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31.05.2013 Views

sono stati aperti alcuni importanti archivi - primo tra tutti quello del PCUS - ma non quello della polizia politica, dove si trovano le schede di chi ha fatto un sia pure breve soggior¬ no nelle celle della Lubianka e delle altre prigioni in attesa di essere fucilato o inviato nei gulag. Solo quando avremo a disposizione anche questo materiale - e il numero delle vitti¬ me potrebbe ovviamente aumentare - potremo dire di avere il quadro completo e la dimensione definitiva di questa gran¬ de tragedia politica del XX secolo. Dall'elenco delle vittime dello stalinismo ho omesso i nomi di alcuni antifascisti deceduti per malattia, perché potrebbero essere morti proprio per... malattia. Un caso indi¬ cativo: il bolognese Pio Pizzirani risulta morto di tifo, il figlio Galileo ha finito i suoi giorni in un gulag o è stato fucilato. Giuseppe Rimola di Novara - noto come Carmelo Micca - venne fucilato il 16 agosto 1938. Nel 1947 alla moglie fu consegnato un certificato di morte in data 25 luglio 1945 con questa causa del decesso: «acuta infezione renale». Analoghi sono i casi - accertati sino ad oggi - di Vincenzo Baccalà di Chieti e Dino Maestrelli di Firenze. Esistono, inoltre, altri bolognesi che andarono in Russia e dei quali, come ho detto, si è perduta ogni traccia. Di Francesco Andalò, Luigi Garelli, Antonio Gubellini e Adol¬ fo Merighi non si sa nulla. Di sicuro si sa solo che andarono in URSS. Se poi abbiano conosciuto il gulag non è possibile dire. Gubellini era vivo negli anni Cinquanta e, secondo Corneli, fu arrestato, anche se non si sa quando e per quale motivo. Altri, tornati a Bologna dopo la guerra, hanno preferito tacere e si sono portati nella tomba i loro problemi, se ne hanno avuti. 57

Il lungo ingiustificato silenzio del PCI A questo punto - dopo avere descritto le varie tappe del mio itinerario per avvicinarmi alia verità sui bolognesi vitti¬ me di Stalin - mi restano alcuni dubbi da chiarire, perché voglio capire come tutto questo sia potuto accadere. Non mi interessa sapere come sia nato e cosa sia stato lo stalinismo, un fenomeno politico che ho sempre considerato mostruoso. Più semplicemente, vorrei capire come hanno reagito i comunisti italiani - e quelli bolognesi in particolare - e per¬ ché hanno taciuto così a lungo. Su Togliatti non ci sono dubbi, soprattutto dopo le am¬ missioni degli storici comunisti e postcomunisti. Dal 1927, quando il Komintern divenne un docile strumento del Politburo sovietico, fu complice di tutti i crimini di Stalin e non mosse un dito per difendere i suoi compagni di basso rango, mentre si diede da fare per salvare il gruppo dirigente. La ragione l'ha spiegata Spriano sin dal 1979 nella presentazione delle opere di Togliatti, quando ha scritto che «non risulta che egli sia intervenuto in favore di un prigio¬ niero, un inquisito, già in mano al NKVD. Egli è estrema¬ mente prudente al fine di evitare che i sospetti cadano anche sulla sua persona». Al tutto si aggiunga che tra Togliatti e l'URSS esisteva un "legame di ferro". 84 Lo stalinista austriaco Fischer ha scritto che al Komintern sia Dimitrov che Togliatti «anteponevano ad ogni dubbio o considerazione il loro piano politico, non disposti 8 4 P. Togliatti, Opere, a cura di F. Andreucci, P. Spriano, IV, 1 (1935-1944), Editori Riu¬ niti, Roma 1979, p.XC e p.XV. Un analogo giudizio Spriano ha espresso in Il compagno Ercoli. Togliatti segretario dell'Internazionale, Editori Riuniti, Roma 1981, p. 108. Sui rapporti tra Togliatti e Stalin cfr. G. Seniga, Togliatti e Stalin, Sugarco, Milano 1978, pp 187; G. Corbi, Togliatti a Mosca. Storia di un "legame di ferro", Rizzoli, Milano 1991, pp. 377. 58

Il lungo ingiustificato silenzio del PCI<br />

A questo punto - dopo avere descritto le varie tappe del<br />

mio itinerario per avvicinarmi alia verità sui bolognesi vitti¬<br />

me di Stalin - mi restano alcuni dubbi da chiarire, perché<br />

voglio capire come tutto questo sia potuto accadere. Non mi<br />

interessa sapere come sia nato e cosa sia stato lo stalinismo,<br />

un fenomeno politico che ho sempre considerato mostruoso.<br />

Più semplicemente, vorrei capire come hanno reagito i<br />

comunisti italiani - e quelli bolognesi in particolare - e per¬<br />

ché hanno taciuto così a lungo.<br />

Su Togliatti non ci sono dubbi, soprattutto dopo le am¬<br />

missioni degli storici comunisti e postcomunisti. Dal 1927,<br />

quando il Komintern divenne un docile strumento del Politburo<br />

sovietico, fu complice di tutti i crimini di Stalin e non<br />

mosse un dito per difendere i suoi compagni di basso rango,<br />

mentre si diede da fare per salvare il gruppo dirigente.<br />

La ragione l'ha spiegata Spriano sin dal 1979 nella<br />

presentazione delle opere di Togliatti, quando ha scritto che<br />

«non risulta che egli sia intervenuto in favore di un prigio¬<br />

niero, un inquisito, già in mano al NKVD. Egli è estrema¬<br />

mente prudente al fine di evitare che i sospetti cadano anche<br />

sulla sua persona». Al tutto si aggiunga che tra Togliatti e<br />

l'URSS esisteva un "legame di ferro". 84<br />

Lo stalinista austriaco Fischer ha scritto che al<br />

Komintern sia Dimitrov che Togliatti «anteponevano ad ogni<br />

dubbio o considerazione il loro piano politico, non disposti<br />

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P. Togliatti, Opere, a cura di F. Andreucci, P. Spriano, IV, 1 (1935-1944), Editori Riu¬<br />

niti, Roma 1979, p.XC e p.XV. Un analogo giudizio Spriano ha espresso in Il compagno<br />

Ercoli. Togliatti segretario dell'Internazionale, Editori Riuniti, Roma 1981, p. 108. Sui<br />

rapporti tra Togliatti e Stalin cfr. G. Seniga, Togliatti e Stalin, Sugarco, Milano 1978, pp<br />

187; G. Corbi, Togliatti a Mosca. Storia di un "legame di ferro", Rizzoli, Milano 1991,<br />

pp. 377.<br />

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