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Tecnologie_e_Soluzio..

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Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1 - DCB Roma - Supplemento al n. 16 del 17 agosto 2010 di Ambiente&Sicurezza<br />

luglio/agosto 2010<br />

3<br />

SPECIALE<br />

BONIFICHE<br />

Come effettuare a regola d’arte<br />

l’allontanamento e lo scavo del terreno<br />

Inertizzazione e ossidazione chimica insieme<br />

Substrato vegetale iniettato in falda<br />

per ridurre gli organici clorurati<br />

Misura diretta dei gas interstiziali<br />

per una corretta analisi di rischio<br />

Il monitoraggio delle emissioni odorigene


In questo<br />

numero<br />

Sommario<br />

ISTRUZIONIPERL’USO<br />

n IN APERTURA<br />

Analisi di allontanamento e scavo<br />

Elmetti come parti del processo di bonifica<br />

Urti di Maria eCristina contatti Panigada pericolosi:<br />

e Damiano Romeo<br />

la scelta del corretto DPI<br />

per L’analisi proteggere di un progetto l’addetto di bonifica (in fase conclusiva),<br />

realizzato in Regione Lombardia relati-<br />

di vamente Casto DiaGirolamo, un sito con Maria destinazione Bonacci e David urbanistica D’Ambrosio<br />

residenziale e finalizzato all’edificazione di 4<br />

piani di box interrati e alla realizzazione preventiva<br />

di opere di consolidamento (paratie) permette<br />

di apprezzare la procedura utlizzata per<br />

asportare il terreno fino alla quota di -11,60 mt.,<br />

senza provocare cedimenti strutturali agli edifici<br />

insistenti sul perimetro dell’area interessata dal fenomeno.<br />

n TERRENO<br />

PROCESSIESISTEMI<br />

n IN APERTURA<br />

PROCESSI INTEGRATI<br />

Trattamento e inertizzazione on-site<br />

per gli idrocarburi e i metalli pesanti<br />

di Elio Crescini e Giuseppe Lonardini<br />

PAGINA II<br />

I trattamenti on-site prevedono la rimozione dei terreni<br />

contaminati, anche se l’operazione è gestita in<br />

loco nell’ambito del cantiere di bonifica, ricorrendo<br />

a impianti di taglia medio-piccola, spesso mobili;<br />

dopo il trattamento, per i materiali può essere previsto<br />

un riutilizzo, parziale o completo, per il ripristino<br />

dei luoghi. Il ricorso a questo tipo di soluzioni on-site<br />

è preferibile in caso di compresenza di contaminanti idrocarburici e metalli<br />

pesanti, sia per la difficoltà tecnica insita nell’ingegnerizzazione e nell’ottimizzazione<br />

di soluzioni in-situ sia per la limitata sostenibilità economica e ambientale<br />

di interventi off-site che prevedono lo scavo e il conferimento in impianti<br />

esterni di trattamento o smaltimento.<br />

PAGINA 8<br />

4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


n TRATTAMENTI<br />

I criteri di scelta per individuare la migliore tecnologia<br />

di Carlo Collivignarelli e Mentore Vaccari<br />

Alle tecnologie di bonifica dei terreni<br />

contaminati già consolidate,<br />

quali i trattamenti chimico-fisici,<br />

termici e biologici, sulla base di<br />

alcune recenti ricerche, si stanno<br />

affiancando interessanti prospettive<br />

di sfruttare processi non convenzionali<br />

quali la fitobonifica, il<br />

trattamento elettrocinetico e<br />

l’ossidazione chimica in situ. È,<br />

quindi, opportuno passare in rassegna<br />

i principali criteri da adottare<br />

per la scelta della migliore tecnologia da utilizzare.<br />

n DEGRADAZIONE ANAEROBICA<br />

Substrato vegetale iniettato in falda<br />

per ridurre gli organici clorurati<br />

di Giovanni Buscone, Sergio Cremona, Martin Slooijer e John A. Dijk<br />

Nell’ambito del progetto di bonifica di un sito industriale attivo, è stato avviato<br />

un test pilota per verificare l’applicabilità, a livello esecutivo, della tecnica di<br />

degradazione anaerobica riduttiva<br />

per la bonifica di acque sotterranee<br />

contaminate da composti organici<br />

clorurati. Il processo di degradazione,<br />

che nel caso specifico avrebbe<br />

luogo anche naturalmente, anche se<br />

con tempi molto più lunghi, è stato<br />

stimolato tramite l’iniezione in falda<br />

di un substrato di origine vegetale. È<br />

stata, inoltre, sperimentata l’efficacia<br />

di iniezione in falda con estrazione/dosaggio/iniezione<br />

a ricircolo<br />

continuo delle acque in modo da garantire un dosaggio costante di substrato.<br />

PAGINA 25<br />

n VAPORI<br />

Misura diretta dei gas interstiziali<br />

per una corretta analisi di rischio<br />

di Angiolo Calì e Giuseppe Prosperi<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PAGINA 17<br />

I modelli di simulazione, basilari per l’analisi di<br />

rischio, richiedono generalizzazioni delle caratteristiche<br />

sito specifiche tali da non riflettere le<br />

complesse dinamiche che avvengono nel sistema<br />

esistente; in particolare, questo aspetto<br />

emerge con forza nei siti di piccole dimensioni<br />

dove alcune assunzioni risultano estremamente<br />

discostanti dalla realtà. A dimostrazione di<br />

quanto sopra, l’esame di cinque casi studio pone in rilievo la differenza, rispetto<br />

ai risultati dei modelli, dei risultati derivanti dalle misure delle concentrazioni<br />

dei gas interstiziali, in prossimità dei potenziali bersagli.<br />

PAGINA 31<br />

5


PRODOTTIESOLUZIONI<br />

n EMISSIONI ODORIGENE<br />

I SOA ai confini dell’area di bonifica<br />

come uno strumento di monitoraggio<br />

di Maurizio Benzo e Marco Tamberi<br />

Fin dall’inizio delle attività di<br />

scavo nel sito “ex raffineria” ubicato<br />

a La Spezia, sono apparse<br />

problematiche legate alle emissioni<br />

di sostanze odorigene e si è,<br />

quindi, posta la necessità di accorgimenti<br />

sito specifici per permettere<br />

il raggiungimento degli<br />

obiettivi di bonifica. A questo<br />

proposito, l’ARPA Liguria, in coordinamento<br />

con il dipartimento<br />

di chimica farmaceutica dell’Università<br />

di Pavia, ha studiato<br />

un sistema di monitoraggio in<br />

continuo dell’odore in grado di<br />

segnalare in anticipo il superamento<br />

della concentrazione di<br />

inquinanti odorigeni. Lo sviluppo di questa tecnologia è stata resa possibile<br />

grazie a “nasi elettronici” da installare al confine dell’area di bonifica in posizione<br />

corrispondente alle direzioni preferenziali del vento.<br />

PAGINA 38<br />

LEAZIENDEINFORMANO<br />

n IMPATTO<br />

Sostenibilità degli impianti:<br />

quali soluzioni innovative?<br />

di Massimo D’Avola, Michele Griglione, Marco Di Muro e Angiolo Calì<br />

Il fatto che le operazioni di bonifica siano finalizzate a ridurre le sorgenti di<br />

inquinamento nei diversi comparti ambientali, quali terreno, acque superficiali e<br />

sotterranee, spesso ne mette in ombra i costi<br />

energetici, sostenuti, ad esempio, per estrarre<br />

la contaminazione dalle matrici ambientali, trasferirla<br />

a sistemi di abbattimento o di stoccaggio<br />

e, infine, smaltirla quale rifiuto ai sensi della<br />

normativa vigente. A questo proposito, vengono<br />

analizzati due casi relativi a interventi eseguiti<br />

su siti di piccole dimensioni contaminati da idrocarburi,<br />

nei quali è stato utilizzato un apposito<br />

software analitico multicriteri per la valutazione<br />

della convenienza di un progetto o di una<br />

scelta caratterizzata da rilevanti impatti di tipo<br />

sociale, ambientale ed economico sul territorio,<br />

in modo da confrontare diverse soluzioni progettuali,<br />

basando la scelta della soluzione ottimale<br />

sui principi dello sviluppo sostenibile. PAGINA 43<br />

6 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


TECNOLOGIE&PRODOTTI<br />

n Schede tecniche DA PAGINA 51<br />

LEAZIENDEDELNUMERO3<br />

Direttoreresponsabile:<br />

MASSIMOCASSANI<br />

Coordinamento editoriale:<br />

Dario De Andrea (02/30223270)<br />

Redazione: Katia Rebucini (02/30223067)<br />

Proprietario ed editore:<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Presidente: GIANCARLO CERUTTI<br />

Amministratore Delegato: DONATELLA TREU<br />

Registrazione Tribunale di Milano n. 749<br />

del 9 novembre 1998.<br />

Sede legale: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Nome Azienda Nome Prodotto Pagina<br />

8 SENAF SRL Ambiente e Lavoro<br />

8 S.I.M.I.N. SPA Simintech Concrete FPC<br />

III<br />

COPERTINA 7<br />

IV<br />

COPERTINA 7<br />

8 RIMINIFIERA Ecomondo PAGINA 3 7<br />

8<br />

8<br />

ARTENERGY<br />

PUBLISHING SRL<br />

GOLDER<br />

ASSOCIATES SRL<br />

Fiera Zero PAGINA I 7<br />

I sistemi di supporto<br />

a soluzioni innovative<br />

di progetto<br />

Progettiamo un mondo<br />

sostenibile da 50 anni<br />

Foto in copertina su gentile concessione di NCE S.r.l.<br />

PAGG.<br />

43/50 7<br />

Amministrazione:<br />

Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Direzione, redazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149<br />

Milano ­ Fax 02/30223992.<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A. Tutti i diritti sono riservati. Le<br />

fotocopie per uso personale del lettore possono essere<br />

effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di<br />

periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso<br />

previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile<br />

1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di<br />

carattere professionale, economico o commerciale o<br />

comunque per uso diverso da quello personale possono<br />

essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione<br />

rilasciata da AIDRO, C.so di Porta Romana n. 108,<br />

Milano 20122, segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org.<br />

Servizio clienti periodici: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Via Tiburtina Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061<br />

Carsoli (AQ).<br />

Tel. 3022 5680 (prefisso 02 oppure 06)<br />

Fax 3022 5400 (prefisso 02 oppure 06)<br />

I numeri non pervenuti potranno essere richiesti via fax<br />

al n. 02­06/30225402­06 o via e­mail a servizioclienti.periodici@ilsole24ore.com<br />

entro 2 mesi dall’uscita<br />

del numero stesso.<br />

Abbonamento per 12 mesi (Italia): 155 euro<br />

Gli abbonamenti possono essere sottoscritti telefonando<br />

direttamente e inviando una fotocopia della<br />

ricevuta di pagamento sul c.c.p. n. 31481203.<br />

La ricevuta di pagamento tramite c.c.p. può essere<br />

inviata per posta a Il Sole 24 ORE, Via Tiburtina<br />

Valeria Km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ) e via fax ai<br />

numeri 06/30225406 ­ 02/30225406.<br />

In questo ultimo caso non inviare la ricevuta per posta.<br />

Pubblicità: Rete Ediltarget ­ Il Sole 24 ORE Businnes<br />

Media S.r.l. ­ Via Goito 13 ­ 40126 Bologna ­ Tel.<br />

051/6575889­859 ­ e­mail: ediltarget@ilsole24ore.com.<br />

Stampa: IL SOLE 24 ORE S.p.A. ­ Via Tiburtina<br />

Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ).<br />

7


n di Elio Crescini e Giuseppe Lonardini, NCE S.r.l.<br />

Nella gestione di interventi di bonifica on-site di terreni contaminati da metalli e idrocarburi, si pone il<br />

problema di combinare, nell’ambito dello stesso intervento, trattamenti finalizzati alla stabilizzazione dei<br />

metalli e processi che prevedono la rimozione o la degradazione degli inquinanti organici. Tra i possibili<br />

approcci al problema, si prendono in esame due diverse combinazioni di tecnologie caratterizzate dall’integrazione<br />

tra processi di inertizzazione e di ossidazione chimica.<br />

Processi


Idrocarburi Idrocarburi e metalli metalli pesanti: pesanti:<br />

trattamento e inertizzazione inertizzazione<br />

negli negli interventi interventi ”on­site”<br />

”on­site”<br />

integrati


Tra i possibili approcci progettuali per la gestione di un<br />

problema di contaminazione di terreni o sedimenti in<br />

compresenza di contaminanti idrocarburici e metalli<br />

pesanti può essere previsto il ricorso a soluzioni on-site,<br />

sia per la difficoltà tecnica insita nell’ingegnerizzazione e<br />

nell’ottimizzazione di soluzioni in situ con questa tipologia<br />

di inquinanti, sia per la limitata sostenibilità economica<br />

e ambientale di interventi off-site che prevedono lo<br />

scavo e il conferimento in impianti esterni di trattamento<br />

o smaltimento.<br />

I trattamenti on-site prevedono comunque<br />

la rimozione dei terreni<br />

contaminati, ma il trattamento viene<br />

gestito in loco nell’ambito del<br />

cantiere di bonifica, ricorrendo a impianti<br />

di taglia medio - piccola, spesso<br />

mobili; dopo il trattamento, per i<br />

materiali può essere previsto un riutilizzo,<br />

parziale o completo, per il<br />

ripristino dei luoghi.<br />

In questi casi la combinazione di interventi<br />

di solidificazione-stabilizzazione<br />

e di rimozione/degradazione<br />

dei contaminanti organici costituisce<br />

non solo un problema tecnico significativamente<br />

complesso per le marcate<br />

differenze in termini di processo,<br />

ma può presentare anche criticità rilevanti<br />

legate alla logistica di cantiere<br />

e alla complessità impiantistica.<br />

Sebbene esistano sul mercato diverse<br />

soluzioni tecnologiche promettenti,<br />

alcune delle quali non ancora<br />

pienamente sviluppate su scala industriale,<br />

che puntano all’integrazione<br />

di diversi processi, la specificità dei<br />

problemi emergenti nel caso di installazioni<br />

on-site con compresenza<br />

di contaminanti metallici e organici<br />

richiede comunque un dimensionamento<br />

caso-specifico tramite un<br />

percorso a step che prevede l’esecuzione<br />

di test alla scala di laboratorio<br />

seguiti da prove in impianti pilota.<br />

L’inertizzazione di terreni o sedimenti<br />

è una tecnologia completamente<br />

sviluppata su scala industriale<br />

e largamente applicata in impian-<br />

ti fissi o in impianti temporanei<br />

approntati presso grandi cantieri di<br />

bonifica, che ha l’obiettivo di immobilizzare<br />

i contaminanti, soprattutto<br />

i metalli, prevenendone il rilascio<br />

nell’ambiente, ma lasciandone inalterata<br />

la quantità e le caratteristiche.<br />

Questa tecnologia è prevalentemente<br />

basata su processi che hanno<br />

lo scopo di legare fisicamente i<br />

contaminanti in una massa inerte<br />

(solidificazione) e di ridurne la mobilità<br />

mediante reazioni chimiche<br />

tra il contaminante e gli agenti stabilizzanti<br />

(stabilizzazione) e prevede<br />

la miscelazione del materiale da<br />

trattare, eventualmente selezionato<br />

dal punto di vista granulometrico<br />

tramite processi quali, ad esempio,<br />

la vagliatura, con additivi che, nella<br />

maggior parte delle applicazioni<br />

meglio sviluppate, sono rappresentati<br />

da leganti idraulici quali calce o<br />

cemento, caratterizzati da un basso<br />

costo capitale e gestionale. Sono disponibili<br />

molte soluzioni sviluppate<br />

dai principali produttori di miscele<br />

cementizie, ampiamente sperimentate<br />

e ottimizzate per le varie applicazioni<br />

anche con aggiunta di ulteriori<br />

additivi (ad esempio, carboni<br />

attivi, polimeri organici, composti<br />

microincapsulanti, ecc.).<br />

Tra i processi di rimozione/degradazione<br />

dei contaminanti organici sviluppati<br />

in applicazioni on-site, trovano<br />

largo impiego tecnologie basate<br />

sulla degradazione per via<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

biologica dei contaminanti (ad esempio,<br />

biopile, bioreattori, landfarming,<br />

ecc.), sul trattamento termico<br />

(ad esempio, impianti mobili di desorbimento)<br />

o sul dosaggio, entro un<br />

sistema chiuso e controllato, di reagenti<br />

chimici (ad esempio, ossidanti<br />

come il perossido d’idrogeno o l’ozono),<br />

con lo scopo di convertire i contaminanti<br />

in forme meno o non pericolose,<br />

cioè in composti più stabili,<br />

meno mobili e/o inerti.<br />

In termini generali, la combinazione<br />

dei due processi può avvenire in modo<br />

sequenziale, quando uno dei due<br />

si configura come pretrattamento<br />

rispetto all’altro, o in modo simultaneo,<br />

quando entrambi i processi avvengono<br />

contemporaneamente.<br />

Nel seguito, vengono proposte due<br />

possibili combinazioni di tecnologie<br />

ritenute particolarmente interessanti<br />

sotto il profilo della semplicità<br />

e dell’integrabilità impiantistica:<br />

l una combinazione sequenziale di<br />

un pretrattamento di ossidazione<br />

chimica dei terreni, finalizzato alla<br />

degradazione dei contaminanti<br />

organici, seguito da un processo di<br />

stabilizzazione per via chimica dei<br />

metalli, mediante fosfatazione;<br />

l una combinazione simultanea di<br />

un processo di degradazione della<br />

sostanza organica con reagenti ossidanti<br />

e di un processo di stabilizzazione/solidificazione<br />

con leganti<br />

idraulici.<br />

Dal punto di vista operativo, le combinazioni<br />

indicate corrispondono alle<br />

seguenti tipologie di impianto:<br />

A. Un impianto costituito da una sezione<br />

di trattamento in torbida con<br />

ozono gassoso, collegato a una sezione<br />

di dosaggio di acido fosforico per<br />

la fosfatazione della torbida con tecnologia<br />

Novosol ® (si veda la figura 1).<br />

B. Un comune impianto mobile di betonaggio<br />

in cui dosare, oltre al materiale<br />

da trattare, dei leganti idraulici<br />

tradizionali, acqua e additivi quali<br />

persolfato di sodio ed eventuali<br />

agenti attivanti (si veda la figura 2).<br />

10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

TRATTAMENTO IN TORBIDA DI TERRENI MEDIANTE OSSIDAZIONECHIMICA<br />

CON OZONO GASSOSO E SUCCESSIVA STABILIZZAZIONE MEDIANTE FOSFATAZIONE<br />

La soluzione proposta prevede la<br />

combinazione di una tecnologia di ossidazione<br />

con ozono dei terreni in torbida<br />

e di una tecnologia di fosfatazione<br />

corrispondente al processo brevettato<br />

Novosol ® che prevede il dosaggio<br />

nella torbida di acido fosforico.<br />

L’ozono, composto gassoso dall’elevato<br />

potere ossidante, ha buone capacità<br />

degradative nei confronti di tutte<br />

le categorie di composti contaminanti<br />

organici d’interesse nel campo dei siti<br />

contaminati, è largamente e stabilmente<br />

impiegato in moltissime applicazioni<br />

industriali e ambientali per<br />

l’abbattimento della sostanza organica<br />

e di inquinanti, in particolare, quasi<br />

sempre in impianti che prevedono il<br />

suo dosaggio in una fase liquida o in<br />

sistemi multifase quali torbide.<br />

Il trattamento di ossidazione prevede<br />

l’impiego delle seguenti sottosezioni<br />

impiantistiche, a valle di un<br />

sistema di selezione granulometrica<br />

mediante vagliatura:<br />

l un serbatoio agitato per la formazione<br />

e il mantenimento della torbida<br />

(rapporto solido-liquido prossimo<br />

a 1:10);<br />

l un sistema di contatto con ricircolo<br />

nel serbatoio;<br />

l un sistemadiproduzionedell’ozono;<br />

l un sistema di distruzione dell’ozono.<br />

La reazione di fosfatazione prevede<br />

l’aggiunta di acido fosforico al 75%<br />

entro una miscela pompabile di terreno<br />

e acqua in rapporto 1:1, nella<br />

quale avviene la precipitazione di<br />

apatite per reazione tra l’acido e il<br />

calcio presente nel terreno.<br />

La sezione di fosfatazione, combinabile<br />

in successione al trattamento<br />

con ozono, prevede:<br />

l un sistema di adeguamento del<br />

rapporto acqua-terreno nella torbida,<br />

che deve raggiungere un rapporto<br />

prossimo a 1:1;<br />

l una sezione di dosaggio in linea di<br />

acido fosforico;<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

l una sezione di sgocciolamento,<br />

con ricircolo dell’acqua;<br />

l una sezione di essiccazione.<br />

In presenza di una specifica matrice<br />

da trattare, il dimensionamento dell’impianto<br />

deve necessariamente<br />

passare attraverso prove di trattabilità<br />

a diverse scale, per verificare<br />

l’efficacia del trattamento e stabilire<br />

i tassi di efficienza sulla specifica<br />

matrice e calibrare i principali parametri<br />

di processo.<br />

In particolare, per il processo di ossidazione<br />

sono necessari:<br />

l test di ozonizzazione in colonna,<br />

5 Figura 1 – Schema a blocchi combinazione A<br />

5 Figura 2 – Schema a blocchi combinazione<br />

con volumi di 5-10 litri di torbida,<br />

mediante i quali verificare l’efficacia<br />

e l’efficienza del processo in<br />

termini di fabbisogno specifico di<br />

reagente;<br />

l test di trattabilità in un impianto<br />

pilota, su volumi di 200-300 litri di<br />

torbida, mediante i quali verificare<br />

i parametri di dimensionamento<br />

delle sezioni impiantistiche, le<br />

portate di ricircolo e di dosaggio<br />

dell’ozono.<br />

Per il processo di fosfatazione sono<br />

necessari:<br />

l prove alla scala di laboratorio, su<br />

11


pochi chilogrammi di terreno, per<br />

verificare i dosaggi di reagente, le<br />

condizioni di reazione e le eventuali<br />

necessità di sistemi di controllo<br />

di parametri quali il pH, la<br />

temperatura, ecc.;<br />

l prove alla scala di impianto pilota.<br />

Prove di questo tipo vengono condotte<br />

tramite impianti pilota in<br />

grado di trattare quantitativi nell’ordine<br />

dei 300 l/h di torbida, simulando<br />

le condizioni degli impianti<br />

su scala industriale.<br />

Il programma operativo generale di<br />

esecuzione di ciascuna prova pilota<br />

è articolato in diverse fasi esecutive:<br />

l individuazione e preparazione del<br />

materiale rappresentativo da sottoporre<br />

a prova;<br />

l campionamento del materiale da<br />

trattare e caratterizzazione analitica<br />

del materiale da trattare;<br />

l esecuzione della prova;<br />

l campionamento e caratterizzazione<br />

analitica del materiale trattato<br />

in ciascuna sessione di prova.<br />

Prova pilota di trattamento<br />

in torbida con ozono<br />

Sistema di prova<br />

L’impianto pilota ripropone lo stesso<br />

schema impiantistico dell’impianto<br />

industriale, con le unità operative<br />

distinte (si vedano le foto 1):<br />

A. Un serbatoio agitato, costituito<br />

da un serbatoio cilindrico in PVC ad<br />

asse verticale con fondo conico,<br />

cielo flangiato, capacità massima<br />

di 400 litri (diametro 900 mm, altezza<br />

circa 600 mm) e dotato di un<br />

agitatore ad asse verticale con elica<br />

e deflettori interni, con motore<br />

da 1,5 kW (si veda la foto 2). Il<br />

serbatoio è dotato di un bocchello<br />

flangiato con coperchio a tenuta<br />

da 200 mm per il carico della miscela<br />

(terreno e acqua), uno scarico<br />

di fondo DN 40, un ingresso di<br />

ricircolo DN 40 e 2 bocchelli filettati<br />

per interfacciare sonde di monitoraggio<br />

e misura delle condizioni<br />

di reazione o per il dosaggio di<br />

5 Foto 1 – Prospetto laterale dell’impianto pilota e immagine della torre di contatto<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

