I QUATTRO POETI ITALIANI - World eBook Library

I QUATTRO POETI
ITALIANI
by DA A. BUTTURA
Classic Literature Collection
World Public Library.org

Title: I QUATTRO POETI ITALIANI
Author: DA A. BUTTURA
Language: English
Subject: Fiction, Literature
Publisher: World Public Library Association
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-
•
I QUATTRO
POETI -ITALIANI
coM ()l\A
SCELTA. DI POESIE ITALIANE.
'.

INDICE. v
ScJa.elIo • . . • . • '" • . . . • . • . • • . • • • • • • • . . . . . . . '" . .• ...
Cr.aBlnz BoNDI. - CanzoDe nell' aboIiziooe DeiGe8uili .•........•.....•...• ibid.
Sone«o. II passanio del Po. • • • . • • . • • • . • • . . . . . • . . . . • • ibid.
Nice eleUrizzala • . • • . . . • • .'. • . . . . . • . . . . . • • • • Ibid.
Soneuo per Nozze . • . . • • • . . . . . . . . . • . • . . • . . . . . . . .. 898
()Ual'e. L' Errore . • . • . • . • . . • . . . . . . • . . . . • . . • . . . . . ibid.
La Noja. • • ; . . • . . • . • • • . . . . . . . . . . . . . • . . . . ibid.
Sciolli. Il Benaco........... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ibid.
F'aANctsco ALOAllOTIl. - SoneUo. n BeDICO. • • • • • • • • • • • • • • • • • •.• . • • • • • • • ibid.
GJAJlBATlS'U SPOLVEIWIII. - SquareiodelJa Riseide •••••..•.......••••.•.••. iIJicI.
ArnoNIO Burrcu.; - CaDZODe rivedeado il patrio Denaoo • . • . • • . • . . . • . • • • • • . •• .,
. Sqoan:io ill poerDetlo lirioo. • • . • . . • . • • . • • . • • • • • • • • . • • ibid.
LoRENZO IfAscBnONJ. - Poemetlo. In\'ilo a Labia • . . . • . • . . . . . . . . . . . . . . •• 818
AI.ES.'UND.RO ML."fZONJ. - II Cinque Maggio. . . . • • • . • • . • • . . • • • . . . . • • • • • •• 103
Fml DfLL' IKDICI:.

Venga Medusa, sl'l fnrem d1 smalto;
Gridavan tutte riguardando in giuso :
Mal non vengiammo in Teseo I' assalto.
Volgiti 'ndietro, e tien 10 viso cbiuso :
Che se 'I Gorgon si mostra; e tu'l vedessi,
Nulla sarebbe del tomar mai suso.
Cost disse 'I maestro : ed egli stessi
Mi volse e non si tenne aile mie mani,
Che con Ie sue ancor non mi ehludessi.
o voi eb' avete gl' intellettl saW,
Mirate la dottrina che s' asconde
Sotto 'I velame delli versi strani.
E gil venia su per Ie torbid' onde
Un fracasso d' un suon pien di spavento,
Per cui tremavan amendue Ie sponde ;
Non a1trimenti fatto che d' un vento
Impetuoso per gli'avversi amori,
Che fier la selva senza alenn rattento ;
Li rami sehianta, abbatte e porta i 110rl i
Dinanzi polveroso va superbo,
E fa fuggir Ie 11ere e II pastori.
Gli oechi mi sciolse e disse: or drizza 'I nerbo
Del viso lU per quell a sehiuma antica ,
Per indi ove quel fummo e piiI acerbo,
Come Ie rane innanzi alia nimica
Biscia per l' aequa si dileguan tutte,
Finch' alia terra ciascuna s' abbica;
Vid' io phI di mille anlme distrutte
Fuggir cost dinanzi ad un ch' al pa880
Passava Stige colle piante asciutte.
Dal volto rimovea quell' aer grasso
Menando la sinistra innanzi spe880 ,
E sol di queU' angoscia parea lasso.
Ben m' accorst ch' egli era del ciel messo,
E volsimi al maestro; e quei Ce' segno
Ch' 10 steasi cheto eel Inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien d1 disdegno I
Giunse alia porta e con una verghetta
L'aperse, che non v' ebOO a1cun ritegno.
o caceiatl del ciel, gente dispetta,
Comincio egU in su I' orribil soglia,
Ond' esta oltracotanza in voi s'nlletta'l
Perche ricalcitrate a quella voglia
A cui non paote 'I fin mal esser mozzo,
E che phI volte v' ha creseinta dogtia?
Che giova nelle fata dar di cozzo 'I
Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
Ne porm ancor pelato 11 mentoe 'I gozzo.
Poi sl rivolse per la strada lorda ,
E non fe' motto a nOi, ma fe' sembiante
D'.uomo cui altra cura stringa e morda
Che quella di colui che gJi e davaate :
Enol movemmo I piedl inver la terra
Sicuri appresao Ie parole sante.
Dentro v' entrammo senza aleuna guerra :
Ed io ch' avea di riguardar disio
lL DANTE.
La eondizion ehe- tal Cortezza serra,
Come fui dentro, I' oechio a torno Invlo,
E veggio ad ogni man grande eampago8
Piena di duolo e di tormento rio.
S} come ad Arli ove 'I Rodano stagna,
Sl CQme a Pola presso del Quamaro
Che ltaJia chiude e i suoi termini bagna,
Fanno i sepolcri tutto '1 loco varo ;
Cosl faeevan quivl d' ogni parte,
Salvo che '1 modo v' era piiI amaro :
Che tra gli avelli flamme erano sparte ,
Per Ie quali eran 51 del tutto acce5i
Che ferro piiI non chiede veron' arte.
Tutti Ii lor coperchi eran sospesi ,
E fuor n' useivan s1 durl lamenti
Che ben parean di miseri e d' otTesl.
Ed io : maestro, quai son quelle genti
Che seppellite dentro da quell' arche
Si fan sentir colsosplri dolenti ?
Ed egJi a me: qUi son gJi el'e8iarche
Co' lor seguaci d' ogni setta, e molto
Piu che non eredi son Ie tombe carehe.
Simile qui con simile e 8('polto :
E I monfmentl son phI e men caldi.
E poi eh' alia man destra si fu volto,
Passammo tra i martiri e gli alti spaldi.
CANTO x.
Incontro col padre dl Guido Cavalcantl arnlco del Poeta.
e coli' alUl'I'O Farlnata dl'gU Ubertl. cbe gil predice II
100 esIllo. GU BpiriU dIBDatI 1Anorao U preaaote, e
IIIUlO n futuro.
Ora sen va per uno stretto calle
Tra 'I muro deUa terra e Ii marttri
Lo mio maestro ed 10 dopo Ie spalte.
o virtu somma ehe per gJi empi girl
MI volvi , eominciai , com' a te place,
Parlami e sodisfamml a' miei desiri :
La gente che per Ii sepolcrt glace
Potrebbesi veder? giA son levati
Tutti i eoperehi e nesson guardia face.
Ed egU a me : tutti saran serrati
Quando dllosaffA qui tomeranno
Coi corpi ehe lassu hanno lasciati.
Suo cimitero da questa parte hanno
Con Epicuro tutti 1 suol segoaei
Che l' anima col corpo morta fanno.
Pm aUa dlmanda ehe mt facl
Quine' entro sodislatto sarai tosto,
E al dislo ancor che tu mi taci,
Ed 10; buon duca, non tegno nascosto
A te mlo cor se Don per dieer poco :
E tu m' hai non pur ora a' cia disposto
o Tosco ehe per Ja eitta del foco

lS I L DANTE.
Tu el'i allor 81 del tutto impedito
Sovra folui che gill tenne Altaforte,
Che non guaniasti in lil, si fu parti to.
o duea mia, la violenta morte
Che non gli (! vendicata ancor, diu' io,
Per aleun che dell' onla sia consorte,
Feee lui disdegnoso : onde sen gio
Seoza parlurmi si com' io istimo ;
Ed in eio m' ha e' fatto a se piu pio.
Cosl parlammo iosino al luogo primo
Che dello seoglio l' altra valle mostra,
Se piu lume "i fosse, tutto ad lmo.
Quando nol Cummo in su I' ultima chiostra
Di Malebolge, si che i luoi converst
Potean parere alia vediita nostra :
Lamenti saettaron me diversi
Che di pietA ferrati avean gli strall :
Ond' 10 gU oreecbi can Ie man eopersi.
Qual dolor fora Be degll spedali
Di Valdlchiana, tra 'Iluglio e '1 settembre,
E di maremma e di Sardigna i mali
Fossero in una fossa tutti insembre;
Tal era quivi, e tal puzzo n' useiva
Qual suol venir dane marcite membre.
Noi discendemmo in su l' ultima riva
Del hmgo scoglio pur da man slnistra,
Ed allor fu 18 mia vista piu vi v a
Giu nr 10 Condo dove la ministra
Dell' alto Sire loCailibil giustizia
Punlsee i Calsator che qui registra.
Non credo ch' a veder maggior tristizia
Fosse in Egina II popol tutto infermo,
Quando Cn l' aer sl pien di Malizia
Che gli animali lufino al plcciol verma
Cascaron tutti; e pol Ie genti Bntiche,
Secondo che i poeti hanna per fenno,
SI ristorar dl seme di t'ormiehe;
Ch' era a veder per quella oseura nile
Langl1ir g1l spirtt per diverse biche.
Qual sovrn 'I ventre equal sovra Ie spalle
L' un den' altro giacea , equal carpone
Sf trasmuta,'a per 10 tristo calle.
Passo passo andavam senza sermone,
Guardando ed aseoltando gJi ammalati
Che non potean levar Ie lor persone.
10 vidi duo sedere a se poggiatl ,
Come a scaldar s' appoggia tegghlaategghla;
Dal capo al pie di sehiaoze maculati
E non vidl giammai menare stregghfa
Da ragazzo aspettato da signorso,
Ne da cotui che mal volentier vegghia,
Come ciaseun menava spesso iI morso
Dell' unghie sona se per la gran rabbin
Del pizzicor che non ha piu soccorso.
E si tmenn giu l' unghie In scabbin.
Comf' roUel df scardovR Ie scnp:lIe ,
o d' altro pesce che piu Jarghe l' abbia.
o tu ehe con Ie dita ti dismaglie,
Comineil» 'I duca mio a un di loro,
E che Cal d' esse talvolta tenaglie;
Dione s' aleun Latino e tra castoro
Che sou quinc' entro, se I' unghla ti basti
Eternalmente a coteslo lavoro.
Latin sem nol che tu vedl sl guasti
Qui amendue, rispose I' un pillllgendo :
Ma tu chi se' roe di 001 dlmandasti ?
E 'I duca disse : io son un ehe diseendo
Con questo vh'o giu di balzo in baIza,
E di mostrar l' inferno a lui intendo.
Allor si ruppe 10 comun rincalzo,
E tremando ciaseuno a me si volse
Con altri chc I' udiron dl rimbalzo.
Lo buon maestro a me tutto s' accolse
Dlcendo : di' a lor cio che tu vuoli ;
Ed io incominciai,poscia ch' ei valse :
Se la vostra memoria non s' imboll
Nel primo mondo doll' umane menti,
Ma 8' ella viva sotto molti soli,
Ditemi chi vol siete e di che geotl,
La vostra sconcia e fastidiosa pena
Di palesarvi a me non vi spaventi.
r Cui d' Arezzo, ed A1bero da Siena,
Rispose l' un, mi (e' mettere al Cuoco:
Mil quel perch' io mod' qui DOn mi mena.
Ver e ch' io dissi a lui parlando a gioco:
10 mi saprei levar per l' aere a "010;
E quel ch' avea vaghezza e senna poco,
Volle ch' i' gJi mostrnssi l' arte, e solo
Perch' i' nol feci Dedlllo, mi fece
Ardere n tal che l' avea per lIgliuolo :
Ma nell' ultima bolgia delle diece
Me per I' alchimin che nel Mondo U181
Danno Minos a 'cui CaUir DOn Ieee.
Ed io dissi al poeta : or (u giammai
Gente s\ vana come la Sanese?
Certo non la Francesca si d' assai.
Onde r altro lebbroso ehe m' intese
Rispose al detto mio : tranne 10 Stricca
Che seppe (ar Ie temperate spese,
E Niccolo che In costuma ricca
Del garofano prima diseoperse
Nell' orto dove tal seme s' appicea,
E tranne la brignta in roe disperse
Caccia d' Aselano In vigna e Ia fronda
E I' abbagliato suo senno proferse.
Ma perche snppi chi sl ti seconda
Contra I Sanesi, aguzza ver me l' occbto,
Si che In Caccia mia ben ti risponda :
Sl vedrai ch' 10 son I' ombra di Cllpoccbio
Che falsai 11 metaUi con alchimia;
E ten dee ricordar, se ben t' adocchto,
Com' io Cui di natura buona scimia.

RemploD lOtto '1 clglio tutto 1 ooPPO.
Ed avvegna che, si come d' on callo,
Ptl- la freddura clascon sentimento
Cessato avesse del mio vlso staUo;
"Gia mI parea &entire alquanto vento:
Perch' 10 : maestro mio, questo chi moove 2
Non e quaggiuso ogni vapore spento?
Ond' egli a me : avaeeio saral dove
Di eio ti fara I' oeebio la risposta
Veggendo la caglon che '1 fiato piove.
Ed un de' tristi dena fredda crosta
Grido a nol : 0 aulme crudeU
Tanto, che data v, e l' ultima posta,
Levateml dal vlso i dari veIl,
Sl ch' 10 sfogbi'l dolor che 'I cuor m'impregna
Un poco pria che 'I pianto sl raggielt.
Perch'io a lui: se vuoi ch' i' ti sovvegna,
Dl.mmi chi fosti; e s' io non tl disbrtgo ,
AI fondo della ghiaccia Ir ml convegna.
Rispose adunque : 10 son Irate Alberigo :
10 son quel dalle frutla del mal orto,
Che qui riprendo dattero per iigo.
Ohl dissi lUi, or se' tu ancor morto?
Ed egli a me : come 'I mio corpo stea
N el mondo 8U nulla seienzia porto.
Cotal vantaggto ha questa Tolommea,
Che spesse volte I' anima ci cade
Innanzi ch' Atropos mossa Ie dea.
E perche tu pin volentler mi rade
Le 'nvetriate lagrime dal volto,
Sappi che tosto che I' anima trade,
Come fec' io , ii corpo suo l' e tolto
• Da un dimonio che poscla i1 governa,
Mentre che 'I tempo soo tutto sia vol to.
Ella ruina in sl fatta cisterna:
E Corse pare aucor 10 corpo suso
Dell' ombra ehe di qua dietro mi verna:
Tu 'I del saper &e tu vlen pur mo giuso :
Egli e ser Branca d' Oria, e son pin auni
Poscia pLlISIlti ch' ei to si raeebiu80.
10 "credo , diss' io lui, che tu m'lnganni:
Che Branca d' Oria non morl unquanche,
E mangia e Me e dorme e veste panni.
Nel fosso su, diss' ei, di Malebranche,
La dove bolle la tenace pece,
Non era glunto ancora Michel Zanehe ,
Che quesU lascio on diavol in sua vece
Nel corpo suo, e d' un suo prossimano
Che '1 tradimento insieme con lui Cecc.
Ma distendi oramai in qua la mano,
Aprimi gJi occhi; ed io non glieli aperst.
E cortesia fu lui esser villano.
Ahi Genovesi, uominl diversi
D' ogni costume e pien d' ogni magagna ,
Perche non siete voi del mondo spersl ?
Che col peggiore spfrto di Romagna
IL DANTE.
Travai un tal dl vol che per sua opra
In anima In Coclto gin
_
sl bagna,
Ed in corpo par vivo sncor dl sopra.
... .....
CANTO XXXIV.
Ultimo fODdo, centro den' nnlveno, aede ell LucIlero.
ImmeDIo mllltro. cbe par che abbraccl e _tenga tullo
I' inferno. Vial punilCe U tradimento Teno I benefattorl,
e viii tro"faDO Gluda, Bruto e Caeelo. JlMavigiLa dl
Dante nel pasaar U c:entro deDa teITI, e Ina u.UtI ueI1"
oppoeto embfero.
Vexilla regis prodeunt in/erni
Verso di noi : perO dinanzi mira,
Disse'l maestro mio, se tu'l discernl.
Come quando una grossa nebbia spira
o quando I' emisperio nostro aonotta :
Par da lungi un mulin che'l vento glra ;
Veder mi parve un tal dlflcio nllotta :
Poi per 10 vento mf ristrlnsl retra
Al duca mio, che non v' era rutra grotta.
Gia era ( e con paora II metto In metro )
La dove l' ombre tutte eran coverte ,
E trasparean come festuca in vetro.
Altre stanno gfacere ; altre starino erte,
Quella col capo e quella con Ie piante ;
Altra com' arco iI volto a' piedi inverte.
Quando noi fummo Catti tanto avante
Ch' al mlo maestro placque di mostrarmi
La creatura ch' ebbe II bel sembiante ,
Dinanzi mi sl tolse e fe' restarmi,
Ecco Dite , dicendo, ed eeco n loco
Ove convien che di Cortezla t' annl.
Com' io divenni allor gelato e 1Ioco,
Nol dimandar, lettor, Ch' i' non 10 scrivOj
PerO ch' ogni parlar sarebbe poco.
10 non mori' e non rimasi vivo:
Pensa omai tu per te, s' hal flor d' lngegno,
Qual 10 divennl d' uno e d' altro privo.
Lo 'mperador del doloroso regno
DB mezzo 'I petto uscia fuor della ghiaccla :
E phi con un gtgante I' mt convegno,
Che I giganti non fan con Ie sue braccla :
Vedi oggfmai quant' esser dee quel totto
Ch' a cos, fatta parte si confaccia.
S' et Cu s1 bel com' egli e ora brutto,
E contra 'I suo fattore alzo Ie clgUa,
Ben dee da lui procedere ogoi lutto.
Oh quanto parve a me gran meraviglia
Quando vidi tre faeee alIa sua testa I
L' una dinanzi , e quella era vermfglia;
L' nitre eran due cbe S' agglungien a questa
Sovresso 'I mezzo di clascuna spaUa ,
E si glungieno nlluogo della cresta :
E Ia: destra parea tnt biaftca e gtaUa :
l

E peccatori ln1lno all' ultim' ora:
Quivi lume del ciel ne Cece accortl,
Si che pentendo e perdonando, roora
Di vita uscimmo a Dio pacificati
Che del disio di se veder n' accuora.
Ed 10 : perche ne' vostri visi guat!
Non riconosco alcun ; rna s' a vol piace
Cosa eh' io possa , spiriti ben nati,
Voi dite, ed 10 faro, perquella paee
Che dietro a' piedi dl Hi fatta golda
Di rnondo in Mondo cerear mi si face.
Ed uno incomlncio : ciascun slllda
Del beneficio tuo senza giurarlo,
Pur che 'I voler non possa non ricida :
Ond' io che solo innanzi agli altri parlo I
Ti prego , se mat vedi quel paese
Che siede tra Romagna e quel di Carlo,
Che tu mt sie de' tuoi prieghi cortese
In Fano si ehe ben per rne s' adorl,
Perch' 10 possa purgar Ie gravi offese.
Quiodi Cu' iO; rna 11 profondl Cori
Ond' usci 'I sangue in sui qnale 10 sedea
Fatti mt furo in grembo agll Antenori,
La dov' io pill sicuro esser credea :
Quel da Estt'l fe' far, che m' avea in ira
Assai pill la che dritto non volea.
Ma 5' 10 fossi fuggito Inver la Mira
Quand' io Cui sovragglunto ad Oriaco ,
Aneor sarei dl III dove si spira.
Corsi al palude , e Ie cannucce e 'I braco
M' Impigliar si ch' io caddi, e Ii vid' io
Delle mie nne farsi in terra laco.
Poi disse un altro ; deh, se quel disio
Si compia che ti tragge alI' alto monte,
Con buona pietate ajuta 'I mio.
10 fot di Montefeltro; I' son Buonconte :
Giovanna 0 altrl non ha di me cura,
Perch' io vo tra costor eon bassa !ronte.
Ed to a lui : qual forza 0 qual ventura
Ti travio Hi foor Campaldino
Che non si seppe mai tua sepoltura?
Oh I rispos' egU, apple del CllSl'nttno
Traversa un' aequa ch' ba nome I' Arehiano,
Che sovra r Ermo nasce in Apennino.
La 've 'I vo('abol suo diventa vano
Arriva' io, forato nella gola,
Fuggendo a piedi e sanguinando 'I piano.
Quivi perdei la vista , e Ia parola
Nel nome di Mnria fini' , e quivi
Caddi e rimnse la mla carne sola.
10 diro 'I vero e tu 'I ridi' tra 1 vivl :
L' angel di Dio mi prese, e quel d' Inferno
Gridavn: 0 tu dal elel, perche ml privi?
Tu te ne porti di costui I' eterno
Per una lagrimetta ehe 'I mi toglie ;
Ma io faro dell' nitro altro governo.
IL DANTE.
Ben sai come nell' aer si raceoglie
Quell' umido vapor che tn aequa rlede
Tosto che sale dove 'I freddo il roglie.
Giunse quel mal voler che pur mal chiede
Con 10 'ntelletto, e mosse 'I furno e 'I vento
Per la virtU che sua natura diede.
Indi la valle, come 'I dl fo spento,
Da Pratomagno al gran giogo coperse
Di nebbia, e 'I ciel di sopra fece intento
S\ che 'I pregno aere in aequa si converse :
La pioggia cadde, ed a' fossatl venne
Di lei cio che la terra non 8Offerse;
E come al rivi graodl si convenne,
Ver 10 flume real tanto veloce
Si mino che nulla la ritenne.
Lo corpo mia gelato in su la foce
Trovo I' Archian rubesto; e quel sospinse
Nell' Arno, e sciolse al mio petto la croce
Ch' io fei di me quando 'I dolor mi viose :
Voltommi per Ie coste e per 10 fondo,
Poi di sua preda mi coperse e cinse.
Deh, quando tu sarai tornato al Mondo
E riposato della lunga via, •
Seguita 'I terzo spirito al secondo,
Ricorditi di me che son la Pia :
Siena mi fe', disfecemi Maremma;
Salsi colui che Innanellata pria ,
Disposando, m' avea con la sua gemma.
---
CANTO VI.
Altrl negUgent!, SordeBo, ecrittol' mantoYlDO, .'abbracela
con Virgilio. Forte invCUin di Dante contro .le divl­
IIIoni d"ltaUa, e contro lr goveroo ell Fireaze.
Quando si parte'l giuoco della zara,
Colui che perde si riman dolente
Ripetendo Ie volte , e tristo impara ;
Con l' altro se ne va tulta la gente,
Qual va dinanzi e

60 IL DANTE.
E s' to non fOlSi tmpedito dal sasso
Che la cervlce mia superba doma,
Onde portar conviemmi 'I visa basso,
Cotesti ch' ancor vive e non si noma
Guardere' io per veder s' io '1 conosco,
E per farlo pietoso a questa soma.
10 fui Latino e nato d' un -gran Tosco ;
Guglielmo Aldobrandeschi fll mio padre :
NOll so se 'I nome suo giammai fu VOBCO.
L' antico sangue e I' opere leggiadre
De' miei maggior mi fer sl arrogante,
Che non pensando alia eomune madre,
Ogn' uomo ebbi 'n dispetto tanto avante
Ch' io ne mori' come i Sanesi sauna,
E sallo in Campagnatico ogni fante.
10 sono Omberto; e non pure a me danno
Superbia fe' , che tutti i miei coosortl
Da ella tratti seco nel malanno :
E qui convien ch' io questo peso portt
Per lei tanto ch' a Dio si sodi5faccia ,
Poi eh' i' nol fei tra' vivi, qui tra' morti.
Ascoltando chinai in giilla faceia :
Ed uo di lor ( non questi che parlava )
Sl torse sotto 'I peso che 10 impaccia,
E videmi e conobbemi, e chiamava
Tenendo gli occhi con falica flSi
A me che tutto chin con loro andava.
Oh, diss' io lui, non se' tu Oderlsi,
L' onor d' Agobblo e l' ODor di quell' arte
Ch' aUuminare e chiamata in Parisi?
Frate, diss' egU, piu ridon Ie carte
Che pennelleggia Franco Bolognese. :
L' onore e tutto or suo, e mio in parte.
Ben non &are' io stato si cortese
Meotre ch' 10 vissl , per 10 gran disio
Dell' eceellenza ove mio core intese.
Di tal superbia qui si paga il110 :
Ed aneor non sarei qui, se non (osse
Che , possendo peccar, mi volsi a Dlo.
Oh vana gloria dell' umane posse,
Com' poco verde in su la eima dura,
Se non e giunta dall' etadi grosse I
Credette Cimabue nella pintura
Tener 10 campo; ed ora ha Giotto 11 grldo,
Sl ehe la fama di colui 5' oscura.
Cosl ha tolto l' uno ail' altro Guido
La gloria d ella lingua; e forse e nato
Chi I' uno e I' altro caccera di nido.
Non e n mQlldan romore aUra ch' un llato
Dl vento ch' or vien quinci ed or vien quindl,
E muta nome perche muta lato.
Che (ama avral tu phi se vecehia scindi
Da te la came, che se fossi morto
Innanzi che lasciassi il pappo e '1 dindl,
Pria ehe passin mill' anni ? eh' e phI corta
. Spazio aU' eterno ch' un maover dl cigtia
AI eereh10 ehe pin tardi in clelo e torto.
Colui che del cammin 51 poco pi gila
Dinanzi ate, Toscana sono tutta,
Ed ora appena in Siena sen pispiglia ,
Ond' era sire, quando fu distrutta
La rabbia Fiorentina che superba
Fu a quel tempo 5t com' ora e putta.
La vostra nominanza e color d' erba,
Che viene e va; e quei la discolora
Per cui ell' esee della terra aeerba.
Ed 10 a lui : 10 tuo ver dir m' incuora
Buonaumiltil, e gran tumor m' appiani :
Ma chi e quel di cui tu parla vi ora?
Quegli e, rispose, Provenzan Salvanl,
Ed e qui perche fu presuntuoso
A recar Siena tutta alle sue mani.
Ito e cosl eva senza riposo,
Poi che mori : cotal moneta nnde
A sodisfar chi e di la tropp' 080.
Ed io : se queUo spirito ch' attende
Prla che 51 penta I' orlo dena vita,
Lagghl dimora e quassu non aseende,
Se buona orazion lui non aita,
Prima che passi tempo quanto visse i
Come fu la venuta a lui largita ?
Quando vivea pili glorioso, disse,
Liberamente nel campo dl Siena,
Ogni vergogna depo5ta , 8' affisse;
E 11; per trar I' amico suo di pena
Che sostenea nella prigion di Carlo,
Si condusse a tremar per 0801 vena.
Piu non dire), e scuro so che parlo;
Ma poco tempo andra che I tuol vicini
Faranno 81 che tu potrai chiosarlo.
Quest' opera gil tolse quei confini.
..H ......
CANTO XII.
Eeempl dl nmillata e punlla IUperbia.
Dt pari, come buoi ehe vanno a giogo ,
N' andava 10 con quella anima carca,
Fin che 'I sofferse it dolce pedagogo.
Ma quando disse : lucia lui e varca,
Che qui e buon con la vela e co' remi
Quantunque puo eiascun pinger sua barca;
Dritto , si come andar woisi, rifemi
Con la persona, avvegna ehe I pensieri
Mi rimanesser e ehinati e scemi.
10 m' era mosso e seguia volentieri
Del mio maestro I pass!, ed amendue
6ia mostravam com' eravam leggieri,
Quando mi disse : volgi gli occhl in giue;
Buon ti sara per alleggiar In via
Ved6r 10 letto delle plante tue.

-
64 IL DANTE.
Ed a lor disdegnosa torce 'I muso :
Vassi eaggendo, e quanto eUa phi 'ngrossa,
Tanto phi trova d.i can farsi lupi
La maladetta e sventurata fossa.
Discesa poi per pin pelagbl cupi,
Truova Ie volpi si piene di frOOa,
Che non temono Ingegno che Ie occupl.
Ne lascera di dir perch' altri m' oda :
E buon sara costui, 5' ancor s' ammenta
Di cia cbe vero spirto mt disnOOa. '
10 veggio tuo nipote che dlventa
Cacciator di quei lupl in SU 18 riva
Del flero flume, e tutti gJi sgomenta.
Vende la carne loro essendo viva;
Poscia gli ancide come antica belva.
Molti di vita e se dl pregio priva.
Sanguinoso esce della trista,selva :
Lasciala tal che di qui a mllI' anni
Nello slato primaio non sl rinselva.
Com' all' annunzlo de' futuri daDni
Si turba 'I viso di colui ch' ascolta,
Da qualche parte it perlgUo I' assanni;
Cosl vid' 10 I' aItr' anima che volta
Stava ad udir , turbani e farsi trista,
Poi ch' ebbe la parola a se raccolta.
Lo dir dell' una, edell' altra la vista
Ml fe' voglioso dl saper lor noml,
E dimanda ne fei con prieghi mista.
Perche 10 spirto che di pria parlaml ,
Ricomineia : tu vuol ch' io mi deduea
Nel fare a te cic> cbe tu far non vuomi.
Ma da ehe Dio in te vuol cbe traluca
Tanto sua grazia, non ti sam scarso :
PeriJ sappi ch' 10 son Guido del Duca.
Fu 'I sangue mlo d' invidia s1 riarso,
Che, se vedato avessi uom farsilieto,
Visto m' avresti di livore sparso.
Di mia semenza cotal paglia mieto.
o gente umana, perche pont 'I cuore
La ov' e mestier dl consorte divieto?
Queati e Rinier : quest' e 'I pregio e l' onore
Della ·casa da CalboJi , ove nullo
Fatto s' e reda poi del suo valore.
E non pur 10 suo sangue e fatto brullo,
Tra 'I Po e 'I monte e la marina e 'I Reno,
Del ben richiesto al vero ed al trnstullo :
Che dentro a questi termini e ripieno
Di venenosi sterpi , si cbe tardi
Per coltivare omai verrebber meno.
Ov' e 'I buon Licio , ed Arrigo Manardi ,
Pier Traversaro, e Guido di Carpigna?
o Romagnuoli tornati in bastardi I
Quando in Bologna un fabro si ralligna :
Quand 'n Faenza un Bernardin dl Fosco,
Verga gentil di pieciola gramigna.
Non. ti maravigliar rI io piango, Tosco,
Quando rlmembro cOn Guido cia Prata
U goUn d' Azzo che vlvette nollCO;
FederJgo Tignoso e sua brigata ;
La easa Traversara e gll Anastagi :
E I' una gente e I' aItra e diretatB :
I.e donne e 1 cavalier, gil affannl e gil agi,
Che ne 'nvogllava amore e eorteaia I
LA dove i cuor son fatti st malvagi.
o Bretttnoro, cbe non fuggi via,
Poiche glta se n' e la tuB famigUa
E molta gente, per non easer ria ?
Ben fa Bagnacaval che non riftglia;
E mal fa Castrocaro, e peggio Conio
Cbe di ftgUar tal Conti piiJ. 8' impiglia.
Ben faranno i Pagan quando '. Demonio
Lor sen girl; ma non pem , ehe puro
Giammai rimanga d' assi testimonio.
o Ugolin de' Fantoli, sieuro
E it nome too, da che piiJ. non a' aspetta
Chi far 10 possa tralignando oscuro.
Ma va via, Tosco, omai, eb' or mi diletta
Troppo di pianger piiJ. cbe dl parlare;
Sl m' ha nostra region la mente atretta.
Noi sapevam ehe queli' anime care
Ci sentivano andar; pem tacanOO
Facevan nol del eammin confldare.
Poi fummo fatU soil procedendo I
Folgore parve quando I' aer fende I
Voce che giunse dl contra, dieendo :
Anciderammi qualunque mi preod.e I
E fugglo, come loon che si dilegua,
Se subito la nuvoia scoseende.
Come da lei l' udir nostro ebbe tregua ,
Ed aeco I' altra con a1 gran fraC8llSO,
Che somiglio tonar che tosto segua :
10 sonG Agiauro che divenn! 88lI8O.
Ed allor, per lstringermi al poeta,
Indietro feci e non innanzi 'I passo.
Gia era I' aura d' ogni parte queta ;
Ed ei mI disse : quel tu II duro camo
Cbe dovria I' uom lener dentro a aua meta.
Ma voi prendete I' esca 81 che l' amo
Dell' antico avversario 8 se vi lira;
E pem poco val freno 0 richiamo.
Chiamavi '1 cielo e 'ntomo vi si gira
Mostrandovi Ie sue bellezze eterne,
E I' oeehio vostro pure a terra mira;
Onde vi balte chi tutto disceme.
... ..... ., ..
CANTO xv.
Un Angelo In'fila I Poeti a contiouar Ia . salIta. Qulstioni
teologicbe sulla beatitudioe eteroa. Estasi dl Dante.
Quanto tra I' ultimar dell' ora terza
E '1 princlpio del dl par della spera

66 IL DANTE.
Quando I' anima min tomb di fuori
Alle case che son !nor di lei ,'ere,
10 riconobbi i miei pon falsi errori.
Lo duca mio che mi potea vedere
Far SI com' uom che dal soono si slega,
Disse : che hal, che non ti puoi tenere?
Ma se' venuto piu che mezza lege
Velando gli occhi e con Ie gambe avvolte,
A guisa di cui vino 0 sonno piega?
o dolce padre mio, se tu m' 8800100,
10 ti dim, dis&' io , cio che m' apparve
Quando Ie gambe mi Curon sl tolte.
Ed ei : se tu avessi cento larve
Sovra In raccin, non mi sarien chiuse
Le tue cogitazion quantunque parve.
Cio che vedesti tu perche non sease
D' aprir 10 cuore all' aeque della pace
Che daU' etemo Conte son diffuse :
Non dimandal che hai, per quel che face
Chi guarda pur con l' occhio che non vede
Quando disanimato iI corpo glaee;
Ma dimandai per darti Cona al plede :
Cosl Crugar conviene i pigri lenti
Ad usar lor vigilia quando riede.
Noi andavam per 10 vespero attenti
Oltre quanto potea I' occhlo allungarsi
Contra i rnggi serotini e lucentl;
Ed ecco a poco a poco un fumo farsi
Verso eli noi come la notte osculo,
Ne da queUo era loogo da caDsani :
Questo ne tolse gil occhi e I' aer puro.
CANTO XVI.
Terzo balzo I gl' lracondl, purgatl nel fumo. Pula coo
lIarco Lombardo IUU' Iollul8O degl.l a&trl. e .rena U romano
Pontefu:e.
Bujo d' inferno, e eli notte privata
D' ogni planeta sotto pover cielo,
Quant' esser puo di nuvol tenebrata,
Non feee al viso mio sl grosso velo,
Come quel fumo ch' ivi cl coperse,
Ne al.sentir di cosi aspro pelo;
Che I' occhio stare aperto non soflerse,
Onde la scorta mia saputa e fida
Mi s' accostO e l' omero m' offerse.
Sl come cieco va dietro a sua guida
Pel' Don smarrirsi e per non dar di cozzo
In cosa rhe 'I molesti ovver ancida;
M' andava io per I' aere amaro e sozzo,
Ascoltando il mio duca che'dlceva
Pur: guarda che da me tu non sie mozzo.
10 sentia voci, e ciascuna pareva
Pregar per pace e per misericordia
•
L' Agnel di Dio che Ie peccata leva.
Pur Agnw Dei eran Ie loro esordla :
Una parola in tutti era ed un modo,
Si che pares tra esse ogol concordia:
Quei sono spirti, maeltro, ch' i' odo?
Diss' io; ed egli a me : tu vero apprendl ,
E d' iracondia van solvendo 'I nodo,
Or tu chi se' che 'I nostro fumo fendl,
E eli noi parli pur come se tue
Partissi aneor 10 tempo per calendi?
Cosl per una voce detto fue;
Onde 'I maestro mio disse : rispondi,
E dimanda se quinei si va sue.
Ed io : 0 creatura che tl mondl
Per tornar bella a colui che ti fece,
l\laraviglia udiral se mi secondl.
I' ti seguUero quanto mi Ieee,
Rispose; e se veder fumo non lascla,
L' uelir cl terra giunti in quella vece.
Allora incominclai : con quella fascia
Che la morte dissoh'e men vo 8080 ,
E vennl qui per la 'nremale ambascia ;
E se Dio m' ha in sua groia rinchiu80
Tanto ch' e' vuol ch'io veggla la sua earle
Per modo tutto foor del moderno uso,
Non mi eelar chi fosti aOl11a morte,
Ma dilmi, e dlmmi s' io vo bene al vareo,
E tue parole flen Ie nostre scorte.
Lombardo CUt e fui chiamato Marco :
Del mondo seppi, e quel valore amal
AI quale ha or clascun disteso r area:
Per montar su dlrettamente val.
Cos\ rlspase j e soggiunse: 10 ti prego
Che per me preghi quando su saral.
Ed 10 a lui: per fede mi ti lego
Di far cio che mi chiedl, ma io scopplo,
Dentl'O da un dubbio s' 10 non me ne spiego.
Prima era scemplo ed ora e Catto dopplo
Nella sentenzfa tua che ml fa certo
Qui ed altrove quello ov' 10 l' accoppfo.
Lo mondo eben cosl tutto diserto
D' ogni virtute come tu mi suone ,
E di malizia gravldo e coverto;
Ma pregoche m' additi la cagione,
Si ch' lola vegga e ch' io 10 mostri altrol,
Che nel eiel uno, ed un quaggiil la pone.
Alto sospir che duolo"strinse III hUi,
Mise fuor prima, e poi comlnelo : frate,
Lo mondo e cleco) e tu vien ben da lui:
Voi che vivete ogoi cagion recate
Pur suso al clel, cosl come Be tutto
Movesse seco di necessitate.
Se cosi fosse, in voi fOl'a cllstrutto
Libero arbitrio, e non fora giustizia
Per ben letizla e per male aver lutto.
Lo cielo f vostri movimentl inizlo,

74 IL DANTE.
AI DUo ardor fur aeme Ie tavlUe
Cbe mi sealdar della dlvina fiamma
Onde sono allumati plu dl mille i
Dell' Enelda dlCO, la qual mamma
Fumml e lummi nutrice poetando :
Sanz' essa non fennal peso dl dramma.
E per esser vivuto di lil quando
Visse Virgilio, assentirel un sole
Piu ch' i' non deggio aI mio usciJ' dl bando.
Volser Virgilio a me queste parole
Con viao ebe tacendo dlcea : tacl;
Ma non pUO tutto la virtU che vuole ;
Che riso e pianto son tanto seguacl
Alia passion cia che ciascun si spicca,
Che men seguon voler ne' plu veracl.
10 pur sorrisi, come l' uom cb' ammleca :
Percbe I' ombra Ii tacque , e rjguardornml
Negll occbi ove 'I sembiante phI si. ficca.
E se tanto lavoro In bene assommi ,
Disse, perche la Caccia tua testelO /
Un lampeggiar d' un rlso dlmostromml ?
Or son 10 d' una parte e d' altra preso :
L' una mi fa lacer, l' altra scongiura
Cb' 10 cDea i ond' 10 sospiro e sono lnteso.
Di' , iI mio maestro, e non aver p8,urn,
Ml disse, dl parlar; ma parla e dlgU
Quel ch' e' dlmanda con cotanta Ctml.'
Ond' 10 : torse cbe tu tf maravlgll ,
Antico &pirto, del rider cb' 10 Cei;
Ma piu d' arnmlrazlon vo' cbe tf pigU.
Qusti che golda in alto gil occhl miei
E quel Virgilio dal qual tu togUestl
Forte a cantar degll uomlnl e de' Del.
Se cagione Itltraal mio rider credestl,
Lasciala per non vera, ed esser credl
QueUe parole cbe di lui dlcesti.
Giil si. chinava ad abbracciar 11 pied!
AI mio doU:or, rna el Ii dlsse : frote,
Non far, cbe tu se' ombra ed ombra vedl;
Ed ei surgendo : or puol la quantitate
Comprender dell' amor ch' a te mi scalda,
Quando dismento Rostra vanitate ,
Trattando I' ombre come cosa salda.
... .., ........
CANTO XXII.
SeIto baIIo I 1 80I0Il. Slazlo I'ICCODIa come ViI'SlUo il fece
• poeta e erIatIIDo. AJbero mIIdco. BeeIIIpI d1l1Obrtetl.
Glil era l' angel cI1etro a Dol rimaso ,
L' angel cbe n' avea volU al sesto giro,
A vendomi dal viso un colpo raso;
E quel cb' banno a giostlzia lor disiro
Detto nt avean, BeaU, In Ie sue vod,
Con MHo I e senz' altro cia fornh'O :
Ed 10 pu Jieve cbe per r altre foci
M' andava sl cbe RDZa alcun labore
Seguiva In su gil spirlti velocl :
Quando VirgUo comincio : amore
Acceso da virtU sempre altro accese I
Pur cbe la flamma soa paresse foore.
Onde dall' ora cbe tra Dol discese
Nel Umbo del10 'nfemo Giovenale
Cbe la tua affezion mi Ce' palese,
Mia benvogllenza lnverso te fu quale
PhI strinse mal ell non vista persoDB,
Sl cb' or mi parran corte queste scale.
Ma dimml, e come amico mi perdona
Se troppa sicurta m' aUarga iI Creno,
E come amlco omai meco ragJona :
Come poteo trovar dentro aI tuG seno
Luogo avarizla tra cotanto senno
Dl quanto per tua cura fostl pieno 1
Queste parole Stazio muover fenno
Un poco a riso pria , poscia rlspose :
Ogni tuo dir d' amor m' e earo cenno.
Veramente piu volte appajon COle
Che danno a dubitar falsa matera
Per Ie vere cagion cbe son nascose.
La tua dlmanda tuo creder m' avvera
Esser cb' 10 fosst avaro in l' altra vita J
Forse per quella cerchla doy' 10 era,
Or sappi , cbt avarizia fu partlta
Troppo da me; e questa dismlsura
MigllaJa ell lunari banno punlta.
E se non fosse cb' 10 drizzai mIa cora
Quando' 10 Intesi 11 dove tu chiarne J
Crocc1ato quasi aU' umana lJatura :
Per cbe non reggi tu, 0 sacra fame
Dell' oro, l' appetito de' mortaU?
Voltando sentire1 Ie gl08tre grame.
Allor m' aceorst cbe troppo aprir .' ali
Potean Ie mant a spendere, e pentemi
CoIl dl quel come deglt altri mali.
Quanti risurgeran cot crini seeml
Per l' ignoranza cbe di questa pecca
TogUe 'I penter vtvendo e negll stremll
E sappl cbe la colpa cbe rimbeeca
Per dritta opposizlone aleun peccato,
Con esso tnsieme qui suo verde secca.
PerO s' to IOn tra quella gente &tato
Che piange I' avariEla, per purganni,
Per 10 contrario suo m' e iucontrato.
Or quando tu cantastt Ie crude armi'
Della doppta tristlzla di Giocnstn ,
Dlsse'l cantor de' bucollcl carmi,
Per quel che Clio Ii con teco tasta
!'fon par cbe tI facesse ancor fedele
La fe, senza 18 qoal ben far non basta.
Se cosl e, q\\allOIe 0 qual candele

76 It DANTE.
Tal che dJletto e dogHa parturle.
o dolce padre, che e quel ch' i' odo!
Comincia' io; eel egli : ombre che vanno
Forse di lor dover solvendo il nodo.
Sl come i peregrin pensosi lanno ,
G1ugnendo per eammln gente non nota,
Che si volgono ad essa e non ristanno :
Cosl diretro a noi pin tosto mota,
Venendo e uapassando, ci ammirava
D' anime turba tacita e devota.
NegU ocehl era ciaseuna oscura e cava;
Pallida nella Caccia e tanto scerna ,
Che dall' ossa la pelle s' lnformava.
Non credo ehe cosl a bucela strema
Erisiton si Cuase Catto secco
Per dlglunar , quando piil n' ebbe tema.
10 dicea fra me stesso pensando: eceo
La gente ehe perde Gerusaiemme
Quando Maria nel llgUo dle di becco.
Parean l' occhiaJe anella senza gemme.
Chi nel viso degH uomini legge 0 m 0,
Ben avria quivi conoscluto I' emme.
Chi crederebbe ehe I' odor d' nn pomo
Sl govemasse, generando brama,
E quel d' un' acqua, non sappiendo como?
GiA era in ammirar ehe sl gl1 affama,
Per la cagione anoor non maDiCesta
Di lor magrezza e di lor trista squama:
Ed ecco del proCondo della testa
Volac a me gli occhi un' ombra e guardo flso,
Poi grido Corte : qual grazla m' e questa ?
Mal non I' avrei riconoscluto al visa;
Ma neUa voce sua mi Cu palese
Cio che I' upetto In se avea conquiso:
Questa lavilla tutta ml racceae
Mia conoscenza alia cambiata labbla J
E ravvisai la Caccia di Forese.
Deh non contendere ali' asclutta scabbJa
Che mi scolora , prega'Ya, la pelle,
Ne a dlfetto di carne ch' 10 abbia ;
Ma dimmi 'I ver dl te, e chi son quelle
Due anlme ebe IA ti fanno scorm:
Non rlmaner che tu DOn m1 favelle.
La Caceia tun ch' lolagrlmai glA morta .
Mi dA dl pianger mo non minor dogUa,
Rlspos' 10 lui, nggendola sl torta:
Pero mt di' per Dio, ehe s\ vi sCogUa :
Non ml Car dir menu' 10 ml maravlglio;
Che mal puo dir chi e pien d' altra voglia.
Ed egU a me : dell' eterno consiglio
Cade virtn nell' acqua e nella pianta
Rimasa addietro, ond' 10 si mi sottiglio.
Tutta esta gente ehe plangendo eanta J
Per segultar la gola oltre misura
In fame e In sere qui sl riCA santa.
DI bere e di mangiar n' accende cura
L' odor 00' esce del porno e dello sprazzo
Che sl dlstende su per la verdura.
E non pure una volta questo spazzo
Gfrando, sl rlnfresca nostra pena :
10 dico pena e dovre' dire sollazzo;
Che qnella voglla all' albero cI mena,
Che meno Cristo lieto a dire Eli
Quando ne libero eon la sua vena.
Ed fo a lui: Forese, da quel dl
Nel qual mututl mondo a miglior vita
Clnqu' anni non son volU lntino a qui :
Se prima fu la possa in te llnita
Di peccar pin, ehe sorvenisse l' ora
Del buon dolor ch' a Dio ne rimarlta,
Come se' tu quassil venuto? ancora
10 ti creelea trovar laggln di sotto
Dove tempo per tempo sl ristora.
Ed egU a me : Ii t.osto m' ha condotto
A ber 10 dolce assenzio de' martirl
La Nella mia col suo plangerdlrotto:
Con suol priegbi devoti e con sosplrI
Tolto m' ha della costa ove s' aspetta ,
E Iiberato m' ha degH altrl giri.
Tant' e a Dio pin cara e plil diletta
La vedovella mla che molto amal ,
Quanto In bene operare t! phi soletta :
Che la Barbagla di Sardigna 8ssal
Nelle femmine sue e pin pudica
Che la Barbagla dov' to la lascial.
o dolce frate, ebe yooi to ch' 10 dica?
Tempo futuro m' e gIA nel cospetto J
Cui non sarA quest' ora molto anUea,
Nel qual sam in pergamo interdetto
Aile sfacciate donne florentine
L' andar mostrando colle poppe II petto.
Qual barbare fur.mai, quai saraclne
Cui bisoguasse, per Carle Ir coverte ,
o spiritali 0 altre discipline?
Ma se Ie svergoguate fosser certe
Di cioche 'I ciel veloce loro ammanna,
GiA per urlare avrian Ie bocche aperte.
Che se l' antiveder qui non m' inganna,
Prima flen trlste ebe Ie gnance impeU
Colut che mo sf consola con nanna.
Deh frate, or fa che piiJ nOD ml U cell :
Vedt che non pur to, ma questa gente
Tutta rlmira IA dove '1 sol velie
Perch' 10 a lui : se ti rlducl a mente
Qual costi meeo e quale io teco Cui,
Ancor fia grave il memorar presente.
Dl quella vita mi volse costui
Che mi va innanzi, l' altr' ler quando tonda
Vi sf mostrO la suora d\ colui ,
E 'I sol mostroi. Costul per la profonda
Notte menato m' ha de' veri mord
Con questa vera earn, ebe 'I seeonda.

Una doDDa soletta che Ii gta
Cnntando ed iscegUendo flor cia flore
Ond' era pinta tutta la sua via.
Deh, bella donna ch' a' raggi d' amore
Ti scaldi, s' 10 vo' credere a' semblnntl
Che soglion easer testJmon del cuore ,
Vegnati voglla eli trarretJ avantl,
Diss'io a lei, verso questa riviera
Tanto ch' 10 possa intender ehe tu eanti.
Tn mi fal rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo ehe perdette
La madre lei ed ella primavera.
Come sf volge con Ie piante strette
A terra e intra se donna che balU ,
E piede innanzi piede appena mette ;
Volsesf in su' vermlgli ed in su' giaUi
Fioretti verso me, non aItrimenti
Che vergine che gli ocehi onesti avvalli.
E fcce I prieghl mlel esser contentl
Si appressando se, che 'I dolce Suono
Venlvaa me co' suol intenelimenti.
Tosto che fu II. dove l' erbe sono
))agnate giA dall' onde del bel flume,
Di levar gli occhl suol ml lece dODO.
Non credo ehe splendesse tanto lome
Sotto Ie ciglia a Venere trafltta
Dal flgUo, foor di tutto suo costume.
Ella ridea dall' a1tra riva dritta ,
Tra.endo piu color con Ie sue manf ,
Che I' alta terra seuza seme gltta.
Tre passl cl facea 'I flume 10ntanl :
Ma Ellesponto, Ii 've pa.ssO Serse ,
Ancora freno a tutti orgogU umaol,
Piu odio da Leandro non 60trerse
Per mareggiare intra Sesto e Abido,
Che que) da me perch' allor non s' npene.
Vof siete nuovi ; e fone perch' fo rido,
Comlncio ella, in questo luogo elello
All' umana natura per suo nldo,
Maravigliando tienvi aleun sospetto :
Ma luee rende iI salmo Delectasli
Che puote dfsnebbiar vostro intelletto.
E tu ehe se' dinanzi e ml pregastl ,
Di' s' altro vuol udfr ; ch'io venni presta
Ad ogni tua qulstlon tanto che basti.
L' aequa, diu' 10 , e 'I suon della foresta
Impugnan dentro a me novella fede
Di oosa eh' io udl' contraria a questa.
Ond' ella: fo dleero come procede
Per sua cagion cia eh' ammirar ti face,
E purghero la nebbia ehe ti flede.
Lo sommo Ben, che solo e880 a se piace,
Feee I' nom buono a bene , e questo loco
Diede perarra a lui d' etema pace.
Per lUll dilralta qni dimoro poco :
Pl'r sua dltralta In pianto ed In a«anoo
PURGATORIO, CANTO XXVIII. 83
Cambia onesto riIo e dolee gloco.
. Perche 'I turbar ehe sotto da se fanno
L' esalazion den' nequa e della terra,
Che quanto posson dletro al calor vanno,
All' uomo non facesse a1euna guerra,
Questo monte sano ver 10 eiel tanto,
E libero e da indi ove sl serra.
Or, perche In circuito tutto quanto
L' aer si volge con la prima volta,
Se non gli e rotto n cerchio d' aleun canto,
In questa altezza ehe tutta e disciolm
N'ell' aer vivo, tal moto percuote
E fa sonar la selva perch' e folla;
E la percossa pianta tanto puote
Che della sua virtute I' aura impregna ,
E quella pol glraudo intomo seuote i
E s' a1tra terra, secondo ch' e degna
Per se 0 per suo eiel, concepe e flgUa
Di diverse virtu diverse legna.
Non pilrrebbe df IA poi maravlg1ia,
Udfto questo , quando alenna pianta
Senza seme palese vi a'. appl gUa.
E saper dei che la campagna santa ,
Ove tu se' , d' ogoi semenza e piena
E frutto ha In se ehe df 1& non si sehlantn
L' aequa che vedl non surge dl vena
Che rlstori vapor, ehe giel converta,
Come flume ch' acqulsta e perde lena ;
Ma esce di fontana salda e certa,
Che lanto dal voler di Dio riprende
Quant' ella versa da due parti aperta.
Da questa parte eon virtU dfseende
Che togUe altrui memoria del peecato ;
Dall' altra d' ogni ben fallo la rende.
Quinel Lete, cosl daU' altro latO
Elmoe si chiama; e Don adopra
Se quinci e quindi pria non e gustato.
A tutt' altrl sapori esso e eli sopra :
Ed avvegna eh' assai possa esser sazla
La sete tua; perch' 10 pliI non ti scuopra I
Darotti un corollario ancor per grazla :
Ne credo ehe 'I mio dlrti ala men caro
Se oltre promfsslon teco si spazla.
QueUi eh' anticamente poetaro
L' eta den' oro e suo slato felice ,
Forse in Parnaso esto loco sognaro.
Qui (u Innoeente l' umana raclfce : •
Qui primavera sempre ed ognl frutto :
Nettare e questo di che ciaseun dice.
10 mt rlvolsi addietro aHora tutto
A' miei poeti, e vidi ehe con riso
Udlto avevan l' ultimo costnltto ;
Poi alla bella donna tornai '1 viso.
•• ,''t' •• H
6.

