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Lo stigma di chi soffre<br />
di un disturbo mentale e dei familiari<br />
MASSIMO CASACCHIA, RITA RONCONE<br />
Università L’Aquila, Clinica Psichiatrica<br />
RIASSUNTO<br />
Lo stigma non colpisce solo le persone affette da disturbi mentali, ma anche i loro familiari. Il processo<br />
per il quale una persona è stigmatizzata in virtù di un’associazione con un altro individuo stigmatizzato<br />
viene definito quale “stigma di cortesia” o “stigma associativo”. Lo stigma familiare ha<br />
ricevuto relativamente scarsa attenzione da parte dei ricercatori, rispetto a quella riservata al carico<br />
assistenziale sostenuto dai familiari di persone con disturbi mentali gravi.<br />
Numerosi studi, condotti sia su campioni selezionati (studenti ed operatori psichiatrici che avevano<br />
un membro della loro famiglia colpito da un disturbo mentale grave, membri di associazioni di<br />
familiari, ecc.), sia su campioni epidemiologicamente più numerosi di familiari di pazienti psichiatrici,<br />
hanno messo in evidenza che anche i familiari soffrono dello stigma sociale nei confronti della<br />
malattia mentale, mostrando gli stessi risultati in Europa, nel Nord America, in Africa, in Cina, in<br />
India e in alcuni paesi arabi e islamici.<br />
Un dato, che sorprendentemente emerge dall’analisi della letteratura, è quello di un progressivo<br />
azzeramento dei “vantaggi” delle società rurali, tradizionali, con una prospettiva di “globalizzazione”<br />
anche delle problematiche legate alle malattie mentali, che presentano un impatto negativo,<br />
paragonabile a quello delle società industrializzate, sia sul carico assistenziale sia sullo stigma sociale<br />
sulla persona e sui suoi familiari. L’ipotesi è quella che le difficoltà economiche e sociali, specialmente<br />
nelle aree urbane e suburbane, avrebbero un effetto destruente sulla tolleranza e sulla solidarietà<br />
anche nelle società considerate rurali e tradizionali.<br />
Lo stigma sociale può essere superato non soltanto attraverso campagne informative, ma anche e<br />
soprattutto garantendo agli utenti e alle loro famiglie una maggiore accessibilità ai servizi, informazioni<br />
chiare sulla malattia, risposte adeguate ai bisogni più urgenti, una migliore qualità dei trattamenti<br />
psichiatrici e riabilitativi basati sull’evidenza scientifica, promuovendo politiche sociali quali<br />
quelle relative all’inserimento lavorativo delle persone con ridotto funzionamento sociale.<br />
Parole chiave: stigma sociale, malattia mentale, famiglia, “stigma associativo”, carico assistenziale<br />
familiare.<br />
SUMMARY<br />
Stigma affects not only people with mental illnesses, but their families as well. The process by<br />
which a person is stigmatised by virtue of association with another stigmatised individual has been<br />
referred to as “courtesy” or “associative” stigma. Family stigma, unlike the broader topic of family<br />
burden of care, has received comparatively little attention from empirical researchers.<br />
Several studies, either on selected sample (students and mental health workers relatives of people<br />
affected by a serious mental illness, members of advocacy groups, etc.) or on epidemiological larger<br />
samples of family members, found that families of schizophrenic patients suffer from stigma, showing<br />
the same results in Europe, in North America, in Africa, in China, in India and in some Arabic<br />
and Islamic countries. Stigma does exits as a major burden of the illness also in developing countries,<br />
in a sort of “globalization” of the mental health issues tied to family burden of care and stigma,<br />
despite the belief that traditional and rural societies are supposed to be more supportive of the weak<br />
and the sick because of their larger family and social network. The difficult financial and social situation,<br />
especially in urban and suburban areas, has a destructive effect on tolerance and solidarity in<br />
traditional societies also.<br />
Social stigma can be overcome not only by educational campaigns, but also through a better access<br />
to mental health facilities, information about mental illness, better quality of evidence-based psychiatric<br />
and rehabilitation treatments, and the promotion of social policies addressed to low social functioning<br />
people affected by serious mental illness.<br />
Key words: social stigma, mental illness, family, “associative stigma”, family burden of care.<br />
Indirizzo per la corrispondenza: Rita Roncone, Dipartimento Medicina Sperimentale, Clinica Psichiatrica,<br />
Via Vetoio-Coppito, 2 - 67100 L’Aquila, e-mail: rita.roncone@cc.univaq.it<br />
LA STIGMATIZZAZIONE.<br />
DAL PREGIUDIZIO ALLA CURA<br />
DELLA MALATTIA MENTALE<br />
NÓOς<br />
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LO STIGMA DI CHI SOFFRE DI UN<br />
DISTURBO MENTALE E DEI FAMILIARI<br />
INTRODUZIONE<br />
Nessuno regala fiori alle persone con malattie mentali gravi quando sono<br />
ricoverate.<br />
La presenza di fiori sui comodini delle corsie ospedaliere potrebbe ben identificare<br />
un importante indicatore d’attenzione, augurio e supporto di familiari,<br />
parenti ed amici nei confronti della persona malata ricoverata. Infatti, sui<br />
comodini dei reparti di medicina si ritrovano spesso biscotti, succhi di frutta,<br />
piccoli regali, a volte di scarsa utilità pratica, e fiori portati da familiari in<br />
visita ai pazienti.<br />
Un recentissimo studio ha valutato attraverso un questionario basato su<br />
un’intervista strutturata il numero di biglietti augurali e regali ricevuti da 40<br />
soggetti ricoverati in un reparto di psichiatria, confrontati con i biglietti ed i<br />
regali ricevuti da un campione di persone della stessa età e dello stesso sesso<br />
ricoverati in un reparto di medicina generale 1 . Lo studio si proponeva, inoltre,<br />
di valutare la divulgazione della notizia del ricovero e della diagnosi ai<br />
familiari ed agli amici nei due gruppi di pazienti.<br />
Lo studio ha messo in evidenza come i pazienti psichiatrici ricevano in<br />
media la metà dei biglietti di auguri rispetto ai pazienti dei reparti di medicina.<br />
I regali portati ai pazienti psichiatrici erano spesso oggetti di utilità pratica<br />
e solo molto raramente includevano oggetti futili e di “lusso”, quali i fiori.<br />
Anche la divulgazione del ricovero in ambiente psichiatrico era significativamente<br />
inferiore rispetto a quella di ricovero in un ambiente medico, sia nei<br />
confronti dei familiari e dei parenti, sia degli amici 1 .<br />
La carenza di piccoli oggetti e di fiori sul comodino per augurare la guarigione,<br />
il “segreto” che circonda il ricovero in psichiatria, il senso di isolamento<br />
e di vergogna e la riduzione della rete sociale di supporto ben rappresentano<br />
il clima in cui matura lo stigma sociale della malattia mentale che investe sia<br />
le persone affette da malattie mentali gravi, sia i loro familiari più stretti.<br />
LO STIGMA E LE SUE CONSEGUENZE SULLA PERSONA<br />
AFFETTA DA DISTURBO MENTALE<br />
Le persone affette da schizofrenia e da altri disturbi mentali gravi sono stigmatizzate<br />
dalla società 2,3 e tale stigmatizzazione è presente sia nei paesi<br />
occidentali, per esempio in Germania 4 ed in Gran Bretagna 5 , sia nei paesi<br />
orientali, per esempio ad Hong Kong 6 e Singapore 7 .<br />
Se per la schizofrenia si può parlare dello stigma, ovvero delle reazioni dell’ambiente<br />
sociale, come di una “seconda malattia” 8 associata al quadro psicopatologico,<br />
lo stigma è associato, seppur in grado diverso, a tutti i disturbi mentali<br />
gravi 5,9-13 . Secondo alcuni autori 14-16 , peraltro, la stessa attribuzione di negatività,<br />
che la diagnosi psichiatrica implica, favorirebbe i processi di stigmatizzazione.<br />
La stigmatizzazione rappresenta una dimensione di sofferenza che si aggiunge<br />
all’esperienza di malattia e che porta a limitate opportunità di trovare casa e<br />
lavoro 17-20 , una più bassa qualità di vita 21,22 , una più bassa autostima 23 , ostacoli<br />
e barriere nel ricevere cure mediche e odontoiatriche 24 .
