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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Autori Vari<br />
<strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong><br />
<strong>Secondo</strong> <strong>Volume</strong><br />
2
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
<strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong><br />
Abbiamo raggiunto il secondo appuntamento<br />
importante per <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong>,quello della seconda<br />
edizione del concorso letterario nazionale. Un<br />
risultato ed un traguardo per nulla<br />
scontato,soprattutto perché raggiunto in uno scenario<br />
in cui la deriva culturale, l’assopimento delle<br />
coscienze e delle menti umane è divenuto strategia<br />
dell’agire del potere politico ed economico.<br />
Il lavoro effettuato da quella sera di agosto 2008,<br />
nella quale si è deciso di intraprendere questo<br />
progetto, è stato tanto e ha visto come tappe<br />
fondamentali<br />
• La realizzazione del sito www.pagineribelli.it<br />
• L’organizzazione del primo e del secondo<br />
concorso letterario nazionale Adriano<br />
Zunino<br />
• L’incontro importante e qualificante con la<br />
compagnia teatrale TimoteoTeatro di Elio<br />
Berti ‘I commedianti’.Da questa<br />
collaborazione sono scaturiti lavori di<br />
drammatizzazione,di rievocazione e di<br />
declamazione collettiva delle opere legate alle<br />
due edizioni del nostro concorso che hanno<br />
arricchito di significato e di qualità il nostro<br />
lavoro. Testimonianza di quanto le varie<br />
espressioni artistiche: poesia, racconti,teatro<br />
e musica si compenetrino e permettano di<br />
realizzare e costruire momenti di incontro<br />
3
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
collettivo e di spettacolo che a pieno titolo si<br />
annoverano in ciò che comunemente viene<br />
definito “espressione artistica”.<br />
• La collaborazione importante e significativa<br />
con la prof. Roberta Melandri che ha curato<br />
l’aspetto musicale di tutte le manifestazioni<br />
pubbliche ha dato un ulteriore senso al<br />
nostro lavoro<br />
• La disponibilità,la qualificata competenza<br />
degli esponenti della giuria ha assicurato una<br />
grande continuità e serietà nelle valutazioni<br />
delle opere<br />
• Soprattutto le adesioni e i lavori dei<br />
partecipanti ai nostri concorsi ci hanno<br />
permesso di traguardare risultati importanti<br />
per noi inimmaginabili all’inizio del nostro<br />
percorso. E di ciò ringraziamo ancora tutti gli<br />
autori e i partecipanti ai nostri concorsi.<br />
L’impegno per il futuro è di continuare e rafforzare<br />
questo progetto, aperto a tutti coloro i quali vorranno<br />
partecipare, al di la e al di sopra delle appartenenze<br />
politiche e partitiche dei singoli.<br />
Un ringraziamento sentito a tutti coloro i quali hanno<br />
realizzato tutto questo e vorranno continuare questa<br />
straordinaria esperienza.<br />
La redazione di <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong><br />
4<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Proprietà letteraria degli Autori<br />
A.A.V.V. – <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> © 2010<br />
www.pagineribelli.it<br />
Stampato in proprio nel giugno 2010<br />
I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.<br />
Nessuna parte di questo libro può essere usata,<br />
riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi senza<br />
autorizzazione scritta dell’autore.<br />
5
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Indice<br />
PAGINE RIBELLI.......................................................<br />
3<br />
PREFAZIONE<br />
........................................................... 9<br />
1. POESIA INEDITA.................................................<br />
13<br />
1.1 LA STORIA SI FA VERITÀ<br />
1.2 OMBRE<br />
1.3 PICCOLE PIAZZE<br />
1.4 MALEDETTA ESTATE<br />
................................... 13<br />
.......................................................... 14<br />
1.5 DOVE BALLANO LE FOGLIE<br />
1.6 ANNI<br />
............................................... 15<br />
........................................ 16<br />
................................ 18<br />
............................................................. 20<br />
1.7 OMBRE AL SUOLO<br />
1.8 IL RITORNO<br />
1.9 LIBERTÀ ?<br />
1.10 GIORNI<br />
............................................ 21<br />
..................................................... 22<br />
...................................................... 24<br />
........................................................ 25<br />
2. RACCONTO INEDITO............................................<br />
26<br />
2.1 LUSSURIA FUNEBRE<br />
.......................................... 26<br />
2.3 ROSE E LYSEBLÅ ............................................ 34<br />
2.4 L’IMPORTANZA DELLE DATE<br />
2.5 HO INCONTRATO UNO YETI<br />
2.6 IL BICCHIERE DELLA STAFFA.<br />
2.7 LENA<br />
.............................. 42<br />
................................ 52<br />
............................. 60<br />
........................................................... 66<br />
2.8 UNA GRATA E UNA STECCA ............................... 78<br />
6
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.9 UN INIZIO TRA SOGNO E REALTÀ ........................ 85<br />
2.10 IL PRIMO AMORE<br />
............................................ 91<br />
3. DECLINANDO AL FEMMINILE.................................<br />
98<br />
3.1 IL PIANTO DELLA TERRA AI PIRATI…<br />
3.2 L’ULTIMA DECISIONE<br />
3.3 PRIMO GIORNO<br />
3.4 E SI RUPPE L’INCANTESIMO<br />
.................. 98<br />
.................................... 100<br />
............................................. 106<br />
............................. 107<br />
3.5 CENTO ANNI ................................................. 113<br />
3.6 LA FEMMINISTA E L’IPPOCAMPO<br />
....................... 114<br />
3.7 STREGA........................................................<br />
123<br />
3.8 CENERE<br />
3.9 VERONICA BRUCIA<br />
3.10 GLORIA<br />
....................................................... 128<br />
......................................... 138<br />
..................................................... 143<br />
4. LA RESISTENZA IERI E OGGI...............................<br />
145<br />
4.2 LA MALORA<br />
4.3 UCCIDETE CESARE<br />
4.4 A VICTOR JARA<br />
................................................. 145<br />
........................................ 149<br />
............................................ 151<br />
4.5 SONO ANDATO A TROVARE IL MIO ANGELO CUSTODE<br />
......................................................................... 153<br />
4.6 IL SALUTO<br />
4.7 IVAN<br />
4.8 4/11/1944<br />
.................................................... 161<br />
........................................................... 169<br />
................................................. 172<br />
7
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.9 BANDA STELLA ............................................. 174<br />
4.10 NO<br />
............................................................ 182<br />
5. FUORI CONCORSO.............................................<br />
184<br />
5.1 IL MIO CANTO DI SOLITUDINE POLITICA<br />
.............. 184<br />
6. LA CLASSIFICA DEL CONCORSO...........................<br />
186<br />
POESIA INEDITA....................................................<br />
186<br />
RACCONTO INEDITO..............................................<br />
186<br />
DECLINANDO AL FEMMINILE...................................<br />
187<br />
LA RESISTENZA IERI E OGGI....................................<br />
187<br />
8
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Prefazione<br />
di Mauro Bramardi<br />
Con l’avvento della scrittura il vedere acquistò un<br />
primato rispetto all’udire. Ciò ha comportato un<br />
passaggio da un tipo di intelligenza chiamata<br />
simultanea a un altro tipo di intelligenza considerata<br />
più evoluta che è quella sequenziale. L’intelligenza<br />
simultanea è caratterizzata dalla capacità di trattare<br />
nello stesso tempo più informazioni, senza essere in<br />
grado di stabilire una successione, una gerarchia e<br />
quindi un ordine.<br />
L’intelligenza sequenziale, invece, quella che usiamo<br />
per leggere, necessita di una successione rigorosa e<br />
rigida che articola e analizza i codici grafici disposti in<br />
linea. Sull’intelligenza sequenziale poggia quasi tutto il<br />
patrimonio di conoscenze dell’uomo occidentale. Ma<br />
questo tipo di intelligenza, che fino a qualche anno fa<br />
sembrava un progresso acquisito e definitivo, oggi<br />
sembra entrare in crisi ad opera di un ritorno<br />
dell’intelligenza simultanea più consona all'immagine<br />
che all’alfabeto.<br />
Naturalmente guardare è più facile che leggere e<br />
quindi i lettori di libri diventeranno sempre più rari e<br />
in questo mondo mediatico, anche un po’ strani.<br />
L’homo sapiens, capace di decodificare segni ed<br />
elaborare concetti astratti è, come dice Raffaele<br />
Simone, sul punto di essere soppiantato dall’homo<br />
videns che non è portatore di un pensiero, ma<br />
fruitore di immagini, con conseguente<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
“impoverimento del capire” dovuto all'incremento<br />
del consumo di televisione. E come è noto, una<br />
moltitudine che “non capisce” è il bene più prezioso<br />
di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le<br />
folle.<br />
Archimede disse una volta: “Datemi un punto di<br />
appoggio e solleverò il mondo”. Oggi ci avrebbe<br />
indicato i nostri mezzi di comunicazione elettronici<br />
dicendo: “ Mi appoggerò ai vostri occhi, alle vostre<br />
orecchie, ai vostri nervi e al vostro cervello, e il<br />
mondo si sposterà al ritmo e nella direzione che<br />
sceglierò io”. Ma una volta che abbiamo consegnato i<br />
nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle<br />
manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti<br />
prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie, i nervi<br />
e il cervello, il risultato sarà che non avremo più<br />
diritti.<br />
Se in questa società i lettori diventeranno sempre<br />
meno, i poeti diventeranno sempre più strani, un po'<br />
folli. Come diceva Basaglia la follia è una condizione<br />
umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è<br />
la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile,<br />
dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.<br />
Il poeta fa quello che fa il bambino giocando: crea un<br />
mondo di fantasia, che prende molto sul serio; che,<br />
cioè, carica di forti importi d’affetto, pur<br />
distinguendolo nettamente dalla realtà. Il poeta non<br />
potrà cambiare il mondo ma potrà essere un granello<br />
10
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
di sabbia che alla fine distruggerà questo meccanismo<br />
perfetto.<br />
Ci piace alla fine di questa prefazione ricordare la<br />
poetessa Alda Merini, che da sempre, proprio per<br />
averlo subito, ha combattuto il manicomio che aveva<br />
come sua ragion d'essere far diventare razionale<br />
l'irrazionale.<br />
“E' inutile accantonare certe figure che io raccolto<br />
durante la mia vita asociale cintata da quelle mura che<br />
tutti hanno creduto sterili e senza canto. Ci sono<br />
anni, in cui la poesia tace, ed è come se la vita si<br />
tirasse indietro e dai polpastrelli scompare l'attitudine<br />
al tatto, alla materia, al brivido. Sono anni incolori in<br />
cui uno si siede a numerare le piastrelle del suo<br />
pavimento che gli sembrano rombi infelici rispetto<br />
alla sua grandezza.<br />
Ti parlo di pancacce di legno e intendo dire che<br />
queste panche hanno deriso ma hanno anche rivelato<br />
i grandi misteri della vita. Queste panche erano alberi,<br />
alberi pieni di suoni e di colori, e bastava un poco di<br />
fantasia per dimorare in quella grande stanchezza che<br />
genera le albe migliori e i figli... sì, i figli non li avresti<br />
dimenticati mentre sorgeva la notte, mentre tante<br />
anime erano inoperose(...).<br />
Alle volte ho riso del mio disfacimento e di quello<br />
degli altri, delle calunnie e delle magie occulte. E poi<br />
come erano ilari certi confini tra il sogno e la realtà. Il<br />
delirio, quel cornicione asciutto su cui ho camminato<br />
11
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
per anni come una sonnambula con le labbra in<br />
avanti, ansiosa di un bacio d'amore.<br />
Oggi devo sempre giustificarmi nelle trattorie, e<br />
quando mi chiedono “è sola?” dico che siamo in tre,<br />
noi due e l'amica ironia, la beffa del poeta contro la<br />
vita.”<br />
A. Merini Queste panche erano alberi aut-aut n.285-<br />
286<br />
M.McLuhan Gli strumenti del comunicare Il<br />
Saggiatore<br />
R.Simone La terza fase. Forme di sapere che stiamo<br />
perdendo Laterza<br />
G. Sartori Homo videns. Televisione e post-pensiero<br />
Laterza<br />
U.Galimerti I miti del nostro tempo Feltrinelli<br />
12<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1. Poesia Inedita<br />
1.1 La storia si fa verità<br />
di Paolo Pietrini<br />
Torna sempre il passato<br />
dalle nebbie diradate,<br />
lo raccoglie il presente<br />
sulle rive senza tempo<br />
e consegna al futuro<br />
memoria e menzogna.<br />
Ammantata la storia,<br />
la presenta chi ha vinto,<br />
agghindata e rifatta<br />
dai giornali e in tivu.<br />
Il passato è già oggi<br />
ma vestito di nuovo,<br />
di terrore e leggende<br />
ritagliate nel falso,<br />
bugie messe in scena<br />
dagli affari al potere.<br />
Poi sospira la Storia<br />
e riscopre il passato<br />
ed eroi senza nome<br />
ogni giorno si battono<br />
per cambiare il presente.<br />
Dove Storia si fa verità.<br />
13<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.2 Ombre<br />
di Igino Mazzieri<br />
Siamo ombre in fuga dalla notte.<br />
Siamo ombre nel deserto<br />
o nera schiuma sul mare.<br />
Siamo ombre<br />
sulle vostre spiagge ingombre.<br />
Siamo nere fetide alghe<br />
stese sul litorale<br />
o sul molo ad asciugare.<br />
Siamo ombre<br />
nelle penombre dei vostri giardini.<br />
Siamo neri mendicanti<br />
sporchi pellegrini, viandanti<br />
tra chiese, ponti e stazioni.<br />
Siamo ombre<br />
davanti alle vostre vetrine<br />
Siamo ombre chine<br />
a scavare diamanti<br />
a raccogliere ortaggi<br />
a pulire i vostri escrementi.<br />
Siamo le ombre<br />
delle vostre false preghiere.<br />
14<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.3 Piccole piazze<br />
di Gennaro De Falco<br />
Lo sguardo si perde<br />
nelle ombre dei palazzi<br />
incrostati di colpevole miseria<br />
Il vento non scuote i lampioni del corso:<br />
sono immobili<br />
come la gente che parla<br />
davanti ai negozi<br />
o nelle piccole piazze.<br />
Un’umidità antica<br />
stropiccia i loro vestiti...<br />
Marzo 2009, quartiere San Giovanni a Teduccio (Na)<br />
indice<br />
15
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.4 Maledetta estate<br />
di Susanna Giannotti<br />
Volubile estate,<br />
impazzita di luce<br />
sfogli ricordi<br />
madidi di sudore<br />
dietro ombrose colline.<br />
Ubriaca di vita,<br />
intrecci e sciogli<br />
promesse<br />
abbracciate ai rami<br />
scossi dal vento.<br />
E lasci cadere<br />
gocce di sale<br />
su strade sterrate,<br />
arse da sole.<br />
Silente estate,<br />
cancelli<br />
orme incerte<br />
di amanti perduti,<br />
in attesa dell'alba.<br />
E scopri ombre<br />
illuse, tradite<br />
da fiori di vetro<br />
sotto un opaco tramonto.<br />
Pigra estate,<br />
ti celi dietro l'afa<br />
e non vedi la notte<br />
16
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
assomigliare<br />
sempre più alla morte.<br />
Rimane il nulla<br />
di un corpo straziato<br />
sull'asfalto lucido,<br />
nel buio di un'estate particolare<br />
... da dimenticare ...<br />
17<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.5 Dove ballano le foglie<br />
di Cesare Oddera<br />
La storia del vecchio lenzuolo vestito da uomo<br />
me l'ha detta una volta la Delia<br />
una sera che il vento ogni tanto spegneva le luci<br />
Dalla finestra qualche volta, la notte,<br />
era la figlia morta da un po'<br />
Desolava<br />
Quando la Delia gridava<br />
lo zio bestemmiava forte la Vergine<br />
e ne lasciava scendere uno secco sul tavolo<br />
così tutto finiva<br />
La Delia, piangendo, tornava a coricarsi<br />
Tu e io eravamo più o meno bambini<br />
La Delia l'ha detta anni dopo,<br />
quando era vecchia e velina<br />
e puzzava di morto<br />
Mi pareva tanto leggera, pensavo,<br />
che se il vento fosse entrato<br />
l'avrebbe fatta sua senza fatica<br />
L'avrebbe portata dove la figlia<br />
si abbracciava da sola,<br />
oltre il lenzuolo,<br />
dove ballano le foglie<br />
Tu e io eravamo più o meno ragazzi<br />
“Ora nel mondo c'è troppi studiati”<br />
ha aggiunto la Delia<br />
“Non si può più credere a cose così”<br />
18
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Lo zio si curava la vita insieme alla Delia,<br />
lasciando sempre il vino a metà<br />
Tu beviti il fondo, amore mio<br />
Il fondo della verità e della bottiglia<br />
Il fondo che mai nessuno ha osato toccare<br />
indice<br />
19
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.6 Anni<br />
di Armando Romano<br />
Lo vedo camminare<br />
appoggiandosi a un bastone,<br />
tutto impacciato e molto lento.<br />
E mi prende un’ansia,<br />
come per un presagio…<br />
Il mio futuro mi passa accanto…<br />
Ostia Lido 04/02/2009<br />
20<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.7 Ombre al suolo<br />
di Enrico Barbieri<br />
Allungate ombre cadono al suolo<br />
con un guizzo felino, ed occupano<br />
i miei spazi mentali nelle ore calde<br />
del meriggio estivo. Orbite vuote<br />
i loro occhi accusano senza motivo;<br />
le mie difese non hanno potenza<br />
sufficiente a contrastarle quando<br />
i cieli stellati sono spazi nei quali<br />
corro e raccolgo le idee, ed annoto<br />
qualcosa a matita sui miei quaderni.<br />
Purtroppo non fisso, a metà<br />
della strada tra le labbra e le mani,<br />
sorridenti visi di donna, ritratti<br />
d'ignobili promesse che nessuno<br />
sa mantenere né vuole. Così le ore<br />
come traghetti infernali m'imbarcano<br />
per mete mai viste, città inesistenti<br />
e giardini fatiscenti; ho sul tavolo<br />
una tazza di thé zuccherato solo<br />
per darmi più tono e carisma,<br />
e mentre mi siedo di nuovo a pensare<br />
alle spalle i miei libri si riversano<br />
a terra spandendo fragranze di mondi<br />
incrociati e non ancora amalgamati.<br />
21<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.8 Il ritorno<br />
di Chris Mao<br />
L'ombra sola non basta,<br />
a sveltire il passo dell'uomo<br />
stanco di pietre e fascine,<br />
portate oltre muri<br />
fieri d'essere argine e confine<br />
di poderi gonfi di semine,<br />
e compagni terreni<br />
di nuvole predone<br />
d'aria immensamente pura.<br />
Lesto,un pensiero precede<br />
la gobba del boscaiolo<br />
sulla strada di casa e appare,<br />
prima avvisaglia del ritorno,<br />
una brace d'azzurro<br />
fra i ceppi torturati dal fuoco.<br />
Sulla diagonale scura del tetto<br />
un'alzata di fumo annuncia<br />
il tepore e l'abbandono,<br />
cresce una bava di vento<br />
al varcar della soglia,<br />
come una spinta al meritato ristoro.<br />
Chi ora preme alle pendici<br />
d'una montagna d'inchiostro<br />
conosce il prezzo della fatica;<br />
ed esalta il fruscio delle gore,<br />
lacera il groviglio dei rovi,<br />
22
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
rende alla zolla il sangue della terra.<br />
Prepara la traccia<br />
di un nuovo risveglio.<br />
23<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.9 Libertà ?<br />
di Marco Laratro<br />
Senz'eco, sorda ogni voce<br />
-flebile, quasi un lamentocome<br />
in croce sotto lo schianto<br />
di missili, spari, valori.<br />
Solo utopia la pace.<br />
Nebbie di sentimento<br />
su fede e sincerità.<br />
Vago nuovo orizzonte<br />
la libertà.<br />
Nido senza più canto<br />
sospeso a rami di cera<br />
resta ormai la famiglia<br />
tra memorie<br />
sempre più opache e rare.<br />
Ma anche il bip di richiami<br />
da un etere gonfio di cori<br />
al totem dei cellulari,<br />
si fa guinzaglio sonoro,<br />
oscuro stretto collare.<br />
Viva la scienza.<br />
Dal cavo d'una conchiglia<br />
neanche il sospiro, del mare.<br />
Libero filo d'amianto,<br />
nell' indifferenza -misteroforse<br />
si leva soltanto<br />
il pensiero.<br />
24
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
1.10 Giorni<br />
di Piero Baroni<br />
Giorni spesi come soldi vinti<br />
troppo vuoti che non bastano i sogni,<br />
giorni di giovinezza che non ricordo,<br />
tesoro seppellito nella mente,<br />
profumo di illusioni perdute,<br />
uccise ogni sera da una realtà aguzza,<br />
giorni vissuti col cuore in gola<br />
a rincorrere la vita per erte pianure,<br />
giorni di noia<br />
buttati cercando risposte,<br />
fissando il mare,<br />
onde veloci parlano di noi,<br />
venire da dove,<br />
per andare chissà dove a morire,<br />
giorni pesanti come anni,<br />
che non fa mai notte<br />
e vorresti fosse l'ultima<br />
ma poi al buio,<br />
rannicchiato,<br />
eterno bambino,<br />
disobbediente sfidi il sonno,<br />
e attendi sveglio<br />
le promesse di domani.<br />
25<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2. Racconto Inedito<br />
2.1 Lussuria funebre<br />
di Mario Trapaletti (Trap)<br />
Un'erezione quasi ad angolo retto. Da tre giorni. Va<br />
be' il rigor mortis, ma cominciava a dare scandalo.<br />
C'avevano provato a dissimularla sotto paramenti e<br />
cuscini, ma il montarozzo aveva solo rimarcato<br />
l'exploit. Meglio lasciare tutto alla luce del sole.<br />
Eravamo accorsi a migliaia, per vedere quel<br />
fenomeno al limite del miracoloso: persino le Suore<br />
Eremite del Santuario di Sant'Olindo, i Frati Astinenti<br />
di Lomellina, Lunigiana e Oltrepopavese, le Monache<br />
Oblate del Natalizio Avvento e i Cappuccini Oranti<br />
per la Pratica Universale delle Laudi Armoniose.<br />
Tutti e tutte sgranavano occhi e rosari, bisbigliando di<br />
un novello miracolo della Resurrezione.<br />
Non si poteva più tollerare: l'immagine del defunto<br />
vescovo usciva umiliata, sbeffeggiata, lui che in vita<br />
era stato così pio e casto.<br />
Le anime, anche le più serafiche, erano turbate: lo si<br />
intuiva dagli sguardi, dai rossori, dai pallori. Ognuno<br />
si lasciava andare a pensieri secondo l'animo suo: il<br />
frate godereccio e mondano sorrideva all'idea della<br />
Sua Eminenza che giungeva davanti a S. Pietro con<br />
quel siluro in posizione di lancio e si pregustava le<br />
battutacce che gli avrebbero riservato Bonolis e De<br />
Laurentis (“che ne direbbe di una tazza di caffè<br />
26
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Lamazza?... lungo, vero?... Poverino, la morte l'ha<br />
colto in fallo... Eccesso di rigidità morale”... e li<br />
pagavano pure!); la suorina di origini contadine<br />
s'indignava all'idea di tutto quel bendidio dato in<br />
pasto ai vermi; la marchesa Adelaide Galaverna<br />
Pimpinelli de' Stremassi sognava dove potrebbe<br />
collocare nel suo attico quel superbo appendisciarpe,<br />
una volta muminificato.. .<br />
La stoffa del semplice abito talare, che il porporato<br />
aveva chiesto di indossare in punto di morte,<br />
presentava ormai una ben delimitata zona lisa, per<br />
l'eccessiva tensione e per l'abrasività degli sguardi.<br />
Che più li si voleva tener lontani, più si accanivano a<br />
levigare quel minuscolo lembo di sipario. La lingua<br />
batte dove il dente duole, pensavano non poche pie<br />
dame di carità, peraltro senza più denti.<br />
Quand'ecco, tra il lusco e il brusco, un'impudica<br />
Crocallis elinguaria, falena dell'ordine delle<br />
Geometridae, andò leziosamente a planare proprio<br />
sulla sommità del rigor mortis. “Non più andrai,<br />
farfallone amoroso” si trovò a canticchiare Carlo<br />
Raggio, maestro di cappella del Duomo. La solita<br />
suorina di campagna - a ciascuno la sua cultura - fu<br />
sorpresa a bisbigliare ‘La vispa Teresa fra l'erbetta /<br />
rincorrea la farfalletta’.<br />
Era... certo, era il Demonio, che, dopo aver fatto la<br />
pentola, veniva a metterci il coperchio.<br />
Che fare?<br />
L'aria era ormai così impregnata di lascivia, che la<br />
tagliavi a fettine da farci crostini con mozzarella e<br />
27
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
senape. Dai meandri dei ricordi scolastici venivano<br />
recuperati e proiettati sulle pareti microfilm delle<br />
scene più audaci del “Decameron”. Le menti più<br />
raffinate trasudavano sequenze da ‘Les 120 journées<br />
de Sodome ou l'Ecole du libertinage’ del Divin<br />
Marchese. Quelle più sensibili e tormentate<br />
riandavano ai conflitti del Tommaseo in ‘Fede e<br />
bellezza’. Una suorina di Bergamo lasciò allibiti i più,<br />
mandando in onda pagine infuocate dal ‘Berghem de<br />
sutra’, scritto da goliardici seminaristi sulla scorta del<br />
Kamasutra. Ci fu -un'interferenza, certo -la<br />
proiezione di una sequenza da ‘Metti Lo Diavolo Tuo<br />
Ne Lo Mio Inferno’, film cult del ‘72.<br />
Nel frattempo, la Crocallis elinguaria era ancora lì,<br />
statuaria. Ci fu chi s'avvicinò per soffiarla via, ma si<br />
fermò per tempo: troppo simile allo spegnimento di<br />
una candela sulla torta di compleanno.<br />
Le pareti erano imbrattate di lussuria, rosee di quel<br />
virginale pigmento che abbellisce le donne<br />
all'approssimarsi della copula. Già le religiose<br />
presenti pennellavano sguardi formato ‘estasi di S.<br />
Teresa’; già i religiosi si flagellavano le coscienze per<br />
essersi scordati gli esercizi spirituali del Loyola.<br />
Allorché il segretario del defunto vescovo, con voce<br />
arrochita dalla libidine, gracchiò: “L'esorcista! ci<br />
vuole l'esorcista !”. Si corse si chiese si cercò si<br />
chiamò si richiamò. Niente: l'esorcista non si trovava.<br />
“Scarichiamolo -suggerì una suorina dell'ordine delle<br />
Imenottere Scalze - da YouTube”. La battuta in sé<br />
28
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
non era male, ma si arenò sull'ottusità di quelle menti<br />
retrograde.<br />
Fu allora che si catapultò nella stanza il sacrestano<br />
capo del Duomo: nella destra, il turibolo incensante;<br />
nella sinistra, l'aspersorio dell'acqua santa, berciando:<br />
“Papè Satàn! Papè Satàn ‘ste ceppe! e roteando<br />
intorno alla salma come un go-kart. La falena, scossa<br />
sui nervi, decollò a razzo e planò proprio sulla bocca<br />
dell'invasato sacrestano, quasi a suggerirgli ‘Il silenzio<br />
degli innocenti’.<br />
Un fremito si diffuse tra la folla degli aspiranti satiri e<br />
baccanti,subito spento dal guizzo di un lampo che si<br />
abbatté sul rigor mortis, incenerendolo. Un'altra<br />
saetta vergò a lettere di fuoco sull'abito nero del<br />
vescovo: “Pelvis es, pelvis eris”.<br />
Caddero tutti in ginocchio, qualcuno fracassandosi la<br />
rotula, qualcun altro martoriando i calcagni di chi gli<br />
stava davanti. Una voce malferma e gracchiante<br />
attaccò “L’Ave Maria, gratia plena”, cui presto fece<br />
eco il ‘Sancta Maria mater Dei’ di tutti i presenti,<br />
tranne il sacrestano, sempre intento a limonare con la<br />
Crocallis elinguaria.<br />
“Eros e Thanatos”, pensò il vecchio monsignore,<br />
dotto umanista d'altri tempi. “L'arbitro ha voluto<br />
sanzionare un autentico fallo da rigor mortis” ghignò<br />
acuto l'estimatore di Bartezzaghi (figlio).Di tutta la<br />
vicenda, restò solo una pugnetta 1 di cenere.<br />
1 pugnetto,proto,pugnetto<br />
29
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.2 Un caffè maledettamente amaro<br />
di Pierangelo Colombo<br />
Irrompendo prepotentemente attraverso la grande<br />
vetrata, i raggi abbacinanti di un sole primaverile si<br />
tingono d'oro inondando di luce paglierina l'intera<br />
tromba delle scale.<br />
Investita dalla luce, la polvere, sospesa nel tempo e<br />
nello spazio, fluttua lieve e cangiante nell'aria.<br />
Testimone silente della storia umana, pur in balia<br />
d'impercettibili correnti d'aria, il pulviscolo s'insinua<br />
in ogni dove, rammentando l'inesorabile fluire del<br />
tempo.<br />
Aggrappandosi alla ringhiera delle scale, Mario<br />
s'appresta a scalare quell'interminabile sequela di<br />
gradini che lo separano dall'uscio di casa.<br />
Scalini che, invecchiando, ha imparato a conoscere<br />
centimetro per centimetro, grazie ai dolori alle<br />
ginocchia e quel leggero senso di vertigine che lo<br />
coglie guardando di sotto.<br />
Nella mano destra la sporta con la spesa: due pani<br />
bianchi, un etto di prosciutto e una bottiglia di<br />
Marino, mentre il fiato si fa sempre più corto a causa<br />
della polvere forse, o più probabilmente dal peso<br />
invisibile, ma non meno greve, di quelle sue<br />
settantasei primavere.<br />
Respira a fatica quell'aria stantia che sa di polvere, di<br />
vecchio, mentre affronta ogni gradino come una<br />
scalata dove l'ossigeno pare diradarsi salendo; i<br />
polmoni aspirano avidamente quell'aria priva degli<br />
30
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
odori di una volta quando, ad ogni ballatoio, aromi di<br />
cucinato ne salutavano il passaggio.<br />
Profumi di roba povera da mangiare, tuttavia pregni<br />
di calore umano, riti e cordialità.<br />
Sterili cibi precotti hanno rimpiazzato i soffritti, gli<br />
intingoli preparati meticolosamente; così come visi<br />
giovani,dalla sfrontata superbia, hanno sostituito i<br />
volti famigliari di coinquilini fattisi nel tempo<br />
compagni di viaggio attraverso quegli anni poveri del<br />
dopoguerra,dove mancava tutto tranne i sogni e le<br />
speranze.<br />
Strano come il tempo e le vicissitudini possano<br />
modificare ciò che pare immutabile. Quelle quattro<br />
mura ad esempio, che videro i sogni, le gioie e le<br />
speranze nutrite fra i disagi e sacrifici di una coppia di<br />
sposini, parevano allora così ristrette: inadeguate a<br />
contenere un amore tanto grande.<br />
Ora invece, dopo che Annamaria era scomparsa<br />
lasciando un abisso incolmabile dietro di sé, quelle<br />
stesse mura, facendosi di ghiaccio, sembrano<br />
espandersi all'infinito. La camera pare ora così<br />
grande, vuota, silenziosa; così come la cucina, fredda,<br />
senza profumi o il vapore del perenne tegame sopra<br />
un fuoco lento; nemmeno il caffè ha più lo stesso<br />
aroma: non v'é zucchero al mondo in grado<br />
d'addolcirlo.<br />
Lentamente,come una marea che ritirandosi deposita<br />
frammenti di madreperla sulla sabbia, immagini<br />
sbiadite riemergono dai meandri della memoria.<br />
31
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Serate invernali in cui la mancanza dell'energia<br />
elettrica, incitava la coppia ad un'intimità impagabile.<br />
Chiacchierate leggere ad innaffiare partite a briscola al<br />
chiaro di candele; giochi che lentamentesi<br />
tramutavano in maliziosi accenni a svaghi assai più<br />
arditi. Carezze, ammiccamenti e sguardi complici.<br />
Sospiri, avvinghiati nella penombra di un’intimità<br />
tremolante a lucore di quella fiammella sinuosa come<br />
una danzatrice del ventre,mentre lentamente,<br />
dolcemente, consumavano un ardore impagabile.<br />
Impossibile dimenticare quegli occhi profondi e dolci<br />
come il miele; il profumo di cipria, i capelli fluenti e la<br />