A se me tanto stretto per vedersi ,
Che di mia confession non mi sovvenne.
Quali per vetri trasparenti e tenl,
Over per acque nitide e traDqullle ,
Non Ii profonde che i foOOi sien peni,
Torno de' nostri visi Ie postille
Debili s\, che perla in blanca fronte
Non vien men forte aIle nostre pupilJe;
Tali vid' io pin facce a parlar pronte:
Perch' io dentro all' error contrario corsi
A quel eh' aeeese amor tra l' uomo e '1 fonte.
Subito si com' io di lor m' aecorsl,
QueUe stimando speeehlati sembianti,
Per veder di cui fosser gll ocehi torsi,
E nulla vidi, e ritorsili avanti
Dritti uellume della dolce guida
Che sorridendo ardea negll occbi santi.
Non ti maravigliar perch' io sorrida,
Mi disse, appresso 11 tuo puerll eoto;
Poi sopra it vero ancor 10 pie non Oda,
Ma te rivolve, come 8uole, a voto.
Vere sustanzie son eli) che tu vedt,
Qui rilegate per manco di voto.
PerO parla con e8lle ed odi e ereeli ,
Che Ia nrace luee ehe Ie appaga,
Da se non lascia lor torter Ii pied1.
Ed io all' ombra che parea pin vaga
Di ragionar, drlzz8ml, e cominclai ,
Quasi com' uom eui troppa voglia smaga :
o ben ereato spirito, ehe a' rid
Dl vita eterna la doleezza senti
Che non gustata non s' intende mat i
. Grazioso mi 8a se ml contenti
Del nome tp.o e della V08tra sorte.
Ood' ella pronta e cOn oc:cbi ridenti :
La n08tra carita non serra porte
A giusta voglia, se non come quella
Cbe vuol simile a .Be tutta sua corte.
10 fui nel Mondo vergiDe sorelia ;
E .Be la mente tua ben si riguarda
Non mi ti celera I' esser phi bella,
Ma riconoscerai eh' io son Picearda ,
Che 'posta qui con questi altri beati
Beata son nella spera pin tarda.
Li nostri affetti, ehe solo inflammati
Son nel piacer dello Spirito Santo,
Letiztan del suo ordlne formati :
E questa sorte che par giil cotanto
PerO n' e data, percbe fur negletti
Li n08tri voti , e YoU In aleun canto.
+
Ond' io a lei: ne' mlrnblll aspeW
V 08trl risplende nOll 80 ('he divino
Che vi trasmuta da' primi concetti :
Pero non fut n rimembrnr festlno :
Ma or m' ajuta cia ehe tu ml diet,
Si ehe iJ raftigurar m' e piil latino.
IL DANTE.
I
Ma dimmi: vol ehe slele qui Celiei ,
Desiderate voi piil alto loco
Per pill vedere 0 per pill farvi amici ?
Con quell' a1tr' ombre pria sorrise un poco'
Da Indi mi rispose tanto lieta, '
Ch' arder parea d' amor nel primo foco :
Frate, la nostra "olonta quieta
VirtU di carita che fa voleme
Sol quel ch' avemo, e d' altro non ei as&eta.
Se disiassimo esser piil superne ,
Foran discordi Ii nostri disirl
Dal voler di Colui ehe qui ne cerne;
Che vedral non capere in quest1 girl,
S' esael'e in caritate e qui neeesse.
E se la sua natura ben rimiri : .
ADzI e tormale ad esto beato esse
Tellersi dentro alia divina vogUa ,
Perch' una fansi nostre voglie stesse :
Sl che come nol siam di sogUa in sogUa
Per questo regno, e tutto n regno place,
Com' a110 Re ehe in suo voler ne invoglia:
In la sua volontade e nostra pace :
Ella e quel mare al qual tutto si muove
Cia eh' ella cria 0 ehe natura face.
Chiaro ml to allor com' ogni dove
In clelo e paradiso j e sl la .grazia
Del sommo Ben d' un modo non vi plove.
Ma siccom' egU avvien eh' un clbo sazla,
E d' un altro rimane aneor la gola,
Cbe quel si eh1ere e di quel si rlngrazla ;
Coal fee' io con atto e con parola
Per apprender da lei qual fu In tela
Onde non trasse Insino al co la spola •
Perfetta vita ed alto merto inclela
Donna pill so, ml d1s&e , alia cui DOrma
Nel V08tro Mondo gin si vette e vela;
Perehe 'n fino al morlr si veggbi e dorma.
Con queUo sposo eh' ogni voto accetta,
Che caritale a suo piacer conforma.
Dal Mondo per leguirla giovinetta
Fugglmi, e nel su' abito mi cbiusi,
E promlsi la via della sua letta. .
Uomini poi a mal piil che a bene usl
Fuor mi raplron della dolce ehlostra :
Dio 10 81 sa qual pol mia vita fust.
E quest' a1tro splendor ehe t1 sl mOstra
Dalla mia destra parte, e che s' aecende
Di tutto illume della spera n08tra ,
Cia ch' 10 dico dl me , dJ Ie Intende :
Sorelln fa, e cosl Ie fa tolta
DI capo l' ombra delle &acre bende.
Ma poi che pur al mondo ta rlvolta
Contra suo grado e contra buona usanza ,
Non fu dal vel del euor giammai disciolta.
Quest' e la luee della gran Costanza
Che del secondo vento di Soave

-ItO
E reee quietar Ie _nte corde
Che la destra del clelo allenta e tira.
Come saranno a' giustl prieghi sorde
Quelle sustanze che, per darmi voglia
Ch' io Ie pregassl, a tacer fur concorde?
Ben e che senza termine si doglia
Chi, per amor di cosa che non duri
Etemalmente, quell' amor 51 spoglia.
Quale per Ii seren tranquiIli e purl
Discorre ad ora ad or subito fuoco ,
Movendo gJi oeebi the stann sicurl I
E pare stella cbe trarnuti loco,
Se non che daUa parte onde s' accende
Nulla sen perde ed esso dura poco;
Tale dal como cbe 'n destro si stende,
Al pie di quella croce corse lID astro
Della costellazion cbe II risplende :
Ne sl partila gemma dal suo nastro :
Ma per la I1sta radial trascorse ,
Che parve fuoco dietro ad alabastro :
Sl pia l' ombra d' Anchise 51 porse
(Se Cede merta nostra rnaggior musa)
Quando in Elisio ftl figUuol 5' accorse.
o sanguis meus, 0 super in/usa
Gratia Dei, sicut Ubi cui
Dis unquam cQ!lijanua reclusa!
Cosl quel lume, ond' io m' attesl a lui:
Poscia rivolsi aHa mia donna II viso,
E quincl e quindl stupefatto tol :
Che dentro agH ocehl suoi arden un ri80
Tal, ch' 10 pensal co' miel toccar 10 fondo
Della mia grazia e ael mio paradiso.
Indi ad udire ed a veder giocondo
Giunse 10 spino al suo principia case
Ch' io non inlesi I 5i parlo profondo :
Ne per elezlon ml sl nascose ,
Ma per necessltil : che '1 suo concetto
Al segno del mortal si soprappose.
E quando I' arco dell' ardente affetto
Fu si sfogato, che 1I parlar dlscese
Inver 10 segno del nostro Intelletto,
La prIma cosa che per me 5' intese,
Benedetto sie tu , Cu, trino ed uno;
Che nel mio seme se' tanto cortese :
E seguitO : grato e lontan digiuno,
Tratto leggendo nel magno volume
U' non si muta mal bianco ne bruno,
Soluto hal , flglio , dentro a questo lume
In ch'to ti parlo, meree dt colei
Ch' all' alto volo ti vesti Ie plume.
Tu credi che a me tuo pensier mei
. Da quel ch' e primo, cosi come raja
Dall' un , se si conosce I il cinque e 1 sel.
E pero ch' io mi sia e perch' 10 paja
PiiI gaudioso a te, non mi dimandi ;
Che alcun altro in qtlesta turba gaja.
IL DANTE.
Tu creeli 1 vero che i minori e i grandi
Di questa vita mIran nello spegJio ,
In che prima che pensi it pensier pandl.
Ma perche 'I sacro amore, in che 10 veglio
Con perpetua vista e che m' asseta
Di dolce desiar , s' adempia meglio ;
La voce tua sicura balda e Ueta
Suoni la volontil, suoni 'I desiO,
Ache la mla risposta e giA decreta.
I' mi volsl a Beatrice: e queUa udio
Pria ch' to parlassi, e arrisemi un cenno
Che Ceee crescer I' ali al voler mIo ,
Poi cominclai cosi : I' aCretto e 'I senna,
Come la prima egualitil v' apparse ,
D' un peso per ciascun di vol 51 (enno :
Perocche al sol, che v' a1lumo ed nrse
Col caldo e con la luce, en si egnall
Chf! tutte simigllanze sono scarse.
Ma voglia ed argomento ne' mortall ,
Per la cagion ch' a vol e manifesta,
Diversamente son pennuti in ali.
Ond' io che son mortal, lI1i sento In questa
Disagguag1iaoza; e perO non ringrazlo
Se non col cuore alia paterna festa.
Ben supplico a te, vivo topazio,
Che questa gloja prezlosa ingemmi,
Perche m1 Caeel del tuo nome sazlo,
o Crond", mia in che io compiacemml
Pure aspcttando, 10 CUi la tua radlce :
Cotal principio, rlspondendo, femmi.
Poscia ml disse: quel da cui si dice
Tua cognazione, che cent' anni e piue
Girato ha'l monte in la prima cornice,
Mio figlio Cu e tuo blsavo fue: .
Ben si convien che la luuga fatiea
Tu gJi raccorci con l' opere tue.
Fiorenza dentro dalla cerehia nntica ,
Ond' ella toglie ancora e term e nona.
Si stava in pace sobria e pudica.
Non avea cateneUa, non corona,
Non donne contigiate, non cintura
Che fosse a veder piil ehe In persona.
Non faceva'nascendo ancor paura
La flglia al padre, che n tempo e la dote
Non Cuggian quinci e quindi la mlsura.
Non avea case di famiglia vote:
Non v' era giunto aneor Sardanapalo
A mostrnr eio ch' in camera si puote.
Non era vinto aneora Montemalo
Dal vostro Ueeellatoio, che com' e vinto
Nel mOlltar su, cosl sara nel calo.
Bellincion Berti vid' io nndar cinto,
Di cuojo e d' 0880 , e venit dano speccbio
Da donna sua senza 'I viso dipinto :
E vidi quel di Nerli e quel del Vecchio
Esser contenti alia pelle 5COverta,

E Ie sue donne al luso ed al penneccbio ':
Oh fortunate I e clascuna era certa
DeUa 8ua sepoltura, ed anoor nulla
Era per Francia nelletto deserta.
L' una vegghiava a studio della culta,
E consolando usava I' idioma
Che pria Ii padri e Ie madri trastulla :
L' aim traendo aUa rocca la chioma
Favoleggiava oon 1a sua famiglia
De' Trojani e di Fiesole e-di Roma.
Saria tenuta allor tal maraviglia
rna CiangbelJa, un Lapo Salterello,
Qual or saria Ciocinnato e Corniglla.
A cosl rfposato, a cosl"ello
Viver di cittadini, a cosl ftda
CittadilllllUa ,8 cosl dolce osteUo,
Maria mi die, chiamata In alte grida;
. E nell' antieo vostro Batlsteo
Insieme fui cristiano e Caceiaguida.
Moronto fu mio frate ed Eliseo :
l\liadonna venne a me di Val di Pado,
E quindl ' 1 soprannome tuo 51 feo.
Poi seguital 10 'mperador Currado,
FA ei mi cinse della sua mUizia,
Tanto per beneoprar gli vennl a grado.
Dietro gil andai incontro alia nequizla
Di quella legge, il cui popolo usurpa
Per colpa del pastor vostra giustizla.
Quivi fu' io da quella gente turpa
Disviluppato dal Mondo fallace,
II cui arnor molt' anlme deturpa,
E venol daI martirio a questa pace.
............
CANTO XVI.
Continua ragIooando COD ClIlCI.qulda de' 1001 antenati,
de' modeml dllOl'dlnl, e deUe varle vlcende della 1.1lI
pm;..
o poca nostra nobiitA di sangue,
Se gloriar dl te)a gente fal
Quaggiu dove I' affetto nostro langue,
Mirabil cosa non mi sara mal ,
Che 18. dove appetito non si torce,
Dico nel cielo, io me ne gloriai.
Ben se' tu manto che tosto raccorce,
Si che se non s' appon eli die in die,
Lo tempo va dintorno con Ie force.
Dal voi cbe prima Rorna sofferie,
J n che In sua famiglia men penevra,
Ricominciaron Ie parole mie:
Onde Beatrice ch' era un poco scevra,
Ridendo parve quella che tossio
.A I primo fallo seritto di Ginevra.
10 eomineiai : vol siete 'I padre nrio :
. ...
PARADISO, CANTO XVI. 4f1
+ Vol mi date a parlar tutts baldezza :
Vol mi levate si ch' to son piil ch' 10 :
Per tanti rlvl s' empie d'allegrezza
La mente mia cbe di se fa 1etizia,
Percbe puo sostener che non sl spezza.
Ditemi dunque, cara mia primlzia,
Qual turo I vostri antichi e qual fur gil annl
Cbe si segnaro in v08tra puerizia?
Dltemi dell' ovil dl san Giovanni,
Quant' era allora e chi eran Ie genti
Tra esso degne di piil alti scannl?
Come s' avviva allo splrar de' venti
Carbone in fiamma, cosl vldi quella
Luce risplendere a' miei blandimenti :
E. come a gU ocehi mlei si fe' piil bello,
Cosi con voce ptil dolce e soave, '
Ma non con questa modema favella,
Dissemi : da quel di cbe fu detto Ave
Al parto in ehe mla madre, ch' e or santa,
S' allevio di me ond' era grave,
Al suo Leon cinquecento cinquanta
E tl'e llate venne questo fuoco
A rinfiammarsl sotto la sua planta.
Gil antichi miei ed io nacqui nellooo,
Dove sl truova prin I' ultimo seato
Da quel che corte II vostro annual gillOCO
Basti de' mlet maggtori udime questo;
Chi ei sl furo, ed onde venner quivi,
Piil e II tacer cbe 'I ragionare ooesto.
Tutti color ch' a quel tempo eran Ivi
Da portar arme tra Marte e.'1 Batista,
Erano 'I quinto di quei che son vivi :
Ma la eittadinanza ch' e Ql' mista
Di Campi e di Certaldo e di Figgbine,
Pura vedeasl nell' ultimo artlsta.
o quanto fora meglio easer vicine
Quelle genti ch' to dlco, ed ai'Galluzzo
Ed a Trcspiano aver vostro con1lne;
Che averle dentro, e sostener 10 puzzo
Del villan d' Aguglion, di quel da Signa,
Che giA per barattare ha I' occhio aguzzo I
Se la gentecb' al Mondo piu traligna,
Non f05se stata a Cesare noverca,
Ma come madre a suo llgUuol bcoigna :
Tal fatto e 1l0rentino, e cambia e merea,
Che 5i sarebbe volto a Slmifonti
LA dove andava I' avolo alia cerca.
Sariesi Montemurlo anoor de' Conti;
Sarien i Cercbi nel plvler d' Acone,
E forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
Sempre la confusion delle penone
Principio fu del mal della cittade,
Come del corpo iI cibo che s' appone.
E cieco loro phI avaceio eade
Che eieco agoello; e molte volte taglia
Piu e meglio una che Ie cinque spade:

CANTO XXVI.
Pine dell" eume BUlle ,.1rtU teolopU. JDCOIItro dl Adamo.
cbe parla d111U1l reDen. e neutura, e del primo Ilnglll&sto
deSU uomIIIl.
Mentr' io dllbbiava per 10 viso spento ,
Della fulgida fiamma che 10 spense
Uscl un spiro cbe mi fece attento ,
Dicendo : intanto che tu ti risense
Della vista che hai in me consunta ,
Ben e ehe ragionando Ia com pense.
Comineia dunque , e di' ove s' appunta
L' anima tua, e fa ragion che sia
La vista in te smarrita e non defunta :
Perche la donna che per questa diu
Region ti conduce, ha nello sguardo
La virtu ch' ebbe la man d' Anania.
10 dlssi : al suo piacere e tosto e tardo
Vegoa rimedio agli oechi , che fur porte
Quand'ellaentrOcolfuoeoond'iosempr' urdo.
Lo ben ebe fa contenta questa corte I
Alia ed omtga e di quanta serittura
Mi legge amore 0 lievemente 0 forte.
Quella medesma voce che paura
Tolta m' avea del subito abbarhngUo,
Di ngionare ancor mi mise in cura ;
E disse, certo a piu angusto vaglio
Ti conviene sebiarar : dicer convienti
Chi drizzo l' arco tuo a tal bersaglio.
Ed io : per filosofici argomenti,
E per autoritA che quinei scende,
Cotale amor convien cbe 'n me s' imprenti :
Che'l bene, inquanto ben, comes' inteodc,
Cost aeeende amore, e tanto maggio
Quanto piil di bontade in Be comprende.
DUDque all' essenza ov' e tanto vantagglo,
Che claseun ben cbe fuor di lei si truova,
Altro non e che di suo lume un raggio,
Pin cbe in aItro convien cbe sJ muova
La mente, amando I di claseun che cerne
Lo vero In ehe sl foOda questa pruova i
Tal vero aUo 'ntelletto mio seerne
Colal me mi dimostra il primo amore
Di tutte Ie sU5tanze sempiteme.
Seernelill 'Voce del verace autore
Che dice a MOise, di se pa.rlando :
10 ti faro vedere ogni valore.
Scernilmi tu ancora, Incomineiando
L' alto preeonio che grida I' arcano
Di qui laggin sovra ad ogoi altro bando.
Ed 10 udii : per intelletto umano ,
E per autorltate a lui eoncorde,
De' tool amoti a Dio guarda 'I sovrano.
Ma di' ancor sa tu senti aItre corde
Tirarti 'Verso lui, si cbe tu suone
Con quanti denti questo arnor ti morde.
PARADISO, CANTO XXVI. -425
Non to latente la SIlota intenzfone
Dell' agugUa di Cristo, anzl m' acconi
Ove menar volea mia profess1ooe ;
Pero ricomlneiai : tutti quei DlOrsi
Che posson far 10 cuor volgere a Dio ,
Alia mia caritate son eoncorsi ;
Che I' essere del Mondo e I' esser mio ,
La morte Ch' e' sostenne perch' io viva,
E quel che spera ogni fedel com' 10,
Con la predetta conoscenz8 viva,
Tratto m' banno del mar dell' amor torto ,
E del diritto m' ban posto alia riva.
Le frondi onde s' infronda tutto I' orto
Dell' ortolano eterno am' io cotanto
Quanto da lui a lor dt bene e porto.
81 com' io tacqui, un doleisaimo canto
Risono per 10 cielo , e la mia donna
Dicea con gli altri : Santo, Santo, Santo.
E come allume aeuto sl disonna.
Per 10 spirto visivo eIle ricorre
• Allo splendor che va dl gonna j n gonna ,
E 10 svegliato cio che vede abborre ,
8i nescla e la subita 'vigilia ,
Fin che la stlroativa nol soccorre;
Cost degU oechi \oiei ogni quisquUin
Fugo Beatrice col raggio de' suol ,
Cbe rifulgeva piu di mille milia :
Onde me' che dinanzi vidi poi;
E quaSi stupefatto dimandai
D' un quarto lume ch' io vidi con noi.
E la roia donna: dentro da que' rai
Vagheggia ilsuo fattor I' anima priDl8
Cbe la prima virtu creasse maio
Come la {ronda, che Delte la cima
Nel transito del vento, e poi 51 leva
Per la propria virtu cbe Ia sublima,
Fcc' io in tanto In quanto ella dicc'.Va ,
Stupendo , e poi mt rUece'sfcuro
Un disio di parlare ond' 10 ardeva ;
E comlnciai : 0 pomo, ehe maturo
Solo prodotto tosti, 0 padre antico
A cui ciascuna 5posa e flglia e nuro ,
Divoto quanta posso a te supplico ,
Perche mi parU , tu vedi mia vogUa i
E per udirti tosto non la dico.
Tal volta un animal coverto brogUa,
Sl ehe l' aft'etto convien cbe si paJa,
Per 10 seguir ehe face, a lui III 'nvoglia ;
E similmente l' anima primaJa
Ml fllcea trasparer per la coverta I
Quant' ella a compiaeermi venia gaja :
Indl spiro: senz' essermi profferta
Da te la vogJia tua 7 diseemo meglio
Che tu qualunque C08Il t' e piil eerta :
Perch' lola veggio nel verace spegliu
Cbe fa dl Be pareglio ali' altre COIle,

NOTA.
AI Jlne del XXVI· canto del Purgatorlo leggons! otto ven1 provenzall che Dante mette in hocca
dl Arnaldo Daniello. Era faelle 11 pensare cbe questi versl passando Cra Ie mani de' copisti dovevano
essere alterati : ma 11 dottissimo S· Raynouard, dell' Istituto di Francia, consultando un gran
numero di manoseritti , pe"enne a discoprire la prlma.e vera lezlone; e 10 dlmostra, colla magglor
evldenza cbe 10 taU cose puo danl, nel J OIIrnal des Savam del Cebbrlljo 1830. Ecco com' eiJi
legge,
Tan m' aheml 'OI!re cortes demao ,
Cb'leo non me I;DeIC DJ m \,oil a '01 oobrirt'.
leo aui Aroallll, che plor e tai ClO'1O :
COIl.il'Ol tei la palllda follor
E veiJaulen 10 joJ qu'esper deoao:
Aras YOII prec, per aqnella valor
Que us guida alsom Belli fJ"eich e &eIII caUDa,
SOfegna VOl atellprar DID dolor.
l'radll1.:o", franrel/! Ilel:; Ra!lllollnrd .
• Votre demande poUe me platttant, queje ne puis nl ne veux me cacher a vous. Je suls Arnaud,
qui pleure et vafs chantant; je vols avec chagrin rna folie passee, mafs je vois avec transport Ie
bonbeur que j'espere a I'avenlr. Maintenant je vous supplie, par cette vertu qui vous guide au
sommet sans eprouver Ie tomment du froid ni eelul du chaud, qu'U VOUI 80uvienne de soulager
rna douieur. I
Tr/lduatORe UalifDllJ.
Tanto m' aggrada II ,oslro bel dimaudo.
Cbe a '01 oe polIO oil mi '0' ooprire.
. AI'lIaldo io 100. eIIe plaogo e '0 canlalltlo;
V t'ggio OOD peoa ogol tl'lliOOl'IO errort' f
Se guardoal1' anenir, godo lperaDdo.
Brll io IUppUCO a '01. per quel 'olnro
Chc it'D" coldu 0 giel ,i meD8 In Illlu •
Rk:ordJ,la,ldoldr 10 mio dolore.
I
I

LE RIME
DI MESSER
FRANCESCO PETRARCA.

446 F. PETRARCA.
Al grande Augusto ehe di verde lauro
Tre volte trionCando orno la chioma ,
Nell' altrui ingiurie del suo sangue Roma
Spesse 4ate quanto Cu cortese :
Ed or perche non fia
Cortese no, rna conoscente e pia
A vendicru' Ie dispietate offese
Col figliuol glorioso di Maria?
Che dunque la nemica parte spera
Nell' umnne diCese,
Se Cristo sta dalla contrarin schiera?
Pon mente al temerario ardir di Serse I
Che fece per calcar i nostri liti
Di novi ponti oltraggio alia marina :
E vedrai nella morte de' mariti
Tutte vestite Ii brun Ie donne Perse ,
E tinto in rosso iI mar diSalamina :
E non pur questa misera ruina
Del popolo infelice d' Oriente
Vittoria ten promette,
Ma Maratona, e Ie mortaH stretta
Che diCese iI Leon cou poca gente ,
Ed altre miIJe ch' hat sooltate e lette.
Perche inchinar a Dio molto convene
Le ginocchia e la mente;
Che gH anni tuoi riseM'a a tanto bene.
Tn vedra' Italia e l' onorata riva,
Canzon , ch' agli oecbi miei eela e contende
Non mar, non poggio 0 fiume ,
Ma solo Amor coo del suo altero lume
PhI m' invaghisce dove pill m' ineende;
Ne natura puo star contra '1 costume.
Or movi , non smarrir l' altre compagne :
Che non pur satto hende
Alberga Amor per cui 8i ride e piague.
CANZONE III.
In questa canzone. rimata alia foggia de' ProvenzaU. dl.p"ta
U Poeta. ae debba laaclare j'lIIIOre di Laura, 0 110.
Vemi panni, sanguignl, 06CUri 0 pers!
Non vestl donna unquanco ,
Ne d' or capelli in biouda treccia attol'8e
Sl bella, come questa che mi spoglia
D' arbitrio, e dal cammin di llbertade
Seoo mi tira s1 ch' io non !lOstegno
Alcun giogo men gravt'.
E Be pur s' arma talor a dolersi
L' anima, a cui vien manco
Consiglio ove 'I martir I' adduce in forse,
Rappella lei dalla sfrenata vogUa
Subito vista; che del cor mi rnde
Ogni delira impresa, ed ogni sdegno
Fa '1 ve.der lei soave.
Di quanto per amor giammai sofft>rsi ,
F..d aggio a soferlr anca
Fin che mi sani 'I cor oolei cbe 1 monk' ,
Rubella di merce che pur Ie 'nvoglia,
Vendetta fia; sol che contra umiltade
Orgoglio ed ira il bel passo, ond' io vegno,
Non cbiuda e Don inchiave.
Ma I' ora e 'I giomo ch' fo Ie lucl apersi
Nel bel nero e nel bianco
Che mi scacciar di la dove Amor corse,
Novella d' e8ta vita, che m' addoglia,
Furon radice; e quella in cui l' etade
Nostra sl mira, la qual piombo e legno
Vedendo e chi non pave.
Lagrlma dWlque che dagli oechi versi
Per quelle, che nel manco
Lato mi bagna chi primier 8' accorse,
Quadrella, dal voler mio non mi svoglia i
Che 'n giusta parte la sentenzia cade :
Per lei sospira l' alma, ed ella e degno
Che Ie sue plaghe lave.
Da me lIOn Catli i miei pensier diversi :
Tal giA, qual io mi stanco,
L' amata spada in se stessa coutorse.
Ne quella prego che pero mi scioglia :
Che men son dritte al ciel tutt' altre slra(ll' ,
E non s' aspira al glorioso regno
Certo in pill salda pave.
Benigne stelle cite compagne fersi
Al Cortunato fianco,
Quando 'I bel parto gill nel Mondo scorse I
Ch' e stella in terra; e come in laura foglin ,
Conserva verde n pregio d' onestade;
Ove non spira folgore, ne indegno
Vento mai che I' Ilggrave.
So io ben, ch' a voler chiuder in versi
Sue landi, fora stanco
Chi piil degua la mano a scriver porse.
Qual cella e di memoria in cui s' accoglia
Quanta vede virtU, quanta beltade,
Chi gli occhi mira d' ogni l'8lor segno ,
Dolce del mio cor chiave?
,Quanta 'I sol gira, Amor phI caro pegno,
Donna, di voi non ave.
SESTINA II.
8coche senza speranza III'l COItantc In amar Laura.
G;iovane donna sott' Wl verde lanro
Vidl, pill bianca e pill fredda che neve
Non percossa dal sd\ molti e molt' anni :
E 'I suo parlar e 'I bel viso e Ie chiome
MI piacquen 51, ch' i l' ho dinanzi agli occbi,
Ed avrO sempre ov' io sia, in poggio 0 'n riva.
Allor sar8nno i miei peDsieri a riva,
Che fogUa verde non si trovi in lauro :
Quand' avro queto il core, asciutti gli ocehi,
Vedrem ghiacciar il foco, arder la ne,'e.

,(70 F. PETRARCA.
Ovunque gil ocehl volgo,
Trovo un dolce sereno I
Pensando: qui percosse iI vago lume.
Qualunque erba 0 flor col go ,
Credo ehe nel terreno
Aggia radice OV' ella ebbe in costume
Gir Era Ie piagge e 'I flume,
E talor farsi un seggio
Fresco, fiorito e verde:
Cosl nulla sen perde ,
E pin certezza aveme fora il peggio.
Sptrto beato I quale
Se' , quando altrot fal tale?
o poverella mia I oome se' rozza !
Credo ehe tel conoschi :
rumanti in questi bosehi.
CANZONE XIV.
AlIa fontana dl '-aIchlUlla: all' arbor ravorlta, all aria, ai
fiori, alf erbe dl amenllSlmo luogo rrequentato da Laura.
Chiare I fresche e dolci aeque I
Ove Ie belle membra
Pose colei ehe sola a me par donna;
Gentil ramo, ove piacque
( Con sospir mt rimembra )
A lei di far aJ bel fianco colonna;
Erba e fior I che la gonna
Leggiadra ricoverse
I
Con I' angelico seno;
Aer sacro sereno I
Ov' Amor co' begli occhi il cor m' aperse ;
Date udienza insleme
AIle dolenti mie parole estreme
S' egli e pur mio deatino ,
E 'I Cielo in eiO s' adopra,
Ch' Amor quest' occhl lagrimando ehiuda;
Qualche grazia 11 meschioo
Corpo fra voi rlcopra,
E tornl l' alma al proprio albergo ignuda,
La morte fia men cruda I
Se questa speme porto
A quel dubbioso passo :
Cbe 10 spirito lasso
Non poria mal 'n pin riposato porto I
Ne in pili tranquilla fossa
Fugglr la carne travagliata e l' ossa.
Tempo verra ancor forse,
Che all' usato soggloroo
Torni la fera bella e mansueta;
E III ov' ella ml scorae
Nel benedetto glomo,
Volga la vista desiosa e Ueta,
Cercandomi : ed I oh pieta !
Gia terra infra Ie pietre
Vedendo, Amor I' inspirl
In guisa, ehe sospiri
Si dolcemente ehe merce m' Impetre,
E faccla forza al Clelo,
Asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea,
Dolce neUa memoria,
Una pioggla dl 60r sovra '18uo grembo;
Ed ella sl sedea
UmUe in tanta gloria,
Coverta gla dell' amoroso nerpbo_
Qual flor cadea sui lembo,
Qual sn Ie treece blonde,
Ch' oro forbito e perle
Eran quel dl a vederle;
Qual st posava in terra, equal su I' onde ;
Qual con un vago errore
Girando parea dir : qui regna Amore
Quante volte diu' io
Allor pien dl spavento :
Costel per ft'rmo nacque in Paradiso.
Cosl carco d' oblio
II dlvin portamento,
E '1 volto e Ie parole e 'I dolce riso
M' aveano, e st diviso
Dall' Imagine vera;
Ch' i' dicea sospirando !
Qui oome venn' io , 0 quando?
Credendo esser in clel, non lA dov' era.
Da Indt in qua mt place
Quest' erba si, ch' altrove non ho pace.
Se tu a vessi ornamentl, quant' hai vogUs 1 .
Potresti arditamente
Useir del bosco, e gire infra la gente.
CANZONE XV.
In ogu\ CON tron II Poeta r brulgine di Laura.
•
In quella parte dov' Amor mi sprona I
Conven cb' 10 volga Ie dogUose rime,
Che son seguact della mente afflitta.
Qual fien ultime, lasso! e qua' fien prime?
Colui cbe del mio mal meeo ragiona,
Mi laseia in dubbio : sl confuso ditta.
Ma pur quanto l' istoria trovo seritta
In mezzo '1 cor, che 81 spesso rinoorro I
Con Is sua propria man de' mlei martiri ,
DirO; perche 1 sospir!
Parlando ban triegua, eel al dolor 8OOCOffO.
Dioo, che perch' 10 miri
Mille cose diverse atteum e ftso,
Sol' una donna veggio, e '1 suo bel vito •.
Poi che la dlspietata mia ventura
M' ha dllungato dal maggior mio bene,
Nojosa I Ine.sorabile e superba ;

Amor col rlmembrar sol mt mantene :
OOOe, s'io veggio in giovenil flgura
Ineomincial'8i 'I mondo a vestir d' erba,
Parmi vedere in queUa etade acerba
La bella giovinetta ch' ora e dODDa :
Poi cbe sormonta riscaldando 11 sole,
Parmi qual esser suole
Fiamma d' amor che 'n cor aUG s' indoDDa :
Ma quando il d\ si dole
Di lui che passo passo addietro toroi,
Veggio lei glunta a' suoi perfetti giorni.
In ramo fronde ovver viole in terra
Mirando, alia stagion che 'I freddo perde
E Ie stelle mlgliori aequistan forza;
Negli ocebi ho pur Ie violette e '1 verde ,
Di eh' era nel principio di mia guerra
Amor armato si ch' ancor mi sforza,
E quella dolce leggiadretta scorza
Che ricopria Ie pargolette membra,
Dov' oggi alberga I' anima gentile
Ch' ogni altro piacer vile
Sembrar mt ra; si forte mI rimembra
Del pOrtBmento umile
Ch' aUor tJoriva , e poi crebbe anzi agli ann1:
Cagion soJa, e riposo de' mie' affanni.
Qualor tenera neve per II colU
Dal sol pereossa veggio di lontano,
Come 'I sol neve mi governa Amore ,
Pensando nel bel viso piu che umano,
Che puo da luge gU ocehl mlei far molll ,
Ma da presso gil abbaglia, e vinee 11 core :
Ove fra 'I blanco e l' aureo colore
Sempre si mostra quel che mal non vide
Oechio mortal, ch' io creda, aitro ehe 'I mlo;
E del caldo desio,
Ch' e quando i' sosplrando eUa sorride,
M' inftamma sl , ehe oblio
Niente apprezza I rna diventa eterno;
Ne state II cangia·, ne 10 spegne II verno,
Non vidi mai dopo noUurna pioggia
Gir per I' aere sereno stelle erranti I
E tlammeggiar fra la rugiada e '1 gielo;
Ch'l' non avessi I begll occhi davanti,
Ove la stanca mla vita s' appoggia ,
Qual io gil vidi all' ombra d' un bel veto :
E siccome di lor bellezza II eielo
Splendea quel dl, coo bagnati ancora
Li veggfo sfavillar; ond' 10 sempr' ardo.
Se 'I solleval'8i sguardo ,
Sento illume apparir che m' tnnamora :
Se tramontarsi al tardo ,
Parmel veder quando sl votge altrove
Lauando teoebr08O onde si move.
Se mal candide rose con vermiglie
In vasel d' oro vider gU occhi miel ,
.:\lIor aUor da vergine man Colte ;
RIME IN VITA DI LAURA.
Veder peosava II vlso di eolm
Ch' avanza tuUe I' altre maraviglie,
Con tre belle eecellenzie in lul raccolte!
Le bionde treece 80pra 'I collo seiolte ,
Ov' ogni tatte perderia sua prova,
E Ie guanee eh' aci6rna un dolce loco.
Ma pur che I' ora un poco
Fior bianchi e giaUi per Ie piagge mova ,
Torna alia mente illoeo.
E 'I primo di ch' i' vidi a Laura sparsi
I capel d' oro, ond' 10 si sublt' n.
Ad una ad UlUl annoverar Ie steUe,
E 'n plceiol vetro ehiuder tutte I' aeque
Fone eredea, quand' in si poca carta.
Novo pensier di rlcontar mi nacque
In quante parti iI flor dell' altre belle
Stando in se stessa ba la SUB iuee sparta,
Aceio che mai da lei non mi diparta :
Ne faro 10: e Be pur talor fuggo;
In clelo e 'n terra m' ha raeehiusi 1 passl,
PereM agU ocehi miei lassl
Sempre e presente; ond' 10 tutto mi strnggo :
E C08i meco stassi ,
Che altra non veggio mal ne veder bromo,
Nil ') nome d' altra ne' sospir mfei chiamo.
Ben sal, Canzon,chequant' 10 plrloe nulla
AI celato amoroso mio pensero,
Che dl e notte nella mente porto;
Solo per cui confbrto
In cosi langa guerra IDeo non pero!
Che ben m' avria gi8 morto
La lontananza del mio cor plangendo:
Ma quinei daila morte indugio pcendo.
CANZONE XVI.
ALL' Ir.u.u, per 11 venula dl Lodovlco II Bavaro, cbiamalovl
dai prlncipl dena Lega.
Italia mia, beneM '1 parlar sia indarno
Aile piaghe mortali
Cbe nel bel corpo tuo sl spesse veggio,
PtaccDl1 almen ehe i wei sospir sien quali
Spera 'I Tevero e l' Arno,
E 'I Po dove doglioso e grave or seggio.
Rettor del eiel, io eheggio.
Che la piela cbe ti condusse in terra,
Ti volga aI tuo diletto almo paese.
Vedi I Signor cortese ,
Di che lievi caslon cbe erudel guerra!
E i cor, cb' indura e serra'
Marte superbo e fero,
Apri tu, Padre 7 e' ntenerisci e snoda :
!vi fa ehe'( tuo vero
(Qual 10 mi sia)per la mia lingua s' oda
Vol, cui Fortuna ha posto in mano if freuo
De Ie belle eontrade

.A vrlan fatto gentil d' alma vlllana ;
L' angeJica eemhianza umUe e piana, .
Ch' or qutnci or quindi udia tanto lodarsi;
E'1 sedere e 10 star cbe 8pe8S0 altrui
Poser in dubbio a cui
Devesse il pregio eli phI laude danl.
Con quest' anne vincevi ogni cor duro :
Or se' tu disarmato; l' son securo.
Gil animi ch' al tuo regno il Cielo inchina,
Legbi ora In uno ed or in altro modo;
Ma me sol ad un nodo
Legar potei; che 'I Ciel di piu non volse.
Quell' uno e rotto : e in libertA non gado i
Ma piango, e grido : abi nobil pellegrina,
Qual sentenza divina
Me lego innanzi, e te prima diseiolse?
Dio che 5i tosto aI Mondo ti ritolse ,
Ne mostro tanta e si alta virtute
Solo per iofiammar nostro desio.
Certo omal non tem' io ,
Amor, della tua man nove Cerute :
Indarno tendi l' arco, a voto scocchi;
Sua virtu cadde at chiuder de' begU occhi.
llorte m' hasciolto, Amor,d' ognl tua legge:
Quella che Cu mia Donna, al cielo e gita ,
Lasciando trista e libera mia vita.
SONETTO III.
In morte d'altra donna.
L' ardente nodo ov' to lui , d' ora in ora
Contando anni ventuno interi , preso,
Morte diseiolse; ne giammai tal peso
Pro'VaI, ne credo cb' uom di dolor mora.
Non volendomi Amor perder ancora,
Ebbe un a1tro laccluol (ra l' erba teso ,
E di nov' esca un altro (oco acceso,
Tal cb' a gran pena indi scampato fora.
E Be non (osse esperienza molta
De' primi affanni, i' sarei preso ed arso
Tanto phI, quanto son men verde legno.
Morte m' ba liberato un' altra volta ,
E rotto 'I nodo, e 'I Coco ba 8pento e spano ;
Contra la qual non val forza ne 'ngegno.
SONETTO IV.
Vanll1 delle C08C mondaue.
La vita fugge , e non s' arresta un' ora;
E la morte 'Vien dietro a gran gtornate;
E Ie cose presenti e Ie passate
Mi danno guerra, e Ie (uture ancora ;
E 'I rimembrar e l' aspettar m' accorn
Or qutnci or ql1indl 8}, cbe 'n veri tate ,
Sec non cb' j' bo dl me stesso pietate,
RIME IN MORTE DI LAURA. 203
+ I' 8!l.rei gla di quest! pensier fora.
Tornami avanti, 8' alcuD dolce mal
Ebbe 'I cor trlsto ; e pol dall' altra parte
Veggio al mlo navigar turbati i venti :
Veggio fortuna in porto, e stanco omai
II mio nocchier, e rotte arbore e &arte,
E I luml bei cbe mlrar sogUo , spenti.
SONETTO V.
Lo ILe8aO argomento.
Che Cal? cbe pensi? cbe pur dietro guardl
Nel tempo cbe tomar non pote omal ,
Anima &Consolata T che pur val
Giugnendo legne al toco ove tu ardi?
Le soavl parole, e i dolci sguardi
Ch' ad un ad un descritti e dipint' bal,
Son levati da terra; ed e, ben sai,
Qui ricercargli intempestivo e tardi.
Deh non rinnovellar quel cbe n' anclde :
Non seguir piu pensier vago fallace ;
Ma &aldo e certo, cb' a buon fin ne guide.
Cercblamo 'I ciel, se qui nulla ne piace;
Cbe mal per noi quella belta sf vide,
Se viva e morta ne devea tor pace.
SONETTO VI.
compara Ie lteMO a cittl uaedlata. e ICCUII D proprio
cuore dl tradimento.
Datemi pace, 0 duri miei pensieri :
Non basta ben, cb' Amor, t'ortuna, e Morte
Mi (anno guerra intorno e 'n 8U Ie porte,
Senza trovarmi dentro altri guerrieri?
E tu, mio cor, anoor se' pur qual eri ,
Dialeal a me sol; cbe Cere scorte
Vai ricettando, e sei (atto consorte
De'miei nemiei si pronti e leggieri :
In te i secreti suoi messaggi Amore ,
In te spiega Fortuna ogni sua pompa,
E morte la memoria di quel oolpo
Che l' avanzo di me conven che rompa ;
In te I vagbi pensler s' arman d' errore :
Percbe d' ogni mio mal te solo incolpo.
SONETTO VII.
CGDtra lua yotJlla ada .... tornando 11111010 doye LaUra
sogglomo In "ita.
Occbl rniei, OICurato e 'I DOStro sole;
Anzl e 8!l.lito al cielo, ed ivi splende :
I vi 'I vedremo ancor, ivi n' attende;
E di nostro tardar (orse Ii dole.
OreccbJe mle, I' angelicbe parole
Suonano In parte ov' e cbl megllo intende.
..
,

•
2U F. PETRARCA.
Come a noi 'I sol se sua soror I' adombrn,
Cos1 l' alta mia luce a me sparita,
10 cheggio a Morte incontr' a Morte aita;
Di s1 seurl pensieri Amor m' ingombra.
Dormito hai, bella donna, un breve sonno:
Or se' svegliata fra gli spirti eletti,
Ove nel suo Fattor l' alma s' interna :
E se mie rime alcona cosa ponno,
Consecrata fra i nobill inteUetti
Fin del tuo nome qui memoria eterna.
SONETTO LVII.
Rlpeosa aI fatale congedo.
L' ultimo, lasso I de' miei glomi allegri,
Che pochi 110 visto in questo viver breve,
Giunt' era; e fatto '1 cor tepida neve,
Forse presago de' di tristi e negri.
Qual ha giai nervi e i polsi e i pensier egl't ,
Cui domestica febbre aSilllir deve;
Tal mi senti a , non sapend' io che leve
Venisse 'I fln de' miei ben non integri.
Gli occhi belli, ora in ciel chiari e feUci
Dei Lume onde salute e vita piove,
Lasciando i mlel qui miseri e mendici,
Dicean lor con faville oneste e nove:
Rimanetevi in pace, 0 em amici;
Qui mai plu no, ma rivedrenne 81trov.,.
SONETTO LVIII.
So 10 IIlesllO argomento.
o giorno , 0 ora, 0 ultimo momento ,
o stelle congiurate a 'mpoverirme I .
o ftdo sguardo, or che volei tu dirme ,
Partend' io per non esser mal contento?
Or conosco i miei danni, or mi risen to;
Ch' i' eredeva (alli credenze vane e 'nflrmel)
Perder parte, non tutto, al dipartirme.
Quante speram:£ se ne porta n vento I
Che gill '1 contrario era ordinato in cielo :
Spegner (' almo mio lume ond' 10 vivea;
E scritto era in sua dolce amara vista.
Ma 'nnanzi agli ocebi m' era posto un velo
Che mt fea non veder quel eh' l' yedea,
Per far mia vita subito piu trista
SONETTO LlX.
So 10 lIteuo argomeoto.
Qoel vago, dolce, caro, onesto sguardo
Dlr parea : to' dl me quel che tu puoi ;
Che mal piil qui non mt yedrai da poi .
Ch' arai quinci 'I pie MOSSO a mover tardo.
Intelletto veloce piil che pardo,
Pigro in antiveder i dolor tuol;
Gh . '-.
Come non vedesm negli oeehi snol
Quel che ved' ora? ond' 10 mi struggo ed ardo .
Taciti sfavillando oltra lor modo,
Dicean : 0 lumi amici, che gran tempo
Con tal dolcezza feste di noi speeehi ,
II Ciel n' aspetta, a voi parra per tempo :
Ma chi ne strinse qui, dissolve it nodo;
E 'I vostro, perfarv' ira, vuol che 'nvecehi.
CANZONE V.
La rimembranza 61' uoico auo loIItfll!DO.
Solea dalla fontana di mia vita
Allontanarme, e cercar terre e mari;
Non mio voler, ma mia stella seguendo :
E sempre andai (tal Amor diemmi aita )
In quelli esilii, quanto e' vide, amari,
Di memoria e di speme il cor pascendo.
Or, lasso 1 81zo la mano, e I' anne rendo
AU' empia e violenta mia fortuna
Che privo m' ba di sl dolce speranza.
Sol memoria m' avanza,
E pasco '1 gran desir sol di quest' una;
Onde I' alma vien men, frale e digiuna.
Come a corrier tra via, se '1 cibo manen I
Conven per forza rallentar il corso,
Seemando Ia virtn che 'I fea gir presto ;
Cosi maneando alia mia vita stanen
Quel caro nutrimento in che di morso
Die chi 'I Mondo fa nudo e '1 mio cor mesto,
II dolce acerbo I e 'I bel piacer moleslo
Mi si fa d' ora in ora; onde 'I eammino
Si breve non fornir spero e pavento,
N ebbia 0 polvere 81 vento ,
Fuggo per pin non ellSer pellegrino :
E cosl vada) 5' e pur mio destino.
Mai questa mortal vita a me non placque
( Sassel Arnor con cui spesso ne parlo )
Se non per lei che fu 'I suo lume e 'I mio.
Poiche 'n terra morendo 81 ciel rinacque
Quello spirto ond' io vissi, e seguitarlo
Llcito fosse, e .. mio sommo desio.
Ma da dolermi ho ben sempre , perch' io
Fut malaccorto a proveder mio stato
Ch' Amor mostrommi sotto quel bel clglio
Per darmi altro consiglio:
Che tal moli gia tristo e sconsolato ,
Cui poco innanzi era 'I morir beato.
Negli ocehi ov' abitar solen '1 mio cere
Finche mia dura sorte im'idin n' ebbe ,
Che di sl ricco albergo iI pose in bando ;
Dl sua man propria avea descritto Amore
Con lettre di pielA quel ch' avverrebbe
Tosto del mio sllungo ir desiando.
Bello e dolce morire era allol quando
Morend' io, non moria mia "ita inseme J

E per tardar anoor vent' anni 0 trenta,
Pani a te troppo, e non fia pero molto.
SONETTO LXXXIV.
8i dedlca a Dio.
Morte ba &pento quel Soleh' abbagllarsuol­
E 'n tenebre son gli occhi interi e saldi: (mi,
Terra e queUa ond' io ebbi e freddi e caleli :
Fatti son i miei lauri or querce ed olml,
Di eh' io veggio 'I mio ben, e parte duolmi.
Non e chi faecia e paventosi e baldi
I mlei pensier, ne chi gU agghiaeei e scaldi ;
Ne chi gU empia eli speme, e di duol colmi.
Fuor di man di colui che punge e molce,
Che gia lece di me sllungo strazio,
Mi trovo in Iibertate amara e dolce :
Ed aI Signor ch'i' adoro e ch' i ' ringrazio,
Che pur col ciglio il ciel governa e Colce,
Torno stanco eli viver, non ehe sazio.
SONETTO LXXX V.
Lo Itesso argomento.
Tennemi AlDor anni ventuno ardendo
Lielo nel foco, e nel duol plen di speme :
Poiehe Madonna e 'I mio cor seco insieme
Saliro aI elel, dieci altri anni piangendo.
Omai son stanco, e mia vita riprendo
Di tanto error, che di virtute it seme
Ha quasi spento ; e Ie mie parti. estreme ,
Alto Dio , a te divotamente rendo,
PenUto e tristo de' miel sl spesi annt
Che spender si doveano in mi glior uso ,
In cercar pace, ed in fuggfr affannl.
Signor che 'n questo carcer m 'hai rinehiuso,
Trammene salvo dagU etemi danni :
Ch' i' conosco 'I mio Callo, e non 10 SCllSO.
SONETTO LXXXVI.
Lo .teuo argomento.
I' vo piangeooo 1 mlei passati temp(,
I qllai posi in amar cosa mortale
Senza levanni a volo, avend' io I' ale
Per dar forse dl me non bassi esempi.
Tu che vedi i miei mali indegni. ed empi ,
Be del cielo, fnvisibile, tmmortale,
Soecorri all alma disviata e frale ,
E 'I suo dlfetto dl tua grazia adempi :
Sieche, s' io vissi in guerraed in tempesta,
Mora in pace ed in porto; e se la stanza
Fu vana, almen sia la partita onesta.
A quel poco dl vlver che m' avanza,
F. PETRARCA.
Ed aI morlr degni esser tua man presta :
Tn sai ben, che 'n altrui non ho speranza.
SONETTO LXXXVII.
Dall' 1Dl0l'8 oaesto

P. PETRARCA.
Tutta ingombrata l' alma. r.:1:.
Vergine sacra eel alma, T
Non tardar, cb' i' son forse all' u1tim' anno.
I ell miei piil correnti cbe saetta,
Fra miserie e peccati
Soosen andati , e sol Morte n' aspetta.
Vergine, tale e terra, e poslo ha in doglia
Lo mio cor, cbe vivendo in pianto iI tenDe,
E di mille miei mali un non sapea;
E per saperlo, pur quel cbe n' avvenne ,
Fora avvenuto : ch' ogot altra sua vagUa
Era a me morte , eel a lei tama rea.
Or tu , Donna del cie), tu nostra Dea,
Sa elir lice e conviensi;
Vergine d' alti sensi,
Tu vedi n tutto; e quel cbe non potea
Far altri , e nulla a la tua gran virtute :
Pon flne al mio dolore;
Cb' ate onore, ed a me fia salute.
Vergine, in cui bo tutta mia speranza
Cbe possi e 'Vogli al gran bisogno aitanne ,
Non mi lasciare in su I' estremo pas80 :
Non guardar me, ma cbi degno crearme;
No 'I mio valor, ma l' alta sua sembianza ,
Cbe in me ti mova a curar d' nom at basso.
Medusa e l' error mio m' han fatto nn B8BSO
FINE DELLE an1E IN MORTE DI M. L'CU.
D' umor vano stillante :
Vergine J tu di sante
Lagrlme e pie adempl 'I mio cor lasso;
Cb' almen I' ultimo pianto sia divoto,
Seuza terrestro limo;
Come tu 'I primo non d' inaanla volo.
Vergtne umana, e nemica d' orgogUo,
Del comune principlo amor t' Indues;
Miserere d' un COl" contrito, umile;
Cbe se poca mortal terra caduca
Amar con sl mirabil fede soglio,
Cbe devro far di te cosa gentile?
Sa dal mio stato assai misero e vile
Per Ie tue man resurgo ,
Vergine, i' sacro e purgo
Al tuo nome e pensieri e 'ngegno e stile,
La Ungua e 'I cor, Ie lagrime e i lIOSpiri.
Scorgiml al miglior guado;
E prendi in grado I cangiati deslri.
11 dl s' appressa, e non pote esser lunge ;
Si corre il tempo e vola ,
Vergine unica e sola;
E 'I core or oonscienza, or morte punge.
Racoomandami al tuo FigUuol , verace
Uomo, e verace Dio;
ebe accolga II mlo splrto ultimo in pace.

!32
I cori e gli occhl avea fatU di smalto.
Quel vincitorche primo era all' offesa,
Da man dritta 10 stral, datI' altra l' arco,
E la corda all' orecchia avea gia te88.
Non corse mm si levemente al varco
Di fuggitiva cerva un leopardo
Libero In selva, 0 di catene scarco,
Che non fosse statu ivi lento e tardo ;
Tanto Amor venne pronto a lei ferire
Con Ie faville al volto ond' 10 tutt' ardo.
Combattea in me colla pieta il desire;
Cbe dolce m' era s1 Catta compagna,
Duro 8 vederla in tal modo perire :
Ma virtU, che da' buon non si seompagna,
Mostro a quel punto ben com' a gran torto
Chi abbandona lei, d' altrl si lagna :
Che giammai schennidor non Cu sl accorto
A schifar colpo, ne nocehier s1 presto
A volger nave dagU scogli in porto,
Come uno schermo intrepido ed onesto
Subito ricoperse quel bel viso
Dal colpo, a chi l' attende, agro e Cunesto.
I' era al fin cogU occhi e col cor 11so,
Speralldo la vittoria ond' esser suole,
E per non esser piu da lei diviso ;
Come chi smisuratamente vuole ,
Che ha scrltto innanzl ch' a parlar cominci,
Negli occhi e nella Cronte Ie parole;
Volea dir io : signor mio, se tu vinci,
Legami con costei, s' 10 ne son degno;
Nil temer che giammai mi scioglia quinc};
Quand' io '1 vidi pien d' ira e di disdcgno
S1 grave, ch' a ridirlo sarian vinti
Tutti i maggior, non che 'I mio basso ingegno ;
Che giilln Credda onestate erano estintl
1 dorati suoi strali accesi In fiamma
D' amorosa beltate, e 'n piacer tinti.
Non ebbe mm di vero valordramma
Camilla, e l' altre andar use in battaglla
Con la sinistra sola intera mamma :
Non Cu slardentc Cesare in Farsaglln
Contra '1 genero suo, com' eUa Cue
Contra colui ch' ogni lorica smaglia.
Armate eran con lei tutte Ie sue
Chiarc virtuti (0 gloriosa schieral)
E teneaosl per mano a due a due.
Onestate e Vergogna alIa front' era,
Nobile par delle virtu divine
Che fan costei sopra Ie donne altera;
Senno e Modestia aU' altre due confine,
Abito con Diletto in mezzo 'I core,
Perseveranza e Gloria in su la fine;
Bell' Accoglienza e Accorgimento tore,
Cortesia intorno intol'no e Puritate,
Timor d' infamia, c sol Desio d' onore;
Pensier canuti in giovenil elate,
J;'. PETRARCA.
E, In Concordia ell' e till"ara al mondo,
V' era conCastita somma Beltote.
Tal venia contr' Amor, e 'n si secondo
}'avor del cielo e delle bennat' alme,
Che della vista oi non sotrerse n pondo.
MUle e mille Camose e care salme
Torre gH vidi, e scotergli di mano
Mille vittoriose e chiare paIme.
Non Cu '1 cader di suhito at strano
Dopo tante vittorie ad Aoniballe,
Vinto alia fin dal giovane Romano;
Ne giacque s1 smarrito ne la valJe
Di Terebinto quel gran Filisteo
A cui tutto Israel dava Ie spalle,
Al primo sasso del garzon Ebreo;
Ne Clro in Scizia ove la v.edov' orba
La gran vendetta e memorabil feo.
Com'uomch' e sanoe'nunmomentoammorba,
Che sbigottisce, e duolsi accolto in atto
Cbe vergogna con man dagU occhi Corba;
Cotal er' egli, ed anco a peggior patto,
Che paura e dolor, vergogna ed ira
Eran nel volto 8UO tutti ad un tratto.
Non Creme cosi'l mar quando s' adira,
Non Inarime allor che TiCeo piagne,
Non Mongibel s' Encelado sospira.
Passo qui COle gloriose e magne
Ch' 10 vidi, e dir non oso : alia mia Donna
Vengo, ed all' altre sue minor compagne.
Ella avea indosso it di candida gonna,
Lo scudo in man che mal vide Medusa;
D' un bel diaspro era Ivi una colonna,
Alia qual d' una in mezzo Lete infwIa
Catena dl diamaote e di topazio,
Ch' al mondo rra Ie donne oggi non s' usa,
Legar il vidi, e farne queUo strazio
Cbe bulb ben a mill' altre vendette ;
Ed io per me ne tut contento e sazio.
10 non poria Ie sacre benedette
Vergini ch' ivi fur, chiuder in rima;
Non Calliope e Clio con I' aitre sette.
Ma d' alquante diro, cbe 'n su In clma
Son di vera onestate, infra Ie quail
Lucrezia da man destra era la prima,
L' altra Pcnelopea : queste gU strall
E la Caretra c I' arco avean spezzato
A quel protervo, e spennacchiate l' aU.
Virginia appresso it 11ero padre armato
Di disdegno, di Cerro e di pietate,
Ch' a sua figlia ed aRoma cangio stato,
L' un' e r altra ponendo in libertate :
Pol Ie Tedesche che con aspra morte
Servar la lor barbarica onestate: .
Giudit ehrea, la saggia, casta e Corte;
E quella Greca ('he saito nel mare
Per morir netta, e fuggir dura sorte-.

Quattro cavai eon quanto studio como I
Pasco nell' oceano, e sprono e sferzo I
E pur la fl\lDa d' un mortal non domo.
I Ingiona da corruceio e non da scherzo ,
A vvenir questo a me, s' 10 foss' in cielo,
Non diro primo I ma secondo 0 lerzo.
Or convien che s' accenda ogni mio zelo
Sl, ch' al mio volo l'ira addoppi i vanni j
Ch' io porto invidia agli uomini, enol eelo j
De' quaU veggio alcun dopo mill' anni
E mille e mille, piu chiari che 'n vita;.
Ed io m' avanzo di perpetui arfanni.
Tal son, qual era anzl ehe stabiUta
Fosse la terra, eli e notte rotando
Per la strada rotonda ch' e Inflnita.
Poiche questo ebbe detto, disdegnando
Rlprese 11 corso plu veloce assai,
Che falcon d' alto a sua pred.a volando.
Piu dieo : ne pensier poria giammai
Seguir suo volo, non che lingua 0 stile j
Tal ehe con gran paura II nmiral.
AUor tenn' 10 il vlver nostro a vile
Per Ia mirabil sua veloeitate ,
Via piu ch' innanzi not tenoo gentile:
E parvemi mlrabil vanltate
Fermar in cose n cor che 'I tempo preme j
Che mentre piu Ie stringl , son passnte.
Pero chi di suo stato cura 0 teme,
Proveggia ben, mentr' e l' arbitrio intero ,
Fondar in loco stabile sua speme :
Che quant' io vldl '1 Tempo andar leggiero
Dopo la gulda sua che mal non posa ,
I' nol dim, perche poter nol spero.
I' vldt 'I ghiaccio e Ii presso la rGSa ,
Quasi iillID puntoil granrreddo e'l grancaldo:
Che por udendo par mirabil eOM.
Ma chi ben mira col giucJicto saldo,
Vedr' esser cosi j ehe nol vid' 10,
Di che contra me stesso or mi risealdo.
Segoi' giA Ie speranze e '1 van desio :
Or ho dlnanzi og1l oechl un chiaro specchio
Ov' io vegglo me stesso e 'I ralUr mio.
E quanto po88O al fine m' apparecchlo,
Pensando 'I breve viver mio, nel quale
Stamane era un fanciullo , ed or son vecchio.
Che pit d' un gtorno e la vita mortale '
Nubllo breve freddo e pien di noja,
Cbe puo bella parer, rna nulla vale?
Qui l' omana speranza, e qui la gioja :
QUi i misen mortaU alzan la testa j
E nessnn sa quando si viva 0 moja.
Veggio la fuga del mio viver presta,
Anzi dl tutti; e nel foggir del sole,
La ruina del mondo manifesta.
Or vi riconfortate in vostre fole,
Giovani , e misumte II tempo largo:
TRIONFO DEL TEMI10. 2 .. 1
+ Che piaga antiveduta'ossai men dole.
Forse che 'ndarno mie parole spargo :
Ma 10 v' annunzlo che vol sete offesi
Di un grave e mortiCero letargo :
Che volan I' ore, i glomi egli anniei mesi;
E 'nseme, con brevissimo intervallo,
Tutti avemo 0 cercar altri paesi.
Non fate contra '1 vero al core un wlo,
Come sete nsi; anzl volgete gil oechi ,
Mentr' emendar potete il vostro Callo.
Non aspettate che la Morte seocchi,
Come fa 10 piu parte j ehe per certo
Infinita e la schiera degJi scloechi.
Poi ch' l' ebbi veduto e veggio aperto
II volar e '1 fugglr del gran planeta,
Ood' I' ho danni e 'ngaani assai 8OfYerto;
Vidi unagenteandarsenqueta queta,
Senza temer di tempo 0 di sua rabbfa •
Che gil avoo in guardia Istonco 0 poeta.
Di lQr par piu che d' altn invidia s' abbia:
Che per Be stessi son levati a volo
Uscendo fuor della comune gabbla.
Contra costor colni che splende solo,
S' apparecehiava con maggiore sforzo,
E riprendeva un piit spedito volo j
A' suol corsier raddoppiat' era I' orzo;
E la reina dl ch' io sopra dissi,
Voloo d' alcun de' suol giA far dlvorzo.
Udi' dir, non 80 a chi; ma'i detto scrlssi:
In questi UJDani, a dir proprio, ligustri,
Di cieca oblivlone oseuri abissi,
Volgera '1 sol non pur anni, rna lustl·l
E secoli, vittor d' ogni cerebro j
E vedrA II vaneggiar di questi ilIustrl.
Quanti fur chiari tra Peneo ed Ebro,
Che son venuti 0 verran tosto meno I
Quant'in suI Xanto, e quanti in val di Tebro!
Un dobblo verno, un instabil sereno
E vostra fama , e poca nebbia n rompe j
E '1 gran tempo a gran nomi e gran veneno.
Passan vostd trionfi e vostre pompe ;
Passan Ie signone, passano f regni;
Ogni cosa mortal tempo interrompe;
E ritolta a' men huon, non dA a' piu degni,
E non pur que} dl foori it tempo solve,
Ma Ie vostr' eloqnenzie, e I vostri ingegni.
Cosi fuggendo, il mondo seco volve;
Nil mal si posa, ne s' arresta 0 torna,
Finche v' ba ricondotti in poca polve.
Or perche umana gloria ha tante_ corna •
Non e gran maraviglia s' a flaccarle,
Alquanto oltra I' usanza si soggiorna.
Ma cbeunque si pensi it vulgo 0 parle I
Se '1 viver vostro non fosse si breve, .
Tosto vedreste in poh'e ritornarle. '
Udito questo ( perche aI ver si lleve )
16

L'ORLANDO FURIOSO
E LE SATIRE
DI LODOVICO ARIOSTO.