LO STIGMA E I FAMILIARI DELLA PERSONA<br />
AFFETTA DA DISTURBO MENTALE<br />
Lo stigma non colpisce solo le persone affette da disturbi mentali, ma anche i<br />
loro familiari 25 . Il processo per il quale una persona è stigmatizzata in virtù<br />
di un’associazione con un altro individuo stigmatizzato viene definito quale<br />
“stigma di cortesia” 26 o “stigma associativo” 27 .<br />
Lo stigma associativo ha ricevuto relativamente scarsa attenzione da parte<br />
dei ricercatori, di certo inferiore all’attenzione riservata al carico assistenziale<br />
sostenuto dai familiari di persone con disturbi mentali gravi 28-34 . In accordo<br />
con Metha e Farina 27 , essere un parente stretto di una persona con una<br />
malattia mentale grave mette “in una posizione particolarmente difficile e<br />
delicata che non può essere superata, essendo entrambi coinvolti ed entrambi<br />
vittime”. I “resoconti personali” di familiari, riportati su importanti riviste<br />
scientifiche, hanno più volte sottolineato come lo stigma associativo rappresentasse<br />
un problema di entità rilevante 35-37 .<br />
Due studi pionieristici, ancora validi, seppur molto datati, sottolineano come<br />
lo stigma è stato e continua ad essere un problema per le famiglie dei pazienti<br />
psichiatrici. Quasi 50 anni fa, Yarrow et al. 25 scoprirono che i sentimenti di<br />
rifiuto e stigmatizzazione ed i tentativi di tenere segreto e di occultare il problema<br />
erano comuni nel campione di mogli di pazienti al primo ricovero psichiatrico.<br />
Una donna esprimeva le sue paure e preoccupazioni per l’impatto<br />
dello stigma sul marito malato e sul figlio:<br />
“Vivo nel terrore – nel terrore assoluto – che qualcuno possa fare un battuta<br />
cattiva su mio marito con Jim (il figlio), e suppongo che quando George (il<br />
marito) ne uscirà e tutto andrà per il meglio, qualcuno glielo sbatterà in faccia.<br />
Questo rovinerebbe tutto. Vivo nel terrore che possa accadere, nel più<br />
<strong>completo</strong> terrore” (pag. 34).<br />
Un’altra donna descrive i suoi sforzi di tenere nascosta l’ospedalizzazione<br />
del marito:<br />
“Ci sono due amiche che lo sanno. Anche una coppia… lo sa. È andato da<br />
uno psichiatra e loro lo sanno ma penso che capiranno. C’è anche un’altra<br />
amica… ed anche lei sa. Ma io ho tagliato con tutti gli altri nostri amici. Non<br />
ho detto loro che stavo traslocando ed ho staccato il telefono senza dirlo a<br />
nessuno, così nessuno sa come rintracciarmi” (pag. 36).<br />
Qualche anno dopo, Freeman e Simmons 38 , effettuarono un’indagine con<br />
domande strutturate incentrate sul tema dell’occultamento intervistando un<br />
ampio campione di familiari che vivevano con persone da poco dimesse da<br />
reparti psichiatrici. Al contrario di Yarrow et al. 25 , sorprendentemente Freeman<br />
e Simmons 38 trovarono che il problema dello stigma non veniva riferito<br />
di frequente. Ma, quando Thompson e Doll 39 ripeterono 20 anni dopo l’indagine<br />
di Freeman e Simmons 38 , con un campione selezionato con gli stessi<br />
criteri, trovarono che quasi la metà del campione rispondeva in maniera<br />
affermativa ad almeno uno degli item relativi all’occultamento della malattia,<br />
più del doppio rispetto a quanto riportato nel lavoro di Freeman e<br />
Simmons 38 .<br />
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DISTURBO MENTALE E DEI FAMILIARI<br />
STIGMA PERCEPITO DAI MEMBRI DELLA<br />
NATIONAL ALLIANCE FOR THE MENTALLY ILL<br />
Tali dati sono stati confermati da studi in cui si evidenziava come la stessa<br />
appartenenza ad associazioni, quali l’associazione americana National Alliance<br />
for the Mentally Ill (NAMI), non mettesse al riparo dalla percezione dello stigma<br />
né i pazienti né i loro familiari 40 . Quasi 500 membri di quest’associazione,<br />
distribuiti in 20 differenti stati americani, riportavano, come più frequenti effetti<br />
dello stigma sui pazienti, il crollo dell’autostima, la difficoltà nel fare e mantenere<br />
le amicizie, la difficoltà a trovare un lavoro e la riluttanza ad ammettere la<br />
malattia mentale. Invece i più frequenti effetti dello stigma sui familiari erano la<br />
riduzione dell’autostima e la difficoltà a mantenere buone relazioni familiari.<br />
I familiari della NAMI riportavano di trovare di grande utilità nella riduzione<br />
della percezione dello stigma le informazioni sulla malattia mentale, il frequentare<br />
altri familiari di persone con disturbi mentali, il supporto erogato all’interno<br />
della singola famiglia, e la conoscenza dei risultati delle ricerche scientifiche<br />
che stabilivano una base biologica dei disturbi mentali. Riguardo al ruolo degli<br />
operatori della salute mentale, i familiari riportavano pareri discordanti, perché,<br />
pur convenendo che in generale non contribuivano a rafforzare i processi di stigmatizzazione,<br />
gli operatori di fatto erano visti come l’ultima risorsa nella riduzione<br />
della stigmatizzazione nei loro confronti 40 .<br />
I familiari membri della NAMI identificavano, quali cause preminenti di stigmatizzazione,<br />
l’ampio risalto dato a notizie tragiche in cui erano implicate<br />
persone affette da disturbi mentali, la frequente utilizzazione di termini quali<br />
“pazzo” e del prefisso “psico”, le barzellette sui malati di mente e, di grande<br />
importanza, telefilm popolari da “prima serata” in cui gli assassini erano<br />
impersonati da soggetti con disturbi mentali. Quest’ultimo dato, sull’impatto<br />
della televisione, era stato peraltro confermato da uno studio sperimentale 41 ,<br />
in cui a 2 gruppi di studenti veniva fatto vedere un film il cui protagonista era<br />
un malato mentale nel ruolo di assassino. In un gruppo, il film era preceduto<br />
da una presentazione in cui era ribadito che “la violenza non è caratteristica<br />
delle persone con disturbi mentali”. Alla fine del film, la somministrazione di<br />
uno specifico questionario sugli “atteggiamenti della comunità nei confronti<br />
delle malattie mentali” aveva evidenziato che entrambi i gruppi di studenti<br />
presentavano atteggiamenti poco favorevoli nei confronti delle malattie mentali,<br />
indipendentemente o meno dal fatto che il film fosse stato preceduto<br />
dalla presentazione de-stigmatizzante. Inoltre, gli studenti inclusi in un terzo<br />
gruppo, “di controllo”, che avevano visto un altro film, in cui non erano coinvolti<br />
personaggi affetti da disturbi mentali, mostravano atteggiamenti molto<br />
più favorevoli nei confronti della malattia mentale rispetto ai primi due<br />
gruppi 41 , indicando quanto i mass media siano potenti nel raffigurare negativamente<br />
i disturbi psichici e, di conseguenza, rafforzare lo stigma.<br />
Più recenti studi condotti con i membri della stessa associazione di familiari<br />
NAMI 42 ribadiscono la loro esperienza negativa di “clienti” dei servizi di salute<br />
mentale. In un’indagine nazionale cui hanno aderito 1300 loro membri, all’origine<br />
dello stigma vengono identificate le comunità, le chiese, i colleghi di lavoro,<br />
gli operatori della salute mentale; i temi di maggior sofferenza rimangono
l’occultamento della malattia mentale e la preoccupazione che la scoperta della<br />
malattia possa discriminarli. Riferivano di essere stati testimoni di commenti e<br />
raffigurazioni stigmatizzanti la malattia mentale, di essere stati trattati come<br />
meno competenti dagli altri una volta che fosse scoperta la loro malattia, di<br />
essere stati “scansati” ed evitati, e di essere stati incoraggiati a ridurre le loro<br />
aspettative. Sollecitavano urgenti campagne di educazione rivolte alla comunità,<br />
quale strategia di riduzione dello stigma sociale, suggerendo alle persone di<br />
iscriversi alle associazioni e prendere posizione aperta e pubblica in casi di episodi<br />
di stigma e discriminazione, quali efficaci strategie di coping 42 . In un successivo<br />
studio, in merito all’erogazione d’informazioni ai pazienti e al coinvolgimento<br />
dei familiari delle persone con malattie mentali gravi nei trattamenti, i<br />
membri del NAMI riportavano che tale strategia era applicata solo in parte, e<br />
non era comunque entrata nella routine della pratica clinica 43 .<br />
Anche considerando altre tipologie diagnostiche, l’associazionismo, peraltro,<br />
non pone al riparo dal senso di stigma; i mariti appartenenti ai gruppi di autoaiuto<br />
ALANON, costituiti da familiari di persone con dipendenza alcolica, riferivano<br />
una particolare apprensione sul fatto che le persone sapessero che le loro<br />
mogli avevano problemi alcool-correlati 44 .<br />