risata semplice di Annamaria.<br />
Ad ogni gradino la malinconia accresce, mentre la<br />
speranza d'incontrare qualcuno con cui parlare<br />
s'affievolisce ad ogni passo, ad ogni gradino di quella<br />
scala così grigia e deserta; tetra come quella di un<br />
penitenziario.<br />
Un eremo la sua casa, deserta come i suoi giorni;<br />
nessun vicino con la stessa voglia di sparlare del<br />
tempo, di donne e del governo. Soltanto la televisione<br />
a diffondere voce umana fra quelle mura bianche e<br />
sterili, tinte dall'amara tristezza per quel sogno mai<br />
avverato di un figlio.<br />
Il tedio vivere attraverso giorni identici a se stessi<br />
nella tetra malinconia della solitudine. Unico barlume<br />
il mercoledì, con un breve scambio di battute con<br />
sora Lella, che per dieci euro l’ora ne rassetta la casa;<br />
persona affabile se non fosse per la perenne fretta.<br />
32
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
La stessa impazienza di un bambino assale Mario,<br />
nell'attendere quel mercoledì come fosse un Natale,<br />
gioendo intimamente di quella “visita”, fremendo nel<br />
risentire passi femminili riecheggiare svelti fra le mura<br />
di casa.<br />
Mestamente affronta un ultimo gradino; prima di<br />
entrare in quella cella imbottita di ricordi, voltandosi,<br />
guarda quel vuoto dietro a sé, quello spazio lasciato<br />
dalla compagna. Un vuoto lentamente colmato da<br />
lacrime che credeva ormai esaurite.<br />
Sentendosi inutile, come una candela in pieno sole,<br />
apre l'uscio, mentre l'aroma del caffè mattutino<br />
l'avvolge; quel caffè così maledettamente amaro, che<br />
nessun tipo di zucchero al mondo sa addolcire.<br />
indice<br />
33
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.3 Rose e Lyseblå<br />
di Cristina Mantisi<br />
Il vecchio marinaio giunse nel piccolo paese di<br />
Mefjordvær in una fredda giornata di luglio. Il vento,<br />
teso e pungente, spingeva le onde oltre il molo,<br />
facendole allungare sulla piccola spiaggia bianca, al di<br />
sotto delle piccole case di legno, colorate, per lo più,<br />
di rosso. Solo la vecchia fabbrica del pesce, sulla<br />
palafitta che si spingeva parallela alla punta del porto,<br />
si staccava dalle case per il suo colore bianco. L'odore<br />
dei merluzzi essiccati, appesi tutti in fila ai sostegni di<br />
legno, si mescolava al profumo salmastro dell'aria.<br />
L'uomo, di nome Johan Christian, posteggiò la sua<br />
vecchia roulotte, tirata da una macchina ancora più<br />
datata, nel piccolo slargo proprio all'inizio della<br />
passeggiata sul molo. Si sarebbe fermato lì finché ne<br />
avesse avuto voglia, fino a quando la sua instancabile<br />
irrequietudine di nomade senza pace non lo avesse<br />
spinto a cambiare zona.<br />
A quell'ora le strade erano deserte o quasi. I fari di<br />
un'auto si profilarono dalla curva in fondo alla via<br />
principale. Era una macchina familiare, di un colore<br />
come ormai non se ne vedevano più da anni. Il<br />
marinaio si consolò, guardando la sua. Non era il solo<br />
a girare con un pezzo d’ “antikvitet”!<br />
Mentre preparava la lenza, caricando il rocchetto con<br />
del filo nuovo, riguardò in direzione della macchina<br />
distrattamente, ma con un quel poco di attenzione da<br />
permettergli di notare che l'auto era stata fermata da<br />
due bambine.<br />
34
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
“Saranno parenti venuti in visita”, pensò tra sé.<br />
“Accidenti!”, inveì con gesto di rabbia: il venditore<br />
del negozio di Husöy lo aveva imbrogliato e gli aveva<br />
rifilato un filo più sottile. Non avrebbe tirato su che<br />
sardine! La macchina era sempre ferma.<br />
Si sarebbe potuto dire, anzi, che stava cercando di<br />
spostarsi per proseguire, ostacolata dalle due bambine<br />
che continuavano a saltellarle intorno. “Beati i<br />
bambini che han sempre voglia di giocare!”, pensò.<br />
Il mare era veramente brutto. Un'onda saltò tanto in<br />
alto da superare lo sbarramento dei grossi massi<br />
addossati al muraglione del molo. “Non fa niente”,<br />
pensò deciso, adocchiando un angolo più riparato,<br />
“per ora proverò a pescare due pesci per la cena;<br />
semmai ci tornerò più tardi, se il vento si sarà<br />
calmato”. Generalmente dopo la mezzanotte il tempo<br />
cambiava decisamente, o in meglio o, anche, in<br />
peggio. Anche la punta all'imboccatura della baia<br />
avrebbe potuto essere un posto buono per pescare, a<br />
patto che il fondo non fosse stato pieno di alghe. Una<br />
raffica di vento, più violenta delle altre, passando tra<br />
le due case vicine, soffiò forte come un ululato<br />
improvviso facendolo trasalire. Si diede dello stupido:<br />
a lui il vento non aveva mai fatto paura, neppure<br />
quando usciva in barca spingendosi al largo. Allora sì<br />
che c'era da ridere. C'erano giornate in cui si ballava<br />
tanto forte che, una volta tornati con i piedi per terra,<br />
si continuava a camminare come se si fosse ancora<br />
sulla gobba dell'onda.<br />
35
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Ecco, la canna era armata, la scatoletta degli ami e il<br />
secchio pronti. Avrebbe portato anche il retino.<br />
La macchina, intanto, sopraggiunse a velocità<br />
piuttosto forte superando di molto il limite dei trenta<br />
indicato dal cartello. Sgommando, nello slargo tra le<br />
case e la roulotte, eseguì un'ardita inversione di<br />
marcia con una sola manovra e, accelerando<br />
ulteriormente, ritornò sulla strada da dove era<br />
arrivata, sparendo, in un attimo, dietro la curva.<br />
L'uomo guardò le nuvole correre rapide, scure e<br />
accavallate le une sulle altre.<br />
Correvano tanto veloci che Johan Christian si sentì<br />
sbandare, quasi fosse stato lui stesso un corpo in<br />
corsa nell'aria burrascosa.<br />
Avrebbe indossato anche la cerata e gli stivaloni di<br />
gomma.<br />
Sulla strada, intanto, era apparso un piccolo cane<br />
bianco che se ne andava tranquillamente a passeggio<br />
come se il resto del mondo non fosse esistito,<br />
soffermandosi, ora vicino al muretto di un giardino,<br />
ora sotto un cespuglio o vicino a un palo. Non si<br />
curava del vento che gli arruffava il lungo pelo.<br />
L'uomo lo chiamò, ma il cane non lo degnò di uno<br />
sguardo. La lunga figura allampanata di un individuo<br />
gli passò vicino. Da dove era sbucato? Nessuno dei<br />
due salutò l'altro, ma quello sguardo gli trapassò<br />
l'anima. Un brivido innaturale lo fece sussultare.<br />
Strano, neppure il vento lo aveva mai fatto<br />
rabbrividire in quel modo. Dicevano, al suo paese,<br />
quando era bambino, che quel brivido era il diavolo,<br />
36
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
il freddo della morte che si avvicinava, travestendosi<br />
da viandante. Lo guardò allontanarsi lentamente.<br />
Come camminava piano! Chissà perché desiderò che<br />
accelerasse il passo e sparisse subito dalla sua vista.<br />
Avrebbe aspettato un attimo, poi sarebbe andato a<br />
pescare. Si sorprese a chiedersi dove fossero finite le<br />
due bambine. Forse la mamma le aveva chiamate per<br />
la cena. Entrò nella sua roulotte per indossare un<br />
altro maglione, l'ultimo che gli aveva fatto la sua<br />
adorata moglie prima di andarsene all'altro mondo.<br />
Quanto gli mancava Charlotte! Se l'avesse ancora<br />
avuta vicino, non sarebbe diventato un orso solitario<br />
sempre alla ricerca di un posto in cui cercare pace.<br />
Mai si sarebbe ridotto a girovagare come uno zingaro,<br />
mai...<br />
Accarezzò la morbida lana immaginandosi di toccare,<br />
con le sue, le mani di Charlotte. Forse, al culmine<br />
disperato dell'illusione, le sentì davvero quelle mani,<br />
filo dopo filo, in un intreccio di vecchi ricordi.<br />
Grosse lacrime gli scivolarono tra le rughe profonde<br />
del viso, seguendone il percorso come un ruscello<br />
percorre il suo alveo tortuoso.<br />
Dei pugni ripetuti e improvvisi alla porta della<br />
roulotte lo fecero trasalire. Quasi immediatamente<br />
altri due pugni ancora più forti e raccapriccianti. Si<br />
asciugò il viso con fare rabbioso e aprì la porta con<br />
violenza quasi a voler cogliere di sorpresa gli autori di<br />
quel gesto così maleducato e irrispettoso. Sentì di<br />
odiarli ancor prima di averli visti: come potevano<br />
permettersi di violare il suo dolce ricordo?<br />
37
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Si sorprese nello scorgere le due bambine proprio lì,<br />
vicine alla sua roulotte. Le creature, dall'aspetto tanto<br />
innocente, vedendolo, cominciarono a ridere e a<br />
muovere un passo di danza come un girotondo<br />
infantile. L'uomo scrollò il capo, accennando un<br />
sorriso di rimprovero. Una delle due indossava una<br />
mantellina e un berretto a larghe falde in tessuto<br />
cerato color rosa come pure rosa erano gli stivaletti di<br />
gomma. L'altra era tutta vestita di celeste. Entrambe<br />
bionde con grandi occhi azzurri. Erano molto<br />
graziose, pensò l'uomo, sarebbero sembrate due<br />
angeli se qualcosa in quello sguardo non lo avesse<br />
messo quasi a disagio. Ridendo vezzosamente<br />
risposero al suo saluto e corsero via saltellando e<br />
canticchiando un'antica filastrocca.<br />
Quella filastrocca... l'aveva già sentita tanti anni<br />
addietro. Trafficò ancora in roulotte cercando un<br />
vecchio libro, l'unico libro di fiabe conservato. Dove<br />
era andato a finire? Era sicuro di averlo portato con<br />
sé. Rovistò nei contenitori sotto il divano,nei pensili,<br />
gettando fuori tutto ciò che gli venne tra le mani. Più<br />
cose ammassava sui piccoli divani, più sentiva<br />
crescere in lui un'ansia febbrile, da farlo star male.<br />
Doveva trovare quel libro, doveva leggere di nuovo<br />
quelle parole, doveva sapere chi erano le due<br />
bambine. Rammentava una storia che da piccolo gli<br />
faceva sempre tanta paura; ricordava le notti insonni<br />
mentre restava rannicchiato sotto la pesante coperta,<br />
nascosto e fermo, vigile al minimo rumore, cercando<br />
quasi di non respirare. La mamma, però, non aveva<br />
38
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
mai saputo delle sue angosce, la sua voce era così<br />
tranquilla mentre leggeva la sera, seduta vicino al suo<br />
letto. Johan Christian sapeva che, se fosse venuta al<br />
corrente delle sue paure, la mamma avrebbe smesso<br />
di leggergliele. Si guardò intorno: che pasticcio,<br />
adesso avrebbe dovuto rimettere tutto a posto.<br />
Stupido, si era proprio comportato da stupido, aver<br />
avuto di nuovo paura di una canzoncina come<br />
quando era un bambino! Ma che cosa stavano<br />
cantando quelle due là fuori? C'era, in quelle voci,<br />
qualcosa di strano, avrebbe quasi detto di diabolico.<br />
L'uomo stava diventando irrequieto. Quella<br />
macchina, prima, non era andata via, no, quella<br />
macchina era ... fuggita via!<br />
Le onde si erano rigonfiate con più forza e, adesso, si<br />
accavallavano tutte sorpassando il molo. Ebbe la<br />
tentazione di riagganciare la roulotte alla macchina e<br />
scappare. Si diede nuovamente dello sciocco. Qualche<br />
anno prima non si sarebbe fatto suggestionare così da<br />
una insensata combinazione d'eventi.<br />
Grandi nuvoloni avevano completamente ricoperto le<br />
montagne intorno; si erano abbassati talmente da<br />
sfiorare i tetti delle case.<br />
Adesso ricordava la filastrocca: narrava di due piccole<br />
streghe,Rose e Lyseblå, che vivevano sull'isola di<br />
Senja. Si presentavano sempre come due bambine<br />
dai volti ingenui e sorridenti. Arrivavano saltellando e<br />
giocando. Chiunque si fosse fermato ad ascoltarle,<br />
sarebbe stato catturato dalle loro voci. “Mio Dio!”<br />
esclamò Johan Christian e cadde in ginocchio,<br />
39
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
facendosi il segno della croce “non voglio morire<br />
adesso. Ti prego, salvami, non voglio morire” lo<br />
aveva gridato con una forza inaudita, mentre i singulti<br />
del pianto gli stavano squassando il petto. Si prese la<br />
testa tra le mani.<br />
Le sentì, erano dietro la porta della roulotte. Stavano<br />
ridendo perfidamente. Bussarono di nuovo con forti<br />
pugni ripetuti. Com'era raccapricciante quel loro<br />
bussare. L'uomo si alzò di scatto e spalancò con forza<br />
la porta quasi a volerla scardinare.<br />
“Allora streghe, cosa volete, dannate! Eccomi, sono<br />
qui. Volete la mia anima, volete il mio corpo? Mai:<br />
Non mi avrete mai . Sparite subito dalla mia vista.<br />
Via! Mi avete sentito?”<br />
La sua voce era un ruggito che prorompeva dalla sua<br />
anima tormentata. Il vento la sovrastava e il mare<br />
cercava d'inghiottirne ogni suono. Le case del paese<br />
sembravano perdersi dietro il pulviscolo d'acqua che<br />
si levava dalle onde. Dov'erano tutte le anime di quel<br />
maledetto paese?<br />
Rose e Lyseblå lo presero per le braccia tirandolo<br />
verso di loro. “Lasciatemi”, gridò con voce sempre<br />
più alterata il pover'uomo. Ma le due bambine erano<br />
dotate di una forza che non poteva paragonarsi a<br />
nulla di umanamente possibile. I loro sguardi si<br />
andavano alterando a vista d'occhio e i volti,<br />
inizialmente infantili, adesso si erano trasformati, la<br />
pelle raggrinzita, i capelli scarmigliati. Le mani che lo<br />
tenevano prigioniero, erano diventati artigli dalle<br />
40
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
unghie ricurve. Risero sguaiatamente, con le bocche<br />
deformi, alitandogli addosso un fiato venefico.<br />
Johan Christian, al culmine della disperazione, si<br />
liberò con un violento strattone e corse veloce sul<br />
molo, su ciò che ormai del molo era rimasto. Il mare<br />
lo aveva ricoperto quasi del tutto.<br />
Si volse indietro ansimando. Rose e Lyseblå avevano<br />
acceso un fuoco e la sua roulotte vi stava bruciando<br />
dentro.<br />
“Non mi avrete mai” gridò di nuovo, alzando il<br />
braccio in gesto di sfida.<br />
Si girò verso il mare andando incontro all'onda che<br />
stava sopraggiungendo più alta di tutte e vi si lasciò<br />
andare cercandovi l'ultimo respiro di pace.<br />
Un sottile raggio di luce si stava muovendo dietro la<br />
punta del capo. Il tempo stava cambiando. A<br />
mezzanotte ci sarebbe stato il sole.<br />
Due uomini, usciti per strada a scrutare il cielo,<br />
decisero che di lì a poco sarebbero andati a pescare.<br />
Il cane passò di nuovo soffermandosi vicino a<br />
qualche muretto, annusando l'aria. L'uomo<br />
allampanato si fermò un secondo per una rapida<br />
occhiata alla carcassa della roulotte e proseguì<br />
indifferente.<br />
Le due bambine avevano ripreso a correre e a<br />
saltellare, ridendo e canticchiando. I fari di una<br />
macchina si erano profilati nella curva della strada.<br />
indice<br />
41
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.4 L’importanza delle date<br />
di Alessandro Cuppini<br />
Era una piccola mania, una faccenda nata a scuola,<br />
quella scuola nozionistica in cui la storia veniva<br />
insegnata e interrogata a forza di date. Vedeva ancora<br />
il professor Bonomo mentre puntando il dito<br />
chiedeva:<br />
Giuramento della pallacorda!<br />
Le parole non erano pronunciate interrogativamente,<br />
ma con un ruggito della voce, guardando dall’alto in<br />
basso il malcapitato studente con gli occhi sbarrati e<br />
la mascella volitiva di Mussolini a cui il prof si<br />
ispirava.<br />
17 Giugno 1789.<br />
Poi, con un rapido balzo di secoli:<br />
Morte di Lorenzo il Magnifico!<br />
9 Aprile 1492.<br />
E così via.<br />
Lui era uno dei più bravi in storia, le ricordava<br />
facilmente. Da allora al ragionier Guzzafame era<br />
rimasto in testa uno straordinario rispetto per le date<br />
che gli davano con la loro precisione un senso di<br />
sicurezza, una conferma della stabilità dalla sua vita<br />
tranquilla basata su eventi passati, tragici o felici che<br />
fossero. Prendiamo il giorno in cui aveva preso il<br />
diploma da ragioniere: non era forse importante?<br />
Non era da ricordare, forse? Non aveva influenzato<br />
tutta la sua vita? Aveva trovato lavoro in banca, e lì<br />
aveva conosciuto sua moglie: un evento quest’ultimo<br />
non felice per la verità, e tuttavia la data del diploma<br />
42
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
rimaneva una di quelle da commemorare, anche per<br />
le sfortunate conseguenze.<br />
Tendeva ad usare le date nel linguaggio comune in<br />
modo che a molti pareva alquanto snob e un po’<br />
saccente. Era un uso molto frequente nel linguaggio<br />
dei politici, quando volevano tranquillizzare gli<br />
elettori che la loro attività di rappresentanza<br />
permaneva nel solco della tradizione continuando in<br />
quella linea d’azione che emergeva vigorosa da un<br />
avvenimento ricordato simbolicamente con una data.<br />
Guzzafame non voleva tranquillizzare nessuno, ma<br />
gli piaceva quel modo simbolico di accennare al<br />
passato per commentare il presente o programmare il<br />
futuro. Se ad esempio si stava parlando della sconfitta<br />
per 0 a 3 della Nazionale in casa con l’Ungheria era<br />
capace di dire agli amici del bar:<br />
È stato davvero un altro 16 Maggio!, con questo<br />
volendosi riferire ad un’altra clamorosa sconfitta.<br />
E all’amico che gli chiedeva:<br />
Perché? Cos’è mai successo il 16 Maggio?, il ragioniere<br />
rispondeva trionfante:<br />
Torino, 16 Maggio 1948: Italia 0 – Inghilterra 4!<br />
Le date le aveva tutte in testa, non ne dimenticava<br />
una, esercitandosi quasi senza accorgersene ogni<br />
giorno, ripassando mentalmente le storiche e le<br />
sportive, le religiose e le scientifiche. Questa piccola<br />
mania era favorita dal vivere in una città dove<br />
moltissime strade era state intitolate a date più o<br />
meno famose. Un suo compagno di classe, uno dei<br />
più scarsi, tal Ruggeri, aveva fatto una modesta<br />
43
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
carriera nella burocrazia del Comune, fino a diventare<br />
Capo Ufficio Toponomastica. Anche Ruggeri aveva<br />
subito per anni le interrogazioni di storia del<br />
professor Bonomo, e i suoi influssi in lui si erano fatti<br />
sentire potenti e nefasti fin nell’età adulta: Ruggeri<br />
appena diventato Capo Ufficio aveva rinnovato la<br />
toponomastica della città e cambiato decine di nomi<br />
di vie imponendo date che si riferivano ad<br />
avvenimenti ignoti ai più.<br />
Così alla classica Via Cavour, che si chiamava in<br />
questo modo dal 1861, fu dato il nome di Corso 26<br />
Febbraio, a ricordare un oscuro episodio di lotta<br />
partigiana, sconosciuto a tutti i libri di storia ma che<br />
aveva visto coinvolto un cugino del padre di Ruggeri.<br />
Piazza Vittorio Emanuele II diventò Largo 13 Gennaio,<br />
in memoria della data di fondazione del Circolo dei<br />
Dipendenti Comunali di cui Ruggeri era Presidente.<br />
E così via: una rivoluzione. Anche se poi la gente<br />
comune continuava a dire:<br />
Ci vediamo al caffè di Piazza Cavour, e ben difficilmente<br />
si sarebbe adattata ai nuovi nomi.<br />
Il ragionier Guzzafame invece si adagiava in quel<br />
turbinio di cifre e riferimenti come lo zampone tra i<br />
ceci il primo dell’anno, tanto per rimanere in tema di<br />
date.<br />
Quando c’era da denominare le strade di un nuovo<br />
quartiere era una festa per Ruggeri, ma anche un<br />
gravoso impegno. Prima di tutto si trattava di<br />
attribuire al quartiere un’impronta storica (quartiere<br />
dei musicisti o della resistenza o dei poeti), poi<br />
44
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Ruggeri passava lunghi giorni a scegliere nel mare<br />
immenso quelle date che parevano più significative, e<br />
ancor più giorni nell’accoppiarle, affinché agli incroci<br />
tra due vie non capitasse ad esempio il caso di: Via 4<br />
Aprile e Via 4 Maggio, vera cacofonia dataria ai suoi<br />
orecchi. In questa difficile scelta il ragionier<br />
Guzzafame si compiaceva di dargli suggerimenti;<br />
Ruggeri ascoltava e discuteva per ore con lui<br />
sull’opportunità di inserire una certa data, se<br />
appiopparla o no alla via principale del quartiere o ad<br />
una laterale, sul come evitare spiacevoli incroci con<br />
altre.<br />
Guzzafame era forse l’unico assieme al suo vecchio<br />
compagno di scuola ad usare appieno le nuove<br />
denominazioni e a conoscere l’evento storico che<br />
volevano ricordare. Tra di loro pigliavano<br />
appuntamenti del tipo:<br />
Ci vediamo all’angolo tra Via 9 Aprile e Corso 23 Agosto,<br />
quando più semplicemente i loro concittadini, per<br />
identificare quel luogo notissimo della loro città dove<br />
sostavano gli sfaccendati seduti al caffè, usavano dire<br />
da sempre:<br />
Ci vediamo all’angolo degli imbecilli.<br />
Loro due erano perfettamente a conoscenza del<br />
nome volgare, ma, l’uno per la carica che rivestiva e<br />
l’altro per il suo vezzo maniacale, non l’avrebbero mai<br />
utilizzato.<br />
Un giorno il ragioniere venne a conoscenza della<br />
possibilità di equivoco che esisteva nell’indicare le<br />
date all’uso americano e all’uso nostro. In America si<br />
45
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
indica prima il mese e poi il giorno, per cui il 12<br />
Aprile per esempio, che lui scriveva 12.4, era invece<br />
scritto 4.12. Ovvia la confusione che si ingenerava: lui<br />
leggendo quella data l’avrebbe interpretata come il 4<br />
Dicembre! Guzzafame inorridì. Da allora aveva preso<br />
l’abitudine di usare i numeri romani per indicare il<br />
mese e quelli arabi per il giorno, e il 12 Aprile era<br />
diventato 12.IV mentre per il 4 Dicembre usava la<br />
simbologia 4.XII. Nessuna possibilità di equivoco<br />
ora, aveva concluso con un sorriso soddisfatto una<br />
volta presa quella storica decisione.<br />
Ma, di più, da allora aveva preso il vezzo di lèggere i<br />
numeri romani come fossero non simboli ma lettere:<br />
il 6.VI, cioè il 6 di Giugno, lo leggeva e lo diceva seivì,<br />
con l’accento sull’ultima lettera, mentre il 10<br />
Novembre (10.XI) era diecixì.<br />
Figuriamoci ora l’incomunicabilità assoluta con la<br />
gente comune quando si parlava di date. Un tipico<br />
colloquio con un amico col quale stava stabilendo un<br />
appuntamento poteva svolgersi così:<br />
L’amico: Ti devo parlare, vediamoci da qualche parte...<br />
Il ragioniere: Va bene sotto il monumento di via Tredicixiì?<br />
L’amico (perplesso): Tredici…vuoi dire quello di Via<br />
S.Lucia?<br />
Il ragioniere (compiaciuto): Certo.<br />
L’amico (insofferente): Ma perché non parli come tutti?<br />
Guarda che si fa fatica a capirti, sai…<br />
Il ragioniere (ammonitore): Bisogna restare al passo coi<br />
tempi. Via S.Lucia è il nome vecchio, ormai da tempo<br />
46
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
sostituito da Via Tredici Dicembre, o più velocemente<br />
Tredicixiì.<br />
L’amico (sottovoce): Che due…<br />
Ma nonostante la saccente pignoleria il ragioniere non<br />
era malvoluto da quelli che lo conoscevano. Tutti<br />
sapevano della sua mania, spesso non lo<br />
comprendevano, ma se non si parlava di date era un<br />
uomo spiritoso e intelligente, cordiale e generoso. E<br />
poi, chissà come, piaceva alle donne.<br />
Era vedovo. La moglie fin dalle prime settimane di<br />
matrimonio l’aveva cominciato ad angariare con la<br />
sua gelosia. L’amore si era presto trasformato in un<br />
astio reciproco tra i coniugi che dopo un po’ si<br />
sopportavano a fatica. Il ragioniere stava già<br />
pensando al divorzio quando alla moglie fu<br />
diagnosticato un cancro fulminante che se la portò<br />
via in meno di sei mesi. Guzzafame non ebbe<br />
dispiacere, no: fu per lui un vero 25 Aprile, come<br />
usava confessare solo a sé stesso, una Liberazione.<br />
Guzzafame senza essere ricco era certamente<br />
benestante: il padre gli aveva lasciato parecchi<br />
appartamenti nella centralissima via 9 Novembre, e<br />
lui ereditando si era dimesso dalla banca e viveva di<br />
rendita. Molte signore dopo la morte della moglie gli<br />
avevano messo gli occhi addosso, ma lui non aveva<br />
voluto risposarsi. Gli era bastata una volta.<br />
Ma siccome aveva tempo libero, ne usava tanto per<br />
far la corte a signore e signorine d’ogni condizione.<br />
Aveva una gentilezza e un garbo che aveva successo.<br />
Come con la moglie di Ruggeri, l’Ersilia, la sua attuale<br />
47
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
amante che frequentava con riservatezza e cautela nei<br />
giorni feriali quando il marito era al lavoro in<br />
comune. L’Ersilia era una donna semplice e paziente,<br />
qualità che rappresentavano gran parte del suo<br />
fascino; Guzzafame l’aveva conquistata, oltre che con<br />
la consueta cortesia, con la generosità che, aveva<br />
capìto, il Ruggeri non concedeva per nulla.<br />
Quel giorno era il 16 Aprile, anniversario del ritorno<br />
di Lenin a S.Pietroburgo, nel 1917, in piena<br />
rivoluzione russa. Un giorno infausto per le<br />
convinzioni politiche del ragioniere Guzzafame. Ma<br />
la giornata primaverile era così bella e dolce che lui<br />
non ci fece caso. E si avviò verso casa Ruggeri; il<br />
giorno prima era andato a trovare l’amico in ufficio e<br />
aveva capito che il mattino successivo sarebbe andato<br />
in Biblioteca per qualche sua ricerca sui pittori di<br />
origine locale, a cui aveva intenzione di dedicare un<br />
intero nuovo quartiere in costruzione di là dal fiume:<br />
una ventina di strade nuove da battezzare con date<br />
che significativamente ricordassero le maggiori glorie<br />
locali. Un’impresa non facile a cui si stava preparando<br />
da tempo. Guzzafame sapeva che in questi casi<br />
Ruggeri sarebbe stato occupato tutta la mattina,<br />
lasciandogli campo libero con la moglie.<br />
Speriamo che l’Ersilia abbia preso le sue precauzioni: che non<br />
ci càpiti un altro sèix…, pensò con un brivido. Il 6<br />
d’ottobre era la data di nascita di Paola, la figlioletta di<br />
sette anni di Ruggeri.<br />
Entrò con prudenza nel condominio, nessuno<br />
l’aveva visto. Salì a piedi al terzo piano: l’ascensore<br />
48
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
era rumoroso e lui sapeva essere discreto. Bussò nel<br />
modo convenzionale e l’Ersilia gli aprì, già seminuda.<br />
Vieni, disse con aria lasciva.<br />
E per mano lo condusse in camera da letto.<br />
Ruggeri intanto stava col naso dentro il terzo tomo<br />
della ponderosa Enciclopedia della pittura padana.<br />
All’improvviso sentì un caldo al petto e al viso. Si<br />
toccò la fronte: scottava. Aveva la febbre, era<br />
l’influenza. Si alzò in piedi, riconsegnò il tomo e<br />
decise di andare a mettersi a letto senza neanche<br />
passare dall’ufficio. Arrivato sotto casa si disse che<br />
l’Ersilia doveva essere fuori a far la spesa, perciò non<br />
suonò il campanello, salì al terzo piano e aprì la porta<br />
di casa con le sue chiavi.<br />
I due amanti erano nel pieno del convegno amoroso:<br />
non udirono nulla se non al momento in cui Ruggeri<br />
aprì la porta della camera da letto.<br />
Ersilia!, disse il marito che aveva scorto per prima la<br />
moglie.<br />
Guzzafame era di schiena; quando Ruggeri capì chi<br />
era l’uomo esplose un: Tu?! che parve un colpo di<br />
pistola.<br />
A Guzzafame il cuore smise di battere, e sul<br />
momento non seppe davvero cosa dire impegnato<br />
com’era a riprendersi dallo spavento di<br />
quell’apparizione improvvisa. Ruggeri a cui l’influenza<br />
non aveva tolto la presenza di spirito reagì<br />
immediatamente da marito geloso qual era e, urlando:<br />
Vigliacco! Proprio tu, il mio miglior amico!<br />
49
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
In due passi fu al cassettone dove sotto le camicie<br />
teneva una Beretta carica.<br />
Ferma Evaristo! , urlò la moglie con gli occhi fuori<br />
dalla testa.<br />
E si precipitò fuori dal letto nuda com’era per cercare<br />
di fermare la mano omicida.<br />
Sta’ zitta, troia! disse il Ruggeri mentre caricava l’arma<br />
e contemporaneamente spingeva col gomito la donna<br />
di lato.<br />
Intanto Guzzafame si era riavuto dallo spavento e,<br />
seduto sul bordo, stava mettendo i piedi sullo<br />
scendiletto, quando si rese conto che Ruggeri puntava<br />
la Beretta verso di lui. E il cuore gli si fermò per la<br />
seconda volta nel giro di cinque secondi:<br />
Aspetta un attimo, Evaristo!, ebbe la forza di balbettare.<br />
È giunto per te il tuo 12 Giugno, maiale! , gli urlò in faccia<br />
Evaristo Ruggeri, ed esplose due colpi.<br />
Guzzafame, che era quasi in piedi sentì due pugni<br />
potenti nello stomaco. Ricadde a sedere sul letto e<br />
disse, o credette di dire:<br />
Ma cos’è successo il dodicivì?<br />
Non riusciva a ricordarlo. Una grande amarezza<br />
rabbiosa gli montò dentro nel rendersi conto che<br />
sarebbe crepato senza sapere in quale ricorrenza.<br />
Sentì quella rabbia salirgli in gola; e invece era un<br />
fiotto di sangue che gli riempì la bocca. Cadde<br />
riverso sul cuscino.<br />
Il 12 Giugno O.J.Simpson, il celebre giocatore<br />
americano di football, aveva ucciso l’amante di sua<br />
moglie, la vicenda era su tutti i giornali.<br />
50
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Ma il ragionier Guzzafame non leggeva i giornali, e<br />
morì senza saperlo.<br />
indice<br />
51
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.5 Ho incontrato uno yeti<br />
di Luigi Di Legge<br />
Sono davanti al cancello della tribuna rossa di S Siro. Mi<br />
aggiro nervosamente tra tifosi interisti e rivenditori di<br />
porchetta. Ho un appuntamento con una persona, ho le mani<br />
sudaticce anche se è una fredda giornata di dicembre. Ma la<br />
mia agitazione non ha niente a che fare con la partita.<br />
Gli uomini sono stati creati per comunicare; i nostri<br />
organi sono perfetti strumenti di comunicazione. Ci<br />
guardiamo, ci annusiamo, le nostre mani gesticolano,<br />
toccano. Con la bocca ci chiamiamo, ci baciamo, ci<br />
assaporiamo. Conosciamo altre persone, uomini e<br />
donne si amano, si tradiscono. Passiamo la vita ad<br />
intrattenere rapporti sociali più o meno duraturi. Con<br />
la famiglia trascorriamo tutta la vita, anche con gli<br />
amici passiamo molto tempo, ma un po' di meno. Poi<br />
ci sono i conoscenti, i colleghi, i professori, i<br />
negozianti e via a scalare. Certo ognuno si farà una<br />
sua classifica personale delle proprie relazioni. Ma c'è<br />
una categoria non ancora classificata. Sono quelle<br />
persone incontrate una volta ogni cinque o sei anni,<br />
individui che appaiono nella nostra vita come un<br />
lampo per sparire dopo un brevissimo saluto, talvolta<br />
di loro non si ricorda neppure il nome, eppure un<br />
giorno lontano abbiamo cominciato a salutarle.<br />
Certamente per inquadrare questa singolare categoria<br />
umana è necessario avere una certa età. Ho quasi<br />
sessantanni, quindi ne posso parlare con competenza.<br />
Per semplificare li ho catalogati, con lo stesso metodo<br />
52
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
con il quale i naturalisti dividono gli animali<br />
( ungulati, canidi, cervidi ) mi sono detto, in una<br />
società che etichetta anche le melanzane perché non<br />
dare un nome a queste meteore umane.<br />
Li ho chiamati Yeti.<br />
Gli yeti sono quegli esseri che qualcuno dice di avere<br />
incontrato tra le montagne dell'Himalaya, ma nessuno<br />
ha mai visto. Una ventina di anni fa se ne parlava,<br />
