A.S. 2009 / 2010 - Istituto Comprensivo del Vergante
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“Il passato non vuol morire, si appella a coloro che<br />
verranno, consegna ad essi le sue memorie e i suoi<br />
documenti, le sue meditazioni.<br />
Soprattutto non può morire, perché siamo noi,<br />
eternamente vivi, che non lo lasciamo morire, noi<br />
che chiediamo ad esso la ragione di noi stessi,<br />
noi che se, per una ipotesi assurda, lo lasciassimo<br />
morire, piomberemmo immediatamente nel nulla.<br />
Passato e presente, storia e vita sono uniti da un<br />
nesso spirituale inscindibile.”<br />
Giorgio Falco<br />
“In margine alla vita e alla storia”<br />
Giorgio Falco (1888-1966). Storico, professore universitario, studioso <strong>del</strong> Medioevo, autore anche di buoni studi nel campo<br />
<strong>del</strong>la storia moderna e <strong>del</strong> Risorgimento. Privato <strong>del</strong>la cattedra universitaria in seguito alle leggi razziali (1938), trovò rifugio,<br />
verso la fine <strong>del</strong> 1943, nell’abbazia romana di San Paolo fuori le mura.
Ringraziamenti particolarmente<br />
sentiti al ch. mo professor Guido<br />
Petter, che ha voluto onorare<br />
questa pubblicazione scrivendo<br />
la prefazione, e alla dott. ssa<br />
Antonella Braga (<strong>Istituto</strong> Storico<br />
<strong>del</strong>la Resistenza di Novara), che<br />
ha efficacemente <strong>del</strong>ineato<br />
momenti e protagonisti <strong>del</strong>la<br />
resistenza invoriese.<br />
Si ringraziano:<br />
Il Sindaco, dott. Dario Piola,<br />
l’assessore all’istruzione, prof.<br />
Alberto Rollini, l’assessore alla<br />
cultura, dott. ssa Michela Bolla e<br />
tutto il Consiglio Comunale.<br />
La Regione Piemonte, il<br />
Consigliere Paolo Cattaneo.<br />
Il Dirigente Scolastico, dott. Nicola<br />
Fonzo.<br />
A.N.P.I. di Invorio.<br />
Grazie a: Oreste Martelli,<br />
Rosa Mossina, Laura Pelizzoni,<br />
Vincenzina Leggeri, Felice<br />
Gamarra per le testimonianze e il<br />
materiale iconografico offerto.<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Questo volume raccoglie quanto elaborato nel corso di una ricerca<br />
attuata nell’anno scolastico 2008 - <strong>2009</strong> dagli alunni <strong>del</strong>le classi terze<br />
A, B e C <strong>del</strong>la scuola Secondaria di 1° grado di Invorio, coordinati dai<br />
docenti Giacomina Casabona - Ettore Libralato - Danila Minuti - M. Laura<br />
Oioli; collaborazione di Beatrice Lonardi.<br />
Gli alunni<br />
classe 3^ A:<br />
Anelli Gioele<br />
Berbouchi Amal<br />
Ballerini Amanda<br />
Caligara Gloria<br />
Colombara Chiara<br />
Colombara Giovanni<br />
De Carlini Arianna<br />
Di Natale Paolo<br />
Elhabhabi Maria<br />
Franzosi Julien<br />
Franzosi Raoul<br />
Iocca Valentino<br />
Mastroianni Giovanni<br />
Pascali Micaela<br />
Sacco Stefano<br />
Tettoni Sara<br />
Tinti Giacomo<br />
Topciu Ardit<br />
Uttini Carlotta<br />
Valazza Jacopo<br />
Vasylchuk Andriy<br />
Zaitouni Mouhcine<br />
classe 3^ B:<br />
Bacchetta Leonardo<br />
Bacchetta Simone<br />
Bellani Luca<br />
Bottelli Marco<br />
Celestino Matteo<br />
Cima Lorenzo<br />
Contreras Josè<br />
Contreras Willian<br />
Denti Francesca<br />
Desaunois Taylor Ann<br />
Giorcelli Mattia<br />
Gnemmi Anna<br />
Godio Mattia<br />
Hladka Liudmila<br />
Locci Claudia<br />
Negri Simone<br />
Paglierini Marco<br />
Paolucci Marco<br />
Soldà Erika<br />
Terlizzi Klarissa<br />
Vezzù Silvia<br />
Vicari Costanza<br />
Vicari Marta<br />
classe 3^ C:<br />
Bacchetta Ilaria<br />
Bellanti Andrea<br />
Brunoni Beatrice<br />
Catena Daniele<br />
Cecchetto Davide<br />
Creola Alessio<br />
D’Oria Simona<br />
Faa Aziz Ghadah<br />
Infantino Sara<br />
Lanza Stefania<br />
Locati Alice<br />
Locci Silvia<br />
Meringi Andrea<br />
Micci Simone<br />
Palvetti Alessia<br />
Pelizzoni Filippo<br />
Pompa Manuel<br />
Scidurlo Ilaria<br />
Scidurlo Serena<br />
Thiella Davide<br />
Zappelloni Elena<br />
Scuola Secondaria di I grado di Invorio<br />
<strong>Istituto</strong> <strong>Comprensivo</strong> Statale <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong><br />
LA STORIA SIAMO NOI<br />
a cura di Danila Minuti e Maria Laura Oioli
N<br />
6<br />
Invorio Testi introduttivi e la Resistenza<br />
el dare accoglienza a siffatta realizzazione c’è il compiacimento di verificare quant’è presente, nei<br />
nostri studenti e nella classe docente, l’impegno creativo ma ancor più il piacere di ricordare la propria<br />
storia per realizzare su di essa il nostro futuro. Nelle difficoltà di una quotidianità sempre più imbarazzata<br />
dagli impedimenti e dalle ristrettezze economiche, il collocare questo testo sulla tua scrivania, può divenire<br />
sprone al tuo fare, perché ti consegna la testimonianza di una certezza: se questi ragazzi hanno saputo<br />
tanto adoperarsi, sicuramente si approssimeranno a diventare una classe dirigente preparata e solidale.<br />
Intense potrebbero essere le riflessioni aggiuntive ma preferisco stringere con una lirica, determinata<br />
dagli avvenimenti di San Marcello. Il componimento vede protagonista il sacrificio di un sedicenne, che<br />
oggi sarebbe felice nel costatare che anche il suo martirio ha contribuito ad aprire le coscienze di una<br />
nuova generazione.<br />
Lenta la notte<br />
apre al cielo<br />
spazi silenti<br />
ma la storia<br />
detta i tempi,<br />
i momenti<br />
e, nel dormiveglia,<br />
il sennino a sentinella<br />
accarezza<br />
fianchi, seni,<br />
in quel lenire<br />
la sua bella;<br />
seduto lonzo<br />
sull’erba bozzolina<br />
con rovere alla spalla,<br />
non dà peso<br />
a quel difficile<br />
stare a galla.<br />
Lui, non può sapere<br />
che passo, guidato<br />
da vile <strong>del</strong>azione,<br />
spezza gli stecchi<br />
in milite<br />
azione.<br />
Tardivo è il sussulto.<br />
Corre allo schioppo<br />
ma l’attimo<br />
è di troppo.<br />
Più lesta la mitraglia,<br />
con la sua<br />
letale traccia,<br />
trafigge<br />
stendendolo<br />
a larghe braccia.<br />
Allora l’insorto,<br />
il “bandito”,<br />
grida il suo finire:<br />
“Mamma! Mamma!<br />
Non lasciarmi<br />
morire”.<br />
Dario Piola - Sindaco <strong>del</strong> Comune di Invorio<br />
L’<br />
Invorio e Testi la Resistenza introduttivi<br />
Presentazioni amministrazione comunale di Invorio ha promosso e sostenuto tanti progetti orientati all’educazione<br />
alla cittadinanza consapevole e alla riflessione sulla Carta Costituzionale e sulla Resistenza in particolare<br />
San Marcello<br />
attraverso il Consiglio comunale dei ragazzi, l’allestimento nella Sala Consiliare <strong>del</strong>la mostra per i 60 anni <strong>del</strong>la<br />
costituzione <strong>del</strong>la repubblica con testi e immagini appartenenti al patrimonio culturale e articoli <strong>del</strong>la Carta<br />
Costituzionale in lingua italiana e in altre lingue presenti nel nostro paese, con la rappresentazione teatrale<br />
“Qual è il desiderio dei giusti”, la mostra sulla Resistenza e la realizzazione nella biblioteca comunale di uno<br />
spazio con volumi, riflessioni, libri per spiegare la Costituzione ai ragazzi, storie <strong>del</strong>la nostra Resistenza.<br />
La presente pubblicazione, frutto <strong>del</strong>l’encomiabile impegno degli insegnanti e degli alunni <strong>del</strong>la scuola<br />
secondaria di primo grado, diventerà un importante strumento didattico per tutti i ragazzi/e <strong>del</strong>le classi<br />
terze.<br />
Amministrazione comunale e scuola sono riuscite a dare particolare rilevanza alle Celebrazioni riguardanti<br />
l’Eccidio di San Marcello, <strong>del</strong> 28 marzo 1945, facendo diventare sempre più protagonisti i bambini e i<br />
ragazzi. Siamo profondamente convinti che solo proponendo percorsi conoscitivi così strutturati sarà possibile<br />
incontrare giovani capaci di vivere una cittadinanza consapevole.<br />
Un particolare ringraziamento al Dirigente Scolastico Nicola Fonzo, ai docenti Maria Laura Oioli, Danila<br />
Minuti e Enrico Guenzi.<br />
Prof. Alberto Rollini - Assessore all’Istruzione Dott. ssa Michela Bolla - Assessore alla Cultura<br />
S<br />
ono lieto di poter esprimere il mio apprezzamento nei confronti <strong>del</strong>l’Amministrazione comunale di<br />
Invorio che ha promosso la pubblicazione di questo lavoro di ricerca e recupero <strong>del</strong>la memoria, svolto<br />
dagli allievi <strong>del</strong>l’<strong>Istituto</strong> <strong>Comprensivo</strong> <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, incentrato sulle testimonianze di un drammatico evento<br />
che aveva colpito la comunità locale negli anni <strong>del</strong> fascismo e <strong>del</strong>la resistenza.<br />
É di fondamentale importanza, infatti, nel percorso educativo la ricostruzione <strong>del</strong> nostro passato, più o<br />
meno recente, indispensabile per conseguire la consapevolezza <strong>del</strong>la nostra storia e la comprensione<br />
<strong>del</strong>l’ambiente in cui viviamo.<br />
Un ringraziamento anche agli insegnanti che hanno guidato con evidente competenza il lavoro di ricerca.<br />
Alessandro Canelli - Assessore alla Cultura <strong>del</strong>la Provincia di Novara<br />
É<br />
stato scritto che “un Paese senza memoria è un Paese senza anima” e che “il sonno <strong>del</strong>la memoria<br />
genera dei mostri”.<br />
Non c’è miglior pedagogia che quella pregnante ed evocativa dei simboli, saldamente agganciati ai<br />
fatti storici concreti, che possano rendere i nostri giovani partecipi <strong>del</strong>la propria identità e consapevoli <strong>del</strong><br />