ulteriori reagenti per l’ottimizzazione<br />

del processo (ad esempio, altri<br />

ossidanti, come perossido di<br />

idrogeno, o agenti modificatori del<br />

pH di reazione).<br />

B. Un sistema di contatto in controflusso<br />

gas-liquido, costituito da<br />

un serbatoio cilindrico verticale in<br />

PVC trasparente con una capacità<br />

di circa 70 l, dimensionato al fine<br />

di massimizzare il tempo di contatto<br />

tra l’ozono gassoso insufflato<br />

dall’estremità inferiore tramite un<br />

diffusore ceramico e la miscela da<br />

trattare, introdotta dalla sommità<br />

del cilindro. La miscela, proveniente<br />

dal serbatoio, viene pompata<br />

e introdotta nella parte sommitale<br />

della colonna fino al completo<br />

e progressivo riempimento del serbatoio<br />

lungo il suo sviluppo verticale.<br />

Il livello viene stabilizzato<br />

agendo sulle valvole di svuotamento<br />

e di mandata della pompa in modo<br />

da creare un ricircolo per bilanciamento<br />

tra il flusso di carico<br />

12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

sommitale e il flusso di scarico inferiore.<br />

Il reagente in eccesso è<br />

estratto dall’alto e inviato a distruzione<br />

termica.<br />

C. Un impianto di produzione di<br />

ozono costituito da:<br />

1. unità di produzione e preparazione<br />

aria. L’aria di alimentazione<br />

al generatore deve essere<br />

priva di polveri, olio ed essiccata<br />

a punti di rugiada di almeno - 60<br />

°C. L’unità di preparazione dell’aria<br />

è composta da un compressore<br />

rotativo con prefiltro, un<br />

postraffreddatore a scambio<br />

aria/acqua con separatore di<br />

condensa, un serbatoio dell’aria<br />

compressa, dei filtri disoleatori<br />

a cartuccia, un essiccatore a colonne<br />

con setacci molecolari<br />

(due colonne lavorano alternativamente<br />

in un ciclo assorbimento/rigenerazione),<br />

un filtro polveri<br />

e gli elementi di controllo e<br />

strumentazione;<br />

2. generatore di ozono. L’ozono<br />

è prodotto nel generatore per<br />

azione di una scarica elettrica,<br />

indotta per mezzo dell’“effetto<br />

corona”, sull’ossigeno contenuto<br />

nell’aria atmosferica di alimentazione<br />

transitante nell’interspazio<br />

calibrato esistente tra<br />

un tubo di acciaio (elettrodo di<br />

terra) e un tubo dielettrico interno<br />

e coassiale (l’elettrodo di alta<br />

tensione). All’esterno di questi<br />

tubi scorre il liquido refrigerante<br />

(acqua) che asporta il calore pro-<br />

5 Foto 2 – Interno del serbatoio agitato<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

dotto dalla scarica di formazione<br />

dell’ozono (si veda la figura 3).<br />

D. Un impianto di distruzione dell’ozono.<br />

A garanzia della completa<br />

riconversione in ossigeno dell’ozono<br />

residuo in uscita dal reattore, è<br />

installato un sistema di distruzione<br />

termica dell’ozono, capace di garantire<br />

una concentrazione di ozono<br />

nel gas di scarico non superiore<br />

a 0,01 ppm.<br />

Programma di esecuzione<br />

della prova<br />

Un programma completo di esecuzione<br />

delle prova pilota può richiedere<br />

circa 10 giorni, comprensivi dell’installazione<br />

e dello smantellamento<br />

dell’impianto, dello start-up e di alcune<br />

sessioni di prova (si veda la foto 4).<br />

Il trattamento previsto è di tipo discontinuo<br />

(in batch), ovvero la conduzione<br />

delle reazioni avviene caricando<br />

la miscela terreno/acqua nel<br />

reattore, e rimuovendo, dopo trattamento,<br />

i prodotti di reazione prima<br />

di procedere con un nuovo inserimento<br />

di materiale da trattare.<br />

L’esecuzione prevede le seguenti fasi<br />

operative principali:<br />

l Preparazione dei substrati da<br />

trattare. Al fine di minimizzare il<br />

rischio di intasamento del circuito<br />

di ricircolo della sospensione nell’impianto<br />

pilota, è opportuno<br />

prevedere una vagliatura dei materiali<br />

con maglia 4 mm (si veda la<br />

foto 5).<br />

l Preparazione dei reagenti. In que-<br />

sta fase vengono avviati all’impianto<br />

di produzione e di distruzione<br />

dell’ozono, verificandone il<br />

posizionamento nel regime di funzionamento<br />

desiderato per la specifica<br />

sessione di prova.<br />

l Caricamento del serbatoio. Questa<br />

fase prevede l’introduzione di<br />

circa 200 litri di acqua attraverso il<br />

bocchello di carica superiore,<br />

l’avvio dell’agitatore e della pompa<br />

di ricircolo, l’introduzione progressiva<br />

del materiale, selezionato,<br />

vagliato e caratterizzato, attraverso<br />

il bocchello di carica.<br />

l Trattamento. Una volta stabilizzate<br />

le condizioni di ricircolo, la sequenza<br />

di avvio del trattamento<br />

comporta la regolazione manuale<br />

del potenziometro del generatore<br />

per impostare il livello di produzione<br />

di ozono desiderato, mantenuto<br />

nel corso del tempo di prova,<br />

al termine del quale viene effettuato<br />

un campionamento per mezzo<br />

di apposito rubinetto di prelievo<br />

al di sotto del serbatoio agitato.<br />

L’intensità del trattamento può essere<br />

variata in funzione dei seguenti<br />

parametri:<br />

- la portata di ricircolo (in termini<br />

di m 3 /h di torbida, e quindi di kg/<br />

h di terreno da trattare, o di g/h<br />

di contaminanti da abbattere);<br />

- la produzione di ozono (in termini<br />

di g/h di ozono, a sua volta<br />

variabile in funzione della portata<br />

della miscela aria-ozono e di<br />

quantità di ozono all’interno della<br />

medesima).<br />

Nella taglia di impianto pilota considerata<br />

(si veda la tabella 1), la portata<br />

di ricircolo può essere impostata su<br />

valori compresi tra 0 (assenza di ricircolo,<br />

trattamento in batch nella sola<br />

colonna di contatto) e alcuni m 3 /h.<br />

La produzione di ozono può essere<br />

teoricamente regolata in modo continuo<br />

su livelli compresi tra i 2 e i 100<br />

g/h. Mediante la curva di taratura<br />

del generatore è possibile, agendo<br />

sul potenziometro, impostare la rea-<br />

13


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

TABELLA1<br />

ESEMPIODIDIMENSIONAMENTODELSISTEMADIPROVAPILOTA<br />

DITRATTAMENTOINTORBIDACONOZONO<br />

Portata erogata dal generatore 8 m 3 /h<br />

Quantità massima di ozono prodotta 200 g/h<br />

Portata/pressione del sistema di raffreddamento con acqua 1 m 3 /h /


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

5 Foto 5 – Operazioni di vagliatura manuale<br />

OSSIDAZIONE CHIMICA ON-SITE CON PERSOLFATO<br />

DI SODIO E STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE<br />

CON LEGANTI IDRAULICI<br />

La caratteristica saliente della tecnologia<br />

è quella di unificare in un processo<br />

sincrono la stabilizzazione dei<br />

metalli mediante leganti idraulici e<br />

l’ossidazione chimica della sostanza<br />

organica con un reagente dosabile nel<br />

medesimo reattore, costituito da un<br />

comune impianto di betonaggio (si<br />

veda la foto 7).<br />

Il reagente proposto, il persolfato di<br />

sodio (solido in granuli cristallini),<br />

quando opportunamente attivato, rilascia<br />

nel sistema il radicale persolfato<br />

SO 4•, dotato di elevato potere ossidante<br />

nei confronti della maggior<br />

parte delle categorie di contaminanti<br />

organici. Tra i numerosi agenti e fattori<br />

attivanti disponibili in grado di<br />

stimolare la formazione del radicale<br />

persolfato, vi è il raggiungimento di<br />

condizioni di temperatura superiore a<br />

35°C o di pH>10,5.<br />

I processi di idratazione del cemento<br />

e l’utilizzo di calce, a seconda<br />

della tipologia specifica di reagenti<br />

e delle condizioni ambientali, possono<br />

determinare un avvicinamento,<br />

o il raggiungimento, delle condizioni<br />

indicate, minimizzando la necessità<br />

di dover ricorrere ad agenti<br />

attivanti, quali la somministrazione<br />

di calore o di reagenti quali, ad<br />

esempio, perossido di idrogeno.<br />

È importante notare che, se da un<br />

lato la capacità di stabilizzazione<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

dei metalli è un requisito prestazionale<br />

fondamentale, e può dipendere<br />

strettamente dalla tipologia di legante<br />

scelta, le caratteristiche meccaniche<br />

del prodotto finale inertizzato<br />

non sono un requisito intrinseco<br />

di questa applicazione, a patto che i<br />

processi di solidificazione non siano<br />

un requisito limitante per l’immobilizzazione<br />

dei metalli. In tal senso,<br />

eventuali effetti di disturbo alla<br />

presa e alla maturazione del cemento<br />

dovuti alla presenza di un elevato<br />

tenore di solfati nel sistema, non sono<br />

intrinsecamente da considerarsi<br />

come limitanti per la performance<br />

ambientale della tecnologia.<br />

Anche in questo caso il dimensionamento<br />

dell’impianto e la selezione dei<br />

parametri di processo richiede l’esecuzione<br />

di un programma di prova articolato<br />

secondo almeno due fasi:<br />

l una prima fase di test a scala di<br />

laboratorio, tipicamente eseguibile<br />

con recipienti agitati su<br />

quantitativi finali di miscela terreno<br />

– persolfati – cemento - acqua<br />

nell’ordine dei 5 litri, in cui<br />

controllare tutti i parametri salienti<br />

(quali pH, temperatura, caratteristiche<br />

degli eventuali prodotti<br />

volatili di reazione, tempi di<br />

maturazione, umidità finale) e<br />

verificare il dosaggio ottimale di<br />

leganti e persolfati;<br />

l una seconda fase di test a scala di<br />

impianto pilota, mediante un miscelatore<br />

portatile da cantiere (betoniera<br />

con bicchiere da 300 litri) o<br />

un piccolo impianto mobile con capacità<br />

nell’ordine di 1-2 m 3 , con il<br />

quale verificare i parametri (dosaggi,<br />

tempi) e le performance delineati<br />

nella prova di laboratorio e stabilire<br />

le procedure di preparazione<br />

del carico/scarico più efficaci per<br />

la specifica matrice da trattare.<br />

Nel corso della prova pilota in betoniera<br />

portatile, l’unica operazione<br />

preliminare necessaria per la preparazione<br />

dei substrati da trattare<br />

consiste nella vagliatura manuale<br />

(con passo selezionato sulla base di<br />

prove di vagliatura atte a stabilire<br />

un optimum in funzione della ripartizione<br />

della contaminazione tra sopravaglio<br />

e sottovaglio, che in generale<br />

si attesta intorno ai 20-30 mm).<br />

I dosaggi tipici di queste applicazioni<br />

variano in funzione del tipo di matrice<br />

e dei livelli di contaminazione,<br />

ma sono tipicamente compresi, per i<br />

leganti idraulici, in un range del<br />

10-20 % in peso, e per i persolfati, in<br />

un range del 5-20% in peso.<br />

L’attività consiste sostanzialmente<br />

nell’introduzione nel bicchiere della<br />

betoniera in rotazione di una<br />

quantità prefissata di terreno (circa<br />

50 kg) e, in funzione della ricetta in<br />

esame, la quantità di persolfato di<br />

sodio in polvere previsto.<br />

Una volta conseguita una distribuzione<br />

omogenea nel terreno dei reagenti<br />

mediante la rotazione del bicchiere,<br />

si procede con l’introduzione progressiva<br />

di acqua e successivamente<br />

dei leganti a base di cemento/calce.<br />

La miscelazione procede normalmente<br />

per alcuni minuti, al termine<br />

dei quali avviene lo scarico del materiale<br />

entro recipienti in cui prosegue<br />

la fase di maturazione.<br />

Durante il processo viene condotto<br />

un monitoraggio delle condizioni di<br />

pH e di temperatura. L’eventuale<br />

somministrazione del calore può av-<br />

15


5 Foto 6 – Campionamento prodotti<br />

del trattamento<br />

venire mediante flusso di aria diretto<br />

sull’esterno del bicchiere in rotazione,<br />

generato mediante termosoffiatore<br />

portatile.<br />

Conclusioni<br />

Ove si renda necessario il ricorso a tecnologie<br />

di stabilizzazione dei metalli e<br />

a processi di ossidazione chimica di<br />

contaminanti organici, condizione necessaria<br />

per dimensionare interventi<br />

on-site, è la disponibilità di tecnologie<br />

facilmente integrabili sia dal punto di<br />

vista del processo, sia dal punto di vi-<br />

Foto e figure su gentile concessione di NCE Srl<br />

5 Foto 7 – Esempio di impianto mobile di betonaggio<br />

sta della logistica impiantistica.<br />

Entrambe le combinazioni presentate<br />

si caratterizzano per la semplicità<br />

dei singoli processi poiché si prestano<br />

a una integrazione impiantistica<br />

con il ricorso a tecnologie consolidate<br />

in altri campi dell’ingegneria edile<br />

o ambientale.<br />

L’applicazione di queste tecnologie<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

è particolarmente attraente non solo<br />

per i terreni e i rifiuti solidi in<br />

genere, ma anche per matrici come i<br />

sedimenti portuali (e in termini più<br />

ampi tutti i sedimenti marini e fluviali),<br />

la cui rilevanza, nelle bonifiche<br />

di siti di interesse nazionale e<br />

non, sembra destinata a crescere<br />

nei prossimi anni. l<br />

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Le tecnologie di<br />

bonifica dei terreni<br />

contaminati sono<br />

numerose,<br />

dai trattamenti<br />

chimico-fisici a quelli<br />

termici e biologici;<br />

inoltre, alcune<br />

recenti ricerche<br />

stanno attualmente<br />

indagando<br />

la possibilità<br />

di sfruttare processi<br />

non convenzionali<br />

quali la fitobonifica,<br />

il trattamento<br />

elettrocinetico e<br />

l’ossidazione chimica<br />

in situ.<br />

È essenziale, quindi,<br />

individuare i<br />

principali criteri<br />

da adottare<br />

per la scelta<br />

della migliore<br />

tecnologia<br />

da utilizzare.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

Trattamenti<br />

I criteri di scelta da adottare<br />

per applicare la migliore tecnologia<br />

n di Carlo Collivignarelli e Mentore Vaccari, dipartimento di ingegneria<br />

civile, architettura, territorio e ambiente, Università<br />

degli Studi di Brescia<br />

La contaminazione del suolo rappresenta una delle<br />

principali problematiche ambientali in tutti i paesi<br />

industrializzati, con impatti che riguardano anche le<br />

acque, l’atmosfera e, di conseguenza, la salute umana.<br />

Il risanamento e il ripristino di queste aree richiede<br />

ingenti risorse finanziarie, anche per la necessità di<br />

intervenire su matrici ambientali di grande valore che<br />

risentono della contaminazione del suolo, quali, ad<br />

esempio, le acque sotterranee.<br />

In Italia, secondo quanto riportato<br />

dal Ministero dell’Ambiente nel 2007<br />

[18], esistono 13.000 siti potenzialmente<br />

contaminati; di questi, 5.000<br />

sono siti da bonificare e 1.500 sono<br />

aree minerarie abbandonate; i restanti<br />

6.500 siti sono ancora da indagare.<br />

Un recente rapporto di Confindustria<br />

[8] riporta una rielaborazione delle informazioni<br />

contenute nell’“Annuario<br />

dei dati ambientali 2008” dell’ISPRA<br />

[5]. Secondo questo rapporto, i siti<br />

contaminati di competenza regionale<br />

sono 4.781; di questi circa il 30%, risulta<br />

già bonificato.<br />

Alle aree di cui sopra si aggiungono i<br />

Siti di Interesse Nazionale (SIN) che<br />

sono complessivamente 57 e interessano<br />

un totale di 821.000 ettari di<br />

aree a terra e quasi 340.000 ettari di<br />

aree a mare.<br />

<strong>Tecnologie</strong> di trattamento<br />

di terreni contaminati<br />

La vigente normativa (D.Lgs. n. 152/<br />

06 e successive modifiche e integrazioni)<br />

prevede due diverse tipologie<br />

di interventi per i siti contaminati,<br />

quali la messa in sicurezza e la bonifica.<br />

Le misure di messa in sicurezza<br />

hanno lo scopo di impedire la propagazione<br />

della contaminazione al di<br />

fuori del sito inquinato e comprendono<br />

le cosiddette tecniche di isolamento<br />

del terreno.<br />

Gli interventi di bonifica mirano a<br />

eliminare le sorgenti di contaminazione,<br />

riducendo le concentrazioni<br />

dei contaminanti all’interno delle<br />

matrici ambientali. Generalmente, i<br />

trattamenti di bonifica vengono<br />

suddivisi in due categorie:<br />

l i trattamenti ex situ, che consistono<br />

nell’asportazione del terreno inquinato<br />

e nel trattamento dello<br />

stesso in un impianto in loco (trattamenti<br />

on site) ovvero in un impianto<br />

esterno (trattamenti off site);<br />

l i trattamenti in situ, che vengono<br />

applicati al terreno inquinato direttamente<br />

sul posto, senza pre-<br />

17


vedere asportazione alcuna.<br />

I trattamenti in situ vengono applicati<br />

ai casi in cui l’escavazione comporta<br />

notevoli difficoltà tecniche<br />

e/o economiche (per esempio,<br />

quando la contaminazione interessa<br />

il terreno fino a elevate profondità,<br />

ovvero in prossimità di edifici); i costi<br />

d’investimento sono relativamente<br />

bassi in confronto a quelli per<br />

realizzare impianti ex situ, ma sono<br />

richieste una più approfondita caratterizzazione<br />

del terreno e un’attenta<br />

e prolungata fase di monitoraggio<br />

allo scopo di verificare i risultati<br />

del risanamento.<br />

L’impiego di processi in situ può dare<br />

luogo a problemi quali le possibili<br />

reazioni, non prevedibili a priori,<br />

che potrebbero instaurarsi tra<br />

l’agente del trattamento e gli inquinanti;<br />

la difficoltà nel garantire un<br />

contatto intimo tra l’agente del<br />

trattamento e i contaminanti di diversa<br />

natura e stato fisico (solido,<br />

liquido, gassoso) presenti nel terreno,<br />

anch’esso spesso eterogeneo; la<br />

difficoltà nell’assicurare che il trattamento<br />

sia stato pienamente efficace;<br />

la produzione, in alcuni casi,<br />

di effluenti residui che richiedono<br />

un ulteriore trattamento.<br />

Interventi di bonifica in situ possono<br />

essere previsti in siti precedentemente<br />

isolati dall’ambiente circostante,<br />

come nel caso del vecchio<br />

petrolchimico di Marghera, dove i<br />

trattamenti elettrochimici e di ossidazione<br />

chimica in situ avvengono in<br />

aree già messe in sicurezza mediante<br />

palancole immorsate nello strato<br />

impermeabile del sottosuolo [22].<br />

I trattamenti ex situ prevedono una<br />

fase preliminare di escavazione per<br />

asportare il terreno contaminato,<br />

adottando tutte le opportune misure<br />

di sicurezza e contenendo l’eventuale<br />

falda affiorante.<br />

Rispetto alle tecniche in situ, quelle<br />

ex situ consentono un controllo diretto,<br />

e quindi più efficace e completo,<br />

dei parametri di processo e<br />

degli effettivi risultati dell’intervento.<br />

Tuttavia, la necessità di dover<br />

estrarre il terreno da trattare comporta<br />

costi maggiori e potenziali rischi<br />

per l’uomo e/o per l’ambiente.<br />

Di seguito, una breve descrizione<br />

dei principali processi di bonifica<br />

che trovano impiego in Italia e all’estero.<br />

Per una più esauriente<br />

trattazione, che esula dagli obiettivi<br />

del presente contributo, si rimanda<br />

all’estesa bibliografia disponibile<br />

[4; 15; 20; 21].<br />

Trattamenti biologici<br />

La biodegradazione avviene naturalmente<br />

in ogni terreno contaminato<br />

da inquinanti organici biodegradabili;<br />

generalmente, però, non si<br />

instaurano le condizioni ambientali<br />

ottimali perché essa risulti efficace<br />

(in tempi ragionevoli). Nei trattamenti<br />

biologici si provvede pertanto<br />

a ottimizzare queste condizioni,<br />

operando in sistemi ex situ oppure<br />

direttamente in situ.<br />

Bioventilazione<br />

È una tecnica in situ che consiste<br />

nell’insufflare ossigeno nel terreno<br />

5 Foto 1 – Biopila in allestimento<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

mediante pozzi/piezometri fessurati<br />

opportunamente dislocati. Può essere<br />

previsto un sistema di irrigazione<br />

superficiale che consenta di fornire<br />

il contenuto di acqua e nutrienti<br />

necessari all’attività biologica.<br />

Landfarming<br />

Uno strato di terreno contaminato<br />

viene steso al di sopra di un letto<br />

drenante e di un manto impermeabile<br />

e, quindi, viene irrigato con acqua,<br />

arricchita di ossigeno, nutrienti<br />

ed eventualmente altri additivi. Il<br />

percolato prodotto viene, quindi, ricircolato<br />

direttamente o previa depurazione.<br />

Biopile<br />

Il terreno contaminato viene disposto<br />

in cumuli o pile (si veda la foto<br />

1) periodicamente aerati al fine di<br />

consentire il mantenimento delle<br />

condizioni aerobiche. Al terreno<br />

vengono aggiunti, preventivamente,<br />

agenti rigonfianti per incrementarne<br />

la porosità, allo scopo di<br />

consentire l’uniforme distribuzione<br />

degli additivi e il trasferimento<br />

dell’ossigeno.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

Bioreattori<br />

La frazione fine del terreno viene<br />

trattata in reattori contenenti acqua<br />

al 40-90 % in peso, nutrienti e,<br />

eventualmente, altri additivi. L’ossigeno<br />

viene fornito mediante dei<br />

diffusori disposti sul fondo o mediante<br />

agitazione superficiale. Conclusa<br />

la degradazione dell’inquinante,<br />

la miscela viene estratta e disidratata,<br />

mentre l’acqua di processo<br />

viene ricircolata.<br />

Trattamenti chimico-fisici<br />

Le tecniche di risanamento chimicofisico<br />

dei terreni contaminati possono<br />

essere classificate in funzione<br />

dell’effetto del trattamento sulla<br />

contaminazione in [9]:<br />

l processi di estrazione, in cui i contaminanti<br />

sono rimossi dal terreno<br />

mediante un agente estrattivo. È il<br />

caso dei processi di lavaggio, soil<br />

vapor extraction, estrazione elettrocinetica;<br />

l processi di detossificazione, nei<br />

quali i contaminanti sono soggetti<br />

a reazioni di ossido-riduzione che<br />

danno luogo a un prodotto finale<br />

non pericoloso;<br />

l processi di immobilizzazione, in cui<br />

la mobilità dei contaminanti viene<br />

ridotta mediante un processo di<br />

confinamento in una matrice solida<br />

e/o di stabilizzazione chimica.<br />

Lavaggio del terreno<br />

Questa tecnica consiste nel far circolare<br />

nel suolo acqua pura o additivata<br />

con solventi organici, agenti chelanti,<br />

tensioattivi, acidi o basi, allo<br />

scopo di desorbire dalla matrice del<br />

suolo una parte dell’inquinante in<br />

modo che passi in soluzione o sospensione.La<br />

tecnica può essere utilizzata<br />

sia ex situ (in questo caso è<br />

detta “soil washing” - si veda la foto<br />

2) che in situ (in quest’altro è chiamata<br />

“soil flushing”). Nel caso in cui<br />

il liquido estraente sia costituito unicamente<br />

da un solvente, si parla di<br />

“estrazione con solvente”.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Soil vapor extraction<br />