qualche scienziato azzardava teorie possibiliste<br />
sull'esistenza di una specie umana primitiva, lo<br />
chiamavano anche “abominevole uomo delle nevi”. I<br />
bambini di oggi non ne sanno nulla. E' diventata una<br />
leggenda demodé. Questi nostri simili che incontriamo<br />
dopo lunghissimi intervalli di tempo sono un po'<br />
come degli yeti. Li incrociamo per un istante, e<br />
spariscono nella nebbia. Come se non fossero mai<br />
esistiti.<br />
Non vivono in un determinato habitat naturale,<br />
vengono avvistati nei luoghi più disparati: al bar, in<br />
posta, al mercato, io mi sono imbattuto in uno yeti<br />
nella sala di attesa di un ospedale.<br />
Entrai nella saletta con in mano le impegnative per<br />
prenotare alcune visite di controllo, presi il numerino<br />
57, il display indicava il 45. Mi sedetti nell'unico sedile<br />
libero. Per pura cortesia dissi: Scusate - Lo yeti si<br />
voltò, e dopo avermi messo bene a fuoco, disse: -<br />
Ciao -.<br />
Era uno yeti dell'infanzia, forse uno dei più comuni.<br />
Frequentavamo la stessa scuola, però in classi diverse<br />
e distanti. Avevamo cominciato a salutarci perché<br />
53
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
quando le nostre mamme venivano a riprenderci<br />
dopo le lezioni facevamo un breve pezzo di strada<br />
insieme. Lui abitava in un altro cortile, eravamo divisi<br />
da una strada statale che per due bambini equivaleva<br />
a un oceano. Lui frequentava una compagnia diversa<br />
dalla mia. Ci univa solo un pezzo di marciapiede. Lo<br />
avevo rivisto anni dopo, sul tram, andavamo alle<br />
scuole superiori. Gli dissi: -Ciao.- Lui rispose: - Ciao.<br />
Ci rivedemmo una quintalata di anni dopo,<br />
all'ipermercato. Lui con moglie e due figli piccoli, io<br />
con Stefania, ci eravamo sposati da poco. Ci<br />
salutammo con un doppio ciao. L'ultima volta lo<br />
avevo visto una decina di anni fa, in coda al casello<br />
dell'autostrada. Ci riconoscemmo a stento,<br />
salutandoci con un cenno della mano. Per circa<br />
sessantanni non ci eravamo scambiati una parola,<br />
solo una decina di ciao.<br />
Per un curioso caso lo yeti aveva il numero 56 quindi<br />
non c'era nessuna speranza che uno dei due venisse<br />
chiamato allo sportello. Lo stesso caso, che se<br />
dovesse intervenire nuovamente non chiameremo più<br />
caso, ci aveva appiccicato uno accanto all'altro. Non<br />
avevamo scampo dovevamo fare conversazione.<br />
Non ricordavo il suo nome, quindi gli risposi con il<br />
solito ciao. La saletta era piena e il silenzio interrotto<br />
soltanto da qualche brusio. All'unico sportello<br />
funzionante stava una ragazza piuttosto gentile che<br />
faticava a tenere testa a chi sa che tipo di rimostranze<br />
faccia un vecchietto scorbutico e logorroico. Mi<br />
costrinsi a dire: - Come va? -senza aggiungere<br />
54
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
nient'altro. Credo che lo yeti avesse già analizzato la<br />
situazione e si fosse convinto dell'ineluttabilità di un<br />
confronto.<br />
- Come vuoi che vada? La vecchiaia avanza.- Come<br />
inizio poteva anche andare peggio.<br />
E già.- aggiunsi, sperando che il supplizio finisse<br />
rapidamente. Eventualità vana, poiché il vecchietto<br />
era stato sostituito da un tipo grasso accompagnato<br />
da moglie grassa e due marmocchi avviati a<br />
raggiungere un peso degno dei genitori. Lo yeti ruppe<br />
il nuovo imbarazzo che si stava materializzando:<br />
- Abiti ancora in paese? -<br />
- Sì. Nel vecchio cortile, vicino alla nostra scuola.-<br />
- Io invece dopo il matrimonio sono andato in città,<br />
sai ... i bambini ... una casa più grande e...<br />
- a questo punto lo interruppi perché la memoria<br />
cominciava a mandare segnali :<br />
- Ah certo... ti ho visto all'iper con tua moglie. Mi è<br />
sembrata di conoscerla, però...<br />
- Lo yeti per la prima volta usò un tono più<br />
accogliente.<br />
- Be' era Ottavia. La ragazzina con le trecce che<br />
frequentava la mia stessa classe.<br />
- Cazzarola! Ottavia. Mi ricordo. Pensa un po' vi<br />
siete sposati, ma guarda...<br />
- Abbiamo divorziato qualche anno fa. Ci siamo<br />
lasciati male e anche i miei figli non mi sopportano, e<br />
ora ... mi trovo ... vabbè...<br />
- Mi dispiace.<br />
55
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
- Ero sincero. Abbassai lo sguardo come per pudore.<br />
La coppia grassa stazionava ancora allo sportello con<br />
in mano un mazzo di impegnative. Il dialogo non era<br />
scoppiettante, ma per essere due yeti, si poteva<br />
accettare.<br />
- Io mi sono sposato un po' tardi, con una ragazza di<br />
Cremona, Stefania.<br />
- Lo yeti annuì. Ora guardavo solo il display, apparve<br />
il 49. Iniziammo a saccheggiare i nostri ricordi con<br />
qualche successo, poi passammo alle comuni<br />
vicissitudini e infine chi sa come venne fuori un<br />
discorso sul calcio.<br />
- ... sai ... perché io tifo inter...<br />
- Non l'avesi mai detto. Lo yeti s'infervorò. Si mise<br />
con la schiena dritta aggiustandosi la capigliatura<br />
quasi bianca, ma ancora folta.<br />
- Anche io. Siamo messi male. Non basta Vieri, ci<br />
vuole qualcuno a centrocampo.<br />
- Hai ragione. Eppoi Recoba, ti fa una partita e per<br />
altre tre non lo vedi neanche a piangere.<br />
- Ho sempre fatto la tessera in tribuna rossa. Sai ...<br />
costa parecchio, ma per me l'Inter è l'Inter. Ogni<br />
volta che entro allo stadio mi prende un ... guarda<br />
non so spiegare.<br />
- Lo capivo. Anzi per me non era l'Inter. Ma<br />
l'Internazionale. Era l'ultima illusione che mi<br />
concedevo.<br />
- L'ultima volta che ho visto una partita a S. Siro<br />
avevo dieci anni. Inter 5 Milan 3. Me la ricordo<br />
ancora oggi. Dev'essere bello andarci.<br />
56
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
- E' favoloso.- gioì lo yeti.<br />
Discutemmo animatamente, ma anche con ironia.<br />
L'argomento Inter era un formidabile pozzo di<br />
passione, pareva inesauribile. Comparve il numero 52,<br />
e lo yeti decise che era ora di fare un intervallo.<br />
- Esco un attimo a fumare una sigaretta, mi avverti se<br />
arrivano al 56?<br />
- Occhei. - una pausa ci voleva.<br />
Sul sedile rimase una cartelletta di plastica opaca,<br />
contenente i suoi esami. Non la notai subito,<br />
comunque lo sguardo mi cadde distrattamente sulla<br />
prima pagina, non riuscii a leggere bene, però una<br />
parola la vidi distintamente: neoplasia. Intorno a<br />
questo termine, un oscuro linguaggio specialistico<br />
disegnava uno scenario di patologia complessa e<br />
incomprensibile. Per me poteva bastare quel terribile<br />
termine.<br />
-...eppoi quanti scudetti ci hanno fregato.- disse lo<br />
yeti rientrando entusiasta come un gattino.<br />
- Parecchi.- risposi cercando di nascondere una certa<br />
inquietudine.<br />
Aprirono un altro sportello e comparvero i nostri<br />
numeri. Mostrai alla ragazza le impegnative per le<br />
visite e fissai gli appuntamenti. Mi voltai per salutare,<br />
ma lo yeti era scomparso. Certo uno yeti rispettabile<br />
non poteva che sparire.<br />
Ancora leggermente turbato da quello che avevo letto<br />
uscii dalla saletta. Lo yeti stava appoggiato al muro, si<br />
era acceso un'altra sigaretta. Con un po' di imbarazzo<br />
nella voce mi disse:<br />
57
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
- Scusa ... ho cercato di ricordarmi il tuo nome ... sai è<br />
passato tanto tempo...<br />
- Altrettanto impacciato abbozzai: Patrizio ...<br />
Romanoni Patrizio...<br />
- Il disagio iniziava a pesare come una pietra.- ...e tu?<br />
- Be' come il grande Mazzola ... Sandro.- e giù una<br />
bella risata per ristabilire un clima fresco. - Ti và un<br />
caffè? - Lo bevemmo al bar dell'ospedale, sapeva di<br />
terra. - Senti Patrizio. Come ti dicevo ho<br />
l'abbonamento per le partite dell'Inter, quest'anno ne<br />
ho uno anche per mio figlio. Ma a lui non frega un ...<br />
bé ci ho provato. Se ti fa piacere domenica prossima<br />
potremmo andare a vedere la partita con la<br />
Sampdoria.- Rimasi sorpreso e lui se ne accorse. Mi<br />
disse che non dovevo rispondergli subito e avrei<br />
potuto telefonargli per conferma. Scrisse il suo<br />
numero di cellulare su un pezzo del pacchetto di<br />
sigarette. E ci salutammo cordialmente.<br />
In macchina la parola neoplasia mi rimbalzava<br />
dolorosamente nel cervello, non trovavo pace. Cercai<br />
inutilmente di rassicurarmi. In fondo perché<br />
preoccuparmi per uno yeti, non lo avrei più rivisto,<br />
pensai. A casa telefonai al mio dottore, gli feci un<br />
riassunto approssimativo della diagnosi chiedendogli<br />
se era possibile fare chiarezza.<br />
- Non mi hai detto molto. Però, grosso modo, mi<br />
pare la diagnosi di una patologia grave ... molto grave.<br />
Spiegai tutto alla mia dolce sposa, gli dissi anche della<br />
proposta per S. Siro. Lei mi rispose come rispondono<br />
tutte le dolci spose. - Come si fa a rifiutare un gentile<br />
58
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
invito.- Riempii un bicchiere d'acqua, mi abbattei<br />
pesantemente sul divano e gli ribadii i miei dubbi e le<br />
paure relative alla malattia. Lei continuò a spezzettare<br />
i pomodorini e aggiunse:<br />
- Lui ti ha solo chiesto di andare a vedere insieme una<br />
partita di pallone, non ti ha chiesto nient'altro.<br />
- Ingollai un buon sorso d'acqua. Gli telefonai due<br />
giorni prima dell'incontro di calcio, rispose dopo due<br />
squilli. Mi sembrò genuinamente soddisfatto della mia<br />
conferma.<br />
La sera prima della partita andai a letto presto con un<br />
libro e una tazza di camomilla. Avevo un<br />
appuntamento con lo yeti.<br />
indice<br />
59
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.6 Il bicchiere della staffa.<br />
La vera storia di Sante Lancerio,bottigliere<br />
del Papa<br />
di Agostino Roncallo<br />
- Dai Sante, ancora uno, beviamo insieme il<br />
bicchiere della staffa!<br />
- E così sia, che sia l’ultimo però!<br />
A parlare così, non erano esattamente due ubriaconi<br />
tiratardi, appena usciti da una delle tante osterie<br />
cittadine, ma due personaggi assai più altolocati. Il<br />
primo era Alessandro, figlio di Pierluigi e<br />
Giovannella, rampolli della nobile famiglia Farnese:<br />
era cresciuto nella corte fiorentina, quella di Lorenzo<br />
il Magnifico, e da ragazzo si era divertito non poco,<br />
praticando la caccia col falcone che era la sua attività<br />
preferita. Un giorno poi (e che giorno!!!) era diventato<br />
Papa, proprio così, Papa, col nome di Paolo III. Il<br />
secondo invece era Sante Lancerio, un uomo di corte,<br />
detto anche il “bottigliere del Papa”. E la staffa…, la<br />
staffa era quella di Melampo, il cavallo di Sante. Il<br />
bicchiere della staffa era dunque l’ultimo della serata,<br />
quello che, tra una gomitata e una risata, Alessandro e<br />
Sante bevevano da veri amici prima di salutarsi e<br />
ripartire al galoppo verso i rispettivi appartamenti.<br />
- Ma che gusto, che gusto ha questo “rosso”? Io lo<br />
definirei “tondo” e “grasso”!<br />
- No, no, io propenderei piuttosto per “fumoso” e<br />
“possente”.<br />
60
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
- E il colore? Io direi “verdeggiante”!<br />
- Macché… mi sembra piuttosto… “incerato”, ecco!<br />
- Santità, siamo forse ubriachi?<br />
Per fortuna di Lancerio all’epoca, era il 20 Aprile<br />
1548, non c’erano controlli della polizia, non<br />
esistevano etilometri e neppure, a dire il vero, c’era il<br />
rischio di incidenti stradali. Il suo destriero avrebbe<br />
potuto essere lanciato a tutta velocità, nel buio della<br />
notte. Vai Sante, vai, e non dimenticare il succo di<br />
quella conversazione. E Sante Lancerio non se ne<br />
dimenticò, al punto che alcuni anni dopo uscì il suo<br />
libro “Della qualità dei vini”, nel quale per la prima<br />
volta si consideravano i possibili abbinamenti tra vini<br />
e cibi.<br />
Del resto la corte papale nel Rinascimento era il<br />
terreno ideale per gli esperimenti gastronomici più<br />
raffinati. Paolo III Farnese è sui libri di storia<br />
ricordato per avere inaugurato il concilio di Trento,<br />
per la scomunica inflitta a Enrico VIII, per non dire<br />
dell’approvazione dell’ordine dei Gesuiti. Ma nessuno<br />
sa che in tutti questi casi, prima di prendere decisioni<br />
tanto importanti, aveva bevuto ben oltre un bicchiere<br />
di Ippocrasso, un vino aromatizzato alle spezie, oggi<br />
ingiustamente dimenticato. Se non fosse per questo<br />
vino, i Gesuiti non esisterebbero, ma il segreto è<br />
conservato gelosamente. Anche il gozzaniano zio,<br />
“gesuitico e tardo”, dell’amica di Nonna Speranza,<br />
sedeva in bei conversari e sorseggiava un’ampolla<br />
contenente Ippocrasso. Lo si sa, da fonte certa.<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Sante seguiva sempre Alessandro (era il Papa, sì, ma<br />
lui preferiva chiamarlo così) durante i suoi viaggi,<br />
compreso quello verso Trento, per l’inaugurazione<br />
del concilio. Quando invece erano nella sede papale,<br />
faceva allestire tavole perfettamente imbandite: in<br />
cucina si avvaleva dell’aiuto di Bartolomeo Scappi, un<br />
cuoco provetto di cui era grande amico. Durante i<br />
trasferimenti la preoccupazione maggiore era che i<br />
vini non soffrissero durante il trasporto: dovevate<br />
vederlo all’opera, mentre con estrema cura imballava<br />
le bottiglie in apposite casse, imbottite di paglia e<br />
inchiodate senza risparmio di materiali. Aveva perfino<br />
preteso che le ruote della carrozza papale avessero<br />
speciali ammortizzatori, in grado di assorbire ogni<br />
buca del terreno. Un giorno, dopo l’ennesima<br />
sbandata, scese dalla carrozza, diede una spinta al<br />
cocchiere che finì gambe levate nel fango della strada<br />
e disse: - Adesso guido io! Era anche il terrore dei<br />
palafrenieri, i quali dovevano curare che i cavalli<br />
fossero perfettamente a posto: se così non era,<br />
scattava il licenziamento.<br />
Nel suo trattato, Sante analizza oltre 50 qualità di vini<br />
e quelli che aveva deciso di portare verso Trento quel<br />
giorno, non erano molti di meno. C’è da domandarsi<br />
il perché di un numero tanto elevato. Il motivo era<br />
semplice: secondo la sua teoria c’era un vino adatto<br />
per ogni stato d’animo:<br />
- Santità, come si sente oggi?<br />
- Sono teso e nervoso, Sante, fosse per me non avrei<br />
convocato questo concilio ma le teorie di Erasmo<br />
62
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
hanno ormai condizionato troppi cardinali, ahimè!<br />
Non bastava l’istituzione del Santo Uffizio a<br />
tranquillizzare questa gente?<br />
- Teso… nervoso… ci sono! Santità cosa ne direbbe<br />
di un bicchierino?<br />
La tesi di Sante era che il rosso di Terracina fosse<br />
adattissimo per distendere i nervi. Altri vini, ad es. il<br />
Mangiaguerra, erano utili tutt’al più per eccitare la<br />
lussuria delle cortigiane. E il Greco della Torre? Per<br />
carità, quello andava bene per la servitù. Era<br />
espertissimo, Sante: il giorno in cui gli dissero di fare<br />
una ricognizione tra le osterie dello stato pontificio,<br />
per valutare quali avessero i vini migliori, prese<br />
l’abitudine di scrivere “Est” sui muri delle osterie più<br />
meritevoli. “Est”, vale a dire “c’è”, “è qui” il vino<br />
migliore. Un giorno il suo entusiasmo si infiammò<br />
per un bianco dal gusto d’oriente: Est Est Est scrisse<br />
sul muro di quel locale. Nacque così l’Est Est Est di<br />
Montefiascone. Degustatelo, ancora oggi, e<br />
ricordatevi di ringraziare Lancerio. Qualcuno sostiene<br />
che a suggerire a Sante di assaggiare quel vino fu<br />
proprio Alessandro, che di Montefiascone era stato<br />
vescovo: ma insomma, queste sono solo<br />
supposizioni.<br />
Quando il concilio finì, Paolo III non vedeva l’ora di<br />
tornare nella sede romana e di fare il suo percorso<br />
quotidiano nelle cantine del palazzo. Appena arrivato,<br />
prese Sante in disparte e gli disse: - Facciamo un giro?<br />
Lui acconsentì subito, del resto erano ormai alcune<br />
settimane che non visionavano le cantine “comuni” e<br />
63
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
soprattutto le “segrete”, nelle quali erano contenuti i<br />
vini di maggior pregio, quali il Chiarello di Cirella e il<br />
Cirò di Chiarotto.<br />
- Che si è detto in concilio, Santità?<br />
- Caro Sante, sapessi che noia! Hanno voluto, per<br />
cominciare, ribadire la superiorità del pontefice ma,<br />
per me, che facciano ciò che vogliono.<br />
- Questa però, potrebbe essere buona cosa!<br />
- Buona? Forse. Hanno anche insistito per ribadire la<br />
validità dell’interpretazione ufficiale delle sacre<br />
scritture…<br />
- E quelle non ufficiali?<br />
- Faranno una brutta fine Sante, quegli scalmanati del<br />
Santo Uffizio sono già all’opera!<br />
Attraversate quaranta cantine, uscirono nel cortile del<br />
Belvedere dove un passaggio nascosto immetteva in<br />
uno stretto corridoio, al termine del quale salirono<br />
cinque gradini. Entrarono così in un cantinone a due<br />
navate, con una volta a crociera lunettata:<br />
- Tempi duri per gli eretici dunque?<br />
- Certo, a loro non rimane che l’abiura o il rogo!<br />
- Esagerati!<br />
- Sante, e se per farci due risate convocassimo per<br />
una cena l’arcivescovo di Parigi?<br />
- Chi, quello che ha scomunicato i “diablotinos”, gli<br />
insetti che danneggiano la vite?<br />
- Proprio lui, genio di un uomo, quale miglior<br />
bersaglio per una scomunica?<br />
- Santità ma qui c’è anche la malvasia di Schierano!!!<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Bevvero, cantarono, dissero che quella Malvasia era<br />
sincera e che, se l’avessero bevuta quelli del<br />
“Tribunale”, non avrebbero più condannato nessuno.<br />
Era il vino dell’onestà, lo ribattezzarono “Malvaxia<br />
Sincerum”.<br />
Soddisfatti, iniziarono a studiare un nuovo moscato<br />
d’Asti, un vino da messa, che verrà chiamato, e oggi è<br />
chiamato, “Alleluia”.<br />
indice<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.7 Lena<br />
di Emilia Henragher<br />
Sono vecchio. Un vecchio qualunque con le ossa<br />
scricchiolanti, il cuore che perde colpi e gli occhi<br />
sempre bagnati.<br />
“E' la cataratta.” Mi dicono.<br />
Chissà perché tutti sembrano capaci di fare diagnosi<br />
precise sui malanni altrui e, pur non essendo dottori,<br />
pretendono su questi almeno gratuiti consulti,<br />
un'incondizionata fede. Ma il tempo che passa è un<br />
buon consigliere ed impari a destreggiarti,<br />
sgattaiolando fra un intruso e l'altro, con grandi<br />
sorrisi continuando in sordina a fare lo stesso il<br />
comodo tuo.<br />
Ai vecchi, come ai bambini si concede sempre<br />
qualche stramberia. Concessione determinata forse<br />
solo dalla poca voglia di ascoltarti che ti fa sentire<br />
solo, a volte anzi molto e dolorosamente solo, ma in<br />
questa solitudine almeno sono libero di provare ad<br />
acchiappare il bandolo della matassa dei miei sempre<br />
aggrovigliati pensieri. Sono libero di stare qui,<br />
tranquillo, a riempirmi il cuore di dolci ricordi. I miei<br />
ricordi.<br />
Non mi torna però più alla mente quanti anni sono<br />
trascorsi dalla morte di Lena, mia moglie, ma oggi, ne<br />
sono certo, è il nostro anniversario di matrimonio.<br />
Lena era una bambina quando venne, con la mamma,<br />
ad abitare in paese nella vecchia casa di sua zia. Suo<br />
padre non lo aveva mai conosciuto e neppure sapeva<br />
se era vivo o morto. Sapeva solo che prima della sua<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
nascita era emigrato in Germania per lavorare in una<br />
grande industria perché dove loro vivevano lavoro<br />
non ce n' era. Ma non arrivarono mai, né soldi né sue<br />
notizie, e nessuno, pare, perse del tempo a cercare un<br />
miserabile come tanti.<br />
Era una strana bambina né brutta, né bella con lunghi<br />
capelli biondi e una voce stupenda. Cantava, cantava<br />
sempre e questo fu per noi una sorpresa. Prima del<br />
suo arrivo si sentiva cantare solo in chiesa durante la<br />
messa, per il resto del tempo si lavorava e nessuno<br />
aveva né la voglia, né il tempo di cantare. Ma lei<br />
cantava, e continuò a cantare anche quando faceva il<br />
fieno, mungeva le mucche o rassettava la casa.<br />
Affermavano che era “strana” ma se per un motivo<br />
qualsiasi Lena non cantava tutti si preoccupavano.<br />
“Sposati la Lena”. Diceva mio padre “E' un po'<br />
matta, la canta sempre, ma è forte e sana. Quel che ci<br />
vuole per la nostra fattoria. Non ti darà problemi”.<br />
Non ci fu cerimonia, né festa. Ci sposammo di<br />
mattina presto in chiesa perché poi c'erano le bestie<br />
in stalla che reclamavano la nostra presenza.<br />
La nostra fu una vita dura. Con tre figli da crescere, la<br />
campagna, le bestie ... e i soldi che non c'erano mai.<br />
Ingoiai il mio orgoglio di uomo convinto che solo il<br />
legame con la “terra” potesse compensare tutte le<br />
fatiche accettando il posto in fabbrica nel turno di<br />
notte. Incominciavo il mio turno alle sei di sera,<br />
lavoravo come uno dei mie tori per smontare alle sei<br />
di mattino. Con la bicicletta andavo a casa. Quella<br />
c'era e quella si usava con il sole, la neve, il gelo, la<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
pioggia. Alle stalle mi aspettavano già i miei due figli<br />
maschi... si mungeva... si dava da mangiare e da bere<br />
alle mucche, alle capre, ai maiali... poi finalmente il<br />
riposo. Crollavo in un sonno pesante appena posavo<br />
la testa sul cuscino.<br />
Lena, con la piccola, si occupava del pollaio, dell'orto.<br />
Lavava, stirava, preparava pranzo e cena. In casa<br />
provvedeva a tutto lei tenendo i conti in un piccolo<br />
quaderno nero che cambiava ogni anno<br />
appendendolo con un cordino ad un chiodo sul muro<br />
vicino alla credenza. Tutte le sere, finito di riordinare<br />
la cucina e dopo aver mandato a letto i bambini,<br />
staccava il suo quaderno e scriveva i suoi conti. Io<br />
portavo a casa quei quattro miseri soldi e lei faceva<br />
miracoli. Era una brava donna anche se a volte faceva<br />
- come da bambina - cose che per me non avevano<br />
alcun senso.<br />
Tutti i giorni, ad esempio, dopo pranzo si alzava dalla<br />
sedia, si toglieva il grembiule e usciva dalla casa.<br />
Scendeva al torrente e stava lì ferma a guardare<br />
l'acqua in silenzio, oppure mentre si raccoglieva il<br />
fieno lei si fermava, alzava la testa, muoveva piano il<br />
naso e poi sospirava. Era sempre felice. Lei e la<br />
piccola, facevano tutto parlottando a bassa voce,<br />
ridendo e cantando. Io, invece, ero sempre scontroso,<br />
arrabbiato e stanco.<br />
La vita in fabbrica era dura e i padroni superbi. Le<br />
nostre donne ai telai in piedi per dieci ore, sporche<br />
d'olio dalla testa ai piedi per gli spruzzi che faceva la<br />
navetta andando avanti e indietro battendo - con<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
un'assordante frastuono - a capo e coda sull'ordito,<br />
lavoravano fino all'ultimo mese di gravidanza.<br />
E già potevano ritenersi fortunate di riuscire<br />
nonostante tutto, a tenere fra le braccia il loro<br />
bambino. Non si parlava allora con la facilità d'oggi<br />
delle proprie cose, ma si capiva ugualmente. La vita<br />
era dura per tutti allo stesso modo, le lacrime avevano<br />
lo stesso sale e la stessa sofferenza. Arrivava una<br />
donna piangendo. Nessuno parlava. Non c'era<br />
bisogno di nessuna parola per sapere che aveva anche<br />
lei perso il bambino disturbato dal rumore e dalle<br />
forti vibrazioni dei telai.<br />
“Per mia figlia non voglio tutto questo, per mia figlia<br />
non voglio piedi gonfi e occhi che sanno solo<br />
piangere”. Mi dicevo. E la rabbia saliva... saliva.<br />
Quando Mario perse il braccio stritolato dai denti<br />
affamati della carda scoppiai.<br />
“Basta!” Incominciai ad urlare.<br />
“Basta davvero! Ma per chi ci prendono? Non siamo<br />
animali da lavoro e comunque i miei buoi io li tratto<br />
meglio! Non ne posso più, non ce la faccio più! Mi<br />
rifiuto di lavorare così. Sono un essere umano e come<br />
tale voglio essere trattato!”<br />
Spensi la carda e m'inginocchiai a terra piangendo<br />
come un vitellino.<br />
Poi mi resi conto del silenzio ... del grande ed<br />
improvviso silenzio.<br />
Alzai gli occhi ... tutti mi guardavano immobili vicino<br />
alle loro macchine spente.<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
“Cosa succede adesso?” urlava il padrone con il viso<br />
tutto rosso e sudato.<br />
“Voi non potete spegnere le macchine senza il mio<br />
permesso! Per la miseria! Mi state facendo perdere un<br />
mucchio di soldi! Riaccendetele subito disgraziati che<br />
non siete altro?”<br />
Silenzio! Nessuno fiatava.<br />
“Siamo in sciopero.”<br />
Dissi io con un sottile filo di voce.<br />
Fu per questo mio improvviso coraggio che fui<br />
soprannominato “il comunista”, anche se io neppure<br />
sapevo che cosa era un comunista.<br />
Se un comunista era un disperato che, come me, non<br />
ne poteva più di pianti, prepotenze, sfruttamento ...<br />
se si sentiva soffocare appena i pesanti cancelli della<br />
fabbrica si chiudevano sul mondo al primo suono<br />
della sirena ... se ogni mattina, pedalando come un<br />
forsennato per non essere in ritardo, sperava che non<br />
arrivasse nessuna malattia perché non c'erano i soldi<br />
per le medicine sognando di poter riuscire un giorno,<br />
a portare sua moglie a vedere il mare mentre i suoi<br />
figli erano già grandi e sistemati magari anche con un<br />
piccolo titolo di studio..Allora era un comunista.<br />
Lo sciopero durò per quasi un mese. Un mese senza<br />
un soldo in tasca, ma almeno la fattoria garantiva alla<br />
mia famiglia il cibo. Per gli altri operai fu durissima! o<br />
almeno io così pensavo. Scoprii più avanti che Lena,<br />
a mia insaputa, distribuiva uova, farina, latte e<br />
formaggio alle famiglie degli operai in sciopero,<br />
70
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
rischiando più volte di non aver più nulla da mettere<br />
sulla tavola per lei e per i nostri figli.<br />
Quello sciopero ci garantì il diritto di fare una pausa<br />
per mangiare quel poco di pane che ci portavamo da<br />
casa.<br />
Un mese di sciopero per avere il tempo di mangiare<br />
un pezzo di pane!<br />
Un mese di sciopero che c'insegnò a fare rispettare le<br />
nostre vite e il diritto di viverle ..con dignità anche se<br />
le tasche erano sempre vuote e a mala pena sapevamo<br />
leggere e scrivere.<br />
Un mattino di primavera - chissà come- Lena non si<br />
svegliò.<br />
I nostri ragazzi erano giovani e con la testa piena di<br />
progetti per rendere la fattoria “moderna ed<br />
efficiente” come dicevano spesso. La piccola, chissà<br />
come si era trasformata in una giovane insegnante.<br />
Per me era un miracolo vederla partire di mattina con<br />
la sua macchinetta rumorosa e sgangherata per andare<br />
a scuola.<br />
“Nostra figlia è un'insegnante. Nostra figlia insegna ai<br />
bambini a leggere e a scrivere!” Diceva Lena<br />
sorridendo.<br />
La morte di Lena lasciò un gran vuoto. Ci si abitua ad<br />
ogni cosa con una tale semplicità, che ti accorgi di<br />
averle sempre avute solo quando non le hai più. Non<br />
posso dire, anzi neppure sapere, se quando sposai<br />
Lena ero innamorato...è stata l'unica donna che ho<br />
conosciuto. Le ho voluto bene perché è stata una<br />
71
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
buona moglie, una buona mamma. Le ho voluto bene<br />
perché era lei, perché era Lena.<br />
Qualche mese dopo la sua morte, la piccola trovò in<br />
soffitta una grande scatola. Avevamo appena finito di<br />
cenare quando lei entrò in cucina con lo scatolone<br />
sotto braccio e gli occhi gonfi e rossi. Non le riusciva<br />
di parlare tanto era emozionata. I ragazzi ed io che<br />
ignoravamo cosa le fosse capitato ci spaventammo<br />
molto.<br />
“E' della mamma.” Farfugliava mostrandoci la grande<br />
scatola.<br />
“Della mamma?” Risposero i ragazzi mentre io<br />
ancora non capivo di cosa parlassero e cosa stesse<br />
comunque succedendo.<br />
“Io lì ho già letti tutti. E' incredibile sapete!”<br />
“Che cosa è incredibile?” Chiesi io che continuavo a<br />
non capire.<br />
“La mamma. Ecco questi sono i suoi quaderni!”<br />
“Quaderni? Quali quaderni?” Mi sembrava di non<br />
sapere più cosa dire. Ma che cosa stava succedendo?<br />
“Ecco, papà.” Disse mia figlia porgendomi la scatola.<br />
Le mani mi tremavano quando aprendo la scatola tirai<br />
fuori il primo piccolo quaderno.<br />
“Ma guarda, i quaderni dei conti! Ma perché mai Lena<br />
li avrà tenuti?”<br />
Quando chiusi l'ultimo quaderno era notte fonda ed<br />
ero rimasto solo. Ero così assorto da ciò che stavo<br />
leggendo che neppure mi accorsi che i ragazzi erano<br />
andati a dormire.<br />
72
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Ero rimasto solo e frastornato in un mondo che non<br />
mi appariva più lo stesso.<br />
Chi era la donna che scrupolosamente, anno dopo<br />
anno, aveva annotato con parole piccole e gentili i<br />
fatti quotidiani della sua vita, della nostra vita?<br />
Chi era?<br />
Passarono molti giorni prima che potessi trovare il<br />
coraggio di riaprire i quaderni di Lena.<br />
Io... io che avevo trovato il coraggio di andare contro<br />
i padroni spegnendo la carda ... io che ho sempre<br />
tenuto duro lavorando sodo senza mai fermarmi ad<br />
ascoltare la stanchezza ... che facevo partorire le mie<br />
mucche ... io che correvo fuori la notte per coprire il<br />
fieno incurante dei fulmini, dei tuoni, dell'acqua<br />
scosciante che m'inzuppava i vestiti ... io ... io ...<br />
avevo paura di rincontrare quella sconosciuta che nei<br />
suoi quaderni diceva d'essere Lena, mia moglie.<br />
Era partita veramente con l'intenzione di tenere i<br />
nostri miseri conti e per alcuni mesi lo fece con<br />
scrupoloso ordine. Poi incominciò - come per caso -<br />
ad annotare una frase.<br />
“Non c'è una nuvola in cielo. Solo un'immensa quantità di<br />
azzurro ... il cielo..!”.<br />
Oppure:<br />
“La mia mucca preferita ha partorito. Un vitello così dolce e<br />
bello non si è mai visto.<br />
Con il trascorrere dei giorni, dei mesi, Lena deve aver pensato<br />
che tutto sommato c'era veramente poco da contare tanto invece<br />
da scrivere così che le piccoli frasi si trasformarono via, via, in<br />
piccole composizioni.<br />
73
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
“La nostra vita, a volte, è incredibilmente dura. La fatica che<br />
faccio mi scoraggia a tal punto ... possibile che sia tutto qui?<br />
Ho deciso che da oggi proverò ha guardarmi attorno.<br />
Forse mi sfugge qualcosa, qualcosa di importante che può<br />
rendere la vita bella e leggera nonostante tutto.”<br />
Così incominciò a prendere nota di movimenti<br />
invisibili ad occhi distratti. Nei suoi quaderni si può<br />
ora seguire il susseguirsi delle stagioni senza bisogno<br />
del comune calendario.<br />
“Gennaio: nevica. La nostra campagna è coperta di bianca e<br />
soffice neve. Silenzio. Tranquillità e silenzio. Aria fresca e<br />
pulita. Le impronte dei passeri ... che tenerezza.”<br />
“Febbraio: il nostro Calicantus è fiorito. Piccoli fiori gialli ...<br />
fiori umili, senza pretese, ma profumati come nessun altro.<br />