valore <strong>del</strong>la libertà che altri hanno preparato per loro e questo pregevole volume ne è una prova.<br />
Mi piace ricordare, per concludere, una frase di Carlo Azeglio Ciampi: “I giovani sono consapevoli. Ma sta<br />
a noi renderli ancor più consapevoli che senza la Resistenza questo Paese oggi sarebbe ben peggiore”.<br />
Paolo Cattaneo - Consigliere regionale<br />
7
L<br />
8<br />
Invorio Testi introduttivi e la Resistenza<br />
a storia siamo noi non è solo uno slogan che suona bene, che riprende il titolo di una canzone assai<br />
apprezzata di qualche decennio fa.<br />
É l’obiettivo principale, che ha animato insegnanti e ragazzi in questi mesi. Da quando decisero,<br />
tempo fa, di intraprendere un percorso di ricerca su un frammento <strong>del</strong>la memoria collettiva <strong>del</strong> nostro<br />
territorio. Certo i docenti stimolarono, sollecitarono ma il merito principale è il loro: i nostri ragazzi. Hanno<br />
fatto storia, nel senso più completo, perché hanno scovato le fonti, le hanno lette e interpretate. Quello<br />
che sfogliate è il risultato di una fatica individuale e collettiva. Noi ne siamo particolarmente orgogliosi,<br />
perché abbiamo osservato, talvolta con meraviglia, i progressivi traguardi <strong>del</strong>la sfida: il lavoro in classe,<br />
la mostra ed ora un libro.<br />
Non è stato un esercizio di retorica, dietro e dentro queste pagine c’è la passione, la meraviglia, la<br />
curiosità di ragazze e ragazzi che di Resistenza avrebbero potuto sentire parlare solo dai racconti o dalle<br />
narrazioni di qualche famoso autore. Mentre nello sfondo si susseguivano i grandi eventi narrati sui libri di<br />
scuola, i ragazzi hanno messo a fuoco l’eccidio di San Marcello che segnò in<strong>del</strong>ebilmente il futuro <strong>del</strong>le<br />
popolazioni <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>. Scandagliando questo microcosmo hanno intuito il senso di quel laboratorio<br />
politico e sociale, che fu la Resistenza. Non solo lotta per la liberazione, ma etica <strong>del</strong>la responsabilità per<br />
farsi carico <strong>del</strong> futuro <strong>del</strong>l’intero Paese. Come ci ricorda Petter, la Resistenza non è terminata il 25 aprile<br />
<strong>del</strong> 1945 ma è tratto costitutivo <strong>del</strong>la Repubblica e soprattutto <strong>del</strong>la Costituzione.<br />
La naturale prosecuzione di questa pubblicazione è proprio la Costituzione. Non la carta, ma quella<br />
“bibbia civile” che sta a fondamento <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>le donne e degli uomini che vivono nel nostro Paese, a<br />
prescindere dalla loro origine. Dalla conclusione <strong>del</strong>la lotta partigiana sono trascorsi ormai più di 60 anni,<br />
ma l’impegno, a difesa dei valori che con la Resistenza trovarono cittadinanza nel testo fondamentale<br />
<strong>del</strong>l’ordinamento italiano, è più necessario che mai. La democrazia, infatti, è esposta ai pericoli che<br />
l’indifferenza diffusa, da parte dei cittadini, porta inevitabilmente con sé. Assai lungimirante don Lorenzo<br />
Milani scrisse sui muri <strong>del</strong>la scuola di Barbiana “I care”-mi importa, mi sta a cuore- che è l’esatto contrario<br />
<strong>del</strong> motto fascista “Me ne frego”.<br />
Spesso nelle varie commemorazioni partigiane, riecheggia la preoccupazione per il progressivo<br />
esaurirsi dei sopravissuti a quegli anni. Chi racconterà? Chi si farà carico di contrastare le menzogne che<br />
puntualmente ritornano?<br />
Vi convincerete, quando sarete giunti alla conclusione <strong>del</strong> volume, che questa preoccupazione è<br />
infondata: ci sono <strong>del</strong>le ragazze e dei ragazzi che hanno preso il testimone di chi è costretto a lasciare<br />
per il progredire <strong>del</strong> tempo. Come gli alunni di Invorio, ci sono tante e straordinarie esperienze simili in<br />
lungo e in largo per l’Italia.<br />
Stanno facendo storia… E noi ne siamo fieri.<br />
Dott. Nicola Fonzo - Dirigente scolastico <strong>del</strong>l’<strong>Istituto</strong> <strong>Comprensivo</strong> Statale <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong><br />
M<br />
Prefazione<br />
Invorio e Testi la Resistenza introduttivi<br />
olto volentieri ho accolto l’invito di presentare ai lettori questo libro, e ciò per tre ragioni, due <strong>del</strong>le<br />
quali hanno un valido fondamento obiettivo mentre la terza ha un carattere più personale,<br />
soggettivo.<br />
La prima è che in esso vengono esposti i risultati di una ricerca condotta da allievi di una scuola media,<br />
sotto la guida dei loro insegnanti. Una ricerca che riguarda un periodo importante nella vita <strong>del</strong> loro<br />
paese, e vicende che lo hanno collocato stabilmente (così come tutto il territorio in cui esso è inserito,<br />
il <strong>Vergante</strong>, il Cusio, e più generalmente l’Ossola) nella storia recente <strong>del</strong>l’Italia, quella che ha visto la<br />
riscossa contro il fascismo e contro l’invasore tedesco attraverso la Resistenza armata, e poi la liberazione<br />
e il ritorno alla libertà e alla democrazia.<br />
E si tratta di una ricerca compiuta facendo costante riferimento a documenti (testimonianze orali o scritte,<br />
fotografie, canzoni), ricostruendo così gli eventi e collegandoli fra loro in una struttura unitaria.<br />
É questo un modo di fare storia che motiva alla riflessione e alla ricerca, induce a porsi domande e a<br />
cercare le risposte, impegna l’intelligenza, educa al ragionamento, sensibilizza all’importanza <strong>del</strong>le fonti<br />
primarie, porta a cogliere i rapporti tra i singoli eventi e il disegno teorico generale che sulla loro base<br />
viene poco per volta costruendosi. La storia, così intesa, non è solo narrazione né solo ragionamento,<br />
ma un continuo intrecciarsi di queste due forme <strong>del</strong>l’attività mentale, quale è possibile appunto quando,<br />
partendo dai fatti decritti, si enuclea il loro significato e si procede per costruire un quadro d’insieme<br />
documentato e significativo.<br />
Una seconda ragione è l’esplicito collegamento che nel libro viene fatto tra la nostra Costituzione e<br />
la Resistenza. Questo collegamento non consiste solo nel fatto che i grandi valori che hanno animato<br />
la Resistenza, come la libertà, l’uguaglianza fra gli individui e i popoli, la democrazia, la solidarietà, la<br />
giustizia sociale, la pace, sono stati poi recepiti nella nostra Carta costituzionale, ma anche nel fatto che<br />
dalla Resistenza derivano indicazioni importanti su come fare per difendere tali valori tutte le volte che essi<br />
sono minacciati, e per promuoverne la concreta e sempre più piena realizzazione.<br />
Chi ha operato nella Resistenza, infatti, ha sviluppato alcuni atteggiamenti che sono essenziali per<br />
la difesa e la promozione dei valori: l’atteggiamento di attenzione a quanto avviene intorno a lui,<br />
accompagnato dalla capacità di indignarsi per ogni ingiustizia, o stortura, o sopruso, anche quando non<br />
lo riguardi personalmente (un atteggiamento ben presente in coloro che si opposero alla cialtroneria,<br />
alle violenze e alle nefandezze <strong>del</strong> fascismo durante il ventennio, e in coloro che durante la Resistenza<br />
reagirono alla tracotanza, alle violenze e alle rappresaglie dei tedeschi invasori e dei fascisti riemersi<br />
sotto la loro protezione e al loro servizio. A questo primo atteggiamento se ne accompagnano poi altri<br />
due, quello di iniziativa (consistente nel dar vita, senza attendere di essere chiamati da altri, ad attività<br />
antagonistiche e riparatorie,) e quello di fiduciosa tenacia, consistente nel non cedere mai neppure dopo<br />
9
10<br />
Invorio Testi introduttivi e la Resistenza<br />
sconfitte cocenti, e nel continuare a operare per creare le condizioni per un cambiamento in positivo<br />
anche di situazioni apparentemente disperate. Pure questi atteggiamenti, oltre ai valori che li ispiravano,<br />
la Resistenza ci ha lasciato come eredità politica e morale.<br />
E proprio questa preziosa eredità porta a vedere che la Resistenza non può essere considerata solo<br />
come un periodo ormai concluso <strong>del</strong>la nostra storia recente, quello che va dal 1943 al 1945, ma anche<br />
come un modo di vedere la vita e di considerare la propria posizione nella società che ha un valore<br />
perenne e che può dunque essere assunto pure oggi, soprattutto dai giovani, come valida guida <strong>del</strong><br />
comportamento quotidiano. Anche in tutti gli anni seguiti alla Liberazione non sono certo mancati i motivi<br />
per indignarsi, per prendere iniziative, per impegnarsi nella lotta con tenacia e fiduciosa speranza: basti<br />
pensare al tempo <strong>del</strong> terrorismo, alla mafia e alla camorra, alla corruzione, al razzismo, per non parlare<br />
<strong>del</strong>le guerre che hanno funestato il mondo. É in questo senso profondo che va intesa l’indicazione che<br />
Piero Calamandrei ci ha lasciato, “Ora e sempre Resistenza”. Anche i giovani d’oggi, dunque, possono<br />
partecipare a questa “resistenza” perenne, sentirsi idealmente i continuatori e gli eredi <strong>del</strong>l’antifascismo<br />
militante e dei partigiani di un tempo.<br />
La terza ragione infine per cui ho accolto l’invito a presentare questo libro, ha un carattere più personale.<br />
La ricerca in esso descritta, pur essendo di ampio respiro perché riguarda la Resistenza tutta, è incentrata<br />