Questa tecnologia è impiegata per<br />

rimuovere composti organici volatili<br />

presenti nella zona insatura di<br />

terreni a permeabilità medio-alta;<br />

consiste in un circuito di condotte<br />

forate e di collettori in depressione<br />

che aspirano i contaminanti<br />

in fase gassosa e li inviano a<br />

un impianto di trattamento aeriformi.<br />

Estrazione elettrocinetica<br />

Questo processo, utilizzato per la<br />

decontaminazione di terreni a grana<br />

medio-fine e a permeabilità medio-bassa,<br />

è basato sull’applicazione<br />

di un campo elettrico per<br />

mezzo di elettrodi infissi nel suolo.<br />

I composti dotati di carica elettrica<br />

vengono attirati verso gli elettrodi<br />

a carica opposta e si accumulano<br />

nei pressi degli stessi.<br />

Successivamente si procede alla rimozione<br />

degli inquinanti e al loro<br />

trattamento ex situ.<br />

Detossificazione<br />

Tecnica applicabile sia in situ sia ex<br />

situ che consiste nell’aggiunta al<br />

terreno di reattivi ossidanti, neutralizzanti<br />

o riducenti, al fine di ridurre<br />

la reattività o corrosività dei<br />

suoli (neutralizzazione) e gli effetti<br />

tossici di cianuri e composti organici<br />

(ossidazione) o di metalli pesanti<br />

(ad es. per la riduzione del cromo<br />

esavalente).<br />

5 Foto 2 – Sedimentatore a pacchi lamellari in un impianto di soil washing<br />

19


Stabilizzazione/<br />

solidificazione<br />

L’obiettivo dei processi di stabilizzazione/solidificazione<br />

è quello di ridurre<br />

la mobilità dei contaminanti,<br />

prevenendo o limitando al minimo il<br />

loro trasferimento nell’ambiente.<br />

La tecnica, che può essere applicata<br />

sia in situ che ex situ (si veda la foto<br />

3), prevede la miscelazione del terreno<br />

contaminato con additivi sia di<br />

natura inorganica che organica.<br />

Trattamenti termici<br />

I trattamenti termici consentono di<br />

risanare terreni contaminati da sostanze<br />

organiche e, in alcune tipologie<br />

di processo, anche di rimuovere<br />

(quando vaporizzabili e poi ossidabili<br />

a basse temperature) o immobilizzare<br />

efficacemente le sostanze inorganiche<br />

[1]. Possono essere classificati in<br />

trattamenti di desorbimento termico<br />

e trattamenti di termodistruzione.<br />

Desorbimento termico<br />

ex situ<br />

Questa tecnologia consiste nel riscaldare<br />

il terreno a temperature<br />

non superiori a 550 °C e in condizioni<br />

tali da evitare la combustione dei<br />

contaminanti nell’unità primaria. I<br />

composti organici vengono rimossi<br />

dal suolo per volatilizzazione e possono<br />

essere distrutti o condensati in<br />

un dispositivo separato, posto a valle<br />

dell’unità di desorbimento.<br />

Desorbimento termico<br />

in situ<br />

Il meccanismo prevede di riscaldare<br />

il terreno al fine di aumentare la volatilità<br />

dei contaminanti presenti e,<br />

quindi, di accelerare/ottimizzare il<br />

processo di estrazione degli stessi. Le<br />

tecnologie più diffuse sono l’“estrazione<br />

con vapore”, che consiste nell’immissione<br />

di vapore a temperature<br />

variabili tra 150 °C e 230 °C, sia<br />

nella zona vadosa che in quella satura,<br />

e il “riscaldamento a radio frequenze”,<br />

nel quale il riscaldamento<br />

del terreno avviene mediante l’energizzazione<br />

con onde elettromagnetiche<br />

nel campo delle frequenze radio.<br />

Incenerimento<br />

Questo trattamento consiste, come<br />

è noto, nell’impiego di alte tempe-<br />

5 Foto 3 – Intervento di stabilizzazione/solidificazione ex situ<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

rature per ossidare completamente<br />

contaminanti organici. La combustione<br />

comporta, infatti, la loro<br />

completa distruzione ma anche l’ossidazione<br />

di alcune sostanze inorganiche,<br />

quali ad esempio cianuri e<br />

solfuri, col risultato di ottenere prodotti<br />

non tossici.<br />

Vetrificazione in situ<br />

Consiste nel creare un flusso di corrente<br />

elettrica nel sito da bonificare<br />

per mezzo di elettrodi infissi nel terreno.<br />

L’elevata resistenza elettrica<br />

del suolo consente di raggiungere<br />

temperature anche di 2000°C, in<br />

grado di trasformare gli inquinanti<br />

presenti in un prodotto inerte.<br />

La scelta della tecnologia<br />

di bonifica<br />

L’applicabilità di una certa tecnologia<br />

di bonifica a un suolo contaminato<br />

dipende da numerosi fattori. Tra<br />

questi, rivestono un ruolo essenziale<br />

le caratteristiche chimico-fisiche<br />

del suolo stesso. Un parametro<br />

estremamente importante è la granulometria<br />

del terreno, che condiziona<br />

i tempi necessari per il trattamento<br />

(di conseguenza i costi) e<br />

l’efficacia del trattamento stesso.<br />

L’omogeneità e la permeabilità della<br />

matrice rivestono un ruolo determinante<br />

nella scelta di tecnologie in<br />

situ la cui efficacia è strettamente<br />

legata alla possibilità di raggiungere<br />

una distribuzione uniforme nel suolo<br />

dei fluidi (liquidi e/o gassosi) utilizzati<br />

come mezzi estraenti. In presenza<br />

di terreno estremamente eterogeneo,<br />

infatti, il fluido estraente<br />

tenderebbe a attraversare le sole<br />

aree a maggiore permeabilità (che<br />

oppongono minore resistenza al moto),<br />

lasciando di fatto pressoché<br />

inalterate le aree a bassa permeabilità.<br />

Altri fattori fondamentali di<br />

scelta sono il contenuto di umidità<br />

(necessaria per i trattamenti biologici<br />

e svantaggiosa per quelli termici),<br />

il potenziale redox e il pH (che<br />

20 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

influenzano fortemente tutti i processi<br />

chimico-fisici e biologici), il<br />

contenuto di sostanza organica (che<br />

contribuisce a diminuire la mobilità<br />

dei contaminanti – come nel caso dei<br />

metalli pesanti assorbiti alla frazione<br />

umica del terreno – e, pertanto,<br />

penalizza le tecnologie che si basano<br />

sui processi di estrazione).<br />

Altro fattore chiave nella scelta della<br />

tecnologia di bonifica sono le caratteristiche<br />

della contaminazione.<br />

La contemporanea presenza di<br />

contaminanti organici e inorganici<br />

determina spesso la necessità di implementare<br />

più tecnologie di trattamento<br />

in serie, per raggiungere gli<br />

obiettivi di bonifica, con un aumento<br />

considerevole dei costi complessivi.<br />

Può essere molto importante la<br />

speciazione dei contaminanti; ad<br />

esempio, la presenza di sostanze organiche<br />

clorurate può rendere più<br />

difficile l’implementazione di processi<br />

di biodegradazione, mentre<br />

concentrazioni elevate di sostanze<br />

volatili può suggerire l’applicazione<br />

di tecniche in situ. La scelta della<br />

tecnologia di bonifica è fortemente<br />

influenzata anche dalla presenza di<br />

pesticidi e/o altri microinquinanti:<br />

in questo caso, infatti, le concentrazioni<br />

da raggiungere nel suolo al termine<br />

dell’intervento di bonifica<br />

possono essere molto basse, talvolta<br />

inferiori a 10 μg/kg ss. La concentrazione<br />

dell’inquinante è un altro parametro<br />

essenziale, che influisce sia<br />

sulla scelta della tecnologia che sulle<br />

rese dei processi di trattamento;<br />

nel caso del trattamento in biopile,<br />

ad esempio, una concentrazione di<br />

idrocarburi totali superiore a 50.000<br />

mg/kg ss può comportare l’inibizione<br />

dell’attività degradativa da parte<br />

della biomassa [3]. Tra i parametri<br />

che caratterizzano le sostanze inquinanti,<br />

va citato il coefficiente di<br />

ripartizione ottanolo/acqua, costante<br />

adimensionale che rappresenta<br />

il rapporto con cui una data<br />

sostanza si ripartisce tra una fase<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

organica (ottanolo) e l’acqua; esso<br />

indica, quindi, la tendenza di un inquinante<br />

a ripartirsi fra la sostanza<br />

organica presente nel suolo e l’acqua<br />

e costituisce un parametro di<br />

riferimento per la scelta dei trattamenti<br />

chimico-fisici da adottare.<br />

Sostanze con un valore di questo coefficiente<br />

inferiore a 10 hanno un<br />

comportamento idrofilico ed elevata<br />

solubilità in acqua (che risulta,<br />

quindi, il mezzo estraente più idoneo),<br />

mentre quelle con valori maggiori<br />

a 10.000 hanno un comportamento<br />

idrofobico e tendono ad accumularsi<br />

nella frazione umica del<br />

suolo, richiedendo, quindi, mezzi<br />

estraenti diversi da quello acquoso.<br />

Non bisogna dimenticare che la scelta<br />

delle tecnologie di bonifica deve<br />

avvenire nel rispetto dei criteri indicati<br />

dal D.Lgs. n. 152/2006. Il decreto<br />

afferma che devono essere<br />

privilegiate «le tecniche di bonifica<br />

che riducono permanentemente e<br />

significativamente la concentrazione<br />

nelle diverse matrici ambientali,<br />

gli effetti tossici e la mobilità delle<br />

sostanze inquinanti». Le indicazioni<br />

normative conducono, quindi, alla<br />

conclusione che sono da preferire le<br />

tecniche di natura biologica, che<br />

comportano la completa degradazione<br />

degli inquinanti nella matrice<br />

ambientale in cui si trovano; le comuni<br />

tecniche chimico-fisiche e termiche<br />

si basano invece sull’allontanamento<br />

degli inquinanti dal suolo<br />

mediante un flusso liquido o gassoso<br />

che deve essere poi ulteriormente<br />

trattato in una linea appositamente<br />

predisposta.<br />

Il decreto prescrive inoltre di «privilegiare<br />

le tecniche di bonifica tendenti<br />

a trattare e riutilizzare il suolo<br />

nel sito, mediante trattamenti in<br />

situ e on site, con conseguente riduzione<br />

dei rischi derivanti dal trasporto<br />

e messa in discarica di terreno<br />

inquinato». Nel caso di interventi<br />

on site, anche una semplice vagliatura<br />

(eventualmente seguita da un<br />

processo di soil washing) può portare<br />

a un significativo recupero e riutilizzo<br />

di suolo all’interno del sito, così<br />

come dimostra la bonifica del sito<br />

di interesse nazionale di Brescia [6].<br />

Un’altra interessante applicazione<br />

in questo senso è quella in corso<br />

presso il sito “ex Conterie” di Venezia,<br />

dove il terreno inquinato viene<br />

trattato mediante un opportuno<br />

processo di stabilizzazione/solidificazione<br />

on site che porta alla formazione<br />

di un granulato inerte che viene<br />

riutilizzato nel sito stesso [13]. È<br />

bene segnalare però che, in alcuni<br />

casi, al vantaggio del mancato trasporto<br />

a distanza di materiale contaminato,<br />

possono contrapporsi per<br />

i trattamenti on site disagi in ambito<br />

locale e per i trattamenti in situ<br />

un’elevata incertezza sull’effettivo<br />

tempo di recupero e sulla piena efficacia<br />

del trattamento (efficacia peraltro<br />

non semplice da dimostrare).<br />

In ogni caso bisogna «evitare ogni<br />

rischio aggiuntivo a quello esistente<br />

di inquinamento dell’aria, delle acque<br />

sotterranee e superficiali, del<br />

suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente<br />

derivante da rumori e<br />

odori - e - evitare rischi igienico-sanitari<br />

per la popolazione durante lo<br />

svolgimento dei lavori». Questo<br />

principio impone la scelta di tecnologie<br />

sicure, che non comportino un<br />

ulteriore impatto negativo sull’ambiente<br />

e sulla popolazione circostante.<br />

Ne deriva, ad esempio, che<br />

la scelta di una tecnica in situ deve<br />

essere effettuata solo a valle di<br />

un’attenta analisi dei rischi, che<br />

escluda in modo categorico un ulteriore<br />

possibile inquinamento dell’area<br />

originato dalle operazioni di<br />

bonifica. È, inoltre, da evitare la diffusione<br />

di rumori e maleodorazioni,<br />

in particolare, nei pressi dei centri<br />

abitati; devono, quindi, essere<br />

adottati gli accorgimenti necessari a<br />

minimizzare questi impatti.<br />

La scelta della tecnologia di bonifica<br />

deve avvenire, in ogni caso, te-<br />

21


nendo in debita considerazione la<br />

sua affidabilità, da valutare in base<br />

allo stato di applicazione della stessa<br />

in ambito nazionale e internazionale.<br />

Attualmente in Europa, e particolarmente<br />

in Italia, è ancora<br />

molto diffusa la prassi di scavare e<br />

smaltire direttamente in discarica il<br />

terreno contaminato; l’incremento<br />

dei costi di smaltimento e la maggior<br />

diffusione dei sistemi di trattamento<br />

(in Italia, di fatto, sono ormai<br />

disponibili sul mercato tutti i<br />

principali processi chimico-fisici,<br />

termici e biologici di trattamento di<br />

suoli contaminati) sta però portando<br />

a un crescente impiego di vere e<br />

proprie tecnologie di bonifica.<br />

Anche la durata prevista per gli interventi<br />

di risanamento vincola la scelta<br />

della tecnologia di bonifica. In generale,<br />

i processi biologici richiedono<br />

tempi decisamente maggiori rispetto<br />

ai processi chimico fisici e termici. I<br />

primi, però, comportano costi di<br />

trattamento solitamente inferiori.<br />

La ricerca nel campo<br />

delle tecnologie di bonifica<br />

La ricerca in questo campo è molto<br />

attiva sia in Italia sia all’estero, testimoniato<br />

dalle decine di articoli<br />

pubblicati ogni anno su riviste scientifiche<br />

di settore e dall’organizzazione<br />

di specifici convegni nazionali<br />

e internazionali sul tema delle tecnologie<br />

di bonifica. In Italia sono<br />

stati organizzati recentemente due<br />

convegni da cui è possibile trarre alcuni<br />

spunti interessanti circa le attività<br />

di ricerca in corso; si fa riferimento<br />

al “Consoil 2008 – 10th International<br />

Conference on soil-water<br />

systems” e al “SIDISA 2008 – Simposio<br />

di ingegneria sanitaria-ambientale”,<br />

che si sono tenuti rispettivamente<br />

a Milano e Firenze. Entrambi i<br />

congressi hanno dedicato una specifica<br />

sessione al tema delle tecnologie<br />

di bonifica, a cui hanno partecipato,<br />

nel complesso, molte decine<br />

di relatori italiani e stranieri. L’esa-<br />

me dei lavori presentati evidenzia<br />

che l’attività dei ricercatori è rivolta<br />

principalmente allo studio a scala<br />

di laboratorio o pilota di processi in<br />

situ. Le tecnologie maggiormente<br />

indagate, in particolare in Italia, appaiono<br />

la fitobonifica, il trattamento<br />

elettrocinetico e l’ossidazione<br />

chimica in situ.<br />

La fitobonifica è una tecnologia<br />

emergente che ricorre all’utilizzo di<br />

specie vegetali per il trattamento in<br />

situ di suoli, sedimenti e acque contaminate.<br />

La vasta gamma di contaminanti<br />

ai quali è possibile applicare<br />

questa tecnologia comprende metalli,<br />

pesticidi, solventi, materiali<br />

esplosivi, idrocarburi del petrolio e<br />

idrocarburi policiclici aromatici. Il<br />

processo nel quale i contaminanti<br />

organici presenti nel sottosuolo vengono<br />

assorbiti e degradati a opera<br />

dei vegetali è più propriamente detto<br />

di fitodegradazione, mentre<br />

quello in cui i vegetali assorbono i<br />

metalli pesanti presenti nel sottosuolo<br />

e li accumulano nella porzione<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

epigea, in modo che possano essere<br />

quindi rimossi mediante il raccolto,<br />

è detto fitoestrazione (si veda la foto<br />

4). Il principale svantaggio di questa<br />

tecnologia, che appare molto interessante<br />

sotto il profilo applicativo<br />

per i ridotti costi di intervento, è<br />

dato dalla modesta velocità dei processi<br />

di riduzione del carico inquinante,<br />

ciò che conduce a tempi di<br />

applicazione spesso eccessivamente<br />

lunghi. Tra i metodi per migliorarne i<br />

risultati, in particolare nei processi<br />

di fitoestrazione, vi è la solubilizzazione<br />

dei metalli mediante l’aggiunta<br />

di agenti chelanti nel terreno, ciò<br />

che ne aumenta la biodisponibilità e<br />

ne favorisce l’accumulo da parte<br />

delle specie vegetali.<br />

Alcuni autori [17] hanno rilevato che<br />

il dosaggio di EDTA ed EDDS migliora<br />

la fitoestrazione di piombo da parte<br />

di Helianthus annuus, Brassica juncea<br />

e Zea Mays, però comporta una<br />

consistente solubilizzazione del metallo<br />

che potrebbe determinare la<br />

diffusione dello stesso negli orizzon-<br />

5 Foto 4 – Coltivazione in serra di specie vegetali potenzialmente<br />

iperaccumulatrici di metalli pesanti<br />

22 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

ti sottostanti che verrebbero quindi<br />

inquinati. A risultati simili sono<br />

giunti anche gli scriventi, che hanno<br />

verificato l’incremento della capacità<br />

fitoestrattiva di Helianthus annuus<br />

e Brassica juncea nei confronti<br />

di due diversi suoli contaminati da<br />

piombo e cadmio a seguito del dosaggio<br />

di EDTA, DTPA, PDA e NTA [7].<br />

Anche in questo caso, sono state riscontrate<br />

elevate concentrazioni di<br />

metalli pesanti nelle acque di percolazione.<br />

Il processo di fitoestrazione<br />

assistita è stato testato da alcuni autori<br />

[14] anche su sedimenti contaminati<br />

provenienti dalla laguna di<br />

Venezia; in questo studio, la matrice<br />

risultava inquinata sia da metalli pesanti<br />

(rame, piombo e zinco), sia da<br />

idrocarburi policiclici aromatici. Le<br />

specie vegetali impiegate nella sperimentazione,<br />

Phragmites australis<br />

e Salix matsudana, hanno entrambe<br />

tollerato l’elevato contenuto salino<br />

dei sedimenti e hanno accumulato<br />

concentrazioni significative di metalli<br />

pesanti; il dosaggio di EDTA non<br />

ha però portato a maggiori accumuli<br />

di metalli nelle parti epigee dei vegetali.<br />

Altri autori [11] hanno invece<br />

studiato l’efficacia di Paspalum vaginatum<br />

e Tamarix gallica nei confronti<br />

di sedimenti prelevati nel porto<br />

di Livorno e contaminati da idrocarburi<br />

totali (6.500 mg/kg ss),<br />

piombo (369 mg/kg ss), rame (225<br />

mg/kg ss), cromo (183 mg/kg ss), cadmio<br />

(21 mg/kg ss) e zinco (608 mg/<br />

kg ss). Al termine della sperimentazione,<br />

che è durata un anno, è stata<br />

riscontrata una riduzione significativa<br />

delle concentrazioni di inquinanti<br />

sia organici sia inorganici nei<br />

sedimenti.<br />

Un’altra tecnologia che può essere<br />

impiegata per il trattamento di suoli<br />

contaminati da metalli pesanti è la<br />

decontaminazione elettrocinetica.<br />

La tecnica si basa sull’applicazione<br />

al suolo contaminato di una<br />

differenza di potenziale mediante<br />

elettrodi infissi a una profondità op-<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

portuna. Il campo elettrico generato<br />

è in grado di innescare il moto di<br />

ioni, acqua e particelle cariche elettricamente,<br />

secondo i meccanismi<br />

di trasporto di elettrosmosi, elettromigrazione<br />

e elettroforesi, rispettivamente.<br />

Alcuni ricercatori [12] hanno valutato<br />

la possibilità di trattare suoli contaminati<br />

da piombo mediante l’uso<br />

congiunto di fitoestrazione assistita<br />

(mediante il dosaggio di EDTA) e decontaminazione<br />

elettrocinetica. I<br />

risultati dello studio, che è stato<br />

condotto coltivando piante di Brassica<br />

juncea su un suolo contenente<br />

3.300 mg/kg ss di piombo, hanno mostrato<br />

un significativo aumento dei<br />

valori di fitoaccumulo di piombo (fino<br />

a 5 volte) per i trattamenti combinati<br />

rispetto a quelli dove era previsto<br />

solo l’utilizzo di EDTA. L’impiego<br />

di chelanti risulta conveniente<br />

anche nei trattamenti elettrocinetici<br />

applicati a sedimenti contaminati<br />

di origine limosa. Ciò è stato dimostrato<br />

da alcuni ricercatori [10] che<br />

in uno studio a scala di laboratorio<br />

hanno ottenuto una consistente mobilitazione<br />

di metalli pesanti grazie<br />

al dosaggio di EDTA.<br />

L’ossidazione chimica in situ è un<br />

processo che prevede il dosaggio di<br />

reagenti ossidanti quali perossido<br />

di idrogeno, persolfato di sodio e<br />

permanganato di potassio in terreni<br />

e sedimenti inquinati da composti<br />

organici biorefrattari quali<br />

idrocarburi pesanti e composti organo-alogenati.<br />

Alcuni ricercatori<br />

[19] hanno valutato l’efficacia di<br />

trattamenti di ossidazione con reattivo<br />

di Fenton nei confronti di<br />

sedimenti fluviali caratterizzati da<br />

significative concentrazioni di<br />

idrocarburi pesanti (213±38 mg/<br />

kg ss) e IPA (90±5 mg/kg ss). Le prove<br />

sono state condotte in fase fangosa<br />

usando un rapporto solido:liquido<br />

pari a 1:10. Nei test sono stati dosati<br />

solfato ferroso e perossido di<br />

idrogeno in percentuale compresa<br />

tra 5 e 10% in peso; l’acidificazione<br />

della matrice è avvenuta dosando<br />

acido cloridrico, fosforico o acetico.<br />

I risultati ottenuti hanno mostrato<br />

rese di rimozione degli idrocarburi<br />

comprese tra 80 e 95%,<br />

mentre le rese di rimozione degli<br />

IPA sono state del 50-60%. In un<br />

altro studio, dei ricercatori [2]<br />

hanno dimostrato l’efficacia dell’uso<br />

congiunto di perossido di<br />

idrogeno e acido acetico nei confronti<br />

di sedimenti fluviali (di natura<br />

sabbiosa) e marini (di natura<br />

limosa), il primo contaminato da<br />

pirene (50 mg/kg ss) e il secondo da<br />

gasolio (5.100 mg/kg ss). La sperimentazione<br />

è avvenuta variando i<br />

dosaggi di perossido di idrogeno e<br />

acido acetico. Seppur caratterizzate<br />

da rese quantitative diverse<br />

sui due sedimenti, le prestazioni<br />

del processo sono risultate in entrambi<br />

i casi fortemente influenzate<br />

dalla concentrazione di acido<br />

acetico, mentre l’effetto della<br />

concentrazione di perossido è risultato<br />

generalmente meno importante.<br />

In entrambi i casi la massima<br />

efficienza del processo è stata<br />

raggiunta per concentrazioni di<br />

acido acetico pari a 5M e di perossido<br />

pari a circa 1,5-2M.<br />

Conclusioni<br />

Il numero di siti contaminati in Italia<br />

è elevatissimo ed è destinato a<br />

crescere. Il risanamento di queste<br />

aree richiede ingenti investimenti<br />

sia pubblici sia privati che vanno<br />

utilizzati al meglio; riveste, quindi,<br />

estrema importanza la fase di scelta<br />

della tecnologia di bonifica, che<br />

deve avvenire sulla base delle prescrizioni<br />

normative, delle caratteristiche<br />

del sito contaminato oggetto<br />

di intervento nonché dell’affidabilità<br />

della tecnologia stessa, la<br />

quale deve essere opportunamente<br />

valutata in campo mediante apposite<br />

sperimentazioni.<br />

Appaiono, inoltre, indispensabili<br />

23


momenti di discussione e confronto<br />

sulle bonifiche realizzate a scala industriale<br />

tra tutti i soggetti che<br />

operano nel settore (aziende private,<br />

enti di controllo, centri di ricerca)<br />

per consolidare le esperienze e<br />

farle diventare patrimonio comune<br />

di conoscenza tecnica. Proprio con<br />

questo intento i gruppi di ricerca di<br />

ingegneria sanitaria ambientale<br />

delle Università di Brescia, Catania<br />

e Roma “Sapienza” hanno deciso di<br />

organizzare una iniziativa – denominata<br />

“SiCon - Siti Contaminati” –<br />

con carattere di continuità e sede<br />

itinerante nei tre atenei. Lo scopo è<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

