
tra l’ozono gassoso insufflato<br />
dall’estremità inferiore tramite un<br />
diffusore ceramico e la miscela da<br />
trattare, introdotta dalla sommità<br />
del cilindro. La miscela, proveniente<br />
dal serbatoio, viene pompata<br />
e introdotta nella parte sommitale<br />
della colonna fino al completo<br />
e progressivo riempimento del serbatoio<br />
lungo il suo sviluppo verticale.<br />
Il livello viene stabilizzato<br />
agendo sulle valvole di svuotamento<br />
e di mandata della pompa in modo<br />
da creare un ricircolo per bilanciamento<br />
tra il flusso di carico<br />
12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
sommitale e il flusso di scarico inferiore.<br />
Il reagente in eccesso è<br />
estratto dall’alto e inviato a distruzione<br />
termica.<br />
C. Un impianto di produzione di<br />
ozono costituito da:<br />
1. unità di produzione e preparazione<br />
aria. L’aria di alimentazione<br />
al generatore deve essere<br />
priva di polveri, olio ed essiccata<br />
a punti di rugiada di almeno - 60<br />
°C. L’unità di preparazione dell’aria<br />
è composta da un compressore<br />
rotativo con prefiltro, un<br />
postraffreddatore a scambio<br />
aria/acqua con separatore di<br />
condensa, un serbatoio dell’aria<br />
compressa, dei filtri disoleatori<br />
a cartuccia, un essiccatore a colonne<br />
con setacci molecolari<br />
(due colonne lavorano alternativamente<br />
in un ciclo assorbimento/rigenerazione),<br />
un filtro polveri<br />
e gli elementi di controllo e<br />
strumentazione;<br />
2. generatore di ozono. L’ozono<br />
è prodotto nel generatore per<br />
azione di una scarica elettrica,<br />
indotta per mezzo dell’“effetto<br />
corona”, sull’ossigeno contenuto<br />
nell’aria atmosferica di alimentazione<br />
transitante nell’interspazio<br />
calibrato esistente tra<br />
un tubo di acciaio (elettrodo di<br />
terra) e un tubo dielettrico interno<br />
e coassiale (l’elettrodo di alta<br />
tensione). All’esterno di questi<br />
tubi scorre il liquido refrigerante<br />
(acqua) che asporta il calore pro-<br />
5 Foto 2 – Interno del serbatoio agitato<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
dotto dalla scarica di formazione<br />
dell’ozono (si veda la figura 3).<br />
D. Un impianto di distruzione dell’ozono.<br />
A garanzia della completa<br />
riconversione in ossigeno dell’ozono<br />
residuo in uscita dal reattore, è<br />
installato un sistema di distruzione<br />
termica dell’ozono, capace di garantire<br />
una concentrazione di ozono<br />
nel gas di scarico non superiore<br />
a 0,01 ppm.<br />
Programma di esecuzione<br />
della prova<br />
Un programma completo di esecuzione<br />
delle prova pilota può richiedere<br />
circa 10 giorni, comprensivi dell’installazione<br />
e dello smantellamento<br />
dell’impianto, dello start-up e di alcune<br />
sessioni di prova (si veda la foto 4).<br />
Il trattamento previsto è di tipo discontinuo<br />
(in batch), ovvero la conduzione<br />
delle reazioni avviene caricando<br />
la miscela terreno/acqua nel<br />
reattore, e rimuovendo, dopo trattamento,<br />
i prodotti di reazione prima<br />
di procedere con un nuovo inserimento<br />
di materiale da trattare.<br />
L’esecuzione prevede le seguenti fasi<br />
operative principali:<br />
l Preparazione dei substrati da<br />
trattare. Al fine di minimizzare il<br />
rischio di intasamento del circuito<br />
di ricircolo della sospensione nell’impianto<br />
pilota, è opportuno<br />
prevedere una vagliatura dei materiali<br />
con maglia 4 mm (si veda la<br />
foto 5).<br />
l Preparazione dei reagenti. In que-<br />
sta fase vengono avviati all’impianto<br />
di produzione e di distruzione<br />
dell’ozono, verificandone il<br />
posizionamento nel regime di funzionamento<br />
desiderato per la specifica<br />
sessione di prova.<br />
l Caricamento del serbatoio. Questa<br />
fase prevede l’introduzione di<br />
circa 200 litri di acqua attraverso il<br />
bocchello di carica superiore,<br />
l’avvio dell’agitatore e della pompa<br />
di ricircolo, l’introduzione progressiva<br />
del materiale, selezionato,<br />
vagliato e caratterizzato, attraverso<br />
il bocchello di carica.<br />
l Trattamento. Una volta stabilizzate<br />
le condizioni di ricircolo, la sequenza<br />
di avvio del trattamento<br />
comporta la regolazione manuale<br />
del potenziometro del generatore<br />
per impostare il livello di produzione<br />
di ozono desiderato, mantenuto<br />
nel corso del tempo di prova,<br />
al termine del quale viene effettuato<br />
un campionamento per mezzo<br />
di apposito rubinetto di prelievo<br />
al di sotto del serbatoio agitato.<br />
L’intensità del trattamento può essere<br />
variata in funzione dei seguenti<br />
parametri:<br />
- la portata di ricircolo (in termini<br />
di m 3 /h di torbida, e quindi di kg/<br />
h di terreno da trattare, o di g/h<br />
di contaminanti da abbattere);<br />
- la produzione di ozono (in termini<br />
di g/h di ozono, a sua volta<br />
variabile in funzione della portata<br />
della miscela aria-ozono e di<br />
quantità di ozono all’interno della<br />
medesima).<br />
Nella taglia di impianto pilota considerata<br />
(si veda la tabella 1), la portata<br />
di ricircolo può essere impostata su<br />
valori compresi tra 0 (assenza di ricircolo,<br />
trattamento in batch nella sola<br />
colonna di contatto) e alcuni m 3 /h.<br />
La produzione di ozono può essere<br />
teoricamente regolata in modo continuo<br />
su livelli compresi tra i 2 e i 100<br />
g/h. Mediante la curva di taratura<br />
del generatore è possibile, agendo<br />
sul potenziometro, impostare la rea-<br />
13
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
TABELLA1<br />
ESEMPIODIDIMENSIONAMENTODELSISTEMADIPROVAPILOTA<br />
DITRATTAMENTOINTORBIDACONOZONO<br />
Portata erogata dal generatore 8 m 3 /h<br />
Quantità massima di ozono prodotta 200 g/h<br />
Portata/pressione del sistema di raffreddamento con acqua 1 m 3 /h /
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
5 Foto 5 – Operazioni di vagliatura manuale<br />
OSSIDAZIONE CHIMICA ON-SITE CON PERSOLFATO<br />
DI SODIO E STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE<br />
CON LEGANTI IDRAULICI<br />
La caratteristica saliente della tecnologia<br />
è quella di unificare in un processo<br />
sincrono la stabilizzazione dei<br />
metalli mediante leganti idraulici e<br />
l’ossidazione chimica della sostanza<br />
organica con un reagente dosabile nel<br />
medesimo reattore, costituito da un<br />
comune impianto di betonaggio (si<br />
veda la foto 7).<br />
Il reagente proposto, il persolfato di<br />
sodio (solido in granuli cristallini),<br />
quando opportunamente attivato, rilascia<br />
nel sistema il radicale persolfato<br />
SO 4•, dotato di elevato potere ossidante<br />
nei confronti della maggior<br />
parte delle categorie di contaminanti<br />
organici. Tra i numerosi agenti e fattori<br />
attivanti disponibili in grado di<br />
stimolare la formazione del radicale<br />
persolfato, vi è il raggiungimento di<br />
condizioni di temperatura superiore a<br />
35°C o di pH>10,5.<br />
I processi di idratazione del cemento<br />
e l’utilizzo di calce, a seconda<br />
della tipologia specifica di reagenti<br />
e delle condizioni ambientali, possono<br />
determinare un avvicinamento,<br />
o il raggiungimento, delle condizioni<br />
indicate, minimizzando la necessità<br />
di dover ricorrere ad agenti<br />
attivanti, quali la somministrazione<br />
di calore o di reagenti quali, ad<br />
esempio, perossido di idrogeno.<br />
È importante notare che, se da un<br />
lato la capacità di stabilizzazione<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
dei metalli è un requisito prestazionale<br />
fondamentale, e può dipendere<br />
strettamente dalla tipologia di legante<br />
scelta, le caratteristiche meccaniche<br />
del prodotto finale inertizzato<br />
non sono un requisito intrinseco<br />
di questa applicazione, a patto che i<br />
processi di solidificazione non siano<br />
un requisito limitante per l’immobilizzazione<br />
dei metalli. In tal senso,<br />
eventuali effetti di disturbo alla<br />
presa e alla maturazione del cemento<br />
dovuti alla presenza di un elevato<br />
tenore di solfati nel sistema, non sono<br />
intrinsecamente da considerarsi<br />
come limitanti per la performance<br />
ambientale della tecnologia.<br />
Anche in questo caso il dimensionamento<br />
dell’impianto e la selezione dei<br />
parametri di processo richiede l’esecuzione<br />
di un programma di prova articolato<br />
secondo almeno due fasi:<br />
l una prima fase di test a scala di<br />
laboratorio, tipicamente eseguibile<br />
con recipienti agitati su<br />
quantitativi finali di miscela terreno<br />
– persolfati – cemento - acqua<br />
nell’ordine dei 5 litri, in cui<br />
controllare tutti i parametri salienti<br />
(quali pH, temperatura, caratteristiche<br />
degli eventuali prodotti<br />
volatili di reazione, tempi di<br />
maturazione, umidità finale) e<br />
verificare il dosaggio ottimale di<br />
leganti e persolfati;<br />
l una seconda fase di test a scala di<br />
impianto pilota, mediante un miscelatore<br />
portatile da cantiere (betoniera<br />
con bicchiere da 300 litri) o<br />
un piccolo impianto mobile con capacità<br />
nell’ordine di 1-2 m 3 , con il<br />
quale verificare i parametri (dosaggi,<br />
tempi) e le performance delineati<br />
nella prova di laboratorio e stabilire<br />
le procedure di preparazione<br />
del carico/scarico più efficaci per<br />
la specifica matrice da trattare.<br />
Nel corso della prova pilota in betoniera<br />
portatile, l’unica operazione<br />
preliminare necessaria per la preparazione<br />
dei substrati da trattare<br />
consiste nella vagliatura manuale<br />
(con passo selezionato sulla base di<br />
prove di vagliatura atte a stabilire<br />
un optimum in funzione della ripartizione<br />
della contaminazione tra sopravaglio<br />
e sottovaglio, che in generale<br />
si attesta intorno ai 20-30 mm).<br />
I dosaggi tipici di queste applicazioni<br />
variano in funzione del tipo di matrice<br />
e dei livelli di contaminazione,<br />
ma sono tipicamente compresi, per i<br />
leganti idraulici, in un range del<br />
10-20 % in peso, e per i persolfati, in<br />
un range del 5-20% in peso.<br />
L’attività consiste sostanzialmente<br />
nell’introduzione nel bicchiere della<br />
betoniera in rotazione di una<br />
quantità prefissata di terreno (circa<br />
50 kg) e, in funzione della ricetta in<br />
esame, la quantità di persolfato di<br />
sodio in polvere previsto.<br />
Una volta conseguita una distribuzione<br />
omogenea nel terreno dei reagenti<br />
mediante la rotazione del bicchiere,<br />
si procede con l’introduzione progressiva<br />
di acqua e successivamente<br />
dei leganti a base di cemento/calce.<br />
La miscelazione procede normalmente<br />
per alcuni minuti, al termine<br />
dei quali avviene lo scarico del materiale<br />
entro recipienti in cui prosegue<br />
la fase di maturazione.<br />
Durante il processo viene condotto<br />
un monitoraggio delle condizioni di<br />
pH e di temperatura. L’eventuale<br />
somministrazione del calore può av-<br />
15
5 Foto 6 – Campionamento prodotti<br />
del trattamento<br />
venire mediante flusso di aria diretto<br />
sull’esterno del bicchiere in rotazione,<br />
generato mediante termosoffiatore<br />
portatile.<br />
Conclusioni<br />
Ove si renda necessario il ricorso a tecnologie<br />
di stabilizzazione dei metalli e<br />
a processi di ossidazione chimica di<br />
contaminanti organici, condizione necessaria<br />
per dimensionare interventi<br />
on-site, è la disponibilità di tecnologie<br />
facilmente integrabili sia dal punto di<br />
vista del processo, sia dal punto di vi-<br />
Foto e figure su gentile concessione di NCE Srl<br />
5 Foto 7 – Esempio di impianto mobile di betonaggio<br />
sta della logistica impiantistica.<br />
Entrambe le combinazioni presentate<br />
si caratterizzano per la semplicità<br />
dei singoli processi poiché si prestano<br />
a una integrazione impiantistica<br />
con il ricorso a tecnologie consolidate<br />
in altri campi dell’ingegneria edile<br />
o ambientale.<br />
L’applicazione di queste tecnologie<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
è particolarmente attraente non solo<br />
per i terreni e i rifiuti solidi in<br />
genere, ma anche per matrici come i<br />
sedimenti portuali (e in termini più<br />
ampi tutti i sedimenti marini e fluviali),<br />
la cui rilevanza, nelle bonifiche<br />
di siti di interesse nazionale e<br />
non, sembra destinata a crescere<br />
nei prossimi anni. l<br />
16 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
Le tecnologie di<br />
bonifica dei terreni<br />
contaminati sono<br />
numerose,<br />
dai trattamenti<br />
chimico-fisici a quelli<br />
termici e biologici;<br />
inoltre, alcune<br />
recenti ricerche<br />
stanno attualmente<br />
indagando<br />
la possibilità<br />
di sfruttare processi<br />
non convenzionali<br />
quali la fitobonifica,<br />
il trattamento<br />
elettrocinetico e<br />
l’ossidazione chimica<br />
in situ.<br />
È essenziale, quindi,<br />
individuare i<br />
principali criteri<br />
da adottare<br />
per la scelta<br />
della migliore<br />
tecnologia<br />
da utilizzare.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
Trattamenti<br />
I criteri di scelta da adottare<br />
per applicare la migliore tecnologia<br />
n di Carlo Collivignarelli e Mentore Vaccari, dipartimento di ingegneria<br />
civile, architettura, territorio e ambiente, Università<br />
degli Studi di Brescia<br />
La contaminazione del suolo rappresenta una delle<br />
principali problematiche ambientali in tutti i paesi<br />
industrializzati, con impatti che riguardano anche le<br />
acque, l’atmosfera e, di conseguenza, la salute umana.<br />
Il risanamento e il ripristino di queste aree richiede<br />
ingenti risorse finanziarie, anche per la necessità di<br />
intervenire su matrici ambientali di grande valore che<br />
risentono della contaminazione del suolo, quali, ad<br />
esempio, le acque sotterranee.<br />
In Italia, secondo quanto riportato<br />
dal Ministero dell’Ambiente nel 2007<br />
[18], esistono 13.000 siti potenzialmente<br />
contaminati; di questi, 5.000<br />
sono siti da bonificare e 1.500 sono<br />
aree minerarie abbandonate; i restanti<br />
6.500 siti sono ancora da indagare.<br />
Un recente rapporto di Confindustria<br />
[8] riporta una rielaborazione delle informazioni<br />
contenute nell’“Annuario<br />
dei dati ambientali 2008” dell’ISPRA<br />
[5]. Secondo questo rapporto, i siti<br />
contaminati di competenza regionale<br />
sono 4.781; di questi circa il 30%, risulta<br />
già bonificato.<br />
Alle aree di cui sopra si aggiungono i<br />
Siti di Interesse Nazionale (SIN) che<br />
sono complessivamente 57 e interessano<br />
un totale di 821.000 ettari di<br />
aree a terra e quasi 340.000 ettari di<br />
aree a mare.<br />
<strong>Tecnologie</strong> di trattamento<br />
di terreni contaminati<br />
La vigente normativa (D.Lgs. n. 152/<br />
06 e successive modifiche e integrazioni)<br />
prevede due diverse tipologie<br />
di interventi per i siti contaminati,<br />
quali la messa in sicurezza e la bonifica.<br />
Le misure di messa in sicurezza<br />
hanno lo scopo di impedire la propagazione<br />
della contaminazione al di<br />
fuori del sito inquinato e comprendono<br />
le cosiddette tecniche di isolamento<br />
del terreno.<br />
Gli interventi di bonifica mirano a<br />
eliminare le sorgenti di contaminazione,<br />
riducendo le concentrazioni<br />
dei contaminanti all’interno delle<br />
matrici ambientali. Generalmente, i<br />
trattamenti di bonifica vengono<br />
suddivisi in due categorie:<br />
l i trattamenti ex situ, che consistono<br />
nell’asportazione del terreno inquinato<br />
e nel trattamento dello<br />
stesso in un impianto in loco (trattamenti<br />
on site) ovvero in un impianto<br />
esterno (trattamenti off site);<br />
l i trattamenti in situ, che vengono<br />
applicati al terreno inquinato direttamente<br />
sul posto, senza pre-<br />
17
vedere asportazione alcuna.<br />
I trattamenti in situ vengono applicati<br />
ai casi in cui l’escavazione comporta<br />
notevoli difficoltà tecniche<br />
e/o economiche (per esempio,<br />
quando la contaminazione interessa<br />
il terreno fino a elevate profondità,<br />
ovvero in prossimità di edifici); i costi<br />
d’investimento sono relativamente<br />
bassi in confronto a quelli per<br />
realizzare impianti ex situ, ma sono<br />
richieste una più approfondita caratterizzazione<br />
del terreno e un’attenta<br />
e prolungata fase di monitoraggio<br />
allo scopo di verificare i risultati<br />
del risanamento.<br />
L’impiego di processi in situ può dare<br />
luogo a problemi quali le possibili<br />
reazioni, non prevedibili a priori,<br />
che potrebbero instaurarsi tra<br />
l’agente del trattamento e gli inquinanti;<br />
la difficoltà nel garantire un<br />
contatto intimo tra l’agente del<br />
trattamento e i contaminanti di diversa<br />
natura e stato fisico (solido,<br />
liquido, gassoso) presenti nel terreno,<br />
anch’esso spesso eterogeneo; la<br />
difficoltà nell’assicurare che il trattamento<br />
sia stato pienamente efficace;<br />
la produzione, in alcuni casi,<br />
di effluenti residui che richiedono<br />
un ulteriore trattamento.<br />
Interventi di bonifica in situ possono<br />
essere previsti in siti precedentemente<br />
isolati dall’ambiente circostante,<br />
come nel caso del vecchio<br />
petrolchimico di Marghera, dove i<br />
trattamenti elettrochimici e di ossidazione<br />
chimica in situ avvengono in<br />
aree già messe in sicurezza mediante<br />
palancole immorsate nello strato<br />
impermeabile del sottosuolo [22].<br />
I trattamenti ex situ prevedono una<br />
fase preliminare di escavazione per<br />
asportare il terreno contaminato,<br />
adottando tutte le opportune misure<br />
di sicurezza e contenendo l’eventuale<br />
falda affiorante.<br />
Rispetto alle tecniche in situ, quelle<br />
ex situ consentono un controllo diretto,<br />
e quindi più efficace e completo,<br />
dei parametri di processo e<br />
degli effettivi risultati dell’intervento.<br />
Tuttavia, la necessità di dover<br />
estrarre il terreno da trattare comporta<br />
costi maggiori e potenziali rischi<br />
per l’uomo e/o per l’ambiente.<br />
Di seguito, una breve descrizione<br />
dei principali processi di bonifica<br />
che trovano impiego in Italia e all’estero.<br />
Per una più esauriente<br />
trattazione, che esula dagli obiettivi<br />
del presente contributo, si rimanda<br />
all’estesa bibliografia disponibile<br />
[4; 15; 20; 21].<br />
Trattamenti biologici<br />
La biodegradazione avviene naturalmente<br />
in ogni terreno contaminato<br />
da inquinanti organici biodegradabili;<br />
generalmente, però, non si<br />
instaurano le condizioni ambientali<br />
ottimali perché essa risulti efficace<br />
(in tempi ragionevoli). Nei trattamenti<br />
biologici si provvede pertanto<br />
a ottimizzare queste condizioni,<br />
operando in sistemi ex situ oppure<br />
direttamente in situ.<br />
Bioventilazione<br />
È una tecnica in situ che consiste<br />
nell’insufflare ossigeno nel terreno<br />
5 Foto 1 – Biopila in allestimento<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
mediante pozzi/piezometri fessurati<br />
opportunamente dislocati. Può essere<br />
previsto un sistema di irrigazione<br />
superficiale che consenta di fornire<br />
il contenuto di acqua e nutrienti<br />
necessari all’attività biologica.<br />
Landfarming<br />
Uno strato di terreno contaminato<br />
viene steso al di sopra di un letto<br />
drenante e di un manto impermeabile<br />
e, quindi, viene irrigato con acqua,<br />
arricchita di ossigeno, nutrienti<br />
ed eventualmente altri additivi. Il<br />
percolato prodotto viene, quindi, ricircolato<br />