Pur con la limitazione nella generalizzazione di dati che provengono da campioni<br />
così selezionati di soggetti ad alto funzionamento sociale e con un marcato<br />
senso di advocacy, come quelli appartenenti ad associazioni, il problema<br />
appare comunque molto fondato e sentito dalla maggioranza dei familiari, pur<br />
non direttamente impegnati nella lotta per far valere i diritti di cittadinanza delle<br />
persone affette da disturbi mentali.<br />
STIGMA E CARICO ASSISTENZIALE NEGLI OPERATORI<br />
PSICHIATRICI CHE ASSISTONO UN FAMILIARE CON<br />
DISTURBI MENTALI<br />
Lefley 45 ha studiato con attenzione il carico assistenziale familiare e le strategie<br />
di coping in un campione nazionale americano di 84 operatori psichiatrici<br />
che avevano un membro della loro famiglia colpito da un disturbo mentale<br />
grave di lunga durata. Le reazioni personali dei partecipanti allo studio,<br />
reclutati tramite annunci su riviste sanitarie professionali, implicavano il<br />
cambiamento cognitivo e di atteggiamento nei confronti della concezione dei<br />
disturbi psicotici ed i rapporti circospetti e molto sospettosi con i colleghi<br />
rispetto alla divulgazione della diagnosi ed al coinvolgimento nel caso. Nel<br />
campione furono rilevati un alto carico assistenziale oggettivo (problemi economici)<br />
e soggettivo (di tipo emotivo), numerosi eventi di vita stressanti,<br />
comportamenti oppositivi del paziente, e storie molto travagliate di trattamenti<br />
poco soddisfacenti. Alla valutazione delle strategie di coping, gli operatori<br />
psichiatrici mostravano un alto grado di accordo con i familiari di<br />
pazienti psichiatrici che non lavoravano nel campo della salute mentale nell’assegnare<br />
priorità all’informazione ed alla psicoeducazione sui sintomi, sui<br />
farmaci e sulle tecniche di gestione dei pazienti. Analogamente, il coinvolgimento<br />
in gruppi di auto-aiuto e la separazione fisica dai pazienti venivano<br />
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riportate come due misure di maggior aiuto e supporto rispetto sia ad interventi<br />
individuali sia ad interventi familiari per fronteggiare la malattia mentale<br />
del loro congiunto 45 . Tali conclusioni potrebbero apparire sconcertanti, ma il<br />
dato può apparire meno singolare in considerazione, presumibilmente, del fatto<br />
che nello studio gli operatori, familiari di persone con disturbi mentali, riportavano<br />
di aver sentito da altri operatori psichiatrici parlare con disprezzo delle<br />
famiglie dei pazienti, al punto che buona parte di loro nascondeva la malattia<br />
agli stessi colleghi e, di conseguenza, non mostrava fiducia nei trattamenti formali,<br />
anche a causa dello stigma avvalorato dai colleghi.<br />
Altri studi hanno confermato che gli operatori dei servizi di salute mentale,<br />
gli studenti delle classi superiori e gli studenti universitari percepiscono i<br />
familiari delle persone affette da malattie mentali in termini negativi 27,46 . In<br />
una scuola media superiore, attraverso una lista di aggettivi bipolari, il gruppo<br />
dei pari e gli stessi operatori dei servizi psichiatrici descrivevano in<br />
maniera più negativa le caratteristiche di “adolescenti figli di un genitore con<br />
problemi alcool-correlati” rispetto ai “tipici adolescenti”, con molte caratteristiche<br />
che accomunavano gli “adolescenti figli di un genitore con problemi<br />
alcool-correlati” con gli “adolescenti con disturbi mentali”, evidenziando un<br />
robusto stereotipo negativo di tipo “associativo” 46 .<br />
LO STIGMA “LEGATO ALLA MALATTIA”<br />
E LO STIGMA “LEGATO ALLA FAMIGLIA”<br />
Numerosi fattori possono influenzare i livelli di stigma percepito, la paura e l’aspettativa<br />
dello stigma 47 . Accanto a “fattori legati alla malattia” (quali il comportamento<br />
sintomatico, l’attribuzione di una diagnosi psichiatrica, il ricovero<br />
psichiatrico e il tipo di struttura di ricovero, ad esempio, pubblica o privata),<br />
Phelan et al. 47 ipotizzavano che una serie di “fattori legati alla famiglia” andassero<br />
ugualmente ad incidere sul processo di stigmatizzazione, influenzandone<br />
non solo il grado, ma anche la “diffusione” agli altri membri della famiglia.<br />
Lo studio di Phelan et al. 47 era fondato su una serie ipotesi. La maggiore stigmatizzazione<br />
per i familiari poteva essere incrementata dalla:<br />
1. giovane età del paziente e sesso maschile, in relazione alla percepita<br />
pericolosità, componente centrale nella percezione dello stigma 48 ;<br />
2. coabitazione con il paziente, per via della maggiore vicinanza e della<br />
probabilità di contatto con il paziente;<br />
3. relazione con il paziente: le mogli sembravano essere esposte ad un maggiore<br />
stigma, in relazione al fatto che le loro reti sociali erano in gran<br />
parte sovrapponibili a quelle dei coniugi; inoltre, sembravano manifestare<br />
una maggiore preoccupazione di stigmatizzazione rispetto ai genitori<br />
dei pazienti 38 ;<br />
4. alto stato socio-economico che alcuni ricercatori 49,50 riferivano invece<br />
correlato ad una maggiore tolleranza verso le persone con disturbi mentali<br />
con un conseguente minore stigma percepito.<br />
La ricerca di Phelan et al. 47 , condotta negli Stati Uniti con 156 familiari di persone<br />
con diagnosi di psicosi alla prima ospedalizzazione psichiatrica, voleva
testare le ipotesi della multifattorialità dello stigma, in relazione ai “fattori<br />
legati alla malattia” e ai “fattori legati alla famiglia”. Lo studio, che non<br />
includeva campioni di familiari altamente selezionati come quelli illustrati in<br />
precedenza, si poneva l’obiettivo specifico di verificare su un ampio campione<br />
lo stigma percepito dai familiari misurato da due variabili, quali l’“occultamento<br />
della malattia” e l’“evitamento da parte degli altri”, derivabili da una<br />
semplice intervista incentrata su alcune domande derivate dalla Social Adjustment<br />
Scale 51 (tabella I).<br />
I risultati dello studio evidenziarono che circa la metà dei familiari e delle mogli<br />
di persone affette da schizofrenia tendevano a nascondere la malattia del congiunto.<br />
Lo stigma sembrava correlato sia agli aspetti della malattia mentale, sia ai fattori<br />
legati alla famiglia: riguardo ai primi, la diagnosi ed il tipo di ospedale non<br />
sembravano correlati all’occultamento della malattia e all’evitamento percepito.<br />
A proposito dei fattori legati alla famiglia, l’occultamento della malattia era<br />
maggiore fra i familiari di pazienti di sesso femminile, dei pazienti con sintomi<br />
Tabella I. Domande relative allo stigma percepito dai familiari nello studio di Phelan<br />
et al. 47 (derivate dalla Social Adjustment Scale 51 ) e livelli di gravità per la valutazione<br />
dell’“occultamento della malattia” e “evitamento da parte della gente”.<br />
Le persone fuori dal suo nucleo familiare sanno che R. … (nome del paziente) è<br />
stato ricoverato in ospedale?<br />
Come lo hanno scoperto?<br />
(A quante persone lo ha detto?)<br />
Come hanno reagito, come l’hanno presa?<br />
Negli ultimi 6 mesi, ha avuto l’impressione che la gente l’abbia evitata o trattata in<br />
maniera diversa a causa delle condizioni di R. … (nome del paziente)?<br />
(Qualcuno ha smesso di rivolgerle la parola o di farle visita? Questo rappresenta un<br />
problema per lei?)<br />
Occultamento della malattia<br />
1. nessun occultamento della malattia<br />
2. comunicazione ad un certo numero di persone<br />
3. comunicazione solo agli amici stretti ed ai vicini<br />
4. comunicazione solo ai parenti stretti<br />
5. non riferito ad alcuno<br />
Evitamento da parte della gente<br />
6. nessun evitamento<br />
7. occasionale evitamento da parte di qualche persona<br />
8. quasi regolare evitamento da parte di un certo numero di persone<br />
9. notevole evitamento da parte di molte persone<br />
10.notevole evitamento ed esclusione<br />
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DISTURBO MENTALE E DEI FAMILIARI<br />
meno gravi all’ingresso e familiari che non vivevano assieme al paziente. Gli<br />
autori ipotizzavano che alla base di tali risultati potessero rinvenirsi fattori<br />
quali una maggior plausibilità dell’assenza dalla vita pubblica delle donne<br />
rispetto agli uomini, pertanto con una maggiore facilità di nasconderne il ricovero;<br />
per quanto riguarda l’occultamento dei casi meno gravi e di familiari che<br />
non vivono in casa con il paziente è chiaro, secondo gli autori, che in pratica è<br />
meno semplice nascondere una grave crisi, per di più se si vive nella stessa abitazione.<br />