su un paese che ho conosciuto da vicino e su eventi che ho direttamene vissuto. Invorio, infatti, è stato<br />
primo paese dove ho incontrato i partigiani (un plotone <strong>del</strong>la X Rocco comandato da “Mitra”, l’invoriese<br />
Primo Travaglini) quando, adolescente, partendo da Milano mi sono avviato verso la montagna alla loro<br />
ricerca. É il paese in cui una famiglia, col rischio di vedersi bruciata la casa e deportati o fucilati gli uomini,<br />
mi ha protetto, salvandomi la vita, nel giorno <strong>del</strong> rastrellamento che ha visto l’eccidio di San Marcello. É il<br />
paese dove ho perduto alcuni dei miei compagni più cari. É il paese nel quale sono molte volte tornato,<br />
in questi ultimi sessantacinque anni, per ricordare quei miei compagni al monumento che è stato eretto<br />
in loro memoria nel luogo in cui sono caduti, e per incontrare i ragazzi <strong>del</strong>le scuole, e parlare con loro di<br />
quegli eventi e <strong>del</strong>la Resistenza di allora e di sempre,<br />
Guido Petter<br />
Q<br />
Introduzione<br />
Invorio e Testi la Resistenza introduttivi<br />
uesta pubblicazione suggella un progetto, l’attività interdisciplinare “La Storia siamo noi”, realizzato<br />
in classe, nell’anno scolastico 2008/<strong>2009</strong>, dagli alunni <strong>del</strong>le classi terze <strong>del</strong>la Scuola Secondaria di 1^<br />
grado di Invorio.<br />
Il progetto, all’apparenza nato quasi per caso da una situazione contingente per consentire cioè ai<br />
ragazzi, corrispondendo alle aspettative sia <strong>del</strong>l’Amministrazione comunale invoriese che <strong>del</strong>la Dirigenza<br />
scolastica, di partecipare in modo attivo e non solo in qualità di spettatori alla commemorazione <strong>del</strong>l’Eccidio<br />
di San Marcello (28 marzo 1945), è scaturito, in realtà, dalla convinzione di come sia doveroso per i cittadini<br />
di uno Stato democratico, persone adulte o in crescita, quali i nostri alunni, conoscere la Costituzione <strong>del</strong><br />
proprio paese, gli ideali che l’hanno ispirata, il momento storico che l’ha generata, i principi e le idee che<br />
la animano.<br />
Sottesi a tutta l’attività vi erano, principalmente, due obiettivi: a) far comprendere ai ragazzi come l’uomo<br />
sia ragione e libertà, “proprietario di diritti”, valore inviolabile che per realizzarsi pienamente necessita<br />
essenzialmente di libertà; b) far capire che vi è stretta connessione tra diritti, democrazia, giustizia e pace.<br />
Alla luce di tutto questo ecco dipanarsi il progetto e, ora, realizzarsi questo testo che non è altro che la<br />
trasposizione in pagine dei cartelloni realizzati dagli alunni di terza a coronamento <strong>del</strong>le attività di ricerca<br />
storica e di riflessione sotto la guida <strong>del</strong>le insegnanti di lettere. I ragazzi, partendo dall’esame di importanti<br />
documenti costituzionali <strong>del</strong> passato, (Magna Charta Libertatum, Dichiarazione dei diritti <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong><br />
cittadino <strong>del</strong> 1789, Statuto Albertino, Dichiarazione universale dei diritti umani <strong>del</strong> 1948) hanno analizzato la<br />
Costituzione Italiana, soffermandosi a considerare il momento storico in cui è nata, cioè gli anni che videro<br />
il crollo <strong>del</strong> fascismo, la sconfitta militare, la Resistenza, la proclamazione <strong>del</strong>la Repubblica Italiana.<br />
I ragazzi hanno avuto così modo di comprendere che la Resistenza, primo atto costitutivo <strong>del</strong>la nostra<br />
Repubblica, non è un fatto definitivamente concluso e relegato nel passato, ma è viva e attuale; di scoprire<br />
le vicende <strong>del</strong>la Resistenza invoriese e di conoscerne i Martiri; di riflettere sui valori di libertà, di giustizia e di<br />
democrazia; di capire l’orrore e la cru<strong>del</strong>tà <strong>del</strong>la guerra e, di contro, la necessità <strong>del</strong>la pace.<br />
É risultato così loro evidente quanto affermava G. Falco “il passato non vuol morire… soprattutto non<br />
può morire perché siamo noi, eternamente vivi, che non lo lasciamo morire, noi che chiediamo ad esso la<br />
ragione di noi stessi. Passato e presente, storia e vita sono uniti da un nesso spirituale inscindibile”.<br />
Realizzando il progetto hanno ben capito che le vicende <strong>del</strong> passato si intrecciano con l’oggi, che i<br />
valori che hanno connotato quel preciso momento storico, la Resistenza, non sono cristallizzati e superati,<br />
ma sono attuali e validi perché essa è, citando le parole di G. Petter, “essenzialmente un atteggiamento<br />
morale: è l’atteggiamento di chi non è disposto a tollerare ingiustizie, sopraffazioni, violenze… e sente “il<br />
dovere d’iniziativa”, il dovere cioè di prendere posizione… è l’atteggiamento di chi non abbandona mai la<br />
speranza e non cessa mai di operare e lottare.”<br />
La storia siamo noi. Maria Laura Oioli - Danila Minuti<br />
11
Paul Eluard (1895-1952).<br />
É una <strong>del</strong>le figure più<br />
rappresentative <strong>del</strong>la letteratura<br />
francese <strong>del</strong> ‘900.<br />
Partecipò attivamente alla<br />
Resistenza nel periodo<br />
<strong>del</strong>l’occupazione nazista in<br />
Francia, durante il secondo<br />
conflitto mondiale. Questa lirica<br />
divenne subito famosissima<br />
perchè gli aerei <strong>del</strong>l’aviazione<br />
inglese ne lanciarono migliaia di<br />
copie sulla Francia occupata.<br />
(Da Poesia e verità, 1942)<br />
12<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia Resistenza<br />
Sui quaderni di scolaro<br />
Sui miei banchi e gli alberi<br />
Sulla sabbia sulla neve<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su ogni pagina che ho letto<br />
Su ogni pagina che è bianca<br />
Sasso sangue carta o cenere<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su le immagini dorate<br />
Su le armi dei guerrieri<br />
Su le corone <strong>del</strong> re<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su la giungla e il deserto<br />
Sui nidi e le ginestre<br />
Sulla eco <strong>del</strong>l’infanzia<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su i miracoli notturni<br />
Sul pan bianco dei miei giorni<br />
Le stagioni fidanzate<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su tutti i mei lembi d’azzurro<br />
Su lo stagno sole sfatto<br />
E sul lago luna viva<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su le piante e l’orizzonte<br />
Su le ali degli uccelli<br />
E il mulino <strong>del</strong>le ombre<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su ogni alito di aurora<br />
Su le onde su le barche<br />
Se la montagna demente<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Libertà<br />
Su la schiuma <strong>del</strong>le nuvole<br />
Su i sudori d’uragano<br />
Su la pioggia spessa e smorta<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su le forme scintillanti<br />
Le campane dei colori<br />
Su la verità fisica<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Su i sentieri risvegliati<br />
Su le strade dispiegate<br />
Su le piazze che dilagano<br />
Scrivo il tuo nome [...]<br />
Su l’assenza che non chiede<br />
Su la nuda solitudine<br />
Sui gradini <strong>del</strong>la morte<br />
Scrivo il tuo nome<br />
Sul vigore ritornato<br />
Sul pericolo svanito<br />
Su l’immemore speranza<br />
Scrivo il tuo nome<br />
E in virtù di una parola<br />
Ricomincio la mia vita<br />
Sono nato per conoscerti<br />
Per chiamarti<br />
Libertà.<br />
Paul Eluard<br />
La libertà<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia<br />
Resistenza<br />
“La libertà è come l’aria” scriveva Piero Calamandrei, sì, è davvero indispensabile, è parte di noi, è<br />
un diritto <strong>del</strong>l’uomo inalienabile e fondamentale e come tale è stata riconosciuta anche in passato,<br />
basti pensare ai molteplici documenti emanati nel corso dei secoli, dalla Magna Charta Libertatum,<br />
sottoscritta da Giovanni Senza Terra nel 1215, tuttora carta fondamentale <strong>del</strong>la monarchia britannica,<br />
alla Dichiarazione dei diritti <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong> cittadino, approvata il 26 agosto 1789, dopo lo scoppio<br />
<strong>del</strong>la rivoluzione francese, o più semplicemente alla nostra Costituzione che proclama con forza i diritti<br />
di libertà.<br />
Da sempre il desiderio di libertà alberga nel cuore <strong>del</strong>l’uomo; la libertà è cosa preziosa e cara che deve<br />
essere tutelata costantemente, senza mai considerarla un bene acquisito definitivamente, nella quale<br />
val sempre la pena di credere e per la quale è giusto battersi e lottare quando viene calpestata, negata,<br />
tolta, così come fecero i giovani, gli Italiani, durante gli anni difficili <strong>del</strong>la Resistenza, in montagna e in città<br />
o in paesi lontani, come a Cefalonia o nei campi di concentramento e di sterminio in Germania.<br />
Libertà: “sono nato per conoscerti per chiamarti”.<br />
“La libertà che guida il popolo”<br />
dipinto nel 1830 dal pittore<br />
francese Eugène Delacroix per<br />
celebrare la ribellione <strong>del</strong> popolo<br />
francese contro il re Carlo X che<br />
aveva tentato di cancellare i diritti<br />
ottenuti dalla popolazione con la<br />
Rivoluzione francese.<br />
13
14<br />
Magna Charta Libertatum<br />
1215<br />
Art. 29 Nessun uomo libero sarà<br />
arrestato, imprigionato,<br />
spossessato dei suoi<br />
averi, <strong>del</strong>la sua libertà o<br />
libere usanze, messo fuori<br />
legge, esiliato molestato<br />