PROCESSI E SISTEMI•PROGETTAZIONE<br />

quello di riunire gli esperti del settore<br />

per confrontarsi su quanto è<br />

stato fatto nel campo delle bonifiche,<br />

dando risalto soprattutto agli<br />

aspetti tecnico/operativi (casi di<br />

studio di risanamento e messa in<br />

sicurezza di siti contaminati a scala<br />

industriale). l<br />

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Foto su gentile concessione degli Autori<br />

24 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


La degradazione<br />

biologica anaerobica,<br />

processo che può aver<br />

luogo in natura con<br />

tempi molto lunghi,<br />

può essere<br />

“accelerata”,<br />

mediante l’iniezione<br />

in falda di un<br />

substrato vegetale<br />

che ne stimoli il<br />

processo. Condizioni<br />

di questo tipo<br />

possono essere<br />

sfruttate per risanare<br />

le acque sotterranee<br />

contaminate da<br />

composti organici<br />

clorurati.<br />

Sul tema, l’esperienza<br />

di un progetto di<br />

bonifica, in un sito<br />

industriale attivo,<br />

che ha l’obiettivo di<br />

dimostrare come<br />

questa tecnica possa<br />

essere utilizzata per<br />

accelerare la<br />

dealogenazione<br />

riduttiva di solventi<br />

clorurati.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

Degradazione anaerobica<br />

Substrato vegetale iniettato in falda<br />

per ridurre gli organici clorurati<br />

n di Giovanni Buscone, responsabile settore bonifiche Tauw<br />

Italia, Sergio Cremona, tecnico specialista settore bonifiche<br />

Tauw Italia, Martin Slooijer, general manager BioSoil<br />

International BV e John A. Dijk, manager BioSoil R&D BV<br />

Nell’ambito del progetto di bonifica di un sito industriale<br />

attivo, è stato avviato un test pilota per verificare<br />

l’applicabilità, a livello esecutivo, della tecnica di degradazione<br />

anaerobica riduttiva per la bonifica di acque<br />

sotterranee contaminate da composti organici clorurati.<br />

Il processo di degradazione, che nel caso specifico<br />

avrebbe luogo anche naturalmente, ma con tempi molto<br />

più lunghi, è stato stimolato tramite l’iniezione in falda di<br />

un substrato di origine vegetale. È stata, inoltre, sperimentata<br />

l’efficacia di iniezione in falda con estrazione/<br />

dosaggio/iniezione a ricircolo continuo delle acque in<br />

modo da garantire un dosaggio costante di substrato.<br />

Descrizione<br />

del sito contaminato<br />

Il sito oggetto dell’intervento (si veda<br />

la foto 1) è caratterizzato da<br />

un’estesa e marcata contaminazione<br />

delle acque di falda dell’acquifero<br />

profondo da composti organici<br />

clorurati. In particolare, sono presenti<br />

i seguenti contaminanti alle<br />

concentrazioni indicate:<br />

l tetracloroetilene, PCE (fino a<br />

27.000 µg/l);<br />

l tricloroetilene, TCE (fino a 54.000<br />

µg/l);<br />

l 1.2 dicloroetano, DCA (fino a<br />

87.900 µg/l);<br />

l 1.2 dicloropropano, DCP (fino a<br />

61.400 µg/l).<br />

Le concentrazioni più elevate sono<br />

state riscontrate in corrispondenza<br />

del livello posto immediatamente al<br />

di sopra dello strato roccioso (circa<br />

30 m sotto il piano campagna) che<br />

costituisce la base dell’acquifero<br />

profondo. Il test pilota è stato condotto<br />

su un’area di circa 300 m 2 .<br />

Obiettivi del test pilota<br />

Gli obiettivi del test pilota sono stati<br />

i seguenti:<br />

l dimostrare che nel sito è possibile<br />

creare condizioni anaerobiche<br />

adatte alla dealogenazione riduttiva<br />

di solventi clorurati;<br />

l determinare l’efficacia del sistema<br />

proposto quale tecnica di bonifica<br />

nella zona di sorgente;<br />

l ottenere informazioni utili alla<br />

progettazione dell’intervento di<br />

bonifica full-scale.<br />

Il substrato utilizzato nel test pilota<br />

per il processo di biodegradazione<br />

25


5 Foto 1 – Area di intervento<br />

5 Foto 2 – Iniezioni di substrato in linea<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

anaerobica è di origine naturale in<br />

quanto deriva da processi di fermentazione<br />

degli zuccheri utilizzati nell’industria<br />

alimentare.<br />

In merito alla tecnica di iniezione, è<br />

stato scelto un processo di estrazione/dosaggio/iniezione<br />

a ricircolo<br />

continuo che presentava i seguenti<br />

vantaggi rispetto ad altre tecniche<br />

di iniezione diretta in falda (si veda<br />

la foto 2):<br />

l controllo attivo dell’area influenzata<br />

dall’iniezione (bioreattore<br />

anaerobico);<br />

l necessità di un numero inferiore di<br />

punti di iniezione;<br />

l ROI (raggio di influenza) superiore<br />

e indipendente dal regime di flusso<br />

della falda.<br />

L’iniezione di substrato può essere<br />

regolata in modo da evitarne sovradosaggi<br />

finalizzati al mantenimento<br />

delle condizioni anaerobiche per<br />

lungo tempo.<br />

Metodo di bonifica<br />

Sulla base dei dati analitici e precedenti<br />

ricerche, è noto che la degradazione<br />

biologica anaerobica dei<br />

contaminanti avviene già in natura e<br />

che gli idrocarburi alifatici clorurati<br />

possono essere degradati in condizioni<br />

anaerobiche.<br />

Nella figura 1 è rappresentato il processo<br />

di declorazione da tetracloroetilene<br />

a etilene.<br />

La velocità e l’efficacia di questo<br />

processo, che può anche avvenire<br />

naturalmente in falda, sono influenzate<br />

dalle condizioni chimico-fisiche<br />

della falda e in particolare dal<br />

potenziale redox delle acque.<br />

È assodato che per favorire e accelerare<br />

la dealogenazione anaerobica<br />

degli idrocarburi clorurati già in atto<br />

deve essere aggiunto un composto<br />

donatore di elettroni (substrato).<br />

Di regola, quali composti donatori di<br />

elettroni per queste tipologie di intervento<br />

vengono utilizzati composti<br />

a elevato contenuto di COD quali<br />

melassa, lattati ecc.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

5 Figura 1 – Rappresentazione schematica della dealogenazione riduttiva del<br />

tetracloroetilene<br />

5 Figura 2 - Lay-out del test pilota. Il cerchio rosso indica i pozzi di<br />

estrazione/iniezione. In particolare, i pozzi di estrazione sono identificati<br />

come “estr1” e “estr2”, mentre i restanti rappresentano i pozzi di<br />

infiltrazione. I due punti N6 e MP costituiscono i punti di monitoraggio in<br />

area bonifica.<br />

La dose di substrato normalmente<br />

applicata dipende dalle concentrazioni<br />

presenti di clorurati organici;<br />

infatti, tipicamente è impiegato un<br />

rapporto di 5 a 1 tra il COD del substrato<br />

e la concentrazione di inquinanti,<br />

il dosaggio deve, inoltre, essere<br />

“aggiustato” per contrastare<br />

l’effetto competitivo del consumo<br />

di substrato ad opera dei microrganismi<br />

solfato-riduttori (normalmente<br />

presenti nelle acque di falda contenenti<br />

solfati).<br />

Generalmente il dosaggio del substrato<br />

avviene mediante infiltrazione<br />

in pozzo o iniezione diretta tramite<br />

dispositivi direct push; in questi<br />

casi, la migrazione del substrato in<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

profondità è poco controllabile in<br />

quanto dipende dal raggio di influenza<br />

dell’iniezione e, dopo l’immissione,<br />

dal trasporto ad opera del flusso<br />

di falda e da fenomeni di diffusione.<br />

Nel caso specifico si è, invece, utilizzata<br />

una tecnica differente in<br />

modo da garantire un dosaggio costante<br />

del substrato in falda. Questa<br />

tecnica ha previsto l’estrazione<br />

delle acque da trattare, l’additivazione<br />

del substrato e la re-immissione<br />

in falda attraverso un sistema di<br />

pozzi di estrazione e iniezione adeguatamente<br />

posizionati. Si è, quindi,<br />

creato un flusso continuo di acque<br />

e substrato nella zona da trattare,<br />

questo flusso ha consentito la<br />

diffusione uniforme del substrato e<br />

il completo trattamento, sia in senso<br />

verticale che orizzontale, di tutta<br />

l’area da bonificare. La circolazione<br />

delle acque a ciclo chiuso,<br />

inoltre, ha consentito di garantire e<br />

mantenere costanti le condizioni<br />

anaerobiche nella falda (si veda la<br />

foto 3).<br />

Test pilota<br />

Il sistema utilizzato nel test (si veda<br />

la figura 2) è costituito da 6 pozzi di<br />

iniezione e n. 2 pozzi di estrazione,<br />

intestati al di sopra dello strato basale<br />

(roccioso) dell’acquifero presente<br />

a circa 30 metri dal piano campagna<br />

(p.c.), tutti con un tratto fenestrato<br />

tra 25 e 30 m.<br />

Il test pilota ha avuto una durata di<br />

circa 6 mesi, durante i quali i progressi<br />

della bonifica sono stati verificati<br />

con un monitoraggio periodico a<br />

cadenza ravvicinata (si veda la foto<br />

4). Il piano di monitoraggio ha previsto<br />

controlli mensili delle concentrazioni<br />

dei solventi clorurati nei due<br />

piezometri di controllo e in uno dei<br />

pozzi di estrazione, oltre alla verifica<br />

dei parametri significativi del processo<br />

quali pH, ossigeno disciolto,<br />

potenziale redox, conducibilità elettrica,<br />

temperatura, COD ed etilene.<br />

Risultati del test pilota<br />

Condizioni redox<br />

Entro un mese dall’inizio del test<br />

pilota tutti i parametri chimico - fisici<br />

misurati in campo sono risultati<br />

ottimali per la completa declorazione<br />

riduttiva dei cloroetileni, e in<br />

particolare:<br />

- il potenziale redox (ORP) è diminuito<br />

rapidamente da valori superiori<br />

a +36 mV a valori inferiori a<br />

-180 mV in media, e per la maggior<br />

parte del tempo si è mantenuto<br />

sotto i -200 mV;<br />

- i livelli di ossigeno disciolto (DO)<br />

si sono allineati alle condizioni di<br />

ossido-riduzione;<br />

27


5 Foto 3 – Impianto di dosaggio e ricircolo del substrato<br />

5 Foto 4 – Misurazioni in campo<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

- la concentrazione di metano ha<br />

raggiunto valori fino a 2000 µg/l, indice<br />

di condizioni metanogeniche;<br />

- il valore di pH si è mantenuto<br />

durante tutto il periodo del test a<br />

valori compresi tra 6,5 e 7,5, ottimali<br />

per il processo di declorazione<br />

riduttiva.<br />

I dati di cui sopra hanno confermato<br />

l’efficacia del substrato e della tecnica<br />

di iniezione prescelti e, in particolare,<br />

l’effettiva creazione di<br />

condizioni favorevoli per il processo<br />

di declorazione anaerobica.<br />

Al termine del test, il potenziale<br />

redox è aumentato a circa -90 mV in<br />

coincidenza con la riduzione del dosaggio<br />

del substrato e dei conseguenti<br />

livelli di COD nelle acque, a<br />

ulteriore dimostrazione dell’efficacia<br />

del substrato prescelto nella<br />

creazione di condizioni redox adeguate<br />

al processo.<br />

Declorazione<br />

I risultati del test sulla degradazione<br />

dei composti organici clorurati sono<br />

presentati in tabella 1 e rappresentati<br />

graficamente in figura 3, nella<br />

quale le concentrazioni dei contaminanti<br />

sono espresse in concentrazione<br />

molare in modo che la degradazione<br />

dei composti di partenza<br />

(ad esempio PCE) possa essere direttamente<br />

correlata alla formazione<br />

dei composti da essa generati (DCE,<br />

CVM ed etilene).<br />

L’andamento del processo è stato<br />

monitorato nei piezometri denominati<br />

N6, MP e nei pozzi di estrazione<br />

estr1 ed estr2.<br />

Sulla base dei risultati riportati in tabella<br />

1 è evidente come il tetracloroetilene<br />

(PCE) e il tricloroetilene<br />

(TCE) siano stati degradati per riduzione<br />

a dicloroetilene (DCE); già dopo<br />

un solo mese, una media di circa il<br />

94% di PCE e TCE era stata degradata.<br />

Di seguito, anche il dicloropropano<br />

(DCP) e il dicloroetano (DCA) sono<br />

stati degradati rispettivamente con<br />

medie del 98,5% e 99,7%.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

TABELLA1<br />

RISULTATIDELLEANALISIINAREATESTPILOTA<br />

PCE TCE DCP DCE DCA CVM Etilene Etano COD Cl ­ pH T DO ORP<br />

[µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [µg/l] [mg/l] [mg/l] ­ °C [mg/l] mV<br />

22/02/2008 3.600 6.000 8.400 4.900 13.000 520 67 4,2 14 568 7,37 12,1 n.e. 109<br />

N6 (pozzetto<br />

di<br />

monitoraggio<br />

esistente)<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

4/03/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 6,93 14,6 0,13 ­179<br />

18/03/2008 < 10 470 9.300 12.000 11.000 430 94 2,2 580 450 6,9 14,8 0,22 ­234<br />

(tratto<br />

fenestrato<br />

24.00­26.50 m)<br />

2/04/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 6,96 15,2 0,13 ­222<br />

17/04/2008 < 10 67 3.600 23.000 1.300 770 760 2,4 380 380 6,94 14,4 0,11 ­227<br />

22/02/2008 5.200 5.700 5.000 3.600 7.300 310 30 7,1 8 220 7,49 12 n.e. 109<br />

MP (nuovo<br />

pozzetto di<br />

monitoraggio)<br />

4/03/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 6,93 15,4 0,33 ­180<br />

18/03/2008 75 790 9.700 16.000 13.000 460 94 3,2 484 440 6,8 14,6 0,12 ­257<br />

(tratto<br />

fenestrato<br />

24.00­29.00 m)<br />

2/04/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 6,97 15,1 0,18 ­230<br />

17/04/2008 380 370 2500 24000 1400 740 970 4 105 420 7,04 14,9 0,12 ­215<br />

estr1 22/02/2008 4.600 8.000 10.000 7.300 15.000 560 52 2,9 11 310 7,4 14,5 n.e. 36<br />

4/03/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7 14,5 0,13 ­170<br />

18/03/2008 22 1.200 12.000 21.000 16.000 510 170 3,7 311 380 7,06 15,1 0,06 ­263<br />

(tratto<br />

fenestrato<br />

24.00­29.00 m)<br />

2/04/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7,03 15,3 0,13 ­226<br />

17/04/2008 96 200 2.800 23.000 1.300 770 1100 2,4 104 350 7,07 14 0,14 ­191<br />

estr2 22/02/2008 1.800 4.200 7.400 3.600 11.000 340 50 4,3 22 330 7,5 14,6 n.e. ­166<br />

4/03/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7 14,8 0,17 ­166<br />

18/03/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7 15,7 0,17 ­263<br />

(tratto<br />

fenestrato<br />

24.00­29.00 m)<br />

2/04/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7 15,6 0,18 ­215<br />

17/04/2008 ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ 7 14,9 0,22 ­192<br />