Il riferito evitamento da parte della gente era associato con un’alta scolarità dei<br />
familiari e con il manifestarsi di episodi di malattia nei 6 mesi successivi al ricovero.<br />
In merito all’ultimo dato, gli autori ipotizzavano che l’ospedalizzazione<br />
avesse allontanato precocemente amici e parenti che non volevano avere contatti<br />
con la famiglia, stabilizzando una rete sociale più ristretta e relativamente stabile.<br />
A proposito dell’alta scolarizzazione, Phelan et al. 47 ipotizzavano che l’alta<br />
scolarizzazione, come l’elevato status socio-economico 52 , portasse i soggetti ad<br />
una maggiore sensibilità alla percezione del rifiuto sociale o tradisse un’accettazione<br />
meramente culturale della malattia mentale.<br />
LA PERCEZIONE DI SVALUTAZIONE DEI FAMILIARI DEI<br />
“CONSUMATORI”<br />
Struening et al. 53 partono dalla considerazione che la svalutazione delle persone<br />
con malattie mentali gravi derivi principalmente dall’erronea attribuzione<br />
di un più marcato potenziale di violenza, superiore a quello che, di fatto, è<br />
riportato negli studi scientifici 54 . Del resto, per i familiari di persone con<br />
malattie mentali gravi fornire assistenza rappresenta un carico molto gravoso,<br />
stressante, così da compromettere la qualità di vita e la salute. È comprensibile<br />
che il percepire di essere rifiutati dalla stessa comunità in cui si<br />
vive renda ancora più difficile tale compito.<br />
L’obiettivo dello studio era quello di valutare nei caregiver (in chi fornisce assistenza)<br />
la percezione della svalutazione da parte della comunità sia nei<br />
riguardi dei “consumatori” dei servizi di salute mentale, sia nei loro stessi<br />
riguardi, per determinare le varie componenti del costrutto “svalutazione”.<br />
Le ipotesi erano che i caregiver avrebbero attribuito dei valori più elevati di<br />
svalutazione stigmatizzante alla comunità rispetto alla popolazione generale,<br />
con una maggiore svalutazione percepita dai caregiver dei pazienti schizofrenici<br />
e con una forte sovrapposizione fra svalutazione dei consumatori e quella<br />
dei caregiver. Nello studio sono stati coinvolti i familiari di 180 pazienti<br />
affetti da schizofrenia, depressione maggiore, o disturbo bipolare e familiari<br />
di 281 pazienti con disturbo bipolare o schizoaffettivo, per un totale di 461<br />
familiari caregiver. È stato impiegato uno strumento specifico, la “scala di<br />
svalutazione dei consumatori”, a 15 item (tabella II): i primi 8 item erano<br />
destinati alla misurazione della svalutazione nei confronti dei pazienti con<br />
una malattia psichiatrica grave, i restanti 7 erano destinati alla misurazione di<br />
quanto i caregiver percepissero di essere svalutati per la presenza nelle loro<br />
famiglie di persone affette da disturbi mentali.
Tabella II. I 15 item della “scala di svalutazione di consumatori” 53 .<br />
1. La maggioranza delle persone accetterebbe una persona che ha avuto una<br />
malattia mentale grave come amico stretto*.<br />
2. La maggioranza delle persone pensa che una persona con una malattia mentale<br />
grave è pericolosa e imprevedibile.<br />
3. La maggioranza delle persone pensa che avere una malattia mentale sia peggio<br />
che essere dipendente da droghe.<br />
4. La maggioranza delle persone guarda storto le persone che sono state ricoverate<br />
in un reparto di psichiatria.<br />
5. La maggioranza delle persone assumerebbe una persona che ha avuto una<br />
malattia mentale se ha la qualifica per quel lavoro*.<br />
6. La maggioranza delle persone svaluta una persona che è stata ricoverata in<br />
un reparto di psichiatria.<br />
7. La maggioranza delle persone crede che sottoporsi ad un trattamento psichiatrico<br />
sia segno di fallimento personale.<br />
8. La maggioranza delle ragazze non sposerebbe un uomo che è stato curato<br />
per gravi problemi psichiatrici.<br />
9. La maggioranza delle persone nella mia comunità non sarebbe amica di una<br />
famiglia in cui vive una persona con disturbi mentali.<br />
10. La maggioranza delle persone crede che i genitori di un bambino con una<br />
malattia mentale sono affidabili ed accudenti come tutti gli altri genitori*.<br />
11. La maggioranza delle persone guarda storto le famiglie in cui vive una persona<br />
con disturbi mentali.<br />
12. La maggioranza delle persone pensa che i loro amici non andrebbero a trovarli<br />
spesso se sapessero che in casa loro una persona della famiglia è stata<br />
ricoverata per una malattia mentale grave.<br />
13. La maggioranza delle persone tratta le famiglie in cui vive una persona con<br />
disturbi mentali alla stessa maniera di come tratta le altre famiglie*.<br />
14. La maggioranza delle persone non biasima i genitori per la malattia mentale<br />
dei figli*.<br />
15. La maggioranza delle persone non andrebbe a fare visita ad una famiglia in<br />
cui vive una persona con disturbi mentali.<br />
Scala: 4 = completamente d’accordo; 3 = d’accordo; 2 = non d’accordo; 1 = completamente in disaccordo.<br />
*Nella Scala attuale tali item sono riportati in termini negativi, come ad es. “La maggioranza delle<br />
persone non…<br />
Circa il 70% dei caregiver ha indicato una convinzione svalutativa nei confronti<br />
dei pazienti da parte della comunità, mentre il 43% ha espresso convinzioni<br />
di scarsa considerazione nei loro riguardi. Lo studio conferma l’ipotesi<br />
che i caregiver attribuiscono valori più elevati di svalutazione stigmatizzante<br />
alla comunità rispetto alla popolazione generale, con una forte associazione<br />
fra svalutazione dei consumatori e svalutazione dei caregiver, ma smentisce<br />
l’ipotesi che la diagnosi psichiatrica differenzi la percezione dei caregiver di<br />
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consumatori affetti da schizofrenia rispetto ai pazienti affetti da altre diagnosi.<br />
Gli autori, tuttora impegnati nel perfezionare lo strumento di misura del<br />
costrutto della “svalutazione”, commentano che la svalutazione è un importante<br />
indicatore indiretto di buona qualità assistenziale in quanto, se combinato<br />
alla privatizzazione dell’assistenza sanitaria, produce bassi standard di trattamento<br />
per le persone con malattie mentali gravi 53 .<br />
LO “STIGMA PER ASSOCIAZIONE”<br />
Lo studio del gruppo svedese di Östman e Kjellin 55 ha utilizzato la specifica<br />
definizione di “stigma per associazione” per caratterizzare la propria ricerca<br />
sui familiari delle persone affette da disturbi mentali, il cui obiettivo era<br />
quello di valutare i fattori psicologici legati allo stigma percepito dai familiari.<br />
Nell’ambito di uno studio multicentrico svedese sono stati intervistati 162<br />
familiari di pazienti psichiatrici ricoverati volontariamente o obbligatoriamente<br />
in reparti di degenza breve. Lo strumento usato per lo studio era un<br />
questionario semi-strutturato di 95 domande, che misurava i sentimenti dei<br />
familiari. Lo strumento includeva 8 dimensioni di carico assistenziale, partecipazione<br />
ai trattamenti e atteggiamenti della famiglia verso l’assistenza psichiatrica<br />
fornita nell’ospedale generale. I 9 item, che valutavano i fattori psicologici<br />
legati allo stigma associativo (tabella III), prevedevano che le risposte<br />
dei partecipanti allo studio venissero classificate con un sì/no.<br />
Tabella III. <strong>It</strong>em che descrivono i fattori psicologici correlati allo stigma nello studio<br />
svedese 55 .<br />
1. Il personale del servizio psichiatrico l’ha aiutata nel sostenere il peso di essere<br />
un familiare di una persona con disturbi mentali gravi?<br />
2. Nei colloqui è stata messa in condizione di sentirsi psicologicamente inferiore<br />
nei confronti del personale del servizio psichiatrico?<br />
3. La malattia del suo familiare le ha impedito di coltivare le proprie compagnie?<br />
4. Si è sentito aiutato da qualcuno nel sopportare il peso di avere un familiare<br />
affetto da malattia mentale?<br />
5. La malattia mentale di R. … (nome del paziente) ha compromesso la relazione<br />
tra lei ed R?<br />
6. Ci sono momenti in cui lei si è augurato che la persona con disturbi mentali<br />
non fosse mai nata, o che lei non l’avesse mai conosciuta?<br />
7. La malattia mentale della persona che assiste l’ha portata ad avere problemi<br />
di salute mentale?<br />
8. Il peso di doversi occuparsi di una persona con disturbi mentali l’ha mai portata<br />
a pensare al suicidio?<br />
9. Ci sono momenti in cui pensa che sarebbe meglio per la persona malata<br />
essere morta?