direttamente o previa depurazione.<br />
Biopile<br />
Il terreno contaminato viene disposto<br />
in cumuli o pile (si veda la foto<br />
1) periodicamente aerati al fine di<br />
consentire il mantenimento delle<br />
condizioni aerobiche. Al terreno<br />
vengono aggiunti, preventivamente,<br />
agenti rigonfianti per incrementarne<br />
la porosità, allo scopo di<br />
consentire l’uniforme distribuzione<br />
degli additivi e il trasferimento<br />
dell’ossigeno.<br />
18 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
Bioreattori<br />
La frazione fine del terreno viene<br />
trattata in reattori contenenti acqua<br />
al 40-90 % in peso, nutrienti e,<br />
eventualmente, altri additivi. L’ossigeno<br />
viene fornito mediante dei<br />
diffusori disposti sul fondo o mediante<br />
agitazione superficiale. Conclusa<br />
la degradazione dell’inquinante,<br />
la miscela viene estratta e disidratata,<br />
mentre l’acqua di processo<br />
viene ricircolata.<br />
Trattamenti chimico-fisici<br />
Le tecniche di risanamento chimicofisico<br />
dei terreni contaminati possono<br />
essere classificate in funzione<br />
dell’effetto del trattamento sulla<br />
contaminazione in [9]:<br />
l processi di estrazione, in cui i contaminanti<br />
sono rimossi dal terreno<br />
mediante un agente estrattivo. È il<br />
caso dei processi di lavaggio, soil<br />
vapor extraction, estrazione elettrocinetica;<br />
l processi di detossificazione, nei<br />
quali i contaminanti sono soggetti<br />
a reazioni di ossido-riduzione che<br />
danno luogo a un prodotto finale<br />
non pericoloso;<br />
l processi di immobilizzazione, in cui<br />
la mobilità dei contaminanti viene<br />
ridotta mediante un processo di<br />
confinamento in una matrice solida<br />
e/o di stabilizzazione chimica.<br />
Lavaggio del terreno<br />
Questa tecnica consiste nel far circolare<br />
nel suolo acqua pura o additivata<br />
con solventi organici, agenti chelanti,<br />
tensioattivi, acidi o basi, allo<br />
scopo di desorbire dalla matrice del<br />
suolo una parte dell’inquinante in<br />
modo che passi in soluzione o sospensione.La<br />
tecnica può essere utilizzata<br />
sia ex situ (in questo caso è<br />
detta “soil washing” - si veda la foto<br />
2) che in situ (in quest’altro è chiamata<br />
“soil flushing”). Nel caso in cui<br />
il liquido estraente sia costituito unicamente<br />
da un solvente, si parla di<br />
“estrazione con solvente”.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
Soil vapor extraction<br />
Questa tecnologia è impiegata per<br />
rimuovere composti organici volatili<br />
presenti nella zona insatura di<br />
terreni a permeabilità medio-alta;<br />
consiste in un circuito di condotte<br />
forate e di collettori in depressione<br />
che aspirano i contaminanti<br />
in fase gassosa e li inviano a<br />
un impianto di trattamento aeriformi.<br />
Estrazione elettrocinetica<br />
Questo processo, utilizzato per la<br />
decontaminazione di terreni a grana<br />
medio-fine e a permeabilità medio-bassa,<br />
è basato sull’applicazione<br />
di un campo elettrico per<br />
mezzo di elettrodi infissi nel suolo.<br />
I composti dotati di carica elettrica<br />
vengono attirati verso gli elettrodi<br />
a carica opposta e si accumulano<br />
nei pressi degli stessi.<br />
Successivamente si procede alla rimozione<br />
degli inquinanti e al loro<br />
trattamento ex situ.<br />
Detossificazione<br />
Tecnica applicabile sia in situ sia ex<br />
situ che consiste nell’aggiunta al<br />
terreno di reattivi ossidanti, neutralizzanti<br />
o riducenti, al fine di ridurre<br />
la reattività o corrosività dei<br />
suoli (neutralizzazione) e gli effetti<br />
tossici di cianuri e composti organici<br />
(ossidazione) o di metalli pesanti<br />
(ad es. per la riduzione del cromo<br />
esavalente).<br />
5 Foto 2 – Sedimentatore a pacchi lamellari in un impianto di soil washing<br />
19
Stabilizzazione/<br />
solidificazione<br />
L’obiettivo dei processi di stabilizzazione/solidificazione<br />
è quello di ridurre<br />
la mobilità dei contaminanti,<br />
prevenendo o limitando al minimo il<br />
loro trasferimento nell’ambiente.<br />
La tecnica, che può essere applicata<br />
sia in situ che ex situ (si veda la foto<br />
3), prevede la miscelazione del terreno<br />
contaminato con additivi sia di<br />
natura inorganica che organica.<br />
Trattamenti termici<br />
I trattamenti termici consentono di<br />
risanare terreni contaminati da sostanze<br />
organiche e, in alcune tipologie<br />
di processo, anche di rimuovere<br />
(quando vaporizzabili e poi ossidabili<br />
a basse temperature) o immobilizzare<br />
efficacemente le sostanze inorganiche<br />
[1]. Possono essere classificati in<br />
trattamenti di desorbimento termico<br />
e trattamenti di termodistruzione.<br />
Desorbimento termico<br />
ex situ<br />
Questa tecnologia consiste nel riscaldare<br />
il terreno a temperature<br />
non superiori a 550 °C e in condizioni<br />
tali da evitare la combustione dei<br />
contaminanti nell’unità primaria. I<br />
composti organici vengono rimossi<br />
dal suolo per volatilizzazione e possono<br />
essere distrutti o condensati in<br />
un dispositivo separato, posto a valle<br />
dell’unità di desorbimento.<br />
Desorbimento termico<br />
in situ<br />
Il meccanismo prevede di riscaldare<br />
il terreno al fine di aumentare la volatilità<br />
dei contaminanti presenti e,<br />
quindi, di accelerare/ottimizzare il<br />
processo di estrazione degli stessi. Le<br />
tecnologie più diffuse sono l’“estrazione<br />
con vapore”, che consiste nell’immissione<br />
di vapore a temperature<br />
variabili tra 150 °C e 230 °C, sia<br />
nella zona vadosa che in quella satura,<br />
e il “riscaldamento a radio frequenze”,<br />
nel quale il riscaldamento<br />
del terreno avviene mediante l’energizzazione<br />
con onde elettromagnetiche<br />
nel campo delle frequenze radio.<br />
Incenerimento<br />
Questo trattamento consiste, come<br />
è noto, nell’impiego di alte tempe-<br />
5 Foto 3 – Intervento di stabilizzazione/solidificazione ex situ<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
rature per ossidare completamente<br />
contaminanti organici. La combustione<br />
comporta, infatti, la loro<br />
completa distruzione ma anche l’ossidazione<br />
di alcune sostanze inorganiche,<br />
quali ad esempio cianuri e<br />
solfuri, col risultato di ottenere prodotti<br />
non tossici.<br />
Vetrificazione in situ<br />
Consiste nel creare un flusso di corrente<br />
elettrica nel sito da bonificare<br />
per mezzo di elettrodi infissi nel terreno.<br />
L’elevata resistenza elettrica<br />
del suolo consente di raggiungere<br />
temperature anche di 2000°C, in<br />
grado di trasformare gli inquinanti<br />
presenti in un prodotto inerte.<br />
La scelta della tecnologia<br />
di bonifica<br />
L’applicabilità di una certa tecnologia<br />
di bonifica a un suolo contaminato<br />
dipende da numerosi fattori. Tra<br />
questi, rivestono un ruolo essenziale<br />
le caratteristiche chimico-fisiche<br />
del suolo stesso. Un parametro<br />
estremamente importante è la granulometria<br />
del terreno, che condiziona<br />
i tempi necessari per il trattamento<br />
(di conseguenza i costi) e<br />
l’efficacia del trattamento stesso.<br />
L’omogeneità e la permeabilità della<br />
matrice rivestono un ruolo determinante<br />
nella scelta di tecnologie in<br />
situ la cui efficacia è strettamente<br />
legata alla possibilità di raggiungere<br />
una distribuzione uniforme nel suolo<br />
dei fluidi (liquidi e/o gassosi) utilizzati<br />
come mezzi estraenti. In presenza<br />
di terreno estremamente eterogeneo,<br />
infatti, il fluido estraente<br />
tenderebbe a attraversare le sole<br />
aree a maggiore permeabilità (che<br />
oppongono minore resistenza al moto),<br />
lasciando di fatto pressoché<br />
inalterate le aree a bassa permeabilità.<br />
Altri fattori fondamentali di<br />
scelta sono il contenuto di umidità<br />
(necessaria per i trattamenti biologici<br />
e svantaggiosa per quelli termici),<br />
il potenziale redox e il pH (che<br />
20 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
influenzano fortemente tutti i processi<br />
chimico-fisici e biologici), il<br />
contenuto di sostanza organica (che<br />
contribuisce a diminuire la mobilità<br />
dei contaminanti – come nel caso dei<br />
metalli pesanti assorbiti alla frazione<br />
umica del terreno – e, pertanto,<br />
penalizza le tecnologie che si basano<br />
sui processi di estrazione).<br />
Altro fattore chiave nella scelta della<br />
tecnologia di bonifica sono le caratteristiche<br />
della contaminazione.<br />
La contemporanea presenza di<br />
contaminanti organici e inorganici<br />
determina spesso la necessità di implementare<br />
più tecnologie di trattamento<br />
in serie, per raggiungere gli<br />
obiettivi di bonifica, con un aumento<br />
considerevole dei costi complessivi.<br />
Può essere molto importante la<br />
speciazione dei contaminanti; ad<br />
esempio, la presenza di sostanze organiche<br />
clorurate può rendere più<br />
difficile l’implementazione di processi<br />
di biodegradazione, mentre<br />
concentrazioni elevate di sostanze<br />
volatili può suggerire l’applicazione<br />
di tecniche in situ. La scelta della<br />
tecnologia di bonifica è fortemente<br />
influenzata anche dalla presenza di<br />
pesticidi e/o altri microinquinanti:<br />
in questo caso, infatti, le concentrazioni<br />
da raggiungere nel suolo al termine<br />
dell’intervento di bonifica<br />
possono essere molto basse, talvolta<br />
inferiori a 10 μg/kg ss. La concentrazione<br />
dell’inquinante è un altro parametro<br />
essenziale, che influisce sia<br />
sulla scelta della tecnologia che sulle<br />
rese dei processi di trattamento;<br />
nel caso del trattamento in biopile,<br />
ad esempio, una concentrazione di<br />
idrocarburi totali superiore a 50.000<br />
mg/kg ss può comportare l’inibizione<br />
dell’attività degradativa da parte<br />
della biomassa [3]. Tra i parametri<br />
che caratterizzano le sostanze inquinanti,<br />
va citato il coefficiente di<br />
ripartizione ottanolo/acqua, costante<br />
adimensionale che rappresenta<br />
il rapporto con cui una data<br />
sostanza si ripartisce tra una fase<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
organica (ottanolo) e l’acqua; esso<br />
indica, quindi, la tendenza di un inquinante<br />
a ripartirsi fra la sostanza<br />
organica presente nel suolo e l’acqua<br />
e costituisce un parametro di<br />
riferimento per la scelta dei trattamenti<br />
chimico-fisici da adottare.<br />
Sostanze con un valore di questo coefficiente<br />
inferiore a 10 hanno un<br />
comportamento idrofilico ed elevata<br />
solubilità in acqua (che risulta,<br />
quindi, il mezzo estraente più idoneo),<br />
mentre quelle con valori maggiori<br />
a 10.000 hanno un comportamento<br />
idrofobico e tendono ad accumularsi<br />
nella frazione umica del<br />
suolo, richiedendo, quindi, mezzi<br />
estraenti diversi da quello acquoso.<br />
Non bisogna dimenticare che la scelta<br />
delle tecnologie di bonifica deve<br />
avvenire nel rispetto dei criteri indicati<br />
dal D.Lgs. n. 152/2006. Il decreto<br />
afferma che devono essere<br />
privilegiate «le tecniche di bonifica<br />
che riducono permanentemente e<br />
significativamente la concentrazione<br />
nelle diverse matrici ambientali,<br />
gli effetti tossici e la mobilità delle<br />
sostanze inquinanti». Le indicazioni<br />
normative conducono, quindi, alla<br />
conclusione che sono da preferire le<br />
tecniche di natura biologica, che<br />
comportano la completa degradazione<br />
degli inquinanti nella matrice<br />
ambientale in cui si trovano; le comuni<br />
tecniche chimico-fisiche e termiche<br />
si basano invece sull’allontanamento<br />
degli inquinanti dal suolo<br />
mediante un flusso liquido o gassoso<br />
che deve essere poi ulteriormente<br />
trattato in una linea appositamente<br />
predisposta.<br />
Il decreto prescrive inoltre di «privilegiare<br />
le tecniche di bonifica tendenti<br />
a trattare e riutilizzare il suolo<br />
nel sito, mediante trattamenti in<br />
situ e on site, con conseguente riduzione<br />
dei rischi derivanti dal trasporto<br />
e messa in discarica di terreno<br />
inquinato». Nel caso di interventi<br />
on site, anche una semplice vagliatura<br />
(eventualmente seguita da un<br />
processo di soil washing) può portare<br />
a un significativo recupero e riutilizzo<br />
di suolo all’interno del sito, così<br />
come dimostra la bonifica del sito<br />
di interesse nazionale di Brescia [6].<br />
Un’altra interessante applicazione<br />
in questo senso è quella in corso<br />
presso il sito “ex Conterie” di Venezia,<br />
dove il terreno inquinato viene<br />
trattato mediante un opportuno<br />
processo di stabilizzazione/solidificazione<br />
on site che porta alla formazione<br />
di un granulato inerte che viene<br />
riutilizzato nel sito stesso [13]. È<br />
bene segnalare però che, in alcuni<br />
casi, al vantaggio del mancato trasporto<br />
a distanza di materiale contaminato,<br />
possono contrapporsi per<br />
i trattamenti on site disagi in ambito<br />
locale e per i trattamenti in situ<br />
un’elevata incertezza sull’effettivo<br />
tempo di recupero e sulla piena efficacia<br />
del trattamento (efficacia peraltro<br />
non semplice da dimostrare).<br />
In ogni caso bisogna «evitare ogni<br />
rischio aggiuntivo a quello esistente<br />
di inquinamento dell’aria, delle acque<br />
sotterranee e superficiali, del<br />
suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente<br />
derivante da rumori e<br />
odori - e - evitare rischi igienico-sanitari<br />
per la popolazione durante lo<br />
svolgimento dei lavori». Questo<br />
principio impone la scelta di tecnologie<br />
sicure, che non comportino un<br />
ulteriore impatto negativo sull’ambiente<br />
e sulla popolazione circostante.<br />
Ne deriva, ad esempio, che<br />
la scelta di una tecnica in situ deve<br />
essere effettuata solo a valle di<br />
un’attenta analisi dei rischi, che<br />
escluda in modo categorico un ulteriore<br />
possibile inquinamento dell’area<br />
originato dalle operazioni di<br />
bonifica. È, inoltre, da evitare la diffusione<br />
di rumori e maleodorazioni,<br />
in particolare, nei pressi dei centri<br />
abitati; devono, quindi, essere<br />
adottati gli accorgimenti necessari a<br />
minimizzare questi impatti.<br />
La scelta della tecnologia di bonifica<br />
deve avvenire, in ogni caso, te-<br />
21
nendo in debita considerazione la<br />
sua affidabilità, da valutare in base<br />
allo stato di applicazione della stessa<br />
in ambito nazionale e internazionale.<br />
Attualmente in Europa, e particolarmente<br />
in Italia, è ancora<br />
molto diffusa la prassi di scavare e<br />
smaltire direttamente in discarica il<br />
terreno contaminato; l’incremento<br />
dei costi di smaltimento e la maggior<br />
diffusione dei sistemi di trattamento<br />
(in Italia, di fatto, sono ormai<br />
disponibili sul mercato tutti i<br />
principali processi chimico-fisici,<br />
termici e biologici di trattamento di<br />
suoli contaminati) sta però portando<br />
a un crescente impiego di vere e<br />
proprie tecnologie di bonifica.<br />
Anche la durata prevista per gli interventi<br />
di risanamento vincola la scelta<br />
della tecnologia di bonifica. In generale,<br />
i processi biologici richiedono<br />
tempi decisamente maggiori rispetto<br />
ai processi chimico fisici e termici. I<br />
primi, però, comportano costi di<br />
trattamento solitamente inferiori.<br />
La ricerca nel campo<br />
delle tecnologie di bonifica<br />
La ricerca in questo campo è molto<br />
attiva sia in Italia sia all’estero, testimoniato<br />
dalle decine di articoli<br />
pubblicati ogni anno su riviste scientifiche<br />
di settore e dall’organizzazione<br />
di specifici convegni nazionali<br />
e internazionali sul tema delle tecnologie<br />
di bonifica. In Italia sono<br />
stati organizzati recentemente due<br />
convegni da cui è possibile trarre alcuni<br />
spunti interessanti circa le attività<br />
di ricerca in corso; si fa riferimento<br />
al “Consoil 2008 – 10th International<br />
Conference on soil-water<br />
systems” e al “SIDISA 2008 – Simposio<br />
di ingegneria sanitaria-ambientale”,<br />
che si sono tenuti rispettivamente<br />
a Milano e Firenze. Entrambi i<br />
congressi hanno dedicato una specifica<br />
sessione al tema delle tecnologie<br />
di bonifica, a cui hanno partecipato,<br />
nel complesso, molte decine<br />
di relatori italiani e stranieri. L’esa-<br />
me dei lavori presentati evidenzia<br />
che l’attività dei ricercatori è rivolta<br />
principalmente allo studio a scala<br />
di laboratorio o pilota di processi in<br />
situ. Le tecnologie maggiormente<br />
indagate, in particolare in Italia, appaiono<br />
la fitobonifica, il trattamento<br />
elettrocinetico e l’ossidazione<br />
chimica in situ.<br />
La fitobonifica è una tecnologia<br />
emergente che ricorre all’utilizzo di<br />
specie vegetali per il trattamento in<br />
situ di suoli, sedimenti e acque contaminate.<br />
La vasta gamma di contaminanti<br />
ai quali è possibile applicare<br />
questa tecnologia comprende metalli,<br />
pesticidi, solventi, materiali<br />
esplosivi, idrocarburi del petrolio e<br />
idrocarburi policiclici aromatici. Il<br />
processo nel quale i contaminanti<br />
organici presenti nel sottosuolo vengono<br />
assorbiti e degradati a opera<br />
dei vegetali è più propriamente detto<br />
di fitodegradazione, mentre<br />
quello in cui i vegetali assorbono i<br />
metalli pesanti presenti nel sottosuolo<br />
e li accumulano nella porzione<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
epigea, in modo che possano essere<br />
quindi rimossi mediante il raccolto,<br />
è detto fitoestrazione (si veda la foto<br />
4). Il principale svantaggio di questa<br />
tecnologia, che appare molto interessante<br />
sotto il profilo applicativo<br />
per i ridotti costi di intervento, è<br />
dato dalla modesta velocità dei processi<br />
di riduzione del carico inquinante,<br />
ciò che conduce a tempi di<br />
applicazione spesso eccessivamente<br />
lunghi. Tra i metodi per migliorarne i<br />
risultati, in particolare nei processi<br />
di fitoestrazione, vi è la solubilizzazione<br />
dei metalli mediante l’aggiunta<br />
di agenti chelanti nel terreno, ciò<br />
che ne aumenta la biodisponibilità e<br />
ne favorisce l’accumulo da parte<br />
delle specie vegetali.<br />
Alcuni autori [17] hanno rilevato che<br />
il dosaggio di EDTA ed EDDS migliora<br />
la fitoestrazione di piombo da parte<br />
di Helianthus annuus, Brassica juncea<br />
e Zea Mays, però comporta una<br />
consistente solubilizzazione del metallo<br />
che potrebbe determinare la<br />
diffusione dello stesso negli orizzon-<br />
5 Foto 4 – Coltivazione in serra di specie vegetali potenzialmente<br />
iperaccumulatrici di metalli pesanti<br />
22 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
ti sottostanti che verrebbero quindi<br />
inquinati. A risultati simili sono<br />
giunti anche gli scriventi, che hanno<br />
verificato l’incremento della capacità<br />
fitoestrattiva di Helianthus annuus<br />
e Brassica juncea nei confronti<br />
di due diversi suoli contaminati da<br />
piombo e cadmio a seguito del dosaggio<br />
di EDTA, DTPA, PDA e NTA [7].<br />
Anche in questo caso, sono state riscontrate<br />
elevate concentrazioni di<br />
metalli pesanti nelle acque di percolazione.<br />
Il processo di fitoestrazione<br />
assistita è stato testato da alcuni autori<br />
[14] anche su sedimenti contaminati<br />
provenienti dalla laguna di<br />
Venezia; in questo studio, la matrice<br />
risultava inquinata sia da metalli pesanti<br />
(rame, piombo e zinco), sia da<br />
idrocarburi policiclici aromatici. Le<br />
specie vegetali impiegate nella sperimentazione,<br />