29


5 Figura 3 - Rappresentazione grafica dei dati analitici del piezometro N6<br />

espressi come molarità (µmol/l).<br />

5 Figura 4 - Concentrazioni iniziali e finali (in µg/l) dei contaminanti e<br />

prodotti di degradazione nel piezometro N6<br />

Alla fine del test pilota, le concentrazioni<br />

di alcuni inquinanti sono<br />

leggermente risalite in seguito alla<br />

Figure e foto su gentile concessione di Tauw Italia S.r.l<br />

riduzione del substrato iniettato e<br />

della conseguente diminuzione del<br />

COD nelle acque.<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

Conclusioni<br />

Il test pilota è stato condotto per<br />

dimostrare che la stimolazione della<br />

declorazione riduttiva in condizioni<br />

anaerobiche è una tecnica di<br />

bonifica efficace per la rimozione<br />

dei solventi clorurati dalle acque di<br />

falda.<br />

La rapida diminuzione osservata per<br />

il potenziale redox, pre requisito<br />

per la dealogenazione anaerobica,<br />

ha dimostrato che l’iniezione del<br />

substrato (donatore di elettroni)<br />

consente la creazione di condizioni<br />

favorevoli al processo.<br />

La notevole riduzione nelle concentrazioni<br />

di tutti i cloro-composti organici<br />

e il significativo incremento<br />

della concentrazione di etilene,<br />

prodotto finale della degradazione<br />

biologica anaerobica dei cloroetileni<br />

e del dicloroetano, confermano<br />

l’efficacia del substrato e della tecnica<br />

di iniezione adottata.<br />

Il leggero incremento del potenziale<br />

redox e delle concentrazioni dei<br />

contaminanti riscontrato al termine<br />

del test pilota è legato alla diminuzione<br />

dei livelli di COD a seguito<br />

della quantità di substrato<br />

iniettata.<br />

I dati, che illustrano la degradazione<br />

dei contaminanti, sono riportati in<br />

figura 4.<br />

Al completamento del test, il sistema<br />

è stato mantenuto in funzione<br />

con lo scopo di mantenere<br />

attiva la popolazione biologica in<br />

attesa dell’intervento full-scale e<br />

di rimuovere nel contempo la<br />

maggior quantità di contaminanti<br />

possibile. l<br />

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I modelli di<br />

simulazione, su cui si<br />

basa l’analisi di<br />

rischio, richiedono<br />

generalizzazioni delle<br />

caratteristiche sito<br />

specifiche, tali da<br />

non riflettere le<br />

complesse dinamiche<br />

che avvengono nel<br />

sistema esistente.<br />

Questo aspetto è<br />

evidente, ad esempio,<br />

sui siti di piccole<br />

dimensioni dove<br />

alcune assunzioni<br />

risultano<br />

estremamente<br />

discostanti dalla<br />

realtà. A questo<br />

proposito, vengono<br />

illustrati cinque casi<br />

studio che mostrano<br />

come la misura delle<br />

concentrazioni dei<br />

gas interstiziali,<br />

in prossimità dei<br />

potenziali bersagli,<br />

possa portare a<br />

conclusioni molto<br />

differenti rispetto ai<br />

risultati dei modelli.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

Vapori<br />

Misura diretta dei gas interstiziali<br />

per una corretta analisi di rischio<br />

n di Angiolo Calì, Golder Associates S.r.l. e Giuseppe Prosperi,<br />

MWH S.p.A.<br />

L’analisi di rischio (“AdR”) è lo strumento di valutazione<br />

alla base del risk-based land management, strategia per<br />

il risanamento sostenibile del territorio, promossa negli<br />

ultimi anni a livello internazionale. In particolare, l’AdR<br />

consente di programmare e progettare gli interventi di<br />

bonifica dei siti contaminati in considerazione dei rischi<br />

sanitari che effettivamente essi pongono, consentendo al<br />

tempo stesso di ottimizzare l’impegno economico.<br />

Per “valutazione del rischio sanitario”<br />

si intende la quantificazione del<br />

possibile danno tossicologico prodotto<br />

all’uomo per effetto della<br />

presenza di una sorgente inquinante,<br />

i cui rilasci, attraverso i diversi<br />

comparti ambientali, possono giungere<br />

a un soggetto recettore potenzialmente<br />

esposto.<br />

Attualmente la materia, in Italia, è<br />

regolata dal D.Lgs. n. 152/2006<br />

«Norme in materia ambientale».<br />

Con il D.Lgs. n. 152/2006, l’AdR è<br />

divenuta lo strumento cardine per<br />

stabilire se un sito è contaminato o<br />

non contaminato, e per definire gli<br />

obiettivi finali di bonifica per le varie<br />

matrici ambientali.<br />

Nell’ambito dei siti contaminati,<br />

quelli di ridotte dimensioni e tra<br />

questi i punti vendita carburanti<br />

(“PV”) costituiscono un sottoinsieme<br />

di particolare interesse e attenzione,<br />

sia per la loro capillare<br />

diffusione sul territorio nazionale<br />

(in termini numerici e di distribuzione)<br />

sia per la frequente vicinanza<br />

a soggetti particolarmente vul-<br />

nerabili (ad esempio aree residenziali).<br />

Questo, da un lato ha portato il legislatore<br />

a individuare una procedura<br />

ad hoc per questi siti, dettata dall’art.<br />

249, D.Lgs n.152/2006, e dall’altro<br />

ha fatto sì che organi tecnici<br />

nazionali quale ISPRA pubblicassero<br />

una metodologia specifica [1] per<br />

l’applicazione dell’AdR ai PV.<br />

L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato<br />

che il rischio per l’inalazione<br />

di vapori di idrocarburi, provenienti<br />

dal terreno o da falde contaminate,<br />

costituisce uno dei fattori<br />

limitanti nell’AdR dei PV.<br />

L’uso di modelli di simulazione aventi<br />

come dati di input i valori di concentrazione<br />

riscontrati nel terreno o<br />

nelle acque sotterranee conduce<br />

spesso a risultati eccessivamente<br />

conservativi che, anche nell’opinione<br />

della pubblica autorità, non riflettono<br />

appieno le complesse dinamiche<br />

che avvengono nel sottosuolo.<br />

Una serie di casi recenti evidenzia<br />

che forti scostamenti possono manifestarsi<br />

tra i risultati forniti dai<br />

31


modelli di simulazione e gli oggettivi<br />

riscontri di campo.<br />

Il modello concettuale<br />

dei gas interstiziali<br />

e le criticità interpretative<br />

I contaminanti riscontrati con maggiore<br />

frequenza nei PV sono rappresentati<br />

da idrocarburi (sia alifatici<br />

che aromatici) e da sostanze additivate<br />

(MtBE). Si tratta di composti<br />

più o meno volatili, che possono essere<br />

rinvenuti in fase adsorbita/residua<br />

nel terreno insaturo, in fase<br />

disciolta nelle acque sotterranee<br />

oppure in fase pura. I diversi meccanismi<br />

che portano alla formazione di<br />

vapori di idrocarburi nel sottosuolo<br />

(“gas interstiziali”) sono nel seguito<br />

illustrati.<br />

l In presenza di prodotto in fase pura,<br />

la concentrazione di gas interstiziali<br />

alla sorgente segue la formulazione<br />

della legge di Raoult:<br />

con C v (mg/m 3 ) concentrazione dei<br />

gas interstiziali alla sorgente, MW<br />

(g/mole) peso molecolare del contaminante,<br />

X (adimensionale) frazione<br />

molare, P v (atm) pressione di<br />

vapore, R (m 3 *atm / K*mole) costante<br />

universale dei gas e T (K) temperatura;<br />

l la stima della concentrazione dei<br />

gas interstiziali, generati all’equilibrio<br />

dalla contaminazione<br />

presente in fase disciolta in falda,<br />

tiene conto della seguente<br />

espressione:<br />

con C g (µg/l) concentrazione del<br />

contaminante in fase disciolta in falda<br />

e H’ (adimensionale) costante<br />

della legge di Henry;<br />

l infine, nel caso di suolo contaminato,<br />

ma di assenza di fase pura, la<br />

concentrazione dei gas interstiziali<br />

è calcolata attraverso un modello<br />

di partizione trifasico.<br />

con C tot (mg/kg) concentrazione totale<br />

del contaminante nel suolo, C w<br />

(mg/l) concentrazione del contaminante<br />

in fase disciolta nell’acqua<br />

dei pori della zona insatura, K d (l/<br />

kg) coefficiente di partizione acquaterreno,<br />

θ w (adimensionale) contenuto<br />

volumetrico d’acqua nei pori,<br />

θ a (adimensionale) contenuto volumetrico<br />

d’aria nei pori e ρ (kg/l)<br />

densità secca del terreno.<br />

I gas interstiziali migrano attraverso<br />

il sottosuolo insaturo prima di<br />

disperdersi in atmosfera o di penetrare<br />

all’interno di ambienti confinati<br />

(locali interrati e non). I meccanismi<br />

che intervengono durante<br />

questa migrazione sono molteplici,<br />

sito-specifici, e comprendono, ad<br />

esempio, diffusione, advezione, dispersione,<br />

partizione tra fasi adsorbite,<br />

disciolte e gassose, biodegradazione<br />

[2; 7]. Ovviamente, il tasso<br />

di volatilizzazione è variabile in<br />

funzione di numerosi fattori quali il<br />

contenuto d’umidità del terreno, la<br />

temperatura, le oscillazioni della<br />

superficie piezometrica, le variazioni<br />

di pressione atmosferica, ecc.<br />

Alla luce di quanto sopra, quando<br />

indagini ambientali accertano l’esistenza<br />

di contaminazione nel terreno<br />

e/o nella falda, è possibile formulare<br />

le seguenti considerazioni:<br />

l esistono molteplici fattori che entrano<br />

in gioco nella valutazione<br />

della reale concentrazione dei gas<br />

interstiziali in prossimità dei bersagli<br />

dell’AdR (i lavoratori che<br />

operano sul PV e i residenti che<br />

vivono nell’intorno del PV);<br />

l la scelta dei parameri di input di<br />

un modello di simulazione, condotta<br />

su base conservativa come<br />

spesso richiesto dalle pubbliche<br />

autorità, può condurre a risultati<br />

non in linea con la realtà, svuotando<br />

l’AdR della sito-specificità richiesta<br />

dal legislatore;<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

l risulta possibile affinare il livello<br />

di conoscenza del modello concettuale<br />

attraverso una misura diretta,<br />

nel sottosuolo, delle concentrazioni<br />

dei gas interstiziali.<br />

La misura diretta della concentrazione<br />

dei gas interstiziali, se da un<br />

lato richiede un costo aggiuntivo per<br />

l’indagine ambientale, dall’altro<br />

presenta inequivocabili vantaggi<br />

operativi:<br />

l rende inutile la ricerca di numerosi<br />

ulteriori parametri che sarebbero<br />

stati utilizzati come dati di<br />

input di un modello, puramente<br />

teorico, di simulazione;<br />

l contrariamente alle misure effettuate<br />

su campioni di terreno o di<br />

acque sotterranee, che hanno una<br />

valenza puntuale, può essere considerata<br />

rappresentativa di un’area<br />

di maggiori dimensioni;<br />

l permette di rilevare tutte quelle<br />

anomalie che un modello di simulazione<br />

difficilmente riesce a<br />

prevedere quali, ad esempio,<br />

eterogeneità del sottosuolo, sorgenti<br />

che indagini con prelievo<br />

puntuale di campioni di terreno<br />

non hanno individuato, migrazioni<br />

anomale dei vapori di idrocarburi<br />

dovute alla presenza di sottoservizi,<br />

ecc.<br />

I casi studio<br />

Vengono ora analizzati cinque casi<br />

studio costituiti da altrettanti punti<br />

vendita. Durante le operazioni di<br />

rimozione di serbatoi di carburante<br />

interrati dei PV, è stata riscontrata<br />

la presenza di contaminazione da<br />

idrocarburi e, come previsto dalla<br />

normativa, è stato avviato un procedimento<br />

ambientale ai sensi del<br />

D.Lgs. n. 152/2006.<br />

Le operazioni di caratterizzazione,<br />

come previsto dalla normativa, sono<br />

state condotte sulle matrici terreni<br />

e acque sotterranee. Nella prima<br />

fase di indagini ambientali, sono<br />

stati prelevati sia campioni di<br />

terreno che di acque sotterranee.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

Questi campioni sono stati sottoposti<br />

ad analisi chimiche per la determinazione<br />

dei contaminanti di interesse,<br />

determinati sulla base dell’attività<br />

commerciale di vendita di<br />

prodotti petroliferi. I contaminanti<br />

ricercati sono stati idrocarburi leggeri<br />

(C12), idrocarburi aromatici (benzene,<br />

etilbenzene, toluene, xileni),<br />

piombo, piombo tetraetile e<br />

MtBE per i terreni (espressi in mg/<br />

kg); idrocarburi totali (espressi come<br />

n-esano), idrocarburi aromatici<br />

(benzene, etilbenzene, toluene, pxilene),<br />

piombo, piombo tetraetile<br />

e MtBE per le acque sotterranee<br />

(espressi in µg/l).<br />

Alla luce dei risultati ottenuti, è stata<br />

successivamente pianificata, ed<br />

eseguita, una seconda indagine am- 5 Foto 1 - Panoramica su punto di misura gas interstiziali<br />

5 Foto 2 - Particolare di punto di misura con camera di controllo infiltrazioni<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

33


5 Foto 3 - Particolare di punto di misura con campionatori per fialette<br />

bientale, finalizzata al prelievo di<br />

campioni di gas interstiziali. I punti<br />

di prelievo sono stati scelti in corrispondenza<br />

delle potenziali sorgenti<br />

di contaminazione (individuate nel-<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

TABELLA1<br />

CARATTERISTICHEPRINCIPALIDEICINQUEPUNTIVENDITA<br />

N. Contesto idrogeologico<br />

1<br />

in esercizio<br />

2<br />

in esercizio<br />

3<br />

dismesso<br />

4<br />

in esercizio<br />

5<br />

dismesso<br />

Acquifero: freatico<br />

Profondità falda: 6 m da p.c<br />

Litologia: deposito sabbioso­ghiaioso<br />

Acquifero: freatico<br />

Profondità falda: 17 m di profondità<br />

Litologia: deposito sabbioso­ghiaioso<br />

Falde sospese a 10­15<br />

in presenza di lenti limose<br />

Acquifero: non presente<br />

alla profondità indagata<br />

Litologia: riporto 3­6 m,<br />

poi cappellaccio di alterazione<br />

di materiale lapideo<br />

Acquifero: freatico<br />

Profondità falda: 6 m da p.c.<br />

Litologia: deposito sabbioso<br />

Acquifero: freatico<br />

Profondità falda: 12 m da p.c.<br />

Litologia: sabbioso limoso<br />

localmente ghiaioso<br />

la prima fase di indagine) e degli<br />

eventuali bersagli vulnerabili (si veda<br />

foto 1) . Le modalità di prelievo e<br />

campionamento sono state definite<br />

in modo da assicurare la buona qua-<br />

Contaminazione nel<br />

terreno<br />

BTEX<br />

idrocarburi C12<br />

BTEX<br />

idrocarburi C12<br />

Piombo<br />

BTEX<br />

idrocarburi C12<br />

BTEX<br />

idrocarburi C


PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

5 Figura 1 - Schermata del software<br />

di calcolo<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

ci del calcolo del rischio per i contaminanti<br />

non cancerogeni (si veda<br />

il grafico 1) e i contaminanti cancerogeni<br />

(si veda il grafico 2). I due<br />

grafici mettono a confronto i risultati<br />

delle determinazioni del rischio<br />

sanitario condotto nelle modalità<br />

sopra descritte.<br />

Dal confronto risulta evidente come,<br />

per tutti i cinque PV, la determinazione<br />

del rischio condotta a<br />

5 Grafico 1 - Calcolo del rischio per i contaminanti non cancerogeni<br />

5 Grafico 2 - Calcolo del rischio per i contaminanti cancerogeni<br />

partire dalle concentrazioni rilevate<br />

sulle matrici suolo e acqua, senza<br />

misure di gas interstiziali, fornisca<br />

risultati molto conservativi e di<br />

diversi ordini di grandezza superiori<br />

rispetto a quelli ottenuti considerando<br />

le concentrazioni rilevate<br />

dei vapori di idrocarburi nel sottosuolo.<br />

Considerazioni conclusive<br />

La misura diretta dei gas interstiziali<br />

si rivela uno strumento estremamente<br />

efficace per affinare il<br />

modello concettuale di un sito<br />

contaminato di piccole dimensioni.<br />

L’analisi dei meccanismi che<br />

portano alla formazione dei vapori<br />

di idrocarburi e l’interpretazione<br />

dei risultati su cinque casi studio<br />

porta a due considerazioni<br />

principali.<br />

In primis, l’approccio tradizionale,<br />

senza misure dei gas interstiziali,<br />

conduce spesso a risultati eccessivamente<br />

conservativi con forti<br />

scostamenti rispetto alle reali<br />

dinamiche che avvengono nel sottosuolo.<br />

Di conseguenza, i livelli di<br />

contaminazione riscontrati attraverso<br />

analisi su campioni di terreno<br />

e di acque sotterranee possono<br />

lasciar presagire la necessaria esecuzione<br />

di interventi di messa in<br />

sicurezza o bonifica, in realtà superflui.<br />

La seconda considerazione riguarda<br />

l’opportunità, in determinate<br />

circostanze, di affinare il livello di<br />

conoscenza del sottosuolo mediante<br />

misure dirette della concentrazione<br />

dei gas interstiziali soprattutto<br />

in prossimità della sorgente e<br />

dei bersagli più vulnerabili. I risultati<br />

di queste misure, in determinate<br />

circostanze, permettono di<br />

escludere l’esistenza di un percorso<br />

di migrazione dei vapori di idrocarburi<br />

o, in alternativa, consentono<br />

la valutazione del rischio sanitario<br />

in maniera più aderente<br />

alla realtà. l<br />

35


Foto su gentile concessione della Golder Associates S.r.l.<br />

Grafici, figura e tabella a cura degli Autori<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOLUZIONI<br />

[1] ISPRA (2009) - Criteri Metodologici per l’applicazione dell’Analisi di Rischio assoluta ai siti contaminati,<br />

Appendice V: Applicazione dell’Analisi di Rischio ai punti vendita carburante.<br />

[2] Ostendorf D.W. and Kampbell D.H. (1991) - Biodegradation of hydrocarbon vapours in the unsaturated zone,<br />

Water Resources Research, vol. 27, n° 4, 453-462.<br />

[3] Ririe T., Sweeney R., Daughery S., Peuron P. (1998) - A vapour transport model that is consistent with field and<br />

laboratory data, In: Proc., Petrol. Hydro. and Org. Chem. in GW, API/NGWA, Houston 1998<br />

[4] Roggemans S., Bruce C.L., Johnson P.C. (2002) - Vadose zone natural attenuation of hydrocarbon vapors: an<br />

empirical assessment of soil gas vertical profile data, American Petroleum Inst. Techn. Report<br />

[5] Hers I., Atwater J., Li L., Zapf-Gilje R. (2000) - Evaluation of vadose zone biodegradation of BTX vapours,<br />

Journal of Contaminant Hydrology, vol. 46, 233-264<br />

[6] Hers I., Evans D., Zapf-Gilje R., Li, L. (2002) - Comparison, validation and use of models for predicting indoor air<br />

quality from soil and groundwater contamination, Journal of Soil and Sediment Contamination, vol. 11 (4), 491-527<br />

[7] Hers I., Zapf-Gilje R., Johnson P.C., Li, L (2003) Evaluation of the Johnson and Ettinger model for prediction of<br />

indoor air quality, Ground Water Monitoring and Remediation, Summer 2003<br />

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Le emissioni<br />

odorigene possono<br />

istintivamente<br />

allarmare la<br />

popolazione esposta<br />

che teme sulla<br />

possibile pericolosità<br />

per la salute.<br />

L’ARPA Liguria,<br />

perciò, in<br />

coordinamento con<br />

il dipartimento di<br />

chimica farmaceutica<br />

dell’Università di<br />

Pavia, ha studiato un<br />

sistema di<br />

monitoraggio in<br />

continuo dell’odore in<br />

grado di segnalare in<br />

anticipo il<br />

superamento della<br />

concentrazione di<br />

inquinanti odorigeni;<br />

questa tecnologia è<br />

possibile grazie a dei<br />

“nasi elettronici”<br />

da installare al<br />

confine dell’area di<br />

bonifica in posizione<br />

corrispondente<br />

alle direzioni<br />

preferenziali del<br />

vento.<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />

Emissioni odorigene<br />

I SOA ai confini dell’area di bonifica<br />

come strumento di monitoraggio<br />

n di Maurizio Benzo, professore del dipartimento di chimica<br />

farmaceutica, Università degli studi di Pavia e Marco Tamberi,<br />

dottore geologo, area bonifiche ambientali General Smontaggi<br />

L’area “ex raffineria” ubicata a La Spezia è attualmente<br />

oggetto di un piano d’area che prevede la riqualificazione<br />

dell’intero sito per un futuro utilizzo residenziale, commerciale<br />

e terziario.<br />

A seguito della demolizione degli impianti, avvenuta a<br />

partire dalla metà degli anni Ottanta, dal 2000, si<br />

procede alla realizzazione della bonifica.<br />

Il progetto di bonifica prevede il risanamento<br />

del terreno per lotti, secondo<br />

un programma che tiene conto sia<br />

delle caratteristiche ambientali delle<br />

diverse aree sia del piano di sviluppo<br />

previsto per i singoli subdistretti.<br />

Al fine di raggiungere questi obiettivi,<br />

dal settembre 2005 sono state avviate<br />

opere di bonifica terreni on-off<br />

site, ai sensi del D.M. n. 471/1999 e<br />

del successivo D.Lgs. n. 152/2006. In<br />

base ai risultati delle caratterizzazioni<br />

ambientali pregresse, delle indagini<br />

integrative condotte, e agli<br />

obiettivi di bonifica da raggiungere,<br />

si è deciso di procedere con le seguenti<br />

tipologie di intervento:<br />

l scavo e movimentazione;<br />

l landfarming;<br />

l soilwashing;<br />

l conferimento in idonei impianti di<br />

smaltimento/recupero esterno.<br />

Fin dall’inizio delle attività di scavo,<br />

sono apparse problematiche legate<br />

alle emissioni di sostanze odorigene<br />

e, quindi, si è evidenziata la necessità<br />

di accorgimenti sito specifici per<br />

permettere il raggiungimento degli<br />

obiettivi di bonifica.<br />

La percezione dell’odore di un’emissione,<br />

generalmente sgradevole, ma<br />

in ogni caso estranea, fa istintivamente<br />

temere la possibile pericolosità<br />

per la salute, e genera presso la<br />

popolazione esposta, una richiesta<br />

di spiegazioni e rassicurazioni che<br />

deve essere esaudita in breve tempo,<br />

per scongiurare il crescere di un<br />

clima di timore e di sfiducia.<br />

Pertanto, nella prima fase di intervento,<br />

l’obiettivo è stato la valutazione<br />

dell’eventuale nocività delle<br />

emissioni stesse, attraverso un’accurata<br />

analisi chimica dei vapori<br />

emessi. I prelievi sono stati eseguiti<br />

con canister, un dispositivo che permette<br />

il campionamento dell’aria<br />

tal quale, che viene poi concentrata<br />

durante l’analisi raggiungendo così<br />

elevate sensibilità. I prelievi e le<br />

analisi, eseguite in contraddittorio<br />

con ARPAL e Istituto Superiore della<br />

Sanità, hanno ricercato in particolare<br />

quelle sostanze, come il benzene<br />

e gli idrocarburi policiclici aromatici,<br />

che sono note per la loro tossicità;<br />

i risultati ottenuti hanno eviden-<br />

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PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />

ziato la sicurezza sanitaria delle<br />

operazioni di bonifica e la mancanza<br />

di rischi per lavoratori.<br />

Sebbene riconosciute non nocive, rimaneva<br />

comunque la necessità, nell’ambito<br />

delle tecnologie applicabili,<br />

di limitare il più possibile le emissioni<br />

odorigene in modo da evitare<br />

disagi alla popolazione abitante nelle<br />

aree limitrofi al cantiere. A tal<br />

fine è stato predisposto un sistema<br />

di monitoraggio per verificare, in<br />

tempo reale, le condizioni “odorigene”<br />

del sito e del suo intorno.<br />

Caratterizzazione chimica<br />

e olfattometrica del sito<br />

Innanzitutto si è proceduto a una<br />

più accurata caratterizzazione chimica<br />

e olfattometrica della contaminazione<br />

del sito; per la valutazione<br />

degli odori, dunque, si è utilizzata<br />

la tecnica di campionamento<br />

dell’aria in sacche di nalophan, un<br />

materiale inerte che non contribuisce<br />

con un suo odore a quello dell’emissione,<br />

riempite per effetto<br />

polmone, con una pompa da vuoto<br />

(si veda la foto 1).<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Il primo problema da affrontare è<br />

stato la difficile rilevabilità delle sostanze<br />

responsabili dell’odore, poiché<br />

la percezione olfattiva umana è<br />

spesso più sensibile degli strumenti<br />

classici di analisi. Con l’applicazione<br />

di tecniche strumentali avanzate (si<br />

veda la foto 2) è stata possibile l’individuazione<br />

di alcuni composti solforati<br />

ciclici e di idrocarburi insaturi<br />

come principali componenti dell’impatto<br />

odorigeno sul territorio<br />

circostante; queste sostanze, per<br />

quanto presenti in bassa concentrazione,<br />

sono nettamente percepibili<br />

perché dotate di bassissima soglia di<br />

percezione olfattiva. Il primo odore,<br />

sviluppato durante le operazioni di<br />

scavo, è quello agliaceo e pungente<br />

degli idrocarburi insaturi, simile a<br />

quello dell’etilene; a questo si somma<br />

il tipico odore di gas dei composti<br />

solforati, che sono chimicamente<br />

simili alle sostanze odorizzanti aggiunte<br />

per motivi di sicurezza al metano,<br />

di per sé inodore; infine, compare<br />

la nota di nafta degli idrocarburi<br />

alchilbenzenici, meno sgradevole,<br />

ma maggiormente persistente. In<br />

5 Foto 1 – Campionamento delle emissioni durante lo scavo mediante sacche in<br />

nalophan e pompa da vuoto<br />

pratica ci si è trovati davanti un insieme<br />

di odori diversi, dall’agliaceo<br />

alla nafta, con diversa intensità e<br />

persistenza (si veda il grafico 1).<br />

Non trascurabile, poi, il contributo<br />

della particolare meteorologia dell’area,<br />

che favoriva il trasporto di<br />

masse d’aria contaminata sulle abitazioni<br />

vicine e provocava le proteste<br />

degli abitanti.<br />

Su indicazioni dell’ARPAL, e con il<br />

supporto tecnico e scientifico del dipartimento<br />

di chimica farmaceutica<br />

dell’Università di Pavia, è stato messo<br />

a punto un sistema di monitoraggio<br />

in continuo dell’odore in grado di<br />

segnalare in anticipo il superamento<br />

della concentrazione di inquinanti<br />

odorigeni, tale da provocare fastidio<br />

presso le abitazioni limitrofe e di<br />

consentire un immediato intervento<br />

da parte del personale dell’azienda.<br />

Monitoraggio<br />

delle emissioni odorigene<br />

I SOA<br />

L’approccio usato si basa sulla tecnologia<br />

dei cosiddetti “Sistemi Olfattivi<br />

Artificiali” (SOA), meglio noti come<br />

“nasi elettronici”; due di questi sistemi<br />

sono stati installati presso il confine<br />

dell’area di bonifica in posizioni<br />

corrispondenti alle direzioni preferenziali<br />

del vento (si veda la foto 3).<br />

I SOA sono dei sistemi costituiti da<br />

un gruppo di sensori di natura diversa,<br />

che forniscono una risposta elettrica<br />

differente a seconda della<br />

composizione chimica dell’aria analizzata;<br />

si genera così un’impronta<br />

olfattiva caratteristica, diversa per<br />

ogni tipologia di emissione odorosa,<br />

che viene memorizzata e permette<br />

al SOA di riconoscere gli odori.<br />

Nati per le applicazioni in campo alimentare,<br />

i “nasi elettronici” sono stati<br />

impiegati con successo anche nel<br />

campo ambientale, vista l’attenzione<br />

crescente che ha ricevuto il problema<br />

della molestia olfattiva sul territorio<br />

prodotta da impianti e discariche.<br />

39


5 Foto 2 – Gascromatografo-spettrometro di massa per l’identificazione e il<br />

dosaggio delle emissioni odorigene<br />

5 Grafico 1 – Composizione chimica e sensoriale dell’emissione odorigena<br />

Il nome di “nasi elettronici”, nonostante<br />

quanto comunemente si crede,<br />

non è dovuto a una sensibilità di<br />

questi strumenti confrontabile con<br />

quella dell’olfatto umano, bensì alla<br />

modalità di riconoscimento degli<br />

odori, che è simile a quella del cervello<br />

umano; infatti, il naso elettronico<br />

riconosce gli odori sulla base<br />

dell’impronta olfattiva memorizza-<br />

ta nel suo computer di controllo,<br />

esattamente come il cervello elabora<br />

la percezione olfattiva, la confronta<br />

con quelle percepite in passato<br />

e identifica sulla base delle somiglianze<br />

rilevate.<br />

Per questo motivo, i nasi elettronici<br />

devono essere preventivamente addestrati<br />

al riconoscimento degli odori<br />

che devono individuare; in questo<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />

caso, inizialmente sono stati calibrati<br />

con l’emissione prodotta durante<br />

lo scavo. Per poter trasformare la<br />

misura elettrica dei nasi in una quantificazione<br />

dell’odore, è necessario<br />

presentare lo stesso campione gassoso,<br />

sottoposto al naso elettronico, a<br />

un gruppo di valutatori selezionati, il<br />

panel, che fornisce una misura della<br />

concentrazione di odore dell’emissione.<br />

La concentrazione di odore,<br />

espressa in unità olfattometriche al<br />

metro cubo, è stimata secondo le indicazioni<br />

della norma europea UNI<br />

EN 13725, che permette di oggettivare<br />

una grandezza soggettiva come<br />

l’odore con una misura sensoriale da<br />

parte di un gruppo di annusatori,<br />

scelti in base a una sensibilità olfattiva<br />

media, mediante uno strumento<br />

specifico, l’olfattometro a diluizione<br />

dinamica (si veda la foto 4).<br />

In pratica, il panel di annusatori non<br />

è diverso dal panel di assaggiatori<br />

che ha il compito di valutare la qualità<br />

di alimenti e bevande; in questo<br />

caso, l’olfattometro presenta a ogni<br />

valutatore un flusso di aria pulita e<br />

alternativamente il campione di<br />

aria odorosa a diluizione inizialmente<br />

molto elevata, ma decrescente<br />

nel tempo, fino a che il panellista<br />

riesce a distinguere il campione dall’aria<br />

di riferimento. Il numero stesso<br />

di diluizioni che rendono l’emissione<br />

appena percepibile rappresenta<br />

la sua concentrazione di odore<br />

espressa in unità olfattometriche al<br />

metro cubo (OU/m 3 ).<br />

Dopo aver calibrato la risposta dei<br />

SOA direttamente in concentrazione<br />

di odore, si è presentato il problema<br />

di trovare la relazione tra l’odore misurato<br />

dai nasi al confine del cantiere<br />

e l’odore percepito presso i siti sensibili,<br />

cioè le abitazioni limitrofe.<br />

Le analisi chimiche<br />

Poiché la tecnica sensoriale dell’olfattometria<br />

è applicabile alle emissioni<br />

odorigene, ma non agli odori<br />

meno intensi rilevabili sul territorio,<br />

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PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />

5 Foto 3 – Sistemi Olfattivi Artificiali<br />

(SOA), meglio noti come “nasi<br />

elettronici”, installazione in<br />

cantiere a La Spezia<br />

si è fatto ricorso all’analisi chimica.<br />

Sono stati ricercati i traccianti dell’emissione<br />

odorigena, cioè quelle<br />

sostanze non necessariamente odorose<br />

di per sé, presenti nell’emissione<br />

in quantità sufficientemente elevata<br />

da poter essere rilevate anche<br />

a distanza dal punto di scavo, caratteristiche<br />

dell’aria emessa e assenti<br />

nell’ambiente cittadino.<br />

Poiché l’emissione è costituita essenzialmente<br />

da una miscela complessa<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5 Foto 4 – Panel di valutatori<br />

all’olfattometro misura la<br />

concentrazione di odore secondo<br />

la UNI EN 13725<br />

5 Foto 5 – Pennacchio di odore previsto del modello di dispersione: vento di<br />

0,5 m/s da NW<br />

di idrocarburi, e proprio gli idrocarburi<br />

sono tra gli inquinanti ubiquitari<br />

prodotti dal traffico autoveicolare,<br />

non è stato semplice individuare in<br />

questo caso i traccianti specifici; analizzando<br />

approfonditamente l’emissione,<br />

sono stati identificati alcuni<br />

idrocarburi con struttura ad anello<br />

caratteristici della contaminazione<br />

dell’area, ma non presenti nell’ambiente<br />

cittadino; sostanze non particolarmente<br />

odorose, ma sufficiente-<br />

mente abbondanti e specifiche dell’aria<br />

emessa da poter essere rilevate<br />

presso i siti sensibili durante gli episodi<br />

di odore e da poter essere messi in<br />

relazione quantitativa con la concentrazione<br />

di odore.<br />

Infatti, la concentrazione di odore ai<br />

recettori, impossibile da misurare direttamente,<br />

è stata calcolata dal rapporto<br />

tra la quantità di tracciante rilevata<br />

al bersaglio e quella rilevata<br />

all’origine, dove è stata anche eseguita<br />

l’analisi sensoriale olfattometrica.<br />

Analogamente, è stata misurata la<br />

quantità di tracciante presso i “nasi<br />

elettronici” durante la rilevazione<br />

di odore dallo scavo, per correlare la<br />

risposta elettrica dei SOA con la concentrazione<br />

di odore.<br />

Modello di dispersione<br />

dell’odore<br />

Con le informazioni così ottenute, è<br />

stato messo a punto un modello matematico<br />

di dispersione dell’odore,<br />

in grado di prevedere in base alle<br />

condizioni meteoclimatiche e alle<br />

risposte elettroniche dei due SOA, la<br />

concentrazione di odore ai recettori,<br />

cioè presso le abitazioni vicine<br />

all’area (si veda la foto 5); la capacità<br />

predittiva del modello è stata verificata<br />

e convalidata con misure<br />

chimiche e sensoriali, ed è stato calcolato<br />

il valore limite al confine dell’impianto<br />

misurato dai SOA a cui<br />

corrisponde una concentrazione di<br />

odore accettabile sui siti sensibili.<br />

In questo modo i due “nasi elettronici”<br />

eseguono il monitoraggio in continuo<br />

dell’aria ai confini dell’area durante<br />

le operazioni di bonifica e trasmettono<br />

in modalità wireless la<br />

misura dell’odore al computer centrale;<br />

in caso di superamento del valore<br />

prefissato di concentrazione di<br />

odore, corrispondente a situazioni di<br />

fastidio per gli abitanti secondo le<br />

previsioni del modello, il sistema<br />

manda la segnalazione al personale<br />

addetto alla bonifica per gli opportuni<br />

provvedimenti.<br />

41


5 Grafico 2 – Rapporto giornaliero della concentrazione di odore registrata dai<br />

SOA<br />

Conclusioni<br />

Tutte le misure dei monitoraggi,<br />

come pure le condizioni meteorologiche,<br />

sono immagazzinate su un<br />

server; è quindi possibile accedere<br />

via web a un sito predisposto per<br />

monitorare anche a distanza la situazione<br />

attuale e lo storico (si veda<br />

il grafico 2).<br />

L’accesso al sito da parte degli enti di<br />

Foto e grafici su gentile concessione di General Smontaggi S.p.A.<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•STRUMENTI<br />

controllo (ARPAL) permette al personale<br />

preposto alla sorveglianza del<br />

territorio di monitorare lo stato della<br />

bonifica e di mettere in relazione le<br />

segnalazioni di episodi di odore da<br />

parte dei cittadini con le attività di<br />

cantiere; in questo modo sono evitabili<br />

quelle situazioni critiche che possono<br />

provocare rallentamenti e difficoltà<br />

nelle operazioni di bonifica.<br />

La tecnica impiegata in questo caso<br />

è del tutto innovativa, infatti, il monitoraggio<br />

in continuo con “nasi elettronici”<br />

posizionati al confine dell’impianto<br />

è stato applicato finora<br />

solo a discariche e a impianti produttivi<br />

con problematiche di emissioni<br />

odorigene, ma non ancora a siti in<br />

bonifica.<br />

La validità di questo approccio è indubbia,<br />

e potrà essere applicata in<br />

futuro ad altre situazioni simili in cui<br />

i problemi di molestia olfattiva rendono<br />

difficoltose le operazioni di<br />

bonifica. l<br />

42 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


Golder Associates S.r.l.<br />

Via Antonio Banfo 43<br />

10155 Torino, Italy<br />

Tel: (+39) 011/23 44 211<br />

Fax: (+39) 011/85 69 50<br />

info@golder.com<br />

www.golder.com<br />

Le tecnologie di<br />

bonifica di un sito<br />

contaminato possono<br />

essere analizzate, in<br />

termini di<br />

sostenibilità,<br />

mediante strumenti<br />

di supporto alle<br />

decisioni,<br />

che permettono di<br />

individuare la<br />

migliore soluzione<br />

impiantistica in base<br />

agli aspetti<br />

economici, ambientali<br />

e sociali.<br />

La progettazione<br />

sostenibile porta,<br />

dunque, a individuare<br />

e realizzare soluzioni<br />

innovative degli<br />

impianti di bonifica,<br />

come risulta<br />

dall’applicazione<br />

presso due<br />

distributori<br />

carburanti<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

Sostenibilità<br />

Quali sono i sistemi di supporto<br />

a soluzioni innovative di progetto?<br />

n di Massimo D’Avola, Michele Griglione, Marco Di Muro, Golder<br />

Associates S.r.l., environmental engineer e Angiolo Calì, Golder<br />

Associates S.r.l., project director<br />

Le bonifiche ambientali operano per ridurre le sorgenti di<br />

inquinamento nei diversi comparti ambientali, quali terreno,<br />

acque superficiali e sotterranee. Queste attività di<br />

risanamento comportano anch’esse, però, un consumo<br />

non trascurabile di energia e materia, ad esempio per<br />

estrarre la contaminazione dalle matrici ambientali, trasferirla<br />

a sistemi di abbattimento o di stoccaggio e, infine,<br />

smaltirla quale rifiuto ai sensi della normativa vigente;<br />

tutto questo processo può essere lungo e costoso.<br />

Nel seguito vengono illustrati due interventi, eseguiti su siti di piccole<br />

dimensioni contaminati da idrocarburi. Entrambi gli interventi, differenti<br />

per tecnologie applicate, presentano comunque elementi di innovazione e<br />

sostenibilità, vuoi per la modalità di trattamento della contaminazione<br />

vuoi per l’impiego di sorgenti energetiche alternative e rinnovabili.<br />

La valutazione della sostenibilità delle tecnologie applicate è stata eseguita<br />

tramite l’uso di un apposito software denominato GoldSET©, sviluppato<br />

da Golder Associates. Si tratta di uno strumento analitico multicriteri<br />

per la valutazione della convenienza di un progetto o di una scelta caratterizzata<br />

da rilevanti impatti di tipo sociale, ambientale ed economico sul<br />

territorio e consente di confrontare diverse soluzioni progettuali, basando<br />

la scelta della soluzione ottimale sui principi dello sviluppo sostenibile; il<br />

quadro analitico tradizionale è, quindi, ampliato per includere nell’analisi,<br />

oltre alla valutazione delle performance economico-finanziarie, anche<br />

gli aspetti ambientali e sociali delle opzioni proposte.<br />

CASO 1<br />

BONIFICA CON APPLICAZIONE DELLA TECNOLOGIA “PAT”<br />

Il sistema di bonifica che utilizza una torre PAT (“Pressurized Aeration<br />

Tower”) consente l’iniezione in falda di acqua sovrassatura di ossigeno,<br />

sfruttando e accelerando la biodegradazione degli idrocarburi operata<br />

naturalmente dai batteri presenti nelle acque sotterranee.<br />

Gli idrocarburi, infatti, vengono biodegradati naturalmente, a opera di<br />

batteri che li utilizzano come donatori di elettroni laddove sono presenti<br />

concentrazioni sufficienti di accettori di elettroni (O 2, NO 3- , Fe 3+ , SO 4 2- e<br />

43


CO 2) e nutrienti (azoto e fosforo). La biodegradazione<br />

aerobica, con consumo di ossigeno disciolto in falda, è<br />

la prima reazione che si sviluppa, poiché l’energia che i<br />

batteri ricavano è più elevata rispetto agli altri accettori<br />

di elettroni.<br />

Progressivamente, una volta che l’ossigeno disciolto in<br />

falda è stato consumato, si instaurano condizioni anaerobiche<br />

e i batteri utilizzano altri accettori di elettroni nel<br />

seguente ordine di preferenza: NO 3- , Fe 3+ , SO 4 2- e CO2.<br />

Questa dinamica conduce alla creazione di una zona<br />

anaerobica al centro del pennacchio di contaminazione,<br />

in cui l’ossigeno è stato consumato e dove i processi<br />

di biodegradazione dipendono allora dall’utilizzo<br />

degli altri accettori di elettroni (si veda la figura 1).<br />

La presenza d’accettori di elettroni in quantità insufficienti<br />

rispetto alla quantità di idrocarburi ossidabili<br />

limita la crescita dei batteri e impedisce la completa<br />

biodegradazione dei contaminanti. La tecnologia PAT<br />

va ad aumentare sensibilmente la concentrazione di<br />

ossigeno disciolto nelle acque sotterranee, così da facilitare<br />

il proliferare dei batteri aerobici degradatori<br />

degli idrocarburi, con cinetiche di degradazione decisamente<br />

più elevate. Il sistema centrale di un impianto<br />

di iniezione acqua sovrassatura di ossigeno è la torre<br />

LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

PAT (si veda la foto 1), costituita essenzialmente da un<br />

corpo in acciaio inox, opportunamente dimensionato,<br />

dai vari controlli di livello/pressione e dalla tubazione<br />

di collegamento ai sistemi di approvvigionamento acqua<br />

e ossigeno.<br />

All’interno della torre avviene la miscelazione dell’acqua<br />

(acquedotto o da pozzo) con l’ossigeno (bombole o<br />

da generatore) fino al raggiungimento di circa 40 mg/l<br />

di ossigeno disciolto; a titolo di paragone, la concentrazione<br />

di equilibrio dell’ossigeno nell’acqua è pari a<br />

circa 8 - 9 mg/l.<br />

I vantaggi principali che questa tecnologia presenta<br />

rispetto alle soluzioni tradizionali di iniezione diretta<br />

di aria in falda sono:<br />

l la presenza dell’ossigeno in fase completamente disciolta<br />

che impedisce la generazione di bolle di gas<br />

ed evita, quindi, la necessità di installare un sistema<br />

di recupero vapori;<br />

l il contatto ossigeno-acqua sotterranea che non avviene<br />

sotto forma di bolle nella matrice suolo, perché<br />

l’ossigeno si trova già interamente in fase disciolta;<br />

l’acqua iniettata, a differenza delle bolle<br />

d’aria, segue lo stesso percorso delle acque sotterra-<br />

5 Figura 1 – Rappresentazione del pennacchio di contaminazione in falda in base utilizzo degli accettori di elettroni<br />

44 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

5 Foto 1 – Torre PAT<br />

nee e risulta, quindi, meno influenzata da vie preferenziali<br />

diverse;<br />

l le alte concentrazioni di ossigeno all’interno dell’acqua<br />

iniettata che generano un elevato gradiente di<br />

concentrazione il quale permette la diffusione dell’ossigeno<br />

anche nelle zone con permeabilità ridotta.<br />

Il sistema PAT è stato avviato nell’aprile 2009, presso<br />

un’area di servizio autostradale, in una zona circondata<br />

da terreni agricoli.<br />

Applicazione in sito<br />

Il sito è un punto vendita carburanti attualmente in<br />

esercizio.<br />

Il sottosuolo del sito, al di sotto del terreno di riporto, è<br />

costituito da argilla, limo e sabbia fine in percentuali variabili<br />

con prevalenza della frazione sabbiosa fine; a profondità<br />

superiori a 8 m da p.c. è stata rilevata la presenza di<br />

argilla, quindi, una litologia con bassa permeabilità.<br />

A seguito delle indagini ambientali, atte a definire il<br />

quadro della contaminazione si è riscontrata una contaminazione<br />

del sottosuolo caratterizzata dalla presenza<br />

di idrocarburi aromatici, leggeri (C12). Nelle acque sotterranee si è riscontrata una<br />

contaminazione da idrocarburi aromatici e totali<br />

(espressi come n-esano) e di MtBE.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Sulla base dei risultati delle analisi chimiche eseguite<br />

sui campioni di terreno e di acque sotterranee è stato<br />

possibile individuare una possibile sorgente secondaria<br />

di contaminazione in corrispondenza dell’attuale<br />

gruppo erogatori. Il sistema PAT ha previsto l’iniezione<br />

di acqua soprassatura di ossigeno attraverso 4 pozzi<br />

dedicati realizzati nell’intorno dell’area erogatori.<br />

Poiché il sistema PAT crea un innalzamento del livello<br />

piezometrico, a esso è stato accoppiato un sistema di<br />

pompaggio e trattamento delle acque sotterranee,<br />

Pump&Treat (“P&T”), che insiste radialmente ai pozzi<br />

di iniezione per contenere l’eventuale delocalizzazione<br />

della contaminazione. Tutto il sistema è gestito da<br />

un PLC.<br />

Nel caso specifico, considerata la litologia e la bassa<br />

permeabilità del terreno, si è deciso di installare un<br />

impianto di PAT, accoppiato a un impianto di<br />

Pump&Treat, come soluzione in grado di ridurre i tempi<br />

della bonifica rispetto all’impiego del solo<br />

Pump&Treat.<br />

Risultati e considerazioni<br />

Dopo circa un anno di funzionamento dell’impianto di<br />

PAT, congiuntamente all’impianto di P&T, si sono riscontrate<br />

diminuzioni della contaminazione nella zona<br />

considerata e un aumento considerevole dei batteri<br />

degradatori di MtBE e di idrocarburi nei pozzi di monitoraggio<br />

(si veda la figura 2). L’aumento di batteri è<br />

stato riscontrato nei 10 pozzi di monitoraggio posti<br />

nell’intorno dell’area di iniezione. Questo incremento,<br />

a fronte delle modeste portate di iniezione di acqua<br />

sovrassatura (circa 1 l/min a pozzo), consente di affermare<br />

che la riduzione della contaminazione non sia<br />

attribuibile alla diluizione.<br />

L’installazione del sistema PAT ha velocizzato la biodegradazione<br />

della contaminazione, con conseguente<br />

aumento della durata dei carboni attivi dell’impianto<br />

di P&T poiché in ingresso ai filtri le acque sono meno<br />

contaminate.<br />

La valutazione della sostenibilità dell’intervento è stata<br />

condotta tramite l’uso del software.<br />

La soluzione innovativa mediante il sistema PAT accoppiato<br />

al P&T è stata confrontata con un sistema tradizionale<br />

P&T di pari efficacia. Le soluzioni progettuali<br />

sono visualizzate in forma grafica, permettendo così<br />

un loro immediato confronto (si veda la figura 3).<br />

Il sistema innovativo (PAT+P&T) risulta più sostenibile<br />

rispetto a quello tradizionale (solo P&T) nei tre aspetti<br />

analizzati. I benefici e le passività derivanti dall’impiego<br />

del sistema PAT+P&T in luogo del solo sistema<br />

P&T sono riportati in tabella 1.<br />

45


LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

5 Figura 2 – Confronto delle concentrazioni di MtBE dopo circa un anno di esercizio. Concentrazioni di MtBE nelle acque a<br />

marzo 2009 (sinistra) e a marzo 2010 (a destra)<br />

5 Figura 3 – Confronto grafico della soluzione innovativa e di quella tradizionale equivalente<br />

aspetti ambientali<br />

TABELLA 1<br />

BENEFICI E PASSIVITÀ DEL SISTEMA INNOVATIVO (PAT+P&T)<br />

RISPETTO AL SISTEMA TRADIZIONALE (SOLO P&T)<br />

ASPETTI BENEFICI PASSIVITÀ<br />

risparmio di energia elettrica<br />

risparmio di carboni attivi<br />

consumo di acqua potabile<br />

aspetti sociali immagine aziendale ­<br />

aspetti economici<br />

risparmio dei costi<br />

maggior ricerca e sviluppo<br />

tecnologia meno consolidata<br />

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LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

L’impianto di “Recupero Prodotto” (“RP”) è un sistema<br />

di raccolta e stoccaggio del prodotto idrocarburico<br />

surnatante la falda (“prodotto”), ampiamente utilizzato<br />

per le attività di messa in sicurezza della falda, in<br />

particolare nei distributori e depositi carburanti.<br />

Il RP avviene in modo continuo mediante apposite<br />

pompe pneumatiche denominate skimmer, che sono<br />

alimentate da gas compresso e recapitano il prodotto<br />

recuperato in un serbatoio di stoccaggio temporaneo.<br />

Lo skimmer raccoglie il prodotto per gravità, mediante<br />

una membrana idrofobica che separa il prodotto dall’acqua,<br />

o attraverso un galleggiante che si posiziona<br />

all’interfaccia tra i due fluidi.<br />

Il sistema di erogazione di aria compressa comprende<br />

abitualmente un compressore, un sistema di trattamento<br />

dell’aria compressa mediante appositi filtri e un<br />

sistema di regolazione della pressione. Il sistema di<br />

erogazione necessita di interventi periodici di manutenzione<br />

al compressore e ai filtri dell’aria.<br />

In alternativa all’uso del compressore è possibile servirsi<br />

di bombole di gas compresso. L’azoto risulta la<br />

soluzione ottimale di gas compresso, in quanto inerte<br />

(e dunque sicuro) e di largo impiego (e pertanto economico).<br />

L’assenza del compressore abbatte i consumi elettrici<br />

e consente di gestire l’elettronica di controllo mediante<br />

un pannello fotovoltaico, supportato da una batteria<br />

per le ore prive di luce. Infine, l’ingombro ridotto di<br />

questo impianto consente un’ubicazione ottimale nei<br />

pressi del/i pozzo/i di intervento, minimizzando tuba-<br />

5 Foto 2 – Foto dell’impianto aperto e chiuso<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

CASO 2<br />

IMPIANTO DI RECUPERO PRODOTTO SURNATANTE<br />

zioni, consumo di suolo e costi edili. Nel seguito si<br />

descrive in dettaglio l’impianto di RP installato in un<br />

piccolo distributore carburanti nel gennaio 2010.<br />

Caratteristiche tecniche del sistema RP<br />

Il sistema di RP installato è composto da (si veda la<br />

foto 2):<br />

l due skimmer attivi a galleggiante installati nei pozzi<br />

con presenza di prodotto;<br />

l due bombole di azoto compresso a 200 bar e un<br />

riduttore e regolatore di pressione;<br />

l un fusto di raccolta prodotto e la relativa vasca di<br />

contenimento;<br />

l il sistemi di controllo, composto di un’elettrovalvola<br />

per l’erogazione dell’azoto, un avvisato telefonico<br />

remoto e sensori di livello di prodotto nel fusto;<br />

l un pannello fotovoltaico da 20 W e una batteria da<br />

12 V;<br />

l un armadio per il contenimento delle bombole, dossi<br />

per la copertura dei tubi nei tratti asfaltati, cartellonistica<br />

di cantiere e segnaletica catarifrangente.<br />

Risultati conseguiti<br />

Installazione dell’impianto<br />

È stata confrontata l’ubicazione teorica dell’impianto di<br />

bonifica tradizionale, nell’aiuola in prossimità dell’ingresso<br />

al distributore carburanti, rispetto a quella ottimale<br />

dell’impianto realizzato, a ridosso dei pozzi di RP<br />

(si veda la figura 4). Tutto ciò ha consentito un risparmio<br />

47


5 Figura 4 – Ubicazione teorica della soluzione tradizionale e reale della soluzione innovativa.<br />

di 50 m di tubo in nylon, 40 m di cavi elettrici e 90 m di<br />

cavidotti, con un evidente beneficio ambientale.<br />

Dal punto di vista economico, considerando una riduzione<br />

complessiva di 40 m di trincee, c’è stato un<br />

risparmio di 2.000 euro, comprensivo di materiali e<br />

opere. A ciò vanno aggiunti il risparmio delle forniture<br />

di compressore e allaccio elettrico (10 kW), con una<br />

riduzione complessiva dei costi di 3.500 euro.<br />

LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

Impatti ambientali in fase di esercizio<br />

Dopo quattro mesi di funzionamento è stata consumata<br />

una sola bombola di azoto, per un totale di 10 m 3 . In<br />

termini di emissione di gas serra, la produzione di 30 m 3<br />

di azoto, pari alla proiezione annua del consumo del<br />

sistema innovativo, determina l’emissione di 4 kg di<br />

CO 2. Questo è l’unico impatto sull’ambiente prodotto<br />

dall’impianto, in quanto l’energia elettrica necessaria<br />

5 Figura 5 – Confronto grafico della soluzione innovativa e di quella tradizionale equivalente<br />

48 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


LE AZIENDE INFORMANO•SOLUZIONI<br />

TABELLA 2<br />

BENEFICI E PASSIVITÀ DELLA SOLUZIONE INNOVATIVA<br />

(BOMBOLE E PANNELLO) RISPETTO ALLA SOLUZIONE TRADIZIONALE<br />

(COMPRESSORE E RETE)<br />

FONTI<br />

Figura 1 tratta da Wiedemeier et al. (1999), adattato da Lovley et al., “Conceptualisation of electron acceptor zones<br />

in the subsurface”<br />

Figure 3-5, foto e tabelle su gentile concessione della Golder Associates S.r.l.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