Gli autori riportano la difficoltà di delimitare le tematiche legate allo stigma della<br />
famiglia rispetto a quelle del carico assistenziale soggettivo. L’83% dei familiari<br />
rispondeva positivamente ad una o più domande relative al peso psicologico<br />
dello stigma associativo. Un’alta proporzione di familiari (34%) riferiva che la<br />
malattia mentale del paziente aveva compromesso la loro possibilità di farsi amicizie<br />
ed aveva influenzato le relazioni con gli altri, portandoli a sviluppare dei<br />
problemi psichiatrici (40% del campione). Il 18% dei familiari riferiva di aver<br />
vissuto momenti in cui aveva pensato che sarebbe stato meglio che il paziente<br />
fosse morto ed il 10% del campione aveva elaborato un’ideazione suicidaria in<br />
relazione alla situazione di malattia del familiare vissuta come troppo stressante.<br />
Riguardo al tipo di relazione con il paziente, più spesso i coniugi (in prevalenza<br />
maschi) riferivano di non aver potuto coltivare le proprie compagnie, riportando<br />
episodi frequenti in cui si erano augurati che il/la paziente non fosse mai nato/a<br />
o che non lo/a avessero mai incontrato. Al contrario, con una frequenza inferiore<br />
rispetto ai genitori, ai figli ed ai fratelli partecipanti allo studio, i coniugi<br />
esprimevano l’opinione che sarebbe stato meglio per il paziente essere morto.<br />
Il 65% dei familiari riferiva di essere stato aiutato nel sostenere il carico assistenziale<br />
da altri membri della famiglia e da amici stretti, più raramente dagli<br />
operatori dei servizi psichiatrici, rispetto ai quali durante gli incontri percepivano<br />
un senso di inferiorità, stigmatizzazione e segnali di scarsa volontà di cooperazione<br />
nei loro confronti 55 .<br />
Il riscontro di un alto livello di sofferenza psicologica fra i familiari di persone<br />
affette da disturbi mentali gravi, secondo gli autori, conferma quanto riportato<br />
in precedenti studi 56,57 sulle reazioni psicologiche dei familiari di persone ricoverate<br />
in reparti di psichiatria: il 75% dei familiari, in relazione ai sintomi dei<br />
pazienti, aveva un’alta probabilità di presentare un disturbo psichiatrico, con<br />
una netta riduzione del funzionamento sociale, in particolare nell’area delle attività<br />
ricreative e del tempo libero 56 , con un perdurare per il 40% dei familiari di<br />
tale situazione al follow-up ad un anno 57 . Un precedente studio di Östman e<br />
Hansson 58 aveva evidenziato una relazione fra la salute mentale del familiare ed<br />
il carico assistenziale familiare, la partecipazione all’assistenza ed il supporto<br />
dei bisogni del familiare stesso. I familiari che non avevano problemi di salute<br />
mentale vivevano in maniera più autonoma, erano più soddisfatti del trattamento<br />
del paziente e fornivano una valutazione più positiva della qualità dei servizi<br />
psichiatrici. Östman e Kjellin 55 concludono che, con ogni probabilità, i familiari<br />
con disturbi mentali vivono, dunque, con maggiore impatto e sofferenza il problema<br />
della stigmatizzazione, riportando come essenziali trattamenti psichiatrici<br />
che tengano conto anche del loro benessere.<br />
L’UTILIZZO DI FOCUS GROUP PER VALUTARE<br />
LO STIGMA “DI CORTESIA”<br />
Schulze e Angermeyer 59 hanno impiegato un’interessante tecnica per valutare<br />
concrete esperienze di stigmatizzazione vissute dai pazienti e testimoniate da<br />
familiari ed operatori della salute mentale, definite col termine grazioso di “stigma<br />
di cortesia” 26 . Il campione di più di 80 persone, rappresentato da 3 gruppi<br />
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(pazienti, loro familiari e membri di associazioni ed operatori psichiatrici), ha<br />
partecipato a sedute condotte con la tecnica del focus group.<br />
I focus group sono gruppi di discussione con 8-12 partecipanti; il moderatore<br />
indirizza una serie di tematiche (foci) ed assicura che la discussione prosegua<br />
senza ostacoli, con una minima interferenza in modo che la comunicazione sia<br />
quanto più possibile vicino a quella delle naturali interazioni sociali.<br />
Le sedute, condotte sulla base delle tematiche riportate nella tabella IV,<br />
video-registrate e trascritte, sono state valutate sulla base dell’identificazione<br />
di categorie principali di tematiche di interesse per i familiari. L’analisi di<br />
queste sedute ha messo in evidenza 4 dimensioni dello stigma sociale che<br />
includono:<br />
1. interazioni interpersonali, con riferimento allo stigma e alla discriminazione<br />
vissuta nel contesto delle relazioni sociali;<br />
2. immagine popolare, pubblica della malattia mentale, con riferimento agli<br />
stereotipi sulla malattia mentale sostenuti a livello popolare e disseminati<br />
dai mass media;<br />
3. discriminazione strutturale, intesa principalmente quale scarsa qualità dei<br />
servizi di salute mentale, con assenza di assistenza territoriale, carenza di<br />
supporto nelle situazioni di crisi e, di conseguenza, iniqua distribuzione<br />
di risorse nel sistema sanitario;<br />
4. accesso ai ruoli sociali, inteso quale difficoltà ad avere un lavoro e ruoli<br />
professionali.<br />
Per tutti e 3 i gruppi, la dimensione più rilevante dello stigma e della discri-<br />
Tabella IV. Linee-guida dei focus group per valutare le esperienze di stigmatizzazione<br />
di persone affette da schizofrenia 55 .<br />
ESPERIENZE STIGMATIZZANTI<br />
Domande aperte:<br />
Che cosa è cambiato per lei da quando ha cominciato a presentare i primi sintomi<br />
della sua malattia, la schizofrenia? Mi riporti fatti ed episodi concreti che lei ha<br />
vissuto.<br />
(se necessario, indagare su: lavoro, famiglia, amici, scuola e vita di tutti i giorni)<br />
Ulteriori domande (in alternativa):<br />
Ci sono state situazioni in cui si è sentito escluso o non compreso?<br />
(se necessario, indagare su: quando? dove? mi può descrivere la situazione?<br />
e in altre situazioni, oltre a quelle che mi ha già descritto?)<br />
Ha detto a qualcuno che lei soffre di schizofrenia?<br />
(se necessario, indagare su: a chi? quando? perché? perché no?)<br />
Come hanno reagito le persone quando lei ha detto di aver scoperto di essere<br />
stato colpito dalla schizofrenia?<br />
(se necessario, indagare su: isolamento, interesse, pettegolezzi, supporto)
minazione era incentrata sulle relazioni sociali, che per i pazienti rappresentava<br />
quasi il 50% della propria esperienza di stigmatizzazione. Nei 3 gruppi emergevano,<br />
comunque, alcune differenze in ognuna delle dimensioni, con una<br />
maggiore percezione stigmatizzante per i membri delle associazioni e per gli<br />
operatori psichiatrici della rappresentazione pubblica della malattia mentale.<br />
Se l’esperienza della stigmatizzazione dei pazienti era, infatti, dominata dalla<br />
sofferenza per la perdita dei contatti sociali e dalle modificazioni che la<br />
malattia comportava nella loro percezione sociale, i familiari percepivano<br />
che i pazienti erano particolarmente discriminati in merito ai trattamenti che<br />
ricevevano soprattutto in relazione alla migliore qualità assistenziale riservata<br />
alla persone con malattie fisiche 59 .<br />
Specificamente indirizzato al cosiddetto stigma familiare “di cortesia”, lo<br />
studio di Angermeyer et al. 60 , che ha analizzato lo stigma dalla prospettiva di<br />
122 familiari di persone affette da schizofrenia, con la stessa tecnica del<br />