Phragmites australis<br />
e Salix matsudana, hanno entrambe<br />
tollerato l’elevato contenuto salino<br />
dei sedimenti e hanno accumulato<br />
concentrazioni significative di metalli<br />
pesanti; il dosaggio di EDTA non<br />
ha però portato a maggiori accumuli<br />
di metalli nelle parti epigee dei vegetali.<br />
Altri autori [11] hanno invece<br />
studiato l’efficacia di Paspalum vaginatum<br />
e Tamarix gallica nei confronti<br />
di sedimenti prelevati nel porto<br />
di Livorno e contaminati da idrocarburi<br />
totali (6.500 mg/kg ss),<br />
piombo (369 mg/kg ss), rame (225<br />
mg/kg ss), cromo (183 mg/kg ss), cadmio<br />
(21 mg/kg ss) e zinco (608 mg/<br />
kg ss). Al termine della sperimentazione,<br />
che è durata un anno, è stata<br />
riscontrata una riduzione significativa<br />
delle concentrazioni di inquinanti<br />
sia organici sia inorganici nei<br />
sedimenti.<br />
Un’altra tecnologia che può essere<br />
impiegata per il trattamento di suoli<br />
contaminati da metalli pesanti è la<br />
decontaminazione elettrocinetica.<br />
La tecnica si basa sull’applicazione<br />
al suolo contaminato di una<br />
differenza di potenziale mediante<br />
elettrodi infissi a una profondità op-<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
portuna. Il campo elettrico generato<br />
è in grado di innescare il moto di<br />
ioni, acqua e particelle cariche elettricamente,<br />
secondo i meccanismi<br />
di trasporto di elettrosmosi, elettromigrazione<br />
e elettroforesi, rispettivamente.<br />
Alcuni ricercatori [12] hanno valutato<br />
la possibilità di trattare suoli contaminati<br />
da piombo mediante l’uso<br />
congiunto di fitoestrazione assistita<br />
(mediante il dosaggio di EDTA) e decontaminazione<br />
elettrocinetica. I<br />
risultati dello studio, che è stato<br />
condotto coltivando piante di Brassica<br />
juncea su un suolo contenente<br />
3.300 mg/kg ss di piombo, hanno mostrato<br />
un significativo aumento dei<br />
valori di fitoaccumulo di piombo (fino<br />
a 5 volte) per i trattamenti combinati<br />
rispetto a quelli dove era previsto<br />
solo l’utilizzo di EDTA. L’impiego<br />
di chelanti risulta conveniente<br />
anche nei trattamenti elettrocinetici<br />
applicati a sedimenti contaminati<br />
di origine limosa. Ciò è stato dimostrato<br />
da alcuni ricercatori [10] che<br />
in uno studio a scala di laboratorio<br />
hanno ottenuto una consistente mobilitazione<br />
di metalli pesanti grazie<br />
al dosaggio di EDTA.<br />
L’ossidazione chimica in situ è un<br />
processo che prevede il dosaggio di<br />
reagenti ossidanti quali perossido<br />
di idrogeno, persolfato di sodio e<br />
permanganato di potassio in terreni<br />
e sedimenti inquinati da composti<br />
organici biorefrattari quali<br />
idrocarburi pesanti e composti organo-alogenati.<br />
Alcuni ricercatori<br />
[19] hanno valutato l’efficacia di<br />
trattamenti di ossidazione con reattivo<br />
di Fenton nei confronti di<br />
sedimenti fluviali caratterizzati da<br />
significative concentrazioni di<br />
idrocarburi pesanti (213±38 mg/<br />
kg ss) e IPA (90±5 mg/kg ss). Le prove<br />
sono state condotte in fase fangosa<br />
usando un rapporto solido:liquido<br />
pari a 1:10. Nei test sono stati dosati<br />
solfato ferroso e perossido di<br />
idrogeno in percentuale compresa<br />
tra 5 e 10% in peso; l’acidificazione<br />
della matrice è avvenuta dosando<br />
acido cloridrico, fosforico o acetico.<br />
I risultati ottenuti hanno mostrato<br />
rese di rimozione degli idrocarburi<br />
comprese tra 80 e 95%,<br />
mentre le rese di rimozione degli<br />
IPA sono state del 50-60%. In un<br />
altro studio, dei ricercatori [2]<br />
hanno dimostrato l’efficacia dell’uso<br />
congiunto di perossido di<br />
idrogeno e acido acetico nei confronti<br />
di sedimenti fluviali (di natura<br />
sabbiosa) e marini (di natura<br />
limosa), il primo contaminato da<br />
pirene (50 mg/kg ss) e il secondo da<br />
gasolio (5.100 mg/kg ss). La sperimentazione<br />
è avvenuta variando i<br />
dosaggi di perossido di idrogeno e<br />
acido acetico. Seppur caratterizzate<br />
da rese quantitative diverse<br />
sui due sedimenti, le prestazioni<br />
del processo sono risultate in entrambi<br />
i casi fortemente influenzate<br />
dalla concentrazione di acido<br />
acetico, mentre l’effetto della<br />
concentrazione di perossido è risultato<br />
generalmente meno importante.<br />
In entrambi i casi la massima<br />
efficienza del processo è stata<br />
raggiunta per concentrazioni di<br />
acido acetico pari a 5M e di perossido<br />
pari a circa 1,5-2M.<br />
Conclusioni<br />
Il numero di siti contaminati in Italia<br />
è elevatissimo ed è destinato a<br />
crescere. Il risanamento di queste<br />
aree richiede ingenti investimenti<br />
sia pubblici sia privati che vanno<br />
utilizzati al meglio; riveste, quindi,<br />
estrema importanza la fase di scelta<br />
della tecnologia di bonifica, che<br />
deve avvenire sulla base delle prescrizioni<br />
normative, delle caratteristiche<br />
del sito contaminato oggetto<br />
di intervento nonché dell’affidabilità<br />
della tecnologia stessa, la<br />
quale deve essere opportunamente<br />
valutata in campo mediante apposite<br />
sperimentazioni.<br />
Appaiono, inoltre, indispensabili<br />
23
momenti di discussione e confronto<br />
sulle bonifiche realizzate a scala industriale<br />
tra tutti i soggetti che<br />
operano nel settore (aziende private,<br />
enti di controllo, centri di ricerca)<br />
per consolidare le esperienze e<br />
farle diventare patrimonio comune<br />
di conoscenza tecnica. Proprio con<br />
questo intento i gruppi di ricerca di<br />
ingegneria sanitaria ambientale<br />
delle Università di Brescia, Catania<br />
e Roma “Sapienza” hanno deciso di<br />
organizzare una iniziativa – denominata<br />
“SiCon - Siti Contaminati” –<br />
con carattere di continuità e sede<br />
itinerante nei tre atenei. Lo scopo è<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />
quello di riunire gli esperti del settore<br />
per confrontarsi su quanto è<br />
stato fatto nel campo delle bonifiche,<br />
dando risalto soprattutto agli<br />
aspetti tecnico/operativi (casi di<br />
studio di risanamento e messa in<br />
sicurezza di siti contaminati a scala<br />
industriale). l<br />
[1] Andreottola G., Bertanza G., Collivignarelli C. (2000). <strong>Tecnologie</strong> in situ: stabilizzazione/solidificazione e<br />
trattamenti termici. In “La bonifica dei siti inquinati”, a cura del Comitato Scientifico SEP Pollution 2000,<br />
PadovaFiere, Padova, Marzo 2000.<br />
[2] Baciocchi R., Ciotti C., Cleriti G., Zingaretti D. (2008). Trattamento con perossiacidi di sedimenti contaminati da<br />
idrocarburi. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and Environmental Engineering,<br />
Florence, 24-27 June<br />
[3] Battelle (1996). Biopile design and construction manual. Technical Memorandum TM-2189-ENV<br />
[4] Bonomo L. (2005). Bonifica di siti contaminati - Caratterizzazione e tecnologie di risanamento. Ed. McGraw-Hill,<br />
Milano.<br />
[5] ISPRA (2008). Annuario dei dati ambientali 2008. Disponibile sul sito web: http://www.isprambiente.it<br />
[6] Cavallari S., Virgilio G. (2010). Bonifica dell’area industriale dismessa del S.I.N. di Brescia. Atti del Workshop<br />
“SiCon 2010 - Siti contaminati. Esperienze negli interventi di risanamento”, Roma, 11-12 febbraio 2010<br />
[7] Collivignarelli C., Vaccari M. (2008). Applicability of chelating agents for chemical and phyto-extraction of heavy<br />
metals from contaminated soils. Proceedings of Consoil 2008, 10th International UFZ-Deltares/TNO Conference on<br />
Soil-Water Systems, Milan, 3-6 June 2008, ISBN 978-3-00-024598-5<br />
[8] Confindustria (2009). La gestione delle bonifiche in Italia: analisi, criticità, proposte. Ed Sipi, Roma, luglio 2009<br />
[9] De Fraja Frangipane E., Andreottola G., Tatano F. (1994). Terreni contaminati. Identificazione, normative, indagini,<br />
trattamenti. Collana ambiente, 5, C.I.P.A. Editore, Milano<br />
[10] De Gioannis G., Muntoni A., Polettini A., Pomi R. (2008). Assisted electrokinetic remediation of heavy metal<br />
contaminated marine sediments. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and Environmental<br />
Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[11] Doni S., Manzi D., Bianchi V., Ceccanti B., Iannelli R. (2008). Applicazione di tecniche naturali per la<br />
decontaminazione di sedimenti marini di dragaggio. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary<br />
and Environmental Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[12] Falciglia P.P., Vagliasindi F.G.A. (2008). Remediation of lead contaminated soil by phytoremediation and<br />
electrokinetic decontamination coupled systems. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and<br />
Environmental Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[13] Ferrari G. (2010). La Bonifica dell’Area “ex-Conterie” a Murano (Venezia). Atti del Workshop “SiCon 2010 - Siti<br />
contaminati. Esperienze negli interventi di risanamento”, Roma, 11-12 febbraio 2010<br />
[14] Lavagnolo M.C., Malagoli M., Pittarello M., Romagnoli V. (2008). Phytoextraction of heavy metals from<br />
contaminated sediments of the Venice lagoon. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and<br />
Environmental Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[15] Lehr J.H. (2004) Wiley’s Remediation Technologies Handbook: Major Contaminant Chemicals and Chemical<br />
Groups. John Wiley & Sons Ltd. (Editor<br />
[16] Macci C., Peruzzi E., Manca A., Masotti G., Masciandaro G. (2008). Applicazione di un sistema combinato<br />
piante-lombrichi per la biorimediazione di un suolo inquinato. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium<br />
on Sanitary and Environmental Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[17] Mancini G., Falciglia P., Taibi A., Vagliasindi F.G.A. (2008). EDTA and EDDS use in assisted phytoremediation:<br />
effects on metals mobility and soil permeability. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and<br />
Environmental Engineering, Florence, 24-27 June<br />
[18] Ministero dell’Ambiente (2007). Comunicazione nel workshop “Approcci sostenibili per la gestione e la bonifica<br />
dei mega siti: nuove prospettive”, Venezia, 30 novembre 2007<br />
[19] Saponaro S., Careghini A., Sezenna E., Bonomo L. (2008). Trattamenti chimici di sedimenti contaminati da<br />
inquinanti organici. Proceedings of SIDISA 2008, International Symposium on Sanitary and Environmental Engineering,<br />
Florence, 24-27 June<br />
[20] Tunesi S., Napoleoni Q. (2003). <strong>Tecnologie</strong> di bonifica dei siti inquinati. Ed. Il Sole 24 Ore Pirola, Milano.<br />
[21] UNICHIM (1994). Suoli e falde contaminati: tecnologie di indagine e di bonifica – Linee guida. Manuale n. 175.<br />
[22] Zaninetta L. (2010). Interventi di bonifica in situ a Porto Marghera. Atti del Workshop “SiCon 2010 - Siti<br />
contaminati. Esperienze negli interventi di risanamento”, Roma, 11-12 febbraio 2010.<br />
Foto su gentile concessione degli Autori<br />
24 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
La degradazione<br />
biologica anaerobica,<br />
processo che può aver<br />
luogo in natura con<br />
tempi molto lunghi,<br />
può essere<br />
“accelerata”,<br />
mediante l’iniezione<br />
in falda di un<br />
substrato vegetale<br />
che ne stimoli il<br />
processo. Condizioni<br />
di questo tipo<br />
possono essere<br />
sfruttate per risanare<br />
le acque sotterranee<br />
contaminate da<br />
composti organici<br />
clorurati.<br />
Sul tema, l’esperienza<br />
di un progetto di<br />
bonifica, in un sito<br />
industriale attivo,<br />
che ha l’obiettivo di<br />
dimostrare come<br />
questa tecnica possa<br />
essere utilizzata per<br />
accelerare la<br />
dealogenazione<br />
riduttiva di solventi<br />
clorurati.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
Degradazione anaerobica<br />
Substrato vegetale iniettato in falda<br />
per ridurre gli organici clorurati<br />
n di Giovanni Buscone, responsabile settore bonifiche Tauw<br />
Italia, Sergio Cremona, tecnico specialista settore bonifiche<br />
Tauw Italia, Martin Slooijer, general manager BioSoil<br />
International BV e John A. Dijk, manager BioSoil R&D BV<br />
Nell’ambito del progetto di bonifica di un sito industriale<br />
attivo, è stato avviato un test pilota per verificare<br />
l’applicabilità, a livello esecutivo, della tecnica di degradazione<br />
anaerobica riduttiva per la bonifica di acque<br />
sotterranee contaminate da composti organici clorurati.<br />
Il processo di degradazione, che nel caso specifico<br />
avrebbe luogo anche naturalmente, ma con tempi molto<br />
più lunghi, è stato stimolato tramite l’iniezione in falda di<br />
un substrato di origine vegetale. È stata, inoltre, sperimentata<br />
l’efficacia di iniezione in falda con estrazione/<br />
dosaggio/iniezione a ricircolo continuo delle acque in<br />
modo da garantire un dosaggio costante di substrato.<br />
Descrizione<br />
del sito contaminato<br />
Il sito oggetto dell’intervento (si veda<br />
la foto 1) è caratterizzato da<br />
un’estesa e marcata contaminazione<br />
delle acque di falda dell’acquifero<br />
profondo da composti organici<br />
clorurati. In particolare, sono presenti<br />
i seguenti contaminanti alle<br />
concentrazioni indicate:<br />
l tetracloroetilene, PCE (fino a<br />
27.000 µg/l);<br />
l tricloroetilene, TCE (fino a 54.000<br />
µg/l);<br />
l 1.2 dicloroetano, DCA (fino a<br />
87.900 µg/l);<br />
l 1.2 dicloropropano, DCP (fino a<br />
61.400 µg/l).<br />
Le concentrazioni più elevate sono<br />
state riscontrate in corrispondenza<br />
del livello posto immediatamente al<br />
di sopra dello strato roccioso (circa<br />
30 m sotto il piano campagna) che<br />
costituisce la base dell’acquifero<br />
profondo. Il test pilota è stato condotto<br />
su un’area di circa 300 m 2 .<br />
Obiettivi del test pilota<br />
Gli obiettivi del test pilota sono stati<br />
i seguenti:<br />
l dimostrare che nel sito è possibile<br />
creare condizioni anaerobiche<br />
adatte alla dealogenazione riduttiva<br />
di solventi clorurati;<br />
l determinare l’efficacia del sistema<br />
proposto quale tecnica di bonifica<br />
nella zona di sorgente;<br />
l ottenere informazioni utili alla<br />
progettazione dell’intervento di<br />
bonifica full-scale.<br />
Il substrato utilizzato nel test pilota<br />
per il processo di biodegradazione<br />
25
5 Foto 1 – Area di intervento<br />
5 Foto 2 – Iniezioni di substrato in linea<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
anaerobica è di origine naturale in<br />
quanto deriva da processi di fermentazione<br />
degli zuccheri utilizzati nell’industria<br />
alimentare.<br />
In merito alla tecnica di iniezione, è<br />
stato scelto un processo di estrazione/dosaggio/iniezione<br />
a ricircolo<br />
continuo che presentava i seguenti<br />
vantaggi rispetto ad altre tecniche<br />
di iniezione diretta in falda (si veda<br />
la foto 2):<br />
l controllo attivo dell’area influenzata<br />
dall’iniezione (bioreattore<br />
anaerobico);<br />
l necessità di un numero inferiore di<br />
punti di iniezione;<br />
l ROI (raggio di influenza) superiore<br />
e indipendente dal regime di flusso<br />
della falda.<br />
L’iniezione di substrato può essere<br />
regolata in modo da evitarne sovradosaggi<br />
finalizzati al mantenimento<br />
delle condizioni anaerobiche per<br />
lungo tempo.<br />
Metodo di bonifica<br />
Sulla base dei dati analitici e precedenti<br />
ricerche, è noto che la degradazione<br />
biologica anaerobica dei<br />
contaminanti avviene già in natura e<br />
che gli idrocarburi alifatici clorurati<br />
possono essere degradati in condizioni<br />
anaerobiche.<br />
Nella figura 1 è rappresentato il processo<br />
di declorazione da tetracloroetilene<br />
a etilene.<br />
La velocità e l’efficacia di questo<br />
processo, che può anche avvenire<br />
naturalmente in falda, sono influenzate<br />
dalle condizioni chimico-fisiche<br />
della falda e in particolare dal<br />
potenziale redox delle acque.<br />
È assodato che per favorire e accelerare<br />
la dealogenazione anaerobica<br />
degli idrocarburi clorurati già in atto<br />
deve essere aggiunto un composto<br />
donatore di elettroni (substrato).<br />
Di regola, quali composti donatori di<br />
elettroni per queste tipologie di intervento<br />
vengono utilizzati composti<br />
a elevato contenuto di COD quali<br />
melassa, lattati ecc.<br />
26 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
5 Figura 1 – Rappresentazione schematica della dealogenazione riduttiva del<br />
tetracloroetilene<br />
5 Figura 2 - Lay-out del test pilota. Il cerchio rosso indica i pozzi di<br />
estrazione/iniezione. In particolare, i pozzi di estrazione sono identificati<br />
come “estr1” e “estr2”, mentre i restanti rappresentano i pozzi di<br />
infiltrazione. I due punti N6 e MP costituiscono i punti di monitoraggio in<br />
area bonifica.<br />
La dose di substrato normalmente<br />
applicata dipende dalle concentrazioni<br />
presenti di clorurati organici;<br />
infatti, tipicamente è impiegato un<br />
rapporto di 5 a 1 tra il COD del substrato<br />
e la concentrazione di inquinanti,<br />
il dosaggio deve, inoltre, essere<br />
“aggiustato” per contrastare<br />
l’effetto competitivo del consumo<br />
di substrato ad opera dei microrganismi<br />
solfato-riduttori (normalmente<br />
presenti nelle acque di falda contenenti<br />
solfati).<br />
Generalmente il dosaggio del substrato<br />
avviene mediante infiltrazione<br />
in pozzo o iniezione diretta tramite<br />
dispositivi direct push; in questi<br />
casi, la migrazione del substrato in<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
profondità è poco controllabile in<br />
quanto dipende dal raggio di influenza<br />
dell’iniezione e, dopo l’immissione,<br />
dal trasporto ad opera del flusso<br />
di falda e da fenomeni di diffusione.<br />
Nel caso specifico si è, invece, utilizzata<br />
una tecnica differente in<br />
modo da garantire un dosaggio costante<br />
del substrato in falda. Questa<br />
tecnica ha previsto l’estrazione<br />
delle acque da trattare, l’additivazione<br />
del substrato e la re-immissione<br />
in falda attraverso un sistema di<br />
pozzi di estrazione e iniezione adeguatamente<br />
posizionati. Si è, quindi,<br />
creato un flusso continuo di acque<br />
e substrato nella zona da trattare,<br />
questo flusso ha consentito la<br />
diffusione uniforme del substrato e<br />
il completo trattamento, sia in senso<br />
verticale che orizzontale, di tutta<br />
l’area da bonificare. La circolazione<br />
delle acque a ciclo chiuso,<br />
inoltre, ha consentito di garantire e<br />
mantenere costanti le condizioni<br />
anaerobiche nella falda (si veda la<br />
foto 3).<br />
Test pilota<br />
Il sistema utilizzato nel test (si veda<br />
la figura 2) è costituito da 6 pozzi di<br />
iniezione e n. 2 pozzi di estrazione,<br />
intestati al di sopra dello strato basale<br />
(roccioso) dell’acquifero presente<br />
a circa 30 metri dal piano campagna<br />
(p.c.), tutti con un tratto fenestrato<br />
tra 25 e 30 m.<br />
Il test pilota ha avuto una durata di<br />
circa 6 mesi, durante i quali i progressi<br />
della bonifica sono stati verificati<br />
con un monitoraggio periodico a<br />
cadenza ravvicinata (si veda la foto<br />
4). Il piano di monitoraggio ha previsto<br />
controlli mensili delle concentrazioni<br />
dei solventi clorurati nei due<br />
piezometri di controllo e in uno dei<br />
pozzi di estrazione, oltre alla verifica<br />
dei parametri significativi del processo<br />
quali pH, ossigeno disciolto,<br />
potenziale redox, conducibilità elettrica,<br />
temperatura, COD ed etilene.<br />
Risultati del test pilota<br />
Condizioni redox<br />
Entro un mese dall’inizio del test<br />