Fringuelli, cinciallegre, pettirossi ... la primavera è alle porte.”<br />
Il mese più bello è giugno. Il mese in cui abbiamo concepito -<br />
come scrive Lena- la nostra piccola. Concepito! Che strana<br />
parola. Ho consultato segretamente il vocabolario per sapere<br />
cosa voleva dire.<br />
“Giugno. Questo giugno è il più bello della mia vita. Così<br />
pensavo oggi scendendo al fiume per godermi il solo momento<br />
della giornata tutto per me. Mi piace così! Mi piace stare li,<br />
ferma, ad osservare l'acqua che scorre. L'acqua è la vita, ne<br />
sono convita oggi più che mai. Oggi che tutto mi sembra<br />
assurdamente facile anche se al lato pratico nulla è diverso da<br />
ieri.<br />
L'acqua scorre senza porre resistenza modellandosi ai sassi,alle<br />
radici delle piante, passando sotto il ponte ... scorre<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
continuamente senza mai fermarsi. Deve arrivare al mare. Il<br />
figlio più grande mi ha detto che tutti i fiumi arrivano prima o<br />
poi al mare e che tutto ha origine dal mare.<br />
Ero anche felice oggi. Immensamente felice.<br />
Sono certa, assolutamente certa che la notte scorsa abbiamo<br />
concepito la nostra bambina. Mi basta chiudere gli occhi per<br />
sapere. Chiudere gli occhi e lasciarmi andare tra le braccia<br />
amorevoli della vita. E' così facile! Bisogna semplicemente<br />
accettare che le cose avvengono, con calma e dolcezza lasciarsi<br />
trasportare verso il mare ... lasciarsi trasportare dalla vita<br />
nella vita.<br />
Come vorrei vedere il mare!”<br />
“Profumo d'erba tagliata ... grilli cantori e cavallette<br />
saltellanti. Agosto caldo e ricco.<br />
Oggi mentre rastrellavo il fieno, è arrivato un signore.<br />
Buongiorno. Cercavo il comunista.”<br />
“Scusi,” ho risposo “chi cerca?”<br />
Sono cinque giorni che gli operai sono in sciopero e solo oggi ho<br />
saputo che il “comunista” è mio marito. Mio marito, mi ha poi<br />
raccontato quel signore che lo cercava, mio marito ha<br />
incominciato lo sciopero. Il primo giorno di sciopero era tornato<br />
a casa sconvolto come non lo avevo mai visto.<br />
“La carda ha stritolato il braccio di Mario. Glielo devono<br />
amputare e non potrà più lavorare. Da oggi siamo in<br />
sciopero.” Queste sono le uniche parole che ha detto ed io le ho<br />
posato la mano sulla spalla in silenzio.<br />
E' sempre stato un uomo burbero e di poche parole, un uomo<br />
che crede al valore di una pacca sulla spalla, di una stretta di<br />
mano. Un uomo che non è riuscito a raccontare a me, sua<br />
moglie, delle sue lacrime ... un uomo che piano, piano, l'altra<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
sera mi ha chiesto “Come farà il Mario a provvedere alla sua<br />
famiglia ora che non potrà più lavorare? Lo conosco bene! Non<br />
accetterà la carità di nessuno!”<br />
“Se gli proponessimo di venire a lavorare qui, in fattoria con<br />
noi? In una fattoria si può lavorare anche senza un braccio.”<br />
Lui mi ha guardato ... io l'ho guardato...<br />
La vita va divisa con qualcuno ed io sono stata fortunata.<br />
Divido la mia vita con un uomo che ha sempre vissuto in<br />
campagna, un uomo senza grandi pretese ... un uomo che sa<br />
tendere una mano.<br />
Non è meraviglioso tutto questo? Mi piace che lo chiamino il<br />
“comunista.”<br />
Devo asciugarmi gli occhi spesso mentre leggo<br />
cercando di controllare il tremore della mia mano.<br />
Devo asciugarmi gli occhi ripensando a tutte le volte<br />
che speravo nel domani senza sapere cosa mi donava<br />
costantemente l'oggi.<br />
Lena è venuta e andata come un soffio leggero e la<br />
mia mano è appena riuscita a sfiorarla. Mi è come<br />
scivolata via senza che potessi conoscerla ... senza<br />
poterle dire grazie.<br />
Sono stanco. Avrei bisogno di chiuderli, per un poco,<br />
questi stanchi e vecchi occhi, ma li ho tenuti già<br />
chiusi per molto, molto tempo. Aspetta ... com'è il<br />
mese di ottobre?<br />
“Mi piacerebbe che tu amassi il vento. Quel vento freddo e<br />
bizzarro che dalla montagna porta ossigeno alla pianura<br />
facendo cantare le fronde alte dei pini.<br />
Quel vento che raccoglie le foglie e vertiginosamente le muove a<br />
girandola per la gioia dei gatti che felici le rincorrono. Quel<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
vento che rompe le scatole al falco, fa perdere le tracce della<br />
volpe e rintanare in fretta e furia i piccoli uccelli nelle crepe del<br />
muro della nostra vecchia casa.<br />
Quel vento che passa sotto il maglione e ti toglie il respiro<br />
facendo venire una pazza voglia di spalancare le braccia per<br />
abbandonarti al suo volere di portarti per il mondo come<br />
nuvole ... quel vento che...”<br />
No, non ce la faccio più ... devo riposarmi. Sono<br />
molto stanco ... stanco come un vecchio qualunque<br />
con gli occhi che piangono sempre.<br />
“E' la cataratta!” mi dicono. Può darsi. Io non so<br />
cos'è.<br />
Sarà forse che non sono mai riuscito a portare Lena,<br />
mia moglie, al mare.<br />
indice<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.8 Una grata e una stecca<br />
di Dario Ghiringhelli<br />
I giovani degli anni '60 erano un misto di innocenza<br />
infantile, di brame ostinate e tormentose, di appetiti<br />
sessuali incontrollati e quasi da esaurimento nervoso,<br />
un ribollire di sessualità in dosi, per fortuna, ben<br />
controllate dai genitori, i quali faticavano a stare al<br />
passo con quei figli protagonisti della prima<br />
generazione che non doveva lottare per la<br />
sopravvivenza e che, perciò, si rivolgeva ad obiettivi<br />
di adempimento personale o di convivenza senza<br />
preoccupazione con gli altri coetanei.<br />
La sala, per così dire, sotterranea del Cadorna, oltre<br />
che ad offrire a noi giovani l'attrattiva del biliardo,<br />
delle boccette e dei giuochi con le carte, costituiva un<br />
forte richiamo di carattere leggermente morboso a chi<br />
si compiaceva nello spiare, non visto, l'intimità altrui.<br />
Infatti, una porzione d'angolo del soffitto era formata<br />
da una grata che dava sul marciapiede su cui il<br />
passaggio dei pendolari diretti o provenienti dalla<br />
stazione era molto intenso e frequente a tutte le ore<br />
del giorno.<br />
Tale struttura di elemento metallico assicurava la<br />
chiusura di quel punto della sala senza impedire il<br />
passaggio dell'aria e della luce.<br />
Attraverso i pertugi di quell'inferriata risultavano ben<br />
visibili gli arti inferiori dei passanti e delle passanti. E'<br />
noto come, in quegli anni, l'uso dei pantaloni da parte<br />
delle donne non fosse diffuso come al giorno d'oggi.<br />
78
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
essendo la gonna o, per le più giovani, la minigonna,<br />
l'indumento più comunemente utilizzato.<br />
In tal modo quella grata del Cadorna era diventata<br />
una specie di sala cinematografica affollatissima, nelle<br />
ore di punta del pomeriggio, da molti di noi che, col<br />
naso all'insù, potevamo scarrozzare con lo sguardo<br />
fino ad individuare il colore delle mutandine di<br />
quante fanciulle, ignare d'essere poste sotto stretta<br />
osservazione, dovevano transitare da quel tratto di<br />
marciapiede.<br />
Alcuni di noi, dotati più degli altri di formidabile<br />
colpo d'occhio, arrivavano al punto di identificare le<br />
generalità della passante grazie alla conformazione<br />
più o meno allettante dell'arto inferiore compreso tra<br />
il ginocchio e la coscia.<br />
L'approssimarsi della sera e della conseguente<br />
oscurità poneva momentaneamente termine a quella<br />
che poteva considerarsi una delle prime proiezioni a<br />
“luci rosse”.<br />
Oltre quegli spezzoni di film vietati ai minori di sedici<br />
anni, il salone sottostante il Cadorna offriva degli<br />
appassionanti e frequentissimi tornei di biliardo a cui<br />
partecipavano giocatori di tutte le età dotati di grande<br />
abilità con la stecca.<br />
Tra questi primeggiava un certo René di cui tutti noi<br />
conoscevamo solo codesto soprannome.<br />
René, di professione era sarto per uomo, attività che<br />
svolgeva in un bugigattolo posto in un quartiere<br />
popolare in periferia di Saronno. Lì aveva una<br />
piccola camera da letto con annesso cucinino e servizi<br />
79
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
ed un locale adibito a laboratorio dove approntava<br />
pantaloni, camicie e giacche ad una ristretta clientela<br />
da lui selezionata che gli consentiva un modesto<br />
tenore di vita. Sapeva destreggiarsi con la macchina<br />
da cucire con incredibile perizia, tale da superare<br />
molte donne sarte che attendevano a lavori di taglio e<br />
di cucito per la confezione di abiti.<br />
Ma la sua grande passione era il teatro, che asseriva di<br />
aver fatto per diverso tempo qualche anno prima in<br />
una compagnia della famiglia Rampoldi-Rame, la<br />
quale girava nei teatrini della provincia di Varese e<br />
Como, rivestendo il ruolo femminile di Madame<br />
Pompadour.<br />
René, frequentando il Cadorna, era entrato nelle<br />
simpatie di molti di noi per la sua spassosa<br />
disinvoltura nell'assumere atteggiamenti e moine<br />
femminili, grazie alle quali sapeva creare un'atmosfera<br />
di festosa ilarità, senza celare in alcun modo la sua<br />
dichiarata omosessualità che, strano a dirsi, non ci<br />
dava assolutamente fastidio.<br />
A tutto ciò si aggiungeva un certo livello culturale che<br />
gli permetteva di discutere con noi di ogni<br />
argomento, arricchendolo con i suoi moti di spirito<br />
non disgiunti da un'innata vis comica.<br />
Alla clientela più avanti di età del Cadorna non era<br />
tanto ben visto proprio per l'etichetta che si portava<br />
dietro di pederasta incallito, la quale suscitava tanta<br />
disapprovazione da parte di molti che arricciavano il<br />
naso di fronte alle pose così dichiaratamente<br />
provocatorie di René.<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Siciliano di nascita, ma da molti anni residente nel<br />
nostro borgo, René, pur non essendo molto alto,<br />
esibiva un fisico piuttosto asciutto che si completava<br />
con un viso espressivo in cui gli occhi. agitati con<br />
moto circolare, la facevano da padroni. Sua<br />
caratteristica inconfondibile era l'uso frequente di un<br />
intercalare pronunciato per rafforzare certe sue<br />
affermazioni:<br />
“Siete tenuti ad ascoltare e non a credermi!”.<br />
E noi che per partito preso, eravamo sempre in una<br />
posizione di controcorrente rispetto a certi modi di<br />
pensare da parte di alcune persone più anziane del<br />
Cadorna, non condividevamo tali forme di<br />
bacchettoneria quasi elevata a sistema di vita.<br />
Cosicché giudicavamo René come una persona del<br />
tutto normale, astenendoci dall'entrare nel merito<br />
delle sue atipiche tendenze, in quanto ritenevamo che<br />
esse facessero esclusivamente parte della sua sfera<br />
privata di vita.<br />
Per di più era uno spettacolo guardarlo giocare a<br />
biliardo, dove manifestava la sua più elegante perizia<br />
e rara maestria al punto che, anche Ottavio e<br />
Massimo,tra i più bravi di noi in quella disciplina,<br />
finivano sempre soccombenti nel corso delle gare e<br />
tornei che, di volta in volta, venivano organizzati.<br />
René maneggiava la stecca con delicatissima eleganza,<br />
mimando e ripetendo sempre la sua consueta formula<br />
che ci faceva sbellicare dalle risa:<br />
“Vedete ragazzi, la stecca va come lisciata, passandovi<br />
sopra ripetutamente le mani, va vezzeggiata<br />
81
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
insistentemente avanti e indietro, avanti e indietro,<br />
ma con quella morbidezza doverosa come se si<br />
dovesse procurarle una specie di piacevole orgasmo e<br />
poi la sua punta avvolta dal gesso celeste deve sentirsi<br />
oggetto di un manifesto contatto labiale”.<br />
Una sera capitò che René si trovasse ad affrontare il<br />
Forloni.<br />
Costui era un rozzo industrialotto del luogo<br />
arricchitosi con la produzione e la vendita di scatole<br />
di latta a produttori di dolciumi, biscotti e caramelle.<br />
Si vociferava che, prima del '45, fosse stato un<br />
esponente di spicco dei fascio saronnese, per farsi poi<br />
notare con il fazzoletto rosso al collo subito dopo il<br />
crollo del regime.<br />
Era notoria l'avversione, l'ostilità incoercibile, e la<br />
ripugnanza che provava per René, perché lo<br />
considerava un diverso ed un sottoprodotto della<br />
specie umana, esternando apertamente in pubblico<br />
tali sue convinzioni.<br />
Con una certa ostentata presunzione più volte aveva<br />
affermato di considerarsi il più bravo giocatore di<br />
biliardo esistente, non solo al Cadorna, ma anche nel<br />
saronnese.<br />
Come sogliono fare i villani rifatti, gettava sul panno<br />
verde una cospicua mazzetta di mille lire, guardandosi<br />
intorno se mai ci fosse qualcuno disposto a mettere<br />
sul tavolo un'analoga somma per disputarsela in una<br />
partita secca ai cinquantuno.<br />
René si fece avanti tra la meraviglia di tutti noi,<br />
ponendo in una buca del biliardo tutto il denaro che<br />
82
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
aveva e che, forse, avrebbe dovuto utilizzare per<br />
pagare il trimestre di pigione di quel suo laboratorio.<br />
Senza darlo a vedere. Massimo, Ottavio, io e tutti gli<br />
altri facevamo un intimo tifo per René.<br />
I due cominciarono a giocare molto<br />
cavallerescamente, mentre, in disparte, con rispettosa<br />
curiosità, stavamo in grande ammirazione di René<br />
che riusciva a far carambolare le biglie, determinando<br />
abbondanti bevute di punti da parte del Forloni.<br />
Se si tien conto che il Forloni, ad inizio partita, aveva<br />
dichiarato che giocatori come René se ne potevano<br />
bere un paio al giorno come uova fresche, è<br />
comprensibile la stizza e la viva irritazione da lui<br />
provata, avendo ignominiosamente perso<br />
cinquantuno a trentotto.<br />
Gettò con violenza la stecca sul biliardo, buttando<br />
quasi addosso a René la mazzetta delle mille lire.<br />
E qui René superò se stesso, raggiungendo il più altro<br />
grado di sublimità, con lo stringere la mano al Forloni<br />
come si usa al momento delle presentazioni:<br />
“Piacere e grazie, signor Forloni, lei è stato sconfitto<br />
da Madame Pompadour!”.<br />
Dopo aver gratificato di parecchi insulti René, con<br />
termini indecorosi per un industrialotto ancorché<br />
arricchito ed accennando a parti del corpo umano<br />
poco nominabili, il Forloni se ne andò fumante di<br />
rabbia.<br />
Mentre saliva la scala, sentimmo che, a voce alta,<br />
diceva a papà Aldo: “Tipi di questo genere non ne<br />
dovete far entrare al Cadorna. Questo è un posto per<br />
83
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
veri signori e non per lavativi e facce di palta come<br />
quello che giocava con me!”.<br />
Nel salone esplose una generale risata liberatoria da<br />
parte di tutti noi e René mise a disposizione la somma<br />
vinta per offrirci toast, panini e birra nel mezzo del<br />
tripudio generale che accompagnava la sua trionfale<br />
uscita dal Cadorna, durante la quale, per non<br />
smentirsi, si accomiatò da noi, pronunciando una<br />
delle sue frasi di rito:<br />
“Buona sega a tutti!”.<br />
Fummo universalmente concordi nel considerare<br />
quella straordinaria serata come una singolare lezione<br />
di vita perché poco bastava a farci sentire tutti<br />
egualmente entusiasti nel pianeta illusorio degli anni<br />
'60.<br />
indice<br />
84
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.9 Un inizio tra sogno e realtà<br />
di Sandra Frangioni<br />
Era uno di quegli strani pomeriggi invernali nei quali<br />
Lucia non sapeva come impiegare il tempo: di cose da<br />
fare ne avrebbe avute, perché, come si dice, cioè<br />
come dice chi non si è mai trovato in situazioni simili,<br />
una donna, in casa, trova sempre qualcosa da fare. La<br />
sua non era vera stanchezza, in fondo, anche se il<br />
fisico non era più al 100%, il suo lavoro non la<br />
affaticava più di tanto, si trattava piuttosto di una<br />
forma di disinteresse verso tutto, o meglio, di una<br />
assenza di passioni.<br />
Anni addietro se le avessero chiesto cosa le piaceva<br />
fare,avrebbe avuto molte risposte anche se al<br />
condizionale e con la conclusione “se avessi tempo” ,<br />
perché allora il suo lavoro era più impegnativo e la<br />
famiglia, con i bambini ancora piccoli da seguire per<br />
la scuola e gli altri impegni, l'assorbiva<br />
completamente; e poi c'erano state le malattie che<br />
avevano lasciato un segno nel fisico e nello spirito.<br />
Adesso che di tempo ce n'era abbastanza, la<br />
domanda: “Cosa ti piace fare?” rischiava di restare<br />
senza risposta.<br />
Le capitava, soprattutto quando era sola, di aggirarsi<br />
per la casa con addosso un senso di precarietà ed, a<br />
volte, di angoscia immotivata, quasi che il suo unico<br />
interesse fosse quello di aspettare che il tempo<br />
passasse e la giornata avesse termine il più<br />
rapidamente possibile, anche se poi era solita<br />
ripetersi, e ne era convinta veramente, che ogni<br />
85
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
singolo attimo della vita ha il suo valore e bisogna<br />
apprezzarlo come un dono, non “riempirlo” di<br />
attività, ma viverlo intensamente e goderlo per intero,<br />
con la consapevolezza che non tornerà mai più,<br />
neanche in una vita lunga cento anni.<br />
Quel giorno però questo ragionamento, o meglio,<br />
questa filosofia di vita, non la aiutava: aveva iniziato<br />
varie attività, senza concluderne alcuna, aveva fatto<br />
qualche telefonata, ma le persone cercate non erano<br />
raggiungibili (chissà se aveva volutamente scelto le<br />
persone sbagliate); di uscire, non ne aveva<br />
assolutamente voglia.<br />
Insomma, proprio non le riusciva di vedere il<br />
bicchiere mezzo pieno, anzi a dire la verità aveva<br />
addirittura la sensazione che non esistesse neanche il<br />
bicchiere.<br />
Ma poi chissà come avrà avuto origine questa<br />
favoletta del bicchiere, potrebbe trattarsi di qualsiasi<br />
altro contenitore; in fondo è anche un esempio<br />
abbastanza stupido per indicare una persona ottimista<br />
o che, per dirla in modo più moderno “pensa<br />
positivo”, perché se il bicchiere rappresenta la vita ed<br />
il suo contenuto la capacità di viverla, con metà si<br />
può raggiungere al massimo la sopravvivenza.<br />
Decise di lasciar perdere i bicchieri e questo era già<br />
un passo avanti rispetto alla sua condizione<br />
precedente, perché aveva, comunque, deciso<br />
qualcosa.<br />
Il passo seguente, però, era più difficile da compiere,<br />
non c'erano altre favolette su cui riflettere, quindi<br />
86
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
decise che era veramente stanca, come se avesse<br />
riempito, vuotato, lavato e di nuovo riempito tutti<br />
bicchieri del mondo di ogni forma e dimensione e, se<br />
era veramente stanca, doveva riposarsi: mise nello<br />
stereo uno dei suoi CD preferiti ( chissà chi avrà<br />
scelto tra De Andrè, Renato Zero, I Nomadi,<br />
Vecchioni)e si distese sul divano con l'intenzione di<br />
dormire.<br />
Dormire era, decisamente, l'attività che le riusciva<br />
meglio: niente la disturbava, né la luce, né i rumori, né<br />
il cambiare letto, per cui era sempre riuscita a<br />
dormire, anche nelle situazioni più disagiate, anche<br />
nei momenti più difficili della sua vita e questo,<br />
sicuramente, l'aveva aiutata.<br />
Quel giorno, però, non riusciva a prender sonno,<br />
chiuse gli occhi e si ritrovò in una sorta di<br />
dormiveglia nel quale le era difficile distinguere tra ciò<br />
che erano i suoi pensieri e ciò che era sogno: le<br />
giravano intorno immagini della sua vita, o meglio,<br />
frammenti di immagini, alcuni legati a momenti<br />
lontani, ormai dimenticati, almeno a livello<br />
consapevole, altri legati a momenti più recenti dei<br />
quali le restava solo una sensazione di gradimento o<br />
di disagio; c'erano le sue persone care scomparse<br />
ormai da molto, troppo tempo, c'era la sua famiglia<br />
attuale in un alternarsi di luci ed ombre,di risate e di<br />
insopportabili silenzi ( e questa era in fondo la realtà e<br />
tante volte si era chiesta se fosse così per tutti o se,<br />
invece, esistano famiglie nelle quali tutto ha un<br />
equilibrio quasi perfetto, ma poi era solita rispondersi<br />
87
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
che quel tipo di famiglia, forse, esiste solo nella<br />
pubblicità delle merendine, della carne in scatola e<br />
della pasta). Inoltre c'erano tanti bambini, tutti<br />
mescolati: quelli della sua infanzia, quelli dell'infanzia<br />
dei suoi figli, quelli di oggi che spesso definiamo<br />
“difficili”, ma forse solo perché non li conosciamo,<br />
escono dai nostri schemi e ci fanno un po' paura. In<br />
quella specie di sogno le apparivano tutti uguali,<br />
semplicemente, magnificamente, bambini ed<br />
all'improvviso udì la propria voce che iniziava il<br />
racconto di una storia:<br />
“C'era una volta ...................”<br />
E tutti i bambini ascoltavano, alcuni con attenzione,<br />
altri distratti dai propri giochi, altri ancora, forse la<br />
maggior parte, alternando i due comportamenti.<br />
Lo squillo indiscreto ed inopportuno del telefono<br />
risuonò nella stanza, così Lucia si svegliò, se mai si<br />
era addormentata veramente: si alzò, si avvicinò al<br />
telefono e sollevò la cornetta dicendo :<br />
“Pronto!,Pronto?”ma nessuno rispose.<br />
Chissà se il telefono aveva squillato a lungo oppure,<br />
come spesso accade, l'ignoto interlocutore si era<br />
subito stancato di attendere ed aveva riattaccato:<br />
questo era uno dei comportamenti che Lucia mal<br />
tollerava e che la portavano a chiedersi: “Perché le<br />
persone non hanno, quasi mai, la pazienza di<br />
attendere? A cosa servirà poi tutta questa fretta?”<br />
Il brusco ritorno alla realtà la lasciò un attimo<br />
disorientata, poi le ritornò in mente il suo sogno, se<br />
sogno era stato.<br />
88
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Quale storia stava raccontando a quegli immaginari<br />
bambini?<br />
Cercò di ricordare, ma le era rimasto in mente solo<br />
l'inizio: “C'era una volta....”, forse perché esisteva<br />
solo quello.<br />
Improvvisamente avvertì un impellente desiderio di<br />
scrivere: “scrivere”, ecco una passione che aveva<br />
sempre avuto, anche se non l'aveva mai coltivata.<br />
Prese un blocco notes,una matita ed iniziò:<br />
“C'era una volta…….”<br />
Non andò oltre questo inizio, ma aveva la sensazione<br />
che a poco a poco le parole sarebbero venute,<br />
bastava saperle aspettare e Lucia era molto paziente.<br />
Forse non aveva mai coltivato la sua passione per la<br />
scrittura perché si era convinta che, per scrivere,<br />
bisogna avere subito pronte molte parole, ma forse<br />
non è così, forse bisogna solo aver dentro di sé un<br />
po' di speranza, un po' di gioia, un po' di tristezza, un<br />
pizzico di ironia,il tutto condito con molto, molto<br />
amore e saper attendere che questo miscuglio,<br />
lentamente, si trasformi in parole: dolci o amare,<br />
pesanti come pietre o leggere come piume, facili o<br />
difficili, di gioia o di dolore, giuste o sbagliate, mai<br />
inutili se condivise con chi si ama.<br />
Ora sentiva che prima o poi ( non importava se<br />
sarebbe stato più poi che prima), quella favola<br />
sarebbe riuscita a scriverla e che avrebbe trovato<br />
anche dei bambini disposti ad ascoltarla, perché i<br />
bambini sanno percepire l'amore che c'è dietro alle<br />
parole.<br />
89
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Lucia ripose nel cassetto blocco notes e matita ed<br />
iniziò a preparare la cena, senza avvertire più<br />
quello strano senso di angoscia che l'aveva<br />
attanagliata nel primo pomeriggio.<br />
Certamente non aveva risolto tutti i suoi problemi,<br />
anzi forse non ne aveva risolto alcuno, ma era,<br />
comunque, un inizio e, soprattutto, un inizio che le<br />
piaceva.<br />
indice<br />
90
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
2.10 Il primo amore<br />
di Giovanni Fassina<br />
In una splendida, calda mattina di fine luglio, giorno<br />
del mio sedicesimo compleanno, la mamma mi porse<br />
una tazza di caffelatte con un pezzo di pane, avanzo<br />
del giorno prima.<br />
«Vai al negozio di Teresa e comprati un paio di<br />
pantaloni. Ne hai proprio bisogno. Continui a<br />
crescere, non posso continuare ad aggiungere pezze<br />
di stoffa, sembri arlecchino. Di' a Teresa che tuo<br />
padre fra pochissimo riscuote lo stipendio e io<br />
salderò il debito».<br />
Papà aveva trovato da pochi mesi un buon lavoro<br />
come manovale in una ditta di costruzioni nel vicino<br />
capoluogo. Ora che cominciava a esserci un'entrata<br />
fissa mia madre, l'economa della casa, aveva iniziato a<br />
saldare una parte dei debiti contratti col negozio di<br />
alimentari e quello di abbigliamento.<br />
La signora Teresa gestiva nel paese un emporio di<br />
moda dove si poteva trovare di tutto: calzoni,<br />
camicie, cravatte, biancheria per le signore e, ancora,<br />
articoli per bambini e calzature.<br />
Quella dei pantaloni mi sembrò un'occasione più che<br />
ghiotta: Teresa mi piaceva da matti.<br />
Era una donna già sulla quarantina, bellissima e<br />
provocante. Capelli rossi, occhi scuri, labbra carnose<br />
messe in risalto dal vermiglio del rossetto.<br />
Soprattutto, aveva un seno mozzafiato, abbondante e<br />
sodo. D'estate erompeva dalle camicette che<br />
91
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
indossava senza reggiseno, così che si intravedevano i<br />
capezzoli scuri.<br />
Unica figlia di contadini, dopo la scuola dell'obbligo,<br />
aveva iniziato a lavorare nell'uliveto dei genitori:<br />
fredde stagioni passate a raccogliere olive con le mani<br />
nude, screpolate per il gelo, e la schiena curva. Era<br />
cresciuta, per quel doversi sudare il pane sin da<br />
bambina, fiera e indipendente. L'esempio costante<br />
della madre, donna mite e servizievole, che i troppi<br />
inverni di fatica avevano già resa vecchia e che<br />
sarebbe morta presto, le aveva suscitato per contrasto<br />
un animo ribelle e carico di un diffuso rancore.<br />
A vent'anni, nonostante la grama vita, era una<br />
splendida ragazza. I giovanotti del paese ne erano<br />
tutti innamorati; qualcuno più anziano l'aveva chiesta<br />
in sposa. Ma lei respingeva quegli uomini tutti uguali,<br />
schietti ma capaci di amare solo il duro lavoro,<br />
proprio come suo padre.<br />
Passarono due decenni prima che incappasse in quella<br />
che le sembrò l'occasione buona. Fu così che sposò<br />
un ricco proprietario terriero del luogo, vedovo, di<br />
vent'anni più anziano.<br />
Per non cancellare l'immagine che si era duramente<br />
costruita di donna autonoma, aveva insistito per<br />
avviare una piccola attività commerciale tutta sua. Il<br />
marito aveva acconsentito e provveduto a ogni cosa.<br />
Lei non lo amava, ma non lo tradì mai.<br />
Talvolta con alcuni amici si andava al negozio di<br />
Teresa per spiare i suoi movimenti attraverso la<br />
vetrina.<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Lei si accorgeva della nostra presenza e ne<br />
immaginava il motivo. Allora, se non c'erano clienti,<br />
iniziava un gioco malizioso per eccitarci. Fingendo di<br />
sistemare qualche capo di vestiario, saliva in cima alla<br />
scala mettendo in mostra le mutandine che<br />
racchiudevano un fondoschiena spettacolare, oppure<br />
si inginocchiava proprio dinanzi alla vetrina con la<br />
scusa di accomodare una scatola, per mettere in<br />
mostra il suo favoloso decolleté.<br />
Accesi come fiammiferi ci rifugiavamo in una vecchia<br />
stalla in disuso poco distante e iniziavamo a<br />
masturbarci, scommettendo su chi finiva prima.<br />
Era solo un gioco.<br />
Certe sere prima di addormentarmi pensavo a lei.<br />
Immaginavo di entrare nel suo negozio mentre era<br />
sola.<br />
In questa visione senza suoni, subito le mie mani<br />
andavano verso il seno. La camicetta si apriva<br />
magicamente e iniziavo a palpare quelle grosse tette.<br />
Poi, la mia bocca si posava sui turgidi capezzoli di<br />
Teresa che cominciavo a succhiare avidamente. Non<br />
riuscivo mai a completare quell'immaginario<br />
amplesso perché la mano correva veloce sul pene e<br />
quasi subito eiaculavo.<br />
M'incamminai verso il negozio con in testa quelle<br />
fantasticherie.<br />
Ero già entrato in quel locale, una stanza al<br />
pianterreno di un caseggiato recente, adattata a<br />
negozio. Lungo tre pareti erano appoggiati gli scaffali<br />
93
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
con la merce, nella quarta era stata ricavata la vetrina.<br />
In mezzo stava un lungo bancone con dei cassetti.<br />
Ci trovai la signora Giovanna, cugina di mia madre,<br />
con la figlia, una bambina di sei o sette anni. La<br />
piccola Giuseppina stava provando delle scarpe ma<br />
era indecisa sul colore. Dopo qualche minuto la<br />
madre, spazientita, scelse per lei.<br />
La bimba uscì, con un paio di sandaletti color rosa<br />
intenso, raggiante.<br />
Finalmente rimasi solo con Teresa. «Buongiorno!»<br />
dissi.<br />
«Buongiorno, giovanotto» rispose senza guardarmi.<br />
Stava rimettendo a posto una scatola. M'illusi che<br />
volesse iniziare a giocare come faceva dietro la<br />
vetrina, solo per me questa volta.<br />
«Sei qui per vedere me o hai bisogno di qualcosa?»<br />
continuò sorridendo.<br />
Arrossii.<br />
«Un paio di pantaloni» balbettai. Una improvvisa e<br />
imprevista timidezza mi aveva afferrato ora che mi<br />
trovavo nella situazione che avevo sempre sognato.<br />
«Corti o lunghi?» domandò guardandomi negli occhi.<br />
La domanda mi sorprese. Non avevo pensato a<br />
questa distinzione e mia madre non mi aveva dato<br />
nessuna istruzione in proposito.<br />
«Lunghi» decisi, pensando che mi rendevano più<br />
uomo.<br />
«Lunghi, bene. Hai già qualche idea? Di tela, di lino,<br />
classici, sportivi? ».<br />
«Mah... non so ... » feci io, pensando ad altro.<br />
94
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
«Siamo d'estate, ci vuole un bel tessuto fresco e<br />
leggero. Guarda questi. »<br />
Da un appendiabiti estrasse un paio di calzoni celesti.<br />
«Che te ne pare? Come taglia ti dovrebbe andare<br />
bene» aggiunse esaminandomi da cima a fondo.<br />
In quel momento entrò un'amica.<br />
«Oh, Lucia!» «Ciao cara, è arrivata la misura di quelle<br />
scarpe?»<br />
«Non ancora. Siamo quasi ad agosto e con le vacanze<br />
tutti se ne varino in ferie ... »<br />
«A proposito, tu dove vai quest'anno?»<br />
«Torno a Venezia, mi è piaciuta così tanto!»<br />
«Eh sì, lì anche la cacca dei piccioni è speciale»<br />
scherzò la donna.<br />
Io cominciavo a innervosirmi.<br />
«E tu dove vai?» proseguì Teresa.<br />
«Ah, non chiedermelo! Lo sai, a settembre si sposa<br />
mia figlia: risparmiare, risparmiare... è la musica che<br />
suona ogni giorno mio marito ... »<br />
L'amica a questo punto mi guardò, come seccata della<br />
mia presenza.<br />
«Beh,ripasso a settembre allora, ciao» concluse, e<br />
finalmente uscì.<br />
«Dunque mio bel giovanotto, hai deciso? »<br />
«Sì, mi piacciono!»<br />
«Allora provali.»<br />
«Li devo misurare?»<br />
«Certo! Vuoi prenderli senza provarli? Vai dietro<br />