in alcuna maniera, e noi<br />
non metteremo né ne<br />
faremo mettere la mano<br />
su di lui, se non in virtù di un<br />
giudizio legale dei suoi pari<br />
e secondo la legge <strong>del</strong><br />
Paese.<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia Resistenza<br />
La Costituzione <strong>del</strong>la Repubblica Italiana<br />
PRINCIPI FONDAMENTALI<br />
Art. 1.<br />
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.<br />
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti<br />
<strong>del</strong>la Costituzione.<br />
Art. 2.<br />
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili <strong>del</strong>l’uomo, sia<br />
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,<br />
e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,<br />
economica e sociale.<br />
Art. 3.<br />
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,<br />
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni<br />
politiche, di condizioni personali e sociali.<br />
È compito <strong>del</strong>la Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico<br />
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,<br />
impediscono il pieno sviluppo <strong>del</strong>la persona umana e l’effettiva<br />
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica<br />
e sociale <strong>del</strong> Paese.<br />
Art. 4.<br />
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove<br />
le condizioni che rendano effettivo questo diritto.<br />
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e<br />
la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso<br />
materiale o spirituale <strong>del</strong>la società.<br />
Art. 5.<br />
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie<br />
locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio<br />
decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi <strong>del</strong>la sua<br />
legislazione alle esigenze <strong>del</strong>l’autonomia e <strong>del</strong> decentramento.<br />
Art. 6.<br />
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.<br />
Art. 7.<br />
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia<br />
Resistenza<br />
indipendenti e sovrani.<br />
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti<br />
accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione<br />
costituzionale.<br />
Art. 8.<br />
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla<br />
legge.<br />
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi<br />
secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento<br />
giuridico italiano.<br />
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese<br />
con le relative rappresentanze.<br />
Art. 9.<br />
La Repubblica promuove lo sviluppo <strong>del</strong>la cultura e la ricerca scientifica<br />
e tecnica.<br />
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico <strong>del</strong>la Nazione.<br />
Art. 10.<br />
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme <strong>del</strong> diritto<br />
internazionale generalmente riconosciute.<br />
La condizione giuridica <strong>del</strong>lo straniero è regolata dalla legge in<br />
conformità <strong>del</strong>le norme e dei trattati internazionali.<br />
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio <strong>del</strong>le<br />
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto<br />
d’asilo nel territorio <strong>del</strong>la Repubblica secondo le condizioni stabilite<br />
dalla legge.<br />
Non è ammessa l’estradizione <strong>del</strong>lo straniero per reati politici.<br />
Art. 11.<br />
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri<br />
popoli e come mezzo di risoluzione <strong>del</strong>le controversie internazionali;<br />
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità<br />
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le<br />
Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a<br />
tale scopo.<br />
Art. 12.<br />
La bandiera <strong>del</strong>la Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e<br />
rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni<br />
Dalla Dichiarazione dei Diritti<br />
<strong>del</strong>l’Uomo e <strong>del</strong> Cittadino<br />
1789<br />
Art. 1 Gli uomini nascono e<br />
rimangono liberi e uguali<br />
nei diritti. […]<br />
Art. 4 La libertà consiste nel poter<br />
fare tutto ciò che non<br />
nuoce ad altri. […]<br />
Art. 11 La libera comunicazione<br />
dei pensieri e <strong>del</strong>le<br />
opinioni è uno dei diritti<br />
piu preziosi <strong>del</strong>l’uomo;<br />
ogni cittadino può dunque<br />
parlare, scrivere, stampare<br />
liberamente, salvo a<br />
risponedere <strong>del</strong>l’abuso di<br />
questa libertà nei casi<br />
determinati dalla Legge.[…]<br />
Dichiarazione dei diritti <strong>del</strong>l’uomo<br />
e <strong>del</strong> cittadino, stampa <strong>del</strong> 1789.<br />
15
16<br />
Dalla Dichiarazione Universale<br />
dei Diritti <strong>del</strong>l’Uomo<br />
1948<br />
Art. 1 Tutti gli esseri nascono liberi<br />
ed eguali in dignità e diritti.<br />
Essi sono dotati di ragione<br />
e di coscienza e devono<br />
agire gli uni verso gli altri in<br />
spirito di fratellanza. […]<br />
Art. 3 Ogni individuo ha diritto<br />
alla vita, alla libertà ed<br />
alla sicurezza <strong>del</strong>la propria<br />
persona. […]<br />
Art. 18 Ogni individuo ha diritto<br />
alla libertà di pensiero, di<br />
coscienza e di religione.<br />
[…]<br />
Art. 19 Ogni individuo ha il diritto<br />
alla libertà di opinione e di<br />
espressione. […]<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia Resistenza<br />
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI<br />
Art. 13.<br />
La libertà personale è inviolabile. [...]<br />
Art. 17.<br />
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. [...]<br />
Art. 21.<br />
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la<br />
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.<br />
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. [...]<br />
Art. 33.<br />
L´arte e la scienza sono libere e libero ne è l´insegnamento.<br />
Art. 34.<br />
La scuola è aperta a tutti. L´istruzione inferiore, impartita per almeno<br />
otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se<br />
privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La<br />
Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni<br />
alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per<br />
concorso.<br />
Art. 35.<br />
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. [...]<br />
Art. 48.<br />
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la<br />
maggiore età. Il voto è personale ed eguale libero e segreto. Il suo<br />
esercizio è dovere civico. [...]<br />
Art. 49.<br />
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per<br />
concorrere con metodo democratico a determinare la politica<br />
nazionale.<br />
Art. 52.<br />
La difesa <strong>del</strong>la Patria è sacro dovere <strong>del</strong> cittadino. [...]<br />
Art. 54.<br />
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fe<strong>del</strong>i alla Repubblica e di<br />
osservarne la Costituzione e le leggi. [...]<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia<br />
Resistenza<br />
La Costituzione, munita <strong>del</strong> sigillo <strong>del</strong>la Stato, sarà inserita nella raccolta<br />
ufficiale <strong>del</strong>le leggi e dei decreti <strong>del</strong>la Repubblica.<br />
La Costituzione dovrà essere fe<strong>del</strong>mente osservata come legge fondamentale<br />
<strong>del</strong>la Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi <strong>del</strong>lo Stato.<br />
Data a Roma, addì 27 dicembre 1947.<br />
CONTROFIRMANO:<br />
Il Presidente <strong>del</strong>l’Assemblea Costituente<br />
Il Presidente <strong>del</strong> Consiglio dei Ministri<br />
(foto sopra) Il vicepresidente<br />
Umberto Terracini (a destra),<br />
appone la sua firma.<br />
(foto a lato) Palazzo Giustiniani, 27<br />
dicembre 1947, il Capo Provvisorio<br />
<strong>del</strong>lo Stato, Enrico De Nicola, firma<br />
la Costituzione <strong>del</strong>la Repubblica<br />
Italiana sotto lo sguardo attento di<br />
Alcide De Gasperi (a sinistra) e di<br />
Umberto Terracini (a destra).<br />
La Costituzione <strong>del</strong>la Repubblica<br />
Italiana entrò in vigore il primo<br />
gennaio 1948.<br />
17
Piero Calamandrei (1889-1956).<br />
Giurista, uomo politico antifascista<br />
e deputato, fu anche scrittore.<br />
Il 26 gennaio 1955, pronunciò<br />
questo discorso indirizzato a<br />
un gruppo di giovani, durante<br />
l’inaugurazione di un ciclo di<br />
conferenze sulla Costituzione.<br />
(A lato, testo tratto da “Discorso<br />
sulla Costituzione”)<br />
(A fronte, estratto da “Diario, 1939-<br />
1945”)<br />
18<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia Resistenza<br />
“Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!<br />
Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, giovani, voi dovete vedere<br />
giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati,<br />
morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in<br />
Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno<br />
dato la vita perchè la libertà e la giustizia potessero essere scritte su<br />
questa carta. Quindi quando vi ho detto che questa è una carta morta,<br />
no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di<br />
centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove<br />
è nata la nostra Carta Costituzionale, andate nelle montagne dove<br />
caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi<br />
dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la<br />
libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché<br />
lì è nata la nostra Costituzione.”<br />
Piero Calamandrei<br />
Invorio Libertà e e la Democrazia<br />
Resistenza<br />
Il carattere che distingue la Resistenza da tutte le altre guerre è stato quello di essere più che un movimento<br />
militare un movimento civile.<br />
Non bisogna dimenticarsi che le formazioni partigiane non erano che uno degli organi di un movimento<br />
rivoluzionario più vasto, che faceva capo ai Comitati di Liberazione e che quello spirito di sacrificio che<br />
ha portato migliaa di martiri a sfidare la tortura e la fucilazione e il capestro, non era espressione di uno<br />
spirito di avventura militaresco, ma la coscienza di un dovere civile da adempiere, la consapevolezza<br />
<strong>del</strong>la necessità non più differibile di un rinnovamento totale <strong>del</strong>la nostra vita nazionale. Per questo motivo<br />
lo spirito di sacrificio che animò gli eroismi <strong>del</strong>la Resistenza può essere considerato come un fattore<br />
continuativo di rinnovamento politico e sociale. [...]<br />
Il senso <strong>del</strong>la solidarietà sociale, il senso <strong>del</strong>la partecipazione alla vita collettiva possono diventare in<br />
pace il senso <strong>del</strong> dovere politico, il senso <strong>del</strong>la politica come dovere di sacrificarsi al bene comune, il<br />
senso che è poi il fondamento morale senza il quale non può vivere una democrazia. Questa è, secondo<br />
me, la grande eredità ideale <strong>del</strong>la Resistenza. [...]<br />
Essa non fu soltanto uno sforzo eroico per sterminare i carnefici, per ricacciare nell’inferno i mostri <strong>del</strong>la<br />
barbarie; fu anche un impegno costruttivo di lavorare pacificamente su una strada aperta per la conquista<br />
di una vera democrazia.<br />
Piero Calamandrei<br />
Gruppo di partigiani in marcia<br />
sulle colline piemontesi.<br />
19
1789<br />
Dichiarazione dei<br />
diritti <strong>del</strong>l’uomo e<br />
<strong>del</strong> cittadino<br />
20<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Legenda dei colori LINEA DEL TEMPO<br />
RISORGIMENTO<br />
I GUERRA MONDIALE<br />
II GUERRA MONDIALE<br />
RESISTEZA, il “secondo RISORGIMENTO”<br />
1790 1800 1810 1820 1830 1840 1850 1860 1870 1880 1890 1900<br />
Linea <strong>del</strong> tempo realizzata dagli<br />
alunni.<br />
1814<br />
1815<br />
Congresso di<br />
Vienna<br />
1820<br />
Moti liberali<br />
costituzionali in<br />
Spagna/Italia<br />
XIX SECOLO<br />
1831<br />
Mazzini e “La<br />
giovine Italia”<br />
1848<br />
Carlo Alberto<br />
concede lo<br />
Statuto<br />
1849<br />
I Guerra<br />
d’Indipendenza<br />
II fase<br />
1859<br />
II Guerra<br />
d’Indipendenza<br />
I Guerra<br />
d’Indipendenza<br />
I fase 1860<br />
Impresa dei Mille<br />
1866<br />
Guerra<br />
Austro/Prussiana<br />
e III Guerra<br />
d’Indipendenza<br />
1861<br />
Proclamazione<br />
Regno d’Italia e<br />
destra storica al<br />
potere<br />
1870<br />
Roma Capitale<br />
d’Italia<br />
1876<br />
Sinistra storica<br />
(Depretis) al<br />
potere<br />
1891<br />
Nascita Partito<br />
Lavoratori/<br />
Socialista Italiano<br />
1900<br />
Uccisione <strong>del</strong><br />
Re Umberto I<br />
XX SECOLO<br />
Invorio e la Resistenza<br />
1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000 <strong>2010</strong><br />
1912<br />
Suffragio<br />
universale<br />
maschile<br />
1914<br />
1918<br />
I guerra<br />
Mondiale<br />
1924<br />
Delitto<br />
Matteotti<br />
1943<br />
Strage di ebrei a Meina<br />
1926<br />
Leggi<br />
Fascistissime<br />
1933<br />
Aumento <strong>del</strong><br />
Nazismo in Italia<br />
1939<br />
1945<br />
II guerra<br />
Mondiale<br />
1940<br />
L’Italia entra<br />
in guerra<br />
1944<br />
Giugno: Eccidio di Fondotoce<br />
Febbraio: Battaglia di Megolo<br />
10/settembre - 19/ottobre: Repubblica <strong>del</strong>l’Ossola<br />
17/settembre: Fucilazione di Pelizzoni e Bertona a Invorio<br />
1944<br />
Gli Alleati<br />
sbarcano in<br />
Normandia<br />
1943<br />
Caduta <strong>del</strong><br />
Fascismo<br />
1945<br />
Eccidio di San Marcello a Invorio<br />
1946<br />
L’Italia è una<br />
Repubblica<br />
Costituzionale<br />
Armistizio tra Italia<br />
e alleati<br />
Occupazione<br />
tedesca<br />
<strong>del</strong>l’Italia Centro/<br />
Settentrionale<br />
1948<br />
La Costituzione<br />
entra in vigore<br />
1945<br />
25 aprile:<br />
Insurrezione<br />
e liberazione<br />
<strong>del</strong>l’Italia<br />
Settentrionale<br />
6 agosto:<br />
Bomba su<br />
Hiroscima<br />
1961<br />
Costruzione <strong>del</strong><br />
muro di Berlino<br />
1968<br />
Contestazione<br />
studentesca<br />
1978 1989<br />
Uccisione Caduta <strong>del</strong> muro di Berlino<br />
di Aldo Moro<br />
1979<br />
Elezione <strong>del</strong> primo<br />
Parlamento Europeo<br />
21
Partigiani in marcia.<br />
Partigiano:<br />
Dal francese “partisan”, indica in<br />
genere chi sostiene con forza la<br />
causa <strong>del</strong>la propria parte, gruppo<br />
o nazione. Durante il secondo<br />
conflitto mondiale vennero<br />
chiamati partigiani coloro che<br />
parteciparono alla Resistenza<br />
contro i nazisti invasori e i fascisti.<br />
22<br />
Invorio La Resistenza e la Resistenza<br />
La Resistenza<br />
La Resistenza è l’opposizione militare o anche soltanto politica condotta,<br />
durante la seconda guerra mondiale, contro l’invasione nazista <strong>del</strong>l’Italia,<br />
da liberi individui, soldati, partiti e movimenti organizzati in formazioni<br />
partigiane.<br />
Il periodo storico, comunemente individuato come Resistenza, inizia, per<br />
convenzione storiografica, con l’armistizio <strong>del</strong>l’8 settembre 1943 e termina<br />
con la fine <strong>del</strong> mese di aprile <strong>del</strong> 1945. Tuttavia molti storici individuano<br />
l’inizio <strong>del</strong>la Resistenza negli anni ‘20 con l’emigrazione forzata, il confino<br />
o il carcere degli oppositori <strong>del</strong> nascente regime fascista.<br />
La resistenza, come lotta armata, non è un fatto solo italiano, ma europeo.<br />
Mentre l’intera Europa sembrava essersi trasformata in un immenso<br />
campo di concentramento in una tragica camera di tortura, mentre<br />
milioni e milioni di persone erano cinicamente inviate alla morte dai<br />
nazisti, anche il popolo italiano, come il popolo europeo, sentì il bisogno<br />
di dare il proprio contributo alla libertà. A poco a poco fin dall’ottobre <strong>del</strong><br />
‘43 nelle retrovie tedesche e nella restante parte <strong>del</strong> territorio nazionale,<br />
occupato dai nazisti, prendevano spontaneamente consistenza le prime<br />
“bande”, i primi reparti di “partigiani”, cioè di giovani, soldati e ufficiali,<br />
che non volevano tornare a casa mentre la patria veniva distrutta, ma si<br />
davano alla montagna o si organizzavano clandestinamente in città.<br />
Reparti a carattere militare operavano alla “macchia” ovvero sulle<br />
colline e sulle montagne con azioni di vario tipo: il sabotaggio alle linee<br />
ferroviarie, alle colonne di rifornimento e assai più raramente con scontri<br />
frontali, vere e proprie battaglie contro i tedeschi e i fascisti molto più<br />
numerosi e meglio armati.<br />
In città la Resistenza armata assumeva un’altra forma: quella dei gruppi<br />
clandestini che presero il nome GAP (Gruppi d’Azione partigiana) o,<br />
soprattutto nelle fabbriche, quello di SAP (Squadre d’Azione Partigiana).<br />
Essi portavano attacchi a caserme, a presidi, a colonne di autocarri, a<br />
reparti militari, sabotavano le ferrovie, le strade, i ponti destinati al transito<br />
<strong>del</strong>le truppe, organizzavano la liberazione dei prigionieri. I contatti tra i vari<br />
gruppi clandestini erano possibili grazie alle “staffette”, per lo più giovani<br />
donne. I partigiani trovavano nella popolazione l’appoggio costante e<br />
la protezione di cui avevano bisogno e negli infiltrati o nelle spie il loro<br />
Invorio e La la Resistenza Resistenza<br />
nemico più subdolo.<br />
Le formazioni partigiane dipendevano dal Comitato di liberazione<br />
nazionale (CLN) in cui confluivano tutti i partiti antifascisti ufficialmente<br />
ricostituiti. Nonostante le diverse scelte politiche, le formazioni agivano in<br />
stretta collaborazione.<br />
Chi furono i partigiani<br />
Nell’autunno 1943 i partigiani <strong>del</strong>l’Alta Italia erano forse 100.000; quelli<br />
<strong>del</strong>la montagna ascesero probabilmente a non più di 10.000 uomini nel<br />
pieno <strong>del</strong> primo inverno.<br />
All’epoca <strong>del</strong>la massima espansione <strong>del</strong>le bande, nell’estate 1944,<br />
l’esercito partigiano in montagna ne annoverava circa 100.000.<br />
Poi vennero le offensive tedesche e il secondo inverno. Alla fine di marzo<br />
<strong>del</strong> 1945 i servizi alleati di collegamento con la Resistenza ritenevano che<br />
vi fossero quasi 90.000 partigiani in montagna e non meno di 10.000 in<br />
pianura.<br />
Di questo totale di 100.000 combattenti, più di 30.000 erano in Piemonte,<br />
PARTITO<br />
COMUNISTA<br />
ITALIANO<br />
CLN<br />
REGIONALE<br />
LIGURE<br />
CLN<br />
PROVINCIALE<br />
PARTITO SOCIALISTA<br />
ITALIANO DI<br />
UNITÀ PROLETARIA<br />
CLN<br />
REGIONALE<br />
PIEMONTESE<br />
CLN<br />
PROVINCIALE<br />
CLN<br />
REGIONALE<br />
LOMBARDO<br />
CLN<br />
PROVINCIALE<br />
PARTITO<br />