pilota tutti i parametri chimico - fisici<br />
misurati in campo sono risultati<br />
ottimali per la completa declorazione<br />
riduttiva dei cloroetileni, e in<br />
particolare:<br />
- il potenziale redox (ORP) è diminuito<br />
rapidamente da valori superiori<br />
a +36 mV a valori inferiori a<br />
-180 mV in media, e per la maggior<br />
parte del tempo si è mantenuto<br />
sotto i -200 mV;<br />
- i livelli di ossigeno disciolto (DO)<br />
si sono allineati alle condizioni di<br />
ossido-riduzione;<br />
27
5 Foto 3 – Impianto di dosaggio e ricircolo del substrato<br />
5 Foto 4 – Misurazioni in campo<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
- la concentrazione di metano ha<br />
raggiunto valori fino a 2000 µg/l, indice<br />
di condizioni metanogeniche;<br />
- il valore di pH si è mantenuto<br />
durante tutto il periodo del test a<br />
valori compresi tra 6,5 e 7,5, ottimali<br />
per il processo di declorazione<br />
riduttiva.<br />
I dati di cui sopra hanno confermato<br />
l’efficacia del substrato e della tecnica<br />
di iniezione prescelti e, in particolare,<br />
l’effettiva creazione di<br />
condizioni favorevoli per il processo<br />
di declorazione anaerobica.<br />
Al termine del test, il potenziale<br />
redox è aumentato a circa -90 mV in<br />
coincidenza con la riduzione del dosaggio<br />
del substrato e dei conseguenti<br />
livelli di COD nelle acque, a<br />
ulteriore dimostrazione dell’efficacia<br />
del substrato prescelto nella<br />
creazione di condizioni redox adeguate<br />
al processo.<br />
Declorazione<br />
I risultati del test sulla degradazione<br />
dei composti organici clorurati sono<br />
presentati in tabella 1 e rappresentati<br />
graficamente in figura 3, nella<br />
quale le concentrazioni dei contaminanti<br />
sono espresse in concentrazione<br />
molare in modo che la degradazione<br />
dei composti di partenza<br />
(ad esempio PCE) possa essere direttamente<br />
correlata alla formazione<br />
dei composti da essa generati (DCE,<br />
CVM ed etilene).<br />
L’andamento del processo è stato<br />
monitorato nei piezometri denominati<br />
N6, MP e nei pozzi di estrazione<br />
estr1 ed estr2.<br />
Sulla base dei risultati riportati in tabella<br />
1 è evidente come il tetracloroetilene<br />
(PCE) e il tricloroetilene<br />
(TCE) siano stati degradati per riduzione<br />
a dicloroetilene (DCE); già dopo<br />
un solo mese, una media di circa il<br />
94% di PCE e TCE era stata degradata.<br />
Di seguito, anche il dicloropropano<br />
(DCP) e il dicloroetano (DCA) sono<br />
stati degradati rispettivamente con<br />
medie del 98,5% e 99,7%.<br />
28 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
TABELLA1<br />
RISULTATIDELLEANALISIINAREATESTPILOTA<br />
PCE TCE DCP DCE DCA CVM Etilene Etano COD Cl pH T DO ORP<br />
[µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [mg/l] [mg/l] °C [mg/l] mV<br />
22/02/2008 3.600 6.000 8.400 4.900 13.000 520 67 4,2 14 568 7,37 12,1 n.e. 109<br />
N6 (pozzetto<br />
di<br />
monitoraggio<br />
esistente)<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
4/03/2008 6,93 14,6 0,13 179<br />
18/03/2008 < 10 470 9.300 12.000 11.000 430 94 2,2 580 450 6,9 14,8 0,22 234<br />
(tratto<br />
fenestrato<br />
24.0026.50 m)<br />
2/04/2008 6,96 15,2 0,13 222<br />
17/04/2008 < 10 67 3.600 23.000 1.300 770 760 2,4 380 380 6,94 14,4 0,11 227<br />
22/02/2008 5.200 5.700 5.000 3.600 7.300 310 30 7,1 8 220 7,49 12 n.e. 109<br />
MP (nuovo<br />
pozzetto di<br />
monitoraggio)<br />
4/03/2008 6,93 15,4 0,33 180<br />
18/03/2008 75 790 9.700 16.000 13.000 460 94 3,2 484 440 6,8 14,6 0,12 257<br />
(tratto<br />
fenestrato<br />
24.0029.00 m)<br />
2/04/2008 6,97 15,1 0,18 230<br />
17/04/2008 380 370 2500 24000 1400 740 970 4 105 420 7,04 14,9 0,12 215<br />
estr1 22/02/2008 4.600 8.000 10.000 7.300 15.000 560 52 2,9 11 310 7,4 14,5 n.e. 36<br />
4/03/2008 7 14,5 0,13 170<br />
18/03/2008 22 1.200 12.000 21.000 16.000 510 170 3,7 311 380 7,06 15,1 0,06 263<br />
(tratto<br />
fenestrato<br />
24.0029.00 m)<br />
2/04/2008 7,03 15,3 0,13 226<br />
17/04/2008 96 200 2.800 23.000 1.300 770 1100 2,4 104 350 7,07 14 0,14 191<br />
estr2 22/02/2008 1.800 4.200 7.400 3.600 11.000 340 50 4,3 22 330 7,5 14,6 n.e. 166<br />
4/03/2008 7 14,8 0,17 166<br />
18/03/2008 7 15,7 0,17 263<br />
(tratto<br />
fenestrato<br />
24.0029.00 m)<br />
2/04/2008 7 15,6 0,18 215<br />
17/04/2008 7 14,9 0,22 192<br />
29
5 Figura 3 - Rappresentazione grafica dei dati analitici del piezometro N6<br />
espressi come molarità (µmol/l).<br />
5 Figura 4 - Concentrazioni iniziali e finali (in µg/l) dei contaminanti e<br />
prodotti di degradazione nel piezometro N6<br />
Alla fine del test pilota, le concentrazioni<br />
di alcuni inquinanti sono<br />
leggermente risalite in seguito alla<br />
Figure e foto su gentile concessione di Tauw Italia S.r.l<br />
riduzione del substrato iniettato e<br />
della conseguente diminuzione del<br />
COD nelle acque.<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
Conclusioni<br />
Il test pilota è stato condotto per<br />
dimostrare che la stimolazione della<br />
declorazione riduttiva in condizioni<br />
anaerobiche è una tecnica di<br />
bonifica efficace per la rimozione<br />
dei solventi clorurati dalle acque di<br />
falda.<br />
La rapida diminuzione osservata per<br />
il potenziale redox, pre requisito<br />
per la dealogenazione anaerobica,<br />
ha dimostrato che l’iniezione del<br />
substrato (donatore di elettroni)<br />
consente la creazione di condizioni<br />
favorevoli al processo.<br />
La notevole riduzione nelle concentrazioni<br />
di tutti i cloro-composti organici<br />
e il significativo incremento<br />
della concentrazione di etilene,<br />
prodotto finale della degradazione<br />
biologica anaerobica dei cloroetileni<br />
e del dicloroetano, confermano<br />
l’efficacia del substrato e della tecnica<br />
di iniezione adottata.<br />
Il leggero incremento del potenziale<br />
redox e delle concentrazioni dei<br />
contaminanti riscontrato al termine<br />
del test pilota è legato alla diminuzione<br />
dei livelli di COD a seguito<br />
della quantità di substrato<br />
iniettata.<br />
I dati, che illustrano la degradazione<br />
dei contaminanti, sono riportati in<br />
figura 4.<br />
Al completamento del test, il sistema<br />
è stato mantenuto in funzione<br />
con lo scopo di mantenere<br />
attiva la popolazione biologica in<br />
attesa dell’intervento full-scale e<br />
di rimuovere nel contempo la<br />
maggior quantità di contaminanti<br />
possibile. l<br />
30 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
I modelli di<br />
simulazione, su cui si<br />
basa l’analisi di<br />
rischio, richiedono<br />
generalizzazioni delle<br />
caratteristiche sito<br />
specifiche, tali da<br />
non riflettere le<br />
complesse dinamiche<br />
che avvengono nel<br />
sistema esistente.<br />
Questo aspetto è<br />
evidente, ad esempio,<br />
sui siti di piccole<br />
dimensioni dove<br />
alcune assunzioni<br />
risultano<br />
estremamente<br />
discostanti dalla<br />
realtà. A questo<br />
proposito, vengono<br />
illustrati cinque casi<br />
studio che mostrano<br />
come la misura delle<br />
concentrazioni dei<br />
gas interstiziali,<br />
in prossimità dei<br />
potenziali bersagli,<br />
possa portare a<br />
conclusioni molto<br />
differenti rispetto ai<br />
risultati dei modelli.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
Vapori<br />
Misura diretta dei gas interstiziali<br />
per una corretta analisi di rischio<br />
n di Angiolo Calì, Golder Associates S.r.l. e Giuseppe Prosperi,<br />
MWH S.p.A.<br />
L’analisi di rischio (“AdR”) è lo strumento di valutazione<br />
alla base del risk-based land management, strategia per<br />
il risanamento sostenibile del territorio, promossa negli<br />
ultimi anni a livello internazionale. In particolare, l’AdR<br />
consente di programmare e progettare gli interventi di<br />
bonifica dei siti contaminati in considerazione dei rischi<br />
sanitari che effettivamente essi pongono, consentendo al<br />
tempo stesso di ottimizzare l’impegno economico.<br />
Per “valutazione del rischio sanitario”<br />
si intende la quantificazione del<br />
possibile danno tossicologico prodotto<br />
all’uomo per effetto della<br />
presenza di una sorgente inquinante,<br />
i cui rilasci, attraverso i diversi<br />
comparti ambientali, possono giungere<br />
a un soggetto recettore potenzialmente<br />
esposto.<br />
Attualmente la materia, in Italia, è<br />
regolata dal D.Lgs. n. 152/2006<br />
«Norme in materia ambientale».<br />
Con il D.Lgs. n. 152/2006, l’AdR è<br />
divenuta lo strumento cardine per<br />
stabilire se un sito è contaminato o<br />
non contaminato, e per definire gli<br />
obiettivi finali di bonifica per le varie<br />
matrici ambientali.<br />
Nell’ambito dei siti contaminati,<br />
quelli di ridotte dimensioni e tra<br />
questi i punti vendita carburanti<br />
(“PV”) costituiscono un sottoinsieme<br />
di particolare interesse e attenzione,<br />
sia per la loro capillare<br />
diffusione sul territorio nazionale<br />
(in termini numerici e di distribuzione)<br />
sia per la frequente vicinanza<br />
a soggetti particolarmente vul-<br />
nerabili (ad esempio aree residenziali).<br />
Questo, da un lato ha portato il legislatore<br />
a individuare una procedura<br />
ad hoc per questi siti, dettata dall’art.<br />
249, D.Lgs n.152/2006, e dall’altro<br />
ha fatto sì che organi tecnici<br />
nazionali quale ISPRA pubblicassero<br />
una metodologia specifica [1] per<br />
l’applicazione dell’AdR ai PV.<br />
L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato<br />
che il rischio per l’inalazione<br />
di vapori di idrocarburi, provenienti<br />
dal terreno o da falde contaminate,<br />
costituisce uno dei fattori<br />
limitanti nell’AdR dei PV.<br />
L’uso di modelli di simulazione aventi<br />
come dati di input i valori di concentrazione<br />
riscontrati nel terreno o<br />
nelle acque sotterranee conduce<br />
spesso a risultati eccessivamente<br />
conservativi che, anche nell’opinione<br />
della pubblica autorità, non riflettono<br />
appieno le complesse dinamiche<br />
che avvengono nel sottosuolo.<br />
Una serie di casi recenti evidenzia<br />
che forti scostamenti possono manifestarsi<br />
tra i risultati forniti dai<br />
31
modelli di simulazione e gli oggettivi<br />
riscontri di campo.<br />
Il modello concettuale<br />
dei gas interstiziali<br />
e le criticità interpretative<br />
I contaminanti riscontrati con maggiore<br />
frequenza nei PV sono rappresentati<br />
da idrocarburi (sia alifatici<br />
che aromatici) e da sostanze additivate<br />
(MtBE). Si tratta di composti<br />
più o meno volatili, che possono essere<br />
rinvenuti in fase adsorbita/residua<br />
nel terreno insaturo, in fase<br />
disciolta nelle acque sotterranee<br />
oppure in fase pura. I diversi meccanismi<br />
che portano alla formazione di<br />
vapori di idrocarburi nel sottosuolo<br />
(“gas interstiziali”) sono nel seguito<br />
illustrati.<br />
l In presenza di prodotto in fase pura,<br />
la concentrazione di gas interstiziali<br />
alla sorgente segue la formulazione<br />
della legge di Raoult:<br />
con C v (mg/m 3 ) concentrazione dei<br />
gas interstiziali alla sorgente, MW<br />
(g/mole) peso molecolare del contaminante,<br />
X (adimensionale) frazione<br />
molare, P v (atm) pressione di<br />
vapore, R (m 3 *atm / K*mole) costante<br />
universale dei gas e T (K) temperatura;<br />
l la stima della concentrazione dei<br />
gas interstiziali, generati all’equilibrio<br />
dalla contaminazione<br />
presente in fase disciolta in falda,<br />
tiene conto della seguente<br />
espressione:<br />
con C g (µg/l) concentrazione del<br />
contaminante in fase disciolta in falda<br />
e H’ (adimensionale) costante<br />
della legge di Henry;<br />
l infine, nel caso di suolo contaminato,<br />
ma di assenza di fase pura, la<br />
concentrazione dei gas interstiziali<br />
è calcolata attraverso un modello<br />
di partizione trifasico.<br />
con C tot (mg/kg) concentrazione totale<br />
del contaminante nel suolo, C w<br />
(mg/l) concentrazione del contaminante<br />
in fase disciolta nell’acqua<br />
dei pori della zona insatura, K d (l/<br />
kg) coefficiente di partizione acquaterreno,<br />
θ w (adimensionale) contenuto<br />
volumetrico d’acqua nei pori,<br />
θ a (adimensionale) contenuto volumetrico<br />
d’aria nei pori e ρ (kg/l)<br />
densità secca del terreno.<br />
I gas interstiziali migrano attraverso<br />
il sottosuolo insaturo prima di<br />
disperdersi in atmosfera o di penetrare<br />
all’interno di ambienti confinati<br />
(locali interrati e non). I meccanismi<br />
che intervengono durante<br />
questa migrazione sono molteplici,<br />
sito-specifici, e comprendono, ad<br />
esempio, diffusione, advezione, dispersione,<br />
partizione tra fasi adsorbite,<br />
disciolte e gassose, biodegradazione<br />
[2; 7]. Ovviamente, il tasso<br />
di volatilizzazione è variabile in<br />
funzione di numerosi fattori quali il<br />
contenuto d’umidità del terreno, la<br />
temperatura, le oscillazioni della<br />
superficie piezometrica, le variazioni<br />
di pressione atmosferica, ecc.<br />
Alla luce di quanto sopra, quando<br />
indagini ambientali accertano l’esistenza<br />
di contaminazione nel terreno<br />
e/o nella falda, è possibile formulare<br />
le seguenti considerazioni:<br />
l esistono molteplici fattori che entrano<br />
in gioco nella valutazione<br />
della reale concentrazione dei gas<br />
interstiziali in prossimità dei bersagli<br />
dell’AdR (i lavoratori che<br />
operano sul PV e i residenti che<br />
vivono nell’intorno del PV);<br />
l la scelta dei parameri di input di<br />
un modello di simulazione, condotta<br />
su base conservativa come<br />
spesso richiesto dalle pubbliche<br />
autorità, può condurre a risultati<br />
non in linea con la realtà, svuotando<br />
l’AdR della sito-specificità richiesta<br />
dal legislatore;<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
l risulta possibile affinare il livello<br />
di conoscenza del modello concettuale<br />
attraverso una misura diretta,<br />
nel sottosuolo, delle concentrazioni<br />
dei gas interstiziali.<br />
La misura diretta della concentrazione<br />
dei gas interstiziali, se da un<br />
lato richiede un costo aggiuntivo per<br />
l’indagine ambientale, dall’altro<br />
presenta inequivocabili vantaggi<br />
operativi:<br />
l rende inutile la ricerca di numerosi<br />
ulteriori parametri che sarebbero<br />
stati utilizzati come dati di<br />
input di un modello, puramente<br />
teorico, di simulazione;<br />
l contrariamente alle misure effettuate<br />
su campioni di terreno o di<br />
acque sotterranee, che hanno una<br />
valenza puntuale, può essere considerata<br />
rappresentativa di un’area<br />
di maggiori dimensioni;<br />
l permette di rilevare tutte quelle<br />
anomalie che un modello di simulazione<br />
difficilmente riesce a<br />
prevedere quali, ad esempio,<br />
eterogeneità del sottosuolo, sorgenti<br />
che indagini con prelievo<br />
puntuale di campioni di terreno<br />
non hanno individuato, migrazioni<br />
anomale dei vapori di idrocarburi<br />
dovute alla presenza di sottoservizi,<br />
ecc.<br />
I casi studio<br />
Vengono ora analizzati cinque casi<br />
studio costituiti da altrettanti punti<br />
vendita. Durante le operazioni di<br />
rimozione di serbatoi di carburante<br />
interrati dei PV, è stata riscontrata<br />
la presenza di contaminazione da<br />
idrocarburi e, come previsto dalla<br />
normativa, è stato avviato un procedimento<br />
ambientale ai sensi del<br />
D.Lgs. n. 152/2006.<br />
Le operazioni di caratterizzazione,<br />
come previsto dalla normativa, sono<br />
state condotte sulle matrici terreni<br />
e acque sotterranee. Nella prima<br />
fase di indagini ambientali, sono<br />
stati prelevati sia campioni di<br />
terreno che di acque sotterranee.<br />
32 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
Questi campioni sono stati sottoposti<br />
ad analisi chimiche per la determinazione<br />
dei contaminanti di interesse,<br />
determinati sulla base dell’attività<br />
commerciale di vendita di<br />
prodotti petroliferi. I contaminanti<br />
ricercati sono stati idrocarburi leggeri<br />
(C12), idrocarburi aromatici (benzene,<br />
etilbenzene, toluene, xileni),<br />
piombo, piombo tetraetile e<br />
MtBE per i terreni (espressi in mg/<br />
kg); idrocarburi totali (espressi come<br />
n-esano), idrocarburi aromatici<br />
(benzene, etilbenzene, toluene, pxilene),<br />
piombo, piombo tetraetile<br />
e MtBE per le acque sotterranee<br />
(espressi in µg/l).<br />
Alla luce dei risultati ottenuti, è stata<br />
successivamente pianificata, ed<br />
eseguita, una seconda indagine am- 5 Foto 1 - Panoramica su punto di misura gas interstiziali<br />
5 Foto 2 - Particolare di punto di misura con camera di controllo infiltrazioni<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
33
5 Foto 3 - Particolare di punto di misura con campionatori per fialette<br />
bientale, finalizzata al prelievo di<br />
campioni di gas interstiziali. I punti<br />
di prelievo sono stati scelti in corrispondenza<br />
delle potenziali sorgenti<br />
di contaminazione (individuate nel-<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
TABELLA1<br />
CARATTERISTICHEPRINCIPALIDEICINQUEPUNTIVENDITA<br />
N. Contesto idrogeologico<br />
1<br />
in esercizio<br />
2<br />
in esercizio<br />
3<br />
dismesso<br />
4<br />
in esercizio<br />
5<br />
dismesso<br />
Acquifero: freatico<br />
Profondità falda: 6 m da p.c<br />
Litologia: deposito sabbiosoghiaioso<br />
Acquifero: freatico<br />
Profondità falda: 17 m di profondità<br />
Litologia: deposito sabbiosoghiaioso<br />
Falde sospese a 1015<br />
in presenza di lenti limose<br />
Acquifero: non presente<br />
alla profondità indagata<br />
Litologia: riporto 36 m,<br />
poi cappellaccio di alterazione<br />
di materiale lapideo<br />
Acquifero: freatico<br />
Profondità falda: 6 m da p.c.<br />
Litologia: deposito sabbioso<br />
Acquifero: freatico<br />
Profondità falda: 12 m da p.c.<br />
Litologia: sabbioso limoso<br />
localmente ghiaioso<br />
la prima fase di indagine) e degli<br />
eventuali bersagli vulnerabili (si veda<br />
foto 1) . Le modalità di prelievo e<br />
campionamento sono state definite<br />
in modo da assicurare la buona qua-<br />
Contaminazione nel<br />
terreno<br />
BTEX<br />
idrocarburi C12<br />
BTEX<br />
idrocarburi C12<br />
Piombo<br />
BTEX<br />
idrocarburi C12<br />
BTEX<br />
idrocarburi C
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
5 Figura 1 - Schermata del software<br />
di calcolo<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
ci del calcolo del rischio per i contaminanti<br />
non cancerogeni (si veda<br />
il grafico 1) e i contaminanti cancerogeni<br />
(si veda il grafico 2). I due<br />
grafici mettono a confronto i risultati<br />
delle determinazioni del rischio<br />
sanitario condotto nelle modalità<br />
sopra descritte.<br />
Dal confronto risulta evidente come,<br />
per tutti i cinque PV, la determinazione<br />
del rischio condotta a<br />
5 Grafico 1 - Calcolo del rischio per i contaminanti non cancerogeni<br />
5 Grafico 2 - Calcolo del rischio per i contaminanti cancerogeni<br />
partire dalle concentrazioni rilevate<br />
sulle matrici suolo e acqua, senza<br />
misure di gas interstiziali, fornisca<br />
risultati molto conservativi e di<br />
diversi ordini di grandezza superiori<br />
rispetto a quelli ottenuti considerando<br />
le concentrazioni rilevate<br />
dei vapori di idrocarburi nel sottosuolo.<br />
Considerazioni conclusive<br />
La misura diretta dei gas interstiziali<br />
si rivela uno strumento estremamente<br />
efficace per affinare il<br />
modello concettuale di un sito<br />
contaminato di piccole dimensioni.<br />
L’analisi dei meccanismi che<br />
portano alla formazione dei vapori<br />
di idrocarburi e l’interpretazione<br />