focus group, ha confermato tali dati da parte dei familiari. Contrariamente<br />
alle precedenti ricerche, la discriminazione e le difficoltà incontrate dai familiari<br />
di persone affette da schizofrenia andavano ben al di là delle sole<br />
dimensioni delle interazioni interpersonali e dell’accessibilità ai ruoli sociali.<br />
Lo studio metteva, infatti, in evidenza che i familiari riscontravano stigmatizzazione<br />
anche nella altre due dimensioni: discriminazione strutturale e rappresentazione<br />
pubblica della malattia mentale. Le stesse istituzioni “psichiatriche”<br />
venivano identificate come principali fonti di stigma. Nelle sedute,<br />
inoltre, i familiari suggerivano numerosi interventi anti-stigma, che i ricercatori<br />
hanno raggruppato in 5 categorie principali: strategie di comunicazione,<br />
supporto per le persone affette e per i loro familiari, cambiamenti nelle<br />
modalità di erogazione dell’assistenza psichiatrica, psicoeducazione e, infine,<br />
formazione, controllo e supervisione 60 .<br />
STIGMA ED EXPRESSED EMOTION IN CINA<br />
In Cina, le convinzioni sulle cause della schizofrenia rafforzano lo stigma già<br />
rilevante nei confronti del disturbo, considerato sinonimo di comportamenti<br />
destruenti e di percepita pericolosità 48 . La “visione morale” cinese 61 considera<br />
la malattia mentale come una punizione per un cattivo comportamento di<br />
un antenato o per l’attuale condotta deviante della famiglia. Nelle aree rurali,<br />
la frequente associazione della malattia mentale con forze spirituali malevoli<br />
induce molte famiglie a chiedere aiuto agli sciamani 62 .<br />
Nelle aree urbane, i fattori psicosociali, in particolare la rottura di rapporti<br />
con la famiglia, sono ritenuti la spiegazione popolare più frequente della<br />
schizofrenia 63 e le credenze sulla trasmissione genetica della malattia portano<br />
alla discriminazione dei membri della famiglia del paziente. Ognuna di<br />
queste convinzioni sulle cause della malattia implica che c’è qualcosa di<br />
patologico nella famiglia, sia che questa patologia si riscontri nel comportamento<br />
degli antenati o nel comportamento attuale, nel “fato”, nella modalità<br />
con cui si stabiliscono e mantengono relazioni familiari, sia che questa patologia<br />
risieda nel corredo genetico 61 .<br />
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Uno studio, piuttosto originale, effettuato in Cina 61 ha indagato in maniera specifica<br />
lo stigma e l’expressed emotion (emozione espressa, EE) 64-66 , in un<br />
ampio campione che includeva pazienti affetti da schizofrenia ed i loro familiari.<br />
L’EE costituisce un indice di valutazione del clima emotivo familiare, attraverso<br />
un’intervista semi-strutturata, la Camberwell Family Interview (CFI),<br />
somministrata al familiare-chiave, ovvero al familiare che trascorre più tempo<br />
con il paziente, il caregiver principale. Tale misura, in grado di valutare le<br />
caratteristiche dell’ambiente familiare con l’identificazione di fattori di rischio<br />
per la ricaduta del paziente (gli atteggiamenti di critica, di rifiuto e di ipercoinvolgimento<br />
emotivo) e di fattori di protezione (gli apprezzamenti positivi e gli<br />
atteggiamenti di calore e di supporto emotivo nei confronti del paziente), aveva<br />
messo in evidenza come i familiari potevano influenzare il decorso della<br />
malattia di un loro familiare affetto da schizofrenia 67 .<br />
Gli autori 61 hanno operazionalizzato l’effetto globale dello stigma e della discriminazione<br />
sulla vita dei pazienti e dei loro familiari, quale effetto combinato di<br />
4 esperienze legate allo stigma:<br />
1. la frequenza e l’intensità di commenti e comportamenti svalutanti da parte<br />
degli altri, vissuti dal paziente e dai suoi familiari;<br />
2. il grado di ingiustificate restrizioni esterne (a giudizio del rispondente) sulle<br />
attività del paziente e dei suoi familiari;<br />
3. il livello di auto-restrizione delle attività del paziente e dei suoi familiari<br />
dovute alla paura dello stigma ed alla discriminazione;<br />
4. l’intensità delle reazioni emotive dei pazienti e dei familiari alla paura della<br />
stigma e della discriminazione paventata o di fatto vissuta.<br />
Sono state condotte 1491 interviste con 952 familiari di 605 pazienti affetti da<br />
schizofrenia, provenienti da 5 città cinesi nell’arco di 2 anni. Ai familiari è stata<br />
somministrata la CFI nella sua versione cinese, CFI-CV 68 , integrata da 10<br />
domande aperte sullo stigma (tabella V), valutate da somministratori esperti su<br />
una scala a 4 punti (0 = nessun effetto; 3 = grave effetto stigmatizzante).<br />
Lo studio condotto da Phillips et al. 61 ha messo in evidenza che molti fattori<br />
erano correlati al grado di percezione degli effetti sullo stigma sia sul paziente<br />
sia sulla famiglia. Il 60% dei familiari riportava effetti che andavano da moderato<br />
a grave in merito alla stigmatizzazione del paziente; il 28% di loro riferiva<br />
che ne venivano colpiti anche gli altri membri della famiglia. L’effetto percepito<br />
dello stigma era maggiore nel caso che il paziente presentasse sintomi positivi,<br />
se il familiare aveva una più alta scolarità, se la famiglia viveva in un’area urbanizzata.<br />
Secondo Phillips et al. 61 i pazienti con una sintomatologia più vistosa<br />
con ogni probabilità generavano risposte più negative nei membri della comunità;<br />
in Cina tali risposte negative sono spesso indirizzate alla famiglia che è<br />
moralmente e legalmente responsabile di controllare il comportamento dei suoi<br />
membri. La correlazione positiva della maggior percezione della stigmatizzazione<br />
con l’alta scolarità, in analogia con quanto riscontrato da altri studi 47,52 ,<br />
era riferita dagli autori alle maggiori aspettative di familiari che “avevano più da<br />
perdere”, a causa della malattia del loro congiunto. In merito al rapporto tra percezione<br />
di stigmatizzazione ed urbanizzazione, gli autori ipotizzavano che la<br />
maggiore percezione di stigmatizzazione fosse frutto di un più forte controllo<br />
esterno di comunità molto popolose o della mancanza di supporto sociale, lad-
Tabella V. Domande aperte sullo stigma e la discriminazione aggiunte alla versione<br />
cinese della Camberwell Family Interview nello studio di Phillips et al. 61 .<br />
1. Gli altri sanno della malattia mentale del suo familiare? (se sì) Come lo<br />
hanno scoperto?<br />
2. Lei pensa sia meglio tenerlo segreto? Perché?<br />
3. Se gli altri sapessero della malattia mentale, che cosa pensa che penserebbero?<br />
4. Lei pensa che la malattia mentale sia una disgrazia? Perché?<br />
5. Il paziente è stato rinchiuso, discriminato, malamente contenuto a causa<br />
della malattia?<br />
6. Il paziente è preoccupato di poter essere nuovamente discriminato?<br />
7. La discriminazione o la paura della discriminazione ha influenzato i sentimenti<br />
del paziente, il lavoro, lo studio, la possibilità di trovare marito/moglie,<br />
il rispetto per se stesso o le attività sociali?<br />
8. Gli altri membri della famiglia sono preoccupati per la discriminazione nei<br />
confronti del paziente? Questa preoccupazione ha influenzato il loro lavoro,<br />
le attività sociali o i loro sentimenti?<br />
9. Gli altri membri della famiglia sono preoccupati perché potrebbero essi stessi<br />