D’AZIONE<br />
COMITATO<br />
DI LIBERAZIONE<br />
NAZIONALE ALTA ITALIA<br />
(CLNAI)<br />
PARTITO DELLA<br />
DEMOCRAZIA<br />
CRISTIANA<br />
CLN<br />
REGIONALE<br />
EMILIANO<br />
CLN<br />
PROVINCIALE<br />
PARTITO<br />
LIBERALE<br />
ITALIANO<br />
CLN<br />
REGIONALE<br />
VENETO<br />
CLN<br />
PROVINCIALE<br />
AZIENDALE COMUNALE AZIENDALE COMUNALE AZIENDALE COMUNALE AZIENDALE COMUNALE AZIENDALE COMUNALE<br />
La brigata SAP di Torino.<br />
Organizzazione politica e militare<br />
<strong>del</strong>la Resistenza.<br />
23
Costretti a sfilare sul lungolago di<br />
Verbania portando un cartello che<br />
li deride, 43 Partigiani vengono<br />
fucilati a Fondotoce dai nazisti il<br />
20 giugno <strong>del</strong> 1944.<br />
Uno di loro, Carlo Suzzi, si salva,<br />
miracolosamente con l’aiuto degli<br />
abitanti <strong>del</strong> luogo.<br />
Riprende la sua atività di<br />
partigiano con il nome di<br />
battaglia “Quarantatrè”.<br />
24<br />
Invorio La Resistenza e la Resistenza<br />
20.000 o poco meno nelle Tre Venezie, 10-11.000 in Liguria, 12-15.000 in<br />
Lombardia ed altrettanti nell’Emilia. L’unità di base dei partigiani clandestini<br />
era la squadra: da 3 a 6 uomini; l’unità operativa era la brigata, con<br />
un centinaio di uomini. Al primo posto venivano le formazioni Garibaldi.<br />
Al secondo posto le divisioni e brigate GL; includendo le formazioni<br />
GL, Matteotti, Popolo e Mazzini, il numero dei partigiani affiliati ai partiti<br />
democratici era approssimativamente quello dei partigiani comunisti. Al<br />
terzo posto erano le formazioni ex-militari, che però prima <strong>del</strong>l’insurrezione<br />
avevano già aderito al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), tramite<br />
la Democrazia Cristiana o il Partito Liberale. Rimanevano alcune bande<br />
indipendenti.<br />
Non tutti i “garibaldini” erano comunisti, come non tutti i “gielle” erano<br />
azionisti o militari monarchici. Le cifre indicano semplicemente quale era<br />
stato lo sforzo organizzativo nell’Alta Italia <strong>del</strong>le principali tendenze, che<br />
avevano contribuito a trasformare il movimento partigiano in esercito<br />
<strong>del</strong>la Resistenza.<br />
Gravi furono anche le perdite: caddero combattendo non meno di<br />
20.000 partigiani; quasi altrettanti furono fucilati e impiccati dopo essere<br />
stati catturati e generalmente torturati; 15.000 vennero feriti; migliaia di<br />
civili furono uccisi. Le perdite <strong>del</strong>la Resistenza nell’Alta Italia superarono<br />
quelle degli Alleati per l’intera campagna d’Italia. I sacrifici ed i dolori<br />
di quei venti mesi fecero sbiadire la macchia rappresentata da un<br />
ventennio di violenza fascista: la guerra partigiana era stata una guerra<br />
di espiazione, ancor prima di diventare la guerra di liberazione.<br />
La Resistenza: guerra di popolo<br />
Come dice Leo Valiani “la Resistenza fu una guerra di popolo e consentì<br />
all’Italia di collocarsi fra gli alleati con la dignità di un Paese che contribuì alla<br />
vittoria sul nazifascismo”. Ancora oggi è importante confermare la validità<br />
e l’attualità dei valori che hanno animato quel grande movimento.<br />
Possiamo quindi affermare che il primo Risorgimento fu una Rivoluzione<br />
di minoranze e, pertanto, la guerra <strong>del</strong> popolo fu teorizzata ma non<br />
realizzata, mentre questo nostro secondo Risorgimento fu veramente<br />
una guerra di popolo che coinvolse tutti i ceti sociali. Contadini, operai,<br />
borghesi, intellettuali, soldati fuggiti dalle caserme, giovani renitenti alla<br />
leva si organizzarono in formazioni partigiane per cacciare l’esercito<br />
Invorio e La la Resistenza Resistenza<br />
invasore dall’Italia. La popolazione appoggiò i partigiani dando loro<br />
assistenza, nutrimento, proteggendoli e nascondendoli durante i<br />
rastrellamenti o informandoli dei pericoli. Inoltre, contemporaneamente<br />
alla lotta armata, vi fu un’ altra lotta ugualmente importante, redditizia e<br />
forse ancor più pericolosa: lo sciopero, inteso come forma di resistenza<br />
non violenta.<br />
Ugualmente importanti furono altre attività, che oggi vengono indicate<br />
come resistenza non violenta: stampa di volantini, opuscoli e giornali<br />
di propaganda anti-tedesca; organizzazione di manifestazioni che<br />
erano ovviamente proibite dai tedeschi; sabotaggio <strong>del</strong>la produzione<br />
industriale, soprattutto di armi, diminuendo i quantitativi prodotti o<br />
producendo pezzi difettosi; ascolto <strong>del</strong>le trasmissioni radiofoniche degli<br />
alleati (in particolare Radio Londra) e diffusione di quelle informazioni<br />
sull’andamento <strong>del</strong>la guerra che i tedeschi volevano tenere segrete.<br />
Anche aiutare gli ebrei a nascondersi, come fecero molti in tutta Europa,<br />
fu una forma di resistenza.<br />
Le donne nella Resistenza<br />
Molte donne, di tutte le classi sociali, si impegnarono attivamente contro<br />
il regime e nella lotta di Liberazione. Nel novembre <strong>del</strong> 1943 fondarono<br />
i “Gruppi di difesa <strong>del</strong>la donna e per l’assistenza ai combattenti per la<br />
libertà”. Tra i compiti dei “Gruppi” vi era quello di resistere alle violenze<br />
tedesche nelle fabbriche, nelle campagne, negli uffici, nelle scuole;<br />
organizzare il sabotaggio alla produzione di guerra; raccogliere denaro<br />
e indumenti per i partigiani. Nell’Italia occupata si costituirono formazioni<br />
di “volontarie <strong>del</strong>la libertà” in cui le donne parteciparono attivamente<br />
alla guerra combattendo in prima persona, armi in pugno, a fianco<br />
degli uomini o svolgendo la funzione fondamentale di informatrici o<br />
staffette per mantenere i collegamenti tra i vari gruppi partigiani. Per<br />
lo più faceva parte dei GAP e organizzavano manifestazioni di massa,<br />
assalti ai magazzini dei viveri, scioperi (dalle risaie alle fabbriche).<br />
Secondo dati ufficiali, ma non completi, le donne appartenenti ai<br />
“Gruppi di difesa” furono 70.000; le partigiane combattenti 35.000; le<br />
commissarie di guerra 512; le donne arrestate, torturate e condannate<br />
4563; le fucilate o cadute in combattimento 632; le deportate in<br />
Germania 2750.<br />
Le donne <strong>del</strong>la Resistena ebbero<br />
il compito di mantenere i contatti<br />
fra i gruppi partigiani<br />
Staffette partigiane a Torino. (Isrp)<br />
25
“Valsesia, Valsesia”.<br />
La musica di questo canto<br />
partigiano deriva da una melodia<br />
che richiama il canto “Dalmazia<br />
Dalmazia”, un vecchio motivo<br />
“irredentista” <strong>del</strong>la prima guerra<br />
mondiale. Le parole cambiano<br />
radicalmente il significato a<br />
questo brano che diventa l’inno<br />
<strong>del</strong>la brigata Garibaldi.<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
26<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Valsesia, Valsesia<br />
Quando si tratta di attaccare<br />
noi partigiani siamo i primi<br />
tutti si affacciano a guardare<br />
tutti si affacciano al balcon<br />
Contro i tedeschi, repubblichini<br />
combatteremo: siam partigiani<br />
ai nostri morti l’abbiam giurato<br />
vogliamo vincere o morir.<br />
Valsesia, Valsesia<br />
cosa importa se si muore<br />
questo è il grido <strong>del</strong> valore<br />
partigiano vincerà.<br />
Il bersagliere ha cento penne<br />
e l’alpino ne ha una sola,<br />
il partigiano ne ha nessuna<br />
e sta sui monti a guerreggiar.<br />
Il partigiano ne ha nessuna<br />
e sta sui monti a guerreggiar.<br />
Il partigiano ne ha nessuna<br />
e sta sui monti a guerreggiar.<br />
Là sui monti vien giù la neve,<br />
la bufera <strong>del</strong>l’inverno,<br />
Il partigiano<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
ma se venisse anche l’inferno<br />
il partigiano riman lassù.<br />
Quando viene la notte scura<br />
tutti dormono alla pieve,<br />
ma camminando sopra la neve<br />
il partigiano scende in azion.<br />
Quando poi ferito cade<br />
non piangetelo dentro al cuore,<br />
perché se libero un uomo muore<br />
che cosa importa di morir.<br />
“Il partigiano”.<br />
Versione partigiana di un canto<br />
militare <strong>del</strong>la prima guerra<br />
mondiale: “Il bersagliere ha cento<br />
penne”<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
27
“O bella ciao”.<br />
Cantata pochissimo, e comunque<br />
tardivamente, nelle zone <strong>del</strong><br />
Nord Italia come il Piemonte, è<br />
diventata nel tempo la canzone<br />
per antonomasia <strong>del</strong>la Resistenza.<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
28<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Questa mattina mi sono alzato,<br />
O bella ciao, bella ciao,<br />
Bella ciao, ciao, ciao,<br />
Una mattina mi sono alzato,<br />
E ho trovato l’ invasor.<br />
O partigiano portami via,<br />
O bella ciao, bella ciao,<br />
Bella ciao, ciao,ciao,<br />
O partigiano portami via,<br />
Che mi sento di morir.<br />
E se io muoio da partigiano,<br />
O bella ciao, bella ciao,<br />
Bella ciao, ciao, ciao.<br />
O bella ciao<br />
E se io muoio da partigiano,<br />
Tu mi devi seppellir.<br />
Mi seppellisci lassù in montagna<br />
O bella ciao, bella ciao,<br />
Bella ciao, ciao, ciao,<br />
Mi seppellisci lassù in montagna<br />
Sotto l’ombra di un bel fior.<br />
Tutte le genti che passeranno<br />
Mi diranno che bel fior!<br />
E questo è il fiore <strong>del</strong> partigiano<br />
O bella ciao, bella ciao,<br />
Bella ciao, ciao, ciao,<br />
E questo è il fiore <strong>del</strong> partigiano<br />