dei risultati su cinque casi studio<br />
porta a due considerazioni<br />
principali.<br />
In primis, l’approccio tradizionale,<br />
senza misure dei gas interstiziali,<br />
conduce spesso a risultati eccessivamente<br />
conservativi con forti<br />
scostamenti rispetto alle reali<br />
dinamiche che avvengono nel sottosuolo.<br />
Di conseguenza, i livelli di<br />
contaminazione riscontrati attraverso<br />
analisi su campioni di terreno<br />
e di acque sotterranee possono<br />
lasciar presagire la necessaria esecuzione<br />
di interventi di messa in<br />
sicurezza o bonifica, in realtà superflui.<br />
La seconda considerazione riguarda<br />
l’opportunità, in determinate<br />
circostanze, di affinare il livello di<br />
conoscenza del sottosuolo mediante<br />
misure dirette della concentrazione<br />
dei gas interstiziali soprattutto<br />
in prossimità della sorgente e<br />
dei bersagli più vulnerabili. I risultati<br />
di queste misure, in determinate<br />
circostanze, permettono di<br />
escludere l’esistenza di un percorso<br />
di migrazione dei vapori di idrocarburi<br />
o, in alternativa, consentono<br />
la valutazione del rischio sanitario<br />
in maniera più aderente<br />
alla realtà. l<br />
35
Foto su gentile concessione della Golder Associates S.r.l.<br />
Grafici, figura e tabella a cura degli Autori<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />
[1] ISPRA (2009) - Criteri Metodologici per l’applicazione dell’Analisi di Rischio assoluta ai siti contaminati,<br />
Appendice V: Applicazione dell’Analisi di Rischio ai punti vendita carburante.<br />
[2] Ostendorf D.W. and Kampbell D.H. (1991) - Biodegradation of hydrocarbon vapours in the unsaturated zone,<br />
Water Resources Research, vol. 27, n° 4, 453-462.<br />
[3] Ririe T., Sweeney R., Daughery S., Peuron P. (1998) - A vapour transport model that is consistent with field and<br />
laboratory data, In: Proc., Petrol. Hydro. and Org. Chem. in GW, API/NGWA, Houston 1998<br />
[4] Roggemans S., Bruce C.L., Johnson P.C. (2002) - Vadose zone natural attenuation of hydrocarbon vapors: an<br />
empirical assessment of soil gas vertical profile data, American Petroleum Inst. Techn. Report<br />
[5] Hers I., Atwater J., Li L., Zapf-Gilje R. (2000) - Evaluation of vadose zone biodegradation of BTX vapours,<br />
Journal of Contaminant Hydrology, vol. 46, 233-264<br />
[6] Hers I., Evans D., Zapf-Gilje R., Li, L. (2002) - Comparison, validation and use of models for predicting indoor air<br />
quality from soil and groundwater contamination, Journal of Soil and Sediment Contamination, vol. 11 (4), 491-527<br />
[7] Hers I., Zapf-Gilje R., Johnson P.C., Li, L (2003) Evaluation of the Johnson and Ettinger model for prediction of<br />
indoor air quality, Ground Water Monitoring and Remediation, Summer 2003<br />
36 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
Le emissioni<br />
odorigene possono<br />
istintivamente<br />
allarmare la<br />
popolazione esposta<br />
che teme sulla<br />
possibile pericolosità<br />
per la salute.<br />
L’ARPA Liguria,<br />
perciò, in<br />
coordinamento con<br />
il dipartimento di<br />
chimica farmaceutica<br />
dell’Università di<br />
Pavia, ha studiato un<br />
sistema di<br />
monitoraggio in<br />
continuo dell’odore in<br />
grado di segnalare in<br />
anticipo il<br />
superamento della<br />
concentrazione di<br />
inquinanti odorigeni;<br />
questa tecnologia è<br />
possibile grazie a dei<br />
“nasi elettronici”<br />
da installare al<br />
confine dell’area di<br />
bonifica in posizione<br />
corrispondente<br />
alle direzioni<br />
preferenziali del<br />
vento.<br />
PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />
Emissioni odorigene<br />
I SOA ai confini dell’area di bonifica<br />
come strumento di monitoraggio<br />
n di Maurizio Benzo, professore del dipartimento di chimica<br />
farmaceutica, Università degli studi di Pavia e Marco Tamberi,<br />
dottore geologo, area bonifiche ambientali General Smontaggi<br />
L’area “ex raffineria” ubicata a La Spezia è attualmente<br />
oggetto di un piano d’area che prevede la riqualificazione<br />
dell’intero sito per un futuro utilizzo residenziale, commerciale<br />
e terziario.<br />
A seguito della demolizione degli impianti, avvenuta a<br />
partire dalla metà degli anni Ottanta, dal 2000, si<br />
procede alla realizzazione della bonifica.<br />
Il progetto di bonifica prevede il risanamento<br />
del terreno per lotti, secondo<br />
un programma che tiene conto sia<br />
delle caratteristiche ambientali delle<br />
diverse aree sia del piano di sviluppo<br />
previsto per i singoli subdistretti.<br />
Al fine di raggiungere questi obiettivi,<br />
dal settembre 2005 sono state avviate<br />
opere di bonifica terreni on-off<br />
site, ai sensi del D.M. n. 471/1999 e<br />
del successivo D.Lgs. n. 152/2006. In<br />
base ai risultati delle caratterizzazioni<br />
ambientali pregresse, delle indagini<br />
integrative condotte, e agli<br />
obiettivi di bonifica da raggiungere,<br />
si è deciso di procedere con le seguenti<br />
tipologie di intervento:<br />
l scavo e movimentazione;<br />
l landfarming;<br />
l soilwashing;<br />
l conferimento in idonei impianti di<br />
smaltimento/recupero esterno.<br />
Fin dall’inizio delle attività di scavo,<br />
sono apparse problematiche legate<br />
alle emissioni di sostanze odorigene<br />
e, quindi, si è evidenziata la necessità<br />
di accorgimenti sito specifici per<br />
permettere il raggiungimento degli<br />
obiettivi di bonifica.<br />
La percezione dell’odore di un’emissione,<br />
generalmente sgradevole, ma<br />
in ogni caso estranea, fa istintivamente<br />
temere la possibile pericolosità<br />
per la salute, e genera presso la<br />
popolazione esposta, una richiesta<br />
di spiegazioni e rassicurazioni che<br />
deve essere esaudita in breve tempo,<br />
per scongiurare il crescere di un<br />
clima di timore e di sfiducia.<br />
Pertanto, nella prima fase di intervento,<br />
l’obiettivo è stato la valutazione<br />
dell’eventuale nocività delle<br />
emissioni stesse, attraverso un’accurata<br />
analisi chimica dei vapori<br />
emessi. I prelievi sono stati eseguiti<br />
con canister, un dispositivo che permette<br />
il campionamento dell’aria<br />
tal quale, che viene poi concentrata<br />
durante l’analisi raggiungendo così<br />
elevate sensibilità. I prelievi e le<br />
analisi, eseguite in contraddittorio<br />
con ARPAL e Istituto Superiore della<br />
Sanità, hanno ricercato in particolare<br />
quelle sostanze, come il benzene<br />
e gli idrocarburi policiclici aromatici,<br />
che sono note per la loro tossicità;<br />
i risultati ottenuti hanno eviden-<br />
38 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />
ziato la sicurezza sanitaria delle<br />
operazioni di bonifica e la mancanza<br />
di rischi per lavoratori.<br />
Sebbene riconosciute non nocive, rimaneva<br />
comunque la necessità, nell’ambito<br />
delle tecnologie applicabili,<br />
di limitare il più possibile le emissioni<br />
odorigene in modo da evitare<br />
disagi alla popolazione abitante nelle<br />
aree limitrofi al cantiere. A tal<br />
fine è stato predisposto un sistema<br />
di monitoraggio per verificare, in<br />
tempo reale, le condizioni “odorigene”<br />
del sito e del suo intorno.<br />
Caratterizzazione chimica<br />
e olfattometrica del sito<br />
Innanzitutto si è proceduto a una<br />
più accurata caratterizzazione chimica<br />
e olfattometrica della contaminazione<br />
del sito; per la valutazione<br />
degli odori, dunque, si è utilizzata<br />
la tecnica di campionamento<br />
dell’aria in sacche di nalophan, un<br />
materiale inerte che non contribuisce<br />
con un suo odore a quello dell’emissione,<br />
riempite per effetto<br />
polmone, con una pompa da vuoto<br />
(si veda la foto 1).<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
Il primo problema da affrontare è<br />
stato la difficile rilevabilità delle sostanze<br />
responsabili dell’odore, poiché<br />
la percezione olfattiva umana è<br />
spesso più sensibile degli strumenti<br />
classici di analisi. Con l’applicazione<br />
di tecniche strumentali avanzate (si<br />
veda la foto 2) è stata possibile l’individuazione<br />
di alcuni composti solforati<br />
ciclici e di idrocarburi insaturi<br />
come principali componenti dell’impatto<br />
odorigeno sul territorio<br />
circostante; queste sostanze, per<br />
quanto presenti in bassa concentrazione,<br />
sono nettamente percepibili<br />
perché dotate di bassissima soglia di<br />
percezione olfattiva. Il primo odore,<br />
sviluppato durante le operazioni di<br />
scavo, è quello agliaceo e pungente<br />
degli idrocarburi insaturi, simile a<br />
quello dell’etilene; a questo si somma<br />
il tipico odore di gas dei composti<br />
solforati, che sono chimicamente<br />
simili alle sostanze odorizzanti aggiunte<br />
per motivi di sicurezza al metano,<br />
di per sé inodore; infine, compare<br />
la nota di nafta degli idrocarburi<br />
alchilbenzenici, meno sgradevole,<br />
ma maggiormente persistente. In<br />
5 Foto 1 – Campionamento delle emissioni durante lo scavo mediante sacche in<br />
nalophan e pompa da vuoto<br />
pratica ci si è trovati davanti un insieme<br />
di odori diversi, dall’agliaceo<br />
alla nafta, con diversa intensità e<br />
persistenza (si veda il grafico 1).<br />
Non trascurabile, poi, il contributo<br />
della particolare meteorologia dell’area,<br />
che favoriva il trasporto di<br />
masse d’aria contaminata sulle abitazioni<br />
vicine e provocava le proteste<br />
degli abitanti.<br />
Su indicazioni dell’ARPAL, e con il<br />
supporto tecnico e scientifico del dipartimento<br />
di chimica farmaceutica<br />
dell’Università di Pavia, è stato messo<br />
a punto un sistema di monitoraggio<br />
in continuo dell’odore in grado di<br />
segnalare in anticipo il superamento<br />
della concentrazione di inquinanti<br />
odorigeni, tale da provocare fastidio<br />
presso le abitazioni limitrofe e di<br />
consentire un immediato intervento<br />
da parte del personale dell’azienda.<br />
Monitoraggio<br />
delle emissioni odorigene<br />
I SOA<br />
L’approccio usato si basa sulla tecnologia<br />
dei cosiddetti “Sistemi Olfattivi<br />
Artificiali” (SOA), meglio noti come<br />
“nasi elettronici”; due di questi sistemi<br />
sono stati installati presso il confine<br />
dell’area di bonifica in posizioni<br />
corrispondenti alle direzioni preferenziali<br />
del vento (si veda la foto 3).<br />
I SOA sono dei sistemi costituiti da<br />
un gruppo di sensori di natura diversa,<br />
che forniscono una risposta elettrica<br />
differente a seconda della<br />
composizione chimica dell’aria analizzata;<br />
si genera così un’impronta<br />
olfattiva caratteristica, diversa per<br />
ogni tipologia di emissione odorosa,<br />
che viene memorizzata e permette<br />
al SOA di riconoscere gli odori.<br />
Nati per le applicazioni in campo alimentare,<br />
i “nasi elettronici” sono stati<br />
impiegati con successo anche nel<br />
campo ambientale, vista l’attenzione<br />
crescente che ha ricevuto il problema<br />
della molestia olfattiva sul territorio<br />
prodotta da impianti e discariche.<br />
39
5 Foto 2 – Gascromatografo-spettrometro di massa per l’identificazione e il<br />
dosaggio delle emissioni odorigene<br />
5 Grafico 1 – Composizione chimica e sensoriale dell’emissione odorigena<br />
Il nome di “nasi elettronici”, nonostante<br />
quanto comunemente si crede,<br />
non è dovuto a una sensibilità di<br />
questi strumenti confrontabile con<br />
quella dell’olfatto umano, bensì alla<br />
modalità di riconoscimento degli<br />
odori, che è simile a quella del cervello<br />
umano; infatti, il naso elettronico<br />
riconosce gli odori sulla base<br />
dell’impronta olfattiva memorizza-<br />
ta nel suo computer di controllo,<br />
esattamente come il cervello elabora<br />
la percezione olfattiva, la confronta<br />
con quelle percepite in passato<br />
e identifica sulla base delle somiglianze<br />
rilevate.<br />
Per questo motivo, i nasi elettronici<br />
devono essere preventivamente addestrati<br />
al riconoscimento degli odori<br />
che devono individuare; in questo<br />
PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />
caso, inizialmente sono stati calibrati<br />
con l’emissione prodotta durante<br />
lo scavo. Per poter trasformare la<br />
misura elettrica dei nasi in una quantificazione<br />
dell’odore, è necessario<br />
presentare lo stesso campione gassoso,<br />
sottoposto al naso elettronico, a<br />
un gruppo di valutatori selezionati, il<br />
panel, che fornisce una misura della<br />
concentrazione di odore dell’emissione.<br />
La concentrazione di odore,<br />
espressa in unità olfattometriche al<br />
metro cubo, è stimata secondo le indicazioni<br />
della norma europea UNI<br />
EN 13725, che permette di oggettivare<br />
una grandezza soggettiva come<br />
l’odore con una misura sensoriale da<br />
parte di un gruppo di annusatori,<br />
scelti in base a una sensibilità olfattiva<br />
media, mediante uno strumento<br />
specifico, l’olfattometro a diluizione<br />
dinamica (si veda la foto 4).<br />
In pratica, il panel di annusatori non<br />
è diverso dal panel di assaggiatori<br />
che ha il compito di valutare la qualità<br />
di alimenti e bevande; in questo<br />
caso, l’olfattometro presenta a ogni<br />
valutatore un flusso di aria pulita e<br />
alternativamente il campione di<br />
aria odorosa a diluizione inizialmente<br />
molto elevata, ma decrescente<br />
nel tempo, fino a che il panellista<br />
riesce a distinguere il campione dall’aria<br />
di riferimento. Il numero stesso<br />
di diluizioni che rendono l’emissione<br />
appena percepibile rappresenta<br />
la sua concentrazione di odore<br />
espressa in unità olfattometriche al<br />
metro cubo (OU/m 3 ).<br />
Dopo aver calibrato la risposta dei<br />
SOA direttamente in concentrazione<br />
di odore, si è presentato il problema<br />
di trovare la relazione tra l’odore misurato<br />
dai nasi al confine del cantiere<br />
e l’odore percepito presso i siti sensibili,<br />
cioè le abitazioni limitrofe.<br />
Le analisi chimiche<br />
Poiché la tecnica sensoriale dell’olfattometria<br />
è applicabile alle emissioni<br />
odorigene, ma non agli odori<br />
meno intensi rilevabili sul territorio,<br />
40 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />
5 Foto 3 – Sistemi Olfattivi Artificiali<br />
(SOA), meglio noti come “nasi<br />
elettronici”, installazione in<br />
cantiere a La Spezia<br />
si è fatto ricorso all’analisi chimica.<br />
Sono stati ricercati i traccianti dell’emissione<br />
odorigena, cioè quelle<br />
sostanze non necessariamente odorose<br />
di per sé, presenti nell’emissione<br />
in quantità sufficientemente elevata<br />
da poter essere rilevate anche<br />
a distanza dal punto di scavo, caratteristiche<br />
dell’aria emessa e assenti<br />
nell’ambiente cittadino.<br />
Poiché l’emissione è costituita essenzialmente<br />
da una miscela complessa<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
5 Foto 4 – Panel di valutatori<br />
all’olfattometro misura la<br />
concentrazione di odore secondo<br />
la UNI EN 13725<br />
5 Foto 5 – Pennacchio di odore previsto del modello di dispersione: vento di<br />
0,5 m/s da NW<br />
di idrocarburi, e proprio gli idrocarburi<br />
sono tra gli inquinanti ubiquitari<br />
prodotti dal traffico autoveicolare,<br />
non è stato semplice individuare in<br />
questo caso i traccianti specifici; analizzando<br />
approfonditamente l’emissione,<br />
sono stati identificati alcuni<br />
idrocarburi con struttura ad anello<br />
caratteristici della contaminazione<br />
dell’area, ma non presenti nell’ambiente<br />
cittadino; sostanze non particolarmente<br />
odorose, ma sufficiente-<br />
mente abbondanti e specifiche dell’aria<br />
emessa da poter essere rilevate<br />
presso i siti sensibili durante gli episodi<br />
di odore e da poter essere messi in<br />
relazione quantitativa con la concentrazione<br />
di odore.<br />
Infatti, la concentrazione di odore ai<br />
recettori, impossibile da misurare direttamente,<br />
è stata calcolata dal rapporto<br />
tra la quantità di tracciante rilevata<br />
al bersaglio e quella rilevata<br />
all’origine, dove è stata anche eseguita<br />
l’analisi sensoriale olfattometrica.<br />
Analogamente, è stata misurata la<br />
quantità di tracciante presso i “nasi<br />
elettronici” durante la rilevazione<br />
di odore dallo scavo, per correlare la<br />
risposta elettrica dei SOA con la concentrazione<br />
di odore.<br />
Modello di dispersione<br />
dell’odore<br />
Con le informazioni così ottenute, è<br />
stato messo a punto un modello matematico<br />
di dispersione dell’odore,<br />
in grado di prevedere in base alle<br />
condizioni meteoclimatiche e alle<br />
risposte elettroniche dei due SOA, la<br />
concentrazione di odore ai recettori,<br />
cioè presso le abitazioni vicine<br />
all’area (si veda la foto 5); la capacità<br />
predittiva del modello è stata verificata<br />
e convalidata con misure<br />
chimiche e sensoriali, ed è stato calcolato<br />
il valore limite al confine dell’impianto<br />
misurato dai SOA a cui<br />
corrisponde una concentrazione di<br />
odore accettabile sui siti sensibili.<br />
In questo modo i due “nasi elettronici”<br />
eseguono il monitoraggio in continuo<br />
dell’aria ai confini dell’area durante<br />
le operazioni di bonifica e trasmettono<br />
in modalità wireless la<br />
misura dell’odore al computer centrale;<br />
in caso di superamento del valore<br />
prefissato di concentrazione di<br />
odore, corrispondente a situazioni di<br />
fastidio per gli abitanti secondo le<br />
previsioni del modello, il sistema<br />
manda la segnalazione al personale<br />
addetto alla bonifica per gli opportuni<br />
provvedimenti.<br />
41
5 Grafico 2 – Rapporto giornaliero della concentrazione di odore registrata dai<br />
SOA<br />
Conclusioni<br />
Tutte le misure dei monitoraggi,<br />
come pure le condizioni meteorologiche,<br />
sono immagazzinate su un<br />
server; è quindi possibile accedere<br />
via web a un sito predisposto per<br />
monitorare anche a distanza la situazione<br />
attuale e lo storico (si veda<br />
il grafico 2).<br />
L’accesso al sito da parte degli enti di<br />
Foto e grafici su gentile concessione di General Smontaggi S.p.A.<br />
PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />
controllo (ARPAL) permette al personale<br />
preposto alla sorveglianza del<br />
territorio di monitorare lo stato della<br />
bonifica e di mettere in relazione le<br />
segnalazioni di episodi di odore da<br />
parte dei cittadini con le attività di<br />
cantiere; in questo modo sono evitabili<br />
quelle situazioni critiche che possono<br />
provocare rallentamenti e difficoltà<br />
nelle operazioni di bonifica.<br />
La tecnica impiegata in questo caso<br />
è del tutto innovativa, infatti, il monitoraggio<br />
in continuo con “nasi elettronici”<br />
posizionati al confine dell’impianto<br />
è stato applicato finora<br />
solo a discariche e a impianti produttivi<br />
con problematiche di emissioni<br />
odorigene, ma non ancora a siti in<br />
bonifica.<br />
La validità di questo approccio è indubbia,<br />
e potrà essere applicata in<br />
futuro ad altre situazioni simili in cui<br />
i problemi di molestia olfattiva rendono<br />
difficoltose le operazioni di<br />
bonifica. l<br />
42 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
Golder Associates S.r.l.<br />
Via Antonio Banfo 43<br />
10155 Torino, Italy<br />
Tel: (+39) 011/23 44 211<br />
Fax: (+39) 011/85 69 50<br />
info@golder.com<br />
www.golder.com<br />
Le tecnologie di<br />
bonifica di un sito<br />
contaminato possono<br />
essere analizzate, in<br />
termini di<br />
sostenibilità,<br />
mediante strumenti<br />
di supporto alle<br />
decisioni,<br />
che permettono di<br />
individuare la<br />
migliore soluzione<br />
