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ezze del processo rivoluzionario nell'Unione Sovietica»,<br />
così come conosceva «alcuni casi dolorosi», dei quali non<br />
disse nulla.<br />
E ancora: «Quello che il nostro partito ignorava e di cui<br />
non si rese conto era il fatto che una parte di quelle durezze<br />
non era in alcun modo giustificata dalla necessità di difende¬<br />
re la rivoluzione da atti ostili e da azioni disgregatrici...» [...]<br />
«Gli errori e le deformazioni, però, per quanto gravi non<br />
hanno compromesso e intaccato le basi e la sostanza profon¬<br />
damente democratica della società socialista», mentre «Il<br />
passaggio dal socialismo al comunismo consentirà...» ecc.<br />
ecc.<br />
Sconfortante la risposta che Gian Carlo Pajetta diede nel<br />
corso di una conferenza stampa l'1 dicembre 1961. A un<br />
giornalista che gli aveva chiesto se conosceva i nomi degli<br />
antifascisti scomparsi nei gulag rispose: «Sappiamo che<br />
alcuni emigrati politici italiani che lavoravano come operai<br />
in URSS, ed erano divenuti membri del partito sovietico,<br />
sono stati colpiti in quest'opera di repressione». Non saran¬<br />
no fatte commissioni, aggiunse, mentre occorre avere dei<br />
«contatti con il PCUS per esaminare queste questioni» e<br />
promuovere processi di riabilitazione. 48<br />
È molto grave che abbia sminuito se non avallato i crimi¬<br />
ni dello stalinismo, dal momento che era perfettamente al<br />
corrente di quella tragedia e delle sue dimensioni. Anni<br />
dopo, nel libro Il ragazzo rosso, ha scritto che nel 1950,<br />
durante un viaggio in URSS, fu avvicinato da Ezio Biondini<br />
"Merini", liberato pochi mesi prima da un gulag. Dopo aver¬<br />
gli narrata la tragica esperienza vissuta, l'ex deportato gli<br />
48 "l'Unità", 2 dicembre 1961.<br />
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