Morto per la libertà.<br />
Sulla spalletta <strong>del</strong> ponte<br />
Le teste degli impiccati<br />
Nell’acqua <strong>del</strong>la fonte<br />
La bava degli impiccati<br />
Sul lastrico <strong>del</strong> mercato<br />
Le unghie dei fucilati<br />
Sull’erba secca <strong>del</strong> prato<br />
I denti dei fucilati<br />
Canto degli ultimi partigiani<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
Mordere l’aria mordere i sassi<br />
La nostra carne non è più d’uomini<br />
Mordere l’aria mordere i sassi<br />
Il nostro cuore non è più d’uomini<br />
Ma noi s’è letta negli occhi dei morti<br />
E sulla terra faremo libertà<br />
Ma l’hanno stretta i pugni dei morti<br />
La giustizia che si farà.<br />
Franco Fortini<br />
Franco Fortini (1917-1994),<br />
pseudonimo di Franco Lattes,<br />
assunto per le leggi razziali.<br />
Partecipò alla Resistenza in Val<br />
d’Ossola; poeta, traduttore e<br />
critico.<br />
“Canto degli ultimi partigiani”.<br />
Il poeta, in quest’opera,<br />
riproponendo i temi e le<br />
caratteristiche <strong>del</strong>le canzoni<br />
popolari cantate dai partigiani.<br />
esprime la convinzione che gli<br />
orrori perpetrati dai nazifascisti<br />
spingono ancor di più i partigiani<br />
a combattere per la giustizia e per<br />
la libertà.<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
29
“Fischia il vento”.<br />
È stato il canto più popolare tra<br />
i combattenti partigiani. I versi,<br />
cantati sulla melodia di una<br />
canzone russa intitolata Katjuša,<br />
erano stati, almeno all’inizio,<br />
composti da Giacomo Sibilla,<br />
partigiano di Oneglia, il quale<br />
aveva appreso quel canto<br />
nell’estate <strong>del</strong> 1942 mentre si<br />
trovava prigioniero in Unione<br />
Sovietica. Un altro partigiano,<br />
Felice Cascione compone i<br />
primi versi, successivamente<br />
rimaneggiati attraverso una<br />
serie di passaggi fra compagni<br />
partigiani.<br />
Spartito originale dlla canzone<br />
“Fischia il vento”. (Isrp)<br />
30<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Fischia il vento<br />
Fischia il vento e infuria la bufera<br />
scarpe rotte e pur bisogna andar<br />
a conquistare la rossa primavera<br />
dove sorge il sol <strong>del</strong>l’avvenir.<br />
Ogni contrada è la patria <strong>del</strong> ribelle,<br />
ogni donna a lui dona un sospir,<br />
nella notte lo guidano le stelle,<br />
forte il cuor e il braccio nel colpir<br />
nella notte lo guidano le stelle,<br />
forte il cuore e il braccio nel colpir.<br />
Se si coglie la cru<strong>del</strong>e morte,<br />
dura vendetta verrà dal partigian;<br />
ormai sicura è già la dura sorte<br />
<strong>del</strong> fascista vile e traditor<br />
ormai è sicura già la dura sorte<br />
<strong>del</strong> fascista vile e traditor.<br />
Cessa il vento, calma è la bufera,<br />
torna il fiero partigian,<br />
sventolando la rossa sua bandiera;<br />
vittoriosi, al fin liberi siam<br />
sventolando la rossa sua bandiera;<br />
vittoriosi, al fin liberi siam.<br />
La preghiera <strong>del</strong> partigiano<br />
Là sulle cime nevose<br />
Una croce l’è piantà<br />
Non vi son fiori nè rose<br />
Lì è la tomba di un soldà<br />
L’è un partigian l’è un partigian<br />
Che il nemico uccise<br />
L’è un partigian che nel fuoco morì<br />
Pensando alle alte vette<br />
Tre dolci e acuti canti<br />
Fra i rivoli fruscianti<br />
Snodati verso il pian.<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
“La preghiera <strong>del</strong> Partigiano”.<br />
L’autore <strong>del</strong> testo è rimasto<br />
sconosciuto, la melodia è quella<br />
<strong>del</strong> noto canto friulano “Ai preà le<br />
biele stele e le sant <strong>del</strong> Paradis”.<br />
La canzone ha assunto di volta in<br />
volta titoli diversi quali: “Rimpianto<br />
di mamma” e “Sulle cime<br />
nevose”.<br />
Fucilazione di un Partigiano in<br />
Piemonte.<br />
31
La serie <strong>del</strong>le cartine rappresenta<br />
schematicamente la cronologia<br />
<strong>del</strong>la Liberazione <strong>del</strong> Piemonte<br />
dal 25 aprile al 2 maggio 1945,<br />
articolata nelle due fasi essenziali:<br />
la battaglia di Torino e la resa<br />
<strong>del</strong>le truppe tedesche (Biella, 12<br />
maggio 1945).<br />
32<br />
Tratto da<br />
“Notizie <strong>del</strong>la<br />
Regione<br />
Piemonte”<br />
n. 2/95<br />
Invorio Resistenza e la in Resistenza Piemonte<br />
25 aprile<br />
FORMAZIONE E COMANDI<br />
Comando Partigiano<br />
Missione o Comando Alleato<br />
Comando RSI<br />
Comando Tedesco<br />
MOVIMENTI<br />
RSI<br />
Tedeschi<br />
Partigiani<br />
Alleati<br />
Zone liberate<br />
Presidio Tedesco che non si arrende<br />
Presidio Tedesco che si arrende<br />
Loalità che resta occupata in zona liberata<br />
Scontri militari, imboscate ...<br />
Interruzioni stradali importanti, ponti saltati ...<br />
Eccidio compiuto da Fascisti o Tedeschi<br />
Centrale elettrica o impianto di altro genere<br />
Località occupate dai francesi<br />
Angera<br />
Sesto Calende<br />
Borgoticino<br />
Borgo S. Martino<br />
Lonate Pozzolo<br />
Invorio Invorio e e la la Resistenza Resistenza<br />
Invorio nella Resistenza Novarese<br />
1. Resistenza, comunità e memoria<br />
Ormai da tempo si è superata la distinzione fra storia nazionale, intesa come “storia alta”, e storia locale,<br />
confinata a un ruolo di minore importanza. Molti aspetti di un tema di carattere generale, che spesso<br />
rimangono in ombra nelle più ampie sintesi a carattere nazionale, possono infatti illuminarsi e trovare ragioni<br />
profonde se declinati a livello locale. Parimenti, lo studio di un territorio circoscritto non ha senso se è descritto<br />
solo per se stesso e non è inserito in un quadro più generale, nazionale e internazionale, che fornisca<br />
coordinate interpretative di più ampio respiro. Tra i due livelli di analisi esiste quindi un rapporto di correlazione<br />
e integrazione che può condurre a un potenziamento reciproco.<br />
Per quanto riguarda la storiografia sulla Resistenza, è ormai indubbio il ruolo avuto dagli studi locali nello<br />
stimolare un ripensamento critico generale <strong>del</strong> fenomeno resistenziale. Mancano però ancora seri studi su<br />
molti territori – come ad esempio sull’area <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> – e molte sono le lacune esistenti nel panorama<br />
<strong>del</strong>le ricerche locali e regionali.<br />
Colmare queste lacune è importante, anche al fine di costruire una memoria «comunitaria» – <strong>del</strong>le<br />
«piccole» e «grandi» comunità entro cui viviamo – da tramandare ai giovani: una memoria che, senza<br />
nascondere le divisioni e sottrarsi al conflitto <strong>del</strong>le interpretazioni, possa offrire un chiaro significato alla<br />
memoria storica, valorizzando il ruolo di ciascuno e la responsabilità di tutti e assumendo così una valenza<br />
formativa per le nuove generazioni.<br />
Per questo sono importanti ricerche come quella che qui si presenta, nate nel contesto scolastico ma<br />
capaci di stimolare la riflessione <strong>del</strong>l’intera comunità locale, nonché la ripresa di studi più ampi che, in<br />
questo specifico territorio, meriterebbero ulteriori approfondimenti.<br />
2. Invorio nella guerra fascista 1940-1943<br />
Situato sulle prime alture sopra Arona, nelle colline <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, in una zona allora priva di insediamenti<br />
produttivi di rilievo, Invorio e, più in generale, l’intera provincia di Novara furono risparmiati da bombardamenti<br />
distruttivi durante gli anni <strong>del</strong>la guerra fascista. Gli aerosiluranti inglesi attraversavano il territorio <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong><br />
in alta quota, nella direzione di Milano, oppure lo sorvolavano più in basso per andare a colpire il ponte di<br />
Sesto Calende sul Ticino. Non era infrequente, che sbagliando quota, ripetessero il passaggio più di una<br />
volta, causando paura negli abitanti ma, fortunatamente, senza conseguenze.<br />
Questo non significa che la guerra non abbia inciso il suo lugubre marchio anche nella vita degli abitanti di<br />
questo territorio, con la paura per i famigliari al fronte, il dolore per i caduti, le preoccupazioni per le crescenti<br />
difficoltà materiali <strong>del</strong>la vita e l’incertezza <strong>del</strong> domani. Con il procedere <strong>del</strong> conflitto, il sopraggiungere degli<br />
sfollati dalle città, l’allontanamento forzato di molti giovani inviati al fronte e sottratti al lavoro agricolo, la<br />
conseguente crisi nella produzione di alimenti, il cattivo funzionamento <strong>del</strong>le reti di approvvigionamento, il<br />
razionamento individuale mensile dei generi tesserati e il sistema impositivo di conferimento <strong>del</strong>la produzione<br />
33
34<br />
Invorio e la Resistenza<br />
agroalimentare (i cosiddetti “ammassi”) contribuirono a rendere sempre più difficile la sopravvivenza anche in<br />
campagna e nelle zone più periferiche, diminuendo in maniera crescente il consenso popolare al regime<br />
Fu però, nell’estate e nell’autunno <strong>del</strong> 1943, che la situazione anche in queste zone, mutò radicalmente e<br />
si fece sempre più drammatica. Novara e la sua provincia che, nel corso dei precedenti tre anni di guerra,<br />
erano state preservate dalle distruzioni conosciute da altre zone d’Italia, divennero, per la loro struttura produttiva<br />
pressoché intatta, per le loro risorse agricole e per le vie di comunicazione, un territorio di fondamentale<br />