essere discriminati o perché sono stati discriminati dal momento che in<br />
casa c’è una persona con una malattia mentale?<br />
10. Questa preoccupazione su una possibile discriminazione o su una discriminazione<br />
degli altri membri sani della famiglia ha influenzato il loro lavoro, il funzionamento<br />
sociale, la possibilità di trovare marito/moglie o i loro sentimenti?<br />
dove i vicini sono spesso degli estranei. Gli effetti dello stigma erano più marcati<br />
per i pazienti maschi e per i pazienti con esordio in giovane età. In Cina nei<br />
contesti urbani le maggiori aspettative sociali sono indirizzate ai maschi, che<br />
per raggiungere lo status di “adulto” debbono sposarsi ed avere un buon lavoro<br />
statale; qualora non raggiungano questi requisiti vengono, di fatto, considerati<br />
“inferiori” 61 .<br />
Nello studio le madri e le mogli riportavano effetti maggiori della stigmatizzazione<br />
rispetto ai rispondenti maschi, con un maggiore impatto a livello emotivo<br />
e sociale. L’effetto dello stigma sui familiari sani era, inoltre, maggiore in relazione<br />
alla maggiore durata di malattia del paziente, essendo più difficile mantenere<br />
il “segreto” per lungo tempo.<br />
La peculiarità dello studio cinese 61 sta comunque nell’avere indagato i rapporti<br />
tra stigma ed EE. Secondo gli autori, lo stigma, quale atteggiamento negativo<br />
della società diretto all’individuo e alla sua famiglia, può contribuire ad influenzare<br />
ulteriormente in maniera negativa le relazioni del sistema familiare ed<br />
amplificare, di conseguenza, più alti livelli di EE nella famiglia 69 . Di contro, i<br />
livelli di EE dei membri della famiglia possono influenzare la loro percezione e<br />
la risposta allo stigma e alla discriminazione. Il risultato più rilevante dello studio<br />
cinese di Phillips et al. 61 è fornito dalla forte relazione tra alta EE ed effetto<br />
percepito della stigmatizzazione, sia per i pazienti sia per i familiari, rappresen-<br />
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tando il più potente predittore all’ampiezza di percezione dello stigma sulla vita<br />
dei pazienti e dei loro familiari, come se le due variabili (alta EE e alta percezione<br />
dello stigma) si potenziassero reciprocamente. Phillips et al. 61 propongono<br />
interventi psicoeducazionali familiari, indirizzati a ridurre l’EE, ed interventi<br />
cognitivi, basati sui processi che facilitino la riduzione dell’internalizzazione<br />
destruente di valutazioni stigmatizzanti con immagini negative del sé. Gli autori<br />
suggeriscono, inoltre, che le campagne antistigma, in genere incentrate sulla<br />
comunità, riconsiderino con maggiore attenzione anche la percezione dello stigma<br />
vissuto dalla persona malata e dalla sua famiglia.<br />
NON SOLO IN CINA… UBIQUITARIETÀ DEL PROBLEMA DELLO<br />
STIGMA FAMILIARE<br />
Gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’International Pilot Sudy<br />
of Schizofrenia 70,71 e il Collaborative Study on Determinants of Outcome of<br />
Severe Mental Disorders 72,73 hanno mostrato che alla ubiquitarietà della schizofrenia<br />
non corrispondono evoluzioni simili, ma che i contesti sociali determinano<br />
esiti sociali e clinici diversi.<br />
A dispetto però di un miglior esito dei disturbi mentali maggiori nei paesi non<br />
industrializzati, alla luce di studi piuttosto recenti, la vita dei familiari di persone<br />
affette da disturbi mentali non sembra trarre alcun vantaggio da contesti rurali<br />
tradizionali, non risultando esenti da stigmatizzazione 74-76 .<br />
Uno studio condotto in Etiopia 74 , tramite interviste su quasi 200 familiari di persone<br />
affette da schizofrenia e da disturbi dell’umore, ha mostrato che ben il 75%<br />
di loro si sentiva stigmatizzato o aveva vissuto una qualche forma di stigmatizzazione<br />
legata alla presenza di una malattia mentale di un loro membro, il 42%<br />
temeva di essere trattato in maniera diversa dagli altri ed il 37% voleva occultare<br />
la malattia mentale. I soggetti che appartenevano al gruppo d’età più anziana (con<br />
più di 45 anni) e chi viveva in un contesto urbano avvertivano la stigmatizzazione<br />
come un problema di maggiore rilevanza. Nel 27% dei casi la malattia era attribuita<br />
a forze soprannaturali e la preghiera era indicata dal 65% dei partecipanti<br />
allo studio come il metodo preferito per affrontare il problema 74 . Del resto, in tale<br />
popolazione anche il problema del carico assistenziale veniva percepito come<br />
rilevante fra i familiari di persone affette da schizofrenia, riportando quasi il 75%<br />
dei familiari problemi economici, con difficoltà più marcate per le donne caregiver<br />
a livello economico e lavorativo 77 . I familiari di pazienti di sesso femminile<br />
riportavano invece un impatto più negativo della malattia a livello sociale 77 .<br />
A Bangalore, in India, specifiche interviste destinate ad indagare lo stigma in<br />
60 familiari di persone affette da schizofrenia hanno messo in evidenza<br />
variabili esplicative, quali i modelli culturali di sofferenza, le cause percepite<br />
e la precedente ricerca di aiuto 75 . La precedente ricerca di aiuto allopatico,<br />
ovvero di metodi di cura che ricorrono a rimedi che provocano nell’organismo<br />
effetti opposti a quelli causati dalla malattia, era associata ad un basso<br />
livello di stigma. Ulteriori variabili esplicative erano, inoltre, rappresentate<br />
dalla sospettosità e da comportamenti sessuali inappropriati. Le variabili<br />
associate allo stigma percepito dalla famiglia facevano riferimento alle prati-
che matrimoniali, ai significati morali della schizofrenia e alla modalità con<br />
cui un’efficace assistenza allopatica riduceva lo stigma 75 . Un precedente<br />
lavoro aveva indagato quanto fosse stigmatizzante essere affetti da schizofrenia<br />
in India sottolineando come il matrimonio, la paura di essere respinti dal<br />
vicinato e di dover nascondere la malattia agli altri rappresentavano gli<br />
aspetti più stigmatizzanti, mentre i familiari lamentavano sentimenti di<br />
depressione e di dolore 78 . Il sesso femminile e la giovane età sia del paziente<br />
sia del caregiver erano correlati ad un maggiore stigma 78 . In India sarebbero,<br />
comunque, soprattutto le donne affette da schizofrenia ad essere stigmatizzate<br />
non solo dalla malattia, ma dall’atteggiamento sociale nei confronti della<br />
separazione dal marito e dal divorzio, che generalmente segue alla comunicazione<br />
della diagnosi di malattia 79 . L’intervista condotta con 75 familiari di<br />
donne che afferivano ad un servizio pubblico nella regione di Madras ha<br />
rivelato che la maggioranza dei familiari riportava grave sofferenza ed esprimeva<br />
notevoli preoccupazioni sul futuro e sulla sicurezza delle pazienti. Inoltre<br />
l’accudimento dei figli costituiva un problema aggiuntivo, essendo lasciato<br />
alle pazienti in assenza di ogni sostegno economico del marito 79 .<br />
Molto recente è l’attenzione al fenomeno dello stigma delle famiglie di persone<br />
affette da schizofrenia in Marocco 76 . Dei 100 membri familiari intervistati, il<br />
76% ha riferito di non sapere nulla delle malattie mentali. Ad ogni modo, il problema<br />
era considerato incurabile (39%), grave (37%), cronico (80%), fonte di<br />
handicap (48%) e si riteneva fosse causato dall’uso di droghe (25%), da eventi<br />