ST. II.
Di mente usclte, e la notte eb' io toi
Per Ia salute vostra, solo e nudo,
Contra Agricane e mtto II campo, scudo?
Non risponde ella, e non sa ebe si faceia,
Perebe Rinaldo omai}' e troppo appresso,
Che da lontano aI Saracln minaccia,
Come vide il cavallo e cOnobbe esso ,
E rieonobbe l' angeUca Caccia
Che r amorosa incendlo in eor gli ha messo.
Quel ebe aegul tra quest! duo superbl,
Vo' ebe per I' altro canto si riserbi.
.-.K .........
CANTO II.
Alre nveul11re d' ADgeIIca.-RlDaldo 6 mandato III Bre·
tapa per cbledere ajuti. Tempesta dl mare.-lDeomln·
cia Ia atorIa dl Bradamanle e Ruggiero.
Ingiustisslmo Amor, perehe si raro
Corrispondentl fat nostri dlslri ?
Onde, per8do, amen ebe t' e sl caro
Il diseorde voler ebe in due eor miri?
Ir non mllasci al facll guado e chiaro,
E nel plu eteco e maggior (ondo tiri :
Da chi dlsia II mlo amor tu mi richiami ,
E chi m' ha in odIo vuol cb' adorl eel ami.
Fai ehe a Rinaldo Angelica par bella,
Quand' esso a lei brutto e spiacevo) pare :
Quando Ie parea bello e l' amava ella,
EgU odio leI quanto si puopiil odiare.
Ora s' aftligge Indamo e si flagella :
Cosl renduto ben gil e pare a pare.
Ella I' ha in odio, e I' oelio e di taillOrte,
Che plil tosto che Inl vorria la morte:
Rinaldo al &racln eon m.olto orgogUO'
Grido : scendi, ladron, del mio cavallo :
Che mi sia lolto iI miO' , patir non 8Oglio;
Ma ben fo, a chilo yool , caro C08t.ello :
E levar questa donna aneo ti vogUo;
Che sarebbe a laselartela gran fallo.
Sl perfetto destrier , donna si degna
A nn ladron non mi par che si eonvegna.
To te ne menti che ladrone io.sia,
Rispose tI Saracin non meno altiero :
Chi dicesse a te ladro, 10 diria
( Quanto 10 n' odo per fama) piil eon vera.
La prova or si vedrA, chi di noi sia
Pin degno deUa donna e del destriero;
Benche, quanto a lei, teeo io roi convegna
Che non p rosa aI mondo altra si degna.
Come soglion talor duo can mordenti,
o per Invidia 0 per altr' odio mossi ,
A vvlcinar8i digrignando i denti,
Con ocehi biechi e phI ehe bragia rossi ;
lodl a' moni veoir, di rabbia ardenti ,
Con asprl ringbi e rabbuffati dosst :
ORLANDO FURIOSO. C!NTO I.
Coal aile spade dai gridi e dall' onte
Venne n Cireasso e quel di Chiaramonte.
A piedi e l' un, l' a1tro a cavallo : or quale
Credete ch' abbia il Saraclo vantaggio?
Ne ve n' ha perO alcun; che eosi vale
Forse aneor men eh' uno inesperto paggio :
Cbe 'I destrier per instinto naturale
Non volea far aI suo signore oltraggio;
Ne eon man ne con spron potea il Circasso
Farlo a volonta sua mover .mai passo.
Quando crede caceiarlo, egU 8' arresta;
E Be tener 10 vuole, 0 corre 0 trotta :
Poi sotto 11 petto sl caccia la testa,
Gloea di schiene e mena calei in frotta.
Vedendo 11 Saracin, eh' a damar questa
Bestia superba era mal tempo ailotta,
Ferma Ie man sui primo arcione e s' aiza,
E dal slnlstro ftanco in piede sbalza.
Sciolto ebe fu il Pagan eon leggier saIto
DaU' ostinata (uria di Bajardo,
81 vide cominciar ben degno assalto
D' un par dl cavnlier tanto gagliardo.
8uona l' un brando e l' a1tro, or basso, or alto :
n martel di Vulcano era piil tardo
Nella spelonca affumicata, do,:"e
Battea all' ineude 1 Colgon di Glove.
Fanno or con lunghi , ora con finti e scarsi
Colpl veder che mastri son del gioco :
Or Ii vedi ire altieri, or rannicchiarsl;
Ora eoprirsi , ora mostrarsi un poco;
Ora erescer innanzi, ora ritrarsi ;
Ribatter eolpi, e spesso lor dar loco ;
Girarsi intorno ; e donde I' uno cede,
L' altro aver posto immantinente iI plOOe.
Eceo Rinaldo colla spada addosso
A Sacrlpante tutto s' abbandona;
E quel porge 10 scudo ch' era d' OSlO,
Colla piastra d' acetar temprata e buona.
Taglial Fusberta, aneorehe mOlto grosso :
Ne geme la foresta, e ne rtsuona.
L' OSlO e l' acciar ne va ehe par di ghiaccio,
E laseia aI Saracin stordito it braecio.
Come vide la tlmida donzeUa
Dal fiero colpo useir tanta ruioa,
Per gran timor cangio la Caccia bella,
Qual il reo eh' aI suppUclo s' avvieina:
Ne Ie par cbe vi sia da tardar, s' ella .
Non vuol di quel Rinaldo esser rapina ,
Dl quel Rinaldo ch' ella tanto odiava,
Quanto esso lei. miseramente aJlUlva.
Volta il cava lIo , e nella selva Colta
Lo caccia per un a.spro e stretto calle :
E spesso il viso smom addietro volta;
Che Ie par che Rinaldo nbbia a Ie spallt'.
Fuggendo non aves Catto via molta ,
ehe scontre) un eremita in una valle,

ST.lSS. ORLANDO FURIOSO. CANTO II,' 257
Di cUrIo a1tral; ehe questa meraviglia
Al fallO piil ch' al ver Ii ras$ligUa
D' un bel drappo di seta avea coperto
to scudo in braecio il cavalier celeste.
Come ave8lle, non 80, tanto sofferto
Di tenerlo nascosto in quella veste j
Ch' immantinente che 10 mostra aperto,
Forza e chi '1 mira, abbarbagliato reste ,
E cada come corpo morto cade,
E venga al negromante in potestade. .
Splende 10 scudo a guisa di piropo ,
E Iuce altra non e tanto lucente.
Cadere in terra aUo splendor fu d' .uopo
Cogli oechi abbacinati, e senza mente.
Perdei da lungi anch'io Ii sensi, e dopo
Gran spazio mi riebbi finalmente;
Ne piil i guerrier ne piiI vidi quel nano ,
Ma voto il campo, e scuro iJ monte e il piano.
Pensai per questo, che I' incantatore
Avesse ambidue colti a un tratto insieme,
E tolto per virtiJ. dello splendore
La libertade a 101'0, a me Ia speme.
Cosi a quel loco che chiudea 11 mio core ,
Diasi partendo Ie parole estreme.
Or giudicate s' altra pena ria
Che causi Amor, puo panggiar la mia.
Ritomo il cavalier nel primo duolo,
Fatta ehe n' ebbe la cagion palese.
Questo era n conte Pinabel, figliuolo
D' Anselmo d' Altaripa, maganzese ;
Che tra sua gente scelerata, 8010
Leale esser non volse ne cortese,
E nelli vizi abbominandi e bruttl
Non pur gll altri adegub, rna paII!O tutti.
La bella donna con diverso aspetto
Stette ascoltando II Maganzese cheta ;
Che come prima di Buggier In detto ,
Nel Vi80 Ii mostrO piil ehe mal Heta :
Ma quando sentl poi, ch' era in distretto,
Turbossl tutta d' amorosa pieta;
Ne per una 0 due volte contentos8e
Cbe ritornato a replicar Ie f088e.
E pol ch' al fin Ie parve esserne chiara,
Gll disse : cavalier, dattl riP080 ;
Che ben pub la Mia giunta esserti cara ,
Parerti questo giomo avventuroso.
Andiam pur tosto a quella stanza avara,
Che Il riceo tesor ei tiene aseoso;
Ne lpesa sara invan questa fatica,
Se fortuna non m' e troppo nernice.
Bilpose II cavalier: to vuoi ch' io passi
Di novo i monti, e mostrlti la via :
A me molto non e perdere i passi ,
Perduta avendo ogni aUra coaa Mia ;
Ala tu per baize e ruinosi sassi
Cerchi entrare in priglone : e cosi sia.
Non hal di chedolert1 dt me pol ;
. Ch'io tel predico, e tu pur gir vi vuol.
Cost dice egli ; e torna al suo destriero,
E di quella animosa si fa guida,
Che si mette a periglio per Ruggiero,
Che la pigli quel mago 0 che la aneida.
In questo ecco a Ie spalle iI messaggiero
Che : aspetta , aspetta, a tutta voce grida ;
II messaggier da cbi 'I CircaS80 intfse
Che costei fu che aU' erba 10 distese.
A Bradamante iI messaggier novella
Di Mompolieri e di Narbona porta,
Ch' alzato gli stendardi di Castella
A vean, con tutto illito d' Acquamorta;
E che Marsiglia, non v' essendo queUa
Che la dovea guardar , mal si conforta ,
E consiglio e 8OCCOrso Ie dornanda
Per questo messo, e se Ie raecomanda.
Qusta cittade, e intorno a molte miglia
Cib che fra V 81'0 e Rodano al mar liede, '
A vea I' imperator dato alia figlia
Del duca Amone , in ehe avea speme e Cede;.
Peroeche '1 IUO valor con meraviglia
Riguardar luol, .quando armeggiar la vede.
Or, com' io dico, a domandar &juto
Quel messo da Marsiglia era venuto.
Tra sl enola giovane sospesa,
DI voleI' ritomar dubita un poco :
Quinei l' onore e il debito Ie peaa ,
Quindi r incalza l' amoroso foco.
Fermasi al fin di seguitar l' impress, ..
E trar RuggifJf dell' incantato loco;
E quando sua virtil non possa tanto ,
Almen restargli prigioniera aecanto.
E fcce scusa tal, che quel messaggio
Parve contento rimanere e cheto.
Indi giro la briglia al suo viaggio,
Con Pinabel ehe non ne parve lleto;
Che seppe esser costei di quel Ugnaggio
Che tanto ha in odio in publico e in seereto :
E gift s' avvisa Ie future ang98C8 ,
Se lui per Maganzese ella conosee.
Tra casa dl Maganza e di Chiannonte
Era odio antico e nimicizia intensa;
E piil volte s' avean rotta la fronte, .
E sparso di lor sangue copia immense. :
E pem nel suo cor l' iDiquo conte
Tradir l' incauta giovane 8i penaa ,
o come prima comodo gil accada,
Lasciarla lOla, e trovar altra strada.
E tanto gil occupO la fantasia
n nativo odio , il dubbio e la paora ,
Ch' inavvedutaDiente usc} di via,
E ritrovossi in una selva oaeura
Che nel mezzo avea un monte che ODia
La nucla elma in UDD petra dura :
17

266 LODOVICO ARIOSTO. IT •••
A vea lasciato quel m1sero In terra
II libro che facea tutta la guerra:
E cou una catena ne correa,
Che solea portar clnta a simil uso;
Perche non men legar colei credea.
. Che per addietro altri legare era uso.
La donna in terra posto gill ravea:
Sa quel non sl difese , io ben I' escuso ;
Che troppo era la cosa differente .
Tra un debol vecchio, e lei tanto possente.
Disegnando levargli eUa la testa,
Alza la man vi1toriosa in fretta ;
Ma poiche 'I visa mira', il colpo arresta,
Quasi sdegnando lil bassa vendetta.
Un venerabil vecchio in faccla mesta
Vede esser quel ch' ella ha giunto alia stretta,
Che mastra al viso crespo e al pelo blanco
Eta di settant' anni 0 poco manco.
Toinmi la vita, giovene, per Dio,
Dicea 11 vecchio pien d' ira e di dispetto,
Ma quella a torla a,'ea St n cor restio,
Come quel di lasciarla avria diletto.
La donna di sapere ebbc disio,
Chi fOSBe il negromante, ed ache efCetto
Ediflcasse In quelluogo selvaggio.
La rocca, e faccia a tutto il mondo oltraggio.
Ne per maligna intenzione , abi lasso I
Disse piangendo il vecchio ineantatore ,
Feella bella roCca in clma al sasso;
Ne per aviditA son rubatore :
Ma per ritrar sol dall' estremo passo
Un cavalier gentn, mi mosse amore,
Che, come U Ciel mt mastra, in tempo breve
Morir cristiano a tradimento deve.
Non vcde II sol tra questo e il polo austrino
Un giovene sl bello e st prestante :
Ruggiero ha nome, il qual da piccoli no
Da me nutrito fu, ch' io sono Atlante.
Disio d' onore e suo flero destino :
L' han tratto in Franciadietro al re Agramante,
Ed to che I' amai sempre piit che figlio ,
Lo cerco trar di Francia e di periglio.
La bella rocca solo ediflcai
Per tenervi Ruggier sicuramente,
Che preso fu da me, come sperai
Che fossi oggi tu preso similmente;
E donne e cavalier che tu vedrai,
Poi cl ho ridutti, ed aItra nobU gente ;
Acciocche quando a vogUa sua non esca,
A vendo compagnia, men gli rincresca.
Porche uscir di lassit non sl domande,
D' ogo' altro gaudio lor cura mi tocca;
Che quanto aveme da tutte Ie bande
Si pua del mondo, e tutto in quella rocca :
Suonl, canti, "estir, giochi, vivande,
Quanto poo cor pensar, pua chieder hocrR.
Ben seminato avea, ben cogUea II ftutto;
Ma tu sei giunto a distnrbarmi it tutto.
Deh se non hal del viso il cor men bello,
Non impedir il mio consiglio onesto !
Piglia 10 scudo ( cb' 10 tel dono) e quello
Destrier chc va per I' aria cosl presto ;
E non t' impacciar oitra nel castello,
o tranne uno 0 duo amici, e Iascia it resto;
o tranne tutti gU altri, e piit non chero
Se non che tu mi Iasci il mio Ruggiero.
E se disposto sci volermel torre,
Deh prima aImen che tu'l rimeni in Francia,
Piacciati questa aftlitta anima sciorre
Della sua scorza ormai putrida e raneia 1
Rispose la donzella: lui vo' porre
In Uberti1: tu , se SRi, gracchia e ciancia.
N e mi offerir di dar 10 scudo in dono I
o quel destrier ; che mlei, non plu tooi BODO,
Ne s'anco stesse ate di torre e darU ,
Mi parrebbe che') camblo convenisse.
Tu di' che Ruggier tieni per vietarli
II malo intlusso di sue stelle 1lsse.
o che non puoi saperlo, 0 non schivarli,
Sappiendol , cia che'l Ciel di lui prescrisse :
Ma se'l mal tuo ch' hai sl vicia non vedi ,
Peggio l' aItmi ch' ha da venir prevedi.
Non pregar ch'io t'uccida: cbe i tuol preghi
Sariano Indamo : e se pur vuoi )a morte ,
Ancor che tutto il Mondo darla negbi ,
Da se la PUQ aver sempre animo forte.
Ma pria che l' alma dalla came slegbi,
A tutti i tuol prigioni apri Ie porte.
Cosi dice la donna; e tuttavia
11 mago preso incontra al 8/lI8O invia.
Legato della sua propria catena
N' andava Atlante, e la donzella appresao;
Che COSt Mcor se ne fldava appena ,
Benche in vista parea tutto rimesso •
Non molti passl dietro se 10 mena ,
Ch' a pie del monte han ritrovato 11 feuo
E gU scaglionl onde Ii monta in giro,
FincM alIa porta del castel saliro.
Di sulla sogUa Atlante un sasso tolle,
Dl caratteri e strani segni insculto.
Sotto vas! vi son, che cbiamano olle ,
Che fuman sempre,e dentro han focoocculto,
L' incantator Ie spezza: e a un trattoU colle
Riman deserto, inospite ed inculto ;
Ne muro appar ne torre in aleun lato,
Come se mal castel non vi siastato.
Sbrigossi daUa donna il mago allora ,
Come fa spesso 11 torelo daJla ragna ;
E con lui sparve Usuo castello a un' ora)
E lascia in libertA quella compagna.
Le donne e • cavalier sl trovar fuora
Delle 8uperbe stanze alia campagna:

270 LODOVICO ARIOSTO. IT. III
Dl tutte Ie real camere in queUa
Che phi seereta avea Ginevra bella;
Dove tenea Ie sue cose pill care ,
E dove Ie pill volte ella dormia.
Si puo di quella in s' un VE'rone entrare I
Che faor del mnro al d1scoperto uscia.
10 faeea U mio amator quivi montare :
E la scala di corde onde salia I
10 stessa dal veron gill gll mandai,
Qualvolta meco averlo desiai ;
Che tante volte ve 10 fei venire I
Quante Ginevra me ne diede l' agio I
Che solea mutar letto or per faggire
D tempo ardente, or n brumal rnalvagto.
Non fa veduto d' aleun mal salire;
Perocehe quella parte del palaglo
Risponde verso aleune cue rotte,
Dove nessnn mal plUlSll 0 giorno 0 notte.
Continuo per molti giorni e mesi
Tra noi secreto I' amor08O gtoco :
Sempre crebbe I' amore; e si m' aceesi,
Che tutta dentro 10 ml sentia di fooo :
E eleca ne fui s', ch' 10 non compresl
/ Ch' eg'i fingeva molto, e amava poco;
Ancorche Ii suo' Inganni discoperti
Esser doveanmi a mille segni certi.
Dopo aleun dl sl mostrO novo amante
De la bella Ginevra. 10 non 80 appunto,
S' allora oominclasse, 0 pur innante
Dell' amor mio n' avesse il cor gla punto.
Vedi s' in me veuuto era arrogante,
S' imperio nel mio cor s' aveva assunto ;
Che mi scoperse, e non ebbe rossore
Chlederml ajuto in questo no':,o amore.
Ben mi dicea ch' ugnale al mio non era,
Ne vero amor quel ch' egli avea a costei;
Ma simuJando esserne aeeeso, spera
Celebrarne Ilegtttimi imenei.
Dal re ottenerla 11a eosa leggiera;
Qualor vi sia la volontB dl let;
Che di sangue e di stllto in tutto n regno
Non era, dopo U re, di lui 'I pill degno.
MI persuade, se per opra mla
Potesse aI suo signor genero Carsl
(Che veder posso ehe se n' alzeria
A quanto presso al re possa uomo alzarsi)
Che me n' avria buon merto, e DOn saria
Mal tanto bene11eio per seordarsl;
E ch' aUa moglie e ch' ad ognaltro Innante
Mi porrebbe egli in sempre esserm1 amante.
10 ch' era tutta a satisfargli intenta I
N e seppi 0 volsi oontraddirgli mal,
E 801 quel glomi 10 ml vidi oontenta 1
Ch' anrlo compiaeluto mi troval;
PigUo l' occasion che s' appresenta
Di parIar d' esso e dilodarlo all8lli;
Ed ognilndU8tria adopro, ogni fatiea
Per far del mlo amator Ginevra amica.
Feel col core e coli' efl'etto tutto
Quel ehe far st poteva I e sallo Dio j
Ne con Ginevra mal potei far frutto ,
Ch' io Ie pone88i in grazla iI duca mio :
E questo, che ad amar ella avea indutto
Tutto iI penslero e tutto iI suo disio
Un gentil cavalier, bello e cortese,
Venuto in Seoua di lontan paese j
Che con un suo fratel ben giovinetto
Venne d' ItaIla a stare In questa corte:
Si fe' nell' arme poi tanto perfetto,
Che la Bretagna non avea n phi forte.
II re l' amava I e ne m08trO It effetto;
Che gil dono di non piccola 80rte
Castella e ville e jurldizionl,
E 10 fe' grande al par del gran baroni.
Grato era al re, pin grato era alia 11gUa
Quel cavalier, chlamato Ariodante I
Per esser valoroso a meraviglia j
Ma pili I ch' ella sapea che Ie era amante.
Ne Vesuvio, ne 11 monte dl Siclglia I
Ne Troja avvampa mal di ftamme tante,
Quanto ella conoseea che per suo &more
Ariodante ardea per tutto il CQre.
L' amar che dunque ella facea oolui
Con cor sincero e con perfetta fede,
Fe' ehe pel duca male udita 101 j
N e mal rLsposta da lperar ml diede :
Anzl quanto io pregava pill per lui,
E gU studiava d' impetrar meret'lde,
Ella, biasmandol sempre e dispreglando,
Se gU venia pill sempre inimicando.
10 confortai l' amator mio 8Ovente,
Che volesse luclar la vana impresa;
Ne si sperasse mal volger la mente
Di costei troppo ad altro amore tntesa :
E gil feci conoscer chiaramente ,
Come era 8' d' Ariodante aeeesa ,
Che quant' aequa e nel mar, pieetola drlUlUDa
Non spegneria della sua immensa ftamma.
Questo da me pill volte Polinesso
(Che eosi nome ha il duea) avendo udito,
E ben compreso e visto per se stesso,
Che molto male era 11 suo amor gradlto;
Non pur di tanto amor si fu rimesso,
Ma di vedersi un altro preferlto,
Come superbo, cosi malsofterse,
Che tutto in ira e in odio si cOnverse.
E tra Ginevra e I' IlDUltor suo pensa
Tanta discordia e tanta lite porre,
E farvl inimiclzia cos, intensa
Che mal pin non sl possano oornporre j
E por Ginevra in Ignominia immensa I
Donde non.' abbia 0 viva morta a torre:

ST. 33.
E per dar fine a tanto aspro martire I
Spesso si duol di non poter morire.
Morlr non puote a1cuna fata mnl,
Fincbe'l sol gira, 0 II clel non muta stilo.
Se cio non fosse, era II dolorassai
Per moverCloto ad Innasparleil filo;
o qual Dtdon ftnia col ferro i guat ;
. 0 la regina splendida del Nilo
A vria imitata con mortifer sonno :
Ua Ie fate morir sempre non ponno.
Tomiamoa quel dt eterna gloria degno
Ruggiero; e Alcina stia nella sua pena.
Dico dllui, cbe poi che foor dellegno
Si fu condutto In phI sicura arena, .
Dio ringraziando cbe tutto i1 disegno
Gli era successo, al mar volta la schlena;
Ed affrettando per I' asciutto 11 piede,
Alia rocca ne va cbe quivi slede.
Ne la ptu forte ancor ne la pin bella
Mal vide occhio mortal prima ne dopo :
Son di piil prezzo Ie mura dl queUa,
Che se diamante tossino 0 piropo.
Di tal gemme quagglil non sl favella:
Ed. a chi vuol notizia averoe, ed' uopo
Che vada qulvi ; cbe non credo altrove,
Se non forse su in ciel, se ne ritrove.
Quel che pin fa che lor s' inchioa e cede
Ognaltra gemma, e che mtrando in esse,
L' uom sino in mezzo all' anima'Si vede :
Vede suoi vizi e sue virtu4t espresse
SI, che a lusinghe poi di Se non crede,
Ne a chi dar biaSIno a torto gU volesse :
FossI, mirando allo specchio lucente,
Se stesso conoscendosi, prudente. .
II chiaro lume lor, Ch' imita 11 sole ,
Manda splendorein tanta copia Intoroo,
Chechll' ha, ovunquesla,sempreche vuole,
Febo, mal gradotoo, si puofar glomo.
N e mirabll vi son Ie pietre sole;
Ma la materia e I' artiftcio adorno
Contendon 8\, che mal gtudlcar puossf
Qual delle due eccellenze maggior tossi.
Sopra gil altissimi archi che puntelli
Parean che del ciel fossono a vederli,
Eran giardin 8i spaziosi e belli,
Che saria al plano aoco fatica averll.
Verdeggiar gil odoriferi arbuscelU
Si pon veder fra i luminosi merli;
Ch' adornt son I' estate e '( verno tutti
Df vaghi flori e di maturi frntti.
Di COIl noblli arbori non 8uole
Prodursi foor di questi bel glardlni;
N e di tai rose 0 di simil viole,
Di gigll, di amaranti 0 dI gesmini.
Altrove appar come a un medesmo sole
E nascaeviva, e mortoil capoinchini,
ORLANDO FURIOSO, CANTO X.
E come lasci vedovo II suo stelo
11 ftor suggetto al variar del cielo :
Ma quivi era perpetua la verdum,
Perpetua la belta de' flori etemi.
Non che benignita della natura
Sl temperatamente Ii governt;
Ma Logistilla con suo studio e cura,
Seoza bisogno de' moti supernl
(Quel ehe agU altri impossibile parea)
,Sua primavera ognor ferma tenea.
Logistilla mostrb molto aver grato
Ch' a lei venlsse un sl gentil signore;
E comanda che fosse accarezzato,
E che studlasse ognon dt fargli onore.
Gran pezzo Innanzl Astolfo era arrivato,
Cbe visto da Ruggier fo di buon core.
Fra poehl giomi venner gil a1tri tutti,
Ch' all' esser lor Melissa avea ridutti.
Poi cbe sl fur posati un giorno e dul,
Venne Ruggiero alia fata prudente
Col duca Astolfo cbe non men di lui
Avea desir di riveder Ponente.
Melissa Ie parIO per ambedui;
E supplica la lata urnllemente,
Che Ii consigli, favorisca e aJuti
SI che ritoroln donde eran venuti.
Disse la fata : 10 ci porro n peosiero,
E fra duo dl te Ii darO espeditl.
Discorre poi tra se, come Ruggiero,
E dopo lui, come quel duca aiti :
Conchlude tnlin, che 'I volator destriero
Ritorni iI primo agli aquitanlliti;
Ma prima vuol cbe se gil faceia un morso
Con che 10 volga, e gli raffreni iI corso.
Gli mostra come egli abbia a far, se vuo:e
Che pogglln alto, e come a far cbe cali ;
E come, se vorra che in giro vole,
o vada ratto, 0 che sl stla sull' ali.
E quail eft'eW iI cavalier far 8Uole
Di buon destriero in piana terra; tali
Facea R\1ggier cbe mastro ne divenne,
Per I' aria, del destrier cb' avea Ie penne.
Poiche Buggier fu d' ogoi cosa in punto J
Dalla lata gentll commlato prese,
Alia qual restb poi sempre congiunto
DI grande amore; e uscl dt quel paese.
Prima di lui cbe Be n' ando In buon punto,
E poi dirO come n guerriero Inglese
Tomasse ('on phi tempo e piu fatica
Al Magno Carlo ed aUa corte arnica.
Quindi partl Buggier, rna non rivennc
Perquella via che fe' gia suo mal grado,
Allorche sempre I' Ippogrifo 11 teone
Sopra it mare, e terren vide dI rado:
Ma potendogU or far batter Ie penne
Di qua, dlla, dove piu gli era a grado,
20

ST. 2:1. ORLANDO FURIOSO. CANTO XI. 511
Facendone, e iI Demonio a' nostri dannl
Assottigliando lor \ la pin ra mente,
Ne ritrovaro l' uso finalmente.
Halla e Francia, e tutte l' altre bande
Del Mondo han poi la crudele arte appresa.
Alcuno n bronzo in cave forme spande,
Cbe Uquefatto ha la fomaee accesa;
Bugia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
11 va80 forma, che piu e meno pesa;
E qual bombarda, e qual nomina scoppio ,
Qual sempliee cannon, qual cannon doppio :
Qual sagra, qual falcon, qual colubrina
Sento nomar, come al suo autor pin aggrada;
Che'l ferro spezza, e i marmiapreerllina,
E ovunque passa.si fa dar la strada.
Rendt, miser soldato, alia fueina
Pur tutte I' arme eh' hal, fln alia spada;
E in spalla un scoppio 0 un arcobugio prendi;
Che senm, io 80, non toccherai stipendi.
Come trovasti , 0 sceleratn e bruttft
Invenzion, mai loco in uman core?
Per te la militar gloria e distrutta;
Per te II mestier dell' armi e senza onore ;
Per te e II valore e la virtU ridutta ,
Che spesso par del buono it rio migliore;
Non piiI la gagliardia , non pliI I' ardire
Pet te pub in campo al paragon venire.
Per te son giti ed anderan sotterra
Tanti signori e cavalieri tantl ,
Prima che sia finita questa guerra
Che 'I mondo, ma phI Italia ha messo in pianti:
Che s' to v' hodetto, ildettomio non erra ,
Che ben fu 11 piil crudele, e iI pill di quanti
Mal furo al Mondo ingegni empi e mallgni,
Chilmmagino si abbominosl ordigni.
E credero che Dfo, percbe vendetta
Ne sia in eterno, net profondo chiuda
Del cieco abisso quella malndetta
Anima, appresso al mnladetto Giuda.
1Ia seguitiamo II cavalier ch' in Iretta
Brama trovarsi aU' isola d' Ebuda,
Dove Ie belle donne e delicate
SoD per vivanda a un marin mostro date.
Ma quanto avea pill &etta il paladino,
Tanto parea ehe men l' ayesse iI vento.
Spirt 0 dallato destro 0 dal mancino,
o nelle poppe, sempre e cosl lento,
Che si pub far con lui poco cammino ;
E rimanea talvolta in tutto spento :
Soma talor sl avverso, che gU e forza
o dl tomare, 0 d' ir gtrando all' orzn.
Fu volonta dl Dio, che non venisse
Prima che '1 re d' Ibernia in quella parte,
Accio con piu fncilita segulsse
Quel ch' udir vi faro fra poehe carte. +
Sopra l' isola sortl , Orlando disse . I .
Al suo nocchiero: or qui potmi fermarte ,
E 'I battel darmi; ehe portar mi voglio
Senz' altra compagnia sopra 10 scoglio.
E "oglio la maggior gomona meco,
E l' ancora maggior rh' abbi sullegno :
10 ti faro veder percbe l' arreco ,
Se con quel mostro ad affrontar mi \'eguo.
Gittar (e' in mare il palischermo seco,
Con tutto que I ch' era otto 01 suo disegno.
Tutte I' arme lascio, fuor che la spadll;
Ever 10 scoglio 801 prese In strada.
Si tira i remi al petto, e tien Ie spallc
Volte alia parte o\'e discender vuo!e ;
A gulsa che del mare 0 de la valle
Uscendo allito , U sal80 granchio suoll".
Era nell' ora che Ie chi orne gialle
La bella Aurom avea spiegate al sole
Mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso ,
Non senza sdegno dl Titon geloso.
Fattosi oppresso al nudo scoglio, quanto
Potria gngliarda man gittare un sasso,
Gli pare udire e Don udire un pianto ,
SI all' orrecchie gil vien debole e lasso.
Tutto 51 volta sui sinistro canto;
E posto gU Occhi appresso all' onde al basso ,
Vede una donna, nuda come nacque,
Legata a un tronco; e i pie Ie bagnan l' aeque.
Perche gil e ancor lontana, perche chjlla
La faccia tien, non hen chi sia discerue. .
Tira in fretta ambi i remi, e s' ftvvicinll
Con gran disio di pill notizia averne.
Ma mugghiar sente in questa 1ft marina,
E rlmbombnr Ie selve e Ie ca\'erne :
GonOimsi I' onde; ed ecco it mostro appare ,
Che sotto iI petto ha quaSI ascoso il mare.
Come d' oscura valle umitla ascende
Nube dl ploggia e di tempesta pregna ,
Cbe piiI che cieca notte si distende
Pertutto'l mondo, eparthe 'I gtornespegno;
Cosi nuota In (era, e del mar prende ,
Tanto che 51 pub dlr che tutto il tegna :
Fremono I' onde. OI'lando, in se rac-colto,
La mira altier, ne cangta cor ne volto.
E come quel ch' aves n pensler ben ferrqo
Di quanto volea (ar, si masse ratto j
E perche a In donzella essere schermo ,
E 10 fera assalir potesse a un tmtto ,
EntrO fro I' orca e lei col paUschenno,
Nel todero lasciando it brando piatto .
L' ancora colla gomona In man prese;
Pol eon gran cor l' orribil mostro attl'SC.
Tosto che I' orca s' accosto, e scoperse
Nel schUb Orlando con poco tnterYallo,
Per Inghlottirlo tanta bocca aperse ,
Ch' entrato un uomo vi saria a ('avallo.
Si 8pinse Orlando innanzl , l' Sl' l' immen;,

51-4 LODOVICO A RIOSTO. IT. 72.
Mena nei rami allor del verde stelo :
Cos, a Ie beUe lagrime Ie piume
Sl bagna Amore, e gode al chiaro lume ;
E nella face de' begli occhi accende
L' aurato strale , e nel nIseello ammorza
Che tre vermigli e hianchi fiort scende;
E temprato che I' ha , tira di fona
Contra iI garzon cbe ne seudo difende ,
Ne maglia doppia, ne ferrigna scorza ;
Che mentre 8ta a mirar gU occhi e Ie chiome,
Si sente il cor ferito, e non sa come.
Le bellezze d' Olimpia eran di-queUe
Che son piu rare : e non Ia fronte sola,
Gli occhi e Ie guance e Ie chiome a,"ea belle,
La bocca, II naso, gU omeri e la gola ;
Ma discendendo giu da Ie mammelle ,
Le parti che solea coprir la stoia,
Fur di tanta eccellenzia, ch' anteporse
A quante n' avea 11 mondo potean forse.
Vinceano di candor Ie nevi intatte,
Ed eran piu ch' avorto a toccar moUi :
Le poppe ritondette parean latte .
Che tuor del glunchi allora aUora tolli.
Spazlo fra lor tal discendea , qual fatte
Esser vegglam fra piccolini colli
L' ombrose valli, in sua stagione amene ,
Che 'I verno abbia dl neve allora plene.
I rilevati fianchi e Ie belle aoche ,
E netto piu che specchio II \'entre piano I
Pareano fatti, e queUe cosce bianche,
Da Fidia a torno 0 da piu dotta ·mano.
Di queUe parti debbovi dir anche ,
Che pur celare ella bramava in vano?
Diro in somma, ch' in lei dal capo al piede 1
Quant' esser puo beltA I tutta sl vede.
Se fosse stata ne Ie valli idee
Vista dal pastor frlglo I 10 non so quanto
Vener, se ben vincea quell' al tre Dee,
Portato avesse di bellezza it vanto:
Ne Corse ito saria nelle amlclee
Contrade esso a vlolar I' ospizio santo ,
Ma detto avria : con Menelao ti resta,
Elena, pur; ch' altra io non vo' che questa.
E se (osse costei stata a Crotone,
Quando Zeusi I' imagine far volse,
Cbe por dovea nel tempio di G iunone,
E tante belle nude insieme.accolse :
E che per una Carne in perfezione,
Da chi uua parte e da chi un' altra tolse;
Non avea da torre altra che costei ,
Che Pltte Ie bellezze erano in lei.
10 non credo che mai Bireno , nudo
Vedesse quel bel corpo; ch' to son certo
Che stato non saria mai cosi crudo I
Che I' avesse lasciata in quel deserto.
Ch' Oberto se 11' Rcceode, io '\'1 concludo,
Tanto che '1 Coco non puo star coperto.
SI studia consolarla, e darle speme
Che' usciril in bene iI mal ch' ora la preme :
E Ie promette mdar seco in Olanda;
N e fin che nello stato la rimetta ,
E ch' abbia fatto giusta e memoranda
Di quel periuro e tradltor vendetta)
Non cessera con eio che possa Irlanda;
E 10 farll quanto potra piiJ in Cretta.
Cercare intanto in quelle case e in queste
Facea di gonne e di reminee veste.
Biosgno non sara, per trovar gonne,
Ch' a cerear fuor dell' isola si mande ;
Ch' ogni di se n' avea da quelle donne
Che dell' avido mostro eran vivande.
Non fe' molto cerear, che ritrovoDne
Di varie fogge Oberto copia grande;
E Ce' vestir Olimpia : eben gl' increbbe
Non la poter vesUe come vorrebbe.
Ma ne sl bella seta 0 sl fin oeo
Mal Fiorentinl industri tesser fenno ;
Ne chi rtcama, feee mai lavoro,
Postovi tempo, dfligenzia e senno ,
Che potesse a eostel parer decoro,
Se 10 fesse Minerva 0 iI Dio di Lenno ;
E degno dt coprir si belle membre ,
Che forza e ad or ad or se ne rimembre.
Per piu rtspetti iI paladino molto
Si dimostro df questo amor contento :
Ch' oltre che '1 re non lascerebbe asclolto
Bireno andar dl tanto tradimento,
Sarebbe aneh' esso per tal mezzo tolto
Di grave e di nojoso impedimento ,
Quivi non per Olimpia, ma venuto
Per dar, se v' era, alia sua donna ajuto.
Ch' ella non v' era, sl chiarl di corto :
Ma gia non si chinri se v' era stata ;
Percbe ogoi uomo nell' isola era morto, .
Ne un sol rimaso di sl gran brigata.
II dl seguente sl partir del porto,
E tutti insieme andaro in una armata.
Con loro ando In Irlanda 11 paladino;
Che Cu per gire io Francia iI suo cammino.
A pena uo glorno sl Cermo in IrlanC\a :
Non valser preghi a far che piiJ vi stesse.
Amor che dietro alIa sua donna iI manda
Di fermarvisi piu non gli concesse.
QUindi sl parte; e prima raccomanda
Olimpia al re , ehe servi Ie promesse :
Bencbe non bisognasse ; che gJi aUenne
Molto piu che dt far non si com"enne.
Cosi rra poehi dl genti raccolse :
E Catto lega. col re d' Inghilterra
E coli' altro dt Scozia, gli rttolse
OIanda, e in Frtsa non gli lascio terra;
Ed a ribe\lione anco gli "oIse

ST. 79. ORl.ANDO FURIOSO. CANTO XII. 545
La sua Selandia: e non flni la guerra I
Cbe gJi die morte; ne pero fu tale
La pena ch' aI delitto andasse eguale.
Olimpia Oberto si pigUe> per mogUe I
E dl contessa la fe' gran regina.
Ma ritomiamo al paladin cbe sciogJie
Nel mar Ie vele , e notte e di cammina ;
Poi nel medesmo porto Ie raccoglie ,
Donde pria Ie 8piege> nella marina:
E sui suo Brigliadoro armato saIse ,
E lascie> dietro I venti e l' onde salse.
Credo che '( resto di que) verno cose
Facesse degne di teneme conto :
Ma fur sin a quel tempo 8i nascose,
Cbe non e colpa mia s' or non 10 conto :
Perche Orlando a far I' opre virtuose ,
Piu cbe a narrarle poi, sempre era pronto :
Ne mai fu alcun delli suol fatti espresso,
Se non quando ebbe i testimoni appresso.
Passe> 1I resto nel verno cosl cbeto I
Cbe di lui non" si seppe cosa vera :
Ma poi cbe 'I sol nell' animal dlscreto
Cbe portO Fri80, illumine> la sfera ,
E Zeflro tome> soave e lieto
A rimenar la dolce primavera;
D' Orlando useiron lemirabil prove
Coi vagbi flori e coli' erbette nove.
Di piano in monte e di campagna in lido,
PieD di trnvaglio e di dolor De gia;
Quando all' entrard' un bosco, un lungo grtdo
Un alto duoll' orecchie gH feria.
Spinge 1I cavallo, e piglia il brando ftdo ;
E donde viene U suon , ratto 5' invia.
Ma dirreriseo un' altra volta a dire
Quel che segul, se ml vorrete udire.
--
CANTO XII.
Altro raJazzo Incantalo d' Atlanle. Altri errettl mlrahlli
dell' meIlo" d' ADsdICa. Orlando ba halta8lia con Ferrai",
metle III rolla due squdnI di Sanclal; entra in una
apeIooca.
Cerere, poi cbe dalla madre Idea
Tomando in fretta alia 80linga valle,
Lit dove calen la montagna etoea
AI tulminato Encelado Ie spaUe,
La ftglia non trove> dove l' avea
Lasciata fnor d' ogni segnato calle;
Fatto cb' ebbe aile guanee, al petto, ai crini
E agJi occbi danno, al fin svelse duo pini;
E nel foeo gli accese di V ulcano ,
E die lor nOD potere esser mai spenti :
E portandosl questi uno per mano 1.
Sui carro cbe tira"an duo serpenti, • +
CercO Ie selve, i campi, II monte , II plano,
Le valli, i fiumi, gli stagni, I torren«,
La terra e 'I mare, e poi cbe tutto il mondo
Cercb di sopra, ande> al tartareo fondo.
S' in poter fosse stato Orlando pare
All' eleusina Dea, come in disio ,
Non avria, per Angelica cercare ,
Lasciato 0 selva 0 campo 0 stagno 0 rio
Ovalle 0 monte 0 piano 0 terra 0 mare,
II clelo e 'I fondo dell' etemo oblio;
Ma poi cbe 'I C8l'l'8 e i draghi non a,'ea,
La gia cercando al meglio che potea.
t' ha cercata per Francia: or s' apparecebia
Per ItaUa cercaria e per Lamagnn ,
Per la nova Castiglia e per la veccbla,
E poi passare in Libia it mar di Spagna.
Mentre pensa cost, sente all' oreccbia
Una voce venir cbe par cbe piagnfl :
Si spinge innanzi; e sopra un gran destrlero
Trottar si vede innanzi un cavallero ,
Cbe porta In braccio e sull' arcion davante
Per forza una mestisslma donzeJla.
Piange ella, e si dlbatte , e fa sembillnte
Di gran dolore; ed in SOCCOr80 appelJa
II valoroso principe d' AnglaDte,
Cbe come mira aUa giovane bella,
Gli par colei per cut la notte'e il giomo
Cercato Francia avea dentro e dlntomo.
Non dico cb' ella fosse , rna parea
Angelica genUI cb' egU tanto ama.
Egli cbe la sua donna e la sua Dea
Vede portar sl addolorata e grama ,
Spinto datI' ira e dalla furia rea,
Con voce orrenda it cavalier richiama.
Richiama II cavaJiero, e g1l minaccia;
E BrlgJiado1O a tutta briglia caccia.
Non resta quel fellon, ne gli risponde,
All' alta preda, at gran guadagno intento;
E s, mtto De va per queUe !ronde,
Cbe saria tardo a seguitarlo 11 vento.
L' un fugge, e l' aItro caccia; e Ie profonde
Selve 5' odOD sonar d' alto lamento.
Correndo usciro In un gran prato; e queUo
A vea nel mezzo un grande e ricco ostello.
Di vari marml con sottillavoro
Ediftcato era il palazzo altlero.
Corse dentro alIa porta Messa d' oro
Con la donzella in braccio it cavaliero.
Dopo non molto giunse BrlgUadoro
Cbe porta Orlando disdegnoso e ftero.
Orlando, come e dentro , gli occbi gira;
Ne piiI il guerrler ne la donzella mira.
Subito smonta, e fulminando passa
Dove plu dentro,il bel tetto 5' alJoggia.
Corre di qua, corre di lA, ne Insso
Cbe non vegga ogni camera, ognl loggia,

l
ST. ,2., ORLANDO FURIOSO. CANTO XIII. 325
the fra tutti I fedeU amici eletto
S' avea pel pin fedele e pel piil arnico ;
E bene esser dovea, se i benetIc!
Sempre banno forza d' acquistar gil amici.
Venia eostui sopra un navilfo armnto,
Al terminato tempo indl a levarmi.
E C08J venne it giorno disiato ,
Che dentro n mio giardln laseial trovnrml.
Odorico la notte accompagnato
DI gente valol'088 all' aequa e all' al'lOi,
Smonw ad un dume alia dtta vicino,
E venne ehetamente al mio giardino.
Quindi fui trntta alia galea spaImata ,
Prima che In citta n' avesse avvisi.
Della famiglia ignuda e disarmnta
A1tri fuggiro, altri restaro uccisi,
Parte cattiva meco fu menata.
Cosl dalla mia terra io mi divisi ,
Con quanto gaudio, non ti potrei dire,
Sperando ill breve it mlo Zerbin fruire.
Voltati sopra Mongia eramo appena,
Quando ci assaIse alia sinistra sponda
Un vento che tUl'bO I' aria serena, ,
E turbO iI mare, e al ctel gil levo l' ondn.
Salta un Maestro ch' a traverso mena,
E cresce ad ora ad ora, e soprabboncla;
E cresce e soprabbonda con tal Corza,
the 'V81 poco altemar poggin con orza.
Non giova enlar vele ) e l' arbor sopra
Coraia legar, ne ruioar casteUa ;
Che ei v.eggiam 1 mal grado, portar soprn
Acuti seogU, appresso a la Rocella.
Se non ci ajuta Quel che sta di 8Opra,
Ci spinge in terra la erudel pracella.
D vento rio ne caccia in maggior frettn,
Che d' areo mai non 5i avventO saettn.
. Vide il periglio il Biscaglino, e a quello
UsO un rimedlo che fallir suol spesso:
Ebbe ricorso subito al battello j
Calossi , e me calar feee con esso.
Seeser dul altri, e ne scendea un drappello,
Se i priml &cesi l' avesser concesso;
Ma eon Ie spade Ii tenner discosto ,
TagJiar la fune, e ci allargammo tosto.
Fummo gittati a salvamento allito
Noi che _nel palisehermo eramo seesi;
Periron gll altrl col legno sdrucito :
In preda al mare andar tutti gli arnesl.
All' etema bontade • aU' inftnito
Amor, rendendo grazie, Ie man stesl ,
Che non m' avesse dal furor marino -­
Lasclato tor di rlveder Zerbino.
Come rh' 10 avessl sopra illegno e vesd
Lasciato e gioje e I' nitre cose care,
Pur che la speme -dl Zerbin mi re-sti,
Contenta son ehe s' abbia II !'esto il mare.
Non sono, ove scendemrno, I litl pesti
D' alcun sentier, netntorno albergo appart',
Ma solo 11 monte, al qual mu sempre·llede
L' ombroso capo it vento, e 'i mare il piede.
Qulvi il erndo tiranno Amor che sempre
D' ogni promessa sua fu dis\eale,
E sempre guarda come involva e stempre
Ogni nOltro dlsegno razionale,
Muto con triste e disoneste tempre
Mio eonforto In dolor I mio bene in male;
Che quell' arnico in chi Zerbln 81 crede I
Di desire ane; ed agghiacclo di Cede
o che m' avesse in mar bramata &neora ,
Nil fosse stato a dlmostrarlo ardlto ;
o eominciasse n deslderio nllora
Che l' agio v' ebOO dal 8Olingo lito;
Jlisegno quivi senza pill dimOrft
Condllrre a tIn I' iugordo suo appetito
Ma prima cia se torre un delli dui
Che nel battel campati eran con nul.
Quell' era uomo dI Scozia, A1monio detto,
Che mostrava a Zerbin portar gran fede;
E commendato per guerrler perfetto
Da lui Cu, quando ad Odorlco il diedt'o
Disse a coatui , che blasmo era e difetto
Se mi traeaDo alla Rocella a piede;
E 10 prego ch' iooanti volesse ire
A Carmi incontra alcun ronzin venire.
Almooio che di eio nulla temea,
ImmanUnente innanzi il cammin piglia
Alia cittil. che 'I bosco ci ascondea,
E non era lontana oltra sel miglill.
Odorico scoprir SUft voglia rea
All' altro dnaJmente si consiglia :
Sl percbe tor oon se 10 sa d' appresso;
Si perche avea gran contldenzia in esso.
Era Corebo di Bilbao nomato
Quel di ch' io parlo che eon noi rillW!e ,
Che cia fanelullo picciolo allevato
S' era con lui neUe medesme case.
Poter con lui comuniear I' ingrato
Pensiero n traditor sl persuase,
Sperando eh' ad amar sarla pin presto
II piacer dell' arnico che I' onesto.
Corebo che gentUe era e cortese ,
Non 10 pote ascoltar senza gran sdegno ;
Lo chiamo traditore, e gli cootese
Con parole e con Caw il rio disegno.
Grande ira all' uno e aU' altro il core accese,
E con Ie spade nude ne fer segno.
Al tr8r de' Cerri I io Cui dalla paura
Volta a fuggir per l' alta sel va oscura.
Odorico che mastro era dI guerra,
Jo pochi colpi a tal vantaggl0 venne,
Che-per morto lucio Corebo io terra;
E per Ie mle vestigie il cammintenne.
il

IT. f2. ORLANDO FURIOSO, CANTO XIV. 329
Seguon dl Mandal'8l8O 11 gonfalooe
Que.I ehe lasciato ban Mal,ga e SivigHa,
DaI mar di Gade a Cordova f800nda
I.e verdi ripe ovunque Ii Betl inonda.
Stordilano e Tesira e Barieondo,
L' 1In dopo I' altro mostra Ia sua gente :
Granata al primo, Ulisbona al seeondo,
E MaJorica al terzo e ubbidlente.
Fu d' UUsbona re ( tolto dal mondo
Larbin) Tesira, dl Lubin parente.
Poi vien GallizJa, ehe sua guida, in veec
Di Maricoldo, Serpentlno fece.
Quei di Toledo e quei eli Calatrava,
Di eh' ebbe Sinagon giA la bandiera,
Con tutta quells gente cbe sl lava
In Guadlana, e bee della riviera,
L' audace Matalista governava :
Bianzardin quei d' Astorga in una schlera
Con qnei di Salamanca e di Piagenza ,
D' Avila, eli Zamora e di Palenza.
Di quei di Saragosa e della corte
Del re Manilio ba Ferran il govemo;
Tutta la genie e ben annata e forte :
In questi e Malgarino, Balinvemo,
Maizariae e Morgante, ch' una sorte
A yea fatto abitar paese esterno ;
Che poi che t regni lor lor furon toltl,
GU avea MarsiHo in corte sua raccoltl.
In q'desta e di Manillo iI gran bastardo ,
Follicon d' Almeria, con Doriconte ,
Bavarte e Largallfa ed Analardo,
Ed Archidante 11 sagontlno conte,
E Lamirante e Langhiran gagliardo,
E Malagur ch' avea I' aatuzie pronte,
Ed altri ed altri de' quai peD8O, dove
Tempo sara, eli far veder Ie prove.
Poi OOe passO I' esercito di Spagna
Con bella mOIRa innanzi al re Agramante ,
Colla sua squadra appane aUa campagna
n re d' Oran, OOe quasi era gigante.
L' altra che vien, per Martasin si lagna ,
11 qual marta Ie fu da Bradamante;
E si dool ch' una Cemmina at vanti
D' aver ucciso 11 re de' Garamantl.
Segue la terza schiera di Marmonda,
Ch' Arg08to morto abbandonO in Guucogna.
A questa un capo, come alia seconda,
E come anco alia quarta, dar bisogna.
Quantunque iI re Agramante non abbonda
Dl capitani, pur ne tinge e 80gna :
Donque Buraldo, Ormida, Arganlo elesse, ,
E dove uopo ne fu, guida Ii mease.
Diede ad Arganio quei di Libieana,
Che piangean morto n negro DudrllUUlSO.
Guida BruneUo I suoi di Tingitana ,
Con vi80 DubUOt!O e elgllo 00880;
+ . Che, poi che neUa selva DOn lontana
Dal castel ell! ebbe Atlante in cima al 88S8O,
Gil fu tolto l' anel da Bradamante,
Cnduto era In disgrazin al re Agramante,
Ese '1 fratel di Ferran, lsoliero,
Ch' all' arbore legato ritrovollo,
Non facea fede innanzl aI re del vero,
A vrebbe dato in sulle forehe un croUo.
MutO a prieghi di molti 11 re penmero ,
GIA avendo fatto porgU il lacelo al collo :
GIi lo·feee levar, rna rlserbarlo
Pel primo error; che pol giurO Impiccarlo.
Sl ch' avea causa di venir Brunello
Col vlso mesto e colla testa china.
8eguia poi Farurante, e dietro a queUo
Eran cavalli e fanti di Maurina.
Venia Libanio appresao, il re novello :
La gente era con lui di Constantina;
Pei'O che la corona e il baston d' oro
Gil ha dato il re , che fu di Pinadoro.
Colla gente d' Esperia Sorjdano,
E Dorilon ne vim con quei di Setta :
Ne vim coi Nasamoni Puliano.
Queili d' Amonia il re Agricalte affretta :
Malabuferso que1ll dl Fizano :
DB Finadurro e l' altra squadra retta J
Che di Canaria viene e di Maroceo,
Balastro ha quel che fur del re Tardocco.
Duesquadre, unadiMulga, unad' Arlilla,
Seguono, e questa ha 'I suo signore antieo :
Quella n' e prlva; e pero il re sortilla ,- .
E diella s Corineo suo fido amico.
E cost della genle d' Almansilla,
Ch' ebbe Tanfirion, fe' re Caico :
Die quella di Getulia a Rimedonte.
Poi vien con quei di Cosca Balinfronu-.
Quell' altra schiera e la gente di Boiga :
Suo re e Clarindo, e giA fu Mirabaldo.
Vien BaIlverzo, il qual vo' che tu tolga
Di tutto n gregge pel maggior ribaldo.
Non credo in mtto U campo sl disciolga
Bandiera 00' abbia esercito phi saldo
Dell' altra con OOe segue 11 re Sobrino,
Ne phi di lui prudente Saracino.
Quei di BeUamarina, OOe Gualciotto
Solea guidare , or goida iI re d' Algieri
Rodomonte e di Sana, che condotto
Di nuovo avea pedoni e cavalieri j
Cbe, mentre il sol fu nubiloso &Otto
II gran Centauro e i corni orridi e fterj ,
Fu in Africa mandato cia Agramante,
Onde venuto era tre glomi innante.
Non avea il campo d' Mrica piil forte
Ne Saracln piil audace di costui;
E piil temean Ie parigine porte,
FA avean plil eagi(»n di wmer lui,