quella tenda e quando li hai indossati chiamami.»<br />
95
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Mi diede i pantaloni e mi indicò il camerino, un<br />
minuscolo sgabuzzino ricavato in una rientranza della<br />
parete.<br />
Spogliarmi, anche se dietro una tenda, mi diede una<br />
sensazione di proibito. Cominciavo a fantasticare.<br />
Tolsi quello straccio di pantaloni rappezzati e mi<br />
infilai quelli nuovi. Erano lunghi.<br />
«Sei pronto?» chiamò Teresa.<br />
«Sì.»<br />
Uscii dallo stanzino.<br />
«Vediamo un po'. Un tantino lunghetti. Avvicinati.»<br />
Non capivo cosa volesse.<br />
Prese un ago e del filo che inumidì mettendolo in<br />
bocca. Lo infilò nella cruna dell'ago. La guardavo<br />
affascinato. Poi si inginocchiò davanti a me.<br />
«Prendo l'orlo» spiegò guardandomi da sotto in su e<br />
sorridendo maliziosamente.<br />
Mi irrigidii. Sbirciai quello che faceva.<br />
In quella posizione la gonna già corta si ritirò sopra le<br />
cosce sino al punto che potevo intravedere le<br />
mutandine nere. Poi lo sguardo cadde sul seno. La<br />
camicetta - non me n'ero accorto prima! - era aperta<br />
quasi del tutto e mostrava due seni grossi e sodi come<br />
meloni. Mi mancava il respiro. Sentii il pene indurirsi.<br />
Ero terribilmente imbarazzato.<br />
Lei si accorse di tutto ma continuò, indifferente, a<br />
trafficare con il fondo dei pantaloni.<br />
«Bene, l'orlo è sistemato. Controlliamo la cintola.»<br />
Alzò le mari e con una sfiorò, senza volerlo o forse di<br />
proposito, il pene.<br />
96
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Mi prese un calore alla testa che ben conoscevo; la<br />
voglia di un qualunque contatto fisico con quella<br />
donna si fece prepotente. Tentai di resistere, ma lo<br />
sperma a fiotti caldi uscì inesorabile.<br />
«La cintura va bene. Puoi toglierli» disse,<br />
guardandomi soddisfatta.<br />
Vergognandomi come un ladro mi precipitai nel<br />
camerino.<br />
Mi tolsi i pantaloni e subito mi resi conto che li avevo<br />
macchiati.<br />
Non sapevo che fare.<br />
«Ti sei rivestito?» disse Teresa.<br />
Uscii. Mi avvicinai al bancone e le consegnai i<br />
pantaloni appallottolati. Ma lei volle piegarli e così si<br />
accorse del danno.<br />
Da un cassetto estrasse un flacone con il quale<br />
spruzzò un liquido sull'alone ancora umido.<br />
«Ho messo un po' di antimacchia per impedire che il<br />
tessuto assorba troppo. Appena arrivi a casa di' a tua<br />
madre che lavi subito i pantaloni.»<br />
«Per il pagamento ... » mormorai con il viso rivolto a<br />
terra.<br />
«Mi accorderò con tua madre, dille che non si<br />
preoccupi. Ciao, giovanotto» mi congedò<br />
consegnandomi il sacchetto. «Saluta la mamma!»<br />
Balbettai un grazie e uscii.<br />
Ero mortificato.<br />
Ma quante volte ancora avrei sognato la signora<br />
Teresa!<br />
indice<br />
97
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3. Declinando al femminile<br />
3.1 Il pianto della terra ai pirati…<br />
di Chiara Loria<br />
Sono femmina e il mio nome è Terra.<br />
E voi, voi siete... predoni.<br />
Mi avete saccheggiata,<br />
continuamente<br />
saccheggiate la mia anima<br />
che impotente urla<br />
la sua rabbia inascoltata.<br />
Scarnificata<br />
svuotata come orbita per occhiaie cieche<br />
trascino<br />
una livida paura generazionale.<br />
Millenaristica è la mia angoscia:<br />
altrove vi sono radici di gioia,<br />
altrove la vita si consuma in felicità piccole<br />
brevi e sommesse.<br />
Non qui<br />
non ora<br />
non con voi<br />
che cancellate l'uomo<br />
violentate la donna<br />
li sacrificate con me<br />
ad una delirante realtà.<br />
Usate parole musiche canti e non siete suadenti<br />
ori ed argenti sono crudeli banali commenti<br />
al mio autunno che si dilata e sfuma<br />
98
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
come in un suicidio<br />
consumato senza dolcezza.<br />
Forse un desertificato domani, figlio di queste<br />
[violenze,]<br />
nutrito del mio sangue<br />
genererà la linfa di una ripristinata dignità.<br />
indice<br />
99
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.2 L’ultima decisione<br />
di Bruno Bianco<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Franca la stava chiamando davanti ai cancelli; con<br />
quelle stesse parole che usava suo padre.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Quando doveva andare a fare legna e quando c'era la<br />
camicia da rammendare; così i suoi quattro fratelli,<br />
quando aspettavano di essere serviti al tavolo e<br />
quando chiamavano in cortile per farsi portare<br />
qualunque cosa servisse per i lavori di tutti i giorni. E<br />
Nina si sbrigava sempre; dalle sei del mattino fino alle<br />
dieci di sera. L'unica donna in mezzo a cinque uomini<br />
poteva solo alzarsi alle sei del mattino e coricarsi alle<br />
dieci di sera, dopo aver pensato al pranzo, alla cena, al<br />
bucato, alla terra, alla legna e alle bestie.<br />
Vita di montagna; lavoro, lavoro e ancora lavoro. E il<br />
portafoglio sempre in mano agli uomini. Quando<br />
c'era ancora sua madre era diverso; perché sua madre<br />
sapeva come tenerli tutti in riga e se come ogni<br />
moglie anche lei faceva la serva, il padre però<br />
sbraitava meno, i fratelli stavano al loro posto e il<br />
portafoglio, quello usciva dalla tasca del padre<br />
qualche volta in più.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Quando ammazzavano il maiale e le toccava correre<br />
con il secchiello a tenere lontano il cane.<br />
-Allora Nina vuoi sbrigarti? -<br />
100
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Quando con il rastrello doveva radunare il fieno<br />
mentre gli uomini con il forcone caricavano il carro.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Quando a pranzo doveva portare la pentola, il<br />
pintone e qualunque altra cosa mancasse; perché gli<br />
uomini quando si sedevano a tavola non si alzavano<br />
per niente al mondo se non alla fine del pranzo.<br />
E poi sentire le donne del paese che le ripetevano<br />
sempre la stessa lagna.<br />
-Ti devi trovare un marito e anche in fretta. -<br />
-Ma perché devo prendermi un marito? In paese non<br />
sono mica l'unica da maritare. -<br />
-Tu sei la più bella ragazza del paese. Una come te se<br />
lo può anche scegliere il marito; ma se non lo scegli<br />
tu, finisce che qualcun altro sceglie te e credimi è<br />
molto peggio.<br />
-Sono sempre stata capace a difendermi! -<br />
-Brava, continua a difenderti da tutti; così finisci per<br />
restare tutta la vita a far da serva a cinque uomini e<br />
quando i tuoi fratelli si sposeranno farai da serva<br />
anche alle loro mogli.-<br />
-Se devo scegliere tra fare la serva a un marito oppure<br />
farla a un padre, quattro fratelli e altrettante cognate,<br />
allora scelgo loro; dovrò lavare, cucinare e<br />
rammendare, ma almeno mi evito di avere uno con il<br />
fiato che puzza di vino, per qualche minuto respira il<br />
suo piacere vicino al mio orecchio, poi si gira<br />
dall' altra parte e si addormenta fino al mattino dopo.<br />
Una domenica mattina dopo messa l'aveva fermata<br />
addirittura il parroco.<br />
101
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
-Vedi Nina, una brava donna e una brava cristiana si<br />
trova un marito, mette al mondo dei figli, fa' quello<br />
che fanno tutte le brave donne e le brave cristiane dei<br />
nostri paesi.-<br />
-Non voglio mancarvi di rispetto don Luigi, ma lei sa<br />
bene che non ho intenzione di maritarmi.-<br />
Don Luigi l’aveva presa sotto braccio e l'aveva<br />
portata all'ombra delle piante del sagrato.<br />
-Ascoltami bene Nina. Tu non conosci Piero del<br />
Bricco; sono passati quindici anni da quando è andato<br />
via dal paese e qui non ha più parenti. Diceva che<br />
sarebbe andato a valle, in città, a cercare fortuna e<br />
credo proprio che l'abbia trovata. Ieri è passato da me<br />
e mi ha raccontato cos'ha fatto in questi anni; ha<br />
lavorato in una fabbrica, dove facevano gli<br />
elettrodomestici. Sai cosa sono Nina gli<br />
elettrodomestici? Sono macchine strane che fanno<br />
fare meno fatica alle donne come te. Mi ha spiegato<br />
che è diventato bravo a fare gli elettrodomestici e<br />
che poi ha aperto una piccola fabbrica tutta<br />
sua;adesso se li fa' per lui gli elettrodomestici, giù<br />
nella valle verso la città.-<br />
-Scusatemi don Luigi, non vi seguo.-<br />
-Invece mi devi seguire, Nina. Piero è venuto quassù<br />
per dirmi che ha l'età giusta per sposarsi, che vuole<br />
una donna della sua terra, che si fida solo delle donne<br />
della sua terra. Come padrone della sua fabbrica fa' gli<br />
elettrodomestici per far star bene le donne, come<br />
marito farà stare bene anche te. -<br />
102
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
-Per il rispetto che vi porto non vi dirò di no; ma a<br />
due condizioni. La prima che voglio vedere questo<br />
Piero del Bricco prima che lui veda me; la seconda<br />
che a casa mia non devono saperlo.<br />
-Faremo così. Io dirò a tuo padre che ho bisogno di<br />
mandarti in città dalle suore per una commissione; tu<br />
parti con il pulman del mattino presto e avrai il<br />
tempo per vedere Piero e la sua fabbrica. Quando<br />
arrivi con il pulman delle cinque devi venire subito da<br />
me a riferire.-<br />
Nina era partita alle sette del mattino e aveva fatto<br />
tutto quello che doveva fare, in tempo per il pulman<br />
delle cinque del pomeriggio e per passare da don<br />
Luigi in sacrestia subito dopo il vespro.<br />
-Dovete credermi, don Luigi; nemmeno Piero del<br />
Bricco è il marito che voglio avere. Però voi non<br />
sapete quanto vi sono grata per l'interessamento.<br />
E se ne era tornata a casa fermando qualunque<br />
tentativo del prete di convincerla a più miti ragioni.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Suo padre reclamava già la cena.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti?-<br />
Un fratello le chiedeva il pintone di vino<br />
-Allora Nina vuoi sbrigarti?-<br />
Un altro fratello aspettava di farsi cucire un bottone<br />
prima di andare all'osteria.<br />
Nina aveva servito la cena, portato il pintone,<br />
sparecchiato la tavola, cucito il bottone e sciacquato i<br />
piatti; poi si era lavata ben bene le mani e mentre le<br />
103
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
asciugava con il grembiule aveva parlato a tutti e<br />
cinque con voce esile ma decisa.<br />
-Da domani vado a lavorare in una fabbrica giù nella<br />
valle; la prima volta che riesco torno a su a dirvi dove<br />
ho trovato da abitare. -<br />
E da quel momento nessun uomo della sua famiglia<br />
aveva più potuto dirle di sbrigarsi.<br />
-Allora Nina, vuoi sbrigarti? -<br />
Franca era davanti ai cancelli che stava preparando i<br />
volantini.<br />
-Dai che a minuti arrivano tutti; oggi in fabbrica non<br />
deve entrare nessuna di noi. Prima di chiudere qui e<br />
spostare tutto in Cina, noi gliela inchiodiamo questa<br />
fabbrica; lo voglio vedere in ginocchio a implorarci di<br />
tornare al lavoro, di finire le commesse, di trovare un<br />
accordo. Vuoi un accordo? Hai solo da restare qui e<br />
non portare tutto in Cina, eccolo l'accordo.<br />
Nina guardò Franca, il banchetto, i volantini e le<br />
colleghe con il camice blu che facevano capannello<br />
intorno. Era davvero una tragedia per tutte che la<br />
fabbrica dovesse chiudere; e perché poi, per aprire in<br />
Cina, dopo tanti anni di lavoro impiegato a far<br />
crescere quella fabbrica. Proprio in Cina, dove lo<br />
sapevano tutti che fanno lavorare i bambini, che gli<br />
orari sono da bestie, che non ci sono tutele, che<br />
inquinano senza regole, che gli elettrodomestici fatti<br />
laggiù funzionano molto peggio dei loro; proprio in<br />
Cina dove la gente delle campagne fa' a gara per avere<br />
uno straccio di lavoro malpagato in fabbrica. Questa<br />
era la Cina che fregava il lavoro a chi aveva un<br />
104
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
marito, figli e un mutuo da pagare. Questo dovevano<br />
impedire lei, Franca, tutte le colleghe;distribuire<br />
volantini, stare ai cancelli, aspettare il padrone che<br />
venisse a implorarle in ginocchio di tornare a<br />
lavorare.<br />
Poi guardò il cancello, il tetto della fabbrica uguale a<br />
quando l'aveva visto vent'anni prima; quando era<br />
partita per una commissione dalle suore e aveva finito<br />
per andare a chiedere a un certo Piero del Bricco se<br />
avesse bisogno di una nuova operaia che facesse<br />
elettrodomestici. E in quel preciso momento tutto le<br />
divenne chiaro; in quel momento pensò che se in<br />
Cina ci fosse stata una donna, anche solo una donna,<br />
che avesse trovato lavoro in una fabbrica di<br />
elettrodomestici, avesse lasciato la campagna, smesso<br />
di far la serva a padri, fratelli e mariti e costruito<br />
come aveva fatto lei una famiglia vera senza servi e<br />
senza padroni, allora sì, anche per questa sola donna<br />
valeva la pena di chiudere la fabbrica, aprirne una in<br />
Cina e lasciare che gli eventi facessero il loro corso.<br />
Nina si staccò da Franca e andò oltre il cancello.<br />
-Dove vai Nina? Oggi non si entra, oggi si fa<br />
sciopero. -<br />
Nina andò verso la timbratrice, bollò la cartolina e<br />
non si voltò indietro. E anche Franca non poté più<br />
dirle di sbrigarsi.<br />
indice<br />
105
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.3 Primo giorno<br />
di Chiara Borghi<br />
Lui sanguina e scende grigio tutto attorno<br />
Ogni istante è fermo mentre<br />
Il mio tempo si tinge.<br />
Quando il periodo stinge<br />
è sangue. La notte. Il giorno.<br />
Il gioco della vita in 28 mosse<br />
la vincita: un figlio o una dismenorrea.<br />
Sempre trauma rosso.<br />
Oggi si svela il mio mistero<br />
La mia pazienza<br />
La capacità aliena<br />
Di aspettare ogni mese che un’attesa si disattenda,<br />
scorra il mio esserci donna.<br />
indice<br />
106
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.4 E si ruppe l’incantesimo<br />
di Maria Teresa Montanaro<br />
Lei gioiva quando lui le diceva: “tu sei la cometa che<br />
splende una volta sola nel cielo di un uomo!”<br />
Correva da lui ogni giorno, e con gli occhi illuminati<br />
d'immenso, lo abbracciava e lo stringeva piena di<br />
emozione mentre lui le sussurrava quelle frasi dolci e<br />
appassionate.<br />
Era felice di sentirsi scoperta, apprezzata, ammirata<br />
dalla stupita meraviglia di colui che la cercava da<br />
sempre. E pian piano, teneramente gli si offriva. Era<br />
come la piccola orchidea nascosta all'ombra delle<br />
felci, che finalmente, per la prima volta, viene trovata,<br />
messa in luce, goduta in tutta la sua intima bellezza.<br />
Lei sapeva di essere un fiore raro.<br />
Così aveva atteso fino a quel momento l'uomo che la<br />
riconoscesse per quel bene prezioso, per quel valore<br />
unico che sentiva di essere. Un uomo che la volesse<br />
davvero tutta, integralmente e sempre: da prima che<br />
nascesse a dopo che fosse morta.<br />
Quell'uomo era lui; lo aveva finalmente incontrato.<br />
Solo lui la desiderava tanto da sentirne un bisogno<br />
vitale, immenso.<br />
Per questo, mentre lo abbracciava, si ritrovava al<br />
centro dell'universo, e in lui poteva versare fino<br />
all'ultima goccia del suo oceano d'amore. Era con lui<br />
che provava la rasserenante certezza di poter fare la<br />
felicità di qualcuno.<br />
Solo con un uomo che la volesse tanto fortemente lei<br />
poteva donarsi, spendersi senza riserve, e crescere per<br />
107
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
la prima volta come donna veramente libera, poiché<br />
capace di compiere una scelta d'amore. Aveva sempre<br />
aspirato al Bene, e credeva che un giorno le sarebbe<br />
stato chiesto conto del tesoro affidatole.<br />
Perciò era certa che quello fosse il modo più grande e<br />
bello di realizzare la propria presenza in questo<br />
mondo. Era come se una voce misteriosa le indicasse<br />
in quell'uomo il senso più giusto e vero del suo<br />
cammino terreno. Lui era lì, col suo bisogno<br />
smisurato di lei, e le dava ciò di cui aveva<br />
profondamente bisogno: la possibilità di rendere<br />
straordinaria la propria esistenza. Per questo lo<br />
guardava con occhi felici e riconoscenti.<br />
Poi un giorno lei tornò da un lungo viaggio, e i suoi<br />
occhi non lo guardarono più allo stesso modo. Il suo<br />
sorriso non splendeva più di liete promesse, ma era<br />
incerto e opaco.<br />
Si era come rotto un incantesimo. L'estasi era finita.<br />
Ora, più lo guardava, più lo vedeva nella sua cruda<br />
realtà: paralizzato su una sedia a rotelle.<br />
Gli accarezzava e baciava le mani, ma le sentiva inerti<br />
e rattrappite. Lo abbracciava e stringeva forte, ma le<br />
braccia di lui erano deboli e scarne. Lui era un<br />
handicappato grave, imprigionato per sempre nei suoi<br />
durissimi limiti fisiologici. Un essere umano<br />
intelligente e sensibile, ricco di sentimenti e grandi<br />
aspirazioni, murato vivo in un corpo immobile. E lei,<br />
tutto d'un tratto, si sentiva profondamente<br />
responsabile del suo destino. Voleva farlo felice con<br />
108
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
tutto il suo cuore e tutte le sue forze, ma aveva<br />
paura...<br />
Ora quella carrozzina elettrica, quelle protesi ai polsi e<br />
gli altri vari impedimenti, non erano più soltanto<br />
dettagli marginali e accettabili della persona, bensì<br />
gravosi problemi. Se prima quei limiti potevano<br />
sembrarle semplici particolarità, che talora gli<br />
conferivano pure un certo tenero fascino, rendendolo<br />
ancora più interessante e amabile, adesso invece le<br />
incutevano inquietanti dubbi e timori.<br />
Entrambi erano stati coscienti, fin dall'inizio, delle<br />
difficoltà oggettive della situazione e dei grossi rischi<br />
che la loro storia comportava. Eppure ciò non era<br />
bastato a dissuaderli.<br />
Avevano già messo radici troppo profonde l'uno<br />
nell'altra. E spesso si sentivano prede di un destino<br />
più grande di loro. Sapevano bene che l'ardente<br />
fiammata dell'innamoramento è destinata a spegnersi<br />
dopo un certo tempo. Però non si aspettavano che<br />
fosse così difficile portare avanti il rapporto senza la<br />
spinta preminente dei sentimenti. O, perlomeno, di<br />
“certi” sentimenti. Non che mancasse l'affetto,<br />
intendiamoci; ne era semplicemente cessata<br />
l'esaltazione.<br />
Stava avvenendo il passaggio critico, quello che porta<br />
dalle emozioni alla volontà. Da tempo lo avevano<br />
capito e creduto insieme: “l’amore non è tanto sentire<br />
di amare, quanto voler amare”.<br />
Dunque era quella la prova di forza che ogni storia di<br />
coppia,prima o poi, deve affrontare.<br />
109
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
E amarsi significava coltivare e sviluppare quel genere<br />
di sentimenti, costitutivi della vera umanità, che<br />
spaziano dalla benevolenza alla responsabilità, dalla<br />
tenerezza alla comprensione, dal rispetto alla stima...<br />
Così era come se in lei una voce misteriosa<br />
sussurrasse: “vale la pena di spendersi, magari in<br />
modo improduttivo, anche solo per una persona,<br />
affinché sia rispettata e valorizzata nella sua dignità, e<br />
non ridotta a problema da risolversi<br />
burocraticamente”. Già, lei non avrebbe mai<br />
sopportato di saperlo solo e infelice in qualche<br />
lontano istituto, né poteva pensarlo abbandonato e<br />
sofferente per la sua mancanza. E, peraltro, ancora<br />
non trovava il coraggio di una scelta definitiva.<br />
Immaginava il suo futuro con lui, in quel pianeta<br />
bellissimo e atroce, dove anche le cose normali<br />
diventano difficili o impossibili. Un pianeta costellato<br />
sì di rare esperienze interiori e di momenti piacevoli,<br />
ricercati e conquistati, ma anche irto di tante<br />
privazioni e fatiche.<br />
Certamente riconosceva sempre in lui l'uomo della<br />
sua vita, la persona migliore, con la quale poteva<br />
rapportarsi pienamente.<br />
Continuava a provare quella sorta di fascino strano e<br />
sottile che fin dal primo giorno le era penetrato in<br />
fondo all'anima. Come se lui avesse il mondo dentro.<br />
Un mondo a cui inspiegabilmente sentiva ormai di<br />
appartenere in modo indissolubile, anche contro la<br />
sua stessa volontà.<br />
110
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Al contempo però, in lui vedeva anche l'uomo che<br />
non avrebbe mai potuto correre con lei sulla spiaggia,<br />
né prenderla in braccio e tuffarsi nella schiuma delle<br />
onde in un caldo tramonto d'estate.<br />
Quell'uomo, immobilizzato nel suo letto automatico,<br />
non avrebbe mai potuto donarle l'estasi di un intenso<br />
amplesso di passione, travolgente godimento che<br />
porta fuori dallo spazio e dal tempo.<br />
Soprattutto era quasi impensabile la possibilità di<br />
darle dei figli. Lei ragazza esuberante e dinamica,<br />
amante dei viaggi, della gente, degli spazi liberi,<br />
avrebbe dovuto relegarsi là, con lui, in quella casetta<br />
solitaria nella campagna.<br />
Eppure, in quell'uomo aveva ormai impregnato gli<br />
strati più abissali della sua coscienza e del suo cuore.<br />
Era come se da sempre lui fosse stato parte integrante<br />
di lei che, a sua volta, era entrata in lui fino al midollo,<br />
e si era dissetata della sua anima fino all'ultima goccia.<br />
Forse per questo l'incontro con lui era diventato<br />
come il “banco di prova”, l'elemento di giudizio della<br />
propria esistenza. Qualcuno lo aveva posto lì, nella<br />
sua vita, come una sfida dalla quale avrebbe potuto<br />
uscirne in modo fallimentare o glorioso. Non sapeva<br />
come né perché, ma intuiva che con lui era in gioco<br />
qualcosa di assai più importante che la vita stessa.<br />
E poi chi lo aveva detto che l'amore deve essere<br />
“redditizio”? Se tutto al mondo è asservito alle regole<br />
del “dare per avere” , lei era certa che almeno l'amore<br />
potesse fare eccezione.<br />
111
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Per tutto questo e per mille altre ragioni ancora, fu<br />
preda di un logorante conflitto interiore: si ribellò,<br />
fuggì e più volte tornò, pianse, urlò, strinse i denti e...<br />
ad un tratto si scoprì tanto forte e libera da poter<br />
decidere di continuare ad amarlo. “Lei era la<br />
principessa che si offriva a lui senza pretendere<br />
l'incantesimo”.<br />
indice<br />
112
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.5 Cento anni<br />
di Vita Varsalona<br />
Siamo state per strada e nei bordelli<br />
nelle case di dio<br />
puttane e serve.<br />
E lavatoi campi risaie...<br />
siamo state solo un mucchietto di cenci<br />
cento e cento anni.<br />
Siamo state ai telai ai nastri alle presse<br />
nelle mani dei padri e dei sorveglianti<br />
senza guardarci senza parlarci<br />
generando ai co.co.co<br />
figli istruiti per i call center.<br />
Lavoro casa famiglia lavoro...<br />
sudore e marce<br />
cento e cento anni<br />
ma ci sono forse differenze?<br />
gli stessi padroni le stesse chiese<br />
ancora mani ingiurie e marciapiedi<br />
sempre sempre lo stesso rosa.<br />
E' la vita e sembra una macina<br />
sembra una cazzata<br />
questa vita che diamo che facciamo<br />
che insegniamo sbagliata.<br />
113<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.6 La femminista e l’ippocampo<br />
di Elga Moretto e Giuseppe Marchese<br />
In una costiera tropicale cosparsa di longilinee palme<br />
verdeggianti, di tanto in tanto si aggirava un'esperta<br />
nuotatrice. La temeraria donna era solita immergersi<br />
nelle profonde acque del mare, per raccogliere<br />
splendidi coralli. Un giorno giunse nella grotta di un<br />
fondale, e venne notata da un Ippocampo. Il<br />
cavalluccio marino, vedendo quella creatura nuotare<br />
con disinvoltura gli andò incontro e chiese: “Salve<br />
forestiera... non vi ho mai vista da queste parti!<br />
Perché esplorate il nostro mondo sommerso?”<br />
La donna, irritata sbottò: “Cosa vuoi da me,<br />
presuntuosetto equino! Che diamine... sarò libera di<br />
gestire la vita come mi pare e portare il mio corpo<br />
dove mi piace!”.<br />
L'Ippocampo udito quel modo grintoso di parlare<br />
chinò la testa, e mortificato mormorò: “Santa<br />
Madre...non ho mai conosciuto una creatura così<br />
determinata!” Poi, timidamente asserì : “Fanciulla, ti<br />
voglio svelare un segreto! Anch'io prima del letto<br />
coniugale ero deciso e risoluto! Ma poi purtroppo...!”<br />
“Cosa vorresti dire del rapporto coniugale…? Non<br />
capisco! Sicuramente la tua vita si sarà avvantaggiata,<br />
a discapito della tua compagna!”<br />
“Al contrario... ! Sono sottomesso al volere della mia<br />
femmina! Succube dei ruoli femminili!”<br />
La fanciulla strofinandosi le mani, con voce stridula<br />
arguì: “Cosa dici mai! Noi donne nei secoli abbiamo<br />
perso progressivamente merito e prestigio, fino a<br />
114
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
divenire serve del maschio, domestiche adatte a<br />
soddisfare i vostri bramosi appetiti sessuali! Siamo<br />
state relegate al ruolo di pro creatrici, soffocando le<br />
qualità innate che abbiamo! Tutto ciò, stravolgendo<br />
l'identità della donna e la verità più intima, in un<br />
Paese dall'antica moralità antiriformista! Ma negli<br />
ultimi tempi, grazie alla rivoluzione giovanile<br />
femminista abbiamo ottenuto conquiste rilevanti!”<br />
“Per la panza del capodoglio...! Wellallà quanto<br />
orgoglio!” soggiunse l'Ippocampo, mentre veniva<br />
cullato dalle correnti dell'acqua.<br />
“E dimmi un po' fanciulla... quali sarebbero queste<br />
vostre conquiste tanto decantate?”<br />
“O povero fallocrate, non sei aggiornato<br />
sull'emancipazione femminile! Grazie al movimento<br />
femminista, col “gruppo d'assalto”, ci siamo ribellate<br />
a quell'umiliante condizione, e a poco a poco... stiamo<br />
riacquistando diritti, per far cancellare la nomea di<br />
sesso debole affibbiataci!”<br />
Ma all'improvviso davanti a loro passò una grande<br />
seppia bianca, che lasciò dietro di se una densa<br />
nuvola d'inchiostro. Questo fatto offuscò<br />
momentaneamente la visuale tra i due interlocutori.<br />
Qualche istante dopo, mentre l'oscura nube si<br />
diradava piano, piano, la Femminista scrutando<br />
accigliata l'Ippocampo grintosa affermò: “Ma guarda<br />
un po’ questa rompiscatole! Proprio ora doveva<br />
passare di qua! Uhm...! Vediamo... ! Vediamo... !<br />
Dov'eravamo rimasti? Ah si... ora ricordo! Sapessi<br />
Cavalluccio, quanto mi irritano quei maschi che<br />
115
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
fraintendono la nostra ricorrenza dell'otto marzo! La<br />
intendono festa del giocattolo usa e getta, convinti<br />
che noi donne in questi tempi abbiamo smarrito la<br />
femminilità! Quel giorno per noi del movimento è<br />
un eroico momento, poiché le femmine godono di<br />
pari diritti del maschio, in una condizione non solo di<br />
donne, ma anche di madri con cicli mestruali e parto;<br />
dove gestazione e gravidanza ne deturpano la<br />
serenità!”<br />
Una spugna di mare, un'attinia e una madrepora,<br />
mimetizzate tra le dune del fondale, udito l'astioso<br />
discorso della Femminista sbucarono dalla sabbia<br />
piano, piano, e incuriosite si avvicinarono ai due<br />
interlocutori. La spugna dilatandosi dallo stupore<br />
asserì : “Non per ficcanasare...! Ma in questo nostro<br />
mondo, non esistono disuguaglianze così<br />
audacemente sostenute! Fanciulla, ti voglio svelare un<br />
segreto che Nonna Canestro di Venere ci raccontava<br />
in tenera età! Anticamente quando le ataviche<br />
morbide spugne venivano adoperate per il corpo<br />
femminile, la donna col prezioso segreto del pudore<br />
suscitava nell'uomo purezza, sublimità e grazia dei<br />
pensieri legati a nobiltà spirituale!”<br />
“Ah...! Ah...! Questa è bella... ci manca solo<br />
paragonare la donna a uno sdolcinato bignè!<br />
L'universo femminile non ha bisogno delle tue<br />
melensaggini! Da quei tempi... ne è passata di acqua<br />
sotto i ponti !”<br />
E con una smorfia di disappunto, s'allontanò<br />
bruscamente verso la superficie del mare. Giunta a<br />
116
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
fior d'acqua, rimase a galla a nuotare tra le<br />
increspature delle onde. Dopo aver ossigenato i<br />
polmoni, sì rituffò nel fondo. Una stella marina, un<br />
anemone e un dattero di mare adagiati su una barriera<br />
corallina, nel rivederla esclamarono: “Madre mia...<br />
guardate! Sta ritornando la logorroica fanciulla! Cosa<br />
avrà ancora da recriminare?”<br />
La Femminista, con violenti colpi di pinne raggiunse<br />
il gruppetto che aveva lasciato e sbottò: “Oh<br />
spugnetta antiquata…oggigiorno abbiamo progredito!<br />
Siamo lontane... lontane anni luce dal maschio<br />
soggiogante!”<br />
La spugna impallidì. Ritraendosi, con un fil di voce<br />
sussurrò: “Mi auguro che le fanciulle della nuova<br />
generazione non la pensino come te! L'intima<br />
delicatezza femminile, non arriverà mai e poi mai a<br />
farsi intaccare da licenziosità! Di questa tua ostinata<br />
ideologia, basata sull'opposizione attiva del conscio,<br />
vedrai... vedrai, raccoglieremo i frutti in avvenire!<br />
Chissà ... se positivi o negativi!”<br />
Ma la Femminista, facendo spallucce s'ammutolì.<br />
Poi, rivolgendosi all'Ippocampo asserì : “In quanto a<br />
te, mio caro maschilista devi sapere che per troppo<br />
tempo la donna è stata ghettizzata! L'uomo<br />
relegandola al ruolo di puerpera, nel reprimerle<br />
intelligenza e capacità creativa, ha fatto si che si<br />
spegnesse a consumare i suoi giorni tra una<br />
gravidanza e l'altra! Queste ideologie sono state la<br />
scintilla che ha dato luogo a focolai di ribellione, fino<br />
alla rivoluzione! Da qui la nascita del femminismo! Il<br />
117
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
nostro movimento ha permesso alla doma d'inserirsi<br />
nei più svariati settori, dall'industria al commercio e<br />
così via, per farle occupare ruoli prestigiosi pari<br />
all'uomo; a dimostrazione delle infinite risorse e<br />
qualità interiori che si celano dietro una figura<br />
apparentemente gracile e debole!”<br />
L'Ippocampo, dopo un breve stallo del cervello<br />
rispose: “Corpo di una gigantesca orata... la tua lingua<br />
è più tagliente di una spada! Cara fanciulla, purtroppo<br />
per me le cose non stanno affatto così! La mia<br />
femmina introduce le uova, il germe della vita, nel<br />
mio corpo e io le devo fecondare senza fiatare! Gli<br />
embrioni si nutrono del mio sangue, e soltanto dopo<br />
sei o otto settimane espello i piccoli con vere e<br />
proprie doglie! E nel mettere al mondo creature, non<br />
posso neppure gridare come voi femministe - L'utero<br />
è mio e lo gestisco io! -”<br />
La Femminista non seppe contenere una fragorosa<br />
risata, e in preda all'euforia gridò: “Eureka... Ah... !<br />
Ah... ! Eureka... ! E' fantastico! Allora non è<br />
un'utopia! Chissà …forse un giorno la scienza porterà<br />
a sgravare anche l'uomo, che si è sempre vantato!”<br />
All'improvviso la spugna di mare e le amiche attinia<br />
e madrepora, sdegnate si tapparono le orecchie e si<br />
defilarono. Il Cavalluccio ebbe un bel da fare per<br />
sedare la risata isterica della Femminista, finché<br />
imbizzarrito esclamò: “Oh donna ribelle ... per l'amor<br />
del cielo, non sconfiniamo! Non avvenga mai e poi<br />
