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La coscienza collettiva del PCI fu lentissima a dare segni<br />
di risveglio. Nel 1956, quando Robotti scrisse un libro molto<br />
reticente sulla sua tragica vicenda nel carcere sovietico, la<br />
direzione del PCI gli negò l'imprimatur. La prova potè usci¬<br />
re nel 1965. 51<br />
Robotti, che visse in URSS dal 1931 al 1947 ricoprendo<br />
numerosi importanti incarichi anche all'interno del<br />
Komintern, ne La prova scrisse che nel paradiso sovietico<br />
tutto era in ordine. Per questo, trovò normale il processo e la<br />
fucilazione del gruppo di L.B. Kamenev e G.E. Zinovev nel<br />
1935; il processo e la fucilazione del gruppo di Grigorij<br />
Pjatakov e K.B. Radek nel 1938; il processo e la fucilazione<br />
di un numeroso gruppo di ufficiali, con a capo M.N.<br />
Tuchacevskij nel 1938 e anche il processo e la fucilazione,<br />
nello stesso anno, del gruppo di N.I. Bucharin e A.I. Rykov.<br />
Restò un po' stupito la mattina del 9 marzo 1938 quando<br />
venne arrestato dalla polizia politica e portato prima alla<br />
Lubianka e poi alla Taganka, i famigerati carceri moscoviti.<br />
Tornò in libertà il 3 settembre 1939 quando gli dissero:<br />
«Siete un onesto comunista» (p.215). Pur restando invalido<br />
per il resto della vita, a causa delle torture subite, scrisse che<br />
non poteva prendersela con i suoi carnefici perché «ero di<br />
fronte a un comunista che compiva il suo dovere». E ancora:<br />
«Egli mi considerava un nemico, ma non dovevo considerar¬<br />
lo tale» (p.193). Ritenendo che fossero stati uccisi da degli<br />
amici, nel libro non fece i nomi dei suoi compagni morti nei<br />
gulag. Evidentemente li considerava dei nemici.<br />
Solo che, quando presentò il libro alla direzione del PCI,<br />
per avere l'imprimatur, Pajetta lo tenne fermo dieci anni. E<br />
51 P. Robotti, La prova, Leonardo da Vinci, Bari 1965, pp. 446.<br />
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