10 mastro, 10 baUa , 10 Ie sarO sergente
In tutti i suot bt80gni : addio , brigata.
Cosi non gli possendo far riparo ,
Plangendo e sospirando se n' andaro ;
Tra lor dicendo : quanto doloroso
Ne sara it padre, come il caso intenda I
Quanta ira, quanto duol ne ana il sao sposol
Oh come ne fara vendetta orrenda 1
Deh perehe a tempo tanto bisognoso
Non e qui presso a far che costu! renda
II sangue iIIustre del re Stordilano ,
Prima che se 10 porti piu lontano?
Della gran preda il Tartaro contento,
Che fortuna e valor gli ha posta iooaozi ,
Di trovar quel dal negro vestimeoto
Non par ch' abbia Ja fretta ch' avea dianzi.
Correva dianzi : or viene adagio e lento;
E pensa tuttavia dove si stanzi ,
Dove ritrovi aloon comodo loco
Per esalar tanto amoroso foco.
Tuttavolta conforta DoraUce
Ch' avea di pianto e gli oechi e 'I viso moUe:
Compone e fioge molte ease; e dice
Che per lama gran tempo ben Ie volle;
E che la patria, e il suo regno felice
Che 'I nome di grandezza agli a1tri toile I
Lascio, non per vedere 0 Spagna 0 Francia, "
Ms sol per contemplar 80a bella gUAncia.
Se per amar I' uom debbe essere amato,'
Merito U vostro amor; che v' ho amat' 10 :
Se per stirpe , di me chi e meglio nato ,
Che 'I possente Agrican fu 11 padre mio?
Se per ricehezza, chi ha di me piu stato',
Che di dominio fo cedo solo a Dio?
Se per valor, credo oggi aver esparto
Ch' essere amato per valore io merto.
Queste parole ed a1tre assai ch' Amore
A Mandricardo di sua boeca ditta ,
Van dolcemente a consolare 11 core
De la donzeUa di paura amitta.
II timor cessa, e [IOi cessa 11 dolore
Che Ie avea quasi l' anima tra6tta.
Ella comincia con phi pazienza
A dar piu grata aI novo amante udienza j
Poi con risposte pin benigne molto
A mostrarsegli afl'abile e cortese ,
E non negargli di fermar nel vallO
Talor Ie luci di ptetade accese :
Onde 11 Pagan che daUo stral ftI caito
Altre volte d' Amor, certezza prase ,
Non che speranza, che la donna bella
Non saria a' suoi desir sempre rthella.
Con questa compagnia lieto e giOJ08O ,
Che S1 gli satisfa , 51 gli diletta ,
Essendo presso all' ora 00' a riposo
I.e fredda notte agoi animale a1letta ,
,
LODOVICO ARIOSTO •. ,ST. 61.
Vedendo il sol Sit basso e mezzo aseoso ,
Comincio a cavalcar oon maggior fretta;
Tanto ch' ud1 sonar zufoll e canne,
E vide poi fumar ville e capanne.
Erano pastorali alloggiamenti ,
Miglior stanza e pin comoda che bella.
Quivi 11 guardian cortese degU annenti
OnolO il cavaUero e la donzeDa
Tanto, che si chiamar da lui contenti :
Che DOn pur per cittadi e per castella,
Ma per tuguri ancora e per fenili
Spesso si trovan gl1 uomini gentill.
Quel che fosse di poi Catto all' oscuro
Tra Doraliee e iI flglio d' Agricane ,
A punto racoontar non m' assicuro j
Sl ch' al giudizio di ciascun rimane.
Creder si puo cbe ben d' accbrdo furo j
Che si levar piu aUegri la dimane :
E Doralice ringrazio il pastore
Che nel suo albergo Ie avea latto onore.
Indi d' uno in un altro luogo errando ,
Si ritrovaro aI fin sopra un bel flume
Che con sDenzio al mar va declinando ,
E se vada a se stia, mal si prosume ;
Umpido e chiaro s1 , ch' in lui mirando,
Senza contesa aI fondo porta U lume.
In ripa a queUo , a una fresca ombra e bella
Trovar duo cavaUeri e una donzella.
Or l' alta fantasia ch' un seatier 8010
Non vuol ch' i' segua ognor, quindi mi guida,
E mi·r1torna ove il moresco stuolo'
Assorda di rumor Francia e dt grida,
D' intorno i1 padiglione ove il flgliuolo
Del re TroJano il santo imperio sflda;
E Rodomonte audace se gJi vanta
Arder Parigi, e splanar Barna santa.
Venuto ad Agramante era all' orecchio,
Che gia gl' logiest avean passato 11 mare :
PelO Marsilio e il re del Garbo vecchio,
E gli a1tri capitan fece chiamare.
Consiglian tutti a far grande appareecbio,
S1 cbe Parigi possano espugnare. • .
Ponno esser certi che pin non s' espugna,
Se nol fan prima che l' ajuto giugna.
Gia scale Innumerabili per questo
Da' luoghi intorno avean fatto raccorre ,
Ed asse e travi e vimine contesto ,
Che 10 poteano a divers! usi porre :
E navi e ponti: e phI facea che 'I reato,
II primo e II secondo ord1ne disporre
A dar I' assailo; ed egH vuol venire
Tm quei che la cittS denno assalire.
L' imperatore il di che '1 di preeesse
Della battaglia, fe' dentro a Parigt
Per tutto celebrare uffici e mease
A preti , a frati bianchi, neri e bigi ;
•

ST. 61. ORLANDO FURIOSO, CANTO XIV. 353
E Ie genti che elianzi eran confesae ,
E eli man toIte agl' inimici stigi I
Tutte comunicar, non altrameDte
Ch' avessino a morire il dl segdente.
Ed egli tra baroni e paladini ,
Principi 00 oratori, al magglor tempio
Con molta religione a quei divini
Atti intervenne, e ne die agli aim esempio.
Con Ie man giunte, e gli occbi al ciel 8upini,
Disse : signor, ben ch' 10 sia iniquo ed empio,
Non vogUa tua bonta, per mio fallil'e ,
Che 'I tuo popol tooele abbia a patire.
E se gil e tuo voler ch' egU pati.sca ,
E ch' abbia il nostro error degni supplici,
AImen la punizion si differisca
SI che per man non sia dq' tuol nemiei ;'
Che quando lor d' uecider noi sortisca,
Che nome avemo pur d' esaer tuo' amici;
I Pagani diran che nulla puoi ,
Che perir lasci i partigiani tuol.
E per un ehe ti sia falto ribelle ,
Cento ti sf faran per tutto il Mondo ;
Tal cbe la legge falsa di Babelle
Caccerala tua fede, e porra al fondo.
Difencli queste genU, che son queUe
Che 'I tuo sepulcro hanno purgatO e MOndO
Da' brutti caDi; e la tua santa Chiesa
CoUi vicari tuo! Spe880 ditesa.
So ebe i meriti n08m &.ttl non 8000
A satisfare al debito d' un' oncia ;
Nedevemo sperarda te perdono, ,
Se riguardiamo a Dostra vita sconcia :
Ma se vi aggiugni di tua groia il dono,
Nostra raglon fia ragguagliata e CODciR :
N e del tuo ajuto disperar possiamo,
Qualor di tlla pietil cJ rioordiamo.
Cosl dicea l' imperator devoto ,
Con umiltade e oontrizion di core.
Gluose altri prieghi , e convenevol voto
AI gran bilOgno e all' alto suo splendore.
Non tu U caldo pregar d' effetto voto;
Pen) ehe 'I genio suo, l' angel migliore ,
I prieghi tolse ,e spiego al cielle penne ,
Ed a narrare al Salvator Ii venne.
E turo altri inftniti in queUo istante
Da tali meS8llggier portati a Dio;
Che come gli ascoltar I' anime sante,
Dipinte di pietade iI vilO pio,
Tutte miraro II sempiterno Amante,
E gli mostraro II comun lor disio ,
Che Ia giusta oro Ion fosse esaudita
Del popolo eristian ebe ebiedea alta.
E la bonta ineffabile eh' in vano
Non tu pregata mal da eor COOele ,
Leva gli ocebi pietosi , e fa eon mano
Cenno ehe venga e se l' angel Michele.
+ Va, gli disse, all' esercfto cristiano
Che dianzl in Picardia calo Ie vele ,
E al muro di Parigi I' appresenta
Si ebe l' campo nimico non 10 senta.
Trova prima if Silenzio, e da mia parte
Gli di' ehe teco a questa impresa venga;
Ch' egli ben provOOer con ottima arte
Saprli , cit quanto proveder oonvenga.
Fomito questo , subito va in parte
Dove if suo seggio la Diseordia tenga :
DUfe cbe I' esea e il tueU seco prenda I
E Del campo de' Mori il foco aecenda;
E tra quei cbe vi IOn dettt phi forti ,
Sparga tante zJzzanie e tante liti ,
Che oombattano iDsieme; ed altri morti ,
A1tri ne sieno presl, altri feritf I
E fuor del campo altri 10 sdegno'portf,
S1 che 11 lor re poco di lor s' aiti.
Non replica a tal detto altra parola
II benedetto angel; ma dol eie) vola.
Dovuoque drizza Michel angel I' ale,
Fuggon Ie nubi, e torna il eiel sereno.
Gil gira Intomo un aureo eerehio , quale
Veggiam di notte lampeggiar balena.
Seoo pensa tra via, dove si eale
II celeste corrier per fallir meno ,
A trovar quel nlmieo di parole,
Aeui la prima commission far vuole.
Vien seorrendo ov' egli abiti, ov' egli nsi;
E si aecordaro in On tutti i pensieri ,
Che de' frati e de' monacbi rinehiusi
Lo puo trov.are in cbiese e in monasteri ,
Dove IOno i parlari in modo esclusi ,
Che 'I SUenzio, ove canlano i salteri,
Ove dormono, ove hanno Ia pietanz8 I
E finaimente e seritto in o8Oi stanza.
Credendo quivi ritrovarlo, mosse
Con maggior fretta Ie dorate penne;
E eli veder eh' anoo .. Pace vi fosse,
Quiete e Carita, sieuro tenne.
Ma dalla opinion sua ritrovosse
Tosto ingannato ehe nel Cbi08tro venne:
Non e Silenzio qulvi; e gU fu ditto
Che non v' abita piiI fIlor ehe in iseritto.
Ne Pieta, ne Quiete, De Umlltade,
NequiviAmor, ne quiviPaeemira.
Ben vi tor gia , ma nell' antiqua etade;
Che Ie cacciar 6o1a, A varizia ed Ira,
Superbla, Invldia, Inerzia e CrudeJtade.
Di tanta novita l' angel si ammira.
Ando guardando quella brutta schiera,
E vide eh' aneo la Discordia v' era.
Quella ehe gli avea detto ilPadre eterno ,
Dopo U Silenzio, ehe trovar doveue.
Pensato avea di far la via d' Averno,
Che si credea ehe tra' dannati ste&se;
...

ST. 5'. ORLANDO FURIOSO. CANTO X VI. 5.49
T.a gente sotto it suo pennon condotta,
Con non minor Oerezzn 10 segniva :
Tanti lupi parenn , tanti leoni
Ch' andassero assalir cnpre 0 montoni.
Spinse a un tempo ciascuno iI suo cavallo,
Pol ehe fur presso; e spari immantinente
Quel breve spazio , quel poco intervallo
Cge si vedea fro l' una e l' altra gente.
Non fu sentito mai piu strano baUo ;
Cbe ferian gl1 Scozzesi solamente :
Solamente i Pagani eran distrutti,
Come sol per morir fosser condutti.
Parve piu freddo ogol Pagan che gbiaooio;
Parve ogni Scotto piu che Oamma cn1do.
I Morl si credean cb' avere II braooio
Dovesse ogoi Cristian , cb' ebbe Rinaldo.
Masse Sobrino i suoi schierati 8vacc10,
Senza aspettar che 10 'nvitasse anldo.
Dell' altra squadra questa era migliore
Di capitano, d' arme e di valore.
D' Africa v' era la men tr1stn gente;
Ben che ne questa aneor gran prezzo vaglia.
Dardinel In sua masse incontinente ,
E male armata, e pegglo usa In battagUa ;
Bench' egJi In capo avear elmo lucente,
E tutto era coperto a piastra e a magUa.
fo credo che la quarta mlgUor fta ,
Colla quale Isoller dletro venia.
Trasone intanto, iI buon duca di Marra ,
Cbe ritrovani all' alta impresa gode,
Ai cavalieri suoi leva la sharra,
E seco Invita aUe famose lode;
Poi ch' lsolier eon quelll di Navarra
Entr8r nella battaglia vede ed ode.
Pol mosse Ariodante la sua schiera,
Che novo duca d' Albania fatt' era.
L' alto rumor delle sonore trombe ,
De' timpani e de' barbari stromenti
Giunti al continoo suon d' archi , di frombe ,
Di maoohine , dl ruote e di tormenti;
E quel di che piu par che 'I clel rimbombe,
Gridi, tumulti, gemiti e lamenti ;
Rendono un alto suon ch' a quel s' aooorda ,
Con che I vicln, cadendo , n Nito assorda.
Grande ombrn d' ognlntomoil clelo involve.
Nnta dal saettar delli doo campi:
L' alito, n fumo del Budor, In polve
Par che nell' aria oscura nebbln stampi.
Or qua l' un campo, or I' altro la si volve :
Vedresti, or come un segua, or come scampi;
Ed hi aleuno , 0 non troppo diviso ,
Rlmaner morto ove ha l\ nimico ucciso.
Dove una squadra per stancbezza e mossa,
Un' alua si fa tosto andare innanti.
DI qua , di hi la gente d' arme ingrossa :
I,it cavalieri, e qua si metton fanti.
La terra cbe sostien l' assalto e rossa;
Mutato ha II verde ne' saoguigni manti
E dov' erano i Oori IZzurri e giaUi ,
61aeeano uooisi or gJi uomini e i cavalli.
Zerbin faeea Ie piu rnirabil prove
Che mal faeesse di soa etit garzone :
L' esercito pagan che 'ntorno plove,
Taglia ed uooide a mena e dt'Struzione.
Ariodaute aile sue genti nuove
Mosua di sua virtU gran paragone;
E da di se timore e meravigUa
A quelU dl Navarra e di Castiglia.
CbeUndo e Mosco, t duo figli bastardl
Del morto Calabron re d' Aragona,
Ed un cbe reputato fra' gagJiardi
Era, Calnmldor da Barcellona ,
S' avean lascioto a dietro gil stendardl :
E credendo aequistar gloria e corona
Per ueclder Zerbln , gU furo addosso I
Ene' Oanebi n destrier gil hanno pereosso.
Passato da tre lanee n dt'Strier morto
Cade ; rnn II buon Zerbin subito e in plede;
Cb' a quei ch' al suo cavallo han fatto torto,
Per vendlcarlo va dove Ii vede :
E prima a Mosco, al giovene inacoorto,
Che gIl sta sopra, e di plgUar se '1 ereele ,
Mena dl punta, e 10 passa nel flanco,
E fuor d1 sella 11 caccia freddo e blanco.
Poi che 51 vede tor, come di furto,
Chelindo II fratel suo, di furor pieno
Venne a Zerbino, e penliO dargli d' urto;
Ma gJi prese egU il corridor nel freno :
Trasselo in terra onde non e mal surto, .
E non manglo mal phi biada ne fleno;
Che Zerbln sl gran forza a un colpo mise ,
Che lui eol suo signor d' on taglfo uooise.
Come Calamidor quel colpo mira ,
Volta la brlglia per levarsl in fretta;
Ma Zerbin dietro un gran fendente tira ,
Dicendo : traditore, aspetta, aspetta.
Non va la botta, ove n' ando la mira,
Non che pero lontana vi sl metta;
Lui non pote arrivar, rna II destrier prese
Sopra In groppa, e in terra 10 distese.
Colui lascia il cavallo, e via carpone
V R per campar, rna poco gli successe ;
Cbe venne caso ehe 'I duca Trasone
G Ii passU sopra, e col peso l' oppresse.
Ariodante e Lurcanio 8i pone
Dove Zerbino e ira Ie gentl spesse ;
E seco hanno olin e cavalieri e conti
Che Canno ogni opra cbe Zerbin rimonti.
Menava Ariodante II brando in' giro j
Eben 10 seppe ArtaUco e Margano :
Ma molto piu Eteareo e Casimiro
La possanza sentir dl queUI1 mano.

560 LOno.VICO ARIOSTO. ST.IU.
E quando non Ii trova , e cbe rlguarda
Non v' esser I' arme ne i panni, sospetta ;
Ma il veder poi pin sospetto 11 feee
L'insegne del compagno in quella vece.
Sopravvien l' oste, e di colui I' informa
Che gii.t gran pezzo di bianch' arme adomo
Cplla donna e col resto della lorma
Avea nella eittit fatto ritorno,
Trova Grifone a poco a poco I' orma
Ch' ascosa gli avea Amor fin a quel giorno :
E con suo gran dolor vede esser quell&
Adulter d'OrigilIe, e non hatello.
Di sua scioechezza indarno ora 51 doole,
Ch' avendo il verdal peregrino udito,
Lasciato mular s' abbia aile parole
Di chi l' avea pill volte gill tradito.
Vendicar sl potea, ne seppe : or vuole
L' inimico punir, che gli e fuggito;
Ed e costretto con troppo gran fallo
A tor di quel vii uom r arme e'l cavallo.
Eragli meglio nudar senz' arme e nodo ,
Che porsi in dosso la corazza indegna,
o ch' imbracciar l' abbomiDato scudo ,
o POl' sull' elmo Ia beffata iDsegna :
Ma per seguir la meretrice e '1 drudo ,
BagioDe in lui pari al disio non regna.
A tempo venne alia citta, ch' ancora
II giomo avea quasi dl vivo un' ora.
Presso alia porta ove GrUon venia,
Siede a sinistra un splendido castello
Che, pin ehe forte e ch' a guerra atto sia,
Di ricehe stanze e accomodato e bello.
I re. 1 signori, i primi di SQria
Con alte donne in un geDtil drappello
Celebravano quivi in loggia amena
La real sontuosa e Uela eena.
La bena loggia sopra 'I muro usclva
Coli' alta rocea fuor della eittade;
E lungo tratto di lontan scopriva
I larghi campi e Ie diverse strade.
Or che Grifon verso la porta arriva
Con quell' arme d' obbrobrio e di viltade,
Fu con non troppo avventurosa sorte
Dal re veduto, e da tutta la corte:
E riputato quel dl eh' avea lnsegna,
Mosse Ie donne e i cavaUeri n rlso.
n vii MartaDo, come quel ehe regna
In gran favor, dopo'l re e 'I primo assiso I
E presso lui la donna d1 se degna;
Dai quaJi Norandin con Ueto viso
Volse saper chi fosse quel codardo
Che cosl avea al suo onor poco riguardo ,
Che dopo una si trista e brutta provn ,
Con tanta fronle or gl1 toman innante.
Dlcea ; questa mi par cosa assai nova,
Ch' essendo voi guerrier degno e prestantc ,
Costui compagno abbiate, cbe non trova
Di viltA pari in terra di Levante.
II fate forse per mostrar maggiore
Per tal eontrario, II vostro alto valore ?
Ma ben vI gturo per gli eterni Dei ,
Che se non fosse eh' io riguardo a vui ,
La publica Ignominia gli farel ,
Ch' io soglio fare agll altri pari a lui.
Perpetua ricordanza gJi clarei ,
Come ognor di viiti! nimico ful.
1\ln sappia s' impunito se ne parte,
Grado a voi che '1 menllste in questa parte.
Colul ehe fu di tutti j vizi il vaso ,
Bispose : alto signor, dir non sapria
Chi sia oostui ; 00' 10 I' ho trovato a caso ,
Venendo d' Antiochia, in su la via.
II suo sembiante m' avea persuaso
Che fosse degno di mia compagnla:
Ch'lntesa non v' avea prova, ne vista,
Se non quella ehe fece oggi assai trista :
La qual ml spiacque si , che reate> poco
Che, per plmir I' estrema sua viltade,
Non gil facessi allora allora un gioco,
Che non toeeasse pin lance ne spade.
Mn ebbi , pin ch' It, lui, rispetto 81 loco,
E rivereuzla a vostra maestade.
Ne per me vogUo che gIl sia guadagno
L' essermi 8tato un giomo 0 due compagno:
Di che cODlaminato anco esser parme;
E sopra II cor ml sara etemo peso ,
Se, con vergogna del mestier dell' arme,
10 10 vedro da vol partire iIIeso :
E meglio che lasciarlo, satisfarme
Potrete , se sara d' un merlo impeso ;
E fia lode vol opra e signori Ie ,
Perch' e' sia esemplo e specchlo ad ognl vile,
AI detto suo Martano Origille have,
Senza accennar, confermatrlce presta.
Non son, rispose iI re, I' opre sl prave,
Ch' al mio parer v' abbia d' andar la testa.
Voglio per penn del peccato grave,
Che sol rinnovi al popolo la festa:
E tosto a un 8UO baroD che fe' venire ,
Impose quanto avesse ad eseguire •.
Quel baron molti armaU seco tolse ,
Ed aUa porta della terra scese ;
E quivi COD silenzio Ii rnccolse ,
E la venuta di Grifone attese :
E nell' entrar si d' improvviso 11 colse ,
Che fra i duo ponti a salvamento II prese ;
E 10 ritenne con beffe e con scomo
In UOll oscura stanza in sin al glorDo.
It sole a pena avea it dorato crine
Tolto di grembo alia nutrice aDtien,
E comineiava dalle piagge alpine
A cacciar I' ombre, e far la rima nprica :

ST. 77. ORLANDO FURIOSO. CANTO XVIII. 267
Martano appresso a Mamnga una legs
Ad incontrarsi in Aquilante mena.
Martano si Cacea con bella mostra
Portare innanzl it pregio della giostra.
Pense) Aquilante, al primo comparire,
Che 'I viI Manano n 8UO Cratello fosse ;
Che I' ingannaron I' arme, e quel vestire
Candido pin che nevi ancor non masse :
E con quell' Oh che d' aUegrezza dire
SI suole, incomlncio; ma pol cangiossc
Tosto eli Caccia e di parlar, ch' appresso
S' avvlde meglio che non era desso.
Dublto che per Craude di colel
Ch' era con lui, GrUon gil avesse occl&o ; ,
E : dlmmi, gil grido, tu ch' esser del
Un ladro e un traclltor, come n' hai visa,
Onde hai quest' anne avute? onde ti sei
Sui boon destrier del mio Cratello asslso?
Dlmmi se 'I mio Cratello e mono 0 vivo;
Come dell' arme e del destrier I' hai prtvo?
Quando Origille udll'.irata voce,
A dletro n palafren per fuggir volse;
Ma dllel fa AquUante ph) velace,
E Cecela fermar, volse 0 non volse.
Martano aI minaeclar tanto Ceroce
Del cavalier che Ii improvviso il colse ,
Pallido trema, come aI vento fronda
Ne sa quel che 81 faceia, 0 che riBponda.
Grida Aqullante e Culminar non resta,
E Ia spada gU pon dritto alia 8trozZ8;
E gtorando mlnaccia che ia testa
Ad Origille e a lut rimarrB mozza,
Se tutto il latta non gil manifesta.
II mal giuoto Martano alquanto toguzza ,
E tra &e volve, Ie puc) 8m1nuire
Soa grave colpa, e poi comincla a dire :
Sappi J signor, che mia "aoreUa is questa I
Nata dl boona e vtrtuoaa gente,
Ben che tenuta to vita disooesta
L' abbla Grlfone obbrobrlosamente :
E tale infamia esaendomi molesta,
Nis per forza sentendomi possente
DI torla a sl grande 80m, feci dlsegno
D' averla per astuzia e per ingegno.
Tenni modo con lei, ch' avea desire
DI rltornare a pita lodata vita,
Ch' essenclos1 Grlfon messo a dOrmire,
Chetamente cia iui Cease partita.
Cosi feee ella; e perch' egli a seguire
Non n' abbia, ed a turbar la tela ordito,
Noilo lasciammo disarmato e a pied1,
E qua venuti slam, come tu vedi.
Poteasi dar di somma astllzia vanto,
ehe colui facllmente gJi credea;
E, foor che In torgli anne e destrier e quanto
Teneue di Grlton, non gJi Docea ;
Se nOD volea puUr sua scusa tanto,
Che la faeesse di menzogna rea.
Buona era ogni altra parte, se non quella
Che la temmina a lui foase sorella.
A yea Aquilante in Antioch1a Inte80
EssergU concublna, da plil genti ;
Onde gridando, di furore aeceso :
Falsissimo ladron, tu te ne mentl :
Un pugno gli tirO dI tanto peso,
Che nella gola gil caccio doo denti :
E senza piil contesa ambe Ie braccia
GU volge dietro, e d' una fune allaccfa.
E parimente Ceee ad OrigiUe
Ben che in sua scusa ella dicesse assai."
Quindi U trasse per casali e ville,
Nil U lascit') fin a Damasco mai;
E delle rmglia mille volte mille
Tratti gU avrebbe con pene e con goa.,
Fin ch' avesse trovato 11 suo Cratello I
Per Carne poi come placesse a quello.
Fece Aqullante lor scudleri e some
Seco tomare, ed in Damasco venne,
E trovo dI GrUon celebre II nome
Per tutto la clttB batter Ie penne.
Piccoli e grand! I ognun sapea giil, come
Egll .era, cbe st ben corse l' antenne;
Ed a cuI tolto tu con falsa m08tra
Dal compagno la gloria della glostra.
II papal tutto al vii Martano Infe&to ,
L' un all' altl'O additandolo, 10 BCOpre.
Non e, dicean , non e 11 rlbaldo questa ,
Che si fa laude coli' altrui buone opre;
E la vlrtil dI chi non e ben de8to ,
Colla 808 infamia e col 8UO obbrobrlo copre ?
Non e I' Ingrata femmina costei,
La qual tradiBce I buoni , e aJuta I rei?
Altri dicean : come 8tan bene iosieme
Segnati 8mb1 d' nn marchlo e d' una razza I
Chi Ii bestemmla, chi lor dietro freme, "
Chi grida: impicca, abbruc1a, squarta, arnma,p
La turha per veder a' urta, s1 preme,
E corre inDanzl aile strade, alia piazza.
Venne la nuova aI re che mostrO segno
D' averla cara pita Ch' un a1tro regno.
Senza molti Beadier dietro 0 davante,
Come s1 ritrovc), 81 mosse 10 fretta,
E venne ad Incontrarsi in Aquilante
Ch' avea del suo Grifon fatta vendetta;
E queUo onora con gentil sembiante ,
Seco 10 'nvita, e 8800 10 ricetta;
D1 suo consen80 avendo (atto porre
I duo prlgioni to Condo d' una torre.
Andaro insieme ove del letta mosso
Grifon non 5' era, poi che Cu Cerito ,
Cbe, vedendo 11 fratel, divenne rosso ;
Cbe ben stimo cb' aven iI sao caso udito.

-402 LODOVICO ARIOSTO. ST. 54.
+ Cosi giurar, casi castretti foro
Percbe un castel de' conti cia Pontiero
Tra via si trova jove un costume pose ,
Non son tre giorni ancora, iniquo e fiero
A cavalieri e a donne avventurose ,
Pinabello, iI peggior uomo che viva,
FigUuol del conte Anselmo d' Altariu.
Quindi ne cavalier ne donna passa,
Che se ne vada senm ingiuria e danni.
L' uno e l' altro a pie resta j rna vi lassa
II guerrier I' arme, e la donzella i panni.
Migllor cavalier lancia non abbassa,
E non abbassb in Francia gill molt' anni ,
Di quattro cbe giurato banno al castello
La legge mantener di Pinabello.
Come I' usanza che non e piu antiqua
Di tre ell comincio, vi vo' nal·rare;
E Bentirete se fu dritta 0 obliqua
Cagion coo i cavalier fece giurare.
Pinabello ha una donna cosi iniqua,
Cosl bestial, ch' al mondo e senza pare ;
Che con lui, non so dove,andandoungiorno
Ritrovo un cavalier che Ie fe' scomo.
n cavalier, pcrcbe da lei beffato
Fu d' una vecchia che portava in groppa,
Giostra con Plnabel ch' era dotnto
Di poca forza e di superbia troppa;
Ed nbbattello, e let smontar nel prato
Fece, e provo s' andava dritta 0 zoppa:
Lasciolla a piOOe, e fe' de la gonneUa
Di lei vestir I' antiqua damigella.
Quella ch' a pie rimase, dispettosa,
E di vendetta ingorda e sitibonda,
Congiunta aPinabel ched' ogni COS8,
Dove sia da mal far, ben la seconda,
Ne giomo mal ne notte mal riposa,
E dice che non fia mai piu gioconda,
Se mille cavalieri e mille donne
Non mette a piOOf, e lor toUe arme e gonne.
Giunsero it dl medesmo, come accade,
Quattro gran cavalieri ad un suo loco,
Li quai di rimotlssime contrade
Venuti a queste parti eran di poco;
Di tal valor, che non ha nostra etade
Tant' altrl buoni al bellicoso gioco:
Aquilante, Grifone e Sansonetto,
Ed un Guidon Selvaggio giovinetto.
Pinabel con sembiante assai cortese
Al castel ch' 10 v' ho detto li raccoise :
La notte pol tutti nelletto prese,
E presi tenne, e prima non g11 sciolse,
Che 11 Cece giurar ch' un anno e un mese
(Qnesto Cu appunto 11 termine che toIse)
Stnriano quivf, e spogIierebbon quanti
Vi capitnsson cavalieri erranti;
. E Ie donzelle ch' avesson con loro,
Porriano a piedi, e torrian lor Ie vesti.
Ad osservar, ben che turbati e mesti.
Non par che fin a qui contra costoro
Alcun possa giostrar, ch' a pie non resti :
E capitati vi sono infiniti
Ch' 8 pie e senz' arme se ne son par Uti.
E ordine tra lor, che chi per sorte
Esce fuor prima, vada a correr solo:
1\Ia se trova il nimico cosl forte
Che resti in sella, e getti lui nel suolo ;
Sono obligati gU nltri infin a morte
Pigliar l' impresa tutti in uno stuolo.
Vedi or, se ciascun d' essi e cosl buono,
Quel ch' esser de' , Be tutti insieme sono.
Poi nOD convien6 aU'importanzi8-nostra
Che ne vieta ogoi indugio, ogni dimora,
Che punlo vi fermiate a quella giostra,
E presuppongo che vinciale ancora;
Che vostra alta presenzia 10 dimostra :
Ma non e cosa da fare in un' orn;
Ed e gran dubbio che 'I giovine 8' arda,
Se tutto oggl a soccorrerlo si tarda.
Disse Buggier: non riguardiamo a questo .
Facciam nui quel che 8i pub far per nui ;
Abbia chi regge iI ciel cura del resto,
o la fortuna, se non tocen a lui.
Ti fin per questa giostra manifesto,
Se buoni slamo d' ajutar colui
Che per cagion sl debole e si lieve,
Come n' hai detto, oggi bruciar 8i deve.
Senza risponder altro la doozeUa
Si messe per Ia via ch' era plu corta.
Piu di tre miglia non nndar per quella,
Che si lrovaro 81 ponte ed alIa porta
Dove si perdon l' arme e la gonneUa,
E della vita gran dubbio 8i porta.
Al primo apparlr lor, di su la rocca
E chi duo botti la campana tocca.
Ed ecco della porta con gran (retta
Trottando s' un ronzino un vecchio uscio ;
E quel venia gridando : aspetta, aspetta:
Restate om, che qui si pago il1lo :
EseI' usanza non v' c stata detta,
Che qui si tiene, or ve la vo' dire io:
E contar loro incomiocio di quello
Costume che servar fa Pinabello.
Poi seguitO, volendo dar consigli,
Com' era usato agli altri cal'alieri :
Fate spogliar la donna, dices, figU J
E voi l' arme lasciateci e i destrieri :
E Don vo'gliate mettervi a' perigli
1)' andare incontra a tai quattro guerrieri.
Pel' tutto vesti,.arme e cavalli s' hanno:
La vita sol mal non ripara il danno.
Non piiJ, d1sseRuggier, non piu; ch'iosono
Del tutto informatlssimo, e qui venni

ST. ft.
E trova l' elmo pol, non quel fam080
Ch' annb gill it capo all' afrieano Almonte;
n deatrier nella selva piu nascoso
Sente annitrire, eleva alsuon la fronte;
E vede Brigliador paseer per l' erba,
Che dall' arcion pendente il freno serba.
Durlndana ceroo per la foresta ,
E foor la vide del fodero starse.
Trovb, ma in pezzi , ancor la Sopravvma
Cb' in cento loohi II miser eonte sparse.
Isabella e Zerbin eon facma mesta
Stanno mirando, e non san cbe pensarse.
Pensar potr1an tutte Ie cose, eccetto
Cbe fOlIe Orlando fuor dell' inteUetto.
Se di sangoe vedessino una goccia,
Creder potrlan OOe fOll8e stato morto.
Intanto lungo la corrente doecla
Vider venire un pastorello smorto.
Costui pur dianzl avea dl su la rooeia
L' alto furor dell' Infelice scorto ,
Come r arme glttb, squarciossi i panni,
Futori uccise, e fe' mill' altri danni.
Costui ricbiesto da Zerbin gU dlede
Vera informazion di tutto questo.
Zerbin Ii meraviglia, e a pena n crede;
E tuttavia n' ha indizio manifesto.
Sia come vnole, egli discende a p'iede,
ORLANDO FURIOSO. CANTO XXIV.
Pien di pietade, lacrimoso e mesto;
E ricoglifindo da diversa parte
Le reUquie ne va cb' erano sparte.
Del palafren discende aneo Isabella,
E va quell' anne riducendo tnsleme.
Eooo lor 80pravviene una donzella
Dolente in vista, e di cor spesso geme.
Se mi domanda alcun , ehi sia, perch' ella
Cosi s' aftligge, e cbe dolor la preme ;
10 gli rispondero cbe e Flordiligi
Che dell' &mante suo cerea i vestigl.
Da Brandimarte &enza farle motto
Lasciara fu nella citta di Carlo,
Dov' ella I' aspetto sel mesi od otto,
E quando al fln non vide rltomarlo,
])a un mare all' altro si mise, fln sotto
Pirene e l' Alpe, e per tutto a cercarlo :
L' ando cercaDdo ID ogDI pane, fUOl'e
Ch' al palazzo d' Atlante incantatore.
Se foue &tata a quell' ostel d' Atlante,
Veduto con Gradasso andare errando
L' avrebbe, con Ruggier, COD Bradamante,
E con Ferran prima e con Orlando.
Ma poi cbe caccia Astolfo il negromante
Col soon del COrDO orribile e mirando,
Brandimarte tomo verso Parigl;
Ma nOD sapea gill questo Fiordillgi. +1
. Come to vi dico, 80praggiunta a callO
A quel duo amaoti Fiordiligi bella,
•
Cooobbe l' arme, e BrigUador rlm8lO
Seoza it padrone , e col freno a la sella.
Vide cogU occbi il miserabil caso ,
E D' ebbe per udlta aneo noveDa,
Cbe similmeDte 11 pastorel D8rrolle
Aver veduto Orlando coner folie.
Qnivl Zerbin tutte ragona l' anne,
E ne fa come un bel trofeo su 'D pino;
E volendo vletar cbe non Be n' arme
Cavalier, paesan, ne peregrino,
Seril'e Del verde ceppo in breve carme :
Armatura d' Orlando paladiDO;
Come volease dir DCSSUD la mova,
Cbe star noD possa con Orlando a prova.
Flnito cb' ebbe la lodevol opra,
Tornava a nmoDtar BUl suo destrlero;
F.4 ecco MandritVdo arrivar 8Opra,
Cbe visto II pin di queUe spoglle altero,
Lo priega che la COla gli discopra :
E que) gil narra, come ba iDte80, H vero.
Allora il re pagan Ueto non bacbr ,
Cbe viene al pino, e ne levala spada
Dicendo: aleDD non me ne puo ripreDdere :
Non e pur oggl 00' 10 l' bo fatta mia,
Ed il posseaso glostamente prendere
Ne posso in ogoi parte ovunque sia.
Orlando cbe temea queUa difendere ,
S' ba flnto pazzo, e l' ba gtttata via.
Ma quando sna viltA pur cosl sculi,
Non dehbe far 00' to mia ragiOD non ull.
Zerbino a lui gridava : non 18 torre ,
o pensa non I' aver senza questione.
Se togliesti cosll' arme d' Ettorre,
Tu l' hal di furto, pin cbe dl ragione.
SeDz' altro dir I' un sopra l' altro corre,
D' animo e di virtU gran paragone :
Di cento eolpi gia rimbomba il SUODO ;
Ne beDe aooor nella battagUa SODo.
Di preatezza Zerbin pare una ftamma
A torsi ovunque DuriDdana cada.
Dl qua, di .. saltar come una damma
Fa 'J suo destrier, dove e miglior la strada.
E ben convien cbe noo ne perda dramma;
Ch' andra, s' un tratto iI coglie quella lpada,
A r1trovar gi' iDDamorati spirti
Ch' emplon la selva degli ombrosi mirtl.
Come il velace can cbe 'I porco 8.S11a1ta,
Cbe fuor del gregge errar vegga Dei eampi ,
Lo va aggirando, e quinei e quindi salta;
Ma quello attende cb' una volta inciampi :
Cosl, se vien la spada 0 basaa od alta,
Sta mirando Zerbin come ne scampi:
Come la vita e I' ODOr salvi a un tempo ,
Tien sempre l' occbl0,e feree Cugge a tempo.
Dall' altra parte, ovunque it Saracino
La flera spada vibra 0 piena 0 vola ,
27.

-420 LODOVICO ARIOSTO. ST. 70.
Sembra fra due montagne un vento alpino
Ch' una frondosa selva 11 marzo seuota;
Ch' ora la caccia a terra a capo chino,
Or gil spezzati rami in aria ruota.
Benche Zerbin piiI colpi e fugga e schivi I
Non puo schivare al fin ch' un non gli arrivi.
Non puc> schivare al tine un gran fendente
Che tra '1 brando e 10 scudo entra sui petto.
Grosso l' usbergo, e grossa pari mente
Era la piastra , e '1 panziron perfetto :
Pur non gli steron contra, ed ugualmente
Alia spada crudel dieron ricetto.
Quella cala tagliando cia che prese,
La corazza e I' arcion fin su r arnese :
E se non che fu scarso il colpo alquanto ,
Per mezzo 10 fendea come una canna; .
Ma penetra nel vivo a pena tanto,
Che poco piil che la pelle gU danna.
La non profonda piaga e lunga quanto
Non si misureria con una spanna.
I..e lucid' arme il caldo sangue irriga
Per sino at pie di rubiconda riga.
Cosl talora un bel purpureo nastro
Ho veduto partir tela ,d' argento
Da queUa bianca man piiI ch' alabastro ,
Da cui partire il cor spesso mi sento.
Quivi poco a Zerbin vale esser mastro
Di guerra, ed aver forza e piil ardimento;
Che di finezza d' arme e dJ possanza
1) re ell Tarb!ria t'OPJM> I' avanza.
Fu questo colpo del Pagan maggiore
In apparenza, che fosse in effetto ;
Tal ch' Isabella se ne sente it core
Fendere in mezzo all' agghiacciato petto.
Zerbin pien d' ardimento e di valore
Tutto s' inflllmma d' ira e di dispetto ;
E quanto piil ferire a due man puote ,
In mezzo l' elmo it Tartaro percuote.
Quasi sui collo del destrier piegosse
Per I' aspra botta 11 Saracin snperbo;
E quando l' elmo senza incanto fosse,
Partito il capo gU avria it colpo accrbo.
Con poco differir ben vendicosse;
Ne disse: a un' alua voila io te la serbo :
E la spada gli alro verso I' elmetto ,
Sperandosl tagliarlo inHn al petto.
Zerbin che tenea l' occhio ove la mente,
Presto il cavallo ana man destra volse :
Non s\ presto perO, che la tagliente
Spada fuggisse, che 10 scudo colse.
Da sommo ad imo ella i1 parti ugualmente ,
E di &otto it braccial roppe e diseiolse;
E lui ferl nel braccio; e poi I' arnt'se
Spezzogli , e nella coscia nneo gli seese.
Zerbin df qua, dt lil cerca ogni via,
N e mal di quel che vuol, cosa gli avviene j
+ Cbe
I' armatura sopra cui feria,
Un picciol segno pur non ne ritiene.
Dall' altra parte il re di Tlirtaria
Sopra Zerbino a tal vnntaggio .viene,
Che I' ha ferito in sette parti 0 in otto ,
Tollo la &cudo, e mezzo l' elmo rotto.
Quel tuttavia piiI va perdendo it sangue;
Manca Ia forza , e anoor par che nol senta.
II vigoroso cot che nulla langue,
Val si ehe 'I debol corpo ne sostenta.
La donna sua per timor fatta esangue
Intanto a Dol-alice s' appresenta,
E la priega e la supplica per Dio,
Che partir voglia il flero assaIto e rio.
Cortese, come bella, Doralice,
Ne ben sicura come il mtto segua,
Fa volentier quel ch' Isabella dice ,
E dispone il suo amante a pace e a tr(>gua;
Cosi a prieghi dell' altra I' ira u)trice
Di cor fugge a Zerbino e si diJegua;
Ed egli, ove a lei par, piglia la strada,
Senza tinir I' impresa della spada.
Fiordiligi che mal vede difesa
La bUODa spada del misero conte,
Tacita duolsi; e tanto Ie ne pesa ,
Che d' ira piange, e battesi la fronte.
Vorria aver Brandimarte a quella impresa;
E se mai 10 ritrova e gil 10 conte,
Non crede poi che Mandricardo vada
Lunga stagione altier di quella spada.
Fiordlligi cercando pure in vano
Va Brandimarte suo mattina e sern ;
E fa eammin da lui mollo lontano, ,
Da lui che gill tomato a Parigi era.
Tanto ella se n' andO per monte e piano,
Che giunse ove al passar d' una riviera
Vide e conobbe il miser paladino :
Ma diciam quel ch' avvenne di Zerbino.
Che 'Ilasciar Durindana si gran faUo
G Ii par, che piil d' ogni alt'O mal gl' increset';
Quantunque a pena star possa a cavallo
Pel molto sangue ehe gU e uscito ed esce.
Or, poi che dopo non troppo intervallo
Cessa coli' ira it caldo, il dolor cresce :
Cresce il dolor si impetuosamente)
Che mancarsi la vita se ne sente.
Per debolezza piil non potea gire;
Sl che fermossi appresso una fontana.
Non sa che far, ne che 51 debba dire
Per ajutarlo la donzella umana.
Sol di disagio 10 vede morire;
Che quindi e troppo ogni cittit lontana ,
Dove in quel punto al medico ricorra,
Che per pietade 0 premio gli soccorra.
Ella non sa, se nOll in nn dolersi ,
Chiamar fQrtuna e il delo (>mpio e crudele.

428 LODOVICO ARIOSTO. ST, ••
Vivere in vostro serv'jzio e modre
Voluto avrei, ne starne senza un' ora;
Ma 'Visto quanto iI mio star vi nocesai,
Per non poter far meglio, Ilndare elessi.
Fortuna roi tiro fuor del cammino
In mezzo un hosco d' intricati rami,
Dove ado un grido risonar vicino,
Come di donna che soccorso ehiami.
V' accorro, e sopra un lago cristallino,
Ritrovo un Fauno ch' avea preso ngU ami
In mezzo I' aequa una donzella nuda,
E mangiarsi 11 crudella volea cruda.
Cola mi trassi, e colla spada in mano,
Perch' ajutar non la potea altrimente ,
Tolsi di vita il pescator villano:
Ella saIto ne1l' acqua immantinente.
Non m' avrai, disse, dato ajuto in vano :
Beu ne sarai premiato, e riccamente
Quanto chieder saprai, perche son Dinfa
Che vivo dentro a questa chiara lima.
Ed ho possanza Car eose stupeude,
E sforzar gli elementi e la natura.
Chiedi tu, quanto iI mio valor s' estende,
Poi laseia a me di satisCarti cura.
Dal ciel In luna al mio cantar disceode,
S' agghiaccia n Coco, e I' aria si fa dura;
Ed ho talor con semplici parole
Mossa la terra, ed ho fermato 11 sole.
Non Ie domando a questa oHerta unire
Tesor, ne dominar popoJi e terre
N e in piil virtu ne in pin vigor saUre,
Ne vincer con onor tutte Ie guerre;
Ma sol che qualche via donde iI desire
Vostro s' adempia, mi schluda e disserre :
Ne pin Ie domando un ch' un altl·o etl'etto,
Ma tutta al suo giudicio mi rimetto.
Ebbile a pena mia domanda esposta,
Ch' un' altra volta la vidi attutTata ;
N e fece al mio parlare aitra risposta ,
Che di spruzzar "er me l' aequa incantata ,
La qual ,non prima al viso mi s' ar.costa,
Ch' io, 'non so come, son tutta mutata.
10 'I veggo, io '1 sento; e a pena vera parmi:
Sento in maschio., diYemmioa, mutarmi',
E se non fosse che senza dimora
Vi potetc chiarir, nol credereste:
, E, qual nell' altro sesso, in questo ancora
flo Ie mie vogUe ad ubbidirvi preste.
Comandate lor pur; che fie no or ora,
E sempre mai per voi vigili e deste.
Cosi Ie dissi; e feci ch' ella istessa
Trovo con man Ia veritade espressa.
Come interviene a chi gia fuor di speme
Di cosa sia che nel pensier molt' abbia,
Che, mentre piu d' essenle privo geme,
Pin se n' afOigge e se nc st'rugge e arrabhia;
+ Se
ben )a trova poi , tanto gli preme
L' aver gran tempo semioato in sabbia,
E la disperazioll l' ha sl male uso ,
Che non erede a se stesso, e sta confuso.
Cost la donna, poi che tocca c vede
Quel, di ch' Rvuto avea tanto desire;
AgH occhi , al tatto , 8 se stessa DOn crede;
E sta dubbiosa ancor di non dormire.
E buona prova bisogoo a far fede ,
Che sentia quel che Ie parea sentire.
Fa, Dio, dJsse ella, se son sogoi questi,
Ch' io dorma sempre, e mai pin non mi desti.
Non rumor di tamburi osuon di trombe
Fnron principio aU' 8I001OSO nssalto :
Ma baci ch' imitavanlecolombe,
Davan segoo or di gire, or di fare alto,
Usammo mtrt arme che saette 0 frombe.
10 senza scale in so la 10cca saito,
E 10 stendardo piantovi di botto ,
E 18 nimica Mia mi caccia sotto.
Se fn quelletto In notte dinanti
Pien di sospiri e di querele gravi ,
Non stetle I' altra poi seoza altrettanti
Risi, Ceste, gioir, giochi son vi.
Non con pin nodi i flessuosi acanti
Le colonne circondano e Ie travi,
Di quelli con che noi legammo streW
E colli e 8anchi e braccia e gamba e petti.
La cosa stava tacita fra noi;
Si che duro iI placer per alcun meae :
Pur si trovo chi se n' accorse poi ,
Tanto che con mio danno iI re 10 'ntese,
Voi che roi liheraste da quei sooi
Che nella piazza avean Ie 8amme aceese ,
Comprendere oggimai potete il resto;
Ma Dio sa ben con che dolor ne resto.
Com a Ruggler narrava Ricciardetto ,
E la notturna via faeca men grave;
Salendo tuttavia verso un poggetto
Cinto di ripe, e di pendici cave.
Un erto calle e pien di sassi e stretlo
Apria il cammin con faticosa chiave.
Sedea 81 sommo un castel detto Agrismonte,
Ch' avea in guardia Aldigier di Chiaramonte.
Di Buovo era eostui 8gliuol bastardo,
Fratel di Malagigi e di Viviano :
Chi legittimo dice di Gherardo,
E testimonio temerario e vano.
Fosse.come si voglia, era gagliardo,
Prudente, liberal, cortese, umano ;
E facea quivi Ie fraterne mura
La notte e il di gujU'dar con buona cura.
Raccolse il cavalier cortesemente,
Come dovea, iI cugin suo llicciardetto
Ch' amil come fratel\o; e parimente
Fn ben visto Ruggier per suo rispetto.

gr ..... ORLANDO FURIOSO. CANTO XXVI.
Ma vano U mlo disegno Jer m' 1I8clo,
Cbe me 10 tolse un Saraeln rlbaldo;
Ne per udir di chi Frontino fosse,
A volermelo rendere s' Indu_.
Toll' ierl ed oggi I' ho pregato; e quando
80 vlsto oscir prleghi e minaece in vano,
Maledieendol molto e bestemmlando,
L' ho lasclato di qui poco lontano,
Dove 11 cavallo e se molto affllllDlUldo,
S' &Jota, quanto puo, coll' anne in mano
Contraunguerriercb'intaltravaglioUmette,
Cbe spero cb' abbla a far Ie mie vendette.
Ruggiero a quel parlar salito In piede,
Cb' avea potuto a pena iI tutto odire,
SI volta a Rlcclardetto, e per mercede
E premlo e guiderdon del ben servire
(Prieghi aggiungenoo senza fin) gil chiede
Cbe colla donna solo iI lasci gire
Tanto ebe '1 Saracin gil sfamostrato,
Cb' a lei di mano ba iI buon destrier levato.
A Ricciardetto, ancor ehe discortese
11 co.needer altrut troppo pare.sse
Di terminar Ie a se debite imprese,
Al voler di Ruggier por st rimesse.
E quel lieenzia dai compagnl prese,
E con Ippalca a rltomar st messe,
Lasclando a quei cbe rimanean, stupore,
Non meravigUa pur del suo vBlore.
POi ehe dagU altrl allontanato alquanto
IppaIca I' ebbe, glt D8.I'I'O cb' ad esso
Era mandata da colei cbe tanto
A vea nel core il suo valore impresso :
E seIsZll finger phI, seguitO quanto
La sua dODD8 al partir Ie avea commesso;
E ehe se dianzi ana altrimente detto,
Per la presenzia fa di Ricciardetto.
Disse cbe cbi Ie avea tolto II destriero,
Aocor detto Ie avea con molto orgogUo :
Perche so cbe '1 cavallo e di Ruggiero,
Piu volentier per questa te 10 toglio.
S' egU di raequistarlo avril peosiero, .
FagU saper, ch' aseonder non gIt voglio,
Ch' to ROn quel Rodomonte n cui v810re
Mostra per tutto 'I Mondo iI suo splendore. '
Ascoltando Ruggier mostra nel volto
Dt quanto sdegoo acceRO iI cor gli sia,
Sl percbe caro avria Frontino molto,
Si percbe venia il dono onde venia,
Sl perche in suo dispregio gil par 1olto.
Vede cbe biasmo e diROnor gli fia,
Se torlo a Bodomonte non s' affretta,
E ROpra lui non fa degna vendetta.
La donna Ruggier goida, e non sogglorna
Cbe 1!Or 10 brama col Pagano a fronte :
E gtuoge ove la strada fa due coma;
L' un va gtu aJplaDO,e J'altrova8U al monte;
E questo e quel De la vallea ritoma
Dov' eUa avea lascfato Bodomonte.
Aspra, rna breve era la via del colle;
L' altra pliJ. lunga 888Ili, ma plana e moUe.
11 desiderio che condoee Ippalea,
D' aver Frontino e veDdicar I' oltraggio,
Fa che 'r sentler della Montagna calca,
Onde molto piu corto era 11 viaggio.
Per I' altra Intaoto II re d' A1g1er cavalca
Col Tartaro e cogH aJtri ehe detto aggio;
E giu nel pian la via pih facfl tiene,
Ne con Ruggiero ad incontrar at viene.
Giil son Ie lor querele dift'erlte
Fin che BOCcorso ad Agramante sfa;
(Qoesto sapete) ed han d' ogni lor lite
La eagion, Do181loo in compagnia.
Ora n succeaso dell' istona ndite.
Alia fontana e la lor dritta via,
Ove Aldigier, MarfIsa, Rtccfardetto,
Malagigl e Vivian stanno a dUetto.
Marfisa a' prleghi de' compagni avea
Veste d.a donna ed omamenti prest,
Di quelli ch' a Lanfusa sl credea
Mandare II traelitor de' Maganzesl :
E ben ehe veder raro s1 ROlea
Senza I' usbergo e gJi altri buom arnesl;
Pur quel dt se Ii traue, e come donna,
A prlegbl lor lasclo vedeni In gonna.
Tosto che vede n Tartaro Marftsa,
Per la credenza ch' ha di guadagnarla,
In ricompensa e In camblo ugoall' avvlsa
Di DoraJiee, a Rodomonte darla:
Sl come Amor si regga a questa gulsa
Cbe vender la sua dODD8 0 permutarla
Possa I' amante, ne a raglon s' attristi,
Sequando uua ne perde, una n' acquistf.
Per dunque provedergU di donzella,
Accio per sa quest' altra si rltegna,
Marflsa che gli par leggiadra e bella,
E d' ogni cavalier temmlna degna,
Come abbia ad aver questa come quella
Sublto can, a loi donar disegna :
E tutti I cavalier cbe con lei vede,
A glostra seco ed a battaglia chlede.
Malaglgi e Vivian cbe l' arme aveano
Come per goardia e siC\ll'tA del resto,
Sf mossero dalluogo ove sedeano,
L' un come l' altro alia battaglia presto,
Perche giostrar con ambidue credeano :
Ma I' African che non venia per qnesto,
Non ne fe' segno 0 movimentO aleuno. :
Sl cbe la giostra restO lor contra uno.
Vivianoetl prlmo,econgran corsimove,
E nel venire abbassa un' asta grossa :
E '1 re pagan dalle famose prove .
Dall' altra parte vlen con maggior poIII.
28.

Un castel giil vi fu; ma a ferro e a loco
Le mura e i tetti, ed a ruina andomo.
Un simil puo vederlle in su Ia strada,
Qual volta a Borgo il Parmigiano vada.
In questo loco fu la lizza fatta,
Di brevi legni d' ognintorno cWusa,
Per giusto spazio quadra, al bisognoatta,
Con due capaci porte, come 8' usa.
Giunto il dl eb' al re par ebe si combatta
Tra i cavalier cbe non ricel'ean sensa,
t'uro appresso aile sbarre in ambi i lati
Contra i rastrelli i padiglion tirati.
Nel padiglion eb' e piu verso Ponente,
Sta il re d' Algier, cb' ba membra di gigante:
Gli pon 10 scoglio in dosso del serpente
L' ardito Ferrau eon Sacripante.
II re Gradasso e Falsiron possente
Sono in quell' altro allato di Levante,
E metton di sua man I' arme trojane
In dosso al successor del re Agricane.
Sedeva in tribunale amplo e sublime
II re d' Africa, e seco era l' ispano;
Poi Stordilano, e .. altre genti prime
Cbe riveria I' esercito pagano.
Beato a chi pon dare argini e clme
D' arbori stanza ebe gli alzi dal piano I
Grande e la calea, e grande in ogni lato
Popolo ondeggia intomo al gran steccato.
Eran colla regina di Castiglia
Regine e principesse e nobU donne
D' Aragon, di Granata e di SivigIia,
E fln di presso aU' atlantee colonne :
Tra quai di Stordilan sedea la figlia
Cbe di duo drappl avea Ie riccbe gonne;
L' un d' un 10880 mal tinto, e I' altro verde;
Ma 'I primo quasi imbianca, e il color perde.
In abito succinta era Marfisa,
Qual 8i eonvenne a donna ed 8 guerriera.
Termoodonte forse a quella guisa
Vide IppoIita ornarsi e lasoa scbiera.
Giil, con la cotta d' arme alia divisa
Del re Agramante, in campo venut' era
L' araldo a far divieto,.e metter leggi,
Che ne in fatto ne in detto aleun parteggi.
La spessa turba aspetta disiando
La pugna, e spesso incolpa iI venir tardo
l)ei duo famosi cavalieri i quando
S' ode dal padiglion di Mandricardo
Alto rumor cbe vien moltiplieando.
Or sappiate, Signor, cbe '1 re gagJiardo
Di Sericana e '1 Tartaro possente
Fanno II tumulto e'l grido cbe si sente.
A venda armato il re di Serieana
J)j sua man tutto it I'C di Tartaria,
Pcr porgli al fianco la spada soprana
Che gilt d' Orlando Cu, se ne \"cilia;
LODOVICO ARIOSTO. 5T. 51.
+ Quando
nel pome seritto, Durindana,
Vide, e 'I quartier ch' Almonte aver IOUa,
Ch' a quel meschin Cu tolto ad una fonte
Dal giovenetto Orlando in Aspramonte.
Vedendola, tu certo cb' era queUa
Tanto famosa del signor d' Aoglante,
Per cui con grande annata, e la pin bella
Cbe giil mai si partisse di Levante,
Soggiogato avea il regno di Castella,
E Francia vinta esso pochl annl innante :
Ma non pub immaginarsi, come avvenga
Cb' or Mandrieardo in suo poter la tenga.
E dimandogU Be per forza 0 patto
L' avesse tolta al conte, edove e quando.
E Mandricardo disse eb' avea latto
Gran battaglia per essa con Orlando j
E come finto quel s I era poi matto,
Cosl coprire il suo timor sperando,
Cb' era d' aver continua guerra meco,
Fin cbe la buoM spada avesse seco.
t dicea cb' imltato avea U castore,
II qual sl strappa i genitali sut, •
Vedendosi a Ie spalle il cacciatore.
Cbe sa che non rlcerca altro da lui.
Gradasso non udl tutto il tenore,
Cbe disse : non vo' darla a te De altrui.
Tanto oro, tanto affanno e tanta gente
Ci bo speso, cbe e ben mia debitamente.
Cereati pur fornir d' un' altra spada;
Cb'lo voglio questa, e non ti paJa nuovo.
pazzo 0 saggio cb' Orlando Be ne vada,
A verla intendo, ovunque io la rltrovo.
Tu senza testimoni in au In strada
Te l' usurpasti : io qui lite ne muovo.
La mia ragion diril mia scimitarra j
E Caremo n giudicio nella sbarra.
Prima, di guadagnarla l' appareechia,
Cbe to l' adopri contra a Rodomonte.
Di COmprar prima l' arme e usanza vecchla,
Cb' alia battaglia iI cavalier 8' affronte.
Piil dolce suon non mi yiene all' orecchia,
Rispose alzando il Tartaro la Cronte,
Cbe quando di battaglia alcun mi teota;
Ma fa che Rodomonte 10 consenta.
Fa cbe sia tua la prima, e cbe Sl tolga·
II re di Sarza la tenzon seconda;
E non ti dubitar ch' io non roi volga,
E ch' a te, e adogni aJtro 10 non risponda.
Buggier gridb : non vo' cbe si disciolga
II patto, 0 piu la sorte si confonda :
o Rodomonte in campo prima saglia,
o sia la sua dopo la mia battaglia.
Se di Gradasso la ragion prevale,
Prima acquistar che POl"C in opra l' arme ;
Ne tu r aquila mia dalle bianche ale
Prima usa I' dei, cbe non me ne disarme :.