ASPETTI BENEFICI PASSIVITÀ<br />

aspetti ambientali<br />

aspetti sociali<br />

aspetti economici<br />

riduzione delle emissioni di gas serra<br />

(autoproduzione di energia elettrica)<br />

riduzione del consumo di suolo<br />

immagine aziendale<br />

riduzione del rumorosità (compressore)<br />

risparmio costi di installazione<br />

e manutenzione<br />

maggior ricerca e sviluppo<br />

al suo funzionamento viene autoprodotta mediante<br />

conversione fotovoltaica.<br />

La soluzione innovativa mediante l’impiego di bombole<br />

di azoto e del pannello fotovoltaico è stata confrontata<br />

mediante il software con un sistema tradizionale<br />

dotato di compressore e allacciato alla rete elettrica<br />

(si veda la figura 5).<br />

Il sistema innovativo (bombole e pannello) risulta più<br />

sostenibile rispetto a quello tradizionale (compressore<br />

e rete) nei tre aspetti analizzati. I benefici e le passività<br />

della soluzione innovativa rispetto a quella tradizionale<br />

sono riportati in tabella 2.<br />

Conclusioni<br />

La sperimentazione di soluzioni innovative più sosteni-<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

smaltimento della batteria<br />

trasporto bombole di azoto<br />

[1] ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), “Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2007<br />

- National Inventory report 2009”<br />

[2] Golder Associates, Goldset©, www.gold-set.com (© 2009 Golder Associates. All rights reserved)<br />

­<br />

tecnologia meno consolidata<br />

bili è dettata dai costi economici, ambientali e sociali<br />

delle soluzioni tradizionali di bonifica.<br />

I sistemi di bioremediation della falda, quale ad esempio<br />

la PAT, possono ridurre sensibilmente la produzione<br />

dei rifiuti, dei consumi elettrici e dei costi di esercizio<br />

rispetto al tradizionale sistema di P&T.<br />

Nell’ambito di sistemi tradizionali, forniture energetiche<br />

alternative, ad esempio mediante fotovoltaico,<br />

possono determinare risparmi economici, di materia<br />

ed energia, sia in fase di installazione che di esercizio.<br />

I casi di studio mostrano come una progettazione sostenibile<br />

degli impianti di bonifica possa portate all’elaborazione<br />

di soluzioni innovative che, pur non essendo<br />

prive di passività, generano significative riduzioni degli<br />

impatti sociali, economici e ambientali sul territorio. l<br />

49


TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

<strong>Tecnologie</strong>&Prodotti<br />

Schede a cura di Alessandro Musio ed Elena Caravaggio<br />

MACCHINASMALTIMENTOMATERIALELEGNOSO<br />

Cippatore a tamburo<br />

DESCRIZIONE<br />

I cippatori a tamburo PTH 250, PTH 300 e<br />

PTH 400, agevolano lo smaltimento di<br />

materiale legnoso di varie forme e permettono<br />

di ottenere cippato di ottima<br />

qualità (indispensabile per alimentare<br />

caldaie ecologiche e piccoli impianti, per<br />

la produzione di acqua calda sanitaria e<br />

per il riscaldamento di locali civili e industriali,<br />

comunità, alberghi, ristoranti,<br />

scuole, ospedali, ecc), da utilizzare come<br />

biomassa combustibile per produrre<br />

energia da fonti rinnovabili.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Queste macchine sono di dimensioni contenute<br />

e, sfruttando la tecnica della cippatura<br />

a tamburo, consentono di ottenere<br />

cippato uniforme e di ottima qualità.<br />

Un cippatore a tamburo di taglia piccola<br />

è in grado di garantire la produzione di<br />

cippato omogeneo e raffinato. Queste<br />

macchine possono essere azionate con<br />

presa di forza dal trattore o con motore<br />

autonomo (elettrico o diesel), triturano<br />

tronchi e rami con diametro fino a 400<br />

mm e garantiscono una capacità produttiva<br />

da 10 a 25 m 3 /h, secondo i modelli.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Le macchine sono conformi alla direttiva<br />

“Macchine” e sono marcate CE. L’azienda<br />

ha ottenuto, inoltre, la certificazione<br />

del sistema di gestione della qualità<br />

ISO 9001:2008.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Progettazione e costruzione di<br />

macchine per la prima lavorazione<br />

del legno: cippatori a disco e a<br />

tamburo, sminuzzatrici, trituratori,<br />

rivoltatori e vagli per la pro-<br />

duzione del compost, oltre a macchine<br />

e impianti per la lavorazione della legna<br />

da ardere e seghe orizzontali e sistemi<br />

integrati di segheria.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Pezzolato Officine Costruzioni Meccaniche<br />

S.p.A.<br />

Via Provinciale Revello, 89<br />

12030 ENVIE (CN) - Italy<br />

Tel. +39 0175 27 80 77<br />

Fax +39 0175 27 84 21<br />

www.pezzolato.it<br />

info@pezzolato.it<br />

51


MONITORAGGIOGEOTECNICOESTRUTTURALE<br />

Wise<br />

DESCRIZIONE<br />

Il sistema è un’innovativa soluzione<br />

per realizzare una rete di monitoraggio<br />

wireless e consente di gestire tutti i<br />

sensori elettronici prodotti dalla casa<br />

“madre” e da molte altre case presenti<br />

sul mercato.<br />

Ogni modulo del prodotto è in grado di<br />

leggere e memorizzare i dati di una<br />

vasta serie di sensori impiegati in campo<br />

ingegneristico e geotecnico.<br />

I dati acquisiti dai diversi moduli del<br />

sistema sono trasmessi al PC, in formato<br />

ACSII CSV, attraverso uno speciale<br />

gateway; pronti per essere elaborati<br />

localmente o in remoto, con un apposito<br />

software di elaborazione dati.<br />

Il prodotto può essere usato per il monitoraggio<br />

di:<br />

l ponti e viadotti;<br />

l gallerie ferroviarie e stradali;<br />

l scavi e rilevati;<br />

Geosintetici<br />

DESCRIZIONE<br />

Per la bonifica di siti inquinati/contaminati,<br />

come ad esempio discariche<br />

per RSU o per RS, ottemperando al<br />

D.Lgs. n. 36/2003, si possono impiegare,<br />

con innumerevoli vantaggi, in alternativa<br />

ai materiali naturali previsti,<br />

i geosintetici.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

I principali geosintetici che vengono impiegati<br />

per la bonifica dei siti sono:<br />

l frane e dissesti;<br />

l strutture in muratura e CLS;<br />

l ferrovie e metropolitane;<br />

l edifici e grandi strutture.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l trasferimento dei dati attraverso una<br />

rete wireless;<br />

l memoria di oltre 6.500 dati per ogni<br />

modulo;<br />

l orologio in tempo reale integrato;<br />

l monitoraggio del livello delle batterie<br />

e della temperatura del modulo;<br />

l tempi di campionamento dei sensori e<br />

degli intervalli di memorizzazione definiti<br />

dall’utente;<br />

l software di gestione Wise View sviluppato<br />

specificamente per il sistema;<br />

l contenitore con grado di protezione<br />

IP66;<br />

l trasmissione radio a frequenza libera<br />

2.4 GHz;<br />

l risoluzione 24 bit ADC.<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Specializzata in strumenti e sistemi<br />

per il monitoraggio geotecnico, sismico<br />

e più in generale delle vibrazioni.<br />

La Divisione Geotecnica e Sismica offre<br />

avanzate soluzioni tecnologiche in<br />

materia di sistemi e strumentazione<br />

professionale per ingegneria, geotecnica,<br />

geomeccanica, idrologia e prove<br />

sui terreni. L’azienda è rappresentante<br />

esclusivo per l’Italia di Soil Instrument<br />

LTD.<br />

AZIENDA<br />

Belotti Sistemi S.a.s.<br />

Via F.lli Bandiera, 8<br />

20068<br />

Peschiera Borromeo (MI)<br />

Italy<br />

Tel. +39 02 55308223<br />

Fax +39 02 55303155<br />

www.belotti-online.it<br />

info@belotti-online.it<br />

GEOSINTETICIINALTERNATIVAAIMATERIALINATURALI<br />

l geocomposito bentonitico e/o HDPE,<br />

vengono impiegati in alternativa all’argilla<br />

e hanno funzione di impermeabilizzazione/confinamento<br />

del<br />

materiale inquinato/contaminato<br />

dall’ambiente circostante;<br />

l geocompositi con funzione filtro/dreno,<br />

vengono impiegati in alternativa<br />

al materiale inerte e hanno funzione<br />

di drenaggio sia delle acque meteoriche/percolato<br />

che del biogas;<br />

l geotessili di protezione/rinforzo/<br />

stabilizzazione, possono essere utilizzati<br />

sia per proteggere il manto impermeabile,<br />

che per stabilizzare i<br />

terreni.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

A differenza dei materiali naturali, i<br />

geosintetici, presentano caratteristiche<br />

di resistenza fisiche-chimichemeccaniche<br />

uniformi, certificate dalle<br />

aziende produttrici. I materiali sono<br />

marchiati CE, prodotti da aziende cer-<br />

tificate, in conformità alle norme UNI.<br />

L’installazione viene eseguita da tecnici<br />

qualificati (patentini IIS) mediante<br />

l’impiego di macchine e attrezzature<br />

tarate e omologate e i collaudi eseguiti<br />

a norma UNI.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

L’azienda è specializzata nella progettazione,<br />

esecuzione, collaudo e certificazione<br />

di opere di impermeabilizzazione<br />

di:<br />

l discariche per RSU, rifiuti speciali/industriali;<br />

l bacini idrici;<br />

l serbatoi/vasche in CLS;<br />

l siti contaminati (capping/bonifiche).<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

De Mare Srl<br />

Via M. Pagano, 1<br />

85047 Moliterno (PZ) - Italy<br />

Tel. +39 0975 64455<br />

Fax +39 0975 64003<br />

www.demare.it - info@demare.it<br />

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TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

ELETTRODI DIFFERENZIALI<br />

Elettrodi differenziali pH e redox<br />

DESCRIZIONE<br />

Utilizzati per la misura di pH e di potenziale<br />

redox a principio differenziale; sono<br />

particolarmente indicati per l’utilizzo<br />

negli impianti di trattamento delle<br />

acque reflue industriali con presenza di<br />

sostanze incrostanti o inquinanti per gli<br />

elettrodi di riferimento, come ad esempio<br />

gli ioni Hg++, Pb++, Cu++, ClO4-,<br />

Ag+, Br-, I-, CN-, S=.<br />

Applicazioni tipiche di questi sensori sono<br />

il trattamento reflui da concerie, da<br />

industria galvanica, da finiture superficiali,<br />

i processi di eliminazione o recupero<br />

di metalli pesanti e gli scrubbers,<br />

dove gli elettrodi pH o redox tradizionali<br />

avrebbero una vita estremamente limitata,<br />

mentre i differenziali garantiscono<br />

elevata affidabilità per lunghi periodi,<br />

con necessità di manutenzione<br />

pressoché nulle.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l elettrodo di misura di vetro con membrana<br />

semisferica, molto robusta;<br />

GI86C Vulcano<br />

DESCRIZIONE<br />

Il nuovo modello di frantoio mobile è dotato<br />

del sistema di controllo HCS<br />

(Hydraulic Crushing System) che consente<br />

il trattamento sia di rocce naturali che<br />

inerti da riciclo, garantendo il massimo<br />

rendimento e il totale rispetto per l’ambiente.<br />

Intuitivo nell’utilizzo e veloce da<br />

trasportare si presta anche al noleggio.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l frantoio: 830x580 mm;<br />

l massima accessibilità sotto il frantoio;<br />

l produzione fino a 190 t/h;<br />

l consumo di carburante: 12-16 l/h,<br />

grazie all’impianto idraulico che trasferisce<br />

e gestisce la potenza del motore<br />

diesel da 104 kW;<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

l elettrodo di riferimento installato all’interno<br />

del corpo del sensore e immerso<br />

nel ponte salino dal quale è separato<br />

da una membrana di vetro.<br />

Questa configurazione lo rende immune<br />

all’effetto delle sostanze inquinanti<br />

presenti nel campione in misura;<br />

l setto poroso di PVDF, di ampia superficie,<br />

perciò praticamente insensibile<br />

alla formazione di depositi ed incrostazioni;<br />

l sensore con contatto di terra della soluzione.Iriferimentidiquestielettrodi<br />

sono, quindi, immuni agli effetti, deleteri<br />

per i captatori interni, delle correnti<br />

parassite nel campione in analisi;<br />

l termoresistenza integrale che permette<br />

l’indicazione della temperatura e la<br />

termocompensazione della misura;<br />

l sensori perfettamente intercambiabili<br />

con qualsiasi elettrodo pH (o redox)<br />

e possono essere collegati a qualsiasi<br />

pHmetro e anche a un voltmetro o a un<br />

PLC.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Azienda certificata UNI EN ISO<br />

9001:2008.<br />

FRANTOIO MOBILE<br />

l facile accesso al motore diesel;<br />

l nastro trasportatore principale con<br />

altezza di scarico di 2700 mm;<br />

l tramoggia di carico fissa in sagoma<br />

stradale;<br />

l peso operativo: inferiore alle 23 t.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Il frantoio è provvisto di marcatura CE,<br />

come previsto dalla legge comunitaria,<br />

e progettato seguendo la normativa<br />

2006/42/CE.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

L’azienda progetta, produce e vende<br />

macchine mobili e fisse per il trattamento<br />

degli inerti naturali e da riciclaggio.<br />

Oltre alle linee di prodotti standard è in<br />

grado di realizzare macchine “speciali su<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Progettazione e produzione di analizzatori<br />

elettrochimici per la misura di pH,<br />

redox, conducibilità, ossigeno, cloro e<br />

altri ossidanti, metabisolfiti e altri riducenti.<br />

Assistenza tecnica interna e<br />

esterna, pre e post- vendita; assistenza<br />

alla messa in servizio.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

CLR Srl<br />

via Papa Giovanni XXIII, 49<br />

20090 Rodano Millepini (MI) - Italy<br />

Tel.+39 02 95328005<br />

Fax +39 02 95320020<br />

www.clritalia.com - clrnet@tin.it<br />

misura” e personalizzazioni capaci per<br />

soddisfare tutte le esigenze del cliente.<br />

AZIENDA<br />

Gasparin Impianti Srl<br />

Via Giorgione, 17 - S.S. Feltrina<br />

31040 Trevignano (TV) - Italy<br />

Tel. +39 0423-670201<br />

Fax +39 0423-676575<br />

www.gasparinimpianti.com<br />

info@gasparinimpianti.com<br />

53


RILEVAZIONE AD ALTA SENSIBILITÀ DEI COMPOSTI VOLATILI<br />

Master TD thermal desorber<br />

DESCRIZIONE<br />

Il sistema di campionamento offre la<br />

massima versatilità e produttività nella<br />

determinazione dei componenti volatili<br />

e semi-volatili (fino a C44) dall’aria<br />

e da matrici solide. Il prodotto è<br />

la migliore alternativa all’estrazione<br />

con solvente grazie all’aumento di<br />

sensibilità (fino a 10.000 volte) e incremento<br />

della capacità estrattiva (><br />

95 %). Il sistema è insostituibile nel<br />

monitoraggio degli inquinanti nell’aria<br />

esterna e negli ambienti di lavoro e<br />

nella determinazione di sostanze rilasciate<br />

da polimeri, vernici, ecc.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l desorbimento termico a doppio stadio<br />

per elevate prestazioni analitiche;<br />

l sistema brevettato di desorbimento<br />

istantaneo per preservare la risolu-<br />

Linea FCF e linea FCA<br />

DESCRIZIONE<br />

L’azienda utilizza i filtri a carboni attivi<br />

nel settore trattamento delle acque primarie<br />

con funzione di declorazione, di<br />

rimozione di sostanze organiche come<br />

BOD, COD, solventi, VOC, PBC, erbicidi<br />

e pesticidi. L’utilizzo principale è la declorazione<br />

dell’acqua di processo, la<br />

depurazione dell’acqua freatica, la depurazione<br />

dell’acqua di piscine, la rifinitura<br />

degli effluenti già trattati. I filtri<br />

possono trattare da 0,2 fino a 150 m³/h<br />

per unità, possono essere realizzati in<br />

vetroresina o acciaio al carbonio con<br />

diametri da 200 a 3000 mm e sono adatti<br />

sia per acque salmastre che di mare.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l bombole di vetroresina o acciaio al<br />

carbonio con rivestimento interno in<br />

funzione dell’applicazione finale;<br />

l programmatore elettronico per il<br />

zione e la precisione cromatografica;<br />

l raffreddamento elettrico (fino a - 40<br />

°C) capace di focalizzare anche composti<br />

estremamente volatili;<br />

l automazione massimizzata: ridotta<br />

manipolazione del campione e riutilizzo<br />

dei tubi di campionamento;<br />

l campionamento diretto associato al<br />

Master Air Sampler.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Il desorbitore è conforme a tutte le principali<br />

normative nazionali e internazionali<br />

per il campionamento e l’analisi<br />

delle sostanze volatili nell’aria, quali<br />

U.S. EPA TO-15, 16 e 17, ISO/FDIS<br />

16017-1/2 e ASTM D5466-01, ecc.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Unica società italiana all’avanguardia<br />

nella progettazione, produzione e<br />

commercializzazione di strumenti per<br />

FILTRI A CARBONI ATTIVI<br />

controllo delle fasi di marcia e di lavaggio;<br />

l valvole pneumatiche a farfalla;<br />

l possibilità di comando tramite PLC;<br />

l compressore per area strumentale;<br />

l carbone attivo vergine di varie tipologie<br />

a seconda dell’applicazione;<br />

l disponibile progettazione personalizzata<br />

in base alle esigenze e ingombri<br />

specifici.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

OSMO SISTEMI Srl è certificata ISO<br />

9001:2008 e all’interno dell’azienda è<br />

attivo un processo continuo per il miglioramento<br />

degli standard qualitativi<br />

già raggiunti.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Dal 1985 la società si è imposta nel<br />

mercato come leader nel settore del<br />

trattamento delle acque primarie e si<br />

occupa della progettazione e realizzazione<br />

di impianti per il trattamento<br />

delle acque primarie, della costruzione<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

l’analisi gascromatografica.<br />

Inoltre,<br />

l’azienda propone<br />

soluzioni complete:<br />

uno staff<br />

altamente qualificato<br />

è a disposizione<br />

degli utilizzatori<br />

sia per la<br />

realizzazione di<br />

sistemi personalizzati<br />

che per la messa a punto di metodi<br />

analitici.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

DANI Instruments Spa<br />

Viale Brianza, 87 20093<br />

Cologno Monzese (MI) - Italy<br />

Tel.+3902-2539941<br />

Fax+3902-2532252<br />

www.danispa.it<br />

dani.instruments@danispa.it<br />

attraverso<br />

l’acquisto e<br />

l’assemblaggio<br />

dei componentipresso<br />

la sede,<br />

con possibilità<br />

di eseguire<br />

direttamente<br />

presso i clienti l’installazione e la messa<br />

in opera degli impianti stessi. Fornitore<br />

qualificato dei seguenti gruppi:<br />

ENI Spa, SAIPEM Spa, ENEL Spa, EDI-<br />

POWER Spa, ERG Spa, COCA-COLA e le<br />

maggiori società italiane di gestione<br />

dell’acqua.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

OSMO SISTEMI Srl<br />

Via Toniolo, 8/B<br />

61032 Fano (PU) - Italy<br />

Tel. +39 0721-855026<br />

Fax +39 0721 855005<br />

www.osmosistemi.it<br />

osmosistemi@osmosistemi.it<br />

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TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

ELEMENTIFILTRANTIINCERAMICA<br />

Cerafil ®<br />

DESCRIZIONE<br />

I filtri in ceramica sono utilizzati in vari<br />

processi dove si richiede un’alta efficienza<br />

filtrante e una elevata temperatura<br />

e consentono di evitare i problemi<br />

di degradazione termica e intasamento<br />

tipici delle maniche filtranti. I prodotti<br />

sono impiegati per la filtrazione dei<br />

gas, il recupero dei materiali sospesi,<br />

l’addensamento dei materiali sospesi<br />

con un nuovo impianto di filtrazione, la<br />

ricostruzione dell’attuale impianto a<br />

maniche filtranti e dell’attuale precipitatore<br />

elettrostatico.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Cerafil XS<br />

l fibre inerti ceramiche;<br />

l utilizzabile in varie applicazioni;<br />

l rimozione ottimale del particolati e<br />

dei gas acidi fino a 450 °C.<br />

Cerafil Green<br />

l fibre ceramiche biosolubili;<br />

l elevata resistenza e compattezza;<br />

l utilizzata in applicazioni dove è ne-<br />

JCB JS 145W Wastemaster<br />

DESCRIZIONE<br />

La gamma JCB Wastemaster comprende<br />

numerose macchine appositamente<br />

realizzate per il settore della raccolta<br />

e riciclaggio rifiuti, tra cui movimentatori<br />

telescopici, pale gommate, minipale,<br />

escavatori gommati e cingolati.<br />

Tutte le macchine sono dotate dei dispositivi<br />

di sicurezza previsti dalla legislazione<br />

vigente, e offrono il massimo<br />

comfort per l’operatore. L’escavatore<br />

gommato è attrezzato per il<br />

settore dei rifiuti e del riciclaggio con<br />

cabina a elevazione idraulica e bracci<br />

specifici per polipo e pinza da vaglio.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l peso operativo: 15 t;<br />

l potenza netta: 92 kW:<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

cessaria una maggiore resistenza rispetto<br />

ai prodotti standard.<br />

Cerafil TopKat<br />

l fibre di ceramica con materiale catalizzante;<br />

l elevata efficienza grazie alla combinata<br />

azione di rimozione degli inquinanti;<br />

l rimozione simultanea del particolato,<br />

gas acidi, NOx, diossine, oleofine e<br />

VOC tra i 200 e 400 °C.<br />

ESCAVATOREGOMMATO<br />

l motore Isuzu assicura sollecitazioni<br />

minime per una durata prolungata;<br />

l cabina spaziosa e ben attrezzata per<br />

un maggior comfort, anche per lunghe<br />

permanenze al comando;<br />

l visibilità a 360 gradi.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Le macchine sono tutte omologate CE e<br />

rispondono pienamente ai requisiti imposti<br />

dalle normative europee in materia<br />

di riduzione delle emissioni (TIER).<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

JBC, uno dei quattro maggiori costruttori<br />

al mondo di macchine da costruzione, ha<br />

sempre investito nella ricerca e nello sviluppo,<br />

sempre all’avanguardia per quantoconcernel’innovazione.Oggil’azienda<br />

dispone di alcuni dei migliori centri tecnologiciintuttoilmondo,conunagamma<br />

CERTIFICAZIONI<br />

In linea con gli attuali e futuri regolamenti<br />

sulle polveri sottili, gas acidi, nox<br />

ed emissioni di diossina.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

La società nasce nel 2002 per fornire<br />

all’industria e alle comunità rapide soluzioni<br />

nei settori della depurazione,<br />

industria tessile, alimentare, legno,<br />

non-wovens, cellulosa e carta. L’azienda<br />

propone prodotti di qualità sulla base<br />

dell’esperienza maturata dai tecnici<br />

e fornisce un’assistenza commerciale<br />

e tecnica su tutto il territorio nazionale<br />

con un servizio rapido e completo.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Feltech Srl<br />