impiantistica in base<br />
agli aspetti<br />
economici, ambientali<br />
e sociali.<br />
La progettazione<br />
sostenibile porta,<br />
dunque, a individuare<br />
e realizzare soluzioni<br />
innovative degli<br />
impianti di bonifica,<br />
come risulta<br />
dall’applicazione<br />
presso due<br />
distributori<br />
carburanti<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
Sostenibilità<br />
Quali sono i sistemi di supporto<br />
a soluzioni innovative di progetto?<br />
n di Massimo D’Avola, Michele Griglione, Marco Di Muro, Golder<br />
Associates S.r.l., environmental engineer e Angiolo Calì, Golder<br />
Associates S.r.l., project director<br />
Le bonifiche ambientali operano per ridurre le sorgenti di<br />
inquinamento nei diversi comparti ambientali, quali terreno,<br />
acque superficiali e sotterranee. Queste attività di<br />
risanamento comportano anch’esse, però, un consumo<br />
non trascurabile di energia e materia, ad esempio per<br />
estrarre la contaminazione dalle matrici ambientali, trasferirla<br />
a sistemi di abbattimento o di stoccaggio e, infine,<br />
smaltirla quale rifiuto ai sensi della normativa vigente;<br />
tutto questo processo può essere lungo e costoso.<br />
Nel seguito vengono illustrati due interventi, eseguiti su siti di piccole<br />
dimensioni contaminati da idrocarburi. Entrambi gli interventi, differenti<br />
per tecnologie applicate, presentano comunque elementi di innovazione e<br />
sostenibilità, vuoi per la modalità di trattamento della contaminazione<br />
vuoi per l’impiego di sorgenti energetiche alternative e rinnovabili.<br />
La valutazione della sostenibilità delle tecnologie applicate è stata eseguita<br />
tramite l’uso di un apposito software denominato GoldSET©, sviluppato<br />
da Golder Associates. Si tratta di uno strumento analitico multicriteri<br />
per la valutazione della convenienza di un progetto o di una scelta caratterizzata<br />
da rilevanti impatti di tipo sociale, ambientale ed economico sul<br />
territorio e consente di confrontare diverse soluzioni progettuali, basando<br />
la scelta della soluzione ottimale sui principi dello sviluppo sostenibile; il<br />
quadro analitico tradizionale è, quindi, ampliato per includere nell’analisi,<br />
oltre alla valutazione delle performance economico-finanziarie, anche<br />
gli aspetti ambientali e sociali delle opzioni proposte.<br />
CASO 1<br />
BONIFICA CON APPLICAZIONE DELLA TECNOLOGIA “PAT”<br />
Il sistema di bonifica che utilizza una torre PAT (“Pressurized Aeration<br />
Tower”) consente l’iniezione in falda di acqua sovrassatura di ossigeno,<br />
sfruttando e accelerando la biodegradazione degli idrocarburi operata<br />
naturalmente dai batteri presenti nelle acque sotterranee.<br />
Gli idrocarburi, infatti, vengono biodegradati naturalmente, a opera di<br />
batteri che li utilizzano come donatori di elettroni laddove sono presenti<br />
concentrazioni sufficienti di accettori di elettroni (O 2, NO 3- , Fe 3+ , SO 4 2- e<br />
43
CO 2) e nutrienti (azoto e fosforo). La biodegradazione<br />
aerobica, con consumo di ossigeno disciolto in falda, è<br />
la prima reazione che si sviluppa, poiché l’energia che i<br />
batteri ricavano è più elevata rispetto agli altri accettori<br />
di elettroni.<br />
Progressivamente, una volta che l’ossigeno disciolto in<br />
falda è stato consumato, si instaurano condizioni anaerobiche<br />
e i batteri utilizzano altri accettori di elettroni nel<br />
seguente ordine di preferenza: NO 3- , Fe 3+ , SO 4 2- e CO2.<br />
Questa dinamica conduce alla creazione di una zona<br />
anaerobica al centro del pennacchio di contaminazione,<br />
in cui l’ossigeno è stato consumato e dove i processi<br />
di biodegradazione dipendono allora dall’utilizzo<br />
degli altri accettori di elettroni (si veda la figura 1).<br />
La presenza d’accettori di elettroni in quantità insufficienti<br />
rispetto alla quantità di idrocarburi ossidabili<br />
limita la crescita dei batteri e impedisce la completa<br />
biodegradazione dei contaminanti. La tecnologia PAT<br />
va ad aumentare sensibilmente la concentrazione di<br />
ossigeno disciolto nelle acque sotterranee, così da facilitare<br />
il proliferare dei batteri aerobici degradatori<br />
degli idrocarburi, con cinetiche di degradazione decisamente<br />
più elevate. Il sistema centrale di un impianto<br />
di iniezione acqua sovrassatura di ossigeno è la torre<br />
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
PAT (si veda la foto 1), costituita essenzialmente da un<br />
corpo in acciaio inox, opportunamente dimensionato,<br />
dai vari controlli di livello/pressione e dalla tubazione<br />
di collegamento ai sistemi di approvvigionamento acqua<br />
e ossigeno.<br />
All’interno della torre avviene la miscelazione dell’acqua<br />
(acquedotto o da pozzo) con l’ossigeno (bombole o<br />
da generatore) fino al raggiungimento di circa 40 mg/l<br />
di ossigeno disciolto; a titolo di paragone, la concentrazione<br />
di equilibrio dell’ossigeno nell’acqua è pari a<br />
circa 8 - 9 mg/l.<br />
I vantaggi principali che questa tecnologia presenta<br />
rispetto alle soluzioni tradizionali di iniezione diretta<br />
di aria in falda sono:<br />
l la presenza dell’ossigeno in fase completamente disciolta<br />
che impedisce la generazione di bolle di gas<br />
ed evita, quindi, la necessità di installare un sistema<br />
di recupero vapori;<br />
l il contatto ossigeno-acqua sotterranea che non avviene<br />
sotto forma di bolle nella matrice suolo, perché<br />
l’ossigeno si trova già interamente in fase disciolta;<br />
l’acqua iniettata, a differenza delle bolle<br />
d’aria, segue lo stesso percorso delle acque sotterra-<br />
5 Figura 1 – Rappresentazione del pennacchio di contaminazione in falda in base utilizzo degli accettori di elettroni<br />
44 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
5 Foto 1 – Torre PAT<br />
nee e risulta, quindi, meno influenzata da vie preferenziali<br />
diverse;<br />
l le alte concentrazioni di ossigeno all’interno dell’acqua<br />
iniettata che generano un elevato gradiente di<br />
concentrazione il quale permette la diffusione dell’ossigeno<br />
anche nelle zone con permeabilità ridotta.<br />
Il sistema PAT è stato avviato nell’aprile 2009, presso<br />
un’area di servizio autostradale, in una zona circondata<br />
da terreni agricoli.<br />
Applicazione in sito<br />
Il sito è un punto vendita carburanti attualmente in<br />
esercizio.<br />
Il sottosuolo del sito, al di sotto del terreno di riporto, è<br />
costituito da argilla, limo e sabbia fine in percentuali variabili<br />
con prevalenza della frazione sabbiosa fine; a profondità<br />
superiori a 8 m da p.c. è stata rilevata la presenza di<br />
argilla, quindi, una litologia con bassa permeabilità.<br />
A seguito delle indagini ambientali, atte a definire il<br />
quadro della contaminazione si è riscontrata una contaminazione<br />
del sottosuolo caratterizzata dalla presenza<br />
di idrocarburi aromatici, leggeri (C12). Nelle acque sotterranee si è riscontrata una<br />
contaminazione da idrocarburi aromatici e totali<br />
(espressi come n-esano) e di MtBE.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
Sulla base dei risultati delle analisi chimiche eseguite<br />
sui campioni di terreno e di acque sotterranee è stato<br />
possibile individuare una possibile sorgente secondaria<br />
di contaminazione in corrispondenza dell’attuale<br />
gruppo erogatori. Il sistema PAT ha previsto l’iniezione<br />
di acqua soprassatura di ossigeno attraverso 4 pozzi<br />
dedicati realizzati nell’intorno dell’area erogatori.<br />
Poiché il sistema PAT crea un innalzamento del livello<br />
piezometrico, a esso è stato accoppiato un sistema di<br />
pompaggio e trattamento delle acque sotterranee,<br />
Pump&Treat (“P&T”), che insiste radialmente ai pozzi<br />
di iniezione per contenere l’eventuale delocalizzazione<br />
della contaminazione. Tutto il sistema è gestito da<br />
un PLC.<br />
Nel caso specifico, considerata la litologia e la bassa<br />
permeabilità del terreno, si è deciso di installare un<br />
impianto di PAT, accoppiato a un impianto di<br />
Pump&Treat, come soluzione in grado di ridurre i tempi<br />
della bonifica rispetto all’impiego del solo<br />
Pump&Treat.<br />
Risultati e considerazioni<br />
Dopo circa un anno di funzionamento dell’impianto di<br />
PAT, congiuntamente all’impianto di P&T, si sono riscontrate<br />
diminuzioni della contaminazione nella zona<br />
considerata e un aumento considerevole dei batteri<br />
degradatori di MtBE e di idrocarburi nei pozzi di monitoraggio<br />
(si veda la figura 2). L’aumento di batteri è<br />
stato riscontrato nei 10 pozzi di monitoraggio posti<br />
nell’intorno dell’area di iniezione. Questo incremento,<br />
a fronte delle modeste portate di iniezione di acqua<br />
sovrassatura (circa 1 l/min a pozzo), consente di affermare<br />
che la riduzione della contaminazione non sia<br />
attribuibile alla diluizione.<br />
L’installazione del sistema PAT ha velocizzato la biodegradazione<br />
della contaminazione, con conseguente<br />
aumento della durata dei carboni attivi dell’impianto<br />
di P&T poiché in ingresso ai filtri le acque sono meno<br />
contaminate.<br />
La valutazione della sostenibilità dell’intervento è stata<br />
condotta tramite l’uso del software.<br />
La soluzione innovativa mediante il sistema PAT accoppiato<br />
al P&T è stata confrontata con un sistema tradizionale<br />
P&T di pari efficacia. Le soluzioni progettuali<br />
sono visualizzate in forma grafica, permettendo così<br />
un loro immediato confronto (si veda la figura 3).<br />
Il sistema innovativo (PAT+P&T) risulta più sostenibile<br />
rispetto a quello tradizionale (solo P&T) nei tre aspetti<br />
analizzati. I benefici e le passività derivanti dall’impiego<br />
del sistema PAT+P&T in luogo del solo sistema<br />
P&T sono riportati in tabella 1.<br />
45
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
5 Figura 2 – Confronto delle concentrazioni di MtBE dopo circa un anno di esercizio. Concentrazioni di MtBE nelle acque a<br />
marzo 2009 (sinistra) e a marzo 2010 (a destra)<br />
5 Figura 3 – Confronto grafico della soluzione innovativa e di quella tradizionale equivalente<br />
aspetti ambientali<br />
TABELLA 1<br />
BENEFICI E PASSIVITÀ DEL SISTEMA INNOVATIVO (PAT+P&T)<br />
RISPETTO AL SISTEMA TRADIZIONALE (SOLO P&T)<br />
ASPETTI BENEFICI PASSIVITÀ<br />
risparmio di energia elettrica<br />
risparmio di carboni attivi<br />
consumo di acqua potabile<br />
aspetti sociali immagine aziendale <br />
aspetti economici<br />
risparmio dei costi<br />
maggior ricerca e sviluppo<br />
tecnologia meno consolidata<br />
46 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
L’impianto di “Recupero Prodotto” (“RP”) è un sistema<br />
di raccolta e stoccaggio del prodotto idrocarburico<br />
surnatante la falda (“prodotto”), ampiamente utilizzato<br />
per le attività di messa in sicurezza della falda, in<br />
particolare nei distributori e depositi carburanti.<br />
Il RP avviene in modo continuo mediante apposite<br />
pompe pneumatiche denominate skimmer, che sono<br />
alimentate da gas compresso e recapitano il prodotto<br />
recuperato in un serbatoio di stoccaggio temporaneo.<br />
Lo skimmer raccoglie il prodotto per gravità, mediante<br />
una membrana idrofobica che separa il prodotto dall’acqua,<br />
o attraverso un galleggiante che si posiziona<br />
all’interfaccia tra i due fluidi.<br />
Il sistema di erogazione di aria compressa comprende<br />
abitualmente un compressore, un sistema di trattamento<br />
dell’aria compressa mediante appositi filtri e un<br />
sistema di regolazione della pressione. Il sistema di<br />
erogazione necessita di interventi periodici di manutenzione<br />
al compressore e ai filtri dell’aria.<br />
In alternativa all’uso del compressore è possibile servirsi<br />
di bombole di gas compresso. L’azoto risulta la<br />
soluzione ottimale di gas compresso, in quanto inerte<br />
(e dunque sicuro) e di largo impiego (e pertanto economico).<br />
L’assenza del compressore abbatte i consumi elettrici<br />
e consente di gestire l’elettronica di controllo mediante<br />
un pannello fotovoltaico, supportato da una batteria<br />
per le ore prive di luce. Infine, l’ingombro ridotto di<br />
questo impianto consente un’ubicazione ottimale nei<br />
pressi del/i pozzo/i di intervento, minimizzando tuba-<br />
5 Foto 2 – Foto dell’impianto aperto e chiuso<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
CASO 2<br />
IMPIANTO DI RECUPERO PRODOTTO SURNATANTE<br />
zioni, consumo di suolo e costi edili. Nel seguito si<br />
descrive in dettaglio l’impianto di RP installato in un<br />
piccolo distributore carburanti nel gennaio 2010.<br />
Caratteristiche tecniche del sistema RP<br />
Il sistema di RP installato è composto da (si veda la<br />
foto 2):<br />
l due skimmer attivi a galleggiante installati nei pozzi<br />
con presenza di prodotto;<br />
l due bombole di azoto compresso a 200 bar e un<br />
riduttore e regolatore di pressione;<br />
l un fusto di raccolta prodotto e la relativa vasca di<br />
contenimento;<br />
l il sistemi di controllo, composto di un’elettrovalvola<br />
per l’erogazione dell’azoto, un avvisato telefonico<br />
remoto e sensori di livello di prodotto nel fusto;<br />
l un pannello fotovoltaico da 20 W e una batteria da<br />
12 V;<br />
l un armadio per il contenimento delle bombole, dossi<br />
per la copertura dei tubi nei tratti asfaltati, cartellonistica<br />
di cantiere e segnaletica catarifrangente.<br />
Risultati conseguiti<br />
Installazione dell’impianto<br />
È stata confrontata l’ubicazione teorica dell’impianto di<br />
bonifica tradizionale, nell’aiuola in prossimità dell’ingresso<br />
al distributore carburanti, rispetto a quella ottimale<br />
dell’impianto realizzato, a ridosso dei pozzi di RP<br />
(si veda la figura 4). Tutto ciò ha consentito un risparmio<br />
47
5 Figura 4 – Ubicazione teorica della soluzione tradizionale e reale della soluzione innovativa.<br />
di 50 m di tubo in nylon, 40 m di cavi elettrici e 90 m di<br />
cavidotti, con un evidente beneficio ambientale.<br />
Dal punto di vista economico, considerando una riduzione<br />
complessiva di 40 m di trincee, c’è stato un<br />
risparmio di 2.000 euro, comprensivo di materiali e<br />
opere. A ciò vanno aggiunti il risparmio delle forniture<br />
di compressore e allaccio elettrico (10 kW), con una<br />
riduzione complessiva dei costi di 3.500 euro.<br />
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
Impatti ambientali in fase di esercizio<br />
Dopo quattro mesi di funzionamento è stata consumata<br />
una sola bombola di azoto, per un totale di 10 m 3 . In<br />
termini di emissione di gas serra, la produzione di 30 m 3<br />
di azoto, pari alla proiezione annua del consumo del<br />
sistema innovativo, determina l’emissione di 4 kg di<br />
CO 2. Questo è l’unico impatto sull’ambiente prodotto<br />
dall’impianto, in quanto l’energia elettrica necessaria<br />
5 Figura 5 – Confronto grafico della soluzione innovativa e di quella tradizionale equivalente<br />
48 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />
TABELLA 2<br />
BENEFICI E PASSIVITÀ DELLA SOLUZIONE INNOVATIVA<br />
(BOMBOLE E PANNELLO) RISPETTO ALLA SOLUZIONE TRADIZIONALE<br />
(COMPRESSORE E RETE)<br />
FONTI<br />
Figura 1 tratta da Wiedemeier et al. (1999), adattato da Lovley et al., “Conceptualisation of electron acceptor zones<br />
in the subsurface”<br />
Figure 3-5, foto e tabelle su gentile concessione della Golder Associates S.r.l.<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
ASPETTI BENEFICI PASSIVITÀ<br />
aspetti ambientali<br />
aspetti sociali<br />
aspetti economici<br />
riduzione delle emissioni di gas serra<br />
(autoproduzione di energia elettrica)<br />
riduzione del consumo di suolo<br />
immagine aziendale<br />
riduzione del rumorosità (compressore)<br />
risparmio costi di installazione<br />
e manutenzione<br />
maggior ricerca e sviluppo<br />
al suo funzionamento viene autoprodotta mediante<br />
conversione fotovoltaica.<br />
La soluzione innovativa mediante l’impiego di bombole<br />
di azoto e del pannello fotovoltaico è stata confrontata<br />
mediante il software con un sistema tradizionale<br />
dotato di compressore e allacciato alla rete elettrica<br />
(si veda la figura 5).<br />
Il sistema innovativo (bombole e pannello) risulta più<br />
sostenibile rispetto a quello tradizionale (compressore<br />
e rete) nei tre aspetti analizzati. I benefici e le passività<br />
della soluzione innovativa rispetto a quella tradizionale<br />
sono riportati in tabella 2.<br />
Conclusioni<br />
La sperimentazione di soluzioni innovative più sosteni-<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
smaltimento della batteria<br />
trasporto bombole di azoto<br />
[1] ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), “Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2007<br />
- National Inventory report 2009”<br />
[2] Golder Associates, Goldset©, www.gold-set.com (© 2009 Golder Associates. All rights reserved)<br />
<br />
tecnologia meno consolidata<br />
bili è dettata dai costi economici, ambientali e sociali<br />
delle soluzioni tradizionali di bonifica.<br />
I sistemi di bioremediation della falda, quale ad esempio<br />
la PAT, possono ridurre sensibilmente la produzione<br />
dei rifiuti, dei consumi elettrici e dei costi di esercizio<br />
rispetto al tradizionale sistema di P&T.<br />
Nell’ambito di sistemi tradizionali, forniture energetiche<br />
alternative, ad esempio mediante fotovoltaico,<br />
possono determinare risparmi economici, di materia<br />
ed energia, sia in fase di installazione che di esercizio.<br />
I casi di studio mostrano come una progettazione sostenibile<br />
degli impianti di bonifica possa portate all’elaborazione<br />
di soluzioni innovative che, pur non essendo<br />
prive di passività, generano significative riduzioni degli<br />
impatti sociali, economici e ambientali sul territorio. l<br />
49
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
<strong>Tecnologie</strong>&Prodotti<br />
Schede a cura di Alessandro Musio ed Elena Caravaggio<br />
MACCHINASMALTIMENTOMATERIALELEGNOSO<br />
Cippatore a tamburo<br />
DESCRIZIONE<br />
I cippatori a tamburo PTH 250, PTH 300 e<br />
PTH 400, agevolano lo smaltimento di<br />
materiale legnoso di varie forme e permettono<br />
di ottenere cippato di ottima<br />
qualità (indispensabile per alimentare<br />
caldaie ecologiche e piccoli impianti, per<br />
la produzione di acqua calda sanitaria e<br />
per il riscaldamento di locali civili e industriali,<br />
comunità, alberghi, ristoranti,<br />
scuole, ospedali, ecc), da utilizzare come<br />
biomassa combustibile per produrre<br />
energia da fonti rinnovabili.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
Queste macchine sono di dimensioni contenute<br />
e, sfruttando la tecnica della cippatura<br />
a tamburo, consentono di ottenere<br />
cippato uniforme e di ottima qualità.<br />
Un cippatore a tamburo di taglia piccola<br />
è in grado di garantire la produzione di<br />
cippato omogeneo e raffinato. Queste<br />
macchine possono essere azionate con<br />
presa di forza dal trattore o con motore<br />
autonomo (elettrico o diesel), triturano<br />
tronchi e rami con diametro fino a 400<br />
mm e garantiscono una capacità produttiva<br />
da 10 a 25 m 3 /h, secondo i modelli.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Le macchine sono conformi alla direttiva<br />
“Macchine” e sono marcate CE. L’azienda<br />
ha ottenuto, inoltre, la certificazione<br />
del sistema di gestione della qualità<br />
ISO 9001:2008.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Progettazione e costruzione di<br />
macchine per la prima lavorazione<br />
del legno: cippatori a disco e a<br />
tamburo, sminuzzatrici, trituratori,<br />
rivoltatori e vagli per la pro-<br />
duzione del compost, oltre a macchine<br />