mai che gli scienziati turbino le Leggi del Creato!<br />
Avremmo un mondo di mostri! L'Onnipotente non<br />
118
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
permetterà all'uomo d'incarnare una creatura!<br />
Maschio e femmina hanno in sé gli organi del sesso<br />
opposto! In senso psicologico sono bisessuali! Ogni<br />
maschio è alla ricerca della parte femminile di se<br />
stesso, come pure la donna, in modo da congiungersi!<br />
Ed essi trovano unione nella polarità maschile e<br />
femminile! Su questa concezione si basa la capacità<br />
creativa dell'essere umano! Andando contro Natura,<br />
l'uomo potrebbe divenire misantropo o misogeno,<br />
con crisi d'identità e impoverimento spirituale!<br />
Purtroppo, snaturamento e depravazione sviluppano<br />
forme ambigue di femminilità nel maschio e rude<br />
mascolinità nella femmina! Mia cara... la donna che<br />
vuol essere a tutti i costi pari all'uomo, insegue una<br />
visione aberrante! Seppure la donna arrivasse un<br />
giorno ad occupare ruoli maschili, non potrà ma<br />
sfuggire al compito che la natura gli ha assegnato: la<br />
preziosa maternità, dono grandioso! Ricorda ...<br />
ricorda sempre creatura anticonformista, solo la<br />
femminilità genuina e pura può guidare e destare<br />
l'uomo alle grandi azioni!”<br />
Le sagge dichiarazioni dell'Ippocampo, indussero la<br />
Femminista, a riflettere sulle sue idee estremiste. La<br />
ragazza stava per andarsene pensierosa, quando<br />
all'improvviso si voltò e chiese: “Ma dì un po' ... e<br />
quella storiella delle doglie?”<br />
L'Ippocampo rispose: “O incredula fanciulla... ti<br />
voglio fare un regalo! Alla prossima luna piena, vieni<br />
in questa grotta! E assisterai al mio parto!”<br />
119
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
La ragazza entusiasta esclamò: “Davvero mi vorrai al<br />
tuo fianco quel giorno? Bene... non mancherò! Oh<br />
povero cavalluccio… quante volte hai partorito?”<br />
“Beh, vediamo un po’...!” Rispose l'Ippocampo,<br />
portandosi la coda al mento. “Uno... due... tre...e<br />
quattro! Si... si, il prossimo è il quinto parto! Sapessi<br />
cara fanciulla... quanta fifa e dolore la prima volta!”<br />
“A quanto pare, questo dovere femminile t'incute<br />
terrore! Addio, amico disgraziato... ! A presto!”<br />
Il tempo passò, e venne il giorno del plenilunio.<br />
Quella notte la candida luna piena si specchiava in<br />
tutta la sua bellezza sulla superficie del mare. La<br />
Femminista s'immerse incuriosita nelle profondità<br />
marine. Davanti ai suoi occhi si presentò una scena<br />
strabiliante. Un fascio di raggi lunari illuminava il<br />
fondale sabbioso. L'amico Ippocampo, era sdraiato<br />
supino all'ingresso di una grotta, e si dibatteva tra le<br />
doglie nell'incavo di una grossa conchiglia. La sua<br />
compagna lo confortava. Intanto, tra una contrazione<br />
e l'altra una graziosa sirena zufolava dolcemente una<br />
soave musica, con un pettine di mare sonante.<br />
Intorno vi erano parenti e amici: cozze con le valve<br />
aperte, ostriche, seppioline e gamberoni che<br />
cantavano e danzavano felici per il lieto evento. Ma<br />
ecco che improvvisamente dalla cespugliosa fessura<br />
ventrale dell'Ippocampo, cominciarono ad uscire ad<br />
uno ad uno tanti piccoli cavallucci trasparenti,<br />
formando una giostra di cavallini a dondolo. I neonati<br />
si sparpagliavano qua e là tra alghe screziate,<br />
nutrendosi di plancton e minuscoli insetti. La<br />
120
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Femminista osservava incantata quella scena plateale,<br />
quando l'Ippocampo la invitò a sedere. La ragazza si<br />
accostò all'orecchio del neo papà e sussurrò:<br />
“Complimenti amico...! E' meraviglioso ciò che sta<br />
succedendo questa notte! Se non avessi visto con i<br />
miei occhi, non avrei mai creduto!”<br />
Mentre il partoriente dava alla luce l'ultimo<br />
cavalluccio, affermò: “Oh si... si amica! Partorire è<br />
doloroso, ma è il più prezioso dono del Creatore!”<br />
E senza serbare rancore per il gentil sesso, invitò la<br />
fanciulla a salirgli in groppa. Poi, con una galanteria<br />
tipica di chi è a favore dei pari diritti, zigzagando tra il<br />
folto gruppo di neonati, risalì verso la superficie del<br />
mare. La Femminista, seduta sul dorso<br />
dell'Ippocampo, abbracciandolo esultò: “Oh eroico<br />
condottiero... mille grazie per l'emozione che oggi mi<br />
hai donato! Col tuo esempio di vita ho compreso<br />
quant'è importante moderare l'impetuosità delle<br />
proprie idee! Purtroppo a volte i sentimenti<br />
d'inferiorità accumulati nel tempo, se troppo<br />
idealizzati possono trasformarsi in senso di<br />
superiorità! Allora la lotta ai diritti di noi donne,<br />
potrebbe sfociare in atti arroganti, fino a soffocare<br />
l'energia intuitiva capace di spingerci a donarci con<br />
generosità!<br />
Il Cavalluccio annuì sorridendo, e lentamente riprese<br />
a galoppare. Giunti nei pressi di una. barriera<br />
corallina si salutarono calorosamente e se ne<br />
andarono ognuno per la sua strada. Numerosi<br />
anemoni di mare e alghe con flessuose foglie<br />
121
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
danzanti, felici per le contrapposte ideologie ritrovate,<br />
in un rincorrersi di onde spumeggianti gorgogliarono:<br />
“La donna in alcuni casi non viene capita dall'uomo,<br />
suo compagno di vita, il quale ritenendola un essere<br />
petulante le vieta di accedere a qualche progetto<br />
importante! Ma quest'ultimo, seppure non cesserà di<br />
discriminare, continuerà a scrutare con meraviglia e<br />
stupore la sua dolce metà, chissà....se per amore o<br />
docilità! Così l'uomo, ignaro del travaglio, può<br />
mettersi alla bocca un bavaglio, e comprendere i<br />
sentimenti della donna mentre si dibatte in<br />
tormentate conquiste; consapevole che la femmina,<br />
con i suoi intimi segreti e ammalianti poteri, uniti a<br />
fascino e grazia sarà sempre a lui superiore, anche se<br />
apparentemente sottomessa al suo potere! E con<br />
intuizione spirituale lo aiuterà a sviluppare profonde<br />
aspirazioni, lo governerà e lo guiderà alle basse o<br />
grandi azioni, finché il mondo esisterà!”.<br />
indice<br />
122
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.7 Strega<br />
di Polissena Cerolini<br />
Il piccolo borgo di Catino appare oggi poco diverso<br />
da come doveva apparire centocinquanta anni fa.<br />
Seicento abitanti appena, contando anche gli animali<br />
domestici, compressi in poche case di pietra,<br />
arroccate intorno a ciò che rimane della bocca di un<br />
vulcano spento. Se immagino la valle del Tevere priva<br />
dei cavi elettrici e dei tralicci, spoglia del ponte<br />
dell’autostrada, libera dalle palazzine giallo limone, la<br />
vedo verde e luminosa, fiera e selvaggia. Dimora di<br />
quel serpente d’acqua argentea che si snoda tra i<br />
campi coltivati, perdendosi nelle nebbie mattutine alle<br />
pendici del Soratte. Il Soratte appunto, un atollo<br />
grigio verde che si erge da un mare nebuloso e grigio.<br />
Genziana come me, non era nata in queste terre ma<br />
come e perché ci fosse arrivata non è dato sapere. Si<br />
stabilì nel rudere della torre longobarda che ancora<br />
sormonta il borgo dalla cresta più alta del cratere.<br />
Sono passati anni da allora ma la sua storia è ancora<br />
sulla bocca di tutti gli abitanti del piccolo paese,<br />
anche se di volta in volta si arricchisce di particolari e<br />
sfumature. Scendeva di rado in paese, camminando<br />
lungo la mulattiera di ciottoli scuri e levigati, delicata<br />
come la brezza estiva e seguita come fosse la sua<br />
ombra, da una maestosa giumenta color miele.<br />
Nessuno al villaggio o nell’intera valle aveva mai visto<br />
una cavalcatura tanto imponente: enorme e fiera, il<br />
ventre carico di vene come lo hanno solo gli stalloni,<br />
libera da corde o cavezze, perché Genziana, dicevano,<br />
123
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
sapeva parlare alle bestie. Tanto era feroce con<br />
chiunque solo la sfiorasse, tanto era mansueta con la<br />
sua padrona, bastava un tocco leggero sul collo<br />
nerboruto, perché si inginocchiasse con la testa<br />
riversa da un lato per aiutarla a montare. Tutti<br />
conoscevano il nome della ragazza dai capelli corvini<br />
e dalla pelle chiara. Lei camminava scalza, con le<br />
spalle scoperte ed i capelli sciolti come le puttane,<br />
guardava gli uomini dritto negli occhi come una<br />
signora e come una madre, ad ognuno donava un<br />
sorriso ed un saluto. Dicevano che con le sue arti da<br />
strega irretisse il cuore degli uomini e spergiuravano<br />
di averla vista aggirarsi nel cimitero a notte fonda,<br />
intenta a raccogliere quelle particolari erbe che<br />
crescono solo vicino alle tombe, tanto care alle<br />
streghe. Nelle notti più chiare, quando la luna<br />
illuminava la valle come fosse giorno, la sua giumenta<br />
figlia del demonio, galoppava sola lungo le vie<br />
scoscese. Scendeva fino alla campagna, per tornare<br />
fin su la torre con in groppa un cavaliere, l’unico oltre<br />
la sua padrona in grado di cavalcarla, il figlio del<br />
mugnaio, il più bel ragazzo del paese e promesso<br />
sposo della figlia del signore di quelle terre. Prima<br />
delle notti di luna piena, Genziana scendeva sempre<br />
in paese, comprava una bottiglia di acqua di rose e<br />
vino dolce, poi andava ad immergersi nelle acque<br />
calme e fredde del torrente, nuda, come solo le<br />
indemoniate farebbero. L’ultima notte d’estate,<br />
quando i poteri delle streghe giungono al loro apice,<br />
alcuni uomini, tra i buoni cittadini del piccolo borgo,<br />
124
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
si destarono nottetempo ritrovandosi senza alcun<br />
apparente motivo nella piccola piazza circolare. Alle<br />
loro mogli e al curato raccontarono poi, che una<br />
forza maligna ed incontrollabile li aveva pervasi, il<br />
loro cuore era puro come lo erano le loro intenzioni,<br />
ma gli incantesimi che la strega aveva intessuto su di<br />
loro erano troppo potenti. In sei partirono, alla volta<br />
della torre, tra gli uomini più in vista del paese e tra i<br />
più stimati. Violarono la sua casa e profanarono il suo<br />
corpo. Le urla della strega si persero nella notte,<br />
confuse con il verso dei gufi. La giumenta pestò, nitrì<br />
e calciò per tutta la notte, facendo tuonare in tutta la<br />
valle i colpi dei suoi zoccoli contro la grigia parete<br />
della torre. Galoppò allora fino alla fattoria del<br />
mugnaio, mentre i suoi nitriti disperati squarciavano il<br />
silenzio come le grida di un demonio ferito. Quando<br />
il figlio del mugnaio, raggiunse la collina, anche<br />
l’ultimo dei lupi del villaggio se ne era andato, dopo<br />
aver consumato il suo pasto. Lui gridò alla valle<br />
silenziosa la sua rabbia, giurò che mai più l’avrebbe<br />
lasciata sola, che quella notte stessa sarebbero partiti.<br />
Così corse alla sua fattoria e caricò l’indispensabile<br />
per il viaggio, l’avrebbe portata via. Non s’era ancora<br />
fatto giorno, il giorno in cui avrebbe dovuto sposare<br />
la ricca ereditiera quando col cavallo carico di bisacce<br />
passò davanti al vecchio fontanile. Due donne, chine<br />
di buon mattino sul bucato, alzarono appena la voce<br />
quando lo sentirono arrivare. -Ha avuto quello che<br />
meritava, deve aver concupito un uomo di troppo!-<br />
Con la morte nel cuore lanciò il cavallo al galoppo,<br />
125
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
frustandolo fino a farlo sanguinare… Quando arrivò<br />
alla torre nemmeno gli fu permesso di vedere il suo<br />
corpo. L’avevano seppellito là dove lo avevano<br />
trovato. Subito, senza cerimonie, per evitare che il<br />
demonio che lo abitava ne uscisse. Senza nemmeno<br />
una croce per ricordare. L’avevano trovata poco<br />
prima dell’alba, ai margini del boschetto dietro alla<br />
torre, strangolata con una sciarpa bianca, di seta ed<br />
organza. Del giovane figlio del mugnaio non si seppe<br />
più nulla, né della sua famiglia che partì pochi giorni<br />
dopo, devastata dalla vergogna. Negli anni a seguire,<br />
la sposa abbandonata sull’altare, ereditò le terre della<br />
valle, assoldò i migliori cavalieri nel vano tentativo di<br />
catturare la bellissima giumenta color miele che si<br />
aggirava vicino alla torre e che soleva fermarsi a<br />
mangiare l’erba verde e fresca che cresceva rigogliosa<br />
sul cumulo di terra ai margini del boschetto. Ancora<br />
oggi, nelle due osterie e nel piccolo bar, tutti<br />
raccontano terrorizzati che nelle notti di luna piena,<br />
quando tutto sembra illuminato a giorno, quando il<br />
rombo delle auto non violenta più la notte, in tutta la<br />
valle echeggiano come tuoni gli zoccoli della<br />
giumenta. Giurano di sentirla nitrire ferita e disperata<br />
fino al sorgere del sole. La sentono galoppare fino al<br />
rudere che era la casa del mugnaio, poi di nuovo<br />
tornare alla torre, la sentono colpirla ancora e ancora,<br />
sono tutti convinti che non smetterà, credono che la<br />
giumenta continuerà a perseguitarli, che il suo spettro<br />
continuerà a percuotere e battere le vecchie mura<br />
126
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
coperte di muschio della torre, finché crollando, non<br />
ucciderà tutti.<br />
Da centocinquanta anni io sono la prima ad essersi<br />
stabilita quassù, nel prato tra la torre ed il boschetto.<br />
Sono ormai due anni che vivo qui e da due anni, ogni<br />
notte chiara, quando la luna piena splende alta, esco<br />
di casa, mi sciolgo i capelli e li lascio cadere sulle<br />
spalle nude. Avanzo scalza nel prato e mi siedo sul<br />
cumulo di terra erbosa vicino casa, è il punto in cui<br />
l’erba cresce più verde e rigogliosa. Mi passo<br />
dell’acqua di rose dietro le orecchie e nei polsi, poi ne<br />
verso alcune gocce nel terreno, bevo da un bicchiere<br />
del vino dolce e ne vuoto a terra il resto, chiudo gli<br />
occhi. Tendo l’orecchio e tutto quello che sento<br />
quando la natura finalmente si acquieta, è il crepitio<br />
lontano di un galoppo libero.<br />
indice<br />
127
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.8 Cenere<br />
di Ilaria Abiami<br />
Sarebbe una stanza. Una stanza di un appartamento.<br />
Una stanza come tante altre. Pervasa da una bellezza<br />
dimessa, disordinata. Un tappeto, dei divani, una<br />
piccola statua di donna senza testa, un grosso<br />
specchio d'oro poggiato al camino che non funziona<br />
ormai da tempo.<br />
Riviste, libri, vestiti sparsi un po' ovunque testimoni<br />
del tempo che passa, testimoni della quotidianità,<br />
dell'andare del mondo. Annoiata su un divano<br />
sarebbe sdraiata la ragazza, intenta a mettersi lo<br />
smalto nero sulle unghie, la televisione accesa.<br />
Il telegiornale: parlano del pericolo della bomba<br />
atomica in un paese lontano da quello in cui ora lei<br />
vive.<br />
Senso di nausea, impotenza, frustrazione.<br />
Si soffoca. Ci si strozza la gola con tutta questa<br />
impossibilità.<br />
Come reagire? Si può reagire?<br />
La ragazza è confusa decide di mangiare qualcosa e<br />
continuare a guardare il telegiornale, continuare ad<br />
ascoltare la storia della bomba atomica. Ascoltare<br />
l'orrore del mondo, ascoltare il suo orrore. La sua<br />
violenza, la sua innocenza.<br />
Ma no! Basta! E' troppo, non si può più ascoltare. E’<br />
troppo. E’ inutile. E’ squarciata da qualcosa di<br />
inspiegabile, da qualcosa che non ha nome. Qualcosa<br />
che non è né esterno, né interno. Qualcosa che le fa<br />
venire voglia di morire o di fare l'amore.<br />
128
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Spegne la televisione. Si lascia cadere sul divano. E’<br />
stremata. Sa che ancora una volta è giunta quell'ora<br />
del giorno terribile in cui bisogna inventarsi qualcosa.<br />
Inventarsi la vita, almeno ancora per un po'.<br />
E’ esausta.<br />
Va alla finestra che affaccia sul balcone. Piante<br />
immobili perse nell'oscurità e un livido cielo cittadino<br />
che non sa nulla dell'orizzonte, dell'indomabilità del<br />
vento.<br />
Accende una sigaretta. Tenta di lasciar vagare lo<br />
sguardo, di perdersi un po' tra le spire del fumo.<br />
Qualcosa in lei inizia a parlare. E' l'indifferenza verso<br />
tutto, il suo sentirsi estranea a se stessa, il suo non<br />
riconoscersi in nulla, il suo non sapere nemmeno più<br />
cosa desiderare.<br />
La sua incapacità di chiedere alla vita.<br />
La sua incapacità di offrire, la sua incapacità di<br />
ricevere.<br />
Ma c'è qualcos'altro, qualcosa che non vuole dire<br />
nemmeno a stessa, un nodo tra le vene che blocca il<br />
flusso del sangue, una spina nella gola. Qualcosa di<br />
dimenticato, qualcosa di dimenticato che non passa,<br />
che non sa tacere.<br />
Un oblio pieno d'amore.<br />
Una continua morte, un richiamo crudele che sente<br />
cantare al cuore dalle profondità delle sue ossa. Una<br />
melodia morta che pugnala l'universo.<br />
No, questa dolcezza deve annegare. Annegare come<br />
lei annegò nelle lacrime tempo fa.<br />
129
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Deve prendere quelle lettere e annegarle; bruciarle<br />
sarebbe meglio, ma non ne è capace. Non ne ha la<br />
forza.<br />
Troppo violento forse? Forse... Vuole vederle morire<br />
nell'acqua, nelle lacrime. Come è morta lei, come è<br />
morto quell'amore.<br />
Apre il cassetto. Si , queste lettere diverranno<br />
fantasmi nella sua vasca da bagno.<br />
Va di fronte allo specchio, si spoglia. E nuda resta lì,<br />
immobile, a guardarsi vivere in quel riflesso. Prova a<br />
respirare, lentamente. Percepisce il suo respiro rotto,<br />
intermittente.<br />
Vorrebbe piangere forse? Non lo sa nemmeno lei.<br />
Apre il rubinetto della vasca da bagno. L'acqua<br />
scorre, la vasca lentamente si riempie. Lei si guarda<br />
allo specchio. Decide di truccarsi. Comprende che la<br />
nudità del suo volto è indecente. Le fa schifo, la fa<br />
soffrire, la mette a disagio.<br />
No, è necessario l'artificio, è necessario sparire dietro<br />
i colori del trucco. E’ necessario giocare con le<br />
apparenze.<br />
La verità è un mostro.<br />
Lo specchio ammicca, la rassicura, pare approvare il<br />
suo gioco. Lo specchio, fedele e attento ascoltatore.<br />
Lo specchio, pericoloso servo del nulla.<br />
Prende le lettere, una ad una le tuffa nell'acqua, le<br />
lascia naufragare. Le guarda in silenzio.<br />
E’ seduta sul bordo della vasca e pensa a quanta vita<br />
c'era in quelle lettere. A quanta vita c'è. Puro fuoco,<br />
incendio totale, la sua seconda nascita.<br />
130
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
L'unica volta in cui abbia davvero amato, l'unica volta<br />
in cui si sia sentita viva.<br />
Le gira la testa. Fuoco che annega. Cenere. Fantasma.<br />
Nuda si sdraia sul letto, deve riprendere fiato, si<br />
accoccola e cerca di fare silenzio dentro di sé. Prova<br />
ad ascoltare il suo corpo, a sentire come pulsa la sua<br />
carne.<br />
Non lo sa neppure, ma si mette nella posizione della<br />
piccola statua d'oro senza testa che giace là,<br />
dimenticata nel salone.<br />
E’ ormai notte. Tempo di scommesse, di azzardo e<br />
seduzione.<br />
Il suo sangue ribolle; brama un corpo sconosciuto<br />
con cui fondersi, con cui morire nel piacere.<br />
Vuole sedurre, vuole morire, vuole divorare; desidera<br />
sentire il pulsare di un corpo contratto dagli spasimi<br />
dell'amore.<br />
Vuole l'alta marca nel sangue. Vuole scopare. Tanto.<br />
Forte. Non vuole più pensare. Non vuole più niente.<br />
Vuole scopare. Rinascere o morire. Forse entrambi o<br />
forse è qualcosa che nemmeno lei sa. Ma sa che<br />
c'entrano quell'oblio innamorato, quelle lettere<br />
annegate, quella miseria del mondo vista in<br />
televisione.<br />
L'unico modo di reagire a tutto ciò, è un lancio di<br />
dadi, un azzardo da consumare sull'asfalto.<br />
Sedurre un marchettaro. Sedurlo con il denaro,<br />
sedurlo con l'insaziabiltà dei fiori carnivori. Sentire il<br />
corpo della notte, sentire il corpo della strada contro<br />
la sua pelle bianca.<br />
131
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Esce di casa, vaga per la città, c'è poca gente in giro.<br />
E’ tardi, è un giorno qualunque della settimana. Non<br />
c'è aria di festa, quasi tutti a quell'ora della notte<br />
dormono.<br />
Tutti, tranne le creature limbiche, come lei.<br />
In macchina la radio trasmette una musica di Handel,<br />
la classica sinfonia da notte libertina. Pensa alla<br />
seduzione, al libertinaggio, alla razionalità del “700.<br />
Pensa che se fosse stata un uomo a quell'epoca di<br />
sicuro sarebbe stata una specie di visconte di<br />
Valmont e non si sarebbe mai persa un concerto di<br />
clavicembalo. Questo la fa sorridere. Sorride anche<br />
dell'essersi truccata e profumata per andare a<br />
prendere un ragazzo con cui scopare. A pagamento.<br />
Si sente ridicola, ma non riesce a dispiacersi fino in<br />
fondo per questo, dopotutto chi non è ridicolo a<br />
questo mondo?<br />
Anche il dolore è ridicolo talvolta.<br />
E’ giunta nella via della perdizione si dice con ironia.<br />
Eccola la via dei balocchi, la via degli orgasmi tristi,<br />
obbligati. Eccolo qui il macello, il santuario!<br />
Il quotidiano che si mescola con l'estraneità più<br />
totale.<br />
Ecco il passato e il presente. L'ancestrale che<br />
sogghigna dall'asfalto.<br />
La preghiera all'inviolato.<br />
Quanti saranno? Sette, otto, non di più... tutti<br />
piuttosto giovani, carini. Volti stupidi, tristi, disperati,<br />
volti vuoti, indifferenti, dolci.<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
La colpisce più di tutti quello che ha occhi neri<br />
profondi come braci morte. E’ nervoso, tormentato,<br />
pieno di ardore. Sta pensando, ma non riesce ad<br />
afferrare il corso dei suoi pensieri. Non sa dove<br />
andare. Qualcosa lo spaventa.<br />
Proprio come lei, pensa.<br />
Sì, vuole lui, il ragazzo che le ricorda la cenere, il<br />
residuo di fuoco. Vuole quel ragazzo che un po' le<br />
somiglia e fuma nervosamente come lei.<br />
Si guardano dal finestrino, quello sguardo li<br />
confonde, ma nessuno mostra all'altro questo<br />
smarrimento. Sale in macchina, fumano, fanno il<br />
viaggio in silenzio, la radio è spenta.<br />
Non sì dice nulla, il quotidiano pare essersi annullato,<br />
pare essere chiuso fuori da quell'automobile. E’ un<br />
silenzio smisurato, fa paura, è quasi sacro.<br />
Innocente.<br />
Ha sempre più voglia di fare l'amore. Vuole<br />
annientarsi negli orgasmi sconosciuti ed ebbri.<br />
Sono a casa ora. Appoggiati allo stipite della porta, si<br />
baciano; pare quasi una lotta, pare si vogliano<br />
divorare.<br />
E’ un bacio crudele, pieno di dolore.<br />
Si baciano come se si amassero alla follia e si<br />
dovessero perdere per sempre.<br />
Si baciano come se fosse l'ultima notte prima<br />
dell'addio.<br />
Fanno l'amore per ore, mai paghi del piacere, ma non<br />
si parlano mai. Si uccidono a vicenda dopo ogni<br />
133
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
orgasmo e rinascono a nuova vita per poi morire<br />
ancora.<br />
Insieme.<br />
Nessuno ha più la forza di pensare, c'è solo corpo,<br />
solo intensità che scorre attraverso i muscoli. Il<br />
cervello è esploso così come gli organi sessuali.<br />
E’ tutto indistinto, magmatico. Fuso, caldo,<br />
impersonale.<br />
E’ ormai mattino, ma le finestre rimangono chiuse e<br />
nella camera c'è un buio artificiale, un buio scarno,<br />
limpido.<br />
I corpi nudi sono avvolti da fitte tenebre. La camera<br />
pare essere sospesa in qualcosa di eterno.<br />
Quella camera è senza tempo, senza luogo.<br />
Forse non esiste.<br />
Non c'è evento, non c'è traccia, non c'è niente che<br />
possa dire quello che è realmente accaduto.<br />
Proprio come l'amore delle lettere che annegano nella<br />
vasca da bagno. Non ne rimane traccia. Forse non è<br />
mai esistito.<br />
Una camera come tante altre, una camera che<br />
potrebbe essere in ogni luogo, in qualsiasi epoca.<br />
Un amore come tanti altri.<br />
Vestiti, bottiglie, tutto è sparso a terra e sogna.<br />
Sogna.<br />
Lei si alza. Ha i brividi. E’ assente, la testa frastornata.<br />
Più confusa di prima forse.<br />
Sente l'estasi della morte e della vita danzare ancora<br />
sul suo corpo. Sente ancora su di sé il residuo di quel<br />
ragazzo, il suo sesso, il suo profumo.<br />
134
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Qualcosa però la spinge con forza verso la vasca,<br />
verso le sue lacrime, verso le lettere.<br />
Verso quell'oblio, quel residuo di cenere<br />
incandescente che non sa morire, che non la lascia<br />
libera. Fantasmi inzuppati d'acqua, i suoi ricordi.<br />
Trema. Si sforza di pensare, ma non ci riesce.<br />
Se solo riuscisse ad avere ricordi più nitidi, più<br />
razionali di quell'amore, di quell'intensità, allora sì<br />
finalmente potrebbe dimenticare.<br />
Ma come si può dimenticare ciò che non è più<br />
memoria, ciò che non ha più memoria? Come si può<br />
dimenticare la struttura del proprio desiderio? Come<br />
sì può dimenticare la voce scura e indomabile del<br />
proprio corpo? Come sì può dimenticare l'oblio?<br />
Forse perdendosi nell'ebbrezza, gettandosi tra le<br />
braccia del mondo, azzardando, scopando con gli<br />
sconosciuti? Forse, forse... No, deve prendere quelle<br />
lettere e cospargerle sul suo corpo nudo. Devono<br />
aderire le due vite. Deve rinnestare i ricordi in se<br />
stessa.<br />
Vuole fare l'amore con quelle lettere. Le vuole per<br />
sempre? Le vuole dimenticare?<br />
Non sa. Le viene da piangere. Sente che è un gesto da<br />
compiere. Un gesto che non ha senso, un rito. E porti<br />
dove porti, non fa nulla dove.<br />
Un gesto sciocco forse. Ma è un dovere, è costretta a<br />
cospargersi con quelle lettere. Non ha scelta. E’ un<br />
rito.<br />
Uno stupido rito.<br />
Obbligatorio.<br />
135
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Nella sua vita è da un po' di tempo che non c'è scelta,<br />
solo necessità e azzardo. E’ davanti allo specchio,<br />
ricoperta di lettere. Piange.<br />
E’ cosciente che di fronte allo specchio c'è una<br />
mummia che respira. Vorrebbe ridere, ma non può,<br />
non ce la fa. Lo specchio dorato invece, vecchio<br />
libertino, sorride, prendendosi gioco di questa<br />
sghemba figura.<br />
Ma a un tratto la ragazza sente una mano sulla sua<br />
gamba, una mano che la sfiora, la tocca, una mano<br />
che pian piano esplora il suo corpo e accarezza le<br />
lettere.<br />
Una mano le gira il volto. Solo il volto per ora lui<br />
vuole. La bacia lentamente attraverso la carta, fino a<br />
bucarla.<br />
E’ un bacio lento, drammatico, da capogiro.<br />
E’ il bacio dello sconosciuto, del ragazzo della strada.<br />
Il bacio diventa un vortice, un ustione, una vertigine.<br />
Ed è di nuovo incendio che divampa, fremito del<br />
corpo irrefrenabile.<br />
Desiderio puro.<br />
Ora lei ha la schiena poggiata contro lo specchio<br />
freddo, le lettere si strappano dal suo corpo, mangiate<br />
dai baci, mangiate dalla vicinanza dei corpi, dalla<br />
brama della pelle. Le sembra di precipitare, le sembra<br />
di non ricordare più nulla prima di questo istante,<br />
sente di non avere più un'identità, ma a tratti si<br />
riconosce in questa assenza.<br />
Si guardano.<br />
136
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Anche lui sembra rapito da qualcosa di ignoto.<br />
Nessuno si sa spiegare nulla, nessuno sa cosa sta<br />
accadendo, nessuno sa cosa accadrà dopo<br />
quell'orgasmo.<br />
Nessuno lo sa.<br />
La stanza è testimone dell'inesprimibile e quei corpi<br />
abbandonati sul tappeto non sembrano altro che il<br />
pensiero della piccola statua senza testa che se ne sta<br />
accovacciata al bordo del tavolo.<br />
In silenzio.<br />
indice<br />
137
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.9 Veronica brucia<br />
di Francesca Levo Calvi<br />
Sotto al perenne sorriso ed alla docilità e apertura<br />
verso gli altri, Veronica covava da molto tempo una<br />
profonda insoddisfazione di tutto e di tutti. Possibile<br />
che proprio lei, la sempreaposto, miss perfettina<br />
come l’avevano chiamata all’Università gli amici del<br />
suo giro, lei dalle mille risorse, disponibile ad<br />
ascoltarti se eri giù di corda, pronta a correre per<br />
addolcire una amica “sedotta e abbandonata” con una<br />
scatola di cioccolatini, Veronica con il cellulare mai<br />
scarico, aperto a tutti, intasato spesso dai messaggi<br />
degli amici.<br />
E lei?<br />
Veronica dove era, o meglio Veronica come stava ,<br />
tra una serata a tenere i bimbetti della Claudia, che<br />
doveva assolutamente andare insieme ad altri amici a<br />
sentire Ligabue, ed un’altra a consolare la sua eterna<br />
madre depressa?<br />
Era lunedì, un lunedì sconvolgente, perché Veronica<br />
per la prima volta nella sua vita non andò a lavorare,<br />
capo bibliotecaria degli uffici amministrativi della<br />
Biblioteca regionale, e neppure si alzò. Staccò la<br />
presa del telefono, spense il cellulare e si avvolse<br />
stretta sotto le coperte.<br />
Era un lunedì d’ottobre, con i platani variopinti dai<br />
colori della terra, e le foglie cadute mulinavano<br />
sospinte da un vento che già faceva pensare<br />
all’inverno.<br />
138
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Veronica veramente non pensava all’inverno, non<br />
pensava a nulla, raggomitolata con le lunghe braccia<br />
magre intorno alle sua lunghe gambe.<br />
Veronica era bella, di un bellezza poco appariscente ,<br />
ma a guardarla bene , con la chioma un poco incolta<br />
striata di biondo, con quelle lunghe dita affusolate,<br />
con quei profondi occhi azzurri che nessuna età<br />
aveva smorzato, tanto che a volte il suo sguardo non<br />
si riusciva a reggerlo, sembrava ti guardasse dentro,<br />
che ti soppesasse l’anima.<br />
Così passarono le ore, venne il pomeriggio, poi la<br />
sera, ed infine la notte. Non si era mossa da quel<br />
rifugio caldo se non per farsi una delle sue tisane<br />
preferite: petali di rosa spina, acero, mentuccia.<br />
Aveva anche sonnecchiato nel pomeriggio, ma ora si<br />
sentiva pronta.<br />
Pronta, decisa.<br />
Una fiamma covata per lungo tempo divampa e<br />
quella di Veronica divampò, senza lasciare spazio a<br />
ripensamenti, dubbi, esitazioni.<br />
Veronica voleva sparire.<br />
Ma non come quelli che vanno a vivere in un’altra<br />
città avvisando familiari ed amici, magari a qualcuno<br />
lasciando anche il numero del nuovo cellulare,<br />
oppure come quei mariti che dicono alla moglie che<br />
arrivano solo fino al tabacchino per le sigarette e poi<br />
spariscono, puf, come per incanto, se non per<br />
riapparire al fianco di una formosa ventenne qualche<br />
mese dopo.<br />
139
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
No, Veronica voleva andarsene insalutato ospite,<br />
consapevole che la sua vita ormai le stava stretta,<br />
che la imprigionava con mille agganci che lei non<br />
riusciva a rompere.<br />
Da un po’ di tempo si era resa conto che quello era<br />
l’unico modo per andare avanti, per non soccombere,<br />
lei che si sentiva come un vaso di coccio fra tanti vasi<br />
di ferro. No, prima che l’alba le portasse uno dei soliti<br />
giorni, quegli odiati giorni in cui Veronica non si<br />
riconosceva più, bisognava fuggire via, subito, in<br />