Via Tognazzi, 1/B<br />

44122 Ferrara - Italy<br />

Tel. +39 335-7016633<br />

Fax +39 0532-287041<br />

www.feltech.it<br />

info@feltech.it<br />

di oltre 300 macchine e offre un accurato<br />

servizio di assistenza ai propri clienti.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

JCB Spa<br />

Via Enrico Fermi, 16<br />

20090 Assago (MI) - Italy<br />

Tel. +39 02-488661<br />

Fax +39 02-4880378<br />

www.jcb.it - vendite@jcb.it<br />

55


IMPIANTODIFRANTUMAZIONEMOBILE<br />

Metso Minerals modello lt96<br />

DESCRIZIONE<br />

Il nuovo modello, grazie alle sue doti di<br />

compattezza, efficienza e intelligenza,<br />

soddisfa le esigenze delle attività di frantumazione,<br />

abbinando l’elevata mobilità,<br />

la capacità di frantumazione e una<br />

buona disponibilità. La macchina frantuma<br />

con pari efficienza tutti i materiali in<br />

ingresso, dalla roccia dura ai materiali di<br />

demolizione a base minerale.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l peso totale: 27.000 kg (senza accessori);<br />

l larghezza (in trasporto): 2,50 m;<br />

l lunghezza (in trasporto): 12,50 m;<br />

l altezza (in trasporto): 3,10 m;<br />

l superficie tramoggia: 3,20x2,60 m;<br />

l capacità tramoggia: 4,00 m 3 ;<br />

l bocca frantoio: 930x580 mm;<br />

l produzione max: 300 t/h;<br />

l regolazione frantoio: 60-180 mm su<br />

roccia e 25-110 mm su riciclaggio;<br />

Nabento<br />

DESCRIZIONE<br />

La geomembrana bentonitica (GCL), di<br />

circa 10 mm di spessore, è costituita da<br />

bentonite di alta qualità che viene racchiusa<br />

all’interno di una struttura “a<br />

sandwich” costituita da vari tipi di geotessili.<br />

Un’elevata percentuale della<br />

bentonite impiegata è costituita da<br />

montmorillonite, un’argilla a tre strati.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

La montmorillonite è un’argilla minerale<br />

con una elevata espandibilità conferitale<br />

dall’enorme superficie delle particelle,<br />

circa 800 m 2 /g. Durante il processo<br />

di idratazione le molecole d’acqua<br />

vengono bloccate sia all’interno delle<br />

particelle di argilla che tra le stesse; in<br />

questo modo la bentonite si espande riducendo<br />

via via il passaggio dell’acqua.<br />

L’incapsulamento della bentonite al-<br />

l larghezza nastro principale: 800 mm;<br />

l motore: diesel Caterpillar C 6.6 168<br />

kW (225 Hp).<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Gli impianti sono dotati di una motorizzazione<br />

Tier 3 in linea con le normative che<br />

regolano le emissioni e la rumorosità.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Società italiana distributrice esclusiva<br />

di marchi leader nel settore movimento<br />

terra ha al suo fianco<br />

partner di fama mondiale come<br />

Hitachi, Gehl, Bell Equipment,<br />

Tana e Metso Minerals.<br />

L’azienda segue la distribuzione<br />

per tutto il territorio<br />

italiano di impianti mobili di<br />

frantumazione e vagliatura<br />

Metso Minerals. La rete vendita<br />

e assistenziale Scai è a<br />

disposizione del cliente per<br />

poter fornire il massimo sup-<br />

GEOMEMBRANABENTONICA<br />

l’interno del geocomposito combinato<br />

con la pressione dovuta al carico di confinamento<br />

da applicare in fase di costruzione<br />

e con idratazione della bentonite<br />

conferisce al geocomposito una bassissima<br />

permeabilità.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Il prodotto è marcato CE in accordo con le<br />

vigenti normative europee sui materiali<br />

dacostruzione.L’aziendaècertificataISO<br />

9001:2008.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produce e commercializza un’ampia<br />

gamma di geogriglie, tessuti, non tessuti,<br />

geocompositi, tessuti a catena e geocompositi<br />

bentonitici che trovano impiego<br />

in vari settori dell’ingegneria civile.<br />

Per la produzione di questi geosintetici,<br />

vengono impiegati moderni e avanzati<br />

macchinari che permettono l’impiego<br />

di materie prime quali polietilene, poli-<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

porto sui nuovi prodotti Metso Minerals.<br />

AZIENDA DISTRIBUTRICE<br />

Scai Spa<br />

Via Don Fulvio Scialba, 21<br />

06083 Ospedalicchio -<br />

Bastia Umbra (PG) - Italy<br />

Tel. +39 075-801501<br />

Fax +39 075-8010142<br />

www.scaispa.com<br />

scai@scaispa.com<br />

propilene, poliammide, poliestere, polivinilalcool<br />

e aramide.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Huesker Srl<br />

Piazza della Libertà, 3<br />

34132 Trieste (TS) - Italy<br />

Tel. +39 040 363605<br />

Fax +39 040 3481343<br />

www.huesker.com<br />

info@huesker.it<br />

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TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

SISTEMADICASSEFORMEATELAIOPERFONDAZIONI<br />

Rasto-Takko<br />

DESCRIZIONE<br />

I due elementi utilizzati in combinazione,<br />

formano un sistema di cassaforma a<br />

telaio completo e movimentabile senza<br />

l’ausiliodellagru.Illoroimpiegopermette<br />

di realizzare elementi costruttivi di dimensioni<br />

ridotte, ma anche medio-grandi,<br />

in particolare nell’edilizia residenziale,<br />

con un evidente vantaggio in termini<br />

di riduzione dei tempi di impiego e, di<br />

conseguenza, dei costi di produzione.<br />

BR580JG-1 Komatsu<br />

DESCRIZIONE<br />

Il frantoio è dotato di un sistema semiautomatico<br />

di alimentazione, a gestione<br />

elettronica, che regola la velocità<br />

del vaglio e permette di mantenere<br />

costante il carico migliorando la produttività<br />

e i consumi. Grazie allo stesso sottocarro<br />

cingolato utilizzato negli escavatori<br />

Komatsu e all’elevata velocità di<br />

traslazione, il frantoio ha una mobilità<br />

eccezionale. L’ampio monitor a colori<br />

consente il pieno controllo delle funzioni<br />

della macchina. Questo frantoio è dotato,<br />

inoltre, del sistema di monitoraggio<br />

satellitare KOMTRAX ® .<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l motore ECOT3 SAA6D125E-5 (conforme<br />

alle normative EU Stage IIIA ed EPA<br />

Tier III sulle emissioni) 6 cilindri e<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l tutti i pannelli a telaio del sistema<br />

sono leggeri e maneggevoli e richiedono<br />

solo due persone per la loro movimentazione,<br />

senza l’utilizzo di gru;<br />

l il sistema è accoppiabile, in funzione<br />

delle necessità, ai sistemi di cassaforma<br />

a telaio Manto e Ronda;<br />

l disponibili 30 diverse dimensioni di<br />

pannelli a telaio;<br />

l robusta struttura del telaio, con zincatura<br />

a caldo da 12 cm;<br />

l protezione del rivestimento: il pannello,<br />

di spessore 14 mm,<br />

protetto da un film fenolico,<br />

assicura un’elevata<br />

stabilità del sistema;<br />

l alta resistenza alla pressione<br />

esercitata dal cls<br />

fresco (max 60 kN/m 2 ).<br />

FRANTOIO<br />

CERTIFICAZIONI<br />

La società ha conseguito la<br />

certificazione UNI EN ISO<br />

11.04 l in grado di sviluppare 257 kW;<br />

l peso operativo: 51 t;<br />

l elevatacapacitàdifrantumazionegrazie<br />

alle mascelle regolabili con cilindri<br />

di spinta idraulici, pari a 140 - 460 t/h<br />

con pezzature da 55 mm a 200 mm.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Komatsu Italia Spa - Distributore (Noventa<br />

Vicentina) - è in possesso della<br />

certificazione UNI EN ISO 9001:2008.<br />

Komatsu Utility Europe - Stabilimento<br />

produttivo Macchine Compatte (Este) -<br />

così come le altre febbriche Europee Komatsu<br />

- Kuk e Kohag - hanno ottenuto le<br />

certificazioni ISO9001 e ISO14000.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Con 26 stabilimenti produttivi, 165<br />

aziende e 39.855 dipendenti,<br />

il Gruppo Komatsu produce<br />

e distribuisce in tutto il<br />

9001:2008 per la progettazione e<br />

l’erogazione di servizi di fornitura, in<br />

noleggio o in vendita, di attrezzature<br />

industrializzate per getti in calcestruzzo<br />

(EA 29a).<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Harsco Infrastructure, leader nella<br />

produzione, vendita e noleggio di casseforme<br />

e ponteggi, è una divisione di<br />

HARSCO Corporation, gruppo leader a<br />

livello mondiale che comprende anche<br />

le divisioni Harsco Metals e Harsco Minerals<br />

& Rail.<br />

AZIENDA<br />

Harsco Infrastructure Italia Spa<br />

Via Isonzo, 9<br />

22078 Turate (CO) - Italy<br />

Tel. +39 02-969731<br />

Fax +39 02-96754099<br />

www.harsco-i.it<br />

info@harsco-i.it<br />

mondo macchine movimento terra ed è<br />

presente in Italia con una filiale commerciale<br />

(Komatsu Italia) e uno stabilimento<br />

produttivo (Komatsu Utility Europe).<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Komatsu Italia Spa<br />

Via Atheste, 4<br />

35042 Este (PD) - Italy<br />

Tel. +39 0429-616111<br />

Fax +39 0429-616177<br />

www.komatsuitalia.it<br />

info@komatsuitalia.it<br />

57


GRUMOBILEFUORISTRADAPERTERRENIACCIDENTALI<br />

RT100<br />

DESCRIZIONE<br />

Il modello RT 100 è la nuova gru fuoristrada<br />

introdotta nella gamma Terex<br />

che offre eccellenti capacità di sollevamento<br />

su tutto il campo di portate.<br />

Con una capacità massima di sollevamento<br />

di 90 tonnellate metriche (100<br />

tonnellate americane), la RT 100 è<br />

l’unica gru fuoristrada marcate CE nel<br />

segmento tra 80 e 100 tonnellate metriche<br />

(88 e 110 tonnellate americane)<br />

e anche la più grande gru fuoristrada<br />

marcata CE offerta da Terex in Europa.<br />

Il braccio telescopico a sei sezioni<br />

può essere allungato fino a 53 metri<br />

(174 piedi), raggiungendo una altezza<br />

massima della testa braccio di 55,8<br />

metri (183 piedi). Il sistema di allungamento<br />

a due modalità completamente<br />

sincronizzate fornisce un’ottima<br />

versatilità.<br />

La gru monta un motore di 194 kW a<br />

2200 giri/min che rispetta i limiti imposti<br />

dalla direttiva europea 2006/24<br />

Step 3b. Il sistema di sterzatura può<br />

essere facilmente commutato da due a<br />

quattro ruote sterzanti.<br />

La RT 100 è disponibile anche in versione<br />

Americana con capacità di sollevamento<br />

nominale di 100 tonnellate americane.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l capacità nominale: 90 t;<br />

l lunghezza massima del braccio: 53 m;<br />

l altezza massima testa braccio telescopico:<br />

55,8 m;<br />

l dimensioni: lunghezza di 13,8 m,<br />

larghezza di 3,3 m e<br />

altezza di 4 m.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

La RT 100 è disponibile<br />

certificata secondo le<br />

norme europee EN13000<br />

oppure secondo le norme<br />

nord americane ANSI<br />

B30.5.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Unico costruttore di macchinari<br />

per l’industria edile<br />

ad offrire una linea<br />

completa di gru, dalla più<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

leggera gru articolata sino alla più<br />

grande gru cingolata che sia mai stata<br />

costruita.<br />

AZIENDA<br />

Terex Italia Srl<br />

Via Cassoletta, 76<br />

40056 Crespellano (BO) - Italy<br />

Tel. +39 0516501011<br />

Fax. +39 051734645<br />

www.terexcranes.com<br />

Email: terexitalia@terex.it<br />

58 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


La redazione del<br />

progetto operativo e<br />

la relativa<br />

realizzazione sono tra<br />

le ultime fasi<br />

dell’intero processo di<br />

bonifica di siti<br />

contaminati,<br />

precedute in linea<br />

generale dalla<br />

caratterizzazione del<br />

sito e dalla<br />

determinazione delle<br />

concentrazioni soglia<br />

di rischio. Viene di<br />

seguito analizzato un<br />

progetto realizzato in<br />

Regione Lombardia,<br />

nel quale, avendo<br />

applicato come<br />

tecnica di bonifica<br />

lo scavo e<br />

l’allontanamento del<br />

terreno contaminato,<br />

le CSR non sono state<br />

determinate, in<br />

quanto gli obiettivi di<br />

bonifica prefissati dal<br />

progetto, sono<br />

individuati nelle CSC<br />

previste per la<br />

specifica<br />

destinazione.<br />

ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />

Terreno<br />

Analisi di allontanamento e scavo<br />

come parti del processo di bonifica<br />

n di Maria Cristina Panigada, consulente tecnico ambientale e<br />

Damiano Romeo, Romeo Safety Italia S.r.l.<br />

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, è stata<br />

introdotta, all’art. 242, la procedura operativa e amministrativa<br />

per la bonifica di siti inquinati. Questo articolo,<br />

al comma 4, prevede che, sulla base delle risultanze della<br />

caratterizzazione da effettuarsi a seguito dell’accertamento<br />

di superamento di CSC anche per un solo parametro,<br />

debba essere applicata la procedura di analisi di<br />

rischio sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni<br />

soglia di rischio (CSR).<br />

Qualora gli esiti di questa procedura<br />

dimostrino che la concentrazione<br />

dei contaminanti presenti sul sito è<br />

superiore ai valori di CSR ottenuti,<br />

il soggetto responsabile deve sottoporre<br />

alla regione, successivamente<br />

all’approvazione di questa procedura,<br />

il progetto operativo di bonifica<br />

finalizzato a ricondurre ad accettabilità<br />

il rischio derivante dallo stato<br />

di contaminazione presente nel sito.<br />

Modalità procedurali diversificate<br />

possono essere applicate nel caso in<br />

cui la tecnica di bonifica applicata al<br />

sito si concretizza nello scavo e allontanamento<br />

del terreno inquinato,<br />

definendo come obiettivi di bonifica<br />

il raggiungimento di CSC, prefissate<br />

dalla colonna A e B, tabella 1,<br />

Allegato 5 al titolo V, parte IV del<br />

D.Lgs. n. 152/06 e succ. modd., in<br />

base alla destinazione urbanistica<br />

dell’area.<br />

Di seguito si prende in esame un progetto<br />

di bonifica realizzato (in fase<br />

conclusiva) in Regione Lombardia,<br />

riguardante un sito con destinazione<br />

urbanistica residenziale, redatto tenendo<br />

presenti le esigenze del progetto<br />

costruttivo che prevede la realizzazione<br />

di 4 piani di box interrati e<br />

la realizzazione preventiva di opere<br />

di consolidamento (paratie), per<br />

permettere l’asportazione del terreno<br />

fino alla quota di -11,60 m, senza<br />

provocare cedimenti strutturali agli<br />

edifici insistenti sul perimetro dell’area<br />

interessata dal fenomeno.<br />

Si precisa che per il progetto preso in<br />

esame non vi è stata compromissione<br />

della falda acquifera (-16,00 m).<br />

Estrazione<br />

dei serbatoi interrati<br />

Sull’area esterna dello stabile,<br />

avente una superficie di circa 3.700<br />

mq, erano presenti n. 5 serbatoi interrati<br />

(si veda la foto 1), di cui n. 3<br />

contenenti gasolio e n. 2 BTZ (olio<br />

combustibile a basso tenore di zolfo),<br />

ubicati in zona laterale attigua<br />

alla centrale termica dell’edifico,<br />

II www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />

5 Foto 1 - Rimozione dei serbatoi interrati<br />

N<br />

é<br />

5 Figura 1 - Individuazione “lotto 1B” – “scavo 1” e “scavo 2”<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

raggruppati in modo tale che, a seguito<br />

della loro estrazione, avvenuta<br />

previa comunicazione di rimozione<br />

agli enti di competenza e alla<br />

preventiva pulizia degli stessi da ditta<br />

specializzata, si sono generati n.<br />

2 scavi identificati nel piano di caratterizzazione<br />

e nel progetto presentati<br />

e approvati come “scavo 1” e<br />

“scavo 2” (si veda la figura 1).<br />

In uno dei due scavi (“scavo 1”) si è<br />

evidenziata, a seguito dell’estrazione,<br />

una situazione di evidente contaminazione,<br />

che non è stato possibile<br />

eliminare attraverso la pulizia<br />

dello scavo, effettuata mediante:<br />

l allargamento delle pareti per uno<br />

spessore di circa 50 cm;<br />

l approfondimento del fondo di circa<br />

1,50 m.;<br />

l posizionamento in n. 2 cumuli del<br />

materiale rimosso, attuando una<br />

separazione dello stesso in base alle<br />

sue caratteristiche organolettiche;<br />

l posizionamento di teli in HDPE sulle<br />

pareti e sul fondo degli scavi;<br />

l riempimento degli stessi con materia<br />

prima secondaria (frantumata<br />

proveniente da ciclo di recupero,<br />

convalidato da test di cessione).<br />

Frazionamento catastale<br />

del sito da bonificare<br />

Tenendo presenti le esigenze della<br />

società appaltatrice dei lavori di<br />

costruzione e, al fine di poter procedere<br />

con le attività di scavo nella<br />

porzione di area non interessata dal<br />

fenomeno di contaminazione, situazione<br />

peraltro delineata dalle<br />

indagini preliminari eseguite dalla<br />

parte sull’area, è stato effettuato<br />

un frazionamento catastale della<br />

porzione del sito sulla quale si è<br />

resa necessario l’applicazione del<br />

procedimento di bonifica (identificato<br />

come “lotto 1B”), escludendo<br />

la rimanente porzione (identificata<br />

come “lotto 1A”), per cui è stato<br />

presentato il Piano di gestione scavi<br />

edilizi, ex art.186, D.Lgs. n. 152/<br />

III


N<br />

é<br />

5 Figura 2 - Individuazione “lotto 1A” e “lotto 1B”<br />

N<br />

é<br />

5 Figura 3 - Ingressi E1 ed E2<br />

2006 e succ. modd. (si veda la figura<br />

2).<br />

Si puntualizza, inoltre, che è risultata<br />

condizione necessaria, per ottenere<br />

l’approvazione della proposta di<br />

frazionamento da parte degli enti di<br />

competenza, la dimostrazione del-<br />

l’esistenza di n. 2 diversi accessi (si<br />

veda la foto 2 e la figura 3), ognuno<br />

dei quali dedicato ai due differenti<br />

lotti, al fine di non creare promiscuità<br />

durante le operazioni di scavo.<br />

L’area stralciata dal frazionamento<br />

catastale è stata circoscritta racchiu-<br />

ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />

dendo entrambi gli scavi,<br />

i cui confini sul lato<br />

nord e ovest sono coincisi<br />

con il cunicolo interrato<br />

presente per le tubazioni<br />

di acqua, e sul<br />

lato est con lo stabile<br />

centrale del sito. Il “lotto<br />

1B”, avente una superficie<br />

di 285 mq., ha<br />

comportato la presentazione<br />

di un piano di<br />

caratterizzazione finalizzato<br />

a (si veda figura<br />

4):<br />

1) verificare il fondo<br />

dello “scavo 1”, per il<br />

quale non si era evidenziata<br />

contaminazione<br />

all’atto della rimozione<br />

dei serbatoi, avallata<br />

dalla verifica analitica<br />

effettuata dalla parte<br />

(sondaggio V2);<br />

2) verificare la profondità<br />

di contaminazione<br />

dello “scavo 2” (sondaggio<br />

V1);<br />

3) avallare il frazionamento<br />

proposto dalla<br />

parte, verificando i<br />

confini del “lotto 1B”,<br />

(sondaggio C1bis e sondaggio<br />

C4bis);<br />

4) verificare la qualità<br />

del terreno lungo il sedime<br />

delle paratie che<br />

dovevano essere realizzate<br />

sul confine est<br />

del lotto (sondaggio<br />

V2, ubicato in un punto<br />

che permettesse la verifica<br />

prevista sia al<br />

punto 1 che al punto 4).<br />

Il piano di caratterizzazione, approvato<br />

in sede di Conferenza dei Servizi<br />

ed eseguito successivamente in<br />

campo, in presenza dei funzionari<br />

ARPA, ha ratificato il frazionamento<br />

proposto dalla parte, determinando,<br />

quindi, lo svincolo del “lotto 1A”<br />

per le operazioni di sbancamento e<br />

IV www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />

5 Foto 2 - Ingressi E1 ed E2<br />

N<br />

é<br />

5 Figura 4 - “Lotto B1” e sondaggi eseguiti<br />

la presentazione di un progetto operativo<br />

di bonifica per il “lotto 1B”,<br />

che ha previsto nella formulazione<br />

del suo modello concettuale la suddivisione<br />

del lotto in n. 2 sub-aree di<br />

scavo (si veda la figura 5):<br />

l area S1 che coincide in linea gene-<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

rale con lo “scavo 1” e in cui era<br />

ricompreso il terreno contaminato<br />

da idrocarburi, riscontrato fino alla<br />

profondità di -10,00 m;<br />

l area S2 nella quale era racchiuso<br />

lo “scavo 2” e in cui non sono stati<br />

evidenziati superamenti di CSC.<br />

Procedura<br />

conclusiva di<br />

sbancamento e<br />

allontanamento<br />

Gli esiti della caratterizzazione<br />

di S2 hanno<br />

permesso di proporre<br />

una procedura che non<br />

prevedesse il posizionamento<br />

del materiale<br />

scavato in cumulo, ma<br />

lo sbancamento, il carico<br />

sui mezzi di trasporto<br />

e l’allontanamento<br />

verso idonei impianti di<br />

recupero/smaltimento.<br />

Per S1 si è reso contrariamente<br />

necessario<br />

predisporre nel progetto<br />

una procedura operativa<br />

che prevedesse:<br />

l posizionamento del<br />

terreno scavato in S2,<br />

previo stesura di telo in HDPE (si<br />

veda la foto 3);<br />

l caratterizzazione del cumulo formato;<br />

l allontanamento del cumulo, a ottenimento<br />

delle certificazioni<br />

analitiche che permettessero di<br />

individuare idoneo polo di smalti-<br />

V


N<br />

é<br />

5 Figura 5 - Individuazione area S1 e area S2 – lotto 1B<br />

5 Foto 3 - Stesura del telo in HDPE<br />

ISTRUZIONI PER L'USO•PROCEDURE<br />

mento;<br />

l successivo sbancamento<br />

e allontanamento<br />

del terreno di<br />

S2 (si veda la foto 4).<br />

L’allontanamento del<br />

materiale dal “lotto<br />

1B” è stato svolto per<br />

fasi in relazione al numero<br />

di ordini di tiranti<br />

che dovevano essere<br />

realizzati, fino al raggiungimento<br />

della<br />

quota di scavo di progetto<br />

di -11,60 m, in<br />

quanto la caratterizzazione<br />

aveva evidenziato<br />

una contaminazione<br />

da idrocarburi<br />

pesanti in S1, fino alla<br />

profondità di -10,00<br />

m, che ha permesso di<br />

VI www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com

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