e impianti per la lavorazione della legna<br />
da ardere e seghe orizzontali e sistemi<br />
integrati di segheria.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
Pezzolato Officine Costruzioni Meccaniche<br />
S.p.A.<br />
Via Provinciale Revello, 89<br />
12030 ENVIE (CN) - Italy<br />
Tel. +39 0175 27 80 77<br />
Fax +39 0175 27 84 21<br />
www.pezzolato.it<br />
info@pezzolato.it<br />
51
MONITORAGGIOGEOTECNICOESTRUTTURALE<br />
Wise<br />
DESCRIZIONE<br />
Il sistema è un’innovativa soluzione<br />
per realizzare una rete di monitoraggio<br />
wireless e consente di gestire tutti i<br />
sensori elettronici prodotti dalla casa<br />
“madre” e da molte altre case presenti<br />
sul mercato.<br />
Ogni modulo del prodotto è in grado di<br />
leggere e memorizzare i dati di una<br />
vasta serie di sensori impiegati in campo<br />
ingegneristico e geotecnico.<br />
I dati acquisiti dai diversi moduli del<br />
sistema sono trasmessi al PC, in formato<br />
ACSII CSV, attraverso uno speciale<br />
gateway; pronti per essere elaborati<br />
localmente o in remoto, con un apposito<br />
software di elaborazione dati.<br />
Il prodotto può essere usato per il monitoraggio<br />
di:<br />
l ponti e viadotti;<br />
l gallerie ferroviarie e stradali;<br />
l scavi e rilevati;<br />
Geosintetici<br />
DESCRIZIONE<br />
Per la bonifica di siti inquinati/contaminati,<br />
come ad esempio discariche<br />
per RSU o per RS, ottemperando al<br />
D.Lgs. n. 36/2003, si possono impiegare,<br />
con innumerevoli vantaggi, in alternativa<br />
ai materiali naturali previsti,<br />
i geosintetici.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
I principali geosintetici che vengono impiegati<br />
per la bonifica dei siti sono:<br />
l frane e dissesti;<br />
l strutture in muratura e CLS;<br />
l ferrovie e metropolitane;<br />
l edifici e grandi strutture.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l trasferimento dei dati attraverso una<br />
rete wireless;<br />
l memoria di oltre 6.500 dati per ogni<br />
modulo;<br />
l orologio in tempo reale integrato;<br />
l monitoraggio del livello delle batterie<br />
e della temperatura del modulo;<br />
l tempi di campionamento dei sensori e<br />
degli intervalli di memorizzazione definiti<br />
dall’utente;<br />
l software di gestione Wise View sviluppato<br />
specificamente per il sistema;<br />
l contenitore con grado di protezione<br />
IP66;<br />
l trasmissione radio a frequenza libera<br />
2.4 GHz;<br />
l risoluzione 24 bit ADC.<br />
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Specializzata in strumenti e sistemi<br />
per il monitoraggio geotecnico, sismico<br />
e più in generale delle vibrazioni.<br />
La Divisione Geotecnica e Sismica offre<br />
avanzate soluzioni tecnologiche in<br />
materia di sistemi e strumentazione<br />
professionale per ingegneria, geotecnica,<br />
geomeccanica, idrologia e prove<br />
sui terreni. L’azienda è rappresentante<br />
esclusivo per l’Italia di Soil Instrument<br />
LTD.<br />
AZIENDA<br />
Belotti Sistemi S.a.s.<br />
Via F.lli Bandiera, 8<br />
20068<br />
Peschiera Borromeo (MI)<br />
Italy<br />
Tel. +39 02 55308223<br />
Fax +39 02 55303155<br />
www.belotti-online.it<br />
info@belotti-online.it<br />
GEOSINTETICIINALTERNATIVAAIMATERIALINATURALI<br />
l geocomposito bentonitico e/o HDPE,<br />
vengono impiegati in alternativa all’argilla<br />
e hanno funzione di impermeabilizzazione/confinamento<br />
del<br />
materiale inquinato/contaminato<br />
dall’ambiente circostante;<br />
l geocompositi con funzione filtro/dreno,<br />
vengono impiegati in alternativa<br />
al materiale inerte e hanno funzione<br />
di drenaggio sia delle acque meteoriche/percolato<br />
che del biogas;<br />
l geotessili di protezione/rinforzo/<br />
stabilizzazione, possono essere utilizzati<br />
sia per proteggere il manto impermeabile,<br />
che per stabilizzare i<br />
terreni.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
A differenza dei materiali naturali, i<br />
geosintetici, presentano caratteristiche<br />
di resistenza fisiche-chimichemeccaniche<br />
uniformi, certificate dalle<br />
aziende produttrici. I materiali sono<br />
marchiati CE, prodotti da aziende cer-<br />
tificate, in conformità alle norme UNI.<br />
L’installazione viene eseguita da tecnici<br />
qualificati (patentini IIS) mediante<br />
l’impiego di macchine e attrezzature<br />
tarate e omologate e i collaudi eseguiti<br />
a norma UNI.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
L’azienda è specializzata nella progettazione,<br />
esecuzione, collaudo e certificazione<br />
di opere di impermeabilizzazione<br />
di:<br />
l discariche per RSU, rifiuti speciali/industriali;<br />
l bacini idrici;<br />
l serbatoi/vasche in CLS;<br />
l siti contaminati (capping/bonifiche).<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
De Mare Srl<br />
Via M. Pagano, 1<br />
85047 Moliterno (PZ) - Italy<br />
Tel. +39 0975 64455<br />
Fax +39 0975 64003<br />
www.demare.it - info@demare.it<br />
52 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
ELETTRODI DIFFERENZIALI<br />
Elettrodi differenziali pH e redox<br />
DESCRIZIONE<br />
Utilizzati per la misura di pH e di potenziale<br />
redox a principio differenziale; sono<br />
particolarmente indicati per l’utilizzo<br />
negli impianti di trattamento delle<br />
acque reflue industriali con presenza di<br />
sostanze incrostanti o inquinanti per gli<br />
elettrodi di riferimento, come ad esempio<br />
gli ioni Hg++, Pb++, Cu++, ClO4-,<br />
Ag+, Br-, I-, CN-, S=.<br />
Applicazioni tipiche di questi sensori sono<br />
il trattamento reflui da concerie, da<br />
industria galvanica, da finiture superficiali,<br />
i processi di eliminazione o recupero<br />
di metalli pesanti e gli scrubbers,<br />
dove gli elettrodi pH o redox tradizionali<br />
avrebbero una vita estremamente limitata,<br />
mentre i differenziali garantiscono<br />
elevata affidabilità per lunghi periodi,<br />
con necessità di manutenzione<br />
pressoché nulle.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l elettrodo di misura di vetro con membrana<br />
semisferica, molto robusta;<br />
GI86C Vulcano<br />
DESCRIZIONE<br />
Il nuovo modello di frantoio mobile è dotato<br />
del sistema di controllo HCS<br />
(Hydraulic Crushing System) che consente<br />
il trattamento sia di rocce naturali che<br />
inerti da riciclo, garantendo il massimo<br />
rendimento e il totale rispetto per l’ambiente.<br />
Intuitivo nell’utilizzo e veloce da<br />
trasportare si presta anche al noleggio.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l frantoio: 830x580 mm;<br />
l massima accessibilità sotto il frantoio;<br />
l produzione fino a 190 t/h;<br />
l consumo di carburante: 12-16 l/h,<br />
grazie all’impianto idraulico che trasferisce<br />
e gestisce la potenza del motore<br />
diesel da 104 kW;<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
l elettrodo di riferimento installato all’interno<br />
del corpo del sensore e immerso<br />
nel ponte salino dal quale è separato<br />
da una membrana di vetro.<br />
Questa configurazione lo rende immune<br />
all’effetto delle sostanze inquinanti<br />
presenti nel campione in misura;<br />
l setto poroso di PVDF, di ampia superficie,<br />
perciò praticamente insensibile<br />
alla formazione di depositi ed incrostazioni;<br />
l sensore con contatto di terra della soluzione.Iriferimentidiquestielettrodi<br />
sono, quindi, immuni agli effetti, deleteri<br />
per i captatori interni, delle correnti<br />
parassite nel campione in analisi;<br />
l termoresistenza integrale che permette<br />
l’indicazione della temperatura e la<br />
termocompensazione della misura;<br />
l sensori perfettamente intercambiabili<br />
con qualsiasi elettrodo pH (o redox)<br />
e possono essere collegati a qualsiasi<br />
pHmetro e anche a un voltmetro o a un<br />
PLC.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Azienda certificata UNI EN ISO<br />
9001:2008.<br />
FRANTOIO MOBILE<br />
l facile accesso al motore diesel;<br />
l nastro trasportatore principale con<br />
altezza di scarico di 2700 mm;<br />
l tramoggia di carico fissa in sagoma<br />
stradale;<br />
l peso operativo: inferiore alle 23 t.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Il frantoio è provvisto di marcatura CE,<br />
come previsto dalla legge comunitaria,<br />
e progettato seguendo la normativa<br />
2006/42/CE.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
L’azienda progetta, produce e vende<br />
macchine mobili e fisse per il trattamento<br />
degli inerti naturali e da riciclaggio.<br />
Oltre alle linee di prodotti standard è in<br />
grado di realizzare macchine “speciali su<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Progettazione e produzione di analizzatori<br />
elettrochimici per la misura di pH,<br />
redox, conducibilità, ossigeno, cloro e<br />
altri ossidanti, metabisolfiti e altri riducenti.<br />
Assistenza tecnica interna e<br />
esterna, pre e post- vendita; assistenza<br />
alla messa in servizio.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
CLR Srl<br />
via Papa Giovanni XXIII, 49<br />
20090 Rodano Millepini (MI) - Italy<br />
Tel.+39 02 95328005<br />
Fax +39 02 95320020<br />
www.clritalia.com - clrnet@tin.it<br />
misura” e personalizzazioni capaci per<br />
soddisfare tutte le esigenze del cliente.<br />
AZIENDA<br />
Gasparin Impianti Srl<br />
Via Giorgione, 17 - S.S. Feltrina<br />
31040 Trevignano (TV) - Italy<br />
Tel. +39 0423-670201<br />
Fax +39 0423-676575<br />
www.gasparinimpianti.com<br />
info@gasparinimpianti.com<br />
53
RILEVAZIONE AD ALTA SENSIBILITÀ DEI COMPOSTI VOLATILI<br />
Master TD thermal desorber<br />
DESCRIZIONE<br />
Il sistema di campionamento offre la<br />
massima versatilità e produttività nella<br />
determinazione dei componenti volatili<br />
e semi-volatili (fino a C44) dall’aria<br />
e da matrici solide. Il prodotto è<br />
la migliore alternativa all’estrazione<br />
con solvente grazie all’aumento di<br />
sensibilità (fino a 10.000 volte) e incremento<br />
della capacità estrattiva (><br />
95 %). Il sistema è insostituibile nel<br />
monitoraggio degli inquinanti nell’aria<br />
esterna e negli ambienti di lavoro e<br />
nella determinazione di sostanze rilasciate<br />
da polimeri, vernici, ecc.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l desorbimento termico a doppio stadio<br />
per elevate prestazioni analitiche;<br />
l sistema brevettato di desorbimento<br />
istantaneo per preservare la risolu-<br />
Linea FCF e linea FCA<br />
DESCRIZIONE<br />
L’azienda utilizza i filtri a carboni attivi<br />
nel settore trattamento delle acque primarie<br />
con funzione di declorazione, di<br />
rimozione di sostanze organiche come<br />
BOD, COD, solventi, VOC, PBC, erbicidi<br />
e pesticidi. L’utilizzo principale è la declorazione<br />
dell’acqua di processo, la<br />
depurazione dell’acqua freatica, la depurazione<br />
dell’acqua di piscine, la rifinitura<br />
degli effluenti già trattati. I filtri<br />
possono trattare da 0,2 fino a 150 m³/h<br />
per unità, possono essere realizzati in<br />
vetroresina o acciaio al carbonio con<br />
diametri da 200 a 3000 mm e sono adatti<br />
sia per acque salmastre che di mare.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l bombole di vetroresina o acciaio al<br />
carbonio con rivestimento interno in<br />
funzione dell’applicazione finale;<br />
l programmatore elettronico per il<br />
zione e la precisione cromatografica;<br />
l raffreddamento elettrico (fino a - 40<br />
°C) capace di focalizzare anche composti<br />
estremamente volatili;<br />
l automazione massimizzata: ridotta<br />
manipolazione del campione e riutilizzo<br />
dei tubi di campionamento;<br />
l campionamento diretto associato al<br />
Master Air Sampler.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Il desorbitore è conforme a tutte le principali<br />
normative nazionali e internazionali<br />
per il campionamento e l’analisi<br />
delle sostanze volatili nell’aria, quali<br />
U.S. EPA TO-15, 16 e 17, ISO/FDIS<br />
16017-1/2 e ASTM D5466-01, ecc.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Unica società italiana all’avanguardia<br />
nella progettazione, produzione e<br />
commercializzazione di strumenti per<br />
FILTRI A CARBONI ATTIVI<br />
controllo delle fasi di marcia e di lavaggio;<br />
l valvole pneumatiche a farfalla;<br />
l possibilità di comando tramite PLC;<br />
l compressore per area strumentale;<br />
l carbone attivo vergine di varie tipologie<br />
a seconda dell’applicazione;<br />
l disponibile progettazione personalizzata<br />
in base alle esigenze e ingombri<br />
specifici.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
OSMO SISTEMI Srl è certificata ISO<br />
9001:2008 e all’interno dell’azienda è<br />
attivo un processo continuo per il miglioramento<br />
degli standard qualitativi<br />
già raggiunti.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Dal 1985 la società si è imposta nel<br />
mercato come leader nel settore del<br />
trattamento delle acque primarie e si<br />
occupa della progettazione e realizzazione<br />
di impianti per il trattamento<br />
delle acque primarie, della costruzione<br />
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
l’analisi gascromatografica.<br />
Inoltre,<br />
l’azienda propone<br />
soluzioni complete:<br />
uno staff<br />
altamente qualificato<br />
è a disposizione<br />
degli utilizzatori<br />
sia per la<br />
realizzazione di<br />
sistemi personalizzati<br />
che per la messa a punto di metodi<br />
analitici.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
DANI Instruments Spa<br />
Viale Brianza, 87 20093<br />
Cologno Monzese (MI) - Italy<br />
Tel.+3902-2539941<br />
Fax+3902-2532252<br />
www.danispa.it<br />
dani.instruments@danispa.it<br />
attraverso<br />
l’acquisto e<br />
l’assemblaggio<br />
dei componentipresso<br />
la sede,<br />
con possibilità<br />
di eseguire<br />
direttamente<br />
presso i clienti l’installazione e la messa<br />
in opera degli impianti stessi. Fornitore<br />
qualificato dei seguenti gruppi:<br />
ENI Spa, SAIPEM Spa, ENEL Spa, EDI-<br />
POWER Spa, ERG Spa, COCA-COLA e le<br />
maggiori società italiane di gestione<br />
dell’acqua.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
OSMO SISTEMI Srl<br />
Via Toniolo, 8/B<br />
61032 Fano (PU) - Italy<br />
Tel. +39 0721-855026<br />
Fax +39 0721 855005<br />
www.osmosistemi.it<br />
osmosistemi@osmosistemi.it<br />
54 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
ELEMENTIFILTRANTIINCERAMICA<br />
Cerafil ®<br />
DESCRIZIONE<br />
I filtri in ceramica sono utilizzati in vari<br />
processi dove si richiede un’alta efficienza<br />
filtrante e una elevata temperatura<br />
e consentono di evitare i problemi<br />
di degradazione termica e intasamento<br />
tipici delle maniche filtranti. I prodotti<br />
sono impiegati per la filtrazione dei<br />
gas, il recupero dei materiali sospesi,<br />
l’addensamento dei materiali sospesi<br />
con un nuovo impianto di filtrazione, la<br />
ricostruzione dell’attuale impianto a<br />
maniche filtranti e dell’attuale precipitatore<br />
elettrostatico.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
Cerafil XS<br />
l fibre inerti ceramiche;<br />
l utilizzabile in varie applicazioni;<br />
l rimozione ottimale del particolati e<br />
dei gas acidi fino a 450 °C.<br />
Cerafil Green<br />
l fibre ceramiche biosolubili;<br />
l elevata resistenza e compattezza;<br />
l utilizzata in applicazioni dove è ne-<br />
JCB JS 145W Wastemaster<br />
DESCRIZIONE<br />
La gamma JCB Wastemaster comprende<br />
numerose macchine appositamente<br />
realizzate per il settore della raccolta<br />
e riciclaggio rifiuti, tra cui movimentatori<br />
telescopici, pale gommate, minipale,<br />
escavatori gommati e cingolati.<br />
Tutte le macchine sono dotate dei dispositivi<br />
di sicurezza previsti dalla legislazione<br />
vigente, e offrono il massimo<br />
comfort per l’operatore. L’escavatore<br />
gommato è attrezzato per il<br />
settore dei rifiuti e del riciclaggio con<br />
cabina a elevazione idraulica e bracci<br />
specifici per polipo e pinza da vaglio.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l peso operativo: 15 t;<br />
l potenza netta: 92 kW:<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
cessaria una maggiore resistenza rispetto<br />
ai prodotti standard.<br />
Cerafil TopKat<br />
l fibre di ceramica con materiale catalizzante;<br />
l elevata efficienza grazie alla combinata<br />
azione di rimozione degli inquinanti;<br />
l rimozione simultanea del particolato,<br />
gas acidi, NOx, diossine, oleofine e<br />
VOC tra i 200 e 400 °C.<br />
ESCAVATOREGOMMATO<br />
l motore Isuzu assicura sollecitazioni<br />
minime per una durata prolungata;<br />
l cabina spaziosa e ben attrezzata per<br />
un maggior comfort, anche per lunghe<br />
permanenze al comando;<br />
l visibilità a 360 gradi.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Le macchine sono tutte omologate CE e<br />
rispondono pienamente ai requisiti imposti<br />
dalle normative europee in materia<br />
di riduzione delle emissioni (TIER).<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
JBC, uno dei quattro maggiori costruttori<br />
al mondo di macchine da costruzione, ha<br />
sempre investito nella ricerca e nello sviluppo,<br />
sempre all’avanguardia per quantoconcernel’innovazione.Oggil’azienda<br />
dispone di alcuni dei migliori centri tecnologiciintuttoilmondo,conunagamma<br />
CERTIFICAZIONI<br />
In linea con gli attuali e futuri regolamenti<br />
sulle polveri sottili, gas acidi, nox<br />
ed emissioni di diossina.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
La società nasce nel 2002 per fornire<br />
all’industria e alle comunità rapide soluzioni<br />
nei settori della depurazione,<br />
industria tessile, alimentare, legno,<br />
non-wovens, cellulosa e carta. L’azienda<br />
propone prodotti di qualità sulla base<br />
dell’esperienza maturata dai tecnici<br />
e fornisce un’assistenza commerciale<br />
e tecnica su tutto il territorio nazionale<br />
con un servizio rapido e completo.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
Feltech Srl<br />
Via Tognazzi, 1/B<br />
44122 Ferrara - Italy<br />
Tel. +39 335-7016633<br />
Fax +39 0532-287041<br />
www.feltech.it<br />
info@feltech.it<br />
di oltre 300 macchine e offre un accurato<br />
servizio di assistenza ai propri clienti.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
JCB Spa<br />
Via Enrico Fermi, 16<br />
20090 Assago (MI) - Italy<br />
Tel. +39 02-488661<br />
Fax +39 02-4880378<br />
www.jcb.it - vendite@jcb.it<br />
55
IMPIANTODIFRANTUMAZIONEMOBILE<br />
Metso Minerals modello lt96<br />
DESCRIZIONE<br />
Il nuovo modello, grazie alle sue doti di<br />
compattezza, efficienza e intelligenza,<br />
soddisfa le esigenze delle attività di frantumazione,<br />
abbinando l’elevata mobilità,<br />
la capacità di frantumazione e una<br />
buona disponibilità. La macchina frantuma<br />
con pari efficienza tutti i materiali in<br />
ingresso, dalla roccia dura ai materiali di<br />
demolizione a base minerale.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l peso totale: 27.000 kg (senza accessori);<br />
l larghezza (in trasporto): 2,50 m;<br />
l lunghezza (in trasporto): 12,50 m;<br />
l altezza (in trasporto): 3,10 m;<br />
l superficie tramoggia: 3,20x2,60 m;<br />
l capacità tramoggia: 4,00 m 3 ;<br />
l bocca frantoio: 930x580 mm;<br />
l produzione max: 300 t/h;<br />
l regolazione frantoio: 60-180 mm su<br />
roccia e 25-110 mm su riciclaggio;<br />
Nabento<br />
DESCRIZIONE<br />
La geomembrana bentonitica (GCL), di<br />
circa 10 mm di spessore, è costituita da<br />
bentonite di alta qualità che viene racchiusa<br />
all’interno di una struttura “a<br />
sandwich” costituita da vari tipi di geotessili.<br />
Un’elevata percentuale della<br />
bentonite impiegata è costituita da<br />