•
$T.1I7 ORLANDO FURIOSO. CANTO XXVII. ·U9
Oh femminile ingegno, egH dices,
Come ti volgi e muti facilmente,
Contrario oggetto proprio della fede !
Oh infelice, oh miser chi ti crede 1
Nil lungs servitU, ne grand' amore
Che ti to a miUe prove manifesto ,
Ebbono forza di tenerti il core,
Che non fosse a cangiarsi almen SI presto.
Non perch' a Mandricardo inferiore
10 ti pare8si, di te privo resto; .
Ne 80 trovar cagione ai cast roiei,
Se non quest' una, che femmina seL
Credo che t' abbia la Natura e Dio
Produtto , 0 scelerato sesso , al MOndo
Per una soma, per an grave fio
Dell' uom che senza te sarla giocondo :
Come ha produtto anco 11 serpente rio,
E illupo e I' orso; e fa I' aer feeondo
E di mosche e di vespe e di tafani j
E 10gHo e avena fa n8scer tra i granl.
Perche fatto non ha I' alma Natura,
Che senza te potesse nascer l' aomo )
Come s' innesta per umana cura
L' un sopra I' altro il pero, 1180rbo e '1 pomo?
Ma quella non pUG far sempre a misura :
Anzt, ti io vo' guardar come lola nomo,
Veggo che non pub far cosa perf etta ,
Pot che Natura femmina vien detta.
Non siate perc) tumide e fastose,
Donne, per dir che I' uom sia vostro figlio ;
Che delle spine ancor nascon Ie rose,
Ed' una fetlda erha nasce il giglio.
Importune, superbe, dispettose )
Prive d' amor, di fede e dt consiglio,
Temerarie ) crudeli, inique, ingrate ,
Per pestllenzia eterDa al mondo nate.
Con queste ed nItre ed infinite appresso
Querele il re di Sarza se De giva )
Or ragionando in unparlar sommesso,
Quando in un suon che di 10Dtan s' udiva ,
In onta e in biasmo del femmineo sesso.
E certo daragion si dipartiva;
Che per una 0 per due ehe trovi ree ,
Che cento buone sien creder si dee.
Se ben di quante io n' abbia fln qui amate,
Non n' abbia mai trovata una fedele;
Perflde roUe to non vo' dir ne ingrate,
Ma dame colpa al mio destin crudele.
Holto or De sono, e plil gia ne son state,
Che non dan causa ad uom , che si querele;
Ma mia fortuna vuol che s' una ria
Ne sia tra cento, io di lei preda sia ,
Pur vo' tanto cercar prima ch' to mora,
Anzi prima che 'I crin pin mt s' imbiancbl,
Che fone dire) un di, che per me aneora
Alcuna sia ehe dl SUB fe non manchi.
+ Se questo avvien ( che di speranza fnorn
10 non ne son ) non fin mai ch' io mi stanchi
Di farla) a mia possaoza, gloriosa
Conlinguaeconinchiostro, e inversoe In pr05n
II Saraein non ayea manco sdegno
Contra il suo re, cbe contra la dODzelln;
E cosl di ragion passava n segno,
Biasmando lui, come biasmando quella.
Ha dlsio di veder che sopra il regno
Gli cada tanto mal, tanta procella ,
Ch' in Africa ogoi casa 8i funesti ,
N e pietra salda 80pra pietrn resti;
E OOe spinto del regno in duolo e in lutto
Viva Agramante misero e mendico;
E ch' esso sia , che pol gil rendn if tutto,
E 10 riponga Del suo seggio nDtieo ;
E della fede sun produca iI frutto,
E gli faccia veder 00' un vero amieo
A dritto e a torto esser dovea preposio ,
Se tutto 'I mondo se gli fosse opposto.
E cosl, quando al re, qaando alia donna
Volgendo it corturilato, iI SaraCino.
Cavalca a gran gibrnate, e Don BS80nna ,
E poco riposar iascia Frontino.
II dl seguente 0 r altro in su la Sonna
51 ritrovc).; ch' aves drltto U cammino
Verso il mar di Provenza) con disegno
nt navigare in Africa al suo regno.
nt barche e di 80ttillegni ern futto
Frs I' una ripa e I' altra 11 flume picno :
Ch' ad uso dell' esercito condutto
Da moltllochi vettovagl.ie avieno ;
Perche in poter de' Mori era ridutto,
Venendo da Parigi -alUto ameno
D' Acquamorta, e voltando inver la Spagna,
Cia ehe v' e da man destra di campagna.
Le vettovaglie in carra ed in giumenti,
Tolte fuor delle navi , erano carche,
E tratte con la soorta delle genU,
Ove venir non ai poten con barche.
A vean piene Ie ripe i grassl armenti
Quivi eondotti da diverse marche;
E i conduttori intorno alia riviera
Per varl tetti albergo avean la sera.
II re d' Algier, perche gli sopravvenne
Quiv! la notte, e I' aer nero e cieco ,
D' un ostier paesan 10 'nvito tenne ,
Che 10 pregb ehe rimanesse seco.
Adagiato il destrier, la mensa venne
Di vari eibi, e di vin corso e greco;
Che 'I Samein nel resto alIa moresca,
Ma volse far nel bere alIa francesea.
L' OIte con buona mensa e miglior viso
Studio dt fare a Rodomonte onore ;
Che la presenzia gU die certo avviso ,
Ch' era uorno iIIustre e plen d' alto valore :
•

IT.ll. ORLANDO FURIOSO. CANTO XXIX. .t59
Cosa all' Incontro vi dare) , che molto
Piil vi varra cb' overmi I' onor tolto.
Per un piacer dl si poco momento,
Di cbe 0' ha si abbondanza tutto 'I mondo,
Non disprezzate un perpetuo contento.
Un vero gaudio a nullo nitro secondo,
Potrete tuttavia ritrovar cento
E mille donne di viso giocondo;
)fa chi vi possa dar questo mio dono,
Nessuno aI mondo, 0 pochi altri ci SODO.
Do notizia d'un' erba, e l' ho veduta
Venendo, e 80 dove trovarne nppresso;
Cbe boJlita con ellera e con ruta
Ad un foco di legna dl cipresso ,
E fra moDi Innocenti indl premuta,
Manda un liquor, che chi si bagna d' esso
Tre volte II corpo, in tal modo l' indura,
Cbe dal ferro e dol foco l' assicura.
10 dlco, se tre volte se n' immolla, .
Une mese invulnerabile si trova.
Oprar convlensi o8Oi mese l' ampolla;
Cbe lua virtU pin tennine non giova.
Jo 80 far l'acqua, ed oggi ancor farolla;
Ed oggi ancor voi ne vedrete prova :
E vi puo, 1'10 non fallo, easer piil grata,
Che d' aver tutta Europa oggi acquiltata.
Da vol domando in gulderdon di questo ,
Che lulla fede vostra mi giuriate,
Che ne in detto ne in opera molesto
Mal pin sarete alia mil) caltitate.
Cosl dicendo, Rodomonte onelto
Fe' ritomar, ch' in tanta volontate
Venne cb' inviolabi111 facesse,
Che pin ch' ella non disse , Ie promesse:
E se"eralle fin che venga fatto
Della mirabil acqua elperienzia ;
E Iforzera88i intanto a non fare alto ,
A non far segno a1cun dl violenzia.
Ma pensa poi di non tenere it patto,
Perche non ha timor ne riverenzla
Di Dlo 0 eli santi; e nel mancar di fede,
Tutta a lui la bugiarda Africa cede.
Ad Isabella iI re d' Algier IICOngiun
Dl non la molestar fe' piil di mille;
Pur ch' essalavorar I' aequa procuri ,
Che far 10 puo qual fu gill Cigno e Achille.
Ella per baIze e per valloni OBCuri
Daile clttA lontana e dalle ville
Ricop:Jie di molte erbe , e i1 Saracino
Non I' abl¥lndona, e l' e sempre vicino.
Poi ch' in pin partl, quant' era a bastanza,
Colson dell' erbe e con radici e senza ,
Tantl II ritomaro aUa lor stanza,
Dove quel paragon di continenza
Tutta la notte spende ehe l' avanza,
A bomr erbe eon molta avvertenza :
E a tulla l' opra e a tutti quei milten
Si trova ognor presente il re d' Aiglen.
Che producendo quella notte in gioco
Con queUi poebi Bervi ch' eran seoo,
Sentia, per 10 calor del vicin (oco
Ch' era rincbiuso in queUo anguato lpeco ,
Tal sete , ehe bevendo or molto or poco ,
Duo bariU vow pieni di greco
Cb' aveano tolto uno 0 due glomi innanti
1 suoi scudieri a certi vlandanti.
Non era Rodomonte usato al vino,
Perche la legge sua 10 vieta e danna :
E poi che 10 gustO, liquor divino
Gil par, miglior ch '1 nettore 0 la manna;
E rlprendendo 11 rito saracino ,
Gran tuze e pienl fiaschi ne tracanna,
Fece 11 buon vino ch' ando spesso Intorno,
Glrare n capo a tutti come un torno.
La donna in CJllesto mezzo la caldaja
Dal foco loise, ove quell' erbe cosse;
F. disse a Rodomonte: Dccio che paja
Che mie parole al vento non ho mosse.
Quella che '1 ver dolla bugia dispaJa
E che puo dotte far Ie genU grosse ,
Te ne faro I' elperienzia ancora'
Non nell' altrui, ma nel mio corpo or ora.
10 voglio a fal' it saggio esser Ia prima
Del felice liquor di virtU pleno;
Aceio tu forse non face"i stima
Che ci fosse mortifero veneno.
Di questo ba8Oerommi daUa cima
Del capo glil pel colla e per 10 seno :
Tu poi tua forza in.me prova e tua spada;
Se .quella &bbia vigor, se questa rada.
Bagnossi, come dlsse, e Ueta porse
All' incauto Pagano il collo ignudo ;
Incauto, e vinto &nco dol vino forse,
Incontra a cui non vale elmo De scudo.
Quell' uom bestial Ie prestO fede, e sCorse
81 colla mano e 1\ col ferro crudo,
Che del bel capo, gla d'Amore albergo,
Fe' tronco rimanere il petto ell tergo.
Quel fe' tre bald; e funne udita chiara
Voce ch' uscendo nomino Zerbino,
Per cut seguire ella trovo st rara
Via di fuggir di man del Saracino.
Alma, ch' avelti pin la fede cara,
E'I nome, quasi Ignoto e peregrino
AI tempo nostro, della castitade,
Che la tua vita e la toa verde etade ;
Vattene in pace, alma beata e bella.
Cosl i miei versi aVf880n forza, come
Ben m' aff'aticherei con tutta quella
Arte che tanto n parlar orna e come,
Perche mUle emili' annl e piil, novella
Sentisse II mondo delluo chiaro nome.

Che, se non fosse la credenza stata
GiB di vedar Ruggier, lora piiJ grata.
L' aver Ruggiero ella IlIpettato, e in vece
Di lui vedersi ora appagar d' un scritto,
Del bel Vi90 turbar l' aria Ie Ieee,
Di timor, di cordDglio e dl despltto.
Bacio la carta diece volte e diece,
A vendo a chi la scrisse 11 cor dirJtto.
Le lacrime vietar, che su vi spane,
Che con 808piri ardenti ella non I' arse.
Lease la carta quattro volte e sei,
E volse ch' altrQttante l' 1mbasciata
RepJicata Ie losee da colei
Che l' una e I' altra avea quivi arrecata •.
Par tuttavia piangendo : e crederei
Che mai non si saria piiJ racehetata,
Se non avesse avuto pur conlorto
Di rivedere il suo Ruggier dl corto.
Termine a ritomar qulndici 0 venti
6iornl avea Ruggier tolto, ed. atTennato
L' avea ad Ippalca pol con gluramenti
Da non temer che mal f088Q mancato.
Chi m' assicora, oime I degU accidenti,
Ella dicea, ch' han forza in ognilato,
Ma nelle guerre piu, che non distorni
Alcun tanto Boggier che piu non torni?
Oime I Ruggiero, oime I chi Bvria. creduto
Ch' avendoti amato io piiJ di me stessa,
Tn, pliJ di me, non ch' aitri, ma potuto
Abbi amar gente tua inimica espressa ?
-\ chi opprimer dovresti, doni ajuto;
Chi tu dovrejti aitare, e da te oppressa.
Non 80 se biasmo 0 laude esser ti credi ,.
Ch' al premlar e al punir sk poco vedi.
Fu morto da Trojan, nOD 80 se 'I sai, •
II padre tuo; rna fin ai sassi iI sanno :
E tu del figlio di Trojan cura hai
Che non riceva alcun dlsner ne danllo.
E qnesta la vendetta cbe ne lBi,
Ruggiero? e a quei che vendicato I' hanno,
Rendi tal premio, che del sangue loro
}fe fBi morir di strazio e di martoro?
Dicea la donna al suo Ruggiero aasente
Queste parole ed aitre, lacrimando,
l\lon una sola volta, ma sovente.
Ippalca la venia pur confortando
Cbe Ruggier serverebbe interamente
Sua fede, e cb' ella I' aspettasse, quando
Altro far non potea, fin a quel giorno
Ch' avea Ruggier prescritto al suo ritorno.
I conforti d' ] ppalca, e Ia speranza
Cbe degli amanti suole esser compal;!Da,
Alia te.ma e at dolor tolgon possanza
Di far che Bradamante ognorn piagnu.
In Montalban, seoza mutar mai staozll,
Voglion cbe fin al termine rimagna; .
ORLANDO FUIHOSO. CANTO XXX.
I
I
Fin al promesso termioe e giurato,
Che poi fu da Ruggier male osservato.
Ma ch' egll altll promessa sua mancruJS(',
Non pero debbe aver la colpa affatto:
Ch' una causa ed un' altra si Ie trasse,
Cbe gil fu forza preterire il patto.
Convenneche nelletto 81 COl'Ca8Se,
E plu d' un mese sl stesse di' piatto
In dubbio di mOrir; s. II dolor crebbe
Dopo la pugna che col Tartaro ebbe.
L' innamorata giovane I' atlese.
Tutto quel glomo, e desiollo in vano ;
Ne mai ne seppe, fuor quanto ne 'ntese
Ora da Ippaica, e pol dal suo g"rmano
Che Ie narrO che Ruggier lui difese,
E Malagigi libero e Viviano.
Questa novella, ancor cb' avesse gflllta,
Pur di qualche amarezza era turbata :
Che di Marflsa In quel discorso udito
L' alto villore e Ie bellezze avea.:
Udicome Ruggier s' era partito
Con I!IJSO lei, e che d' udar dicea
La doye eon disagio in debol sito,
Mal sicuro Agramante si tenea.
Si degna compagnia la donna lauda,
Ma non cbe Be 0' allegrl, 0 che (' applauda.
Ne plceiolo e ilsospettoche la preme;
Che se Marflsa e bella, come ha tama,
E che fin a quel di slen gitl I08ieme,
E meravtglla se Ruggier non l' ama.
Pur non vuol ereder BOCO, e spera e teme ;
E 'I giofno che la puo far l1eta 0 grama,
Misera aspetta; e 8Ospirando stassi,
Da Montalban mal non movendo i paul.
Staudo ella quivi, il prineipe, it sigoore
Del bel castello, iI primo de' suol frati
(10 non dico d' etade, ma d' onore;
Cbe eli lui prima duo n' erano nati)
Rinaldo, clle di gloria e di splendore
Gli ha, come U solIe stelle, illuminati,
Gluose al castello un giomo in sn la nona;
N e, foor ch' un paggio, era con lui persona.
Cogion del suo venlr fu, cbe da Brava
Ritornandosi un di verso Parigi,
Come v' bo detto che sovente 8ndava
}'er ritrov8.· d' Angelica vestigi,
A veo sentita la novella prava
Del suo Viviano e del suo Malagigi,
Ch' eran per esser dati al Maganze&e;
E percib ad Agrismonte la "ia prese :
Dove intendendo poi, ch' eran salvati,
• E gli avversari lor morti e distrutti,
E Marfisa e Ruggiero erano stati,
Che gli aveaoo a quei termini ridutti;
Jo: i suoi fratelll e i suol cugin tornati
A Monta1bano insit.'me erllno tutti ;

ST. :;11. ORLANDO FURIOSO. CANTO XXXI.
E mostrava nei gesti e Del aembillote
Di cosa ragionar molto importante.
Conobbe i cavalier, come essf lui,
Guidon, che fu con lor poebi dl inlUlllZi.
Ed a Rinaldo disse : eccovi dui
A cui van pochi di vaJore ionanzi;
E se per Carlo ne verran con nui J
Non ne staranno , Saracini innanzi.
Rioaldo di Guidon cooferma il detto,
Che l' uno e I' altro era guerrier perfetto.
·Che avea riconosciuti egli non manco ;
PerO ehe queUi sempre ermo usati ,
D' un tutto nero, e l'altro tutto bianco
Vestir sull' arma, e molto aodare oroati.
Dall' altra parte essi conobber anco
E salutar Guidon J Rinaldo e i frati;
FA abbracciar Rinaldo come amico,
Mesao da parte ogni lor odio antico.
S' ebbero un tempo in urfaein gran dispetto
Per Truft'aldin, che fora lungo a dire;
Ma quivi insieme con fraterno aftetto
S' accarezzar, tutte obllando I' ire.
Rinaldo poi si volse a Sansonetto
Ch' era tardato un poco piu a veoire ;
E 10 raccolse col debito ODOre ,
A pieno instrutto del suo gran valore.
Tosto che la donzella pin vicino
Vide Rinaldo, e conosciuto L' ebbe,
Ch' avea notizia d' ogni paladino,
Gil disse una novella che gl' increbbe.
E comincio : signore J II tuo cugino
A cui la Chiesa e I' alto Imperio debbe ;
Quel giA si sagglo ed onorato Orlando ,
E latto &tolOO J e va pel Mondo errando.
Onde causato cosl strano e rIo
Accidente gli sia, non so narrarte,
La sua spada e l' altr' arme ho vedute io ,
Che per Ii campi avea gittate e sparte;
E vldi un cavalier cortese e pio,
Che Ie ando raccogUenclo da ogni parte;
E poi di tutte queUe un arbuscello
. Fe' , a gtllsa di troCeo, pomposo e bello.
Ma la spada ne fu tosoo levata
Dal flgUuol d' Agricane il di medesmo.
Tn puoi considerar quanto sia stata
Gran perdita alia gente dal battesmo,
L' essere un' altra volta ritornata
Durindana in poter del Paganesmo.
Ne Briglladoro men, cb' errava sciolto
Intomo all' arme, Cu dal Pagan tolto.
Son poem dl J ch' Orlando correr vidi
Senza vergogna e senza senno, ignl1do ,
Con urli spaventevoli e con grldi :
Ch' e Catto pazzo, in somma ti concmudo;
E non avrei , fnor ch' a quesU occhi fldi,
Creduto mat si acerbo caao e crudo.
Pol harro ehe 10 vide giu dal ponte
Abbraccfato cader con Rodomonte.
A qualunque io non creda esser nlmico
D' Orlando, soggiungea, di cio Cavello;
Acclo ch' alcun dl tantt a ch' 10 10 dico,
Messo a pfetit del caso strano e lello ,
Cerchi 0 a Parigi 0 in altro luogo amico
Ridurlo, fln ehe sl purghi 11 eervello.
Ben so, se Brandlmarte n' avra nuova ,
Sara per Carne ogol possibil prova.
Eracostei la bella FiordiUgi,
Piu cara a Brandimarte che se stesso i
La qual, per lui trovar, venia a Parigi :
E della spada ella soggiunse appresso ,
Che dfscordia e contesa e gran litigi
Tra il Sericauo-e 'I Tartaro avea messoj
E ch' avuta l' avea, pol che to casso
Di vita Mandricardo , ,al fin Grndasso.
Di cosi strano e misero accldente
Rinqldo senza fin sl lagna e duole j
Ne i1core intenerir men se ne sente,
Che soglia intenerirsi il ghiacclo aI sole:
E con disposta eel immutabil mente ,
Ovunque Orlando sia, cercar 10 vuole,
Can speme , poi che ritrovaoo l' abbta J
Di fal'10 risanar di quella rabbia.
Ma gia 10 stuolo avendo fatto unire,
Sin volonta del cielo , 0 sia avventura ,
Vuol Care I Saraein prima fuggire,
E liberar Ie parigine mura.
Ma consiglla I' assalto dlft'erfre
( Che vi par gran vantaggio ) a notte scura ,
Nella terza vigiUa 0 nella quarta,
Ch' avra l' acqD8 di Lete 11 sonno sparta.
Tutta la gente alloggiar Ccce al bosco .
E quivi la pasO per tutto '1 giomo :
Ma poi che 'I sol, lascianclo 11 mondo Casco.
Alia nutrice nntlqua fe' ritoruo,
Ed orai e capre , e serpi senza tosco ,
E l' altre fere ebbeno il cielo adorno,
Che state erano a5COSe al maggior lampo ,
Mosse Rinaldo n tacfturno campo :
E venne con Grifoo, con Aquilante,
Con Vivian, con Alardo e con Guidone,
Coo Sansonetto, agli altri un migllo innante,
A cheti passi, senza aleuo sermone.
Trovo dormir l' ascolta d' Agramante j
Tutta I' uecise, e non ne fe' un priglone.
Iodi amvo tra I' altra gente mora,
Che non fu visto ne senttto ancora. .
Del campo d'Infedeli a prima giunta
La ritrovata guardia all' fmpro\'Viso
I..ascio Rinaldo sl rotta. e consunta,
Ch' un sol non ne restO, se non ucelso.
Spezzata che lor to la prima punta ,
I Saradn non I' avean pin da riso ;

-178 LODOVICO ARIOSTO. ST. 4.
Ch' anco avea di quell' altra sece sdegno ,
Che gli turbO, quando illevo sullegno. .
Ma stiano gil altri in d ubbio, in tema, in dogha
Rinaldo se ne va lieto e sicuro,
Sperando eh' ora it biasmo se gU toglia,
Ch' avere a torto gJi parea pur duro ;
Si che quei da Pontieri e d' Altafoglia
Faccis cheti restar, come mai furo.
Va eon baldanza e sicnrta di core
Di riportarne 11 monfale ollore.
Poiche l' un quinci, e l' altro quindi ginnto
Fu quasi a un tempo in su la chiara fonte,
S' accarezzaro; e fero a punto a ponto
Cosl serena ed amichevol fronte,
Come di sangue e d' amlsta congionto
Fosse Gradasso a quel di Chiaramonte.
Ma come poi 8' andassero a ferire ,
Vi voglio a un' altra volta dUTerire.
...........
CANTO XXXII.
Bradlmmte slUDge alia rocca dl Trillano I Tinee tre PrIn·
clpl In valore, e Ia lor DaJDa In beUeua.
Sovviemmi che cantare 10 vi dovea
( Gill 10 promisi, e poi m' uscl di mente)
D' una sospizion che fatto avea
La bella donna di Ruggler dolente,
Dell' 81tr8 pili spiacevole e piu rea,
E di piu acuto e venenoso dente ,
Che , per quel ch' ella udi da Ricciardetto,
A devorare il cor l' entro nel petto.
Dovea'cantaroe, ed altro incominciai,
Perche Rinaldo ill mezzo sopraV\'enne;
E pol Guidon mi die che fare assaI,
the tra caromino a bada nn pezzo il lenne.
D' una cosa in un' altra in modo entraI,
Che mal di Bradamante ml sovvenne.
Sovviemmene ora, e vo' narrame ionanti
Che di Rinaldo e di Gradasso io canti.
Ma bisogna anco, prima ch' io ne parli ,
Che d' Agram80te 10 vi rogiont un poco ,
Ch' avea ridutte Ie reliqule in ArJi,
Che gU restar del gran notturno foco;
Quando a raccor 10 sparso campo, e a darJi
Soccono e vettovaglie era atto illoco :
L' Africa incontra, e la Sp"agna ha viclna;
Ed e in sui flume asslso alia marina.
Per tutto 'I regno fa scriver Marsilio
Gente a plOOi e a cavallo, e trista e buoM.
Per forza e per amore ogni Davilio
Atto a battaglia s' arma in Barcellona.
Agramante ogni dl chiama a concilio ;
Ne a spesa ne a fntica si perdona.
+ IntaDto gravi esazioni e spesse
Tutte hanno Ie citta d' Africa oppresse.
Egli ha Catto offerire a Rodomonte I
Perche ritorni ( ed irnpetrar nol puote ) ,
Una cugina sua, figHa d' Almonte,
E 'I bel regno d' Or8O dargU per dote.
Non sl "olse l' altier mover dal ponte,
Ove tant' arme , e tante sell, Yote
Di quei ehe son gia capitati al passo I
Ha ragunate, che ne copre il sasso.'
Gia non volse MarOsn imitar l' atto
Di Rodomonte : anzi com' ella illtese
Ch' Agramante da Carlo era disfatto ,
Sue genti morte, snccheggiate e prese,
E che con poehi in ArU era ritratto ,
Senza aspettare invito, iI cammin presc,
Venne in aJuto della sua corona,
E I' aver gli profferse e la persona:
E gJi me no Brunello, e gli ne fece
Libero dono, il qual non ,,-vea offeso .
L' avea tenuto dieci giomi, e diece
Notti sempre in timor d' essere appeso :
E pol che ne con forza ne con prece
Da nesson vide il patrocinio preso,
In si sprezzato sangue DOD si volse
Bruttar l' altere mani , e 10 disciolse.
Tutte I' antiqne ingiurie gJi rimcsse ,
E seco in Arli ad Agramante II trasse.
Ben dovete pensar che gaudio avesse
II re di lei ch' .,.d ajutnrlo andasse :
E del gran conto ch' egli ne facesse I
Volse che Brunei prova Ie mostrasse ;
Che quel. di ch' ella gU avea fatto cenno,
Di volerlo impiccar, fe' da buon senno.
- II manigoldo, in loco IDeulto ed ermo I
Pasto eli corvi e d' avoltoi lasciollo.
Ruggier ch' nn' altra volta gli fu schenno ,
E che 'llaceio gli avria tolto dal eollo,
La giustizia di Dio fa ch' ora infermo ,
S' e ritrovato, eel ajutar non puollo ;
E quando 11 seppe, era gil U fatto occono :
Si che restO Brunei seum soccorso.
IntaBto Bradamante iva accusando
Che cosi Innghi sian quei venti giomi I
Li quai finiti, if termine era, quando
A lei Ruggiero ed alia fede tomt.
A chi aspetta di carcere 0 dl bando
Uscir, non par che 'I tempo phI soggiornl
A dargli libertade ,odell' &mala
Patria vista gioconda e disiata.
In quel duro aspettare ella tatvoltrt
+
Pensa ch' Eto e Piroo sia fatto zoppo ,
o sia la roota gnasta, ch' a dar volta
Le par che tardi oltr' all' usato troppo.
• • Piu lunga di quel giomo a cui per molta
Fool' nel cicio it giusto Ebreo fe' intoppo ;

M6 LODOVICO ARIOSTO. IT.'f.
Quando prevtde con oceblo divino,
E 'I mal gU annuozio ch' or gli e avvenuto.
Ya tornlamo ad Orlando paladino
Che, prima ehe Biserta abbia altro ajuto ,
Consiglia Astolfo che la gettl in terra,
S1 che a Fl'IlIlda mai phI non,faceia guerra.
E co8lfU publicamente detto,
Che '1 campo io arme al terzo diaia ioatrutto.
Molti DBvUi Astolfo a questo etTetto
Tenutl avea, De Dudon n' ebbe n tutto;
De' quai diede n governo a Sansonetto,
Sl buon guerrier al mar come all' asciutto :
E quel 81 pose , io su l' ancore sorto ,
Contra a Biserta, un mlgUoappresso al porto.
Come veri cristiaoi Astolfo e Orlando,
Che senza Dio non vanno a rischio alcuno,
Nell' eserclto fan puhblico bando,
Che sieno orazion fatte e digiuno j
E che si trovi il terzo g1orno, quando
Si dUa it segoo , apparecchiato ognuno
Per espugnar Biserta che data hanno,
Vlnta che s' abbla I a foco e a saccomanno.
E 008', poi ehe Ie astinenzie e i YoU
Devotamente eelebrati toro ,
Parenti, amiCi, e gli altri iosieme noti
SI cominciaro a convitar tra loro.
Dato restauro a' corpi esausti e yoU,
Abbracciandosi Insleme lacrlmoro,
Tra 101'0 uendo i modi e Ie parole
Che tra i phi carl aI dipartir si BUole.
Dentro a Biserta I sacerdotl santt
SuppUcando col popolo dolente ,
Rattonsi 11 petto, e con dirotti planti
Chlamano i1 lor Macon cbe nulla sent ••
Quante vigllie, quante offerte ,quanti
Doni promessllOn prlvatamente I
Quanto in pubbHco templi, statue, alwl,
Memoria etema dc' lor casl amart J
. E poi cbe dal cadi fu beoedetto,
Preae il popolo I' arme, e tornb aI muro.
Ancor g1acea colauo Titon nel letta
La bella Aqrora, ed era II cielo 06CUl'0;
Quando Astolro da un caoto, e Sansonetto
Da Ull altro, armatl ap;1i ordlni lor furo :
E poi 008 'I segno che die II conSe, udiro ,
Blserta con grande Impeto 8J8aliro.
Avea Biserta da duo cantl it mare,
Sedea dagU altri duo neltilo asciutlo.
Con tabbrica eecellente e lingulare
Fn anUquamente iI soo muro coostrutto.
Poco altro ha cl\e l' aJuti ola ripare;
Che pol cbe 'I l'8 Branzardo to ridutto
Dentro cia queUn , pochl mastri, e pooo
Pote aver tempo a rlparare 11 loco.
Astolfo da l' aasunto al re de" NePi ,
Che facela a' merli tanto nocumento
I.
Con falarlehe, froode, e con areleri ,
Che levi d' afraccJarsi agol ardlmento;
Sl che p818in pedool e eavalieri
Fin BOtto la muragUa a salvameDto,
Che vengon, chi di pletre e chl dl trayl ,
Chi d' asse e chi d' altra materia gravi.
Chi questa CIOII8. e chi quell' altra getta
Dentro alla fOll8, e vien di mano io DI8DO;
DI cui I' acqua II di lllJUlDZi til iotercetta
SI cbe in piil partl si scopria II pantano.
Ella Cu plena ed atturata in fretta,
E fatto uguale iosto al muro 11 plano.
AstolCo, Orlando ed Olivier procura
Di far .salir I fanti in su Ie mura.
I Nubid' ogni Ind\lgio impazienU,
Dalla speranza del guadagoo trattf ,
NOD mirando a' pericoll imminenU,
CopE'rti da teatugglni e da gatti, -
Con arletl e loro a1lri inltrumenti
A forar torr!, e porte rompere attl ,
Tosto si fero alia citti. vicini;
Ne trovaro sprovvistl 1 Saracinl :
Che ferro e foco e merll e tetti gravi
Cader facendo a gotsa di tempeste,
Per forza aprian Ie tavole e Ie traYi
Delle macchioe In lor danno conteste.
NeJl' aria oscura e nei principj pravi
Molto patir Ie battezzate teste;
Ma poi che '1 sole uscl del ricco albergo,
VollO Fortuna at Saracini n tergo.
Da tutti 1 caoti rioforzar l' assalto
Fe' II conte Orlando e da mare e da terra.
SanBOnetto ch' avea I' armata in alto r
EntrO nel porto, e s' accoatb alia terra;
E con frombe e con archi facea d' alto,
E con varl tormenti estrema guerra;
E facea Insleme espedir lance e scale.
Ognl apparecchlo e munlzion navale.
]o'acea Ollviero, Orlando e Brandimarte,
E quel che to sl dlanzlln aria ardito,
Aspra e fiera battagUa dalla parte
Cbe lungi al uaare era piil dentro a1lito.
Clascun d' elli venia con UDa parte
Dell' oste che s' aVeaD quadripartito.
Quale a mur, quale a porte, e quale a1trove,
Tutti davan di se lucide prove.
n valor dt claseun megUo sl puote
Veder cosl , che Be fosser confusi :
Chi Ria degno df premio, e chi dl note,
Appare innanzl a mtH' occhi non chlusi.
Torri dl legno trannosi con ruote,
E gJi elefanti altre ne portano osi ,
Che au lor dossi coslln alto vanno ,
Che i merli BOtto a molto spazio stan no.
Vien Brandimarte, e pon la scala a' mari,
E snl(', e di sallr altri eonforta.

ST • .!S.
Lo seguon moltl intrepleli e sieuri ;
Che non pUG dubltar chi \' ha In sua aeorta.
Non e chi mirl, 0 chi mirar si curl ,
Se quella scala iI gran peso comporta.
Sol Brandbnarte agl' Inlmicl attende j
Pugnando sale, e alllne un merlo prellde.
E con mano e eon pie quivl s' attacca,
Salta sui merll, e mena II brando in volta,
Urta, riversa e fende e fora e ammacca ,
E eli se mostra esperlenzia molta.
Ma tutto a un tempo la scala si llacca,
Che troppa soma e dl 8Operchlo ha tolta :
E foor ehe Brandimarte, glil nel (0880
Vanno 8Ozzopra, e l' uno all' altro addosso.
Per clO non perde It cavaUer l' ardlre,
Ne pensa rlportarc addietlo it plede;
Benehe de' slioi nOD vede alcun seguire ,
Benche bersagUo aUa citta ai vede.
Pregavan molti (e non volse egl1 udlre)
Che ritomasse; ma dentro si diede :
Dico che giu nella eitta d' un &alto
Dal muro entrO , ehe trenta bracela era alto.
Come trovato avesse 0 plume 0 paglia,
Presse it duro terren senza alcnn danno;
E quei ah' ha intorDo,afrrappae fora e taglla,
Come s' affrappa e tagUa e fora iI panno.
Or contra questt , or contra quel sl scagUa;
E quelU equesU in fuga se ne vanno.
PeDSBDo quei di tuor, che l' han veduto
»eotro salta.r, cbe tardo fia ogni aJuto.
Per mtto 'I campo alto rumor si spande
Dl voce in voce, e '1 mormorlo e 'I blsbiglio.
La vaga Fama Intorno si fa grande,
E narra, ed acerescendo va II perigUo.
Ove era Orlando (perche da pin bande
Si dava assalto) ove d' Ottone II figUo,
Ove Olivier, qneUa volando venne,
Senza po&ar mal Ie 'Veloel penne.
Questi guerrieri, e plu dl tutti Orlando,
Ch' amano Brandimarte, e I' hanno In pregio,
Udendo che se van troppo lodugiando,
Perderanno un compagno cosl egregio,
Piglian Ie seale, e qua e 18 montando ,
Mostrano a gara animo altlero e regfo ,
Con si andaee semblante e 8i gagUardo,
Che I nimlei tremar fan con 10 sguardo.
Come nel mar abe per tempesta freme I
Assaglion l' aeque 11 temerario legno:
Ch' or daUa prora, or dalle parti estreme
Cercano entrar con rabbta e con Isdegno;
II pallido Doccbier sospira e geme,
Ch' aJntar deve , e non ba cor ne Ingegno ;
Un' onda viene alfln, ch"occupn it tutto,
E dove quelJa entro, segue ogni flutto .
Cosl di poi ch' ebbono presi i murl
Questi tre priml, tU si largo II passo ,
ORLANDO FURIOSO. CANTO XL.
Che gil altri ormal segnlr ponno sicuri ,
Che mille scale hanno fermate al basso.
A veano intanto gIl arieti duri
Rotto In pin locbl, e con si gran fracasso ,
Che 81 poteva In ptu ehe In una parte
Soccorrer I' anlmoso Brandimarte.
Con quel furor cbe 'I re de' lluml altero J
Quando rompe tal volta argini e sponde,
E che nei erunpi ocnel 5' apre II sentiero,
E i grassi solchl, e Ie blade feconde,
E colle sue capanne II gregge intero , '
E col cani i pastor porta nell' onde ;
Gulzzano I pesei agli olml in -su la chna ,
Ove solean volar gli Rugelli in prima :
Con quel furor l' Impetuosa gente,
La dove avea In plu parti il muro rotto ,
EntrO col ferro e colla face ardente
A dlstruggere if popol mal condotto.
Omlcldio I raplna, e man vlolente
Nel sangue e nell' aver, trasse dI botto
La ricca e trionfal eitta a rnina,
Che fu dl tuttB I' Africa regina.
DI uominl morti pieno era per tutto;
E delle innumerabili ferite
Fatto era un stagno pin seuro e pin brutto
Di quel che cinge la CiU8 dl Dite.
Oi casa in ea&a un longo Ineendio tndutto
Ardea palagi, portlci e meschlte.
Di planti e di nrli e di battoti petti
Suonano I 'YoU e depredati tettt.
I vinci tori nsclr delle funeste
Porte vedeanst eli gran preda onustl ,
Chi eon bel vasi e chi con rlcche veste.
Chi con rapitl argenti a' Del vetusU :
Chi traea I llgJi, e chi Ie madri meste.
Fur fatti stupri emilie altri atti ingiusti,
Del quail Orlando una gr811 parte intese)
Ne 10 pote vietar, ne 'I duea inglese.
Fu Buclfllr dell' Algazera morto
Con esso un colpo da Olivier gagUardo.
Perduta ogn! speranza, ogni conrorto I
. S' necise dl sua mano II re Branzardo.
Con tre (erite , onde mori dt corto ,
Fu preso Folvo dal duca dal Pardo.
QuesU eran tre eh' al suo partir lascfato
Avea Agramante a guardia dello stllto.
Agramante eh' intanto avea deserta
L' armata I e con Sohrln n' era fugglto ,
Pianse dn lungi e sospiro Biserta ,
Veduto si gran ftamma arder 8ullito.
Pot piu d' appresso ebbe novella eerta ,
Come della sua terra II caso era Ito j
E d' uecider se stesso in pensler venllt',
E 10 facea; ma II re Sobrln 10 tenne
Dicea Sobrin : cbe Piu vittorio lieta,
Signor, potrehhe II tuo nimlco 8\"fre,

,
538 LODOVICO ARIOSTO. IT. u.
Che la tua morte udire , onde quieta
SI spereria poi I' Africa godere'l
Questo contento il viver tuo gli vieta :
Quindi avril cagion sempre di temere.
Sa ben, ehe lungamente Africa sua
Esser noo pul'>, se non per morte t08.
Tutti i sudditi tuoi, moreodo, privi
Della speranza, un beo ehe sol ne resta.
Spero che n' abbi a Iiberar, se vi vi ,
E trar d' affaooo e ritornarne in festa.
Sa che, se muori , siam sempre captivi,
ACrica sempre tributaria e mesta.
Dunque, s' in util tuo viver noo vuoi,
Vivi, signor, per non far danno al tuoL
Dal soldano d' Egitto , tuo viCino,
Certo esser puol d' aver danari e gente.
Mal volentieri il flgJio di Pipino
In Africa vedrA tanto potente.
VerrA coo ogoi sforzo Noraodioo
Per ritoroarti io regno, iI tuo parente.
Armeni, Turchi, Persi, Arabi e Medi I
Tutti In soccorso avral, se tu Ii chiedi.
Can tali e simil detU n vecchio aecorto
Studia tornare it suo signore io speme
Di facquistarsi l' Africa dt IlOrto j
Ma nel suo cor forse il contra rio teme.
Sa ben quanto e a mal termine e a mal porto,
E come spesso In van sospira e·geme
Chiunque U regno suo si lascia torre,
E per soccorso a' Barbari ricorre.
Annibal e Jugurta di cll'> foro
Buoo testimoni, ed altri al tempo antico :
AI tempo nostro Ludovico il Moro,
Dato in poter d' un altro Ludovico.
Vostro fratello Alfonso da costoro
Ben ebbe esempio (a voi, Signor mio, dieo)
Che sempre ha riputato pazzo espresso
Chi pilI 8i fida io aItri ch' in se stesso.
E pero nella guerra che gil mosse
Del pontefice Irato un duro sdegnci,
Aneor che nelle deboli sue posse
Non potesse egli far molto disegno,
E chi 10 diIendea, d' Italia Cosse
Spinto, e n' avesse iI suo nimico iI regno;
Ne per minacce mai ne per prodle\se
S' Indusse che 10 stato altrui cedesse.
D re Agramante aU' Oriente avea .
Volta la prora, e s' era spinto in alto;
Quando da terra una tempesta rea
Mosse da banda impetuoso assalto.
11 nocehler ch' al govemo vi sedea,
10 veggo , disse alzando gli occhl ad alto,
Una procella apparecchiar sl grave,
Che contrastar non Ie potrA la nave.
S' attendete, signori, al mio consiglio,
Qui da man manen ha un' isola vicina ,
A cui mi par ch' abbJamo a dar eli piglio,
Fin cbe passi it furor della marioa.
Consenti il re Agramante; e di periglio
Usci, pigliando la spiaggia maocina,
Che per salute de' nocchieri giace
Tra gU Afri e di Vulcan I' alta fornace:
D' abitazioni e I' isolett8 vota,
Pie08 d' umil mortelle e di ginepri;
Gioconda solitudine e remota
A cervi, a daini , a capriuoli, a leprl :
E fuor ch' a pescalori, e poco nota;
Ove savente a rimondati vepr!
Sospendon, per seccar, l' umide reti.
Dormono Intanto i pesci in mar quieti.
Quivi trovar che s' era un altro legno,
Cacciato dn fortuna, giA ridutto.
II gran guerrier ch' in Sericana ha regno,
Levato d' Arli, avea quivi condutto.
Con modo riverente e di se degno
L' un re coli' altro s' abbraccio all' asciuUo ;
Ch' erano amici, e poco innanzi furo
Compagoi d' anne al parigino muro.
Con molto dispiacer Gradasso intese
Del re Agramante Ie fortune avverse :
Po' confortollo, e come re cortese ,
Colla propria persona Ie gU offerse ;
Ma ch' egH andasse all' Infedel paese
D' Egitto, per ajuto, non sofferse.
Che vi sia, disse, perigU080 gire,
Donia PompeJo i profugl ammonire.
E percbe detto m' hal che coil' &jutO
DegJi Etiopi sudditi al Seoapo ,
Astolfo a torti I' Africa e venuto,
E ch' arsa ha la citta che n' era capo ;
E ch' Orlando e con lui, che diminuto
Poco innanzi d1 senno aveva Ii capo ;
Mi pare al tutto un ottimo rimedio
Aver pensato a farti uscir di tedio.
10 pigliero per arnor tuo l' impresa
D' entrar col conte 11 singular certame.
Contra me so che non avril difesa,
Se tutto Cosse di ferro 0 di rame.
Morlo lui, stimo la cristiuna Chiesa,
Quel che I' agnelle il lupo ch' abbla fame.
Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve)
Di fare i Nubi uscir d' Africa in breve.
:Faro cbe gU altri Nubi che cia loro
II Nllo parte e la diversa legge,
E gli Arabi e i Macrobi, questi d' oro
Ricchi e eli gente, e quei d' equino gregg"
Persi e Caldei; perche tutti cosloro
Con altri molti il mio scettro corregge;
Faro ch' in Nubia lor faran tal guerra t
Cbe non si fermeran neUa tua terra.
Al re Agramante 8.888i parve opportuna
Del re Gradasso la seconda offcna;

ST ••• ORLANDO FURIOSO. CANTO XLIII. 56.
La somma fu del lor raglonamento,
Che oolui mal aecorto era ben stato ,
Che oella.moglle lua l' esperimento
Magglor che puo tar donna avea tentato;
Che quella che dall' oro e dall' argento
Ditende 11 oor di pudicjza armato,
Tra mille spade via phI tacilmente
Ditenderallo, e in mezzo al loco ardente.
11 noechier loggiungea : ben gU diresti
Che nOD dovea ofterirle II gran doni;
Che oontrastare a questi assalti e a questl
Colpi DOn sono tutti i petti buonl.
Non so se d' una giovaoe intendesti
( Ch' esser puo ehe tra voi se ne ragioni )
Che Del medesmo error vide 11 oonsorte ,
Dl Ch' esso avea lei eoodannata a morte.
Dovea In memoria avere II signor mio,
Che I' oro e 'I premlo ogni durezza Inchina :
Ha I quando biBOgnO I l' ebbe in obiio,
Ed ei si procaeclO la sua Nina.
Cosl sapea 10 esempio egli, com' jo,
Che fu In questa clttl\ di qui vicina,
Sua patria e mia, che 'Ilago e la palude.
Del rifreoato Menw Intorno cbiude :
D'Adonio voglio dir, ehe 'I ricco dono
Fe' alia mogHe del giudice, d'un cane.
Di questo, disse il paladino, il suono
NOD passa I' Alpe, e qui tra vol rlmane;
Perche ne in Fraocia, ne dove ito sono,
Parlar n' udU Delle oontrade estrane :
Si che di' pur, se non t'incresce II dire;
Che volentieri 10 mi t' aeeonclo a udire.
11 nocchier comincio : gill Cu di questa
Terra un Anselmo di famiglia degna I
Che la sua gloventiI con lunga vesta
Spese in saper cia ch' U1piano insegna ;
E di nobU progenie, bella e ODesta
Moglie cereo, Ch' al grado suo convegna;
E d'una terra quindi non lontana
N' ebbe una dl bellezza soprumana:
E di bei modi e tanto graziosi,
Che parea tutto amore e leggiadria;
E dl molto pili forse, ch' at riposi ,
Ch' allo stato dllui non conveDla.
Tosto ehe I' ebbe, quanti mai gelosl,
AI mondo fur, passO di ge 101la :
Non gia Ch' aitra cagion gli ne desse ella,
Che d' esser troppo aceorta e troppo bella.
Nella elttil medesma un cavaliero
Era d' antlqua e d' onorata gente,
Cbe diseendea da quellignagglo altero
Ch' uscl d' una mascella dl serpeote;
Onde gill Manto, e chi eon essa fero
La patria mia, disceser similmente.
11 cavalier ch' Adonlo nomlnosse.
DI questa bella donna Innamorosse.
E per venire a fin di questa BlDore ,
A spender comincio senza ritegno
In vestire, in eonviti, in farsi onore ,
Quanto puo f,rsl un cavalier piil degno.
II tesor di Tiberio imperatore
Non saria stato a tante spese al segoo.
10 credo ben I che non passar duo verni ,
C&' egll uset fuor di tutti 1 ben paterni.
La casa ch' era dianzl frequeotata
Mattina e sera tanto dagli amici,
Sola reltO, tosto che fu privata
Di starne, di fagian, di eoturnlci.
EgU ehe capo fu della brigata,
Bimase dietro, e quasi fra mendlci:
Pensb, poi ch' in miserla era venuto,
D' andare ove oon Cosse eonosciuto.
Con questa intenzione una mattina,
Senza Car motto altrol, la patria laseia;
E eon 808pirl e laerime r.ammina
Lungo 10 stagno che Ie mura fascia.
La donna che del cor gli era regiua,
GiA non oblia per la seeonda ambascla.
Eeco un' alta avventura che 10 viene
Di sommo male a porre In sommo bene.
Vede un villan ehe eon un gran bastone
Intorno alcuni sterpi s'affatica.
Quivi Adonio sl ferma, e la eagtone
Di tanto travagUar vuol che gli dica.
Disse il villan, che dentro a quel macchione
Veduto avea una serpe molto antica,
Di che piu lunga e glOssa a' giomi suol
Non vide, ne credea mal veder pol:
. E che nOD si volea Indi partlre,
Che non l' avesse ritrovata e morta.
Come Adonio 10 seote cosl dire,
Con poca pazienzia 10 sopporta.
Sempre solea Ie serpi tavorlre;
Che per tnsegna iI sangue suo Ie porta
In memoria eh'uscl sua prima geote
De' dentl seminati dl serpente.
. E disse e fece col villano in guisa I
the, suo mal grado, abbandono I' impresa;
Si ehe da lui non fu la serpe uceisa,
Ne piil cereata, ne altrimentl offesa.
Adonio ne va pol dove s' avvisa, .
Che sua eondlzion sia meno Intesa;
E dura con disagio e con affanno
Fuor della patria appresso al settimo anno.
Ne mal per lontananza, ne strettezza
Del viver, ehe i pensier non lascla ir vaghl ,
Cessa ADlor che si gU ha la manu avvezza,
Ch' ognor non gli arda il eore, ognor impiaghi.
E forza al fin, che tornl alia beUezza
Che son di riveder st gli oechi vaghi.
Barb1lto, aftUtto, e assai male in arnese,
La donde era venuto n cammin prese.
16

,
ST. D. ORLANDO FURIOSO. CANTO XLIV. 577
EgU s' innamorO del suo valore,
Ne veder fargli oltrnggio avria ,'oluto.
Gli sarebbe per un de' suoi che muore,
Vederne morir sei manco spiaciuto,
E perder anco parte del suo regno,
Che veder morto un cavalier sl degno.
Come bambin, se ben la cara madre
Iraconda 10 batte, e da se caccia,
Non ha ricorso a la sorella 0 al padre,
Ma a lei ritorna, e con dolcezza abbraceia :
Cosl Leon, se ben Ie prime squadre
R uggier g11 uccide, e I' altre gJi minaccia,
Non to pub odiar, perch' all' moor pin tira
L' alto valor, che quell a offesa all' ira.
Ma se Leon Ruggiero ammira ed moa,
Mi par che duro cambio ne riporte;
Che Ruggfert) odia lUi, ne cosa brmoa
Plu che di dargli dl sua man la morte.
Molto C0811 occbi 11 cerea, ed alcun chiama,
Che glielo mostri j ma la buona sorte,
E la prudenza dell' esperto Greco
Non lascic) mal che s' affrontasse seeo.
Leone, aecio ehe la sua gente affatto
Non fosse ueclsa, fe' sonar raecolta;
Ed all' imperatore un messo ratto
A pregarlo mando, che desse volta
E ripassasse it flume; e che buon patlo
N' avrebbe, se la via non gil era tolta :
Ed esso con non molti che raccolse,
Al ponte ond' era entrato, i passl volse.
Molti in pot.er de' Bulgar1 restaro
Per tutto 11 monte, e sin al fiume uecisi j
E vi restavan tutti, se 'I riparo
Non gIl avesse del rio tosto divisi.
Molti cadder dai ponti, e s' affogaro;
E molti, senza mai volgere i visl,
Quindi 10ntaDo Iro a trovor II guado;
E molti fur prigion tratti in Belgrado.
Finita la battagUa di quel giomo,
Nella qual, poi che fllor signor fu estinto,
Danno i Bulgari avriano avuto e scomo,
Se per lor non avene it guerrier vinto,
11 buon guerrier che 'I candido lioeorno
Nello seudo vermiglio aven dipinto j
A lui si trasson tutti, da cui questa
Vittoria conoseean, con gioja e-festa.
Uno il saluta, un altro se gl' inchina,
. Altri la mano, altri gil bacia il piede :
Ognun, quanto pin puo, se gli avvicina,
E beato si tien chi appresso it vede,
E pin chi 'I tocca; che taecar divina
E soprannatural cosa si crede.
Lo pregan tutti, e vanno al ciel Ie grida,
Che sia lor re, lor capitan, lor guida.
Ruggier rispose lor, che capitano
E re sara, quel che 11a lor piu a grado ;
+ Ma ne a baston ne a sceUro ha da por mono,
Ne per quel giorno entrar vuole in Belgrado:
Che, prima che si faccia piu lontano
Leone Augusto, e cbe ripassi n goado,
Lo vuol seguir, ne torsi daUa traccia,
Fin che nol giunga, e ehe morir nol faccia ;
Che mille miglia e pin, per questo solo
Era venuto, e non per altro effetto.
Cosi senza fndugiar lascia 10 stuolo,
E si volge al cammin ehe gU vien detto,
Che verso il ponte fa Leone a volo,
Forse per dubbio che gli sia intercetto.
Gli va dietro per I' orma in tanta fretta,
Che 'I suo sendier non ehiama e non aspetta.
Leone ha nel fuggir tanto vantaggio
(Fuggir si pub ben dir, pia ehe ritrarse)
Che trova aperto e libero it passaggio j
Poi rompe iI ponte, e lascia Ie navi arse.
Non v' arriva Buggier j eh' ascoso il raggio
Era del sol, ne sa dove alloggiarse.
Cavalca innanzi, che lucen la luna,
Ne mal trova castel ne villa alcuna.
Perche non 811. dove si por, cammina
Tutta la notte, ne d' areion mal sceude.
Nello spuntar del novo sol vicina
A man sinistra una citt8. comprende;
Ove di star tutfu quel dl destina,
Aecio I' ingiuria al suo Frontlno emende,
A cui, senza posarlo 0 trargli briglia,'
La notte fatto avea far tante miglia.
Ungiardo era signor di quella terra,
Suddlto e caro a Costantino molto;
Ove aven per cagion di quella guerra
Da cavallo e da pie boon numer tulto.
Quivi ove altro11' entrata DOn si serra,
Entra Ruggiero; e v' e sl ben raccolto,
Che non gli accade di passar pia avante
Per aver migUor loco e pin abbondante.
N el medesimo albeJlgo in so la sera
Un cavalier di Romania alloggiosse,
Che si trovo nella battaglia fiera,
Quando Ruggier pei Bulgari si mosse,
Ed a pena di man fuggito gJi era,
Ma spaventato piu ch' altri mal fosse;
Sl ch' ancor trema, e pargU aneora intorno
Avere iI cavalier dalliocomo.
Conosce, tosto ehe 10 scudo vede,
Che 'I cavalier che quella insegna porta,
E quel che la scon11tta ai Greci diede,
Per Ie cui mani e tauta gente morta.
Corre al palazzo, ed udienzia chiede,
Per dire a quel signor cosa ch' importa ;
E sublto intromesso dice quanto
10 mi riserbo a dir nell' altro canto.
.. ' ....... ..c-...
57

,
592 I..ODOVICO ARIOSTO. 1Io'T, U.
E che di lui,-come a lei par, dispooe, +
E della a Dio oimica empia famiglia;
Fe' da Costaotinopoli a Parigi .
Portare il padiglioo dai messi stigt.
Di sopra a Costaotlu cb' a,'ea I' impero
Di Grecia, 10 levo da mezzo giorno ,
Colle corde e col fusto J f. coU' iotero
Guemimento ch' avea dentro e d' iotomo :
Lo fe' portar per I' aria, e di Ruggiero
Quivi 10 fece allogglamento adoroo ;
Poi, fioite Ie Dozze , aoco tomollo
Miracolosamente onde Ie,' 0110.
EraD degJi auni appresso che duo milia,
Che fu quel ricco padiglion trapuoto.
Una donzella cie la terra d'llia,
Ch' avea il furor profetico CODgiuntO,
CoD studio di gran tempo e coo vigilia
Lo fece di sua man di tutto punto.
Cassandra fu Domata, ed al fratello
Inclito Ettor fece UD bel don dl quello.
Il piiI cortese cavalier che mai
Dovea del ceppo useir del suo germano
(Beo che sapea, della radice assai
Che quel per molti rami era 10Dtaoo)
Ritratto avea De' bei ricaroi gal
D' oro e di varia seta, di sua maoo.
L' ebbe, mentre che visse, Ettorre in pl't'glo
Per chi 10 fece • e pellavoro egreglo.
Ma poi ch' a tradimeDto ebbe la morte ,
E fu 'I popol trojao da' Greei at'tlitto;
Che Sioon falso aperse lor Ie porte J
E peggio seguitO che non e seritto;
MeDelao ebbe II padigUone in sorte ,
Col quale a capitar venDe in Egitto ,
Ove al re Proteo )0 laseio , se "olllt!
La moglie aver che quel tiran gli tolse.
Eleoa nomioata era colef
Per cui 10 padigliooe a Proteo diede;
Che poi successe In mao de' Tolomei,
TaDtoche Cleopatra oe fu erede.
Daile geoti d' Agrippa lolto a lei
Nel mar leucadio fu eon nItre prede :
In man d' Augusto e di Tiberio venDe J
E In Roma 8ioo a Costantin si teone :
Quel Costaotin di cui do)er si debbe
La bella ItaUa J fln che girl iI cielo.
Costantio, poi che 'I Tevero gl' iocrebbe ,
Portb in Bizanzio it preziOSO velo. '
Da un altro Costantin Melissa l' ebbe.
Oro ]e corde, avorio era 10 stelo ;
Tutto trapunto coo figure belle,
Piu che mal eon penoel faeesse Apelle.
Qulvi Ie GrllZie in abito giocondo
Una regina ajutavano a] parto.
81 bello infante D' apparia J clle 'J mODdo +
Non ebbe un tal dal secol primo al quarto. •
Vedeasi Gio,'e , e Mereurio faoondo ,
Venere e Marte", che l' aveaoo sparto
A mao pieoe e spargeao d' eterei fiorl ,
Di dolce ambrosia e eli celesti odori.
Ippolito, dlceva una serittora
Sopra Ie fasce io lettere minute.
In eta poi phi fenoa la Ventura
L' avea par maoo, e lonanzi era Virtute.
Mostrava Duove genti la piltura
Con veste e chiome luoghe, che venute
A domandar da parte di Corvino
Eraao at padre tI tenero bambioo.
Da Ercole partin! rivereote
Si vede, e daUa madre Leonora;
E venlr 8U) Danubio ove la gente
Corre a veclerlo, e come 00 Dio I' adora.
Vedesi it re degli Ungari prudente,
Che 'I maturo sapere ammlra e ooora
10 DOO matura etA tenera e molle,
E sopra tutti I suol baron I' estolle.
Ve che negl' infaotili e teoeri anol
Lo seettro dl Strigonla in man gli pone:
Sempre II faoclullo se gU vede a' panni ,
Sia oel palagJo, sia nel padiglioue :
o cootra Turchi 0 cootra gli Alemaonl
Quel re posseote faccia espedizione ,
Ippolito gU e appresso , e flso attende
A' magnaniml gesti, e virtu apprende.
Quivl si vede , come iJ flor dispensi
De' suot primi anni in disclplioa ed arte.
FulCO gil e appresso, che gli occulti sensi
Chiari glt espone dell' antiche earte.
Qnesto sehlvar, questo segoir eonviensi.
Se Immorta] brami e glori08O farte,
Par che gil dlca; cosi avea ben ODt!
I gesti lor chi gia gJi avea elipinti.
Poi cardioale appar, ma giovinetto,
Sedere in Vaticaoo a coosiBtoro,
E con tacoDdia aprir I' alto intelletto ,
E far di se stuplr tutto quel coro.
Qual fia donque ('ostui d' eta perfetto?
Pareao coo meraviglia dir tra loro.
Oh sc dl Pietro mai gli tacca iI manto ,
Che tortunata eta I che secol saoto I
10 altra parte i Iiberali spassi
Erano e i giocht del glovene iIIuslle.
Or gJi oni affronta sugJi a1pini sassi,
Ora I clnghiali in valle 1ma e palustre:
Or su 'n giaonetto par che 'I vento passi,
Seguendo 0 caprio, 0 cerva multilustre,
Che giunta par che bipartita cada
In parti uguali a un sol colpo di spada.
Di filO9Ofi altro\'e e di poeti
Si vede in mezzo liD' onorata squadra.
Quel gli dlpinge il corso de' pianeti ,
Questi la terra, queUo iJ ciel gli squadra :

ST •• ,.
Questi meste elegie, quei verslHetl ,
Quel cants eroici, 0 qualche oda-Ieggiadrn.
Musici ascolta, e vari suoni altrove j
N e senza somma grazm un passo move.
In questa prima parte era dipinta
Del sublime garzoD la puerizia.
Cassandra I' alti·s avea tutta distinta
Di gesti di prudenza, di giustizia ,
Di valor, di modestia, e della quinta
Che tien con lor strettissima amiclzia ,
Dico deUa virtU che dona e spende ;
Delle quai tutte iJIuminato splende.
In questa parte il giovene sl vede
Col duca sCortnnato deg)' Insubri,
Ch' orUn pace a conSigliO con lui siede ,
Or armato con lui spiega i colubri ;
E sempre par d' una medesma fede,
One' felici tempi 0 nel lugubrl :
Nella fuga 10 segue, 10 conforta
Nell' afflizion, gil e nel perlglio seorta.
S! vede altrove a gran pensieri intento
Per salute d' Alfonso e dl Ferrara;
Che va cercando per strano argumento ,
E tron, e la veder per cosa chiara
AI giustissimo Irate it tradimento
Che gU usa la famlglia sua pin cara ;
E per questo si fa del nome erede,
Che Roma a Ciceron libera diede.
Vedem altrove in arme rilueente,
Ch' ad ajutar la ChiElsa in Cretta corre;
E con tumultuaria e poca gente
A un esereito instrutto si va opporre;
E solo il ritrovarsi egU presente
Tanto agU Ecclesiastici soccorre ,
Che 'I Coco estingue pria ch' arder comince j
Sl che puo dir, che vienee.vede evince.
Vedest altrove daIla patria riva
Pugnar incontra la piil (orte annata
Che contra Turchi 0 contra gente argiva
Da' Venezlani mal (osse mandata.
La rompe evince, ed al Iratel captivn
Colla gran preda I' ha tutta donota ;
Ne per se vedi aitro serbarsi lui,
Che l' onor sol , che non pub dare altru!.
Le donne e I cavalier mirano flsi ,
Senza trarne COJlstrutto, Ie figure j
Perche non hanno appresso chi gli avvisi ,
Che tutte queUe sien cose (uture.
Prendon piacere a riguardare I visi
BeUi e ben latti , e legger Ie scritture :
Sol Bradamante da Melissa instrutta .
Gode tra se ; che sa l' istoria tutta.
Ruggiero, ancor ch' a par di Bradamante
Non ne sia dotto, pur gli torna a mente,
Che fra i nipoti suolsolea Atlante
Commendar questo Ippolito sovente.
ORLANDO FURIOSO. CANTO XLVI.
Chi potria -in versl a pieno dir Ie tante
Cortesie che (a Carlo ad ogni gente ?
Di vari giochi e sempre (esta grande,
E la mensa ognor piena di vivande.
Vedesi quivi chi e buon cavaliero;
Che vi son mille lance II glomo rotte ;
Fansi battaglie a piedi ed a destriero ,
Altre accoppiate, altre confuse in frotte.
Pin degU -aItri valor mostra Ruggiero ,
Che vince sempre, e glostl'a n dl e la notte i
E cosl in danza, in lotta ed in ogni opra
Sempre con molto onor resta di sopra.
L' ultimo dl , nell' ora che 'I solenne
Convito era a gran Cesta incominciato ;
Che Carlo a man sinistra Ruggier tenn(>,
E Bradamante avea dal destro lato;
Di verso la campagna in fretta venne
Contra Ie mense un cavaliero armato •
Tutto coperto egU e 'I destrier di nero,
Di gran persona, e di sembiante altero.
Quest' era 11 re d' Algier, che per 10 SCOI'DO
Che gU Ce' sopra n ponte la donzella ,
Giuroto avea di non pom arme intorno ,
Ne stringer spada, ne montare in sella,
Fin che non fosseun anno, un mese e un giorno
. Stato , come eremita, entro una cella.
Cosia quel tempo solean per se stessi
Punlrsi I cavalier di tall eccessi.
Se ben di Carlo In questo mezzo intese
E del re suo signore ogni suceessoj
Per non disdirsi non phI l' arme prese ,
Che se non pertenesse il fatto ad esso.
Ma pol che tutto I' anno e tutto 'I mese
Vede flnito, e tutto 'I giomo appresso;
Con nuove anne e cavallo e spada e lanein
Alia corte or ne vien quivl di Francia.
Senza smontar, senza chinar la testa ,
E senza segno alcun di riverenzia ,
Mostra Carlo sprezzar colla sua gesta,
E di tanti signor I' alta presenzia.
Meraviglioso e attonito ognun resta ,
Che si plgli costui tanto llcenzia.
Lasciano i cibi , e laseian Ie parole,
Per ascoltar cio che 'I guerrier dir vuole.
Poi che fu B Carlo ed a Ruggiero a fronk,
Con alta voce ed orgoglioso grido,
Son , dlsse, it re di Sarza, Rodomonte,
Che te, Ruggiero, aUa battaglia sfido;
E qui tl vo' , prima che 'I sol tranionte,
Provar, ch' al tuo Signor sei stato infido ,
E che non merti, che set traditore ,
Fra questt cavalieri aleuno onore.
Benehe tua feHonia si vegga apt'rtn ,
Perehe essendo cristian non puoi negarla;
Pur per farla apparere anca pin certa ,
In questo campo vengoti a provarla ;
S8
•

LA GERUSALEMME LIBERATA
. ,
E L'AMINTA
DI TORQUATO TASSO.

