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Introduzione di Gilberto Isella
Non c’è dubbio: questo è un libro in espansione, impaziente
di creare ulteriori nessi e reticoli. Contiene il tacito
invito, rivolto a tutti, a partecipare al gioco che ha appassionato
gli autori. Ma quale gioco si nasconde dietro il titolo
ingannevolmente pomposo, che richiama allegorie d’altri
tempi? Un distico còlto al volo ne potrebbe riassumere
bene la natura: “Io fragolo, tu spini, egli miela,/ noi cerchiamo
un linguaggio puro come l’infanzia”. Vorremmo
porre questo enunciato in sintonia con la celebre affermazione
di Freud, secondo cui il bambino gioca con le parole
come fossero cose. Per i nostri amici il linguaggio-cosa si fa
scrigno di sorprese, sirena di un gioco liberatorio le cui
regole sono evidenti: far oscillare l’ordine ‘razionale’ del
codice, le gerarchie imposte alla sfera del dire. Un gioco
dove il soffio etico – perché di questo si tratta infine – è
appena percepibile nella suoneria degli accostamenti verbali.
Dove le vie del senso si rivelano potenziali, come presso
i fanciulli, i saggi e i poeti. Vizi e virtù, ritornati virgulti
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