quella notte di inizio ottobre.<br />
Con calma si alzò e si fece un buon caffè<br />
all’americana, lungo quanto bastava per decidere<br />
valigia si valigia no. Scelse di non portare nulla con<br />
sé, niente di tutto quello che l’aveva circondata, e<br />
abbelliva il suo appartamento , al quarto piano , zona<br />
Parioli.<br />
Oggi, non importava più nulla. Né i dischi<br />
amatissimi dei Queen, né le morbide sciarpe fatte<br />
ascoltando al telefono l’ennesima lite coniugale di sua<br />
sorella Sofia.<br />
Oggi era tempo di jeans vecchi di anni, dell’ultima<br />
maglia viola presa al mercato, la borsa nero fumo che<br />
la solita amica riciclava come regali, ma che a lei era<br />
piaciuta comunque,e unica concessione, il suo<br />
profumo, Acqua 2000, del solito stilista che si mette a<br />
fare il profumiere. Ma quell’aroma le sembrava parte<br />
di lei, e forse lo era diventato perché non le era stato<br />
donato, ma perché era una delle poche cose che<br />
Veronica aveva scelto per sé.<br />
140
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Guardando nel portafoglio, si accorse di avere ancora<br />
la foto di lei ventenne, una ventenne dagli occhi<br />
ridenti. Senza esitazione, prese dei cerini dalla<br />
cucina,e avvicinò la fiamma al suo viso, alla Veronica<br />
che non era più ma di cui portava le ferite e le gioie<br />
nel cuore. La foto bruciò sollevandosi nell’aria, in uno<br />
strano balletto, per poi finire a terra in un mucchietto<br />
di cenere. Veronica sorrise, pur con nell’anima uno<br />
struggimento che comunque non l’avrebbe fermata.<br />
D’un tratto, il campanello di casa.<br />
Veronica si immobilizzò, gli occhi stretti e le braccia<br />
conserte, come a difendersi da quella sonora<br />
intrusione.<br />
Il campanello suonò ancora e ancora. Infine smise, si<br />
sentì il rumore dell’ascensore che si muoveva e poi fu<br />
nuovamente il silenzio. Silenzio nel quale Veronica,<br />
muovendosi come un gatto, raccolse giacca e borsetta<br />
e aprì la porta. Si fermò un istante, poi, preso il<br />
mazzo delle chiavi di casa, un mazzo che si era<br />
arricchito nel tempo con chiavi di amici, parenti,<br />
amanti che gliele lasciavano in custodia. Lo buttò con<br />
un gesto deciso sul divano, poi richiuse la porta.<br />
In capo a pochi giorni tutti gli amici, la madre, la<br />
sorella e tutti i numerosi parenti di Veronica si<br />
mobilitarono alla sua ricerca, passando dagli ospedali<br />
alle suore di clausura, dalle case di cura per malati<br />
mentali alle Comunità di vario tipo sparse per l’Italia.<br />
Niente.<br />
Così andarono a “Chi l’ha visto?” dando di lei una<br />
immagine di donna fragile, suscettibile ad essere<br />
141
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
magari stata irretita in un brutto giro. Ma non<br />
successe nulla, nessuna la notò, ci fu solo qualche<br />
telefonata ingannevole di persone a cui pareva di<br />
averla vista nei luoghi più disparati. Furono versate<br />
molte lacrime riprese dalle telecamere, ma poi, come<br />
al solito, subentrarono casi più interessanti e la caccia<br />
a Veronica smise.<br />
Si dimenticarono quasi tutti presto di lei, anche la<br />
madre depressa che , proprio negli studi televisivi<br />
incontrò un cameramen un poco anzianotto che la<br />
impalmò proprio quel Natale.<br />
Gli amici più legati a lei, ogni tanto fanno un brindisi<br />
sperando che Veronica viva come voleva e dove<br />
voleva lei.<br />
Solo un amico, un esperto di tarocchi e lettura della<br />
mano e altre magiche virtù, continua a vedere il corpo<br />
di Veronica uccisa in quel lontano ottobre di dieci<br />
anni fa, e sepolta nel Bosco dei Sette Venti.<br />
Veronica non lo sa, e comunque non gliene<br />
importerebbe nulla.<br />
Vive una vita decisa da lei, dove il vento di<br />
quell’inverno freddo l’ha portata, dove non ci sono<br />
chiavi per aprire le porte e il sole la riscalda tutto<br />
l’anno.<br />
indice<br />
142
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
3.10 Gloria<br />
di Rossella Rescaldani<br />
Gloria è una bella ragazza nigeriana.<br />
Ha poco più dì vent'anni, ma se, oltre al sorriso che<br />
mostra quando viene ad accogliere i nuovi arrivati al<br />
centro di prima accoglienza in provincia di Sassari, la<br />
si guarda negli occhi si può scorgere chiaramente un<br />
velo di tristezza, di stanchezza che la rende più adulta<br />
per la sua età.<br />
Ma, i segni di un “passato” non si leggono solo sul<br />
suo sorriso o nello sguardo, si vedono anche nel suo<br />
intero viso e dalle braccia percorsi da cicatrici non<br />
accidentali, dai suoi capelli rasati a zero non per<br />
scelta. Vedo le foto di qualche anno fa, Gloria ha i<br />
capelli lunghi, il costume tipico del suo paese,<br />
colorato, svolazzante,elegante e allegro, e soprattutto<br />
la pelle liscia, priva di segnacci.<br />
E' partita dalla Nigeria, da Lagos, rincorrendo un<br />
sogno.<br />
Studiava per diventare segretaria, il padre aveva una<br />
buona posizione, casa e soldi, poi ha deciso che<br />
voleva partire da sola, andare in Europa, in Italia.<br />
Padre e fratelli sono stati irremovibili :<br />
“Se vai scordati di noi!”<br />
Ma lei con l'avventatezza spensierata dei vent'anni è<br />
partita ugualmente senza guardarsi indietro.<br />
In Italia la realtà sì è immediatamente dimostrata<br />
molto diversa e così tra un lavoro, una città, un'amica,<br />
un amico è finita a prostituirsi.<br />
143
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Troppo orgogliosa per tornare indietro e rivolgersi<br />
alla sua famiglia, ha continuato quella vita finché non<br />
ce l'ha fatta più. E' scappata, è stata rintracciata.<br />
Dall'ospedale alla denuncia al centro.<br />
Ora sta meglio, si tiene occupata tutto il giorno per<br />
non pensare. Sbriga i lavori domestici, cucina, fa<br />
bricolage, soprattutto aiuta ad occuparsi “delle<br />
nuove”.<br />
Tramite la madre e le sorelle cerca di riallacciare i<br />
rapporti con il resto della sua famiglia che ancora non<br />
vuole parlarle, non l'hanno perdonata, tanto meno<br />
adesso che sanno, e che ha quei segni che non potrà<br />
mai nascondere.<br />
Gloria continua il suo programma, dice che quando<br />
l'avrà finito, vuole diventare mediatrice culturale.<br />
Per ora non se la sente di pensare troppo alla sua<br />
Nigeria.<br />
Attraverso il telefono non si vedono segni, ma si<br />
ascoltano solo sogni.<br />
Con il passare del tempo riuscirà, forse, un passo,<br />
due, tre, cento, mille, passi e i sogni saranno<br />
finalmente in libertà.<br />
indice<br />
144
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4. La Resistenza ieri e oggi<br />
4.2 La malora<br />
di Maurizio Asquini<br />
“Macchinista, macchinista faccia sporca, metti l’olio negli<br />
stantuffi, di risaia siamo stufi e a casa nostra vogliamo<br />
andar.”<br />
Così cantavano le mondine quando spingevo leve e<br />
giravo manopole per mettere in marcia la locomotiva<br />
che, sbuffando in aria il vapore, trascinava decine di<br />
vagoni con a bordo donne provenienti da ogni parte<br />
d’Italia.<br />
Conducevo il treno da Torino fino a Bologna e<br />
viceversa lungo le lucenti rotaie che brillavano al cielo<br />
azzurro delle primavere, e in lontananza si vedevano<br />
le Alpi con le cime ancora innevate. Attraversavo<br />
immense campagne, colline, città e paesi e a ogni<br />
stazione fermavo faticosamente il treno in cui<br />
scendevano e salivano ogni genere di passeggeri:<br />
pendolari con le loro tute blu, mercanti con le ceste<br />
colme di ortaggi o con le gabbie dei polli, soldati in<br />
licenza e famiglie in gita.<br />
Ma i giorni più belli erano a primavera, quando in<br />
ogni città, ondate di donne aspettavano<br />
impazientemente il mio arrivo occupando le banchine<br />
delle stazioni.<br />
I più salivano in Emilia e in Lombardia. Donne di<br />
ogni età e di ogni dialetto, lasciavano i loro fidanzati e<br />
i loro mariti per il periodo della monda e si univano<br />
in una marea di lavoratrici cariche di entusiasmo.<br />
145
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Quando raggiungevo Novara avvisavo dell’arrivo con<br />
un fischio, facevo strillare le ruote della locomotiva<br />
che slittavano sui lucidi binari delle stazioni.<br />
Sempre cantando, le povere donne scendevano dal<br />
treno con i loro fagotti carichi di pochi stracci e<br />
raggiungevano i camion, oppure dei semplici carri che<br />
le conducevano alle cascine.<br />
Terminata la monda, le rincontravo nelle stazioni con<br />
i loro stracci logori, la pelle ustionata dal sole e con il<br />
sacchetto di riso ricevuto come da contratto oltre alla<br />
magra retribuzione.<br />
E iniziavano a cantare:<br />
“Macchinista, macchinista faccia sporca, metti l’olio negli<br />
stantuffi, di risaia siamo stufi e a casa nostra vogliamo<br />
andar.”<br />
Poi, quando raggiungemmo un po’ di benessere e<br />
nelle case si sentì un pizzico di miglioramento<br />
economico, arrivò la guerra e la mia locomotiva<br />
dovette cambiare genere di passeggeri: alle stazioni<br />
non incontravo più mondine che cantavano; non più<br />
indaffarati mercanti e non più allegre famiglie, ma<br />
soltanto tristi soldati di ogni età, famiglie di sfollati<br />
con pochi bagagli recuperati dalle macerie, persone<br />
con i volti sempre più grigi, come se perdessero il<br />
colore della loro pelle.<br />
Anche la mia locomotiva non aveva più voglia di<br />
fischiare all’arrivo nelle stazioni: si limitava a<br />
rallentare e con peso morto giungeva lentamente alle<br />
stazioni, come un pesce che si arena sul bagnasciuga e<br />
non riesce più a ritornare nel mare.<br />
146
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Poi un giorno il mio treno cambiò rotta e iniziò un<br />
lungo percorso oltre il confine, fino laggiù in un<br />
paese dimenticato da Dio.<br />
Le carrozze furono sostituite da vagoni blindati.<br />
Sul mio treno non salivano più neppure i soldati ma<br />
uomini, donne e bambini con poche valigie.<br />
Portavano delle stelle al petto e nei loro sguardi<br />
appariva il terrore e la disperazione.<br />
I vagoni venivano chiusi con lucchetti e dietro ad un<br />
ordine, azionavo leve e giravo manopole che erano<br />
divenute dure e pesantissime, come se la locomotiva<br />
si rifiutasse di partire e odiasse quel tragitto. E anch’io<br />
iniziai a odiarlo; odiavo viaggiare lungo quelle rotaie<br />
della malora; rotaie che non brillavano più al sole<br />
primaverile, ma erano divenute arrugginite e opache<br />
come il colore del cielo.<br />
Poi c’erano i giorni di viaggio con l’angoscia che<br />
cresceva dentro, i lamenti dei passeggeri che<br />
sembravano canti infernali; l’acre odore della morte<br />
che usciva dai vagoni quando raggiungevo la<br />
destinazione laggiù in Polonia, un odore che mi<br />
obbligavo a non respirare, per non immaginare cosa<br />
stava accadendo e per non pensare che forse pure io<br />
ero complice di quella malora.<br />
Penso sempre a quando finirà questo incubo e<br />
quando nuovamente il mio treno ricomincerà a<br />
salutare le mondine alla stazione che un bel giorno<br />
riprenderanno a cantare come qualche anno fa.<br />
147
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
“Macchinista, macchinista faccia sporca metti l’olio negli<br />
stantuffi, di risaia siamo stufi e a casa nostra vogliamo<br />
andar.”<br />
indice<br />
148
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.3 Uccidete Cesare<br />
di Mario Bolognini<br />
Uccidete Cesare,<br />
pugnalatelo a morte,<br />
toglieteli il potere,<br />
spogliatelo delle vesti,<br />
strappategli la bianca tunica,<br />
arrossatela col suo sangue:<br />
il re é nudo.<br />
Vale meno di uno sputo,<br />
nano, deforme, bitorzoluto,<br />
lo hanno già mummificato,<br />
non figlio egizio ma del vizio.<br />
Grande ricostruttore,<br />
eccelso muratore,<br />
avido mercante di panzane,<br />
rapido inseguitore di sottane,<br />
amante plastico di cortigiane,<br />
sgorbio dipinto altrove<br />
dentro le muffe puzzolenti<br />
delle alcove.<br />
E con un digrignar di denti<br />
molli, sfatti, putrescenti<br />
ritroverà la strada del perdono,<br />
149
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
e tra un condono e l'altro,<br />
per dimostrarsi scaltro<br />
si perderà in fondo alla palude<br />
mentre qualcun della sua morte<br />
già discute...<br />
150<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.4 A Victor Jara<br />
di Roberto Bernardini<br />
Canterai ancora, Victor<br />
Non basterà averti colpito le mani,<br />
Averti colpito alla testa<br />
La tua voce continuerà a narraci<br />
La speranza del tuo popolo.<br />
Non basteranno le minacce<br />
Di un coltello o di un fucile<br />
Il ricordo di Amanda ti darà la forza<br />
Per descrivere al mondo<br />
Il volto del fascismo<br />
Che ora è quello di un generale.<br />
Il sangue del popolo cileno<br />
Il sangue del presidente Allende<br />
Ricadrà su di loro<br />
Dentro lo stadio c'è la mattanza...<br />
…E ancora la tua chitarra e la tua voce<br />
A narrarci delle vite spezzate<br />
E di uomini che muoiono<br />
Del terrore e della violenza<br />
Che non piegheranno la voglia di libertà.<br />
Paura come quella che vivo<br />
Paura come quella che muoio<br />
E poi il silenzio e il sangue.<br />
Ora nello stadio non c'è più nessuna voce.<br />
I venti del popolo ti chiamano<br />
I venti del popolo ti spingono<br />
E la tua voce salirà sui paesi e le città<br />
151
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Supererà i continenti e gli oceani<br />
Così quando la morte ti porterà<br />
Il poeta canterà il suo grido di libertà<br />
Attraverso i sentieri del popolo<br />
Adesso e per sempre.<br />
indice<br />
152
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.5 Sono andato a trovare il mio angelo<br />
custode<br />
di Brunello Buonocore<br />
Ogni tanto salta fuori questa faccenda degli angeli<br />
custodi: io non ho un'idea precisa al riguardo, ma<br />
tendenzialmente sono contrario. Non so se esistono<br />
e, se esistono, a che cosa servano. Probabilmente è<br />
una trovata di qualche pubblicitario: infatti molti<br />
fingono di essere degli angeli custodi, ma lo fanno<br />
solo per fregarti.<br />
Mi chiamano spesso per questo genere di lavori. Nel<br />
mio palazzo capita quasi tutti i giorni che qualcuno<br />
rimanga imprigionato in bagno e che occorra forzare<br />
la porta.<br />
Siccome sono agli arresti domiciliari, mi trovano<br />
sempre. E io provvedo.<br />
Statisticamente i tossici che collassano sono al primo<br />
posto, poi vengono quelli con la schiena che si blocca<br />
mentre fanno la doccia, solo terzi i vecchi che<br />
scivolano entrando o uscendo dalla vasca.<br />
Ma quello che è capitato ieri, è stato davvero<br />
incredibile: Jonathan,un ragazzino che abita al terzo<br />
piano, è morto per dieci minuti buoni. Poi è tornato.<br />
Mi hanno cercato, perché si sono messi a chiamare<br />
mezzo mondo: il 118, i carabinieri, la polizia, i vigili<br />
del fuoco, il farmacista, tutti i parenti possibili e<br />
immaginabili, anche Ion l'infermiere rumeno che<br />
abita nella mansarda...<br />
153
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Sono arrivato prima dell'ambulanza. Jonathan non<br />
respirava più; sua mamma gridava come una matta,<br />
sua nonna piangeva, un casino, non aveva ingoiato<br />
niente, non era caduto, non aveva preso nessun<br />
colpo; da quello che ho capito, aveva solo smesso di<br />
parlare ed era svenuto, poi aveva cominciato a<br />
cambiare colore; in poco tempo era diventato blu.<br />
Mentre lo guardavo e mi rendevo conto che non<br />
faceva nessun movimento, che se ne stava andando,<br />
mi sono arrivate addosso tantissime immagini, mi<br />
sono messo a sognare ad occhi aperti: qualcosa tra il<br />
flashback e il dejà vu, che poi non so bene la<br />
differenza tra le due cose, ma insomma credo di aver<br />
dato l'idea.<br />
Milano 2005, estate. Un bar di quelli piccoli, tipo<br />
latteria di una volta, un bar dove si guarda la<br />
Gazzetta dello sport e si aspetta che arrivi la roba.<br />
Entra un vecchio, vestito bene, ma ridotto uno<br />
schifo: è uno che non si fa la barba da un pezzo, che<br />
si lava poco: ha una camicia bianca bellissima, ma con<br />
soli due bottoni, anche i polsini sono senza bottoni.<br />
Si siede vicino a me; ha voglia di parlare ma io non ho<br />
voglia di ascoltarlo. Provo a dirglielo, ma lui va<br />
avanti lo stesso. Sarà che sono in astinenza, sarà che il<br />
vecchio è mezzo sdentato, ma non capisco quasi<br />
niente. Solo qualche passaggio in mezzo ad un delirio:<br />
la Resistenza, sua moglie che faceva la staffetta<br />
partigiana, suo fratello fucilato dai fascisti, l'altro<br />
fratello precipitato in montagna... Quando finalmente<br />
154
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
si ferma perché deve andare a pisciare, tiro un sospiro<br />
di sollievo e mi metto a chiacchierare con il barista.<br />
-Che rottura! Ma da dove salta fuori quel vecchio rincoglionito?<br />
-Il comandante Primo? ! E' un po’ andato, vero? !<br />
-Un po' tanto.<br />
-Guarda che se venivi solo tre mesi fa, lo trovavi<br />
completamente diverso... era un uomo molto in gamba... e sì che<br />
di guai gliene sono capitati parecchi...<br />
-Il fratello fatto fuori dai fascisti...<br />
-Beh, quello durante la guerra, poi c’è stato il resto...<br />
Ion sembrava un po' fumato, ma ha cercato lo stesso<br />
di fare qualche cosa. Si è inginocchiato e ha provato<br />
a svegliarlo, gli ha toccato il collo, gli ha aperto gli<br />
occhi, ma non ha ottenuto nessun risultato; allora ha<br />
perso la testa e ha cominciato a gridare: No è possibile,<br />
no è possibile, e si è messo le mani nei capelli.<br />
Quando è tornato, il comandante Primo aveva i<br />
pantaloni un po' bagnati. Si è avvicinato al bancone e<br />
ha ordinato una grappa. Visto che non avevamo<br />
niente da fare, il barista e io abbiamo deciso di fargli<br />
compagnia.<br />
-Come hai detto che si chiamava tuo fratello?<br />
-Giosuè.<br />
-Come Giosuè Carducci.<br />
-Sì, ma Giosuè è anche un nome biblico: Giosuè è quello che<br />
accompagna per un tratto Mosè nella salita al Monte Sinai...<br />
dove Mosè riceve le tavole dei dieci comandamenti... Mio padre<br />
era molto religioso, gli piaceva quel nome...<br />
-Perché lo hanno ammazzato ?<br />
155
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
-Giosuè era il primogenito, aveva due anni più di me. Era<br />
stato responsabile dell'Azione Cattolica.Dopo il 25 luglio del<br />
‘43 abbiamo deciso entrambi di partecipare alla Resistenza,ma<br />
non abbiamo combattuto molto. Una mattina è andato a fare<br />
un giro di perlustrazione e non è più tornato. Abbiamo<br />
ricostruito quello che può essere successo: ha incontrato alcuni<br />
ragazzi che conosceva e ha pensato che fossero dei soldati<br />
sbandati, si è fidato ed è andato con loro; invece erano dei<br />
fascisti. Lo abbiamo trovato due notti dopo, nella piazza di un<br />
paese al confine tra Piacenza e Pavia, impiccato con il fil di<br />
ferro. Gli avevano messo un cartello al collo: “questo è Giosuè,<br />
che credeva al Signore, all'amicizia e agli angeli custodi”.<br />
I volontari del 118 gli hanno messo l'ossigeno e<br />
hanno fatto spazio. Hanno chiesto a tutti di<br />
allontanarsi, ma io sono rimasto lì. Non ho visto<br />
quasi niente, ma ho sentito quello con i capelli<br />
bianchi che diceva:<br />
“Non ci capisco niente: forse è meglio non muoverlo e aspettare<br />
il dottore. Oramai dovrebbe arrivare”.<br />
Ho provato a chiedere al comandante Primo da dove<br />
proveniva il suo nome di battaglia, ma lui ha tagliato<br />
corto:<br />
-Adesso mi chiamo di nuovo Giovanni - ha detto-. Poi se<br />
n'è andato.<br />
Francesco, il barista, mi spiega che l'omicidio di<br />
Giosuè è stato solo l'inizio dei lutti.<br />
-Subito dopo la guerra ha perso l'altro fratello: un incidente in<br />
montagna, sul Monte Bianco. Ovviamente c'era anche lui, il<br />
comandante, ma era più avanti, perché voleva arrivare in vetta.<br />
Mio padre era andato con loro e mi ha raccontato tutta la<br />
156
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
tragedia, una vera e propria tragedia greca con l'eroe che<br />
abbraccia il corpo senza vita del fratello e tutto il resto...<br />
Il medico era uno che sapeva il fatto suo. Calmissimo,<br />
si è messo al lavoro non come se avesse di fronte un<br />
ragazzino colore blu, mezzo morto, ma una cartella<br />
da compilare. Gli ha fatto un paio di punture, gli ha<br />
dato un pugno sul petto e Jonathan è resuscitato; ha<br />
spalancato gli occhi e, mentre si guardava intorno, sua<br />
nonna l'ha detta la cretinata che mi aspettavo:<br />
Finalmente sei ritornato, Jonathan! Bravo! Eri andato a<br />
trovare il tuo angelo custode?<br />
Da quel giorno mio padre e il comandante sono diventati<br />
inseparabili - prosegue Francesco-.<br />
Insieme hanno fatto molto in questo quartiere: prima si sono<br />
occupati dei barboni e poi degli immigrati; per parlare con loro<br />
c'era sempre la fila, a volte anche di notte. Poi mio padre ha<br />
lasciato perdere, abbiamo aperto questo bar... ma mi ha dato<br />
l'ordine di non fare mai pagare il comandante… anche se<br />
adesso viene qui solo per ubriacarsi.<br />
-Fammi indovinare: la moglie lo ha mollato!<br />
-Ma figurati! No, la moglie, la famosa Maria, la staffetta<br />
partigiana, è morta tanti anni fa...<br />
-E allora?<br />
-E' una cosa che è successa tre mesi fa... Come spiegare:<br />
manifestazione e corteo contro i naziskin, che hanno fatto una<br />
spedizione punitiva e riempito di botte due marocchini. Il<br />
comandante, insieme a mio padre, è in prima fila. Sua figlia è<br />
in fondo al corteo. Partono dei colpi di pistola, sparati da<br />
chissà chi e Mariella, colpita alla testa, rimane a terra. Muore<br />
157
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
due giorni più tardi. Da quel momento Primo ha incominciato<br />
a bere.<br />
Non sono ai domiciliari per la droga: ho smesso tre<br />
anni fa. E per sempre. Ogni tanto finisco dentro<br />
perché faccio a botte; è una cosa più forte di me;<br />
sono uno che si incazza facile...<br />
Quasi tutti i giorni i carabinieri passano a<br />
controllarmi, oggi è venuto il maresciallo in persona.<br />
-Rossi! - ha esordito-<br />
-Rossivalerio! - ha rafforzato, convinto che il cognome<br />
prima del nome faccia un certo effetto-.<br />
Poi gli è partita la suoneria del telefonino con il<br />
motivetto di Vitti Na Crozza e la sua carica di<br />
autorevolezza è parecchio diminuita. Ha spento.<br />
-Tu lo sai che non devi fare il furbo, eh?<br />
Inizialmente non ho risposto.<br />
-Lo sai o non lo sai?<br />
-Lo so, lo so.<br />
-Lo sai che già ti va molto bene che noi chiudiamo un occhio e<br />
ti permettiamo di muoverti all'interno di questo condominio per<br />
fare qualche lavoretto, diciamo così, di piccola manutenzione...<br />
-Sì, ma è un accordo ...<br />
-E' un accordo molto favorevole per te, visto che ce ne sono<br />
tantissimi agli arresti domiciliari che non si possono muovere<br />
da casa loro... sennò scatta l'evasione...<br />
-Ne sono consapevole, maresciallo.<br />
-Allora, prima di tutto, ringraziami.<br />
-Grazie, maresciallo, e grazie anche al signor giudice...<br />
-Bene. Per l’appunto. Il magistrato ha acconsentito alla tua<br />
richiesta di recarti al funerale... dopodomani.... Lo sai, vero?<br />
158
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
-Sì,l’ho saputo.<br />
-Rossivalerio, cerca di capirmi bene. Al funerale ci verrò<br />
anch'io. Non voglio casini: niente provocazioni, niente<br />
slogan,niente applausi.<br />
-Niente,glielo garantisco.<br />
Il funerale è quello del Comandante Primo, che<br />
insieme a Francesco, qualche mese fa, ho salvato da<br />
un più che probabile pestaggio. Tre fascisti lo hanno<br />
trovato, molto ubriaco, sdraiato sul marciapiede; lo<br />
hanno insultato, gli hanno sputato addosso, uno ha<br />
detto che andava a prendere la tanica con la benzina.<br />
Noi due siamo intervenuti, senza chiedere<br />
spiegazioni, ma facendo subito andare le mani e i tre<br />
fighetti hanno chiamato le forze dell'ordine.<br />
-Comunque ieri qui per poco non ci scappa il morto, eh?<br />
-Sì, sembrava proprio...<br />
-Lo sai che anche a me una volta è capitata una cosa del<br />
genere...<br />
e a quel punto ho davvero temuto che il maresciallo<br />
tirasse fuori anche lui gli angeli, che dicesse qualcosa<br />
del tipo “sono andato a trovare il mio angelo custode,<br />
ma poi sono tornato indietro”, e invece:<br />
-Ero ancora a Catania,carabiniere da pochi mesi. Stavamo<br />
interrogando un pesce piccolo, che però qualcosa sapeva. Lo<br />
abbiamo strattonato un tantino, così solo per fargli paura, e lui<br />
all'improvviso ci è crollato sulla scrivania. Ha comincialo a<br />
rantolare; sembrava proprio che stesse morendo...<br />
-Avrete avuto paura ...<br />
-Ma che paura? Paura mai. E non era quello il problema…<br />
Lo sai che cosa mi rendeva disperato? ma proprio disperato? ...<br />
159
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Non so come dirlo: il fatto di non riuscire a salvarlo, di vedere<br />
che moriva e che io non ero in grado di fare proprio niente.<br />
-E poi è morto?<br />
-Sì, è morto: un infarto fulminante.<br />
-Beh, certo che deve fare impressione quando uno ti muore<br />
davanti....<br />
-No, assolutamente no. Nella mia vita ne ho visti sai, appena<br />
morti o ancora in fin di vita... ma mi fanno più impressione<br />
quelli che muoiono poco alla volta, giorno dopo giorno...<br />
-Cioè quelli malati? quelli in fase terminale?<br />
-Ma no, Rossi.., non sai proprio niente: quelli come il tuo<br />
amico del funerale, il comandante partigiano, che è già da un<br />
pezzo che si è lasciato crepare...<br />
-Sì... penso che sia abbastanza vero...<br />
-O come te, Rossivalerio, che stai morendo poco a poco e<br />
nemmeno te ne accorgi. E' vero, Rossi? è vero o non è vero?<br />
Lo sai o non lo sai?...<br />
Guardo il maresciallo che se ne va, camminando<br />
spedito come inseguendo il ritornello di Vitti Na<br />
Crozza, che sicuramente gli sta risuonando in tasca, e<br />
penso che questo strano carabiniere è meno stupido<br />
di quanto vuole fare credere, che ha fatto proprio<br />
centro, e senza nemmeno bisogno di tirare in ballo gli<br />
angeli custodi.<br />
indice<br />
160
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.6 Il saluto<br />
di Bruno Bianco<br />
-Bene, bravo, complimenti! Belle figure che ci fai fare!<br />
L'ingegner Giovanni Serra era inviperito; il figlio era<br />
in mezzo al soggiorno, tra il padre che urlava, la<br />
madre che aspettava di parlare e il nonno seduto in<br />
poltrona che non capiva.<br />
-Ma papà, il commissario te l'ha spiegato. Noi<br />
stavamo solo manifestando pacificamente...-<br />
-Giusto, parliamo della manifestazione; dimmi cosa<br />
c'entri tu con il Dufur...-<br />
-Si chiama Darfur papà ed è la più grossa tragedia<br />
umanitaria del mondo.-<br />
-Dufur o Darfur è la stessa cosa. La manifestazione<br />
non era autorizzata e in questa famiglia la prima<br />
regola è che le regole vanno rispettate; anche quando<br />
non sei d'accordo! Io e tua madre siamo sempre stati<br />
il migliore esempio; per non parlare del nonno.<br />
Guarda il nonno come deve essere contento di avere<br />
un nipote così.<br />
Si girarono verso il nonno che era seduto sulla<br />
poltrona. Al cavalier Serafino Serra era sembrato che<br />
quelle urla si allontanassero finché d'un tratto non<br />
aveva sentito più niente; come una porta che si<br />
spalanca, gli era tornato tutto alla memoria, tutto<br />
quello che era successo in quel lontano ‘36.<br />
Lui lo ricordava bene il suo paese a quei tempi; 900<br />
anime e nemmeno tutte tanto fedeli al duce. A lui<br />
invece il duce non dispiaceva e non capiva come<br />
facessero tanti suoi amici a non entusiasmarsi per un<br />
161
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
uomo così. Già, i suoi amici; bravi ragazzi, però un<br />
po’ pigri, senza ambizioni se non quella di tirare il<br />
collo a un coniglio da mangiare tutti insieme con un<br />
bottiglione di vino rosso. Così a volte si ritrovava ad<br />
ammirare Franco e quelli della sua banda; erano<br />
quattro gatti, ma in paese si facevano sentire. Il<br />
sabato giravano con la camicia nera e raccontavano<br />
dei raduni in città di quelli come loro, a fare il saluto<br />
romano al quadro del duce, a commentare i successi<br />
dell'Italia in Africa, a organizzare le iniziative per la<br />
propaganda; almeno loro avevano un po’ di<br />
ambizione, un po’ di voglia di uscire da quelle nebbie<br />
e da quel fiume che comandavano sempre al posto<br />
tuo.<br />
Poi come podestà era stato nominato il ragionier<br />
Emilio Chiaretti; quello sì che era uno ambizioso.<br />
Era riuscito a ottenere una visita ufficiale del duce in<br />
persona; sarebbe venuto a inaugurare una qualunque<br />
nuova costruzione. Il ragionier Chiaretti aveva deciso<br />
per un ponte, proprio dove il fiume si restringeva a<br />
tal punto che tra le due rive c’era poco più di qualche<br />
metro; era subito partita la ricerca di gente disponibile<br />
a dedicare fatica e sudore alla costruzione.<br />
Lui era stato l’unico tra i suoi amici ad accettare;<br />
perché gli piaceva l’idea, perché già pensava a quando<br />
sarebbe arrivato il duce in visita e anche perché la<br />
paga era buona. Franco e i suoi però si erano presi a<br />
cuore la storia del ponte; di giorno lavoravano<br />
insieme agli altri e di sera andavano per il paese a<br />
convincere alla loro maniera i giovani a dare una<br />
162
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
mano per il ponte. Così nei giorni successivi i suoi<br />
amici uno a uno avevano iniziato a lavorare per il<br />
ponte e lui era contento, pregustando di vederseli a<br />
fianco alla parata, schierati e allineati di fronte al duce.<br />
Avevano già iniziato le prove, con Franco e suoi che<br />
organizzavano lo schieramento; lui era ogni giorno<br />
più entusiasta e pian piano anche i suoi amici si<br />
stavano convincendo.<br />
-Chi l’ha già visto dice che il duce quando arriva ti fa<br />
paura solo con lo sguardo; poi arrivano i bambini con<br />
i fiori e lui ti fa un sorriso come il più bravo dei papà.<br />
-Se volevate fare cose inutili per il piacere del duce,<br />
potevate trovare qualcosa di meno faticoso.<br />
Emilio era l'unico del gruppo che non si era fatto<br />
convincere; ripeteva sempre che non aveva<br />
bisogno dei soldi del ponte, che gli bastava quello che<br />
prendeva nell' officina del padre.<br />
-Ieri sera Franco è di nuovo venuto a dirmi che può<br />
essere pericoloso girare per il paese da solo,quando<br />
sono tutti a lavorare sul ponte. Sapete cosa gli ho<br />
risposto?<br />
“Al mondo la gente o lavora per bisogno o lavora per<br />
paura. E siccome io non ho bisogno, io non lavoro<br />
per il ponte.”<br />
Questo gli ho risposto;che a me paura non l'ha mai<br />
fatta nessuno.-<br />
Così a parte Emilio, c'erano proprio tutti nell'ultima<br />
prova generale, anche i bambini con le maestre e le<br />
ragazze a portare i fiori. Poi erano andati a bere in<br />
osteria un bicchiere di quello buono, che in tasca<br />
163
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
soldi ce n'erano come mai ne avevano avuti. Emilio<br />
non si era visto quella sera, forse perché era<br />