660 TORQUATO TASSO. Sf. A
+ Dl rlvolgersi al campo alfln diaegna ,
Rambaldo dl Guueogna en costul ,
Bencbe la via trovar non s' assecul'a ;
Che partl con Annida : e sol per ella
Cbe gli sovvien cbe presso e il dl prescritto, Pagan si ieee, e ditoolOr divenne
Cbe pugnar dee col cavalier d' Egitto.
Di quell' usanza rea ch' ivi si teone.
Partesi, e mentre va per dubbio calle,
Di santo sdegno il plo guerrier Ii tlose
Ode un corso appressar ch' ognor s' avanza, Nel volto, e gU rispose: empio fell one ,
Ed alflne spuntar d' angusta valle
Quel Tancredi son 10 , ebe'l ferro close
Vede uom che dl corriero avea sembianza : Per Cristo sempre, e ru di lui campione,
Scotea mobile srerza, e da Ie spalle
E in sua virtute i lOot rubeIH vloae,
Pendea 11 como sui flanco, a nostra usanza. Come vo' ebe tu yeggla al paragone;
Chiede Tancredi a lUi, per quale strada
Cbe daU' Ira del Clel mlnistra eletta
AI campo de' Cristiani indi si vada.
E questa destra a far In te vendetta.
Quegl1 italico parla : or 18. m' invio,
Turbossi, udendo il glorioso nome,
Dove m' ha Boemondo in fretta spinto.
L' empio guerriero, 0 scolorossl in viso"
Segue Tancredi lui che del gran zio
Pur celando II timor, gli dlsse : or come
Messaggio stima, e crede al parlar flnto.
Giungono alfln III dove un sozzo e rio
Lago impaluda, ed un castel n' e cinto,
Nella stagion ehe 'I sol par ebe s' immerga
Nell' ampio Dido ove la notte alberga.
Miaero I vieol ove rimanga UCCI80?
Qui saran Ie tue forze oppresse e dome,
E questo altero tuo capo reclso :
E mand.erollo at ducl Francbi in dono,
S' altro da quel ebe soglio, oggi non sono.
Suona il carriero in arrivando iI como,
Cosl dice 11 Pagano; e percbe U gforDo
E tosto giu calar si veele on ponte:
Spento era omal, sl ebe vedeasi appena,
Quando latin sia tu, qui far soggiomo
Apparfr tanle lampade d' intorno,
Potrai , gil dice, in1ln ebe 'I sol rimonte;
Cbe ne fu I' aria lucida e serena.
ebe questo loco, e non e iI terzo giomo,
Splende il castel, come io tealro adomo
Tolse at Pagani di Cosenza il conte.
Suol fra nottume pompe altera seeoa :
Mira i110c0 iI gllerrier, ebe d' ogoi parte
Ed, in eccelsa parte Armida siede ,
Inespugnabil fanno 11 sito e l' arte.
Onde aenz' esser vista ed ode e vede.
Dubita aJquanto poi, eb' entro si forte
II magnanJmo eroe frattanto appresta
Magione aicllno inganno occulto giaccia t
Ma come avvezzo ai riscbi della morte,
Alia (era fenzon I' arme e I' ardire;
N e sui debil cavallo assiso resta ,
Motto non fanne, enol dimOltra in faccla;
Gift veggendo II nemieo a pie venire.
Ch' ovunque i1 goidi elezioneo sotte,
Vien cbluso nello scudo , e l' elmo ba in testa.
Vuol elle aecuro la sua destra 11 faecla.
Pur l' obbl1go cb' egli ha d' altra battaglia,
La spada nuda, e 10 atto e di rerire.
Gil move incontra n principe {eroce,
Fa ebe di nova impresa or non gU caglia : Con occbl torvi e con terribll 'Voce.
Sl cb' incontra al castello, ove in un prato QuegH con largbe rote aggira I passi ,
II corvo ponte sl dlstende e posa ,
Ritfene alquauto n passo; eel invltato,
Stretto nell' armi, e colpi accenna e flnge;
Qnesti , sebbeD ba i membri Infermi e lassi ,
Non segue I. sua scorta insidiosa.
Va risoluto, e gU s'appressa e strlnge :
Sui ponte intaDto un cavaliero armato
E 111 donde Rambaldo addletro f8881,
Con aemblanza apparia fera e sdegnosa,
Ch' avendo nella destra 11 ferro Ignudo,
In soon parlava minacclO8O e crudo :
o to che, siaai .loa fortuna 0 voglia ,
Al paese fatal d' Armida arrive,
Pensi indarno alfuggire ; or l' anne spogUa ,
E porgl atlaeei lOot Ie man cattlve.
t:ntra pur dentro alia guardata soglia
Con queste leggl cb' eUa altrui prescrfve;
Veloelsslmamente egli si spinge ,
E s' avanza e r incalza, e fulmlnancio
Spesso alia vista gil dlrtzza iI brando ;
E piu ch' altrove impetUOBO fere
Ove pia di vital forme) natura,
AIle pereosae Ie minaeee altere
Aecompagnando, e'l danno alia pava.
Di qua, di 1A si volge; e sue leggiere
Membra il presto GU8ICOne at colpi fura ;
N e piu sperar df riveder iI·elelo
E cerea or con 10 scudo or colla spada ,
Per volger d' annI, 0 per eanglar dl pelo ,
Se non glud d' andar cogU altrlsul
Che '1 nemlco furore indarno cada.
Ma veloee allo scbermo el DOn e tanto,
Contra ciascun cbe da GesU.' appella.
Che phi I' altro DOn sfa pronto all' offese.
S' afftsa a quel parlar Ttmcredi in lui,
Gift spezzato 10 scudo, e l' elmo infraoto ,
E ricoDOlCe l' anne e la favella.
E forato e sangu1gDoavea I' arne88;
•

60.01 TORQUATO TASSO. IT. III.
E sogUono da questo esser difesl
Principi ginsti , e cittil. caste e sante.
Questo I' angelo prende; e vien con esso
Oeeultamente al suo Raimondo appresso.
Plene Inronto Ie mum eran giA tutte
DI varia turba; e '1 barbaro Tiranno
Manda Clorinda e molte genti instrutte,
Che ferme a mezzo 11 colle, oltre non vanno.
DaIl' altro latoin ordine ridutte
Alcune schiere de' Cristiani stanno :
E largamente a' duo campioni it campo
Voto riman fra l' uno e I' altro campo.
Mira,'a Argante, e non vedea Tancredi,
Ma d' ignoto campion sembiame nove.
}'ecesi n conte innanzl, e quel ehe chledl ,
E (disse a lui) per tua ventura altrove.
Non superbir pero, che me qui vedi
.A pparecchlato a riprovar tue prove;
Ch' 10 di lui posso sostener la viee J
o venir come terzo a me qui lice
Ne sorride il superbo, e gU risponde :
Che fa dunque Tancredi? e dove stassi?
Minaccia II clel coli' arme, e poi s' asconde,
Fidando sol ne' suol fugaci passt.
Ma fugga pur nel centro, e 'n mezzo l' onde;
Che non Oa loco ove securo n lassi.
Menti, replica I' altro, a dir ch' uom tale
Fugga cIa te, ch' assai di te piu vale.
Freme il Circasso lrato, e dice : or prendl
Del campo tu, ch' in vece sua t' accetto;
E tosto e' sl parrl\. come dltendi
L' alta follia del temerario detto.
Cosl mossero in giostra, e i colpi orrendl
Parimente drlzzaro nmbi all' elmetto :
E '1 buon Raimondo ove miro , &controllo,
Ne dar gil fece nell' arcion pur crollo.
Dall' altra parte il fero Argante corse,
Fallo Insolito a lUi, l' aringo invano;
Che ' I difensor celeste iI colpo torse
Dal custodito cavalier cristiano.
Le labbra il crudo per furor sl morse,
E ruppe r asta bestemmlando al piano.
Pol tragge il ferro, e va eontra Raimondo
Impetuoso al paragou secondo:
E 'I possente corsiero urta per drUto,
Quasi monton che al cozzo it capo abbassa.
Schiva Raimondo l' urto, allato drltto
Piegando II corso e 'I fere in fronte, e passa.
Torna di novo il cavalier d' Egitto;
Ma quegU pur di novo a destra iJ lassa ,
E pur sull' elmo iI coglie, e 'ndarno sempre,
Che I' elmo adamantine avea Ie tempre.
Ma II feroce Pagan che seco vuole
Piu stretta zuffa, a lui s' avventa e serra.
V ultro ehe a1 peso di si vasta mole
Teme d' andar col suo destriero a terra,
,::L Qui cede, ed Inell assaIe, e par che vole,
T Intorniando eon girevol guerra :
E ilievi imperi II rapido cavallo
Segue del freno, e non pone orma in fallo.
Qual capitan ch' oppugni eccelsa tone
Infra paludi posta 0 in alto monte,
)fille aditi ritenta, e tutte seorre
L', arti e le"vie; cotal s' aggira il conte :
E poiche non pUD sclgUa all' anne torre,
Ch' armano n petto e la superba fronte,
Fere I men forti arnesl, eel alia spada
. Cerca tra ferro e ferro apm la strada.
Ed in due parti 0 tre forate e faUe
L' anne nemiehe ha gia tepide e rosse;
F..d egli ancor Ie sue consena intatte,
Ne dI cimier ne d' un sol fregio 8COSSe.
Argante indarno arrabbia, a volo batte,
E spande senza pro l' ire e Ie posse ;
Non si stanca pero, rna raddoppiando
Va tagli e punte , e si rlnforza errando.
Al1ln tra mille colpl j( Saracino
Cala un fendente ; e 'I conte e cosi presso,.
Che forse it velocissimo Aquilino
Nonsottraggeasi, e rimaneane oppresso :
• Ma I' ajuto invisibile vicino
Non mancO lui di quel superno messo ,
Che stese it braccio, 0 tolse 11 terro crudo
Sona II diamante del celeste sendo.
Frangesi it ferro allor (ctie non resiste
Di fucina mortal tempra terrena
Ad armi incorruttibili ed irnmiste
D' eterno tabro) e eade in sull' arena •.
II Clrcasso ch' andarne a terra ha viste
Minutissime parti, if crede appena :
Stupisce poi, scorta la mana inerme,
Ch' arme 11 campion nemlco abbia s\ fenne.
E ben rotta la spada aver sl crede
Su))' altro &cudo ond' e eolui dlfeso :
E '1 buon Raimondo ha la medesma fede;
Che non sa gia chi sia dal ciel disceso.
Ma perocch' egU disarmata vede
La man nemica, si riman sospeso ;
Cbe stlma ignobil palma, e vUi spoglie
Quellech' altrui con tal vantaggio uom togUe.
Prendi , volea gil\. dirgll, un' altm spada;
Quando novo peosier nacque nel core :
Ch' alto scorno e de' suol, dove egli cada,
Che di pubbUca cansa e difensore.
Cosl ne. indegna a lui vittorJa aggracla ,
Ne in dubbio vuol porre iI comune onore.
Menh'e egll dubbfo stassi, ArgaDte laocia
II pomo e l' elsa alia nemica. guancia :
+
E in quel tempo medesmo il destrler puuge,
E per venire a lotta oltra si caceia.
La percossa lanclata all' elmo giunge,
• Sleche ne pesta aI Tolosan la faccla.

666 TORQUATO TASSO. IT. ItT.
EgU sol ferma j) posso , e mostra it vol to:
N e chi eon mani cento e cento braeeia ,
Cinquanta scudi insieme ed altrettante
Spade movesae, or plil laria d' Argante.
Ei gU stocchi e Ie mazze, egli dell' ute
E de' eonieri I' impeto lI08tenta ;
E solo, par che'ncontra tutti baste;
Ed ora a questo, eel ora a quels'avventa.
Peste ba Ie membra, e roUe l'arme e goaste ;
)0; sudor versa e sangue, e par nol Benta,
Ma COli t' urta 11 popol denso e 'I preme,
Ch' aUln 10 svolge, e seeo il porta insieme.
Volge il tergo alia forza ed al furore
Di quel diluvio cbe '1 rapisee e '1 tira ;
Manongiad'uomcbefuggahai passle 'Ioore,
S' all' opre della mano 11 cor Ii mira.
Serbano ancora gli occhl illor terrore,
E Ie mlnacce della solita ira :
E cerca ritener con ogni prOva
La fuggitlva lorba ; e nuUa giova.
Non pub far quel magoanimo, 00' almeno
Sia lor fuga pin tarda 0 pin raecolta :
Cbe non ha la paura arte ne freno,
Ne pregar qui ne oomandar s' ascolta.
II plo Buglion cbe i suol pensieri appieno
Vede Fortuna a favorlr rivollll
Segue della vittoria 11 Helo oorso,
E invia novello at vincltor soccorso.
E Ie non cbe non era iI dl che scritto
Dio negll eternl suoi decreti avea,
Quest' era fone il di cbe '1 campo invltto
Delle sante tatlche al do giungea.
Ma la sehJera infernal, che 'n quel contlitto
La tlrannlde sua cader vedea,
Sendole ctb perme880, In un n1omento
L' aria In nOOI rlstrlnse, e moue II vento.
Dagll occhi de' mortali un negro velo
Raplsce n giorno e 'I sole, e par cb' avvampl,
Negro via pin ch' orror d' Inferno II cielo ;
Coal ftammeggia Infra baleni e lamp" .
FremODO i tnonl, e pioggla aecolta in gelo
SI versa, e I pasehi abbatte, e Inonda i campi;
Schianta I rami 11 gran turbo, e par che crolli
Non pur Ie querce, ma Ie roccbe e I oolli.
L' Requa In un tempo, II vento e la tempests
Negli ocehi al Franchi Impeloosa fere ;
E I' ImproV'Visa vlolenza arresta
Con un terror quuI fatal Ie IChlere.
La minor parte d' esse acoolta resta
(Cbe veder non Ie poote) aUe bandiere.
Ma Clorinda che qulndi alquanto e lunge,
Prende opportuno il tempo, e 'I destrier punge.
Ella grldava at 8uoi : per nol combatte ,
Compagni, it Cielo, e la giustizia aita :
DaD' Ira sua Ie tacce nostre intatte
Sono, e non e la destrft indi impedita ;
E nella (ronte solo Into ei batte
Della nemiea gente impaurita;
E la &COte den' anne, e della luee
La priva. Andianne pur, ehe 'I Fato e duee.
Cosi spinge Ie genti ; e rlcevendo
Sol nelle spalle l' impeto d' Inferno,
Urta I Franceai con _Ito orrendo,
E i vani colpi loni prende a schemo.
Ed in quel tempo Argante anoo volgendo,
Fa de' gla vlncitori aspro governo :
E quei lasciando 11 campo, a lotto corso
Volgono aI ferro, aile proeelle il dorso.
Pereotono Ie spalle at fuggltivi
L' ire immortaJi, e Ie mortali spade :
E 'I sangue corre; e fa, eommisto at rlvi
Della gran pioggia, roueggiar Ie &trade.
Qui tra 'I vulgo de' mort! e de' mal vivi
E Pirro e 'I buon Ridolfo estinto cade ;
Che togUe a questa 11 fier Circa&80 l' alma,
E Clorinda di quello ha nobU palma.
Com. fuggiano i Franchi; e d.1lor caccia
Non rimaneano i Slri moo, 0 i Demoni.
Sol contra I' arme, e contra ogni miuaccla
Di gragnuole e d.i tnrbinl e di tuoDl,
Volgea Goffredo la seeura faccia,
Rampognando aspramente 1 suol baroni :
E termo anzi la porta it gran cavallo,
Le genU sparse raccogliea nel vallo.
E ben due volte U oorridor 808pinse
Contra n Ceroce Argante, e lui rlpresse ;
Ed altrettante il nudo ferro splnse
Dove Ie turbe ostili eran pii! spesse.
Aldo cogli altri inlieme ei si ristrinse
Dentro at ripari, e la vittorla cease.
Tornano allora 1 Saraeini; e stanehi
Restan nel vallo e sblgottiti I Franchi.
Ne qulvi anoor dell' orride procelle
Ponno appleno sehivar la forza e I' ira;
Ma BODO estinte or queste faci or quelle,
E per lotto entra I' acqua, e 'I vento spira.
Squarcla Ie tele, e spezza i pall, e svelle
Le tende intere, e lunge indi Ie gira.
La ploggia at gridi, at venti, at loon s' accorda
D' orribtle armonia che '1 mondo 88IIOrda.
..........
CANTO VIII.
StrIp de· CI'ocIIlI Daaeli. e morte erolca dI SyeDO ....
principe e capo. DbcordIa Del Cllllpo de' CriItIaDi, aaIa
daDa falsa aotlda deW occlslone dl Rinaldo. eed.ata aD·
apparlr dl GoO'redo.
Glit chetl erano i moni e Ie tempeste,
E cessato it somar d' Austro e di Coro;
E I' Alba uscia della magion celeste
Con la fronte di rose, e eo' pie d' oro.

ST.SI
Tu sol puntO, Argillan, d' aeuti 5trali
D' aspro dolor, volgi gran cose, e pensl;
Ne l' agitato sen De gli ocehi ponno
La quiete raccorre 0 'I molle SODDO.
Costui pronto en man, di lingua ardito ,
ItnpetuOlJO e fervido d' ingegno,
Nacque in riva del Tronto, e fu nutrito
Nelle risse civil d' odio e di sdegno :
Poscia In eslUo spinto, i colli e 'I lito
Empl di sangue, e depredo quel regno,
Sinche nell' Asia a guerreggiar sen venne;
E per lama miglior chiaro divenne.
Alftn questi suU' alba 1 lum! chiuse :
Ne gia fu sonno 11 suo queto e soave;
Ma fu stupor ch' Aletto al cor gl' Infose,
Non men che morte sia, profondo e grave.
Sono Ie interne sue virtU delu.se,
E rlposo dormendo anco non ave;
Cbe la Furia crude I gil s' appresenta
Sollo orribil11arve , e 10 sgomenta.
Gil 8gom un gran busto, ond' e divlso
II capo, e della destra 11 braccio emozzo,
E 808tien con la manca 11 teschio Inciso ,
Dl sangue e dl pallor Iivldo e sozzo.
Spira, e parla spirando n morto vlso ,
E 'I parlar vien col sangue e col slnghiozzo :
Fuggi ; Argillan : non vedi omai la luee?
Fuggi Ie tende infaml e l' empio Doce.
Chi daI (ero Goffredo, e daUa (rode
Cb' uccise me, vol carl amici aCtlda?
D' dUo dentro 11 tellon tutto sl rode ,
E penaa sol come vol meco uccida.
Pur se cotesta mano a nobillode
Aspira , e in sua virtU tanto 5i fida ,
Non foggtr, no : plachi 11 tiranno esangue
Lo spirto mlo col suo malvagio sangue.
10 sarO teco ombra dl ferro e d' ira
Mlnistra, e t' armero la destra e 'I seno.
Cosl gil parla; e nel parlar g11 spira
Spirito novo di furor rlpleno.
SI rompe II sonno; e sbigottito el gira
Gli occhl gooft di rabbia e di veleno ;
Ed armato ch' egli e, con Importuna
Fretta I guerrier d' ltalla insieme adona.
Gil adnna la dove sospese stanno
L' arme del buon Rinaldo, e con superha
Voce il furore e '1 conceputo affanno
In tal detti divulga e disacerba :
Dunque un popol0 barbaro e timnno ,
Che non prezza ragion, che fe non &erba,
Che non fu mai dl saugue e d' or satoUo ,
Ne terra 'I freno in bocca, e 'I glogo al collo?
Cio che soffertoabblam d' asproe d'indegno
Sette annt omai sotto si tnlqua soma,
E tal, ch' arder dl scorno, arder di sdegno
Potra da qui a mill' anni Italla e Roma.
LA GERUSALEMME. CANTO VIII.
Tacclo, che Cu daU' arme e dall' logegno
Del buon Tancredi la Cilicia doma,
E ch' ora il Franco a tradigion la gode,
E i premi usurpa del valor la trode.
Taccio, ch' ove iI blsogno e 'I tempo chiede
Pronta man, pensier fermo, animo audace ,
Aleuno ivi di noi primo si vede
Portar fra mille morti 0 ferro 0 Cace :
Quando Ie palme pol , quando Ie prede
SI dlspensan nell' ozio e nella pace,
Nostrl non sono gla, ma tutti loro
I triontl, gJi onor, Ie terre e I' oro.
Tempo forse gla Co , che gravi e stmne
Ne potevan parer si fatte oCCese :
Quasi lIevi or Ie passo : orrenda Immane
FeritA leggerisslme Ie ha rese.
Hanno ucciso Rinaldo; e con I' umane
L' alte leggi divine han vfUpese.
E non fulmlna il Cielo? e non l' inghiotte
La terra entro la sua perpetua notte?
Rinaldo han morto, n qnal fu &pada escudo
Di nostra Fede j ed ancor glaee Inullo?
Inulto glace j e sui terreno Ignudo
Lacerato illasclaro ed insepnlto.
Rlcercate saper chi fosse iJ. crudo?
A chi puote, 0 compagnl, esser occulto ?
Deh chi non sa qnanto aI valor latino
Portin Goffredo invidia e Baldovlno?
Ma che cereo argomenti? II Clelo 10 gIuro,
II Ciel che n' ode, e ch' Ingannar non lice;
Ch' allor che 81 rischiara II mondo OllCUro,
Spirito errante jJ vidt eel intelice.
Cbe spettacolo, oime, crudele e duro I
Qnai frode dl Goffredo a nol predlce I
10 'I vidi, e non fu sogno; e ovunque or mirl,
Par che dinanzi agll oceht mief 8' agglrJ.
Or che faremo nol? Dee quella mano
Che di morte sl Ingiusta e ancora immoncIa,
Reggerci sempre? oppur vorrem lontano
Gime da lei, dove l' Eufrate Inonda't
Dove a popolo imbelle in fertil plano
Tante ville e citta nutre e feconda;
Anzi a noi pur : nostre saranno, io spero;
Nil co' Franchi comune avrem I' impero.
Andianne; e resti invendicato 11 sangue ,
Se cosi parvi , lIIostre ed innocente :
Benche Be la virtU ehe fredda langue,
Fosse ora in vol, quanto dovrebbe, ardente ;
Questo che diVON, pestifero aogne,
II preglo e 'I fior della latina gente,
Daria con la sna morte e con 10 scempio
Agli altn IDOStri memorando esempio.
10 , 10 vorrcl, se 'I V08tro alto valore ,
Quanto egli puo, tanto voler osasse,
Ch' oggi per questa man nell' empio oore ,
Nido di tradlgfon , la pena entrasse.

686 TORQUATO TASSO. ST. ,.
Preceda il clero In Mcre vesU, e canlt
Coil pietosa armonla suppUci no!e :
E da voi, dud glori081 e magnl ,
Pietate 11 volgo apprenda, e v' accompagnt.
Cosl gU pari a II rigido Romito :
E 'I buon Goffredo it saggio avviso approva.
Servo (rlspollde) di Gesil gradlto,
11 tuo consiglio di segalr ml giov&.
Or mentre t duci a venir meco Invito ,
Tu I pastori de' popoli ritrova ,
Guglielmo ed Ademaro ; e 'Yostra sia
La cura della pompa sacra e pia.
Net segaeote mattino II vecchio accoglle
Co'duo gran sacerdoti altri mioori ,
Ov' entro al vallo tra sacrate BOglie
Soleansi celebrar divini onori
Qulvl g11 a1trl veaUr candide spogUe :
Vestlr dorato ammanto I duo Pastori ,
Che bipartito sovJ:a t blanchi lini,
S' affibbia al petto, e incoronaro i crini.
Va Pietro solo Innanzl, e spfega al ,'ento
II segno rlverito In Paradiso;
E segue U coro a passo gra\'e e lento ,
In duo lungbif$Simi ordini divlso.
Alternando facean dopplo concento
In suppUchevol canto, e in umll viso,
E chiudendo Ie schiere , ivano a paro
I principl Guglielmo ed Ademaro.
. Venia poscia U BugUon, pur come e I' uso
Di Capltau, senza eompagno aUato;
Segulano a coppia I duci , e non confuso
Seguiva II campo a lor difesa armato.
Si procedendo, se n' uscia del chluso
Delle trlnciere il popolo adunato :
N e s' udiao trombe 0 suool altri ferucl j
Ma di pietate e d t umUtA sol vocl.
Te Genitor, te FigUo eguale at Padre,
E te che d' ambo unitt amando spirt ,
E te, d' uomo e di Dio vergine Madre,
Invoeano propizlo allor desiri.
E duci e vol, che Ie fulgenti squndre
Del Ciel movete in tripUcati girl,
o Divo e te, che della diva Cronte
La monda wnanita lavastl al Conte,
Chiamano; e te cbe sei pletra e sostegno
Della magion dl Dio fondata e forte,
Ove ora n novo successor tuo degno
Di grazla e di perdono apre Ie porte j
E gU altrt messi del celeste regno,
Cbe divulgar la vlncltriee Morte;
E quei cbe 'I vero a eonfermar seguiro ,
Testimoni dl sangue e di martiro :
Quegll sneor, 18 cui penna 0 la favella,
Insegnata ha del Ciella via manita; +
E la eara di Cristo e fida aocella
Ch t elesse II ben della piu nobll vita i •
E Ie verginl chiuse in euta cella ,
Che Dio coo alte nozze a se marita ;
E quell' altre magnanime at torment!,
Sprezzatrici de' regt e delle gentl.
Coal cantando, II popolo devoto
Con larghi girl 81 dispiega e steode;
E drizza all' Oliveto II lento moto :
Monte ebe dall' olive iI nome prende ,
Monte per sacra Cama al mondo noto,
Che oriental contra Ie mura ascellde;
E sol da quelle iI parte e nel discosta
La copa Giosafil che in mezzo e posta.
Colil s' lnvla l' esercito C8ooro j
E ne suonan Ie valli ime e profonde ,
E gil altt colli , e Ie spelonche loro,
E da ben mille parti Eco risponde :
E quasi par che boscareccio coro
Frs queglf antri si celi e in quelle hnde ;
Si chiaramente repUear s' udla
Or di Cristo U gran nome, or di Marla.
D' in su Ie mura ad ammlrar frattanto
Cheti si ataono e attoniti i Pagani
Que' tardl avvol gimenti, e l' umit canto J
E I' tnsolite pompe e i ritl e.straoi.
Poicbe cessa dello spettacol santo
La novitate , i miseri profanl
Alzar Ie strlda; e dl bestemmle e d' onte
Muggl II torrente e la gran valle e 'I monte •
Ma dalla casta melodia soave
La gente d1 Gesil pero non tace;
Ne sl volge a que' gridi , 0 cnra n' ave
Piu che di stomo avria d' augelloquace;
N e percbe strait avventino , ella pave
Che giungano a turbar la santa pace
Di si lonlano : onde a suc) flo ben poote
Condur Ie sacre incomincinte note.
Poscia In cima del cone ornan I' altare
Che di gran cena al sacerdote e mensa ;
E d' ambo I latllumlnosa appare
Sublime lampa In lucid' oro nccensa.
Quivi aItre spoglie, e pur dorate e care,
Prende Guglielmo: e pria tacito peD5ll ;
Indi la voce io chiaro 8UOO dispiega,
Se stesso aecusa, e Dlo ringrazia e pregn.
Umili 1ntomo &scollano I primieri,
Le viste I piil lontanl almen v' ban fisse.
Ma polche celebro gil slti misterl
Del puro sacriflcio: Itene, ei disse j
E In froote alzaodo ai popoli guerrieri
La man sacerdotal, Ii beoedisse.
Allor sen litornar Ie squadre pie
Per Ie diaezi da lor calcate vie.
Giuntl nel vallo, e I' ordine disciolto,
Si rivolge Goffredo n sua magione;
E l' accompagna stool calcato e foUo
Insino allimitar del padiglione.

690 TORQUATO TASSO. ST. £G.
Correr Ie ,-edi e colloearsi in gunrda ,
Con ehiome sparse e con succinte gonne ;
E lanciar dardi, e non mostrar paura
D' ('sporre il petto per I' amate mura.
E quel ch' 6 Franchi pill spaveuto porge,
E 'I toglie ai difensor della cittade,
E, che ' I possente Guelfo (e se n' aecorge
Questo popolo e quel) percosso cade,
Tra mille il trova sua fortuna, e scorge
D' un SllSSO it corso per lontane strade.
E da sembiante colpo al tempo stesso
Colto e Raimondo; onde giiI cads anch' esso.
Ed aspramente allora anco Cu punto
Nella prOda del Cosso Eustazio ardito.
Nil in questo at Franchi Cortunoso punto,
Contra lor da' nemici e coJpo useito
( Che n' useir molti) onde non sia disgiunto
Corpo dall' alma, 0 non sia almen Cerito.
E in tal prosperitA via pill feroce
Diveoendo il Circasso, aim la voce :
Non e questa Antiochia, e non e questa
La notte amica aUe cristiane Crodi.
Vedete it chiaro sol, la gente desta : or
AUra forma dl guerra cd altri modi.
Dunque favilla in vol nullapiu resta
Dc I' amOl' della preda e delle lodi ,
Che si t08to cessate, e sete stancbe
Per bre,'C assalto, 0 Franchi no, ma Franehe?
Cosi ragioDa; e In gulsa tal s' accendc
Nelle sue Curie II cavallero au dace ,
Che quell' ampia cittA ch' egli difende ,
Non gU par campo del suo ardir capace :
E si lancia a gran salti, ove st fende
II moro e la fessura adito face;
Ed Ingo'mbra I' uscita; e grida intanto
A Soliman che si l'edeva accanto :
Solinuuio., eceo il loco, ed eceo l' ora
Che del nostro valor giudiee fla.
Che cessi? 0 dl che temi? or costa fuora
Cerchl il pregto S8"ran chi piu'l desla.
COIl gil dlsse : e l' uno e l' altro aHora
PreeipitoSamente a prova uscia,
L' un da furor, I' altro da onor rspito,
E stlmolato dal feroce invito.
Giunsero inaspettaU ed improvvisi
Sovra I nemici, e in paragon mostrarsi ;
E da lor tanti (ur uomini uccisi,
E !Cudl ed elmi dissipati e sparsi ,
E scale tronchc, ed arieti incisi,
Che di lor parve quasi un monte (arsi ;
E mescolati alle mioe alzaro ,
In vece del caduto, altro rtparo.
La gente ehe pur dianzl ardi salire
AI preglo eccelso di mural corona,
Non ch' or d' enlrar nella cillate aspire ,
Ma Itmbra ill. diCese noeo mal buonnj
E cede al no,·o assalto, e in preda all' ire
De' duo guerrier Ie macchine abbandona ,
Ch' ad altra goerra omai saran mal atte ;
Tanto e 'I furor che Ie percote e batte.
L' uno e 'I altl'O Pagan, come it trasporta
L' impeto suo, gf' piu e piu trascorre i
Gia'i Coco chiede ai cittadini, e porta
Duo pini flammeggianti inver la torre,
Cotali useir della tartarea porta
Sogllono , e sottosopra il mondo porre
Le ministredi Pluto empie sorelle,
Lor ceraste scotendo e lor (acelle.
Ma l' inv Uto Tancredi, U quale altrove
Confortava all' llssaJto i 8uoi Latini,
Tosto cbe vide l' incredibil prove,
E la gemina flamma, e i duo gran pint,
Trooca in mezzo Ie voci, e presto move
A Crenar it Curor de' Saracini :
E tal del suo valor da segno orren do ,
Che chi viose e fugo, (ugge or perdendo.
Cosl della battaglia or qUi 10 stato
Col variar della Cortuna e volto. .
E in questo mezro n Capitan piagato
, Nella gran tenda sua gia 5' e raecolto ,
Col buon Sigier, con Baldovino, allato,
Di mesti amici in gran coneorso e folto,
Ei che s' aCCretta e di tirar S' aCCanna
Della piaga 10 stral, rompe la canna;
E la via phI vicina e pill spedita
Alia cura di lui vuol ehe si prenda :
Scoprasi ogol latebra alia ferita,
E largl\mente si risechi e Cenda.
Rimandatemi in guerra, onde lomita
Non sia col dl prima ch' a lei mi renda.
Coal dice, e premendo it lungo cerro
D' una gran lancia, orere la gamba al ferro.
E gia l' anlico Erotimo cbe nacque
In riva al Po,s' adopra In Bua salute ,
11 qual dell' erbe e delle nobil' aeque
Ben conosceva ogni uso,ogni virtute:
Caro 1I11e Muse ancor, rna si compiacque
Nella gloria minor dell' arti mute :
Sol curO torre a morte i corpi Crali ,
E potea far i nomi aoco immortali.
StBSSi appoggiato, e con secura faeeia
Freme immobile al pianto il Capitano.
QuegU in gonna lueeinto, e dalle braccla
Ripiegato it. vestir, leggiero e piano
Or coil' erbe poteuti invan procaccia
Trarne 10 strale, or colla dotta mano;
E coUa destra il tenta I e cot tenare
Ferro it va riprendendo, e nulla face.
L' arti sue non seconds, ed al dlsegno
Par che per nulla via Cart una arrida;
E nel piagato eroe giunge a tal segno
L' aspro mart it, che n' e quail omieJda.

ST. 'f.;. LA GERUSALEMME .. CANTO XI. 691
Or qui l' angel custode, al duolo Indegno
Mosso di lui, colse dlttamo in Ida j
Erba ,crinlta di purpureo fiore ,
Cb' ave in giovani fogUe alto valore.
Eben mastra Natura alle montane
Capre n' insegnn la virtu celata,
QuaJor vengon perc08se, e lor rimanc
N el ftanco aftlssa la saetta alata.
Questa, bencbe da parti assai lontane,
In un momento I' angelo ba recata;
E non veduto, entro Ie mediebe onde
Degll apprestatl bagni II succo Infonde j
E del fonte di Lidia i saeri umorl ,
E I' odorata panacea vi mesce .
Ne sparge 11 vecchio la ferita, e fuori
Vol ontario per se 10 stml se n' esee ,
E 51 rlstagna II sangue j e giit I dolor!
Fuggono dalJa gamba, e'l vigor eresce.
Grlda Erotimo allor : I' ute maestra
Te non risana, 0 la mortal min destra.
Maggior virtu ti salva: nn angel, credo, -
Medico per te fatto, e seeso in terra;
Cbe di celeste mnno i segot vedo.
Prendi l' arme, ebe tardl? e riedi in guerra.
Avido di battaglia, 11 pio Goffredo
Gill. nell' ostro Ie gambe avvolge e serra ,
E l' asla crolla smisurata, e imbraccia
11 gill. deposto seudo, e I' elmo allaccla.
Uscl del cbluso vallo, e si converse
Con mUle dietro aUa clttB percossa.
Sopra di polve 11 ciel gil si coperse ,
Tremo sotto la terrl\.al moto se08Saj
E lontano appressar Ie genti avverse
D' alto il miraro, e corse lor per l' ossa
Un tremor freddo, e strlnse il sangue in gelo :
EgU alzo tre fiate il grido al eielo.
Conosce il popol suo l' altera voce,
E 'I grldo eccitator della battagUa;
E rlprendendo I' impeto, veloee
Dl novo ancora aUa tenzon si scaglia.
Ma gii. la coppia de' Pagan feroce
Nel rotto accolla s' e della murnglia,
Difendendo ostinala it vareo fesso
Dal buon Tancredi e da chi vien con eS8O.
Qui disdegnoso glunge e minacciante ,
Chiuso nell' arme iI capitan dl Francia,
E 'n sulla prima glunta al fero Argante
L' 88ta ferrata fulminando laneia.
Nessuna mural macchina si vante
D' avventar con piu forza aleuna landa •.
Tuona per l' aria la nodosa trave :
V' oppon 10 seuda Argante, e nulla pave.
S' apre 10 seudo al fraSSlno pungente ;
Ne la dura corazza anco il sostiene;
Cbe rompe tutte l' anne, e finalmente
II sangue saracino a sugger vieoe.

ST. '15. LA GERUSALEMME. CANTO XIV. 70:;
Ecco notte Improvvisa j) gforno serra·
Nell' ombre sue cbe d' ogn' Intorno ha stese :
Segue la ploggia Impetuosa, e cresce
II rio cosl, cbe fuor delletto n' esce.
Come talor nella stagione estiva ,
Se dal clel pioggta desiata scende ,
Stuol d' anltre loquacl in BeCca riva
Con muco mormorar lieto I' attende ,
E splega I' ali al freddo amor, ne scblva
Alcuna dl bagnarsl in lui sl rende ;
E la 've in maggior copia ei si raccoglia ,
SI toffa, e spegne I' assetata voglia :
Coli gridando la cadente plova,
-- Che Ia destra del Ciel pietosa versa,
Lietf salutan quest!; a ciascun giova
La ch10ma averoe,non cbe 'I manlo,aspersa.
Chi bee ne' vetrl e cbl negU elmi a pro va ;
Cbl tien la mao nella Cresca onda immersa i
Cbi se ne sprozza 1I volto , e cbi Ie temple;
Cbi scaltro a migllor uso i vasl n' empie.
N e pur l' umana gente or sl raIlegra ,
E de' suol danni a ristorar sl viene :
Ma la terra, cbe dianzl afilitta ed egra
D1 fessure Ie membra avea ripiene ,
La pioggla In se raccoglIe, e sl riutegra ,
E la comparte aile piu Interne vene ;
E largamente i nutrltivl umori
Aile plante mfnistra, all' erbe, ai flori.
Ed inferma somlgHa, a cui vitale
Sacco l' interne parti &rse rinfresca;
E dlsgombraodo la cagion del male,
A coile membra sue fur cibo ed esca ,
La rinfranca e ristora , e rende quale
Fa nella Bua stagion piu verde e fresea :
Tal cb' obUando I 8001 passati affannt
La ghirlande rlptglia e i lieti panni.
Cessa la ptoggia alflne, e lorna 11 sole;
Ma dolce splega e temperato II raggio,
Pien di maschio valor, siccome suole
Tra 'I fln d' aprile e 'I cominciar di maggio.
Ob fldanza gentll! chi Dlo ben cole,
L' aria sgombrar d' ogni mortale oltraggto,
Cangiare alle stagloni ordine e stato ,
Vincer la rabbia delle Btelle e 'I tatoo
............
CANTO XIV.
GoIJredo accorda IDe preplne de' prlnclpl Ia pufa dJ
IliDIldo • e Inyia due JDeIIIIAIerI per rlchllmlrlo.
Uscfva omai dal molle e fresco grembo
Della gran madre suala Notte Oleum,
Aure lie vi portando e largo nembo
Df 8ua ragiada prezlosa e pura;
E scotendo del vel I' llmido lembo,
Ne spargeva I floretti e la verdura;
E i venticelli dibattendo I' ali
Lusingavano iI sonno de' mortali.
Ed essf ognl pensler cbe 'I dl conduce,
Tuffato aveano in dolce obUo profondo :
Ma vigilan40 neU' eterna lace,
Seden al BllO governo iI Be del mondo;
E rivolgea dal Cielo al Franco duce
Lo sguardo favorevole e giocondo.
Qulncl n lui n' inviava un sogQo cbeto,
Percbe gil rlvelasse alto decreto.
Non lunge ail' allree porte ond' esce iI solt',
E cristallina porta In oriente I
Cbe per costume Innami aprir sl suole ,
Cbe sl dlscbiuda I' uscio al dl nascente :
Da questa escono I 80gni i quai Dio vuolc
Mandar per grazia a pura e casta mente;
Da questa or quel cb' al pio Bugliondiscende,
L' all dorate Inverso lui dlstende.
Nulla mal vision nel sonno offerse
Altrui s\ vagbe lmagini 0 sl belle,
Come ora questa a lui., la qaal gil aperse
I seereti del cielo e de Ie stelle;
Onde , slceome entro uno speglio, ei seerse
Cio cbe lassuso e veramente In elle :
Pareagll esaer traslalo in un sereno
Candido, e d' auree flam me Adorno e pleno.
E mentle ammira In quell' eccelso loco
L' amplezza, i moti, I Iuml e I' armonia;
Ecco cinto dl rat, elnto di loco
Un cavallero incontra a lui venia;
E 'n suono, allato a cui sarebberoco
Qual piu dolce e quRggiu , parlar I' "dla :
Goffredo, non m' accogU, e non ragione
AI fldo arnlco? or non conoscf Ugone?
Ed el glt rispondea : quel novo aspetto
Che par d' un Sol mirabflmente adorno, '
Dall' antlca notfzla II mio Intelletto
Svfato ha si, ehe tardi a lui ritorno.
Gil stendea pol con dolce arnico att'etto
Tre flate Ie braccia al collo intorno;
E tre flate Invan clnta l' iIqago
Fuggia, qual leve sogno od aer vago.
Sorridea que gil : e non gia come credi
( Dlcea ) son cinto di tcrrena veste :
Semplice forma e nudo spirto vedl ,
Qui clttadin della citta celeste.
Questo e templo ell Dlo : qui son Ie sedi
De'uoi guerrierij e tuavral loco In queste.
QUando cio fla? rlspose : II mortal laccio
Sciolgasl omai, s' al restar qui m' e fmpac('io.
Ben (repllcogU U gon ) tostD raccolto
Nella gloria sarai de' trfonfantl :
Pur militando converra cbe molto
Sangue e sudor laggiu tu verst avantf.
45
•

706 TORQUATO TASSO. ST. 15.
Da te prima at Pagani essel' ritollo
Deve I' Imperio de' paesl santi,
E stabilirsi in lor Cristiana reggia ,
In cui regnare il tuo CrateI poi deggia.
Ma perche piu 10 tuo desir s' avvive
Nell' nmor di quassu, piu fiso or mira
Questi lucidi alberghi; e qtleste viYe
Fiamme che Mente eterna informa e gira;
E in angeUche tempre odi Ie dive
Sirene , e 'I SUOIl di lor celeste' lira.
China ( poi disse, e gU additO la temt )
Gli occhl a cio che quel globo ultimo senD.)
Quanto e villa cagion cb' alla virtude
Umana e cdlaggiil premio e contrasto I -
In cbe picciolo ccrchio , e Cra cbe nude
Solitudinl e stretto iI vostro fasto I
Lei, come isola, n mare intomo chiudc;
E lui, ch' or Ocean chiamate" or Vasto;
Nulla egual a tai nomi ha in se di magno;
Ma e bassa pnlude, e breve stagno.
Cost I' un dlsse ; e r altro In giuso I lumi
Volse quasi sdegnando, e ne sorrise ;
Che vide un punto sol mar, terre e fiuOlI,
Che qui pajon distinti in tante guise ;
Ed ammiro che pur aU' OInbre , at tumi
La nostra Colle umanUa 5' affIse,
Servo imperio cercando e muta Cam a ;
Ne miri il ciel, ch' a se n' invita e chiama.
Onde rispose : poi ch' a Dio non piace
Dnl mio career terreno anco disciorme ,
Prego cbe del cammin Ch' e men CaJlace
Fra gU errori del mondo, or tu m' informe.
E ( repUcogU Ugon ) la via verace
Questa coo tieni; indi non torcer I' onne.
Sol che ricbiami dal lontano esiglio
II ftgUuol di Bertoldo, 10 ti consiglio :
Perche , se l' alta Providenza elesse
Te dell' Impresa sommo capitano,
Destlno Insieme ch' egli esser dovesse
De' tuol consigU eseeutor soprano.
A te Ie .prime .parti, a lui concesse
Son Ie seconde : tu sel capo, ei mano
DI questo campo; e sostener sua vece
Altri non puote, 'e Carlo a te non Ieee.
A lui sol di tNncar non fia disdetto
II bosco che ha gl' incanti In sua difesa;
E da lui II campo tuo che , per diCetto
Dt gente, lnabil sembra a tanta Impresn ,
E par che sla dl ritlrarsi astretto ,
Prendera magglor forza a nova lmpresa;
E i rinCorzatl muri, e d' Oriente .•
Snperera r.esercito possente.
Tacque;e 'I Buglion riSpese : oh quanto grato
Fora a me che tomasse U Cavaliero I
Vol che vedete ognl pensler celoto, +
Sapete .' amo lui, se dlco il ,'ero. •
Ma dl' = con quai proposte, od in qual lato
51 deve a lui mandarne n messaggiero? .
Vuoicb' io preghi, 0 comandi?E comequesto
Atto sari. legittimo ed onesto?
Allor ripigJio I' altro : iI Re etemo
Che te di tanle somme grazie onora,
Vuol che da queUi onde tidie iI govemo,
Tn sia onorato e riverito ancora :
Pem non chieder tu, ne senza scbemo
Forse del sommo imperIo 11 chieder fora;
Ma richlesto concedi , ed al perdono
Scendl degU altrui preghi at primo suono.
Guelfo ti preghera (Dio st I' inspira)
Ch' assolva n fier garzon di quell' errore
In cui trascorse per sovercbio d' ira;
Slcche al campo egli tornl ed al suo onore.
E bench' or lunge iI giovine delira
E vaneggia nell' ozio e nell' amore,
Non dubitar pero, che 'n pochi giornl
Opportuno al grand' uopo ei non ritorni :
Che'l vostro Piero, a cui 10 Ciel comparte
L' alta notizia de' secreti sui,
Sapril drizzare i messaggieri in parte
Ove certe novelle anan di lui;
E sara lor dimostro 11 modo e I' arte
Di liberarlo, e di condurlo a vuL
Cosralftn tutti i tuol compagni erranti
Ridurra it Ciel sotto i suoi segni santi.
Or chiudero II mlo dir con una bre,'e
Conclusion che so ch' a te fin cara:
Sara il tuo sangue al suo commisto, e de\"e
Progenie usclrne gloriosa e chiara.
Qui tacque, e sparve come Cumo leve
AI vento, 0 nebbia al sole arida e rara ;
E sgombro II sonno, e gJi lascii) nel petto
DI gioja 0 dJ stupor conCuso attetto.
Apre allora Ie luci i1 pio Buglione,
E nato vede e gia cresciuto iI giomo;
Onde laseia 1 riposi , e sovrappone
L' arme ane membra faticose lotorno :
E poco stante a lui nel padl glione
Venleno 1 ducl al solito soggiorno,
Ove a consiglio siedono; e per uso,
Cli> ch' altrove 51 Ca, qui vi e cOllcluso.
Quivi it buon Guelfo, cbe '1 novelpensiero
Infuso avea nell' inspirata mente,
Incominciando a ragtonar prlmiero ,
Disse a Goffredo : 0 principe clemente ,
Perdono achieder ne vegn' iO, che 'n"cro
E perdon di peceato anco recente :
Onde polra parer per avventura
Frettolosa dimanda ed immatura.
Ma pensando che chiesto at pio Goft'redo
Per 10 forte Rinaldo e tal perdono;
E riguardando a me che In grazia tl chiedo,
Che vile aCfatto intercessor non SODO;

Tanto vi bastij e l' aspirar pin S080 ,
Superbir tora, e calcitrar col tatoo
QUi tacque : e giit parea pin bassa farsi
L' isola prima, e la seconda alzarsl.
Ella mostrando gia, ch' all' oriente
Tutte con ordln lungo eran dirette;
E che largo e fra lor quasi egualmente
Quello spuio di mar che si trammette.
Ponsi veder d' abitatrlcc gente
Case e culture, ed altri segni in sette :
Tre deserte ne sono, e v' han Ie helve
Sicurissima tana in monti e in selve.
Luogo e in una dell' erme assai riposto.,
Ove 6i curva ilUdo, e in fuori stende
Due lunghc coma, e rra lor tiene ascosto
Un ampio seno, e porto un scoglio rende,
Ch'alui lafronte, e'l tergoall' onda ha oPPOSto
Che vien daH' alto, e 18 respinge e fende.
S' innalzan quinci e quindi, e torreggianti
Fan due gran rupi segno a' naviganti.
Tacciono sotto i mar securi in pace,
Sovra ha di negre selve opnea seena ;
E 'n mezzo d' esse una spelonca giace,
D' edere ed' ombre e di dolei aeque amena.
Fune non lega qui, ne co) tenace
Morso Ie stanche navi ancora frena.
La donna io sl solioga e queta parte
Entrava, e raccogliea Ie vele sparte.
Mirate (disse poi) quell' alta mole
Che di quel monte in sulla elma slede.
Quivi era cibl ed ozio e scherzi e fole
Torpe 11 campion della cristiana fede.
Vol eolia goida del nascente sole
Su per quell' erto moverete it piede :
Ne vi gravi il tardar; pen> che fora,
Se non la mattutina, inCausta ogn' ora.
Ben co) luma del di ch' anco rilnce ,
Isino al monte aDdar per voi potrassi.
Essi al congedo della nobil duce .
Poser nel lido desiato i passi ;
E ritrovar la via ch' a lui conduce ,
Agevol si, che i pie Don ne fur )assi :
E quando v' arrivar, dati' Oceano
Era n carro di Febo anco lontano.
Veggion eIle per dirupl e rra ruine
S' ascende alia sua elma alta e superba ;
E ch' e fin lit di nevi e di pruioe
Sparsa ogoi strada: ivi ha poi fiori ed erba.
Presso al canuto mento il verde criDe
Frondeggla, e 'J ghiacclo fede ai gigli serba ,
Ed aile rose tenere: cotanto
Puote sovra natura arte d' incanto I
I dno guerrieri in Joco ermo e selvaggio,
Chiuso d' ombre, fermani appie del monte:
E come U ciel rigc) col novo raggio
Ii sol, dell' aurea luce eterno fonte;
TOUQUATO TASSO. n, 47.
de' guertleri i passi tarda.
G iA Carlo il ferro stringe, e 'I serpe assale ;
Mal' altro grfda a lui: che rai? che tente?
Per isforzo dl man, con arme tale
Vincer avvisi 11 difensor serpente?
Eg\i scote la verga aurea immortale ,
Sicche la belva iJ sibilar ne sente ;
E impaurita al suon, fuggeDdo ratta ,
Lascia que) varco libero, e s' appiatta.
Piil suso alquanto, 11 passo a lor contende
Fero leon che rugge e to"O guata ,
E i ,'elli arrizza, e Ie caveme orrende
Della bocca voracc apre e dilata,
Si sferza colla coda, e l' ire accende.
Ma non e pria la verga a lui mostrata,
Ch' un secreto spavento al cor gli agghiaceia
Ogni nati vo ardire, e 'n fuga il caccia.
Segue la coppia il suo cammin veloce ;
Ma formidabile oste han gil davante
Di goerrieri animai , vari di voce ,
Vari di moto, e vari di sembiante.
CfC) che di mostruoso e dl feroce
Erra fra '1 Nilo e t termini d' Atlante ,
Par qui tutto raccolto, e quante helve
L' Ercinia ha in sen, quante I' ircane Rive.
Ma pur s\ fero esercito e s1 grosso
NOD vien che lor respinga 0 lor resistai
Anzi (miracol novo I ) in fuga e mosso
Da un piceiol fischio e da una hreve vista.
La coppia omai vittoriosa 11 dosso
Della montagna senza Intoppo acquista;
Se non se in quanto iI geUdo e I' alpino
Delle rigide vie tard.a il eammino.
Ma poi che giA Ie nevi ebOOr varcate I
E superato iI discosceso e l' erto ,
Un bel tepklo elel di dolce state
Trovaro, e 'I pian snl monte, ampioed aperle..
Aure fresche mal sempre ed odorate
Vi spiran con tenor stabUe e corto :
N e j dati lor, siccome altrove Boole ,
Sopisce 0 desla ivi girando it sole;
Ne, come altrove suol, ghiacci ed ardon,
1\ ubi e serent a qnelle piagge alterna :
Ma it ciel dt candidissimi splendori
Sempl'es'ammanta, e nons' infiamma 0 verna;