stressanti (quali conflitti e lutti, 46%), stregoneria (25%), disturbi mentali organici<br />
(30%) e da fattori ereditari (23%). L’11% dei familiari riteneva che l’unico<br />
modo per aiutare il paziente fosse quello di “rinchiuderlo”. Più dell’85% dei<br />
familiari riferiva di avere una vita difficile a causa della malattia del congiunto e<br />
ben il 72% riferiva difficoltà psicologiche causate da disturbi del sonno, difficoltà<br />
nelle relazioni sociali e bassa qualità di vita 76 . Per gli autori, la convinzione<br />
che le società tradizionali siano più supportive di quelle industrializzate<br />
rispetto a chi è debole e malato deve dunque essere rivista alla luce dei loro dati<br />
che riportano lo stigma come un carico sociale che si aggiunge a quello assistenziale<br />
della malattia mentale. Gli autori riscontrano gli stessi risultati dei<br />
paesi occidentali e dei paesi non-occidentali, includendo alcuni paesi arabi ed<br />
islamici 75,76,80-84 . Anche in questi ultimi paesi le famiglie affronterebbero da<br />
sole il problema, senza alcun sistema di protezione contro lo stigma 76 ; peraltro,<br />
lo stigma verso i pazienti con disturbi mentali nei paesi arabi e musulmani non<br />
starebbe in rapporto con la religione, quanto con gli aspetti culturali e sociali 85 .<br />
Lo studio marocchino sottolinea alcune specificità transculturali: in primo<br />
luogo, il campione incluso nello studio era rappresentato quasi esclusivamente<br />
da maschi. Le ipotesi relative alla maggiore frequenza di ospedalizzazioni<br />
psichiatriche per i pazienti maschi considerano il peso del tabù culturale<br />
delle persone ospedalizzate in psichiatria, che incorrono in un rischio<br />
maggiore di essere respinte, di non riuscire a sposarsi o di essere ripudiate e<br />
di subire il divorzio. Inoltre, le donne sarebbero meno aggressive e pericolose<br />
degli uomini e questo contribuirebbe ad incrementare la tolleranza della<br />
famiglia nei loro confronti, pur in presenza di gravi crisi.<br />
In secondo luogo, gli autori ribadivano che il carico assistenziale familiare<br />
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per le madri era, a loro parere, di gran lunga superiore rispetto ai paesi occidentali,<br />
per via della totale dedizione delle madri marocchine ai loro figli, in<br />
particolare se affetti da una malattia mentale della quale sono ritenute culturalmente<br />
responsabili 76 .<br />
Gli interventi proposti dai vari autori sono univocamente indirizzati ai familiari<br />
e basati sulla psicoeducazione al disturbo, con grande considerazione<br />
della scarsità delle risorse professionali e delle convinzioni popolari sulle<br />
malattie mentali 77 .<br />
Un intervento che migliori la comprensione dei disturbi mentali viene suggerito<br />
anche nel recente contributo di alcuni ricercatori sudafricani 86 che hanno<br />
indagato l’atteggiamento della comunità e la conoscenza delle malattie mentali.<br />
In questo studio, il campione di intervistati attribuisce i disturbi psichiatrici<br />
allo stress o alla scarsa forza di volontà della persona, con il risvolto di<br />
ritenere che tali problemi possono essere affrontati semplicemente parlandone,<br />
senza un aiuto medico professionale. La cattiva informazione e lo stigma<br />
fanno sì che le persone non cerchino un aiuto professionale appropriato, evidenziando<br />
come gli atteggiamenti e le credenze della comunità giochino un<br />
importante ruolo nel determinare i comportamenti di richiesta d’aiuto ed il<br />
trattamento efficace delle persone con disturbi mentali.<br />
Il dato, che sorprendentemente emerge dall’analisi di questi studi, è quello di un<br />
progressivo azzeramento dei vantaggi delle società rurali, tradizionali, con una<br />
prospettiva di “globalizzazione” anche delle problematiche legate alle malattie<br />
mentali, che hanno un impatto negativo, paragonabile a quello rilevato nelle<br />
società industrializzate, sia sul carico assistenziale sia sullo stigma sociale sulla<br />
persona e sui suoi familiari. L’ipotesi è quella che, anche nei paesi non industrializzati,<br />
le difficoltà economiche e sociali, specialmente nelle aree urbane e<br />
suburbane, avrebbero un effetto destruente sulla tolleranza e sulla solidarietà di<br />
quelle società considerate come “tradizionali” 76 .<br />
CONCLUSIONI<br />
Lo stigma “associativo” o stigma “di cortesia” vissuto dai familiari di persone<br />
affette da malattie mentali gravi rappresenta una realtà ubiquitaria, che sta progressivamente<br />
acquistando spazio nella letteratura scientifica. Un grande impulso<br />
allo studio di tale dimensione del disagio è stato indubbiamente fornito dall’enfasi<br />
che l’Associazione Mondiale di Psichiatria (World Psychiatryc Association,<br />
WPA) ha dato alla problematica dello stigma, avviando nel 1996 un articolato<br />
programma per combattere lo stigma e la discriminazione causati dalla<br />
schizofrenia, atteggiamenti che purtroppo sono diffusi, seppur in diversa misura<br />
in tutte le regioni della terra 87 .<br />
Al fine di contrastare e prevenire il fenomeno dello stigma, il programma<br />
della WPA si era posto alcuni obiettivi fra cui quelli di:<br />
1. aumentare la conoscenza sulla natura e sulle cause della schizofrenia e sulle<br />
diverse possibilità di trattamento;<br />
2. migliorare l’atteggiamento generale verso le persone affette da schizofrenia<br />
e i loro familiari;
3. promuovere azioni ed iniziative che prevenissero o eliminassero la discriminazione<br />
e il pregiudizio.<br />
Il manuale della WPA è stato tradotto in italiano con il titolo “Schizofrenia e<br />
cittadinanza. Manuale operativo per la riduzione dello stigma e della discriminazione”<br />
a cura di Casacchia et al. 88 . Peraltro, nel febbraio 1999 la Clinica Psichiatrica<br />
dell’Università di L’Aquila, in collaborazione con la Società <strong>It</strong>aliana<br />
di Riabilitazione Psicosociale, ha promosso un convegno nazionale dal titolo<br />
“Strategie contro lo stigma della malattia mentale” 89 , che ha visto la presenza<br />
di numerosi partecipanti.<br />
Il documento programmatico della WPA contiene linee-guida molto preziose<br />
per realizzare nel modo più efficace programmi volti alla riduzione dello<br />
stigma e della discriminazione a causa della schizofrenia sia per i pazienti sia<br />
per i familiari; tali linee-guida a livello locale potranno essere integrate dalle<br />
interessanti indicazioni operative che gli studi riportati suggerivano.<br />
Va, comunque, ribadito che lo stigma sociale può essere superato non soltanto<br />
attraverso campagne informative, ma anche e soprattutto garantendo agli<br />
utenti e alle loro famiglie una maggiore accessibilità ai servizi, informazioni<br />
chiare sulla malattia, risposte adeguate ai bisogni più urgenti, una migliore<br />
qualità dei trattamenti psichiatrici e riabilitativi basati sull’evidenza scientifica,<br />
promuovendo politiche sociali quali quelle relative all’inserimento lavorativo<br />
delle persone pur con ridotto funzionamento sociale.<br />
E chissà se allora la riduzione dello stigma e della discriminazione per le<br />
persone affette da disturbi mentali gravi e per i loro familiari porterà fiori sui<br />
comodini delle persone ricoverate e nelle loro case, come segno di cortesia,<br />
amicizia e incoraggiamento per affrontare la malattia …<br />
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