montmorillonite, un’argilla a tre strati.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
La montmorillonite è un’argilla minerale<br />
con una elevata espandibilità conferitale<br />
dall’enorme superficie delle particelle,<br />
circa 800 m 2 /g. Durante il processo<br />
di idratazione le molecole d’acqua<br />
vengono bloccate sia all’interno delle<br />
particelle di argilla che tra le stesse; in<br />
questo modo la bentonite si espande riducendo<br />
via via il passaggio dell’acqua.<br />
L’incapsulamento della bentonite al-<br />
l larghezza nastro principale: 800 mm;<br />
l motore: diesel Caterpillar C 6.6 168<br />
kW (225 Hp).<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Gli impianti sono dotati di una motorizzazione<br />
Tier 3 in linea con le normative che<br />
regolano le emissioni e la rumorosità.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Società italiana distributrice esclusiva<br />
di marchi leader nel settore movimento<br />
terra ha al suo fianco<br />
partner di fama mondiale come<br />
Hitachi, Gehl, Bell Equipment,<br />
Tana e Metso Minerals.<br />
L’azienda segue la distribuzione<br />
per tutto il territorio<br />
italiano di impianti mobili di<br />
frantumazione e vagliatura<br />
Metso Minerals. La rete vendita<br />
e assistenziale Scai è a<br />
disposizione del cliente per<br />
poter fornire il massimo sup-<br />
GEOMEMBRANABENTONICA<br />
l’interno del geocomposito combinato<br />
con la pressione dovuta al carico di confinamento<br />
da applicare in fase di costruzione<br />
e con idratazione della bentonite<br />
conferisce al geocomposito una bassissima<br />
permeabilità.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Il prodotto è marcato CE in accordo con le<br />
vigenti normative europee sui materiali<br />
dacostruzione.L’aziendaècertificataISO<br />
9001:2008.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Produce e commercializza un’ampia<br />
gamma di geogriglie, tessuti, non tessuti,<br />
geocompositi, tessuti a catena e geocompositi<br />
bentonitici che trovano impiego<br />
in vari settori dell’ingegneria civile.<br />
Per la produzione di questi geosintetici,<br />
vengono impiegati moderni e avanzati<br />
macchinari che permettono l’impiego<br />
di materie prime quali polietilene, poli-<br />
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
porto sui nuovi prodotti Metso Minerals.<br />
AZIENDA DISTRIBUTRICE<br />
Scai Spa<br />
Via Don Fulvio Scialba, 21<br />
06083 Ospedalicchio -<br />
Bastia Umbra (PG) - Italy<br />
Tel. +39 075-801501<br />
Fax +39 075-8010142<br />
www.scaispa.com<br />
scai@scaispa.com<br />
propilene, poliammide, poliestere, polivinilalcool<br />
e aramide.<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
Huesker Srl<br />
Piazza della Libertà, 3<br />
34132 Trieste (TS) - Italy<br />
Tel. +39 040 363605<br />
Fax +39 040 3481343<br />
www.huesker.com<br />
info@huesker.it<br />
56 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
SISTEMADICASSEFORMEATELAIOPERFONDAZIONI<br />
Rasto-Takko<br />
DESCRIZIONE<br />
I due elementi utilizzati in combinazione,<br />
formano un sistema di cassaforma a<br />
telaio completo e movimentabile senza<br />
l’ausiliodellagru.Illoroimpiegopermette<br />
di realizzare elementi costruttivi di dimensioni<br />
ridotte, ma anche medio-grandi,<br />
in particolare nell’edilizia residenziale,<br />
con un evidente vantaggio in termini<br />
di riduzione dei tempi di impiego e, di<br />
conseguenza, dei costi di produzione.<br />
BR580JG-1 Komatsu<br />
DESCRIZIONE<br />
Il frantoio è dotato di un sistema semiautomatico<br />
di alimentazione, a gestione<br />
elettronica, che regola la velocità<br />
del vaglio e permette di mantenere<br />
costante il carico migliorando la produttività<br />
e i consumi. Grazie allo stesso sottocarro<br />
cingolato utilizzato negli escavatori<br />
Komatsu e all’elevata velocità di<br />
traslazione, il frantoio ha una mobilità<br />
eccezionale. L’ampio monitor a colori<br />
consente il pieno controllo delle funzioni<br />
della macchina. Questo frantoio è dotato,<br />
inoltre, del sistema di monitoraggio<br />
satellitare KOMTRAX ® .<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l motore ECOT3 SAA6D125E-5 (conforme<br />
alle normative EU Stage IIIA ed EPA<br />
Tier III sulle emissioni) 6 cilindri e<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l tutti i pannelli a telaio del sistema<br />
sono leggeri e maneggevoli e richiedono<br />
solo due persone per la loro movimentazione,<br />
senza l’utilizzo di gru;<br />
l il sistema è accoppiabile, in funzione<br />
delle necessità, ai sistemi di cassaforma<br />
a telaio Manto e Ronda;<br />
l disponibili 30 diverse dimensioni di<br />
pannelli a telaio;<br />
l robusta struttura del telaio, con zincatura<br />
a caldo da 12 cm;<br />
l protezione del rivestimento: il pannello,<br />
di spessore 14 mm,<br />
protetto da un film fenolico,<br />
assicura un’elevata<br />
stabilità del sistema;<br />
l alta resistenza alla pressione<br />
esercitata dal cls<br />
fresco (max 60 kN/m 2 ).<br />
FRANTOIO<br />
CERTIFICAZIONI<br />
La società ha conseguito la<br />
certificazione UNI EN ISO<br />
11.04 l in grado di sviluppare 257 kW;<br />
l peso operativo: 51 t;<br />
l elevatacapacitàdifrantumazionegrazie<br />
alle mascelle regolabili con cilindri<br />
di spinta idraulici, pari a 140 - 460 t/h<br />
con pezzature da 55 mm a 200 mm.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
Komatsu Italia Spa - Distributore (Noventa<br />
Vicentina) - è in possesso della<br />
certificazione UNI EN ISO 9001:2008.<br />
Komatsu Utility Europe - Stabilimento<br />
produttivo Macchine Compatte (Este) -<br />
così come le altre febbriche Europee Komatsu<br />
- Kuk e Kohag - hanno ottenuto le<br />
certificazioni ISO9001 e ISO14000.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Con 26 stabilimenti produttivi, 165<br />
aziende e 39.855 dipendenti,<br />
il Gruppo Komatsu produce<br />
e distribuisce in tutto il<br />
9001:2008 per la progettazione e<br />
l’erogazione di servizi di fornitura, in<br />
noleggio o in vendita, di attrezzature<br />
industrializzate per getti in calcestruzzo<br />
(EA 29a).<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Harsco Infrastructure, leader nella<br />
produzione, vendita e noleggio di casseforme<br />
e ponteggi, è una divisione di<br />
HARSCO Corporation, gruppo leader a<br />
livello mondiale che comprende anche<br />
le divisioni Harsco Metals e Harsco Minerals<br />
& Rail.<br />
AZIENDA<br />
Harsco Infrastructure Italia Spa<br />
Via Isonzo, 9<br />
22078 Turate (CO) - Italy<br />
Tel. +39 02-969731<br />
Fax +39 02-96754099<br />
www.harsco-i.it<br />
info@harsco-i.it<br />
mondo macchine movimento terra ed è<br />
presente in Italia con una filiale commerciale<br />
(Komatsu Italia) e uno stabilimento<br />
produttivo (Komatsu Utility Europe).<br />
AZIENDA PRODUTTRICE<br />
Komatsu Italia Spa<br />
Via Atheste, 4<br />
35042 Este (PD) - Italy<br />
Tel. +39 0429-616111<br />
Fax +39 0429-616177<br />
www.komatsuitalia.it<br />
info@komatsuitalia.it<br />
57
GRUMOBILEFUORISTRADAPERTERRENIACCIDENTALI<br />
RT100<br />
DESCRIZIONE<br />
Il modello RT 100 è la nuova gru fuoristrada<br />
introdotta nella gamma Terex<br />
che offre eccellenti capacità di sollevamento<br />
su tutto il campo di portate.<br />
Con una capacità massima di sollevamento<br />
di 90 tonnellate metriche (100<br />
tonnellate americane), la RT 100 è<br />
l’unica gru fuoristrada marcate CE nel<br />
segmento tra 80 e 100 tonnellate metriche<br />
(88 e 110 tonnellate americane)<br />
e anche la più grande gru fuoristrada<br />
marcata CE offerta da Terex in Europa.<br />
Il braccio telescopico a sei sezioni<br />
può essere allungato fino a 53 metri<br />
(174 piedi), raggiungendo una altezza<br />
massima della testa braccio di 55,8<br />
metri (183 piedi). Il sistema di allungamento<br />
a due modalità completamente<br />
sincronizzate fornisce un’ottima<br />
versatilità.<br />
La gru monta un motore di 194 kW a<br />
2200 giri/min che rispetta i limiti imposti<br />
dalla direttiva europea 2006/24<br />
Step 3b. Il sistema di sterzatura può<br />
essere facilmente commutato da due a<br />
quattro ruote sterzanti.<br />
La RT 100 è disponibile anche in versione<br />
Americana con capacità di sollevamento<br />
nominale di 100 tonnellate americane.<br />
CARATTERISTICHE TECNICHE<br />
l capacità nominale: 90 t;<br />
l lunghezza massima del braccio: 53 m;<br />
l altezza massima testa braccio telescopico:<br />
55,8 m;<br />
l dimensioni: lunghezza di 13,8 m,<br />
larghezza di 3,3 m e<br />
altezza di 4 m.<br />
CERTIFICAZIONI<br />
La RT 100 è disponibile<br />
certificata secondo le<br />
norme europee EN13000<br />
oppure secondo le norme<br />
nord americane ANSI<br />
B30.5.<br />
ATTIVITÀ AZIENDA<br />
Unico costruttore di macchinari<br />
per l’industria edile<br />
ad offrire una linea<br />
completa di gru, dalla più<br />
TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />
leggera gru articolata sino alla più<br />
grande gru cingolata che sia mai stata<br />
costruita.<br />
AZIENDA<br />
Terex Italia Srl<br />
Via Cassoletta, 76<br />
40056 Crespellano (BO) - Italy<br />
Tel. +39 0516501011<br />
Fax. +39 051734645<br />
www.terexcranes.com<br />
Email: terexitalia@terex.it<br />
58 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
La redazione del<br />
progetto operativo e<br />
la relativa<br />
realizzazione sono tra<br />
le ultime fasi<br />
dell’intero processo di<br />
bonifica di siti<br />
contaminati,<br />
precedute in linea<br />
generale dalla<br />
caratterizzazione del<br />
sito e dalla<br />
determinazione delle<br />
concentrazioni soglia<br />
di rischio. Viene di<br />
seguito analizzato un<br />
progetto realizzato in<br />
Regione Lombardia,<br />
nel quale, avendo<br />
applicato come<br />
tecnica di bonifica<br />
lo scavo e<br />
l’allontanamento del<br />
terreno contaminato,<br />
le CSR non sono state<br />
determinate, in<br />
quanto gli obiettivi di<br />
bonifica prefissati dal<br />
progetto, sono<br />
individuati nelle CSC<br />
previste per la<br />
specifica<br />
destinazione.<br />
ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />
Terreno<br />
Analisi di allontanamento e scavo<br />
come parti del processo di bonifica<br />
n di Maria Cristina Panigada, consulente tecnico ambientale e<br />
Damiano Romeo, Romeo Safety Italia S.r.l.<br />
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, è stata<br />
introdotta, all’art. 242, la procedura operativa e amministrativa<br />
per la bonifica di siti inquinati. Questo articolo,<br />
al comma 4, prevede che, sulla base delle risultanze della<br />
caratterizzazione da effettuarsi a seguito dell’accertamento<br />
di superamento di CSC anche per un solo parametro,<br />
debba essere applicata la procedura di analisi di<br />
rischio sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni<br />
soglia di rischio (CSR).<br />
Qualora gli esiti di questa procedura<br />
dimostrino che la concentrazione<br />
dei contaminanti presenti sul sito è<br />
superiore ai valori di CSR ottenuti,<br />
il soggetto responsabile deve sottoporre<br />
alla regione, successivamente<br />
all’approvazione di questa procedura,<br />
il progetto operativo di bonifica<br />
finalizzato a ricondurre ad accettabilità<br />
il rischio derivante dallo stato<br />
di contaminazione presente nel sito.<br />
Modalità procedurali diversificate<br />
possono essere applicate nel caso in<br />
cui la tecnica di bonifica applicata al<br />
sito si concretizza nello scavo e allontanamento<br />
del terreno inquinato,<br />
definendo come obiettivi di bonifica<br />
il raggiungimento di CSC, prefissate<br />
dalla colonna A e B, tabella 1,<br />
Allegato 5 al titolo V, parte IV del<br />
D.Lgs. n. 152/06 e succ. modd., in<br />
base alla destinazione urbanistica<br />
dell’area.<br />
Di seguito si prende in esame un progetto<br />
di bonifica realizzato (in fase<br />
conclusiva) in Regione Lombardia,<br />
riguardante un sito con destinazione<br />
urbanistica residenziale, redatto tenendo<br />
presenti le esigenze del progetto<br />
costruttivo che prevede la realizzazione<br />
di 4 piani di box interrati e<br />
la realizzazione preventiva di opere<br />
di consolidamento (paratie), per<br />
permettere l’asportazione del terreno<br />
fino alla quota di -11,60 m, senza<br />
provocare cedimenti strutturali agli<br />
edifici insistenti sul perimetro dell’area<br />
interessata dal fenomeno.<br />
Si precisa che per il progetto preso in<br />
esame non vi è stata compromissione<br />
della falda acquifera (-16,00 m).<br />
Estrazione<br />
dei serbatoi interrati<br />
Sull’area esterna dello stabile,<br />
avente una superficie di circa 3.700<br />
mq, erano presenti n. 5 serbatoi interrati<br />
(si veda la foto 1), di cui n. 3<br />
contenenti gasolio e n. 2 BTZ (olio<br />
combustibile a basso tenore di zolfo),<br />
ubicati in zona laterale attigua<br />
alla centrale termica dell’edifico,<br />
II www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />
5 Foto 1 - Rimozione dei serbatoi interrati<br />
N<br />
é<br />
5 Figura 1 - Individuazione “lotto 1B” – “scavo 1” e “scavo 2”<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
raggruppati in modo tale che, a seguito<br />
della loro estrazione, avvenuta<br />
previa comunicazione di rimozione<br />
agli enti di competenza e alla<br />
preventiva pulizia degli stessi da ditta<br />
specializzata, si sono generati n.<br />
2 scavi identificati nel piano di caratterizzazione<br />
e nel progetto presentati<br />
e approvati come “scavo 1” e<br />
“scavo 2” (si veda la figura 1).<br />
In uno dei due scavi (“scavo 1”) si è<br />
evidenziata, a seguito dell’estrazione,<br />
una situazione di evidente contaminazione,<br />
che non è stato possibile<br />
eliminare attraverso la pulizia<br />
dello scavo, effettuata mediante:<br />
l allargamento delle pareti per uno<br />
spessore di circa 50 cm;<br />
l approfondimento del fondo di circa<br />
1,50 m.;<br />
l posizionamento in n. 2 cumuli del<br />
materiale rimosso, attuando una<br />
separazione dello stesso in base alle<br />
sue caratteristiche organolettiche;<br />
l posizionamento di teli in HDPE sulle<br />
pareti e sul fondo degli scavi;<br />
l riempimento degli stessi con materia<br />
prima secondaria (frantumata<br />
proveniente da ciclo di recupero,<br />
convalidato da test di cessione).<br />
Frazionamento catastale<br />
del sito da bonificare<br />
Tenendo presenti le esigenze della<br />
società appaltatrice dei lavori di<br />
costruzione e, al fine di poter procedere<br />
con le attività di scavo nella<br />
porzione di area non interessata dal<br />
fenomeno di contaminazione, situazione<br />
peraltro delineata dalle<br />
indagini preliminari eseguite dalla<br />
parte sull’area, è stato effettuato<br />
un frazionamento catastale della<br />
porzione del sito sulla quale si è<br />
resa necessario l’applicazione del<br />
procedimento di bonifica (identificato<br />
come “lotto 1B”), escludendo<br />
la rimanente porzione (identificata<br />
come “lotto 1A”), per cui è stato<br />
presentato il Piano di gestione scavi<br />
edilizi, ex art.186, D.Lgs. n. 152/<br />
III
N<br />
é<br />
5 Figura 2 - Individuazione “lotto 1A” e “lotto 1B”<br />
N<br />
é<br />
5 Figura 3 - Ingressi E1 ed E2<br />
2006 e succ. modd. (si veda la figura<br />
2).<br />
Si puntualizza, inoltre, che è risultata<br />
condizione necessaria, per ottenere<br />
l’approvazione della proposta di<br />
frazionamento da parte degli enti di<br />
competenza, la dimostrazione del-<br />
l’esistenza di n. 2 diversi accessi (si<br />
veda la foto 2 e la figura 3), ognuno<br />
dei quali dedicato ai due differenti<br />
lotti, al fine di non creare promiscuità<br />
durante le operazioni di scavo.<br />
L’area stralciata dal frazionamento<br />
catastale è stata circoscritta racchiu-<br />
ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />
dendo entrambi gli scavi,<br />
i cui confini sul lato<br />
nord e ovest sono coincisi<br />
con il cunicolo interrato<br />
presente per le tubazioni<br />
di acqua, e sul<br />
lato est con lo stabile<br />
centrale del sito. Il “lotto<br />
1B”, avente una superficie<br />
di 285 mq., ha<br />
comportato la presentazione<br />
di un piano di<br />
caratterizzazione finalizzato<br />
a (si veda figura<br />
4):<br />
1) verificare il fondo<br />
dello “scavo 1”, per il<br />
quale non si era evidenziata<br />
contaminazione<br />
all’atto della rimozione<br />
dei serbatoi, avallata<br />
dalla verifica analitica<br />
effettuata dalla parte<br />
(sondaggio V2);<br />
2) verificare la profondità<br />
di contaminazione<br />
dello “scavo 2” (sondaggio<br />
V1);<br />
3) avallare il frazionamento<br />
proposto dalla<br />
parte, verificando i<br />
confini del “lotto 1B”,<br />
(sondaggio C1bis e sondaggio<br />
C4bis);<br />
4) verificare la qualità<br />
del terreno lungo il sedime<br />
delle paratie che<br />
dovevano essere realizzate<br />
sul confine est<br />
del lotto (sondaggio<br />
V2, ubicato in un punto<br />
che permettesse la verifica<br />
prevista sia al<br />
punto 1 che al punto 4).<br />
Il piano di caratterizzazione, approvato<br />
in sede di Conferenza dei Servizi<br />
ed eseguito successivamente in<br />
campo, in presenza dei funzionari<br />
ARPA, ha ratificato il frazionamento<br />
proposto dalla parte, determinando,<br />
quindi, lo svincolo del “lotto 1A”<br />
per le operazioni di sbancamento e<br />
IV www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />
5 Foto 2 - Ingressi E1 ed E2<br />
N<br />
é<br />
5 Figura 4 - “Lotto B1” e sondaggi eseguiti<br />
la presentazione di un progetto operativo<br />
di bonifica per il “lotto 1B”,<br />
che ha previsto nella formulazione<br />
del suo modello concettuale la suddivisione<br />
del lotto in n. 2 sub-aree di<br />
scavo (si veda la figura 5):<br />
l area S1 che coincide in linea gene-<br />
<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />
rale con lo “scavo 1” e in cui era<br />
ricompreso il terreno contaminato<br />
da idrocarburi, riscontrato fino alla<br />
profondità di -10,00 m;<br />
l area S2 nella quale era racchiuso<br />
lo “scavo 2” e in cui non sono stati<br />
evidenziati superamenti di CSC.<br />
Procedura<br />
conclusiva di<br />
sbancamento e<br />
allontanamento<br />
Gli esiti della caratterizzazione<br />
di S2 hanno<br />
permesso di proporre<br />
una procedura che non<br />
prevedesse il posizionamento<br />
del materiale<br />
scavato in cumulo, ma<br />
lo sbancamento, il carico<br />
sui mezzi di trasporto<br />
e l’allontanamento<br />
verso idonei impianti di<br />
recupero/smaltimento.<br />
Per S1 si è reso contrariamente<br />
necessario<br />
predisporre nel progetto<br />
una procedura operativa<br />
che prevedesse:<br />
l posizionamento del<br />
terreno scavato in S2,<br />
previo stesura di telo in HDPE (si<br />
veda la foto 3);<br />
l caratterizzazione del cumulo formato;<br />
l allontanamento del cumulo, a ottenimento<br />
delle certificazioni<br />
analitiche che permettessero di<br />
individuare idoneo polo di smalti-<br />
V
N<br />
é<br />
5 Figura 5 - Individuazione area S1 e area S2 – lotto 1B<br />
5 Foto 3 - Stesura del telo in HDPE<br />
ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />
mento;<br />
l successivo sbancamento<br />
e allontanamento<br />
del terreno di<br />
S2 (si veda la foto 4).<br />
L’allontanamento del<br />
materiale dal “lotto<br />
1B” è stato svolto per<br />
fasi in relazione al numero<br />
di ordini di tiranti<br />
che dovevano essere<br />
realizzati, fino al raggiungimento<br />
della<br />
quota di scavo di progetto<br />
di -11,60 m, in<br />
quanto la caratterizzazione<br />
aveva evidenziato<br />
una contaminazione<br />
da idrocarburi<br />
pesanti in S1, fino alla<br />
profondità di -10,00<br />
m, che ha permesso di<br />
VI www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com