arrabbiato per la storia del ponte o forse solo perché<br />
la sera prima aveva bevuto troppo; era così ubriaco<br />
che verso mezzanotte era salito in piedi sul tavolo, si<br />
era messo le mani sui fianchi e si era messo a parlare<br />
come il duce quando lo vedevano nei cinegiornali.<br />
-Scendi Emilio che ti portiamo a casa.<br />
-Ma quale casa! La mia casa è l'Italia! E in<br />
quest’Italia... ho costruito un ponte... un ponte<br />
lungo... lungo tre metri ! Un ponte utile... che serve<br />
come il guano dei maiali! Viva il duce!<br />
E aveva chiuso con una pernacchia prima che<br />
fossero riusciti a tirarlo giù dal tavolo per portarlo a<br />
casa, perché da solo non ci sarebbe mai arrivato.<br />
Anche lui si era convinto che quella sera Emilio non<br />
era venuto in osteria per la ciucca della sera prima;<br />
però tornando a casa, sulla sinistra della strada, aveva<br />
visto un'ombra che si muoveva. Quando si era<br />
avvicinato e aveva guardato bene, aveva visto che<br />
quell'ombra era Emilio coricato a terra; si teneva la<br />
pancia con le due mani e da qualche parte gli doveva<br />
essere uscito del sangue perché aveva la camicia<br />
sporca e delle macchie un po’ dappertutto. Lui l’aveva<br />
aiutato a rimettersi in piedi e lo aveva trascinato fin<br />
dentro casa. Gli aveva levato la camicia sporca di<br />
sangue e lo aveva anche aiutato a lavarsi la faccia;<br />
lentamente Emilio aveva ripreso un po’ le forze,<br />
almeno per riuscire a starsene seduto con il fazzoletto<br />
in mano e tamponare le ferite più gravi.<br />
164
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
-Almeno puoi dirmi cos'è successo?<br />
-Ti ho detto che non è successo niente! Adesso puoi<br />
anche andartene; domani devi essere riposato per far<br />
bella figura davanti al duce! Vai che c’è il duce che ti<br />
aspetta, c’è Franco che ti aspetta e se arrivi tardi<br />
finisce che quello si arrabbia.<br />
A quel punto se ne era andato e il mattino alle 7 era<br />
già in piedi. Gli uomini facevano gli ultimi ritocchi al<br />
palco, le maestre sistemavano i bambini e le ragazze<br />
con il vestito della festa si raccontavano chissà quali<br />
confidenze; il maresciallo, il parroco, il medico, tutte<br />
le persone più in vista del paese avevano preso posto<br />
di fianco al palco, mentre la gente si stava sistemando<br />
di fronte a una decina di metri. Tra le autorità e la<br />
gente normale, c’erano loro, quelli che avevano<br />
lavorato per il ponte e lui aveva avuto il posto in<br />
prima fila.<br />
Alle undici precise aveva visto arrivare il corteo; tre<br />
macchine lucide marciavano spedite alzando la<br />
polvere sullo stradone. Quando dalla prima macchina<br />
era sceso il duce in persona era stato tutto un<br />
entusiasmo; i fotografi scattavano in continuazione, le<br />
autorità facevano il saluto romano, i bambini<br />
intonavano un canto, le ragazze portavano i fiori. Poi<br />
il duce era salito sul palco e tutto era pronto.<br />
L’avevano provata centinaia di volte; alla prima parola<br />
tutti dovevano fare il saluto romano e nello stesso<br />
momento urlare “Duce!” con quanta più voce<br />
avessero in gola. Il duce si era sistemato sul palco; si<br />
era girato a destra e sinistra, preso un lungo fiato e<br />
165
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
come gli era uscita la prima parola, l’urlo di tutto il<br />
paese era stato unico, mentre si levavano le braccia<br />
destre tese verso il cielo con le palme della mani ben<br />
aperte. Tutte le mani si erano alzate, tutte meno una:<br />
la sua.<br />
Lui era rimasto fermo, in prima fila, le mani nelle<br />
tasche dei pantaloni, lo sguardo dritto a fissare il<br />
duce. Come in un campo di grano, tra migliaia di<br />
spighe gialle un unico filo d’erba verde sembra che lo<br />
vedi da qualunque parte guardi, così lo avevano visto<br />
tutti; quella mano bassa tra quelle alzate, quell’unico<br />
filo verde tra tutte spighe gialle. I dettagli della<br />
mattinata non li ricordava più, il discorso del duce<br />
che parlava di Abissinia e di Africa, la banda che<br />
suonava, il duce con le autorità che camminavano sul<br />
ponte. Però ricordava la sera, quell’incontro sulla<br />
strada verso casa; Franco e i suoi lo avevano<br />
circondato con Franco che parlava per tutti.<br />
-Stamattina ho scoperto che hai una grave malattia:<br />
non riesci ad alzare il braccio destro. Non devi<br />
preoccuparti, perché esiste la cura per questa malattia.<br />
Alza il braccio. Alza il braccio, Serafino!-<br />
E uno degli altri gli aveva affibbiato un pugno nel<br />
fegato. Lui allora aveva alzato il braccio.<br />
-Bravo Serafino. Adesso tienilo bello teso, apri bene<br />
la mano; bravo Serafino, vedi che vai già meglio.<br />
Resta pure così; che più tieni il braccio alzato e prima<br />
la malattia ti guarisce.-<br />
Era dovuto restare così per minuti e minuti, ogni<br />
volta che faceva cadere il braccio, il pugno nel fegato<br />
166
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
arrivava puntuale; lui rialzava il braccio e alla fine<br />
aveva perso il conto di quanto tempo era rimasto con<br />
il braccio alzato, di quante volte lo avesse fatto<br />
scendere, di quanti pugni avesse preso.<br />
-Adesso sei davvero guarito e se la malattia ritorna,<br />
noi arriviamo subito a guarirti.-<br />
Gli avevano dato un ultimo pugno nello stomaco e<br />
l’avevano lasciato lì, piegato in due, a sputare per<br />
terra, a tenersi le mani sul ventre, a massaggiarsi quel<br />
braccio destro quasi addormentato.<br />
Il suo ricordo finiva lì, in mezzo alla strada a non<br />
pensare né a Emilio, né a Franco, né al duce, ma solo<br />
ai dolori che sentiva per il corpo; e tutto quanto era<br />
venuto in seguito, la guerra, i partigiani, i<br />
repubblichini, i suoi amici morti, quelli erano ricordi<br />
sbiaditi di un’altra storia. Anche se molti anni dopo,<br />
un po’ per caso era finito a una mostra dal titolo “Le<br />
fotografie vietate del Ventennio”. Erano immagini<br />
che la censura dell’epoca aveva bloccato; un gerarca<br />
che si inciampa davanti a Mussolini, Mussolini che<br />
scende da un aereo con un movimento goffo,<br />
Mussolini che fa un mezzo inchino al re d’Italia. Poi<br />
in mezzo alle altre, una foto con Mussolini davanti a<br />
un ponte, di fronte uno schieramento di persone con<br />
la mano destra alzata e fra tutti un ragazzotto con la<br />
mano in tasca. La foto non era riuscito ad averla e il<br />
ricordo era finito nello sgabuzzino della sua memoria.<br />
-Scusami nonno se ti ho fatto preoccupare per quello<br />
che è successo.-<br />
167
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Suo nipote adesso era davanti a lui a fare il bravo<br />
ragazzo ubbidiente.<br />
-I tuoi genitori hanno ragione; ti hanno insegnato a<br />
rispettare le regole e le regole si rispettano sempre,<br />
anche quando non sei d' accordo.-<br />
Aveva messo su un’intonazione burbera, fingendo<br />
rabbia e delusione.<br />
-Le scuse sono accettate; adesso veditela con tua<br />
madre e tuo padre.-<br />
Il nipote si era già voltato, ma lui l’aveva richiamato.<br />
-Ma poi questo Dufur dov' è? E' tanto lontano<br />
dall’Abissinia?-<br />
-Darfur, nonno, si chiama Darfur. Ma dov’è<br />
Quest’Abissinia?-<br />
-Niente, niente. Mi confondo con un altro posto.-<br />
Guardò il nipote che andava verso i genitori; sentiva<br />
quasi in lontananza le voci di sua nuora che vietavano<br />
lo scooter per un mese e l'uscita del sabato sera per<br />
due o tre volte. Per fortuna a suo nipote era andata<br />
meglio che a lui. Si sistemò bene la coperta sulle<br />
ginocchia; il medico gli diceva sempre che alla sua età<br />
è meglio coprirsi, prendere le medicine negli orari<br />
giusti, mangiare in maniera regolata. Ma adesso aveva<br />
quasi caldo e quella coperta gli dava anche fastidio; la<br />
piegò accuratamente e la sistemò sul tavolino a<br />
fianco.<br />
Le regole vanno rispettate, anche quando non sei<br />
d’accordo. Sempre. indice<br />
168
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.7 Ivan<br />
di Silvia Pesce<br />
Mi è sempre piaciuto l’inverno. Da bambino<br />
aspettavo con trepidazione i primi fiocchi.<br />
“Mamma, mamma! Fiocca, Fiocca!” E di corsa giù<br />
con la slitta.<br />
Dopo coi piedi scalzi e gelati la neve aveva assunto<br />
tutto un altro sapore.<br />
Ci avevano mandati in Russia a combattere, noi<br />
alpini, ma chi la conosceva questa Russia?<br />
E soprattutto perché non ci spedivano delle scarpe,<br />
pure il cartone che usavamo per coprirci i piedi<br />
cominciava a scarseggiare.<br />
Mi veniva spesso in mente il giorno di S. Filippo al<br />
paese, quando, noi bambini, col cartone colorato<br />
adornavamo il carretto che lo trasportava per il borgo<br />
e poi tutti orgogliosi correvamo in piazza per vedere<br />
passare la processione e per mangiare la buona<br />
crostata del Santo che faceva sempre nonna Teresa.<br />
Non avevo più voglia di combattere. La delusione mi<br />
aveva sfiancato. Io partito volontario , tornavo<br />
distrutto nelle gambe e nell’anima.<br />
Noi ragazzetti ribelli andavamo sempre ad ascoltare i<br />
suoi roboanti discorsi alla radio e chissà perché ci<br />
sentivamo ad ogni parola un po’ più italiani.<br />
Ora mi viene da ridere. Che montagna di frottole ben<br />
raccontate.<br />
Eravamo partiti in dieci amici e tornavo io da solo,<br />
senza la vittoria che ci credevamo già in tasca.<br />
169
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
L’otto settembre ero sicuro che la guerra finalmente<br />
fosse finita. L’esercito si era sbandato e non vedevo<br />
ragione per restare io in caserma. Volevo solo tornare<br />
a casa.<br />
Ma presto avevo capito di essere considerato solo un<br />
disertore badogliano da parte di quelli per cui<br />
avevamo combattuto fino ad agosto.<br />
Non mi sarei fatto prendere per essere mandato in<br />
qualche campo di lavoro in Germania o per essere<br />
arruolato tra le file dei repubblichini.<br />
Le strade erano continuamente attraversate da<br />
colonne di soldati e decisi quindi di viaggiare col buio<br />
mentre di giorno mi sarei dovuto nascondere.<br />
Avevo trovato un buon rifugio nel fienile di una<br />
vecchia cascina un po’ diroccata.<br />
Che profumo... proprio nel fieno avevo fatto l’amore<br />
per la prima volta con la mia Angelina. Sarei tornato<br />
per sposarla ... glielo avevo promesso mentre il treno<br />
partiva dalla stazione.<br />
Chissà se ci aveva creduto ...<br />
Improvvisamente un rumore che avevo imparato a<br />
conoscere fin troppo bene mi scosse dal mio dormi<br />
veglia.<br />
Una raffica aveva colpito la testa di una colonna in<br />
marcia sulla strada.<br />
Dalla mia posizione contavo cinque caduti tedeschi.<br />
Un bambino che probabilmente costringevano a fare<br />
loro da guida colse l’occasione e si gettò giù dalla<br />
“riva” nascondendosi tra gli alberi.<br />
170
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Lo stupore iniziale fu presto sostituito da una furia<br />
omicida.<br />
A dieci uomini fu ordinato di perquisire le cascine dei<br />
dintorni e di trovare il nascondiglio dei partigiani.<br />
Un vecchio e una ragazza furono trascinati all’aperto.<br />
Li potevo vedere chiaramente.<br />
I soldati esitarono ma il loro comandante presa la sua<br />
pistola li giustiziò seduta stante. Vomitai anche<br />
l’anima.<br />
Ma nel mentre avevo deciso già quale sarebbe stato il<br />
mio nome di battaglia. Ivan.<br />
Avevo sentito spesso i tedeschi chiamare così i soldati<br />
russi, con un certo timore, e un po’ di quel timore<br />
volevo incuterlo io.<br />
Da allora in sei mesi di guerriglia ne ho uccisi di<br />
tedeschi...<br />
Mi sono sempre chiesto la differenza che passa tra un<br />
eroe, un assassino e uno che imbraccia per caso un<br />
fucile.<br />
Ma ora sono qui, proprio con un bel fucile tedesco<br />
puntato alla tempia. Non sono mai stato bravo a<br />
nascondermi.<br />
Anche quando giocavamo a nascondino con gli amici<br />
venivo trovato subito. Fisso il meraviglioso tramonto<br />
estivo. Che bel rosso...<br />
indice<br />
171
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.8 4/11/1944<br />
di Alessandro Bertolino<br />
Erano giorni che non sentivo un gallo cantare:<br />
di sicuro un fuggiasco, come noi<br />
(volentieri altrimenti trasformato<br />
da sveglia a colazione); ma non è la fame<br />
di questi tempi la peggior nemica.<br />
Rinaldo fuori ha quasi terminato<br />
il turno: è toccato a lui vegliare.<br />
So bene anch’io quant’è difficile<br />
tenere gli occhi aperti la notte<br />
nel bosco, distinguere il fruscio<br />
del capriolo dal passo del soldato,<br />
il fiato della lepre dal rantolo<br />
del cacciatore d’uomini.<br />
Ecco la nostra sorte: prede.<br />
Quante cascine abbandonate<br />
ancora visiteremo con le armi,<br />
pregando che nessuno,<br />
nascosto, gridi: “Halt, banditen!”?<br />
quanti ragazzi come noi tremanti<br />
cattureremo?<br />
Ma inizia ad essere già tardi,<br />
sebbene sia soltanto l'alba<br />
bisogna muoversi, spostarsi<br />
verso un altro rifugio.<br />
Domenico ha scaldato il surrogato<br />
di caffè, sento il profumo e infatti<br />
172
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
il suo accento siciliano, sottovoce<br />
mi sta arrivando: “Fofò, il caffè!..”<br />
I primi raggi tra i faggi<br />
sfidano la foschia e scendono<br />
a intiepidire Cantalupa:<br />
svegliati all’improvviso dal<br />
crepitio lontano delle mitragliatrici<br />
( “provengono dalla baita abbandonata”<br />
dicono, sicuri e mesti in volto, alcuni vecchi),<br />
anime martoriate e demoni uncinati<br />
si preparano ad affrontare di nuovo<br />
un freddo mattino di novembre.<br />
173<br />
indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.9 Banda stella<br />
di Claudio Mucci<br />
Il bosco porta ancora il respiro della notte.<br />
Da una roccia che domina una pozza, gioco a seguire<br />
i rametti trascinati dalla corrente e penso se alcuni di<br />
loro ce la faranno ad arrivare al mare.<br />
Il rumore del ruscello squarcia il silenzio e l’aria<br />
d’ottobre mi pizzica il viso.<br />
Da alcuni minuti cresce la sensazione che qualcuno<br />
mi segua e da vicino osservi i miei movimenti. Sento<br />
dei passi, mi alzo di scatto e vedo arrivare Gianluca<br />
che trascina goffamente un largo cestino di vimini. La<br />
sua presenza allontana quella tetra percezione. Non<br />
gli do il tempo di scusarsi per il ritardo e<br />
c’incamminiamo verso il monte Caucaso.<br />
Attraversiamo due grandi prati divisi dal torrente e<br />
c’inoltriamo nel sottobosco. Qui le nostre strade si<br />
dividono. Gianluca sale dalla parte orientale, mentre<br />
io mi sposto più ad ovest. Ogni tanto ci chiamiamo<br />
con un fischio per non allontanarci troppo.<br />
Cammino solo con i miei pensieri sul sentiero che<br />
conosco fin da bambino e non guardo intorno a me,<br />
finché mi ritrovo ai margini di una faggeta fitta e<br />
ordinata come una spazzola.<br />
Non ricordo della sua esistenza. Aumento il passo e<br />
spero di ritrovare la via giusta, ma quasi alla fine del<br />
boschetto, un fremito scuote il mio corpo.<br />
Rimango immobile. A circa venti metri in una radura<br />
più in basso, avvolta nella nebbiolina del mattino,<br />
intravedo una figura. Non riesco a distinguerne la<br />
174
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
natura e qualunque cosa sia, non si accorge di me.<br />
Sembra un uomo incappucciato. Forse in difficoltà.<br />
Penso di andarmene, invece, avanzo qualche metro<br />
con cautela.<br />
E’ un ragazzo inginocchiato con le mani sul volto.<br />
Porta una lunga e usurata giacca ed un berretto scuro<br />
a punta. Al collo un fazzoletto rosso che spicca nel<br />
marrone del bosco.<br />
Di colpo si volta ed i nostri occhi s’incrociano per<br />
lunghi secondi, dopo i quali egli indietreggia e sempre<br />
fissandomi, fugge rapido tra gli alberi.<br />
I suoi occhi grigio chiaro lacrimavano. Rimango<br />
impietrito.<br />
Un fischio di Gianluca mi riporta alla realtà. Gli<br />
rispondo.<br />
Raggiungo il punto esatto dove sedeva quel giovane e<br />
dal tappeto di foglie scorgo una corteccia con<br />
un’incisione. Non si legge molto bene. Sembra un<br />
nome ed una data: “Emma 1920-1944”.<br />
Due grosse pietre reggono un piccolo vasetto di<br />
ceramica con del terriccio dentro.<br />
Partito alla ricerca di funghi, mi ritrovo ora davanti<br />
alla lapide di una donna.<br />
Stupito, esploro per alcuni metri la radura e<br />
memorizzo la sua posizione.<br />
Il primo pensiero concreto, conduce alla lotta<br />
partigiana, assai prolifica in queste valli. Intanto il sole<br />
sorge ed illumina il bosco.<br />
I suoi raggi scaldano il terreno ancora umido e<br />
rendono quel luogo meno spettrale. Mi siedo e bevo<br />
175
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
dell’acqua per tranquillizzarmi. L’immagine di quel<br />
giovane persiste.<br />
Riprendo il sentiero e dopo alcuni passi mi volto<br />
ancora, come per salutare un amico.<br />
Gianluca comincia a sfottere per il mio cesto<br />
semivuoto e mostra sorridente i suoi trofei. Non<br />
reagisco e mantengo il segreto.<br />
Torniamo a casa fra i mille discorsi di Gian e quel<br />
mistero che mi assilla la mente.<br />
Senza neppure spogliarmi digito sul motore di ricerca<br />
“Emma partigiani Aveto”.<br />
Le annotazioni e le foto di un libro sulla resistenza<br />
ligure, catturano la mia attenzione. Leggo<br />
attentamente: “La squadra era formata da Buga, un<br />
impiegato di Genova. Alto e magro con le spalle<br />
curve in avanti, come se avesse sempre uno zaino<br />
pesante sulla schiena. Gli occhi neri, rotondi e<br />
inespressivi, ricordavano la Buga, un tipo di pesce<br />
comune in Liguria. Sempre pronto all’azione era<br />
Drago, nato per comandare. Taglialegna tuttofare e<br />
profondo conoscitore della zona. Capelli castani corti,<br />
con un ciuffo sulla fronte. Genio era un ingegnere<br />
navale dotato di un’intelligenza finissima. Riusciva<br />
sempre a risolvere i problemi tecnici. C’era Emma la<br />
staffetta. Contadina, ragazza solare e coraggiosa. Il<br />
suo carattere addolciva le brutture della guerra. Infine<br />
Bruno, operaio. Passo deciso e svelto. Uomo di<br />
poche parole sempre vicino ad Emma.<br />
Banda Stella prendeva il nome da ognuno di loro che<br />
idealmente formavano i vertici di una stella a cinque<br />
176
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
punte. Avevano una certa indipendenza dal resto<br />
della Brigata e controllavano la Val D’Aveto dal<br />
Passo della Forcella a quello della Scoglina,<br />
spostandosi fino a Rezzoaglio e dintorni per<br />
recuperare generi alimentari ed informazioni utili alla<br />
Resistenza. Si univano alle altre divisioni per azioni di<br />
guerriglia”.<br />
Trovo altre foto della banda. Sento il cuore battere in<br />
gola. Una vampata di calore mi assale. Non posso<br />
credere a quello che vedo. Vado in cucina a bere un<br />
bicchiere d’acqua. Vorrei dirlo a tutto il mondo, ma<br />
nessuno mi crederebbe. Nessun dubbio. E’ lui. Sul<br />
monitor appare il viso di quel ragazzo che ho visto<br />
nel bosco. Impongo ai miei pensieri di fermarsi.<br />
“Oggi nel bosco ho incontrato un ragazzo in cerca di<br />
funghi e ci siamo spaventati entrambi”. Lo ripeto più<br />
volte, ma il viso di Bruno dissolve quel tentativo di<br />
razionalità. Il panico aumenta, quando ripenso<br />
all’incontro, credo che dileguandosi non mosse foglia<br />
e fatto alcun rumore.<br />
Un fantasma?<br />
Squilla il telefono. Non rispondo. Devo uscire a<br />
prendere una boccata d’aria. L’asfalto appena bagnato<br />
odora ancora d’estate e l’umidità la puoi toccare.<br />
Vado su per una vecchia salita che si arrampica sulla<br />
collina.<br />
Le case che incontro diventano sempre più piccole e<br />
alcune mostrano il segno dei tempi. Altre sono<br />
abbandonate da anni. Qualche cane protesta al mio<br />
passaggio. Dall’alto domino i grossi condomini che<br />
177
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
nascondono il traffico.E’ incredibile come a pochi<br />
passi dal centro esistano realtà così diverse. A<br />
Genova si capisce sempre dove finisce la città. L’aria<br />
salmastra ormai alle spalle lascia il posto al fumo dei<br />
camini e delle erbacce bruciate negli orti. I pochi<br />
lampioni formano oasi di luce distanti fra loro.<br />
Comincia a piovere, decido di tornare.<br />
Trovo una foto di Emma. E’ bellissima. Dai lunghi<br />
riccioli neri spuntano due occhi verdi giganti, ha<br />
guance rosse ed un sorriso che abbaglia. Credo sia<br />
stato impossibile resistervi. Continuo a leggere: “Una<br />
spia li aveva traditi indicando la via da dove potessero<br />
scendere a valle. Il mattino del 9 Marzo 1945 due<br />
squadre tedesche si appostarono ai lati delle ultime<br />
case del paese. Un martedì colorato di cielo azzurro e<br />
di verde brillante dei prati faceva da sfondo. La<br />
Banda Stella arrivò nel piccolo borgo di Ventarola da<br />
due sentieri diversi.<br />
I loro movimenti erano sempre studiati a tavolino.<br />
Appena in campo aperto a turno percorrevano pochi<br />
metri per conquistare posizioni protette. Durante il<br />
primo spostamento, un cecchino tedesco aprì il fuoco<br />
e Drago fu ferito seriamente. Buga e Genio<br />
provarono a trascinarlo nell’erba alta e risposero al<br />
fuoco nemico. Emma e Bruno defilati riuscirono ad<br />
evitare le prime raffiche di mitra.<br />
I proiettili arrivavano da tutte le direzioni e Drago,<br />
ancora cosciente, ordinò ad Emma e Bruno di ritirarsi<br />
sfruttando la posizione migliore. Dopo un lungo<br />
scontro a fuoco solo Emma e Bruno ripresero il<br />
178
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
sentiero con i tedeschi alle calcagna. Le urla del<br />
nemico e i cani che abbaiavano ferocemente<br />
rimbombavano nella vallata. L’inseguimento ebbe<br />
fine in una radura ai margini del bosco principale,<br />
dove tenendosi per mano, cedettero.<br />
“Cresce la voglia di tornare nel bosco, sino a<br />
diventare pura necessità. Alcune strisce di sole<br />
filtrano dalla persiana e vanno a sbattere sull’armadio<br />
di fronte al letto.<br />
Sono sufficienti a svegliarmi del tutto. Un altro sabato<br />
inizia e con lui tutti i progetti che ci metto<br />
solitamente dentro. Lo zaino è pronto. Questa volta il<br />
sentiero non è la solita galleria di ricordi, neanche un<br />
tripudio della natura, è semplicemente la strada che<br />
mi riporterà da Bruno. Il respiro affannato per<br />
l’emozione annuncia che la meta si avvicina.<br />
Riconosco lo spiazzo. La lapide cancella la remota<br />
possibilità che fosse stato tutto un sogno. Sotto il<br />
denso fogliame, dietro la corteccia, spunta un vecchio<br />
cilindro di latta con un tappo di plastica che la volta<br />
precedente non notai. Provo ad aprirlo. Contiene una<br />
lettera scritta in corsivo su di un foglio di carta molto<br />
spesso e consumato: “Grazie di essere tornato, non<br />
avere paura. So che ami questa terra come l’abbiamo<br />
amata noi, so che la difenderesti fino all’ultimo<br />
respiro come abbiamo fatto noi.<br />
In tasca avevamo solo coraggio e orgoglio.<br />
Mettemmo l’ideale davanti ad ogni cosa, tra noi c’era<br />
rispetto, giustizia, amore e amicizia. La nostra vita<br />
aveva un senso in quei giorni. La scelta dei monti ci<br />
179
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
fece sentire liberi prima di esserlo davvero. Sento<br />
ogni giorno le voci di Drago, Buga e Genio. Piango<br />
per Emma mio dolce amore, stella cometa della vita,<br />
faro in quella tempesta di guerra. Darei l’eternità per<br />
un suo abbraccio e darei il paradiso per un suo bacio.<br />
Ciao giovane amico, fa sì che la memoria resti”.<br />
Leggo più volte ciò che per logica non dovrebbe<br />
esistere. Una lacrima mi scende dagli zigomi, me ne<br />
accorgo solo quando bagna la lettera. Poi un’altra e<br />
un’altra ancora, fino a diventare un pianto a dirotto.<br />
Passano i minuti e mi sento meglio. Un principio di<br />
felicità germoglia in me. Come quando dopo tanta<br />
preoccupazione e tristezza si ricomincia a vivere<br />
lentamente, mi do coraggio e valuto tutto<br />
positivamente. La radura diventa un luogo amico.<br />
Prendo il quaderno e come se vomitassi, libero i<br />
pensieri che diventano parole, frasi, poi una lettera<br />
per Bruno: “Ciao Bruno, una parola vince sulle mille<br />
e mille che vorrei scriverti; grazie. Grazie a tutti gli<br />
uomini e le donne come Te che hanno perso il futuro<br />
per regalarlo a noi. Ora dobbiamo conservare questo<br />
tesoro e fare in modo che non accada mai più una<br />
tragedia simile. Voglio dirti che per me non siete mai<br />
passati di moda e che avete scritto la pagina più bella<br />
del nostro paese. Sarò Partigiano anch’io con le<br />
parole e la memoria. Voi siete la radice, io sono la<br />
foglia, cadrò e alimenterò l’albero della pace. Addio<br />
Bruno, saluta i Compagni e dai un bacio ad Emma.<br />
Claudio.”<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
Inserisco la mia lettera nel barattolo con una foto di<br />
Emma ed una di Bruno stampate da internet. Le<br />
metto vicine con i nomi scritti dietro, come su due<br />
fedi nuziali. Riposiziono il cilindro sotto le foglie<br />
dietro le pietre. Stanco e sereno, come dopo un<br />
esame andato bene, mi sdraio a guardare le cime degli<br />
alberi che salgono in cielo. Una leggera brezza muove<br />
le fronde più alte che brillano al sole. Quel suono mi<br />
culla. Comincio una preghiera, benché non sia<br />
proprio credente: “Signore, mistero, Gesù figlio di<br />
Dio o Gesù semplicemente solo uomo, bene che<br />
vinci sul male, natura meravigliosa, forza dell’amore o<br />
energia positiva fa sì che quei ragazzi stiano bene e<br />
che abbiano una terra senza odio e violenza, dove<br />
guardare il cielo per indovinare la forma delle nuvole<br />
e camminare scalzi su un prato caldo al sole.<br />
Fa sì che giochino a contare le stelle cadenti e che<br />
possano danzare nella pioggia, mentre il vento gli<br />
muove i capelli. Fa sì che Emma e Bruno si<br />
abbraccino ancora, ti prego. Grazie.” Mi addormento.<br />
Dopo più di un’ora mi sveglio e faticosamente<br />
ritorno lucido. Guardo il cilindro e lo riapro. Vuoto.<br />
Sorrido. Nel vasetto sopra le pietre, due bellissimi<br />
fiori rossi spiccano nel marrone del bosco.<br />
indice<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
4.10 No<br />
di Carlo Carlotto<br />
Ma tu, matricola 141801,<br />
continuavi a dire “NO”.<br />
Non ti convincevano<br />
le frasi degli amici,<br />
inaspettata e involontaria<br />
propaganda gratuita,<br />
che scampavano<br />
le righe violacee<br />
della censura.<br />
Lontane voci famigliari<br />
ti tuonavano in mente<br />
e nella pancia vuota<br />
confondendosi con<br />
altri strazianti boati.<br />
Moniti scritti in italiano<br />
ti angosciavano in dialetto:<br />
“Fate furb,<br />
la vita a l’è la toa!”<br />
“Pensa a torné a cà!”<br />
“Còs ot costa dije ëd sì?” 2 .<br />
Avevi solo vent’anni<br />
e il subdolo dubbio<br />
2 “Fatti furbo,<br />
la vita è la tua!”<br />
“Pensa a tornare a casa!”<br />
“Cosa ti costa dirgli di sì?”<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
che non avessero<br />
completamente torto.<br />
Tra molte altre ragioni<br />
non sei tornato forse anche<br />
per non doverlo riconoscere.<br />
indice<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
5. Fuori concorso<br />
5.1 Il mio canto di solitudine politica<br />
di Andrea Zanuso<br />
Sognavo i colori di una nuova era di libertà per la mia<br />
[terra]<br />
come le rondini che saettano nel cielo macchiato<br />
[d’azzurro]<br />
tra i profumi erranti dei ciliegi che mordono il<br />
[silenzio degli uomini.]<br />
Ma le loro ali si sono impigliate tra le forbici della<br />
[paura]<br />
di chi ha consumato i tamburi della battaglia<br />
raggomitolando le coscienze dentro i fantasmi del<br />
[passato.]<br />
Che ne sarà della mia città dove i cuori si sono<br />
[impietriti]<br />
e s’incrociano sguardi d’indifferenza e parole d’odio<br />
verso i disperati colpevoli di sognare una vita<br />
[migliore?]<br />
Dove sono finite le speranze di intere generazioni<br />
che hanno seminato grano e fiordalisi e papaveri rossi<br />
solcando il cielo con le loro rosse bandiere per dire<br />
[basta]<br />
alle guerre e alle ingiustizie e a chi avvelena la nostra<br />
[terra]<br />
e il nostro futuro?<br />
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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
E noi che abbiamo incendiato la giovinezza<br />
[nell’ebbrezza della giustizia]<br />
della fratellanza e della libertà sessuale<br />
quali figli e nipoti abbiamo partorito se anche loro<br />
[invocano le catene]<br />
per chi commette il delitto di nascere povero?<br />
E voi uomini ciechi e incapaci di assaporare<br />
[l’inconsapevolezza della notte]<br />
l’incanto dell’alba e del tramonto e dell’umile voce<br />
[degli alberi]<br />
cosa aspettate ad alzare lo sguardo ed ascoltare il<br />
[pianto del fratello clandestino]<br />
che ha lasciato la sua casa per trovare un lavoro e<br />
[viene braccato]<br />
dalla vostra paura che ingrassa la nostra terra con il<br />
[suo sudore e il suo sangue?]<br />
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indice
<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Secondo</strong><br />
6. La classifica del concorso<br />
Poesia inedita<br />
1) Paolo Pietrini La storia si fa verità<br />
2) Igino Mazzieri Ombre<br />
3) Cesare Oddera Dove ballano le foglie<br />
4) Susanna Giannotti Maledetta estate<br />
5) Gennaro De Falco Piccole piazze<br />
6) Armando Romano Anni<br />
7) Enrico Barbieri Ombre al suolo<br />
8) Piero Baroni Giorni<br />
9) Marco Laratro Libertà?<br />
10) Chris Mao Il ritorno<br />
Racconto inedito<br />
1) Mario Trapletti Lussuria funebre<br />
2) Alessandro Cuppini L’importanza delle date<br />
3) Pierangelo Colombo Un caffè maledettamente<br />
amaro<br />
4) Cristina Mantisi Rose e Lyseblå<br />
5) Luigi Di Legge Ho incontrato uno yeti<br />
6) Agostino Roncallo Il bicchiere della staffa<br />
7) Emilia Henragher Lena<br />
8) Dario Ghiringhelli Una grata e una stecca<br />
9) Giovanni Fassina Il primo amore<br />
10) Sandra Frangioni Un inizio tra sogno e realtà<br />
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Declinando al femminile<br />
1) Chiara Loria Il canto della<br />
terra ai<br />
pirati…<br />
2) Chiara Borghi Primo giorno<br />
3) Bruno Bianco L’ultima<br />
decisione<br />
4) Polissena Cerolini Strega<br />
5) Maria Teresa MontanaroE si ruppe<br />
l’incantesimo<br />
6) Vita Varsalona Cento anni<br />
7) Rossella Rescaldini Gloria<br />
8) Ilaria Abiami Cenere<br />
9) Elga Moretto - Giuseppe Marchese<br />
La femminista e l’ippocampo<br />
10) Francesca Levo Calvi Veronica<br />
Brucia<br />
La resistenza ieri e oggi<br />
1) Maurizio Asquini La malora<br />
2) Roberto Bernardini A Victor Jara<br />
3) Mario Bolognini Uccidete Cesare<br />
4) Silvia Pesce Ivan<br />
5) Bruno Bianco Il saluto<br />
6) Brunello Buonocore Sono andato a<br />
trovare il mio angelo custode<br />
7) Alessandro Bertolino 04/11/1944<br />
8) Carlo Carlotto No<br />
9) Claudio Mucci Banda Stella<br />
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Finito di stampare Giugno 2010<br />
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