solo un capro espiatorio. Erano il falso obiettivo per sferrare un attacco a fondo contro l'intero gruppo dirigente del PCI. Manovrato da D.Z. Manuilskij, uno dei massimi dirigenti del Komintern, fu Giuseppe Berti - su ordine di Stalin - a pretendere la punizione di Dozza, primo passo verso lo scio¬ glimento del comitato centrale comunista, come avverrà alla fine del 1938. 5 Dozza e Grieco si recarono a Mosca nell'aprile del 1938 e fecero completa ammenda degli errori davanti all'esecuti¬ vo del Komintern. Questa umiliazione evitò loro ben più gravi provvedimenti - com'era avvenuto per altri dirigenti dei partiti comunisti europei, imputati degli stessi errori e finiti nei gulag o davanti al plotone d'esecuzione - e potero¬ no tornare in Francia. È quasi certo che, in quell'occasione, Grieco e Dozza siano stati difesi dal gruppo dirigente del PCI e non abbandonati alla polizia stalinista, come avveniva solitamente per i militanti di rango inferiore. Dozza si trasferì a Tolosa e per vivere fece l'ortolano. 6 Il suo nome tornò a comparire in un documento ufficiale il 3 marzo 1943 quando firmò un accordo politico a tre, con il Tombaccini, Storia dei fuoriusciti italiani in Francia, Mursia, Milano 1988, p.337 e seguenti. Sul tema della vigilanza rivoluzionaria all'interno del PCI cfr. Dialoghi del terro¬ re, a cura di F. Bigazzi e G. Lehner, Ponte alle grazie, Firenze 1991, pp. 191. 5 Il 15 gennaio 1938 "lo Stato operaio" pubblicò una durissima sconfessione delle note di Dozza. Era stata scritta da Berti e sottoscritta dai dirigenti del PCI. Era il primo passo per arrivare allo scioglimento del Comitato centrale, anche se, di fatto, venne sciolto il partito. La riorganizzazione e il controllo degli iscritti da riammettere fu affidata a Berti, Roasio, Grieco e Di Vittorio (D. Corneli, Lo stalinismo in Italia e nell'emigrazione antifascista. Primo libro, Tivoli 1979, p.98 e seguenti) 6 Per questo periodo della vita di Dozza cfr. P. Nenni, Taccuino 1942, Edizioni Avanti!, Milano 1955, pp. 23, 81, 89, 126 e 147; S. Schiapparelli, Ricordi di un fuoriuscito, Calendario, Milano 1971, p.217; E. Sereni, Un grande dirigente del PCI, in Giuseppe Dozza. Un dirigente nazionale comunista, un sindaco al servizio della città, Bologna 1972; P. Dogliani, Giuseppe Dozza in Francia allo scoppio della guerra (1938-1943), in Giuseppe Dozza a dieci anni dalla morte, Bologna 1985, pp. 21-9. 87
PSI e Giustizia e libertà. Divenuto membro candidato alla direzione del PCI negli anni successivi, solo alla fine del 1945 - ma perché sindaco di Bologna - tornò nel massimo organo dirigente del PCI. Questa la storia - incompleta perché non sono noti i ver¬ bali delle riunioni dell'esecutivo del Komintern - della disgrazia politica di Dozza, scelto da Stalin per colpire il PCI. Comprensibile o no, andò così. Quello che per me è incomprensibile è un altro aspetto della vicenda. Non ho mai capito perché Dozza tenesse, sul tavolo del suo studio di casa, un bronzetto raffigurante il busto di Stalin. 88
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