718 TORQUATO TASSO. IT. :16.
Benche tra gil agi morbidi languente ,
E tra 1 placeri ebro e soplto ei fosse.
Intanto Ubaldo oltra ne viene; e 'I terso
AdamanUno scudo ha In lui converso.
EgJi al lucido scudo il guardo glra;
Onde si specchia in lui qual slasi, e quanto
Con delicato culto adorno spira
Tutto odori e lascivie il crine e'l manto;
E 'I ferro, n ferro aver, non ch' altro, mira
Dal troppo lusso etThminato accanto :
Guernito e si, ch' inutile ornamento
Sembra, non militar fero instrumento.
Qual uom da cupo e grave sonno oppresso,
Dopo vanep:giar lungo in se riviene ;
Tale el torna nel rimirar se stesso :
Ma se stesso mirar gia non sostiene.
Giu cade II guardo, e timtdo e dimesso
E ftsso a terra la vergogna il tiene.
SI chiuderebbe e sotto il mare, e dentro
II foeo per _Iarsi, e giu nel centro.
Ubaldo incomincia parlando allora :
Va I' Asia tutta, e va I' Europa in guerra;
Chiunque pregio brama, e Cristo adora ,
Travaglia in alme or nella siria terra.
Te solo, 0 l1gUo di Bertoldo , fuora
Del Mondo In ozio un breve angolo serra ;
Tel sol dell' unlverso II moto nulla
Move, egregio campion d' una fanciulla.
Qual sonno 0 qualletargo ha sl sopita
La tua virtute? 0 qual viltA I' alleUa?
Su su ,te it campo, e te Goffredo invita;
Te In fortuna e la vittoria aspetta.
Vieni, 0 fatal guerriero, e sia fornita
La ben comfncia impresa; e I' empia setta
Che gia crollasti , a terra estinta cada
Sotto I' fnevitabile tua spada.
Taeque; e' I nohil garzon r('sto per poco
Spazio confuso , e senza moto e voce.
Ma poi che die ,-ergogna a sdegno loco,
Sdegno guerrier della ragion feroce;
E ch' aI rossor del ,-olto un novo foeo
Successe, che piu avvampa e che piu core;
Squarciossf i vani fregl, e queUe indegne
Pompe, di senitu misere lnsegne ;
Ed affretta iI partire, e della torta
Confusione uscl dellaberinto.
Intanto Armida deUa regal porta
Miro giacere iI fter custode estinto.
Sospetto prima, e si fu poscia accorta
Ch' era il suo caro aJ dipartirsi accirito;
E 'I vide, ahl fera vista! al dolce albergo
Dar frettoloso fugbritivo iI tergo.
Volea gridar : dove, 0 crudel, me soJa
Lasel? rna it varco al snon chiuse iJ doJol·e ;
Sicebe torno la tlebile paroJa
Piu amara indietro n rimbombar suI core.
+ Misera I i suoi dllettl ora Ie iovola
Forza e saper del suo saper maggiore.
Ella sel vede ; e invan pur s' argomenta
Di ritenerlo, e l' arti sue ritenta.
Quante mormora mal profane note
Tessala maga colla bocca immonda,
Cia ch' arrestar puo Ie celestl rote,
E )' ombre trar della prigion profonda,
Sapea ben tutto ; e pur oprar non puole ,
Che almen I' Inferno al suo parlar r.ponda.
Lascla gl' Incanti , e vuol provar se nga
E suppUce bellA sia miglior maga.
Corre , e non ha d' onor cura 0 ritegno.
Abi dove or sono 1 suol trionfl e i vanti?
Costel d' Amor, quanto egli e grande, U regno
.v olse e rivolse sol col cenno avanti;
E 0081 pari al suo wto ebbe 10 sdegno ,
Che amo d' esser amata, odio gJi amanti :
Se gradi sola; e fuordi se, in altrui
Sol qualche effetto de' begU occhi sui.
Or negletta e schernita, e in abbaodollO
Rimasa , segue pur chi fugge e sprezza;
E procura adorn,..r co' planti il dono
Biftutato per se di sua bellezza.
V 8SSene; ed al pie tenero non sono
Quel gelo intoppo, e queUa alpina asprezza;
E invia per messaggieri innanzi i gridi,
Ne giunge lui, pria ch' ei sia giunto ai lidi.
Forsenoata gridava : 0 tu che porte
Teco parte di me, parte ne lassi;
o prendl I' una, 0 rendi r aItra 7 0 morte
Dil iosieme ad ambe : arresta, arresta i passi ,
Sol che ti sian Ie voci ulUme porte ;
Non dlco 1 baci; altra piu degna avrassi
Questl da teo Che temi, empio, se resti?
Potrai negar, poiche fuggir potesti.
Dissegli Ubaldo allor : gia non conviene
Che d· aspettar costei, Signor, ricusi.
Di beltil armata, e de' suol preghi or viene
Dolcemente Del pianto amaro infusi.
Qual piu forte di te, se Ie sirene,
Vedendo ed ascoltando , a vincer t' usi ?
Cosi raglon paCifica reina
De' sensi fassi, e se medesma aMna.
Allor ristette il cavallero; eel ella
Sovragglunse anelante e lacrimosa;
Dolente sl, che nulla piu, rna bella
Altrettanto pero, quanto dogliosa.
Lui guarda 7 e in lui s' af6sa; e non faveUn :
o che sdegna, 0 che pensa, 0 che DOn 088.
Ei lei non mira; e se pur mira, iI guardo
Furtivo volge e vergognoso e tardo.
Qual musico gentil, prima ehe chiara
Altamente la lingua al canto snodl ,
AU' armonia gli animi altrui prepara
Con dolci ricercate, in bassi modi:

722 TORQUATO TASSO. ST. 16.
Armida ultima vien : giunge opportunn I (i: -
Nell' ora appunto ':'lla rassegna eletta.
Fuor delle mura in spazioso campo
Passa din8nzl a lui schierato il campo.
EgJi in sublime soglio, a cui per cento
Gradl ebumei s' ascen4c, altero siede j
E sotto r ombra d' nn gran ciel d' argenta
Porpora intesta d' or preme col piede j
E ricco di barbarico ornamento,
In abito regal splender si vede.
Fan, torti in mille fasee, t biancbi lini
Alto diadema in nova forma ai crini,
Lo scettro ha nella destra, e per canuta
Barba appar venerabile e severo ;
E dagli occhl, ch' etade.ancor non muta,
Spira l' ardire e 'I suo vigor primiero :
Eben da clascun atto e sostenuta
La rnaesta degli nnni edell' impero.
Apelle forse 0 Fidia in tal sembiante
Glove formo, rna. Giove allor tonante.
StannogU a dcstra l' un, l' altro a sinistra,
Duo satrapi i maggiorl : alza n piu degno
La nuda spada del rigor ministl'a;
L' altro i1 sigillo ha del suo ufficio in segno.
Custode un de' secreti , al re ministra
Opra civil ne' grandi aftar del regno:
Ma prence degU eserciti, e con piena
Possanza e l' altro ordinator di pena.
Sotto , folta corona al seggio fanno
Con fedel guardia i suoi Circassi astati ;
Ed oltra I' aste hanno corazze, ed hanno
Spade lunghe e ricurve all' un de' lati.
Cosl sedea, cosl scopria i1 Tiranno
D' eccelsa parte i popoli adunati.
Tutte a' suol pie nel trapassar Ie schiere
Chinan ,quasi adorando, armi e bandlere.
II popol dell' Egitto in ordin primo
Fa dl Be mostra, e qutlttro I duci sono;
Duo dell' alto paese, e duo dell' imo
Ch' e del celeste Nilo opera e dono:
Al mare usurpO illetto il fertil limo,
E rassodato al cultivar fu buono :
Si crebbe Egitto. Oh qoanto addentro e posto
Quel che fn lide ai navigantl esposto I
Nel prlmiero squadrone appar la gente
Ch' abilO d' Alessandria it ricco piano;
Ch' abita iI lido volto all' occidenle ,
Ch' easer comincia omai lido affricano.
Araspee n duce lor, duce porente
D' ingegno piu che di vigor di mano :
El di furUvi aguati e mastro egregio,
Ed' ogo' arte moresca in guerra ha iI pregio.
Secondan quel che , postl inver l' aurora,
NeOa ·costa asiatica albergaro :
E gU goida Aronteo , cui nulla onora
Pregio 0 virt* I rna titoli il fan chiaro.
Non sudo iI moUe sotto I' elmo ancora ,
Ne mattutine trombe anco it destaro;
Ma dagU agi e daJl' ombre a dura vita
Intempesttva ambizion l' invita.
Quella che terza e poi, squadra non pare I
Ma un' oste Immensa, e campi e Iidi tiene.
Non crederai ch' Egitto mieta ed are
Per tanU ; e pur da una citta sua vieDe;
CittA ch' alle province emula e pare,
Mille cittadinanze in Be contiene :
Del Cairo j' parlo, indi il gran vulgo adduce,
Vulgo all' arme restio : CampsoDe e U duct'.
VeDgon sotto Gazel quei che Ie blade
Segaron De) viclo campo fecondo,
E piu SUBO infin lit dove ricade
II flume al preciplzio suo secondo.
La turba egizta a\ ea sol archl e spade i
Ne 80sterria d' elmo 0 corazza n pando.
D' abito e ricca; onde altrui vien che porte
Desio di preda, e non timor di morte.
Polla plebe di Barca, e nuda e inerme
Quasi, sotto Alarcon passar si vede ;
Cbe la vita fame1ica nell' erme
Piagge gran tempo sostentO di prede.
COD Istuol manco reo , ma inetto a Cerme
Battaglie, di Zumara il re succede ;
Quel di Tripoli poscia: e I' uno e I' altro
Ne1 pugnar volteggiando e dotto e scaltro.
Di retro ad essi apparvero i cultori
Dell' Arabia Petrea, della Felice,
Che 'I soverchio del gelo e degU ardori
NOD sente mal, se 'I ver la Cama dice;
Ove Daseon gI' incensi e gil altri odori ,
Ove rinaBce l' immortal Fenice,
Che tm i flori odoriferi, ch' aduna
AU' esequle e a' natali, ba tomba e CUlla.
L' abito di castoro e meno adorno,
Ma I' armi a quei d' Egitto han simiglianti.
Ecco aJtri Arabi poi, che di soggiorno
Certo non sono stabili abitaDti.
Peregrini perpetui, usano intomo
Trame gU alberghi e Ie cittadi erranti.
Han questi femminil voce e stat\lra,
Crin 1ungo e negro, e negra faccia e seura.
Lunghe canne indiane annan di corte
Punte di ferro; e 'n su destrier correnti
Diresti ben che un turbine lor porte,
Se pur han turbo 8\ veloce i venti.
Da Siface Ie prime erano scorte;
Aldino In guardia ha Ie seconde genti ;
Le terze guida Albiazar, ch' e flero
Omicida Iadron, non cavallero.
La turba e appresso, che lasciate avea
L' isole cinte dall' arabiche oDde,
])a cui pescando gill raccor solea
Conche di perle gravide e fecoode.

•
ST. 71. I.A GERUSALEMME. CANTO XVIII. 751
Ma pur mal colpo il cavalier non erra j
Neper tanto furor, puntos' arresta.
Tronca la noce : e noce e mirto sparve.
Qui l' incanto forni, sparir Ie lane.
TornO sereno il cielo, e l' aura cheta :
Torno la selva al natural suo stato;
Non d' lncanti terribile, e non Ueta ;
Piena d' orror, rna dell' orror lnnato.
Ritenta 11 vincitor, s' altro pio vieta
Ch' esser non possa II bosco omal troncato.
Poscia sorride I e fra se dice : oh vane
Semblanze I. e folie chi per voi rimane I
Quinci s' invla verso Ie tende j e Intanto
Cola gridava iI solitario Piero :
Gia vinto e della selva n Caro incanto ;
Gia sen ritoma i1 vin('itor guerriero :
Vedilo. Ed el da lunge in bianco manto
Comparia venerabile ed altero;
E dell' aquila sua I' hl"gentee piume
Splendeano al sol d' inusitato lume.
Ei dal campo giojoso alto saluto
lIa con sonoro replicar di gridi;
E poi con lieto onore e ricevuto
Dal pio Buglione , e non e chi I' InvidJ.
Disse al Duce U guerriero : a quel temuto
Bosco n' andai, come imponesti, e '1 vidi :
Vidi e vinsi gl' incantl. Or vadan pure
Le gentl la; cbe son Ie vie secure.
Vasst all' anticaselva; e quindi e tolta
Materia tal, qual buon giudicio elesse.
R bencbe oscuro fabro arte non molta
Por nelle prime macchine sapesse;
Pur artefice ilIustre a questa volta
E colui ch' alle travi i vinchi intesse :
Guglielmo, il duce Ligl1re, che pria
Signor del mare corseggiar soUa.
Poi sforzato a ritrarsi, ei cesse i regni
AI gran navitio saracin de' mari ,
Ed ora al campo conducea dal legni
E Ie marittime anne e i marinari.
Ed era questi, infra I piiI industri ingegof
Ne' meccanici ordigol, uom senza pari :
E cento seco avea fabrl minori,
Di cio ch' egU disegoa esecutori. '
Costui non solo incomincio a comporre
Catapulte, baUste ed arfeti ,
Onde aile mora Ie difese torre
Possa, e spezzar Ie sode aite paretl ;
Ma fece opra magglor : mirabn torre
Ch' entro eli pin tessuta era e d' nbetf;
E nelle cuoja avvolto ha ql1el di fuore
Per i8cberminl dallanciato ardore.
Si scommette la mole e ricompone ,
Con sottili giunture io un congiunta :
E la trave cbe testa ha dl montone,
DaU' ime parti sue cozzando spunta.
Lancia dal mezzo un ponte; e spesso il pone
SuU' opposta muraglia a prima giunta :
E fuor da lei su per la cima n' esce
Torre minor che in suso e spinta e cresce.
Per Ie. facili vie destra e corrente
Sovra ben cento sue 'Yolubil rote,
Gravida d' arme e gravida di gente,
Senza molta fatiea ella gir puote.
Stanno Ie schiere in rimirando inteute
La prestezza de' fabrl , e I' arti ignote.
E due torri in quel punto aneo son fatte ,
Della prima ad imagine ritratte.
Ma non eran frattanto al Saracinl
L' opre ch' ivi si fean del tutto nscoste ;
. Perche nell' alte mura ai piu vicini
Lochi Ie guardie ad isplar son poste.
Questi gran salmerie 4' orni e di pini
Vedean dal bosco esser condotte all' oste :
E mncchine vedenn; rna non appieno
Riconoscer lor forma indl potieno.
Fan lor mncehine anch' essi,e con molt' arte
Rinforznno Ie torli e la muraglia;
E I' alzaron cosi da quella parte
Ov' e men atta a sostener battagUa ,
Che a lor credenza omai sCorzo di Marte
Esser non puo , ch' ad espugnarla vagUa.
Ma sovra ogni dlfesa Ismen prepara
Copla di fochi inusitata e rara.
. Mesee 11 mago fellon zolfo e bltume
Che dal lago di Sodoma ha raccolto :
E fu, credo, in Inferno; e dal gran flume
Che nove volte n cerchia, anco n' ha 1olto.
Cosl fa che quel Coco e puts e fume I
E che s' avventi flammeggiando al volto.
E ben co' Ceri incendi egJi s' avvisa
Di vendicar la cara selva incisa.
Mentre n campo all' assalto, e la cittade
S' apparecchia in tal modo aile difese; •
Una colomba per I' aeree strade
Vista e passar sovrn 10 stuol Crancese ;
Che ne dimena i presti vanni I e rade
QueUe llquide vie coH' ali tese.
E gia la messnggiera peregrina
Dall' aite nubi alia citta s' inchina j
Quando di non so donde esce un falcone
D' adunco rostro armata e di grand' ugna I
Che fra '1 campo e Ie mura a lei s' oppone.
Non aspetta ella del crudella pugoa.
QuegU d' alto volando al padiglione
Maggior l' ior.alza: e parch' omall' agglugnaj
Ed al tenero capo 11 piede ha sovra.
Essa nel grembo al pio Buglion ricovra.
La raecoglie Goffredo e la difende j
Poi scorge in lei guardando estrania cosa :
Che dal collo ad un filo avvinta pende
Rinehiusa carta e sotto uo' ala nscosa.

752 TORQUATO TASSO.
+ Vorrian fonnar I ne pon (ormar parole:
Grande, ma breve Culmine it dlresti ,
Che lna&pettato sopraggiunga, e passi i
Ma del suo corso momentaneo resti
Vestigio etemo in dirupati sassi ,
Cento ei n' uceise e piiJ : pur di duo soli
Non fia ehe lamemoria il tempo involi.
Gildippe ed Odoardo, i casi vostri
Duri ed acerbi , e i fatti onesti e degni ,
Se tanto lice a' miei toscani inchiostri,
Consaerero fra' pellegrini ingegnl:
Si ch' ogni eta, quasi ben nati IJl()stri
Di virtute c d' amor, v' additl e segni ;
E col 8UO pianto alcun servo d' Amore
La morte vostra e Ie mie rime onore.
La magnanima donna il destrier volse •
Dove Ie genti distruggea quel crudo ;
E di due gran fendenti a pieno II colse :
Feriglill fianco, e gli parU 10 scudo.
Grida 1I crude I cb' all' abito raccolse
Chi costei fosse : eceo la putta e 'I drudo.
Meglio p«'.f te s' a'Vessi il Cuso e I' ago I
Che 'n toa difesa aver la spada e 'I vago.
Qui tacque; e di furor piiJ che mal pleno I
Drizzo percossa temeraria e fera,
Ch' osO , rompendo ago' arme, entrarnel seno
Che de' colpi d' Amor degno sol era.
Ella repente al>oondonando it freno,
Semblante fa d' uom che languisca e pera :
Eben sel vede U misero Odoardo ,
Mal Cortunato difensor, non tardo.
Che far dee nel gran cnso? Ira e pietade
A 'Varle parti in un tempo l' afCretta:
Questa all' appoggio del suo ben che cade,
Qella a pigJiar del percussor vendetta.
Amore, fndifferente I it persuade
Che non sia I' ira 0 la pieta oegletta.
Colla sinistra man corre aI sostegoo,
L' altra mioistra el fa del suo disdegno.
Ma voler e poter che si divida,
Bastar non puo contra il Pagan sl forte:
. Tal che ne sOstien lei, ne l' omicida
Della dolce alma sua conduce a morte.
Anzl 8nien che 'I Soldano a lui recida
II braceio, appoggio alia fedel consorte ;
Onde cader Insciolla; ed egli presse
Le membra a lei colle sue membra stesse.
Come olmo n culla plJmpinosn pianta
Cupida 5' avviticchi e 5i marite ;
Se ferro n tronca, a turbioe 10 schianta;
Trae seco a terra la compagna vite ;
Ed egU stesso II verde oode s'ammnotn ,
I.e sf'ronda, e pesta l' uve sue gradite:
Par che sen dolga, e piil che 'I proprio Cato ,
Di lei gl' incresca che gli more nIlato.
Cosi cade egli; e sol di lei gli duole,
Che'l Cielo eterna sua compagnn fere.
Forman sospiri di parole in '·ece.
L'un mira I' allro; e l' un, pur come suole ,
Si stringe aU' altro meotre ancor cio Ieee:
E si cela in un punto ad ambi il die;
E congiunte sen van l'anime pie.
Allor sclogUe la Fama i vanni al volo ,
Le IIngne al grido, e 'I duro caso aceerta:
Ne pur n' ode Rinaldo i1 romor solo,
Ma d'un messaggio ancor nova piiJ certa.
Sdegno, dover, benlvolenza e duolo
Fan ch' aU' alta nndetta ei si converta;
Ma il sentler gli attraversa, e fa contrasto ,
Sugli occhi del Soldano: 11 grande Adrasto.
Gridava il re feroce : at segni noti
Tu sei pur quegJialfin I ch'10 cerco e bramo.
Scudo non e , ch' 10 non riguardi e DOti ;
Ed a nome tutt' oggi invan ti chiamo.
Or solvera della vendetta 1 yoU
Col tuo capo al mio nume. Omal Cacclamo
Di valor, di Curor qui paragone ;
Tu nemico d' Armida, ed 10 campione.
Cosllo sfida; e di percossc orrende
Pria sulla tempia iI fere, iOOi nel collo.
L' elmo fatal (che non 51 puo) non Ceode;
Ma 10 scole In arcion con piiJ d'un crollo.
Rinaldo lui sui finnco in gulsa ofTeode ,
Che vana vi saria l' arte d' Apollo. .
Cade l' uom smisurato, II rege iovitto ;
E n' e I' onore ad un sol colpo nscritto.
Lo stupor, di spavento e d' orror misto I
II sangne e 1 cori ai circostanti agghiaccia.
E Soliman ch' estranio colpo ha visto ,
Nel cor 5i turba , e impallidisce in faccia :
E chiaramente II suo morir previsto ,
Non si risolve, e non sa quel che Caccia;
Cosa Insolita in lui, ma roe non regge
DegU aCfari quaggiil r eternn legge?
Come vede talor torbidi sogni
Ne' brevi sonni 5uoi l' egro 0 l' insano :
Pargli ch' al corso avidamente agogni
Stender Ie membra, e cbe s' affaooi im"ano,
Che ne' maggiori sforzi, 8' suoi bisogni
Non corrisponde il pie stanco e In mano:
Scloglier talor la lingua e parlar vuole ;
Ma non segue la voce 0 Ie parole:
Cosl allora II Soldan vorria rapire
PUf se stesso all' assalto ,ese ne sforza;
Ma non conosce in se Ie soUte ire,
N e se conosce alia scemata forza,
Quante scintille in lui sorgon d' ardire!
Tante un seereto suo terror n' ammorZ8.
V olgo05i nel suo cor di "ersi sensi ;
Non che fuggir, "000 ('he ritrarsi peosi.
Giungc all' irresoluto il vinritore:
E in nrrivando (0 che gli pnre) a'"801.8

ST. Sf
E di velocltade e di furore
E di grandezza oliljui mortal sembianzo.
Poco ripugoa quel; pur, mentre more ,
Gia non oblia la generosa usanza : .
Non fugge I colpl, e gemito non spande;
Ne atto fa, se non altero e grande.
Poiche lSoldan, che spesso in lungaguefl'

Traean dolei carole
Gli amoretti senz' arehi e aenza fael :
Sedean pastori e ninfe,
Mischiando alle parole
Vezzi e susurri, eel a' susurri I baci
Strettamente tenacl :
La verginella 19nude
Scoprla sue fresche rose,
Ch' or tien nel velo 8SCOSe,
E Ie poma del &eno acerhe e crude :
E spesso In flume 0 In lago
Scherzar si vide con I' amata II vago.
Tu prima, Onor, velastl
La fonte de' dilettl,
Negando I' onde all' amorosa sete.
Tu a' begli occhi Insegnasti
Di stame In se ristretti,
E tener lor beUezze altrul aecrete.
Tu raccogliesti 'n rete
Le chiome aU' aura sparte.
Tu I dolci atti lascivi
Festi rltrosl e schivl :
A' detti 11 fren ponesti, a' passll' arte.
Opra e tua sola, ODOre,
Che furto sla quel che (u don d'Amore.
E son tuol fatti egregl
Le pene e I pianti nostrl.
Ma tu d' amor e dl natura donno,
Tu domator de' regi,
Cbe fai tra questi chiostri,
Che 1ft grandeUR tua capir non ponno"
Vattene, eturba il sonno
Agl' illustrl e potentl :
Noi qui negletta e bassa
Turba senza te lassa
Viver nell' uso dell' antiche gentl.
Amiam, che non ha tregua.
Con gil anni umana vita, e sl dUegua.
Amiam, che '1 solsl more, e poi rinaace ;
A noi sua breve luce
S' aseonde, e 'I sonno eterna notte adduce.
--
ATTO II.
SCENA PRIMA.
SATmo.
Piccioia e l' ape, e ta col plcclol morso
Pur gravl e pur moleste Ie rerite;
Ma qual coaa e pig picciola d' Amol'e,
Se in ogoi breve spazio entra, e 8' 88Conde
In ogol breve spado? or sotto all' ombra
AMINTA, ATTO II, seENA I. 705
Delle paJpebre, or tra' mlnutl rhi
D' un blondo crlne, or dentro Ie pozzette
Che forma un dolce rlso in bella guanela;
Eppur fa tanto grandi, e si mortali,
E cosi immedicabili Ie piaghe.
Olme I che tutto plaga e tutto sangue
Son Ie vlscere mie j e mille spied!
Ha negll occhi di Silvia 11 crudo Amore;
Crudel Amor, Silvia crudele ed empia
Pig ebe Ie selve. Oh come a te eoatassl
Tal nome, e quanto 'Vide chi tel pose I
Celan Ie selve angui, leoni eel oni
Dentro n Jor verde; e tu dentro al bel petto
Nascondi odio, dlsdegno eel impietate,
Fere peggior ch' angul, leoni ad oni :
Che si placano quei, quesU placarsi
Non possono per prego, ne per dono.
Oimel quando ti porto I flor novelli,
Tu gil rlcusl, ritrosetta: forse
Perche flor via phi belli hal nel bel vollo.
Oime I quando tl porgo i vaghi poml #
Tu Ii rlfiintl, disdegoosa : forse
Perche poml pig vaghi bainel bel seno.
Lasso I quand' io t' offrisco il dolce mele ,
Tu 10 disprezzi, dispettosa : forse
Perche mel via pbi dolce hal nelle labbra.
Ma se mia povertA non pub donartl
Cosa, ch' in te non sia pin bella e dolce,
Me medesmoti dono. Or perche, ioiqua,
Scherni eel abborrl i1 dono? non son 10
DB disprezzar, Be ben me stesso vidl
N el llquldo del mar, quando l' altr' lert
Taceano I venti, ed ei giacea senz' onda.
Questa mla faceia di color sanguigno,
Queste mle spalle larghe , e queste braeela
Torose e nerborute, e questo petto
Setoso, e queste mie veil ute cosee
Son dl vlrllltA, dl robusw.za
Indicio: e se nol credi, tanne prova.
Che vuoi tu far di questi tenerelli,
Che dl molle lanugme florlte
Banno appena Ie guance, e che eon arte
Dispongono i capelli In ordlnanza?
Femmlne nel sembiante e n1!lle forze
Sono costoro. Or dl', eh' alcun tI segua
Per Ie selve e pe' monti, e 'ncontra gli oral
Ed Incontra 1 cinghiai per te combatta.
Non sono to brutto, no; ne tu mi spreul t
Perche a1 fatto 10 sia, ma sotamente,
Perche povero BODO : ahl, che Ie ville
Seguon l' esempio delle gran cittadi I
E veramente II secol d' oro e questo ,
Poiche soL vince l' oro, e regua I' oro.
o chiunque tu tosu, ehe insegnasti
Primo a vender I' amor, sia mnledetto
1\ tuo cener sepolto, e l' 0S8Il fl1!dde ;

764 TORQUATO TASSO.
E non sl troy! mal pastore 0 ninfa ,
Che lor dica passando : abbiate pace;
Ma Ie bagni la pioggia, e mova il ,'en to ,
E con pie immondo la greggia tl calpestl ,
E 'I peregrtn. Tn prima svergognasti
La nobiltA d' Amor : tu Ie sue liete
Doleezze inamaristl. Amor venale,
Amor servo dell' oro e it maggior mostro ,
Ed 11 pill abbominabile e 'I pill sozzo ,
Cbe produea la terra, 0 'I mar fra I' onde.
Ma pereM invan ml lagno? Usa ciascono
Quell' armi ebe gli ha date la natura
Per sua salute : il cervo adopra iI corso ,
II leone gli artlgU , ed il bavoso
Clngbiale 11 dente ; e son potenza ed armi
Della donna bellezza e leggladria.
10, perche nQn per mla salute adopro
La violenza, se mi fe' natura
Alto a far violeDZe ed a l'8pire?
Sforzera, rapirO quel che eostei
Ml mega, ingrata, in merto dell' amore :
Che per quanto' nn eaprar teste m' ha detto,
Cb' osservato ha suo stile, ella ha per uso
D' andar sovente a rinfresearsi a un tonte;
E mostrato m' ha n loco. Ivi disegno
Tra I ce8pugllappiattanni e tra gil arbusti ,
Ed upettar sinehe vi venga.; e come
Veggfa I' occasion, correrle addosso.
Qual contrasto col corso 0 eon Ie braccia
Potril tare una tenera tRnelulla
Contra me sl veloce e sl possente?
Pianga e IIOspfri pure j usl ogni sforzo
Di pleUi., di bellezza : ehe s' 10 posso
Questa mano ravvolgerle nel erine,
Indi non partir', eh' io prJa non tlnga
L' armi mle per vendetta nel suo sangue.
SCENA II.
DAFNE, TIRSJ.
DAFNE.
Tirsi, com' 10 t' ho delto, 10 m' era aecorta,
Ch' Aminta amaSSe Silvia: e Dio sa quanti
Duont omei n' ho Catti, e son per farli,
Tanto pin volentier, quant' or vi aggtungl
I.e toe preghiere : ma torrei pluttosto
A domare un giovenco, un orso, nn tigre ,
Che a domare una semplice fanciulla ,
Fanelulla tanto sclocca qoanto bella,
Che non 8' avveggla ancor, coine sien calde
L' arml di sua be\lezza e come acute;
Ma rldendo e plangendo neclda altrui,
E I' nccida e non sappla dt Cerire.
TlftSl.
Ma qual e cosi semplice fanelolla,
Che uscita dalle fasce non 'opprenda
J: arte del parer bella e del piaeere ,
Dell' uecider placendo,.e del sapere
Qual anne fera, qual dla morte, e quale
Sani e ri torni tn vita?
Di eotant' arte?
D.HNE.
Chi e 'I Mastro
TIBSI.
To flngi, e mi tenti :
Quel cheinsegna agli augelli 'I canto e'l vo'o,
A' peacl 'I nuoto, ed a' montoni 'I cozzo ,
AI toro usare II como, ed al pavone
Spiegar la pompa dell' oechtute plume.
DAFNB.
Come ha nome 'I gran mastro ?
TlBSI.
Lingua buglarda.
,
DAFNE.
Dafne ha nome.
TlBSI.
E perche? tu non sei
A tta a tener mllle fanclulle a scuola?
Benche, per dire n ver, non han bisogno
Di maestro, maestra e la natura;
Ma In madre e la baHa anoo v' han parte.
DAFNB.
In somma to sel gotto insleme e tristo.
Ora, per dirtl 'I ver, non mt rlsolvo ,
Se Sihia e semplicetta , come pare
Aile parole, agll aUi. Ier vidl on lK"gDo,
Che me ne dette dubNo. lola trovai
La presso la clttade in quei gran prati,
Ove Cra sugnl glace un' isoletta,
Sovressa un lago limpldo e tranquillo,
Tutta pendente in atto, che parea
Vaghegglar se medesma, e 'nsleme insieme
Chieder conSiglio all' aeque ,in qual maniera
Dispor dovesse In su la Cronte i crini ,
E sovra I crlnl 'I velo, e sovra 'I velo
I flor ehe tenea tn grembo : e spesso spesso
Or prendeva un ligustro, or una rosa ,
E I' aecostava al bel candido collo,
Aile guance venniglle; e de' colori
Fea paragon: e poi , slccome Heta
Della vlttoria, lampeggta\'a un r1so,
Cbe parea che dicesse : 10 pur vi vineo,
Ne porto vol per ornamento mio,
Ma porto vof sol per vergogna vostra,
Percbe sl veggia qnanto ml cedete.
Ma mentre ella s' oman e vagheggiava,
Rlvolse gil occhi a caso, e si f'u accom ,
Ch' 10 dl lei rn' era accorta, e vergognando
Rblzossi tosto, e i flor laseta cadere.
Intanto io phI ridea del. suo rossore 1
Ella pia s' arrossia del riso mlo.

766 TORQUATO TASSO.
Trastulla sl , rna phi tonnenta assai
Non rltrovato. Allor vedrassi amanle
Tlrai mai pili, eh' Amor nel seggio suo
Non avra phi ne piantl ne sospiri.
Abbastanza ho gi. pianto e sospirato :
Faceia altn or la sua parte.
DAFNB.
Manon hai
Gla goduto abbastanza.
TIBSI.
Nedesio
Goder, se cos} caro egU sl oompra.,
DAFNl!.
Sara forza I' amar, se non fla voglla.
TIBSI.
Ma noD Ii puo sforzar chi sta lontano.
DAFNB.
Ya chi lunge e da Amor?
TIBSI.
Chi teme e fugge.
DAFNE.
E che gio,a fuggir da lui ehe ha l' ali?
TlBSI.
Amor nascente ha corte I' aU j appena
Puo 8U tenerle, e non Ie spiega a volo.
DAPNE.
Pur non s' aecorge I' uom, quand' egll nasee:
E quando uom se n' aecorge, e grande, e vola.
TIBSI.
Non, s' altra volta n8scer non I' ha visto.
DAFNl!.
Vedrem, Tlrsl, s' avraila fuga agll occhi,
Come tu diet. 10 ti protesto , pol
Che fal del corridore e del cerviero,
Che, quando tI vedrO chledere aita ,
NOD moverei, per ajutarti, un passo,
Un dlto, un detto, una palpebra sola.
TlBSI.
Cmdel, tl darla n cor vedennl morto?
Se vuol pur ch' ami, ama tu me : faeelamo
L' amor d' aecordo. DAPNB.
Tn mi scherni, e forse
Non mertt amante cosl fatta: ahi quanti
N' Inganna n viso oolorlOO e Usclo!
TIBSI.
Non burlo 10, no : ma tu con tal pretesto
Non aceetti n mio amor, pur come e I' uso
Dl tutte quante. Ma, se non Pli vuol ,
Vlvem senza amor.
DAPNl!.
Contento vivi ,
Pl4 ehe mal foasi, 0 Tini; in 0110 vtvi :
Che neU' ozlo I' amor sempre germoglia.
TlBSI.
o Dafoe n me quest' Olio ba fatto Dlo :
Colui, che Dlo qui pub stimarsi; a cui
SI pa8COn gli ampl armenti e I' ample gn.-gge
DaIl' uno all' altro mare, e per Ii lletl
Colti di fecondlsslme campagne,
E per gil alpestri dossl d' AppenolDO.
Egll ml disse, allor cbe suo ml Ieee :
Tlnl, altri scaeci Ilupl e Iladri, e guardl
I mlei muratl ovili; altrl comparta
Le pene e I premJ a' mlel miplstrl; eel altri
Pasca e curl Ie gregge; altrl corurervi
Le lane e 'Ilatte, ed altrlle dlspensi :
Tu C8nta, or che se' In 0110: ond' e ben giusto,
Che noo gil scherzi di terreoo amore,
Ma canti gil avl del mio vivo e vero,
Non so s' 10 lui mi cblaml Apollo 0 Glove,
Che nell' opre e nel volto arnbi somiglta,
Gil avi pin degnl di Saturno 0 Celo;
Agreste MUSIl a regal merto : e pure ,
Chiara 0 roea che 8uom, el non la sprezza.
Non canto lui, peroccbe lui non posso
Degnamente onorar, lie DOO tacendo,
E rivereodo: ma non flan giammai
GU altari 8uol senza i miei fiori, e senza
Soave fumo d' odoratl Incensi;
Ed allor questa sempllce e devota
Religion ml sl torr. dal core,
Che d' aria pasceransi in aria I cervi,
E che mutando i 8uml e letto e corso,
n Perso bea la Sona, il Gallo II Tigre.
DAFNB.
Oh; tu val alto lOran, discendl un poco
Al proposito nostro.
TIBSI.
Ii punto e quesoo,
Che tu, in andando at fonte con cole1,
eerchi d' intenerlrla; ed fo frattanto
ProeurerO ch' Aminta la ne veoga :
Ne Ia mia forse men dlfficil cura
Sara dl questa tua. Or 'Vanne.
DAPN£.
10 vado;
Ma it proposlto nostro altro intendeva.
TIBSI.
Se ben ravviso dl lootan la faccia,
Aminta e quel ehe eli Ii spunta : e desso.
SCENA III.
AMINTA, TIRSI.
A)lINTA.
Vorro veder cio ehe Tirsl avn f'atto :
E, s' avr. fatto nulla,
Prima cb' 10 vada In nulla,
Uccider yo' me stesso fooanzl agli oeebl

• 8'68 TORQUATO TASSO .
Quel che mi lega 11 core.
TIBSI.
Dunque andar non vogliamo?
A.INT.&..
Andare io voglio;
Ma non dove tu stiml.
TIBSI.
Edove?
AMINTA.
A morte;
S' altro in mlo pro non hai fatto, che quanto
Ora ml narri.
TIBSI.
E poco parti questo?
Credl dunque tu, sciocco , che mal Dafoe
Consigliasse I'andar, se non vedesse
In parte il cor dI Silvia? E forse ch' ella
II sa , ne pe..o vuol ch' altrl rlsappia
Ch' ella cic> sappia. Or, se 'I consensoespresso
Cerchi di lei ; uon vedl che tu cel'chi
Quel che plille displace 7 Or, dov' e dunque
Questo -tuo desiderlo di piacerle ?
E s' ella vuol che '1 tuo diletto sia
Tuo Curto 0 tua rapiDa , e non suo dono
N8sua mercede j a 1'.8 folie, che importa
Plu I' un modo cbe l'altr07
AKIN'U.
E' chi m' accerta,
Che 'I suo deslr sia tale?
TIRSI.
o mentecatto I
Ecco coo cbiedi pur quella cenezza
Ch' a lei displace J e che spiacer Ie deve
Dirittamente J e tu cercar non dei.
fda J chi \' accerta aocor, che non sia tale?
Or s' ella COSle tale, e non v' andassi I
Egua!ee 'I dnbbio e' I risehio.:Ahi, pure meglio
Come ardlto morlr che come vile.
Tu tact : tu sei vinto. Ora confessa
Questa perdita tua che 11a cagione
Di vittoria maggiore. Adianne.
A.J1INT.&..
Aspetta.
TIllSI.
Che aspetta ? non sai ben che 'I tempo fugge ?
AJIINTA.
Deh! penslam pria se cic> dee farSi, e come.
TIBSI.
Per strada penserem cic> che vi resm :
Ma nulla fa chi troppe COle peDSa.
COBO.
Amore, in quale seuola J
Da qual mastro iapprende
La tua si lunga e dubbia arte d'arnart; ?
Chi n'insegna a spiegare
Cic) che Ia mente inteode ,
Meom con I' aU tue sovra it clel vola ?
Non giil la dotta Atene,
Ne ') Liceo nel dimostra ;
Non Febo in Elicona,
Che 51 d' Amor ragiona
Come colui ehe impara ;
Freddo ne parla, e poco ;
Non ha voce di Coco,
Come a te sl conviene;
Non alza i suol pensierl
A par de' tllol misterl.
Amor, degno maestro
Sol tu sei dI te stesso,
E sol tu sel da te medesmo esprosao: .
Tn dlleggere insegni
A' piil rusticl Ingegni
Quelle mirabil cose
Che con lettre amorose
Scrivi dI propria man negU occhi altrul :
Tu in bei fecoodl dettl
Sciogli la lingua de' fedell tui;
E spesso ( ob straDa e nova
Eloquenza d' Amore I)
Spesso in un dir confuso
. E 'n parole interrotte
MegJio sl esprime il core ,
E piil par ehe sl mova J
Che non si fa con voci adome e doUe J
E 'I silenzio aneor suole
Aver prieghi e parole.
Amor) leggan pur gU altri
Le soeratiche carte,
Ch' io 'n due be gU oechi appreDderc> quest' arte
E perderanle rime
Delle penne piil sagge
Appo lemie selvagge,
Che rozza manu in rozza scorza imp';me.
••• 'a •••••
AT TO III.
SCENA PRIMA.
TIRSI, CORO.
TIBSI.
o erudeltate estrema! ob ingrato core;
Oh donna ingrata ! oh tre ftate e quattro
Ingratissimo sessa I E tu , Natura,
Negligente maestra , percbesolo
AUe donne nel volto e in quel di Cuori
Ponesti quanto ill lora e di gentile J
Di mansneto e di cortese; e tutte
V altre parti obliasti? Ahi, miserello I

NBJlINA.
E pur voglio che'l sappi, e che procurl
Di ritrovar Ie reJiquie Infelicl J
Se nulla ve ne resta. Ahi, Silvia I &hi, dura
Infelice sua sorte I
AJlINTA..
Oime I che fIa che coatel dice?
NBalNA.
o Dafnel
DilNE. F"
Che parli fra te stessa? e perche nomi
Tu Sil via, e poi II08piri ?
NBBIl'iA..
Ahi 1 eh' a ragione
Sospiro l' aspro caso.
AXlNTA.
Ahi I di qual caso
Pub ragionar eostei? 10 &ento, to sento
Che mi s' agghiaeeia U core, e mi st chiude
Lo sptrto. E viva?
D.nNE.
Narra,
Narra qual aspro caso e quel che diet.
l'fBJlIN ....
Oh Dio I perche son to
La me888.ggiera? Eppur eonvien narrarlo.
Venne Silvia al mio albugo Ignuda; e quale
Fosse I' occasion, saper la del :
Poi rlvestita mi pregb ehe seeo
Ir volessi alia caccia, che ordinata
Era nel boIco ch' ha nome dall' eIci.
10 la compiacqul : andammo; e ritrovammo
Molte ninfe ridotte; e Indi a poco
Eeeo, dt non so donde, un lupo sbuca,
Grande fuor di mlsura, e dalle labbra
Gocelolava una bava sanguinosa.
Silvia un quadrello adatta IU Ia corda
D' un area ch' 10 Ie diedl, e tira, e 'I eoglle
A sommo 'I capo ; sl rinselvaj t.>d ella,
Vlbrando un dardo,dentro 'I bosco il segue.
... lIIn ....
Oh dolente principia I Oime I qual flne
Gift mi s' annunzia?
NBBIN ....
10 con un altro dardo
Seguo.lor traccla, ma lontana assai ;
Che piu tarda ml moBBi.. Come furo
Dentro alia selva, pin nonla rividi ;
Ma pur per I' orme lor tanto m' avvolsi,
Che giUD8i Del pin Colto e piil deserto :
Quivl 1 dardo dl Silvia in terra scorsi,
N e molto indllontano un bianco velo,
Ch' 10 stessa Ie ravvolsi al crine; e mentre
Mi guardo intomo, vldl sette lupi,
Che leeeavan dl terra alquanto sangue
Spano intorno a cert' ossa atratto node;
AMIN'f A, AT TO Ill, seEN A II. 7il
E fu mia sone ,ch' io non fui veduta
Da loro, tanto Intenti erano al pasto :
Tal che, piena di tema e di pfetate ,
Indletro rltornai ; e queato e quanto
Posso dirvi di Silvia; ed eceo 'I \'elo.
AlIIIN'U.
Poco parti aver detto ? Oh velo , oh sangue !
Oh Silvia, tu se' mortal
DA.FNE.
o mJserello'l
Tramortito e d' affanno, e forse morto.
NEBINA.
EgJi reapira pure : questo fia
Un breve svenimento. Ecco, rinviene.
. AMINT ....
Dolor, che s'mt cruci,
Che non m' uccidi omai! To sel pur len to.
Forse lasci I' officio alia mla mano.
10 son, 10 son contento ,
Ch' ella prenda tal cura ,
Pol ehe tu la rieusi, 0 che non puoi.
Oime I se nuUa manca
Alia certezza omaJ J
E nuUa manca al colmo
Della miseria mia,
Che hado? cheplu aspetto? 0 Dafne, 0 Dafue,
A questo amaro fln tu ml salvastf?
A questo fine amaro?
Bello e dolce morir fu certo allora
Che ueeidere 10 mi volll.
To mel negastf, e 'I clelo, a cui parea
Ch' io preeorreasi col morlr la noJa,
Ch' apprestata m' avea.
Or, chefatt' ha I' estremo
Della sua crudeltate,
Ben soffrfra ch' io moja;
E tu soft'rir 10 dei.
DAFNE.
Aspetta alia tua morte,
Sin che 'I, ver meglio Intenda .
AJIlNTA.
Olme! che vuoi ch' attencla?
Olme I che troppo ho atte80, e troppo Inteso:
N.BlN .... •
Deb, fOIl' 10 stata muta ,
A.'NT ....
Ninfa, damml, tI prego,
Quel velo, eh' 41 eli lei
Solo e misero avaozo ,
Sl ch' egU m' accompagne
Per questo breve spazio
E di via e di vita che mi resta ;
E con ta sua preseuza
Accresca quel martire,
Ch' e ben pieeiol martfre ,
S' ho bisogno d' oJuto at mio morire.

SILVIA.
Ch' e elG ehe tu mi dicl? Ed a chi reehl
La eagion di sua morte?
10 non t' intendo.
AMINTA, ATTO IV, seENA I. 775
DAFNB.
Alia tua morte.
SILVIA.
DAFNB.
La dora novelft\
Della tun morte, ch' egJi ud1 e credettc,
A vra porto al meschino IIlaooio 0 'f ferro,
Od altra cosa tal , ehe I' avrA uoooo.
sn.VIA.
Vano n sospetto in te della sua, morte
Sara, come to van della mla morte ;
Ch' ognuno a suo poter salva la vita.
DA.NE.
o Silvia, Silvia, tu non sai ne eredi
Quanto 'I Coco d' Amor poasa in un petto,
Che petto sia di carne, e non di pletra,
Com' e coteato tuo; ehe, Be creduto
L' avessi, avrestl amato chi t' amava
PhI che Ie care pupille degU oechl ,
Phi che 10 spirtD della vita sua.
n credo 10 ben, anzi l' ho viato, e sollo :
II vidl, quando tu fuggisti (oh fera
Piu che tigre crude1l) ed in quel punto
Ch' abbracciar 10 dovevl , n vldl un dardo
Rivolgere in Be Ste880 , e guello al petto
Premersi diJperato, ne pentirsl
Poscla nel fatto; ebe Ie vesti ed &nco
La pelle trap8l8Oll81 , e nel suo sangue
Lo tlnse; e 'I ferro sarin gtunto addentro ,
E passato quel cor, ebe tu passutl
Piu duramente, Be non eh' 10 gU tennl
11 bracclo, e I' impedii ch' altro non fesse.
AM laasa I e forse quella breve pi.
Solo una prova fu del suo furore
E della disperata sua costanza,
E mostrG queUa strada aI ferro audace ,
Che correr poi dovea Uberamente.
SILVIA.
Oh, ehe ml narrl!
DAnn.
II vldi poscia allora
Ch' intese I' amariS8ima novella
Della tua morte, tramortir d' aftanno ,
E poi partini furioso In fretta,
Per uecider se Ste880, e s' ana ucclso
Veracemente.
SILVU.
E elG per fenno tlenl?
DAFNS.
10 non v' ho dubbio.
BII.VIA.
Oimc! tu nol scguisti
Pc.· impedirlo? Olme I cerchlamlo, andiamo
Che, poi eh' egli moria pt'rln min morte ,
Dee per la vita mia restar in vita.
DAFNB.
II :Hlguii ben ; ma correa 51 veloce,
Che mJ spari tosto d' Innanzi, e 'OOorno
Pol ml glral per Ie sue orme. Or dove
Vuoi tu cereal', se non:n' hal trnccla alclllla?
SILVIA.
EgU morra, se nol trovlamo, ahi 18888 !
E sara I' omlelda ei di se stesso.
DAPNE.
Crude)! fone t'incresce ch' ate tolga
La glorla diquest' atto? Esser tu dunque
L' omJclda vorresti7 E non tl pare
Che la sua cruda morte esser debb' oprn
D' llitri che dl toa mano? Or tl consola,
Che, comunque egU muoja, per te muor(' ,
E tu sei che I' uccldl.
SlLVU..
Olme I che tu m' accorl j e quel cordoglio,
Ch' 10 sento del suo caso, lnacerbisci
Con I' acerba memoria
Della Mia crudeltate,
Ch' io chiamava onestate : eben fu tal(' ;
Ma to troppo severa e rlgorosa :
Or me n' accorgo e penta.
DAI'NZ.
Oh , quel ch' 10 odo!
Tu sel pletosa tu, tu senti al core
Spirto alcun dl pletate? Oh, che vegg' lo?
Tu piangi? tu, superba? Oh meravlglla I
Che planto e questo tuo? Pianto d t amore ?
SILVIA.
Planto d' amor non giil, ma dl pietate.
DAFNE.
La piela messaggtera edell' smore,
Come'] lampo del tuono
COBO.
Aul 80vente ,
Quando egll \ruol ne' petti verglnelll
Occulto entrare , onde fu prima esclU80
Da severa onestil, I' abito pre ode ,
Prende I' aspetto della sua mlnistra
E sua nuuia pietate , e con tal larve
Le sempllel Ingannando, e dentro aceolto.
DAFNE.
Questo e planto d' smor; che troppo abbonda.
Tu tacl? Ami to, Silvia? Ami, rna In vano.
Oh potenza d' Amor I giusto eastigo
Mandl sovra costel. Mlsero Aminta I
Tu In gulsa d' ape che ferendo muore ,
E nelle piaghe altrul lascia la vita, .
Con la tua morte hai pur trafttto al fine
Que! duro cor, cbe Don potesti mal
PUDger vlvcndo. Or, se tu, spirto erranl('

SCELTA DI POESIE.
ST •••
Questo e de' miei pensterl un dolce porto :
Qui I' erba, t fiori, e '1 fresco aer m' alletta.
Quinei '1 torn are a mia magion e oorto ! +
Quilieta mi dimoro Simonetta,
All' ombre, a qua lche chiara e Cresea linfo ,
E spesso in oompagnla d' aleuna Ninfa.
10 soglio por negli OZi08i tempi,
Quando nostra fatica s' interrompe ,
Venire a' sacri altar ne' vostri Tempi
Fra I' altre donne ,eon I' usate pompeo
Ma perch' io in totto ii' gran desir t' adempi,
E 'i dubbio tolga ehe _tua mente rompe ,
Maraviglia di mie bellezze tenere
Nonprendergl8;cb'i'naequiingrernboaVenere.
Or poi ehe 'I sol sue rote In basso caIn.
E da quest' Arbor cade magglor l' ombra ,
Giit eede al grillo la stanca cicala ,
Giit il rozzo zappator del campo s80mbra ,
E g18 dan' alte "me n Cumo esaln,
La villanella all' uom suo it desoo in80mbra j
Omai ripreodero mla via pbi. corta :
E tu lieto ritoma aUa tua scorta.
Pol con ocehl piil lieti e piil ridenti ,
Tal ebe'l eiel tutto assereno d' intomo,
Mosse sopra l' erbetta i passi lenti
Con atto d' alDOrOsa grazia adorno.
Feciooo i boschi allor dolci lamenti ,
E gil augeUetti a pianger eominciomo :
Ma I' erba verde lOtto i dolci passi
Bianca, glalla, vermlglia , azzurra tassi.
Che de' Car GlULIO? aime che pur desidera
Segulr sua stella, e pur temenza it tlene.
Sta come un Corsennato , e '1 cor gJi aS8idera
E gil s' agghiaccla fI sangoe entro Ie "ene :
Sta come un marmo fiso, e pur considera .
Lei ehe sen va, ne pensa di sue peoe;
Fra Be lodando II dolce andar celeste ,
E 'I veotilar dell' angelica veste.
E par che 'I oor del petto se gU scblanti,
E che del corpo I' alma via si fugga,
E cbe a guisa dl brina al sol davanti
In planto tutto sl consuml e strugga.
Gill si scote esser un degli altri amanti,
E pargli che ogni vena Arnor gli sugga.
Or teme di seguirta, or pur agogna :
Qui il tira arnor, quiocl 'I ritrae vergogoa.
U' sooo or, GIITLIO, Ie sentenzie gravi,
I.e parole magni1lche e i precetti ,
Con che i mlseri amanti molestavi?
Perche por di cacciar 000 tl dUetti ?
Or ecco ch' una donna ha in man Ie chiavi
D' ogol tua voglia, e tutti in lei ristretti
Tien , miserello, i tooi dolci peosleri :
Vedl che or non se' chi pur dianzi eri.
DiaDZi eri di una fiera cacciatore :
Piu bella fiera or t' ha oe' lacci iovolto.
Dianzl eri tuo, or se' fatto d' Amore :
Se' or legato, e dianzi eri disciolto.
Dol" e tua Iiberta? dov' e tuo core?
Amore ed una donna te I' han tolto:
Ed acciocche a te poco creder deggl ,
Ve', che a VirtU, a Fortuoa Amor poo leggi.
La notte ebe Ie cose ci nascoode,
Tomava ombrata di stellato ammanto,
E I' usigouol lOtto I' amate fronde
Caotando ripetea I' antico p(anto.
Ma solo a' suoi lamenti Eoo risponde;
Ch' ogoi a1tro augel quetato avea gilt 'I canto.
Dalla Cimmeria valle uscian Ie tonne
De' 80gnl negri con diverse forme.
I giovan che restati nel hoseo erano,
Vedeodo n ctel giit Ie sue stelle accendere I
Sentito II segno, aI cacciar fine Imperaoo :
Ciaseun s' affretta a lacci e reti stcodere ,
Pol oon la preda 10 un seotler sl scbJerano :
Ivi s' attende sol parole a vendere :
h1,menzogne a vit prezzo si mercaoo.
Poi tutti del bel Giulio fta se cercnno.
Ma non veggendo II car eompagno iotomo,
Agghiaccia ogoun di subita paora,
Cbe qualche dura fiera it suo ritomo
Non tmped1sca, od altra ria sciagura.
Chi mostra {ocbi, e chi squllla 11 suo corno :
Chi Corte n chiama per la selva oscura.
Le lunghe voci rlpercosse abboodaoo ;
E GmLIO par che Ie valll rispondaoo.
Claseun s1 sta per Ia paura incerto ,
Gelato tutto; se oon cbe pur chiama,
Veggeodo n ciel di teoebre coperto ,
_Ne sa dove cercare, ed ognun brama.
Pur, Giullo, Glulio, sona iI gran diserto :
Non sa che farsi omai la geote grama.
Ma poi che molta notte fodarno spesero ,
Dolentt, per tornare iI eammin presero.
Chell sen vaono; e pur alcuo col vero
La dubbia speme alquaoto riconforta,
Che sla reddito per altro sentiero
AI loco ove s' iovia la loro scorta. .,
N e' petti oodeggia or questo or quel peosiero;
Che era paora e speme iI cor traporta.
Cosi raggio che specchio nobil Cerza ,
Per la gran sala or qua or la si scherza.
, Ma it giovln, che portato avea gilt l' aroo
Ch' ogo' a1tra cura sgombra fuor del petto,
D' altre spemi e paure e pensler careo I
Era arrivato alia magioo soletlo.
Jvi pensaodo al suo oovello locarco
Stan in forti peoster totto ristretto,
Quando la compagnla piena eli doglia
Tutta pensosa eotrO deotro alia soglia.
hi ciaseun plil da "ergogna fnvolto
Per gU alti gradl sen va lento leolo.

786 POLIZIANO. ST. ro.
Qual II pastor a cui '1 fier lupo ha toho
Il piu bel toro del comuto armento ;
Tornansi allor Signor con basso mlto ,
Ne s' ardlscon d' eotrare aU' useio drento :
Stan sospirosi, e dl dolor conCosi ;
E CiascUD pensa pur come si seosi.
Ma tosto ognuno allegro alzo Ie clgJia ,
Veggendo salvo n sl caro peguo.
Tal si Ce', pol che la sua dolce figliA
Ritrovb Ceres glu nel morto regno.
Tutta Cesteggia la Ueta Camlglla :
Con essa Giulio dI glolr Ca segno,
E quanto pub nel cor preme sua penn,
E il volto diletizia rasserena.
Ma Catto Amor la sua bella vendetta,
M088eSi lieto per l' aere a volo,
E glnne al regno di sua madre In Crettn ,
Ov' e de' picciol suoi Cratello stuolo.
AI regno ove ognt Grazia si dilettn;
Ove BeltA di fiori al crIn Ca b1Olo:
Ove tutto lascivo dletro a Flora
ZeOro vola, e 10 verd' erba 1000ora.
Or canta meco un po' del dolce regno,
EBATO bella, che 'I nome hal d' Amore.
Tu sola, benche casta, puol nel regno
Sicura entrar di Venere ed' Amore.
Tu de'versi amorosl hai sola n regno:
Teco sovente a cantar viensl Amore;
E posta giu dagli orner 1& Caretra,
Tenta Ie corde di tua bella celra.
Vagheggia CiprI un dilett080 monte,
Cbe del gran Nito I sette corni vede
II primo rossegglar dell' orizzonte,
Ove pogglar non lice a mortal piede.
Nel giogo un verde colle alza la Cronle ;
Sott' esso aprico un Heto pratel slede ;
U' scherzando tra' flor lascive aurette,
Fan dolcemente tremolar I' erbette.
Corona un murod' or I' estreme spondc
Con valle ombr088 dl schietti arboscellf ,
Ove In su' rami fra novelle Cronde
Cantan g11 loro arnor soavl augelli.
Sentesl un grato mormorlo dell' onde ,
Che fan duo treschl e lucidi ruscelli ,
Versando dolce con amar Iiquore ,
Ove arma I' oro de' suol strali Amore.
Ne mai Ie chlome del giardino eterno
Tenera brlna 0 Crescn neve irnblancn :
Ivl non osa entrar ghiaceiato verno:
Non vento I' erbe 0 gU arboscellistanca :
1 vi non volgon gli anni illor quademo;
Ma Ueta Primavera mal non manca ,
Che I suol crin biondlecrespi all' aura splega
Emilie fiorIln ghlrlandetta lega.
Lungo Ie rive I Cratl di Cupido,
Che solo usan CcrIr In plebe Ignotn
Con alte voci e fl1nclullesco gl'ido
Aguzzan lor saette ad una com.
Piacere, insidia posati in sui lido
Volgono iI perno alia sanguigna rotn :
II lallace Sperar col van Disio
Spargon nel sasso I' aequa del bel rio.
Dolce Paura, e timldo Diletto ,
Dolc' Ire, e dolei Paci 'osieme vanno :
I.e Lagrime si lavan tutto iI petto,
E 'I fiumiceUo amaro crescer tanno :
Pallore smorto, e pavcntoso ACCetto
Con Magrezza si duole, e con Arranno :
Vigil Sospetto ogni sentiero spia :
Letizia balla in mezzo della via.
Volutta con Bellezza si gavazza :
Va fuggendo il Contento, e siede ADgoseia :
II cieeo Errore or qua or 1& svolazza :
Perootesi 'I Furor con man la coscia:
La Penltenzia misera stramazza,
Che del passato error s' e aecorta poseia :
Nel sangue Crudeltil lieta si flcea ;
E la DlsperazloD se stessa Impieca.
Taclto Inganno, e slmnlato Riso
Coil Cenol astuti, messaggier de' coori ,
E fisl Sguardl oon pletoso viso
Tendon laceiuoli a' glovanl tra' fiori :
Stassi col volto in su In palma asslso
11 Pianto in eompagnia de' suol Dolori :
E quincl e quindl vola senza modo
Lieenzia non ristretta in alcuD nodo.
Cotal miUzla I tuol figH accompagnn ,
Venere bella, madre degU Amori.
Zeftro II prato dl rugfada bagna ,
Spargendolo di mille vaghi odorI :
Ovunque vola, veste la campagna
Di rose, gigli, violette e fiori :
L' erba di BUn bellezza ha maravfglia ;
Blanca, cilestra, pallida e venniglia.
Trema la mammoletta verginella
Con oechi bassi onesta e "ergognosa :
Ma vie plu Ueta, plu ridente e bella
Ardisee aprIre it seDO al sol la rosa :
Questa dl verdi gemme s' incappella :
Quella sf mostra allo sportel vczzosa :
L' altra che 'ndolce toco ardea pur ora,
Languida cade, e '1 bel pratello 10000ra.
L' Alba nutrIca d' amoroso nembo
Gialle, sangulgne, candide "iole :
. Descritto ha it suo dolor Jacinto In grembo :
Narciso al rio 81 spceehia, come soole:
In bianca vesta con purpureo lembo
SI glra Clizta pallidetta al sole :
Adon rinfresca a Venere II suo pianto :
Tre lingue mostra Croco, c ride Acanto.
Mal rIvesU di tante gemme I' erba
Ln nO\'ellll staglon, ehe "' mODdo nvvh·a.

79'"
Amor I quila vedemo
Sotto Ie fresche fronde
Del vecchio faggio umilmente posarsl.
f Del rimembrar ne tremo )
Ahi come dolce I' onde
}'acean 1 bel crio d' oro al vento sparsi I
Come agghiaccia, com' arsi,
Quando di fiori un nembo
Vedea rider Intorno
( 0 benedetto giomo I )
E pien di rose l' amoroso grembo I
Suo divill portamento
Ritral tu , Amor j ch' io per me n' ho pavento.
I' tenea gJi occhl intest
Ammirando, qual suole
Cervetto In fonte vaghegglar sua Imago)
G11 occhi d' amore accesi
G 11 atti , volto e parole,
E 'I canto che faeea di Be 11 clel vago :
Quel rilO ond' 10 m' appago,
Ch' arder farebbe I sassi,
Che fa per questa sel va
Mansueta ogni belva,
E star I' aeque correnti. Oh s' 10 trovassl
Dell' orme ove 1 pie muove I
I' non avrel del clelo lnvidla a Glove.
Fresco ruseel tremante,
Ove'l bel pied.e scalzo
Bagnar Ie placque, oh quanto sel felice 1
E voi J ramose piante,
Che 'n questo alpestro balzo
D' umor pascete I' antlca radice,
Fra' qualla miabeatrice
Sola talor sen vlene
Ahi quanta invidia t' agglo ,
Alto e muschloso faggio ,
Che sel stato degnato a tanto bene I
Ben de' Heta godersi
J} aura ch' accolse I suol eelestl versi !
L' aura I bei versi accolse I
E In grembo a Dio glt pose ,
Per far godernc tutto it paradiso.
Qui i 60r, qui I' erba colse ,
D1 questo spin Ie rose :
Quest' aer rasscreno col dolce riso.
Ve' l' acqua che 'I bel vlso
Bagnolle I Oh dove sono"
Qual dolcezza mi srace?
Com'vennl tn tanta pace?
Chi 800rta fu ? con chi parlo 0 raglano ?
Onde II dolce calma"
Che IOverchlo placer via caecia l' alma?
Selvaggfa mia eanzone innamorata,
Va slcora ove vuol ,
Poiebe 'n giojn son eonvers! i dolor tl1oi.
POLIZIANO.
ALTHA CANZONE.
Vaghe Ie montanine e pastorelle,
Doode venite si leggiadre e belle I
Vegnam da I' Alpe presso ad un bosehetto :
Piccola capanneUa e 'I nOltro lito;
Col padre e colla madre in pieelolletto ,
Dove natura ci ha sempre nudrito ,
Tomlam la sera dal prato ftorito;
Che abbiam pascluto nostre pecorelle.
Qual e 'I paese dove natestete,
Che si bel frutto IOvra ogol altro luee?
Creature d' Amor vot mi parete,
Tanta e la vostra faccia che rUuce.
Ne oro ne argento tn Toi non luee,
E mal vestlte e parete angiolelle.
Ben sf posson dolt'r vostre bellezze ,
Polche era valU e montlle mostrate :
Che non e terra di Ii grandi altezze ,
Che vol non f08te degne ed onorate.
Ora mi dlte se vi contentate
Di star ne I' Alpe cosl poverelle.
Plil e contenta ciascuna dI nol
Glre alia mandria dietroa la pasturaj
Piil che non fate eiascuna di vol
Gire- a danzare dentro a vostre mura.
Ricchezza non cerchlam ne pin ventura ,
Se non be' fiori, e faeciam grillandeUe,
.... .-c. .....
ORFEO.
PERSONAGGI.
IIBRCURIO. PLUTONE.
UN PASTORE. MINOS.
AlOPSO, paatore .eooh1o. PROSEllPL"iA.
ARISTEO, pastore giovane. BURIDICE.
TIRSI, iIIln'O cH AriI1eo. U!U FURIA.
ORFEO. UNA DACCA."iTE.
ALTRO PASTORE. CO.O DI DACCAKTI.
MERCURIO annun.lUJ lalesta.
Silenzlo. Udite. EI fu gil un pastore,
Figliuol d' Apollo, ch1amato Aristeo.
COItui amo COD 8i sfrenato ardore
Euridlce che mogUe fu di Orfeo,
Che seguendola un giorno per amore,
Fu oaglon del 8UO fato acerbo e reo;
Perche, fuggendo lei vielna all' aeque.
Una blscia la punse ; e morta giacque.
Orfeo cantando all' Inferno la tolse;
Ma non pote seHar la legge data :
Che 'I poverello indletro Ii rivolse :
Sicche di nuovo eUa gIi Cu ruOOta.
Pero mal piu amar donna non "oIse ;
E dalle dono" gU Cu morte data.

10 m' allegral alte cose sperando,
Dov' 10 dovea conoscere eh' a Dio
In breve era madonna per sallre ,
Come poi fu ; ond' io qui lagrimando
RimaSo sono iu doglla ed In desio
Di morte per poter a lei salire.
SONETTO
SULL' IT iLI4 MODIIUI4,
Fuggita e ogoi virtu, spento il valore
Che Ieee ltalia gia donna del mondo ;
E Ie Muse eastaUe SODO in fonda,
Nt! euraquasialcUD delloro onore.
Del verde laura phi fronda ne flore
In pregio sono; e elascun sotto II pondo
Dell' arriechir 80ttentraj e del profondo
Surgono i vlzi trionfando tore.
Per ehe, se i maggior nostri hanno lascfato
II vago stH de' versl e delle prose,
Esser non detlt mara\'iglia aleuna.
Piangi dunque con meeo 1l nostro stato,
L' uso moderno , e I' opre vlzlose ,
Cui oggt favoreggia la fortuna.
--
GIUSTO DE' CONTI.
SONETTO.
Giunse a Natura il bel pensier gentile,
Per Informar tra Dol cosa novella,
Ma prfa mill' anni immagioo, che a queUa
Faceia leggiadra man ponesse e stile.
Pol nel phI mansueto e nel pill umlle
Lieto ascendente di benigoa stella,
Cree) questa innocente fera bella
Alia stagion plu tarda, alia phI vile.
Ardea la terza sfera nel suo efelo,
Onde si caldamente arnor s' infonna,
II giorno ehe it bel parto venne in ten:a.
E Dio mlrava la piu degoa forma,
Quando vest} d' un Ii mlrabU velo
Quest' aruma gentll che m1 fa guerra.
SONETTO.
DoPO IwI&o vilglo. ritoma II paeae ove lOfIIIoroa
11l1li Dorma.
Mentre ch' 10 m' anteino al bel terreno
Dove per forza Arnor mi ricanduce,
Apparir sento I raggl de la luee
Che fa dovunque splende il ciel sereno:
E I' esca sfavillar dentro al mio seno,
Raeeesa dal plaeer d.ove mi adduce
AUTORI DIVERSI. 803
L' Imagine che viva al cor mlluce,
E mi fa vaneggfando venlr meno.
E spesso risosplnto dal disio ,
Pensoso fra me stesso, e eon parole,
Conforto con speranza I' alma triata :
E taeito ne prego Amore e Dio,
Che Del primo apparir del vivo sole
10 sia possente a sorterir la vista.
BURCHIELLO.
SONETTO GJOCOSO.
LA roUICA 1'UGGUnICB.
Andando la formica a la ventura
Glunse dov' era un teschio di cavallo t
II qual Ie parve senza veron fallo
Un palazzo real COD belle mura:
E quanto piil cercava SUB misura
SI gli parea piu chiaro che cristallo,
E sl dlceva : egll e phI bello stallo
Ch' al Mondo mai trovasse creatura.
Ma pur quando si Cu molto aggirata ,
Di mangiare Ie venne gran desio,
E non trovando, eUa si fn turbata :
E diceva : egJi e pur megUo ehe 10
RltorDi al buca dove SODO usata ,
Che morte aver: perO m1 vo con DiD.
Cosl vogUo dir io :
La stanza e bella, avendoci vivanda ;
Ma qui non e, Be alcun non ce De manda.
---
BENEDETTO DA CINGOLI.
SONETTO.
Virtilsola vivace sempre splende,
Caduca e frale ogoi altra cosa glace :
Virtu dona quel ben che mai non spiace;
Non teme morte in chi virtU s' aceende.
Virtu fa nobUta, DOn come intende
n vulgo Indotto, quella Dea fallaee
Che sempre rota, e sl come a lei place ,
Stato onor e ricchezze togJie e rende.
Pubfard'unCodroinbrevetempounCrasso
Fortuna, e pub levar in alto stato
Un nom qual vuoi di plebe Infimo e basso;
Ma non pub (Jar al mondo un altro Cato ,
Col suo glocare e col soo errante passo :
NOD s' aequlsta virtU per sorte 0 fato.
............
5':

I •
E tanto phI fu quella cltta laUe,
Quanto si vede come con raglone
Conobbe II bene, e seguitar nol volle
Milziade, Arfstide e Focione,
DI Temistoele llDeor la dura sorte
Furon del vlver suo buon teattmone.
Questi per loro oprare egregio e forte
Furo 1 trionft eh' egll ebbon daquella ;
Prigione, estlio, vilipendio e morte.
Perehe nel volga Ie prese castella,
II sangue sparso, e l' oneste Cerite ,
Di picclol fallo ogn' infamia cancella.
Ma l' ingluste calunnie , e tanto wile
Contro al buon cittadin, talvolta fanno
Tirannico un ingegno umano e mite.
Spesso diventa un cittadln tiranno ,
E del viver civil trapassa II segno,
Per non sentir d' Ingratitodo 11 danno.
A Cesare oecupar fe' questa il regno;
E quel ehe Ingratitudo non concesse ;
Gil diede la ginst' ira , e 'I giusto sdegno.
Ma lasciam ir del popoll' interesse :
A' Principi, e moderni mi rlvolto,
Dove aneo ingrato euor natura messe.
Acomatto Basela, non dopo molto
Ch' egli ebbe dato II regno a Bliisitte,
Marl eollaecio Intomo al collo avvolto.
Ha Ie parti di Puglia derelitte
Consalvo, eel aI suo re sospetto vive 1
In premio delle GalUche scon1ltte.
Cerca del Mondo tutte l' ampie rive.
Troveral poebl Princlpi esser gratt,
Se leggerai quel che di lor slscrive.
E vedral come i mutator di statt,
E donator di regni sempre mal
Son con esUto, a morte rlstoratt.
Perche se uno stato mutar sai,
Dubita chi to hal principe fatto
Tu non gli tolga quel ehe dato gU baJ :
E non ti osserva poi Cede, ne patto :
Perche gli e phi potente la paura
Ch' egU ha di te, ehe I' obbUgo contratto.
E tanto tempo questo timor dura,
Quanto e' pena a veder sua st1rpe spenta ,
E di te, e de' tuoi la sepoltura.
Onde che spesso servendo sl stenia,
E pot del ben servlr se ne riP9rta
.Misera vita, e morte violenta.
Dunque non sendo ingratitodin marta,
Ciascun fuggir Ie corti e statt debbe ;
Che non c' is via che guiell l' uom plu corta
A pianger quel ch' e' volle, pol che l'ebbe ..
AUTORI DIVERS I. 807
TERNARI.
Chi sel tu, ehe non par eosa mOI1aie?
DI tanta grazia n eiel t' adorna e dota I
Perehe non post? e perche a' piedi hai I' nle?-
10 son l' Occasione, a pochi nota;
E la caglon che sempre mi travagU I
E perch' to tengo un pie 80pra una rota.
Volar non i!J ehe al mio correr s'agguag1i J
E pero I' ale a' piedf mi mantengo,
Acefo nel corso mio ciascuno abbagU.
Gli sparsi miei capel dinanzi io tengo ,
Con essi mf rfcopro n petto e 'I volto ,
Perch' un non mi conosca, quand' fo vengo.
Dietro del capo ognl capel m' is tolto;
Onde 10 van s' aftatica un , se g1t avvfene
Ch' 10 l' abbia trapassato ,os' fo mi volto.­
Dfmml chi e colel ehe teco vfene ?
E Penitenza; e pero nota, e intendl:
Chi non sa prender me , coste I ritiene.
E tu, mentre parlando n tempo spendi,
Occupato da mille penslervani,
Gill non t' avvedi, lasso, e non comprendi
Com' 10 tl son tuggita dalle mani.
EPIGBAMM.A DEL MEDESIMO.
Questa notte morl Pier Soderinl ,
E dell' Inferno s' affaccfo aile porte.
Dlsse Pluton: va aI limbo de' bambini,
VARIA LEZIONE
DBLLO ITllIO •• IOUJIIIA;
La notte che morl Pier Soderini ,
Sf presentO den' inferno aUa bocca ;
E Ploto gll grfdo: anima sciocca,
Che inferno? va nellimbo de' bambiBi.
•
II •••• II II
MICHELANGELO.
SONETTO
to.n DUB.
Dal mondo seese 81 clech1 ablssl, e pol
Che l' uoo e I' altro inferno vide, a Dio
Scorto dal gran pensier vivo salio,
Ene die In terra vero lume a not.
Stella d' alto valor eoi raggl suoi
611 occultl eterni a nol clechi scoprfo,
E 'n ebbe 11 premio al fin , che '1 mondo rio
Dona 80vente a' piu pregiati erm.
Di Dante mal for I' opre con08clute ,
E 'I bel desio da quel popolo fngato,
Che solo a' "uti meta d1 salute.

Lasso, ne manca de' tuoi figlt ancora
Chi Ie piil strane a te chiamando tosieme
La spada sua nel tuo bel corpo adopre I
Or son queste stmili all' antiche opre?
o pur cosi pletate e Dio s' onora?
Ahi secol duro, ahi tralignato seme I
--
GIOVANNI GUIDICCIONI.
SONE'ITO
A TIltCllllO 8aolnllO
Sullo liiio cl' llalla DIllIe perre dell ••
Questa, che tanti seco 11 gi8 stese .
Si lunge 11 bracclo del felice lmpero,
Don11a delle province, e dl quel vero
Valor che in chna d' alta gloria ascese;
Glace vii serva, e dl cotante ofrese
Che BOstien dal Tedesco e dan' lbero;
Non spera 11 fin; che indarno Marco e Piero
Chlama al suo scampo ed aile sue diCese.
Cosl , caduta la sua gloria in fonda ,
E domo e &pento n gran valore antico,
Ai colpi dell' iBglurie e fatta aegno.
. Puol tu non colmo dl dolor profondo,
Buonviso, udlr quel ch' io ptangendo dlco,
E non meco avvampar d' nn fero sdegno ?
SONETTO
Per Ie goerre del 1m.
»al pigro e grave BODllO, ove sepolta
Set giA tanti anni, omai sorgl e respira;
E disdegnosa Ie toe piaghe mira,
Italia mia, non men serva che stolta.
La bella libertA, ch' altri t' ha tolla
Per tuo non sano oprar, cerca e BOspira;
E 1 passl errnnti al cammin dritto gira ,
Da quel torto sentler dove sei volta.
Che se rlguardi Ie memorle antiche,
Vedral , che quei che i tuol trionft omaro,
T' han posto n giogo e di catene avvinta ,
. L' empie toe vogUe ate stessa nemiche,
Con gloria d' altrl e con tuo duolo amaro J
MJsera, t' hanno a Ii. vii fine spinta.
SONETTO
Per 10 Iteuo artomlll1to.
Degna nutrice delle chiare genti,
Ch' al di men foschi trionfar del mondo,
Albergo giA dt Del fido e giocondo,
Or di lagrime triste e di lamen ti ;
AUTORI DIVERSI .. 8U
Come po880 udir 10 Ie me dolenti
Voci, e mirar senza dolor prof undo
II sommo imperio tuo caduto al fondo,
Tante tue pompe e tanti pregl 8pentll
Tal, cost ancella, maesta riserhi,
E si dentro al mio cor sona II tuo nome,
Ch' i tooi sparsi vestigi inchlno e adoro :
Che fll a vederti in tanti onor superbi
Seder reina) e' 'ncoronata d' oro
Le glori088 e venerabil cJUome?
••••••••••
BENEDETTO V ABCHI.
SONETI'O
Sacrl, superbi, a vventurosi e carl
Marmi, che 'I pin bel Tosco in vol chludete,
E Ie saere ossa e 'I cener santo avete ,
Cui DOn to dopo lor ch' 10 sappia pari;
Poiche m' e tolto preziosi e rorl
ArabI odor, dl che vol degni sete
Quant' altri mal, con man pletose e Uete
Versani intomo, e cingenl d' altari;
Deh non schivate almen ch' umne e plo
A vol, quanto pin so, divoto lnchinl
Lo cor " che come pub v' onora ecole.
Cosl spargendo at ciel gigli e viole,
Prego Damone; e i bel colli vicini
Sonar : povero 11 don, ricco " 'I deslo.
.... .......
BERNARDO TASSO.
SONETfO
R ...... IIOlft DI CilLO T.
GiAintomoalmarmoche'lgranCarlo8SCOnde
Arsi avean mille cari arahi odor!
Germania, ltalia e Spagna; e quel di lIorl
Sparso e di pianto e dl lunerea !ronde:
Gill Febo, adorne Ie sue chiome hionde
DI sempre verdi e trionfali allori,
Cantan Ie sue glorie e i tanti onort
Ch' alto grldo di lui sparge e diff'onde;
Quando con dolce e non phI udito suono
L'Eternitate all' Improv\,iso apparve,
E nel sasso scolpi : qui colui giace
Cui I' un Mondo domar ai poco pane,
Che vinse l' altro, e d' amhi altrui fe' dono:
A ngurate a quest' ossa eterna pace.

Rl8plende, e gill tu mostro
Per la selva Nemea.
Con picciol suon t'remea,
Se dentro ombroso chiostro
Mosse primiero assalto
Tale II vivace ed alto
Valor, che in bocca altrui
Par che si avaOlt e cresca ,
. Della gente Sforzesca ,
Umil sorse infra nut,
Quando sl volse aU' arte
Del san guinoso Marte.
Ma pur, siccome toono
Che da nembo discende ,
Saeltator veloce ,
Tosto acerbo e feroce
Scosse sll' armi orrende;
Che ltalla empieo del suono j
Francesco, altel'Q dono
Di Marte a nostra etate ,
AI8n vestissi i tregi
Del MUanesl regi ,
E con Ie fone armate
Fe' sua virtute erede
Della promessa sede.
AHa mortal vaghezza
Stato par sl giocondo ,
Aver nuU' altro eguale ,
Che per sccttro reale
Spesso U clel, spes80 it mondo,
Si turba e si disprezza.
Ma qual totta e fierezza
Percossa Indica fera
Per riva erma e selvaggia ,
Tal e quando si oltraggia
Nobil anima altera;
E per quell' alte imprese
Francesco it fe' palese.
Ma se avvien cbe 5i girl
Su per r Insubria vinta,
Vlnto 8" 11 cantar mio,
. Dolce regina Clio
Scendi in bell' or succinta
Giu. dagli eterei girl;
E quella, onde tu spiri,
Fonte degU aurei suoni ,
Fistola eterna appresta ;
All' onorata testa
To vivo alloro imponi ,
E tu gil cingt il criDe
Di gemme alte divine.
SCELTA 01 POESIE.
CANZONE.
PEa ,a.lllCll8CO COIIUGA,
Generale de' venezlaDI. che Ii oppose. Carlo ."1.
Chi su per gtogbl alpestrl
Andra spumante a traviar torrente , .
Allor ch' ei mette in fuga 8Spro fremente
Gli abltator silvestri,
Edepredandointorno
Va con orribU como?
o chi nel gran turore
Moveni COBtro fier leon sanguigno?
Salvo chi dl diaspro e di macigno
Recinto avesse il core,
E la fronte e Ie piante
Di selce e di d1amante.
Muse, soverchio ardito
Son io, se d' almi eroi senza vol parlo;
Muse, chi I' onda sostener eli Carlo
Poteva, 0 'I fier ruggito,
Quand' et I' Italla corse ,
Di se medesma in forse ?
Cht di tanta vittoria
Frenar potea cor giovinetto altero ?
Chi? se non del bel Mincio n grlm guerriero?
Specchio ete1'no di gloria,
Asta di Mute, scoglio
AI barbarico orgoglio.
Non udi dunque invano
DaI genitor la peregrina Manto,
Quand' ei lingua disciolse a fedel canto,
Sovra n regno lontano;
E di dolce ventura
Fe' la sua via sicura.
FigUa, diss' egli, figlia,
Del cui bel Sol volgo i miei giorni alteri,
Sol dell' anima mia, Sol de' pensieri,
Se non Sol delle ciglla;
Dolce e udir nostrn sorte I
Pria cbe il ciel ne l' apporte .
Lunge daUe mie braccia,
Lunge da Tebe te n' andrai molt' anni.
Ne ti sia duol, che per sentier d' affanni
Verace ooor sl traccia j
Per cui chi non sospira,
Indarbo al cielo aspira.
Ma NUo e Gange 11 seno
Chiude a' tuoi lunghi errori, alma dilettll;
Sol Ie vestigia de" tuoi piedi aspetta
Italia, almo terreno,
La 've serene I' oude
Vago 11 Mineio diffonde.
La de' tuol chiari pregi
Suono andera sovra Ie stelle aurate ;
La di tuo nome appel1erai ciUate :
•

8.30 " SCEL TA DI POESIE.
+ DI destrierl e eli velc
CercO dell' Asia eon la destra armata
Sovra la terra e l' onde,
Sui Connidahil ponte
Quando tu giaci in pastorale allKargo
Dell' Europa afferrar la man tremante ;
Dentro r inopia e sotto peUi Irsute :
Ma sui gran di delle hattaglie n giunsi ,
Ne v' e chi a tua salute
E con Ie stragi delle tarhe Perse
Porga soccorso. 10 sola
Tingendo al mar dl Salamino iI volto,
Te chiamo a novo e glorioso stato :
Cbe anoor s' ammira sanguinoso e bruno,
Seguiml dunque, e I' alma
10 vendleai l' Insulto
Col pensier non contrasti a tanto invito j
Che negbittoso e lento
Fatto suU' Ellesponto al gran Nettuno.
Corsi sui Nilo, edell' egizia Donna
Gil non pub star su I' ale 11 gran momento. Al bel eollo appressai I' aspre ritorte,
Una felice Donna ed immortale,
Cbe della mente e nata degJi Dei ,.
E gemino veleno
Implacahile porsl
Allor risposi a lei ,
AI bel candido seno :
II sommo impero del mio cor si tiene,
E prio nel' antro ovea
E questa I mlet pensferi alto sostiene ,
Comhnttuta e conCusa
E gil avvolge per entro il suo gran lume, L' afrleana virtute ,
Cbe tutti i tuol splendori adomhra e preme : E aI Punico feroce
E se ben non presume
Recate di min man I' atre cieute.
Merltare il mio crin Ie tue corone,
Per me Boma avventb Ie fiammein grembo
Pur su l' alma Jo mi sento
All' emula Cartago,
Per lei doni maggiorl
Cb' ando errando per Lihia ombra sdqpl8fa,
DI tutti 1 regnl tuol,
Sinebe per me poi vide
Ne tu recargll ne rapirgli puol.
Trasformata l' imago
E come non comprende 11 mlo pensiero
Della sua gran nemica: "
Le splendide venture,
E allor place) I desiri "
Coslll pallldo ,aspetto ancor non scorge
Della feroce sua vendetta anUca :
Delle m1sere cure ;
E trasse anca i sospirf
L' orror di queste spogUe ,
Sovra l' ampia ruina
E dl questa capanna ancor non vede :
Dell' odlata maest! latina.
Vlve Cra l' auree Muse,
Rammentar non vogl' 10 l' orrlda spada,
E t favorlti tuol fig1l superbi
Con cui fui sopra al Cavalier tradito
Allor sarlan feUci,
Sui menfitieo lito,
Se avesser merto d' ascoltarsi un giorno
L' eterno suono de' miei versi intorno.
Ntlla crudel che 11 duro Cato uecise ,
N e 11 ferro cbe de' Cesari Ie membra
.Arse a' mlei detti , e fiammeggio, siccome Comincio a violar per man eli Bruto •
Suole stella crudel, eb' abhla disclolm
Teeo non tratterb I' alto furore
Le sanguinose chlome :
Sterminator de' regni :
Indi proruppe in minacce'Yol suono :
Cbe eapace non sel de' miet gran sdegni ,
Me teme it Daco, e me l' errante Scita,
Come non fosti delle gran venture :
Me de' Darhart Regl
A vral dell' ira mia piccioli segnt :
Paventan I' aspre madri,
Faro, ebe iI suooo altero
E slanno In mezzo all' aste
De' tuoi fervid! carmi
Per me in timldl aCCanni
Lento e roco rimhombe,
I purpurel Tlrannl;
E che I' umU slrlngbe
E negletto pastor d' Arcadia tenta
Or sembrino uguagliare aneo Ie trombe.
"Fare losin de' miei doni anco rifiuto?
II mio furor non e da lui temuto?
Ineli levossi Curiosa a volo ,
E ebfamati da lei
Son Cone l' opre de' mlet sdegni Ignoto?
Su 18 capanna mia vennero I nembi :
Ne ancor sl sa, che I' Oriente io corsi
Venner turbini e tuoni ,
Co' plecli Irati, e aUe province impressi
E con ciglio sereno
II petto eli proConde orme di morte?
DalJe grandini irate allora 10 vidi
Squarclalle hende ImperlaU e U crine
InCra halenf e lampi
A tre gran Donne in CroDte ,
Divorarsi Ia speme
E Ie commisi alle stagion Cuneste •.
Ben ml sovvien, che II temerario St'fSe
De' miei poveri campi.

GIUSEPPE PARINI.
ODE PRIMA.
Perehe turbarmi l' anima,
o d' oro e d' ooor brame I
Se del mio vlver Atropo
Presso e a troocar 10 stame i
E giia per me si piega
Sui remo il ooccbier broo
Colia I doode sl mega
Che piiI ritoroi aleoo?
Qoeste, che aneor ne avanzano
Ore fugaci e meste,
Belle De reoda e amabiJi
La libertade agreste.
Qol Cerere ne manda
Le biade, e Baeco il Yio;
Qui di fior s' inghirlanda
Bella lonoceoza it erin.
So, che felice stimasi
II possessor d' un' arca,
Che Ploto abbia propil.io
Di gran tesoro carca ;
Ma 60 ancor, ehe al poteote
Patpita oppresso il cor
Sotto la man soveote
Del gelato timor.
Me, noo nato a pereotere
Le dore iIlustri porle,
Nudo aeeorrA, ma Ubero I
II regno della morte.
No, rieehezza ne oDore
Con frode 0 con viltA
II secol vendi tore
Merear non mt vedrA.
Colli beaU e placldi I
Cbe il vago Eupili mio
Ciogete con dolciss1mo
Inseosibil pendio,
Dal bel rapirmi sento ,
Che natura vi die j
Ed esule contento
A vol rlvoJgo 11 pie.
GiA la quiete, agli uomini
Sl seonosciuta I in seao
Delle vostr' ombre apprestami
Caro albergo sereno;
E Ie cure e gU affanni
Qulndi lunge volar
Scorgo, e gire i tlraoni
Superbi ad agiw.
In van con eerchio orribile,
QuaSi campo di blade,
1 lor palagl attoroiaDo
AUTonl DIVERSJ..
Temute lance e spade;
Pen'> ch' eotro allor petto
Penetra nondimen
II trepido sospetto
Armato di velen.
Qual porteranoo Invidia
A me I ehe di fior elnto ,
Tra la famlglia rustlca,
A nessun glogo avvinto I
Come 60Iea in Aofriso
Febo pastor, vivrO;
E sempre eon un viso
La cetra sonen'> 1
Non fila d' oro nobiJi ,
D' iIIustre fabro cura,
10 &cotero, ma sempliei I
E care alia natura.
QueUe abbiail vate esperto
Nell' adolazlon;
Che la virtude e n merto
Daran legge at mio soon.
Inni dal petto suppliee
Alzero spesso ai cieli;
Si ehe lontao sf volgano
I turbini crndeli;
E da nol lunge avvampi
L' aspro sdegno goerrier j
Ne ci calpesti I campi
L' inimieo destrier.
E percbe ai Numi it fulmiue
Di man phI facU'cada,
Pingen'> lor la misera
Sassonica contrada I
Che vide arse sue spiehc
In un momento 601 ,
E gir mille fatlche
Col tetro fumo a vol.
E te, vUlan solleeito ,
Che per nuov' orme iI traleio
Saprai gmdar, frenandolo
Col pieghevoJe salcio j
E te 7 ehe steril parte
Del tuo terren 7 di piiI
Render farai eon arte,
Che ignota al padre fu :
Te co' miei carmi ai posteri
Faro passar felice;
DI te parlar piiI seeoli
S' ndirAIa pendice :
E sotto r alte plante
Vedraosi a riverir
Le quete ossa complante
I posteri venir.
Tale 8 me pur concedasi
Chiuder, campi beaU
Nel vostro alma ricovero
8-47

Me per I' urto e per l'lmpeto
De g11 atCetti tremendi ,
Me per 10 cieco avvolgere
De' casl, e per gli orreodi
De I gran re precipizil ,
Ove 11 cotumo cammlnando va
Segue tua dolce imagine,
Amabil donatrlce,
Grata spirando ambrosia
Su la strada tnfellce ;
E In sen nova eccitandomi ,
Miata a1 terrore, aeuta voluUA :
o sia, ehe a me la fervida
Mente ti mostrl, quando
In divin modi e in vario
Sennon, dissimulando ,
Versi d'logegno copia,
E saper, ehe 10 lngegno almo noW'l;
o sia, quando spontaneo
tepor tu mead at detti ,
E di gentUe aculeo
Altrul pungJ e diletti ,
Mal cauto dalle maidie,
Che de' tuoi vezzi la natura ordl.
Caro dolore, e specie
Gradevol di spaveoto ,
E mirar ftnto in tavoln,
E squallldo, e di lento
Sangoe rigato II giovnne
Che dal cmdo clnghJale ueclso tn.
Ma sovra lui se pendere
La madre degll Amorl ,
Cfngendol con Ie rosee
Braccla, si vede, 1 corl
Oh quanto allor sl sentono
Da glocondo tumulto agitar pin!
Certo maggior, mn simile
Fra Ie torblde scene
Senso in me desta in plngermi
Tue sembianze serene;
E aU' atre idee contessere
I bel pregl, onde sol sel pari ate,
Ben porteranno fnvidia
A' mtei novl placeri
Quaot' altri a sconer prendano
I voluml severt.
Che far, se amlco Genfo
SI amabU donatrice a lor non die?
ODE VIII.
.. IlL''',
sui ,"eaUre It la vlclime.
·Perehe aI bel petto e all' omero
Con sublta vic.enda ,
AUTon I DIVEnSI.
Perche, mla Silvia ingenua,
Togli It Indica benda,
Che Intorno a1 petto e all' omero,
Anzi alln goln e al meuto ,
Sorgea pur or, qual tumida
Vela nel mare al vento?
Forse spirnr di zeflro
Senti la tiepid' ora?
Ma nel giocondo ariete
Non venne n sole ancora.
Ecco, di neve insolita
Blanco r ispido verno I
Par che, sebben decrepito ,
Voglia serbarsi eterno.
" M' inganno? 0 il docil animo
G18 de' femmlnel rlti
Cede al potente imperiO;
E l' altre belle imitt ?
Qual nome 0 il caso 0 II genio
AI novo cuIto Impose,
Che sl dannosa copia
Svela dl gtgU erose?
Che l1a? Tu arrossi? E dubbia,
Col guardo al suol dimesso ,
NOD so qual detto monnor.,
Mal dalle labbra espresso ?
Parle. Ma intesl. Oh barbaro !
Ob nato dalle dure
Selef chtunque togUere
Da scelerata scure
Osb quel nome, infamia
Del secolo spletato ;
E die fonestf al1gurU
AI- femmtDile ornato ;
E con Ie truci Eumenldi
Le care Grazie avvlo8e ;
E di crudele tmmagtne
La tua bellezza tiDse I
Lascia, Mia Silvia lngenua,
Lascia cotauto orrore
All' altre belle, stupide
E di mente e di core.
AhU da lontana origlDe ,
Che accultamente nace I
Anco la Molle giovane
Puc) divenlr feroce.
Sai delle donne esimie ,
ODde sl chiara ottenne
Gloria I' antico Tevere ,
Silvia, aai tu che avvenne ,
Poi che la spola e il Crigio
Ago e gli studi cari
Mal sl recaro a tedlo
E i pudibondi Lari ,
E con baldanza improvvlda ,
Contro lI.gJi est'mpi primi ,
1
I

858
Ne rise iI perMo
Scaltro Cupido:
Ella fugglssene
Sdegnosa in Gnido.
Che In ognl amabile
Forma, ehe pNndi,
Troppo la super! ,
Troppo I' accendi.
CANZONE V.
I.' ISOL1 1.0100.
La bella Dave e pronta :
Eceo la sponda e n lido,
Dove nocchler Cupido,
Belle, v' invita al mar.
Mlrate come I' ancora
GiA dall' arena svelsero
Mille Amorin, che apprestanll
Festosi a navigar.
Di porpora e In vela,
Che ai zeOrl si stende,
• E a governarla prende
II Riso condottier.
I.' aure se ne innnm:\rano ,
E I' ali intorno hattono
Scherzando, e la fan torgtda
Di fiato lusinghier.
Fregia Ie forti antenne
Ben lavorato argento;
E I' arte all' ornamento
Pregio aecrescendo va.
I,a poppa e tuttaavorio,
D' oro contesta e d' ebano I
Dentro la qual s' Bssidono
It Vezzo e la BeltA.
La speme 11 timon regge ,
E vanno in dolci girl
I teneri Desirl
Movendo I' agil pie;
Cento Lusinghe amabili
II bellegno passeggiano :
Liete per man si tengono
La Seniti!, la Fe.
Treece di vaghi fiorl ,
Persi, vermigli e bianebl,
Pendono giu dai tlanchi ,
Del ben spalmato pin:
Fra dilettose imagini
Siede l' allegro Genlo,
Di rose odorosissime
Ornato il blondo erin.
Sotto l' altero ante
Par di doleezza acceso,
Superbo del bel peso,
L' arnico ilutto andar :
Per l' aeque I pesci piZZ8.!lO ,
SCELTA Dl POESIE.
Quasi d' amore avvamplno,
E i duri scogli e gelidi
Sembrano anch' easi amar.
Ed eceo Arnor favella,
E a' luol soavl accenti
TaeeioDo In aria i venti
E n eiel si fa seren :
Ad ascoltarlo' sorgono
I.e belle Dee marittime,
E luor dell' aeque sporgono
n delicato sen.
AI mare, ei grlda, al mare,
Belle ebe mi seguite :
Meeo a imparar venite
L' arti cbe detta Arnor.
Non molto lungi e un' Isola
Tutta ridente e florida,
Dove ad amar s' addestrano
I semplicetti eor,
Tacque; e la bjonda FiUe ,
La bruna Galatea,
La candida Nerea
Sui bellegno san :
E Dorf e Nisa e Cloride,
E cent' altre v' ascesero :
E n pino veloclssimo
Da1 margine fuggi.
GInnte all'.amena splaggia ,
Pronta Ie aecolse in pria
La fredda Ritrosia,
Cbe arnor non sa gradir;
E Ie Ripulse vennero
In atto sebive e rigide,
Che contrastando rendono
PiiI fervido 11 desir:
Poi la PietA pudlca
Loro si fece tlvanti;
Degl' infellci amantl
Le pene lor narro :
NarrO Ie notti vigiU,
Le sconsolate lacrime ;
La pura fede, il nobile
Lungo servir lodo.
Venne la Teoerezza ,
E nelle lor pupUle
Vivlssime faviile
Fu prima a rlsvegliar;
Ene' lor euori tactta
Seese, e tentOd' accendere
I piiI sottili spiriti ,
E amore eonsigliar.
Quando I' astuto Inganno
Giunse , e in lor gU occbi fis&e :
Belle, ascoltate, ei disse,
- Consiglio piu fedel :
Amate, sl; ma placeiavi

864
POEMETTO ANACREONTlCO.
L·O.TO DI COLO .... O.
AI dllca Francesco Farnese.
Canto U pomiCero
Colomlano
Bel s\1olo : porgimi
Tu, buon Silvano ,
Le pastorall
Callne ineguall.
Tu dolce iospirale :
A lui cantiamo I
Che in mezzo a regie
Cure veggiarno
La mente e 'I clglio
Pien di consiglio.
La non IgtlobiJe
Degli Orti arnica
QUi teeo aasidasi
Util fatiea,
Ed' un 8Orrl80
RaUegri U "Iso.
Dintomo a lueide
Marre appoggiate
Y' ascoltin Drladi
Ingbirlandate
D' erbe la chioma,
E d' auree pomn.
Ve quante estranie
Elette pere
Pendon dagli alberi
Dispostl a schiere
Su vie cbe l' arte
Segna e comparte.
U pargolegglnno
Di fogUe folti
I tronehi docUi,
E in guisa colti,
Che di Natura
Par genio e cura.
U in alto poggiano
Vlvacl e lieti,
E largbe ·ve.stono
Nude pareti,
E ai bei legami
Porgono 1 rami.
Di verse patrie,
Nomi diversl, .
Cbe Ii dlstinguono ,
Son da tacersi.
Qui nati han pregio
Piu ebe altro egregio:
Qui meglio imparano
A tlgurarsi
Lor fibre, e agt'voU
E destre farsi
SCELTA DI.PO·ESIE.
Al nudritore
Terrestre umore :
Onde poi varlo
D' alml saporl,
Onde dissimile
Di bel eolori
Pcr cntro lora
Si fa lavoro.
Lil it Pesco e 'I Mandorlo ,
L' aureo Susino
FeUci crescono,
E al pellegrino
Suolo ooor tutti
Fan co' bei frutU:
Pornn qui spuntano
Sl ben tornite ,
E in viva porpora
S\ colorite ;
Che 81 crin POlll9na
Ne vuol corona.
Quanti lit pendono
Su 1 troncbl antlcbi
Sttllanti ambrosia
Maturl 1Ichi I
Uguria, i tuol
Tacer ben puoi.
Qui tutte accogliere
Volle Vertuuno
L' alme dovizie
Dellieto Autunno :
Mirate quante
Pregiate piante I
Nlil piano vedovo
D' onor lasciaro
La Ninfe rustiche ,
Cbe 10 avvezzaro
Bleche di doni
Far sue stagfonf ;
A.nzi sel veggono
Con fertil seno
Tutte precedere
D' ogni terreno
Le industrl e care
Primide rare.
Quanta, 0 fruttiCeri
Solehi, schiudete
Ferace copia I
Quanti cbiedete
Veni I Ma stanco
Lo stil vien rnanco.
Grazie, avvivatelo :
E tu dintomo,
Lieto Fa,'ooio ,
Temprami iI giorno
Caldo inrocato
Con fresco fialo.

Ve' la rieehlsaimo
Di bella prole .
Popon , che al fervido
Raggio del.
In su I' acquosa
Gleba sl posa :
Fauno, uno spiccane,
Un ehe eli spogUa
Pin scabro e turgido
Tra foglia e CogUa
La stesso scorgi ,
E a me 10 plrgl.
Tosto vo' fenderlo;
Poi d' uno schemo
Giusto derldere
n sueco eterno ,
Cbe all' alta mensa
Elle dlspeD88.
Ve' come l' emola
Sua tortuosa
Serpe e eliramasi
Cola frondosa,
Del 5uol Ceeondo
Men nobU plndo.
NUu purpureo,
Ne tubeato
Tondo Cooomero ,
Ioonorato
La dovestai
Ti giacerai :
Tu sel, coo I' avlda
Sete fugando
Val I' arse ed arlde
Fauci rigando
Di larga e pretta
Ruglada eletta.
Tu, verde Asparago ,
Salubre tanto,
La sorg!) e chiamano
Lor primo vanto
Te Ie seconde
Mense gloeonde.
Eeco ecco U florldo
Soccbiuso In fogUe
Maltese Cavolo :
Or chi mi togUe
In lungbi modi
Teaser sue lodi?
Caro ogoor ebbUo,
E sempre avrollo :
Su via traplantalo
Per man d' Apollo
Lungo un tuo fonte ,
Anacreonte.
Distinte in grappoU
Eeeo fronzute
AUTORl DIVERS)'
+ Dolei odorifere
Uveminute:
Non so lor cOme
Dar degno nome.
Solo elle la glUia
Del here estivo ,
Spuntar lui tenero
Tralcio oativo
Con rosee vene
Di nettar piene.
Nevoi tralascio,
Schlera gentile ,
Soavi Fragole,
Ostro d' april" :
Fra totte Flora
Vol sole onora.
Qui su la tepida
Stagion fiorita
Gode essa cogUervi
Con blanche dlta,
Prontllsilvestri
Verdi canestri.
Te non 10 muovere
Vo' dal tuo 80100,
. Te, cui cbiamarono
Venen di Coleo
I.e Venoslne
Note divine:
Ne te , cui fecero ,
Slccome e seritto ,
Lor Dea Ie credule
Gentt d' Egltto.
DI buon Poeta
Uso mel vieta.
Cosa men nobile,
Che in bassa parte
Giaccla, e intrattabile
Ripugni all' arte,
I.e dotte Muse
Taeer son use.
Ma til, eh' In pampani
Tutta t' Intrecel,
Ombrosa Pergola,
De' boschereccl
Numi diletto
Fido rieetto"
Di' , qual memoria
D' illutrl carmi
M' otTron Ie Imagini
Vive ne' marmi
EffiglaU,
E qUi locatl ?
Tu mi rammemori
. Nel veeebio Anchise
D' Enea 80 gU omeri
Lui, che in pin guise
55
865

8GG
Piacque aI vetusto
Secol d' Augusto.
Prima sue faciU
Sih'estri canne
Cantaron vomeri,
Ville e capanne;
Poscia fur tromba ,
Cb' alto rimbomba.
Deb I tu il magnanimo
FBANcEsco 1 a cui
Fin gloria aequiatano
Questi ozj sui,
Del 8UO pur ess1
Gran genio impresai ,
Tu per me pregalo,
Cbe IU l' antico
Lodato esempio
Con volto amico
Voigasi a queatl
Mlei carmi Agresti.
Cbe lie mal d' epiea
Cetra vorranno
Degnarml I' lnclite
Dive cbe fanno
Ne' eanti suoi
Viver gil Erol,
Vedra II cblarissimo
Trojan guerriero
Del paro celebri
Fra II grande
_
e 'I vel'O
Ir del F ABNESB
Nome r imprelle.
.... -
VINCENZO MONTI.
CANZONE PRIMA.
IL GLOIO &DOft.l.,ICO.
Quando Giason dal Pello
SpInBe nel mar gli abet!,
E primo corse a I'Ompere
Co' rem! II seno a Teti ,
Su l' alta poppa lntrepido
Col fior del sangue Acbeo
Vide 1ft Greeta ueendere
Il gtovlnetto OrCeo.
Stendea Ie dlta eburnee
Su la materna lira;
E al Tracio suon cbetavaal
De' venti 11 ftacbio e )' Ira.
Meravigllando aeeorsero
Dl Doride Ie figlie ;
Nettuno a' verdi aUpedi
LuclO eader Ie brlgJie.
SCELTA DI POESIE.
Cantava 11 vate Odrllio
D' Argo la gloria intanto ,
E dolce errar sentivasi
Su I' alme greebe 11 canto.
o della Senna ueoltaml,
Novello TiO lovitto:
Vinse i portent! Argolicl
L' aereo tuo tragltto.
Tentar del mare I vorticl
Forse e si gran pensfel'O,
Come occupar de' fulmini
L' Invlolato Impel'O?
Deb I perebe al n08tro secolo
Non die propizio it fato
D' un altro Orfeo la cetera,
Se un Montgolller n' badato?
Maggior del prode Esonide
Sorse di Gallia 11 08110.
Applaudl, Europa attonita ,
Al volator naviglio,
Non mal Natura, all' orcli.De
Delle sue leggi lntesa,
Dalla potenza chimiea
Soffrl pin bella offeaa.
Mlrabll arte, ODd' aIzas1
Di Sthaltio e Black la fama,
Pera 10 Ito Ito clnico ,
Che frenesia ti ehiama.
De' corpi entro Ie vi8eere
Tu I"acre sguardo avventl,
E Invan celarsi tentano
GI' indociU elementi.
Daile tenaci tenebre
La verltA traesti ;
E delle raucbe ipoteal
Tregua aI furor ponesti.
Brillo Sofia piu fulgida
Del tuo splendor ve&tlta,
E Ie sorgent! apparvero,
Onde 11 creato ba vita.
L' Igneo terribU aere t
Che dentro U suol profondo
Pasce I tremuoti, e i cardini
Fa vacillar del mondo,
Reso innocente or vedBo
Da' patrj corpi uscire:
E gilt domato ed utile
Al domator &enire.
Per lui del pondo tmmemore
Mirabil COM I in alto '
Va la materia, e inaoUto
Porta aile nubi 01881to.
II gran prodigio immobiU
I rigunrdanU laSS8 ,
E dI terrore un palplto
In ogni cor trapaasa.

Taee la terra, e monano
Del del Ie vie deserte :
Stan mille volti pallldt ,
Emilie bocebe aperte.
Sorge 11 diretto e I' estasi
In mezzo allo spavento ,
E i pie mal fermi agognano
Ir dietro al guardo attento.
Pace e silenzio, 0 turbini :
Deb I non vi prenda sdegno,
Se umane salme vareano
Delle tempeste U regno.
Battien la neve, 0 Dorea ,
Cbe gio daI crin ti cola;
L' etra sereno e Iibero
Cedi a Bobert, cbe vola.
Non egli vien d' Orlzia
A insidiar Ie vogUe :
Costa rimorBi e lagrime
Tentar d' un Dio la moglie.
Mise Teseo ne' talami
Dell' atro Dite II piede :
Punillo II Fato, e tn Erebo
Fra eeppi eterni or siede.
Ma gill di Francia II Dedalo
Nel mar dell' aure e lunge:
Lleve 10 porta Zeftro ,
E I' occbio appena iI gfunge.
Fosco di Iil profondaBi
II 8uol faggente at lumi.
E come larve appaJono
Cltta, foreate e fluDd.
Certo la vista onibUe
L' alme aggblacciar dovrJa ;
Ma di Rolw.rt nell' anima
Cbinsa e aI terror la via.
E gIA I' auclace esempio
I pia rltrosi acqui8ta;
Glit mille globi aseendono
Alia fatal conquista.
Umano ardir, paelftca
}'Uoaofta sieura,
Qual lona mat, quall1mfte
II tuo poter misura ?
Raplstl aI clel Ie folgori,
Cbe debellate Innante
Con troncbe all ti cad.dero ,
E ti lambir Ie pian¥.
Frenar guidatl I calcoli
Dal tuo pensiero ardito
Degli astrlll motG e I' orbita ,
L' olimpo, e I' inftnito.
Svelaro U volto incognito
Le pia rimote stelle,
Ed appressar Ie t1mide
Lor vergini ftammelle.
AUTonl DIVERSI.
Del sole I rai dlvldere ,
Pesar quest' aria osasti ;
La terra, il foco, iI 'pelago,
Le fere e I' uom domastl.
Oggi a calcar Ie nuvole
Glunse la tua virtute,
E di natura stettero
Le leggi inem e mute.
Che piu ti resta? Infrangere
Anebe alia Morte it telo,
E della "ita II nettal"e
Libar con Glove in clelo.
CAN ZONE If.
.1..01 PF.BEGIINO.
B6i
/I. IU. EcceIlenu I. 8/pora PriDcipeua DoNlU ConUZi
BIA8(;BI OftJ:8TI Data FALOOIUU. nipole dl Plo VI.
Degl'incostanti secoU
Propagator divino,
Aile clttadi incognito
Negletto peregrino,
10 tI saluto, 0 tenera
De' cor conquistatrice :
Amor son fo ; ravvisami ;
Aseolta un inrelfce.
Sf bagneran di lagrime
I tuol vezzosi rat ,
Se la crudele latorla
D1 mle vfcende udral.
Luce del Mondo ed anima,
Dal cfel mandato fo venni ,
E primo i dolci palpftl
Dell' uman core ottennl.
Duce Natura e regola
A' passi miei &1 tea;
Ed io contento e docile
Su I' onne sue correa.
Dt sacri altemi vincolf
Congiunsi allor Ie genti,
E all' armonla dell' ordine
TuUe avvezzatle menti.
L' uomo alia sua propagine
E all' amlstade inteso
Lieto vlvea ; ne oppresselo
Delle sue brame II peso.
Vlrtude e Alnor sorgevano
Con un medesmo volo, :
Ed eran ambo un impeto I
Un sentimento solo. .
Amor vegliava at talaml,
Amor aedea sui core;
Le leggi; I patti, 1 IimiU,
Tutto segnava Amore.
Ma quando sl cangiarono
In cittadine mura
55.

Conqu1stator sorriso.
Amor, dl tua vlttoria
Come vorrel lagnarmi?
Chi mal dovea resistere ,
Potendo , a tue bell' arml?
In nol t' accrebbe imperio
La destra man cortell4',
Che m08ll8 dalle Grazie
A' bacl mlei 51 stese.
Risvegliator di zefirt
VentagUo avea la manca ,
Onde IOlea percotere
Lieve la gota bianca.
Ne'moti or lenti or rapidi
Ane apparia maestra ;
La spettator dell' AngUa
Cost Ie belle addestra.
Oman, che d' Ebe uguagUano
Per lor blanebezza II seno,
Ove ftssando allegrasi
Glove di core pleno.
Forse si Catte In Carla
Endimlon stringea,
Qoando da] carro argenteo
Diana a 101 &Cendea.
Quei vagbl occhi cerolel
Movea (rattanto Amore;
Rette per loi &cendevano
Le dolci note a] core.
Come potrei ripetere
Quel ch' a me udtr fo dato?
Dal novo toco iDIOUto
Troppo era 11 cor torbato.
CANZONETTA.
L1 IOLI'nlDlIII.
Lase1a 110gnati Demoni
Dl Faterina e Armida;
Porgi I' orecchio astoria
Piil antica , e meno infida.
Sparta, severo osplzlo
Dl rigtda virtude ,
Trasse a lottar Ie Verginf
In so l' arena 19nude.
Non di rossor si videro
Contaminar la gOla :
E la vergogna Inutile,
Dove la coJpa e ignota.
Fra padri aosteri immobile
La gioventil sedea,
E sconosciuto incendlo
Per gil occhi II cor bevea.
Ma d' oro 0 d' arti indeblte
Preda belta non era ;
AUTORI DIVERSI.
Sacre aUa patria, di8llero :
Per lei combatti, e spera.
Grecia tremo; vlttoria
De' cblestl amor fu Iteta;
Premio gil estlntl ottennero
Di lagrlma segreta.
Chi v' ba raplto, 0 secoli
Degof d' eterna lode?
Tulto svani. Trionfano
Fasto, avarizia, e frode.
Fuggiamo, 0 care, tnvolatl
Dalla citt. fallaee :
Meco ne' boscbi annidati,
Cbe 101 ne' boschi e pace.
Remoto alhergo spazia
Sui colli, e al clel torreggta :
Certo inveechio Penelope
In men superba reggiL
La Ciparisso ad Ecate
Sacro Ie cime Innalza :
L. degll abell crescono
Ombre d' opposta baiza.
L' arbore ond' arae in Fiigia
La Berecintia Diva,
Contrasta at vento: ei mormora ,
E I crin pari anti aniva.
Un antro IOlitario
Nel tofo apriron J' aeque,
Forse che a dl phI semplicl
Fo rozzo, e rouo piacque.
II vide arte , e solleeita
Vi secondo natura;
Tetl dl sua dovizia
Vestl Ie opache mura.
Onde argentine In copia
Dalla muscosa conca
Versa tranquiUa Najade
Custode alia apelonca.
Spesso la Ciprla Venere.
Ne'speechl ermi s' asslae,
Quando del Clel dlmentica
Seguia pel monti Ancbise.
II vide, amollo, e 80pplice
Furtive nozze offene;
Fornir I' erbette 11 talamo,
Un elce 11 ricoperse.
Sol gioghi Idalif crebbero
Cento vergate plante,
E Ie fortune apparvero
nell' indiscreto amante.
. Ab se dl gioja in80lita
E fmtto un tanto errore,
Rlcusl aile mie lagrime
Gli estremi doni Amore.
Vienl : te wotf aspettano
Da core f d' beati :
879
,

The End.
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