importanza strategica agli occhi degli occupanti tedeschi e <strong>del</strong>la nascente Repubblica Sociale Italiana.<br />
Situato nel mezzo di un crocevia di strade che collegano le colline <strong>del</strong>l’Alto <strong>Vergante</strong> e i monti <strong>del</strong> Verbano-<br />
Cusio-Ossola alla pianura novarese e lombarda, anche il territorio di Invorio si venne a trovare, d’improvviso,<br />
in un’area di conflitto e di forte frizione fra gli occupanti e le nascenti formazioni partigiane. Per tutta la durata<br />
<strong>del</strong>la guerra partigiana, questa zona rappresentò inoltre una sorta di porta di accesso per i giovani che,<br />
provenendo dal piano, si avviavano verso la montagna per unirsi alle brigate partigiane. La nascita <strong>del</strong><br />
movimento resistenziale in questo territorio non può quindi essere analizzata separatamente dalla situazione<br />
politica e militare venutasi a creare nei maggiori centri <strong>del</strong>la provincia di Novara, all’indomani <strong>del</strong> 25 luglio<br />
1943.<br />
3. Dal 25 luglio all’8 settembre 1943<br />
I quarantacinque giorni compresi fra la caduta <strong>del</strong> regime fascista (25 luglio 1943) e l’armistizio (8 settembre<br />
1943) non furono solo giorni di speranza e di attesa per la popolazione, ma anche di intensa attività per i<br />
centri <strong>del</strong>l’antifascismo novarese in via di riorganizzazione. Il primo “Comitato Interpartiti” attivo in provincia<br />
di Novara sorse il 26 luglio 1943, proprio nel territorio <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, ad Arona, presso lo studio <strong>del</strong>l’avvocato<br />
Carlo Torelli, antifascista di lunga data e appartenente all’allora nascente Democrazia cristiana, che venne<br />
nominato commissario prefettizio <strong>del</strong>la città. Al “Comitato interpartiti”, nucleo <strong>del</strong> futuro Comitato di liberazione<br />
nazionale (C.L.N.), parteciparono esponenti locali dei partiti antifascisti, che già operavano in clandestinità: la<br />
Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Comunista e il Partito d’Azione. Iniziative analoghe e comitati<br />
antifascisti locali si svilupparono, nei giorni e nelle settimane successive, a Novara, Borgomanero, Omegna,<br />
Verbania, Domodossola e anche in piccoli centri come Meina e Invorio, divenendo punti d’incontro per gli<br />
antifascisti e centri di raccolta e smistamento di informazioni e propaganda.<br />
Nei giorni frenetici che seguirono l’armistizio, il precipitare degli avvenimenti, l’avvicinarsi <strong>del</strong>l’occupazione<br />
tedesca e i bombardamenti su Milano coinvolsero il territorio di Arona e <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> attraverso gli sfollati, i<br />
dispersi <strong>del</strong>l’esercito, i problemi degli approvvigionamenti alimentari e le difficoltà dei cittadini comuni alle prese<br />
con il disfacimento <strong>del</strong>lo Stato. La vicinanza col confine svizzero attirava in questi territori perseguitati politici<br />
e razziali, ex confinati e prigionieri politici, che speravano di trovare una via di fuga verso la Confederazione<br />
elvetica e, in certi casi, anche un luogo dove organizzarsi e prendere le armi contro l’imminente occupazione<br />
tedesca. Oltre all’opera di assistenza a militari sbandati, prigionieri inglesi, ebrei in fuga, la preoccupazione<br />
maggiore divenne dunque quella di preparare il terreno per la futura resistenza armata, indirizzando verso le<br />
Invorio e la Resistenza<br />
montagne i giovani disposti a unirsi alle prime bande partigiane in formazione sulle colline <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>.<br />
4. L’occupazione tedesca e la strage degli ebrei sul Lago Maggiore<br />
Il 12 settembre 1943 forze militari tedesche presero possesso <strong>del</strong> capoluogo e dei principali centri <strong>del</strong><br />
novarese. L’operazione fu compiuta da un reparto <strong>del</strong>le SS <strong>del</strong>la prima divisione Leibstandarte Adolf Hitler<br />
(la divisione prediletta dal Führer), che insediò il proprio comando a Novara. Compito di queste truppe era<br />
la “bonifica” e la “normalizzazione” <strong>del</strong> territorio, prima <strong>del</strong>l’insediamento degli organi di occupazione. Ciò<br />
significava disarmare e rastrellare i militari italiani da inviare in Germania, “ripulire” il territorio dagli ebrei e porre<br />
sotto controllo gli insediamenti produttivi.<br />
Ad Arona, i militari tedeschi arrivarono nella notte <strong>del</strong> 12 settembre e occuparono la città e tutta la riviera <strong>del</strong><br />
lago sino a Pallanza, seminando il terrore. Tra il 15 e il 23 settembre, le SS, al comando di Hans Walter Krüger,<br />
Carl Herbert Schnelle e Friedrich Rölhwer, iniziarono la caccia a tutti gli ebrei residenti o sfollati negli alberghi sul<br />
lago Maggiore. Identificati in base alle liste, compilate a partire dal 1938 per effetto <strong>del</strong>le leggi razziali, o su<br />
denuncia di non sempre anonimi collaboratori italiani – tra le spie più vergognose vi fu il fascista novarese Ezio<br />
Maria Gray – ben cinquantasei ebrei (uomini, donne, bambini, anziani) furono sorpresi sulle coste <strong>del</strong> lago, ad<br />
Arona, Meina, Baveno, Intra, lungo quella “via <strong>del</strong>la speranza” che avrebbe dovuto condurli al sicuro in Svizzera.<br />
Invece di essere deportati, furono tutti trucidati sul posto e i loro corpi gettati nel lago o sepolti alla «Testa»,<br />
un bosco alla sommità <strong>del</strong>la salita di Oleggio Castello, fra Paruzzaro e Borgomanero, oppure bruciati nelle<br />
caldaie <strong>del</strong>le scuole, come accadde a Intra. Fu una strage orribile, la prima e la più grande per numero di<br />
vittime ed efferatezza compiuta in Italia, dopo quella <strong>del</strong>le Fosse Ardeatine, e risultò aggravata da motivazioni<br />
abiette, come il furto. Per di più, l’occultamento dei cadaveri venne attuato, si direbbe volutamente, in modo<br />
maldestro, affinché quelle morti suscitassero il terrore e apparissero come un monito per la popolazione.<br />
Nel frattempo, proseguiva la strategia di occupazione <strong>del</strong> territorio: tutti i maggiori insediamenti produttivi<br />
furono sottoposti a controllo militare e convertiti allo sforzo bellico tedesco, mentre i grandi alberghi <strong>del</strong> lago<br />
Maggiore e numerose ville private (a Meina, Stresa, Baveno) furono requisiti e trasformati in quartier generale<br />
<strong>del</strong>le forze di occupazione. Il terreno per l’impianto <strong>del</strong>le strutture politico-amministrative <strong>del</strong> neofascismo di<br />
Salò era così pronto.<br />
5. La nascita <strong>del</strong>la RSI e la Resistenza nel Novarese<br />
Con la costituzione <strong>del</strong>la Repubblica Sociale (R.S.I.), completamente assoggettata al controllo tedesco, e la<br />
fondazione <strong>del</strong> Partito fascista repubblicano (P.F.R.), si ricostituirono i «fasci» locali, eclissatisi dopo il 25 luglio, che<br />
ripresero il controllo politico <strong>del</strong>le amministrazioni comunali e imposero il controllo militare sul territorio attraverso<br />
una fitta rete di presidi. Nell’area <strong>del</strong> basso Verbano, <strong>del</strong> Cusio, <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> e <strong>del</strong> Borgomanesere, i presidi<br />
principali furono: Arona, Borgomanero, Omegna, Gozzano e Cressa, dove centinaia di militi controllavano<br />
i centri produttivi e il reticolo di collegamenti ferroviari e stradali che connetteva l’area lombarda a quella<br />
piemontese. Presidi temporanei furono istituiti anche in piccoli centri <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, come Invorio e Paruzzaro.<br />
35
36<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Lo sforzo di controllo <strong>del</strong> territorio da parte <strong>del</strong>le forze nazifasciste fu enorme sia per uomini e mezzi, sia<br />
per determinatezza e ferocia, ma fu ostacolato dalla presenza di un forte movimento partigiano e dalla<br />
“resistenza civile” <strong>del</strong>la maggioranza <strong>del</strong>la popolazione che, rifiutandosi di collaborare con gli occupanti<br />
tedeschi e con i repubblichini collaborazionisti, fornì spesso assistenza e soccorso ai partigiani anche a costo<br />
di rischi e sacrifici personali.<br />
Col sostegno dei C.L.N. locali e di quello provinciale – costituitosi ad Arona il 21 settembre 1943 – si<br />
organizzarono le prime formazioni partigiane, collegando tra loro bande di ex militari sbandati, renitenti alla<br />
leva che si rifiutavano di presentarsi al bando di reclutamento <strong>del</strong>la R.S.I., antifascisti reduci dalle galere<br />
fasciste, ex-confinati e fuoriusciti, che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio nelle alture <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>,<br />
nelle montagne <strong>del</strong> Verbano-Cusio-Ossola e nella vicina Valsesia. Le prime bande si installarono nel retroterra<br />
montano <strong>del</strong>le principali cittadine <strong>del</strong> nord <strong>del</strong>la provincia.<br />
Nei giorni immediatamente successivi all’armistizio, nella vicina zona <strong>del</strong> Cusio, in Valstrona, si formarono<br />
due gruppi intorno all’architetto milanese Filippo Maria Beltrami (poi caduto a Megolo con i suoi uomini<br />
il 14 febbraio 1944) e ai fratelli Antonio e Alfredo Di Dio, ufficiali di carriera che, fuggiti dalla caserma di<br />
Vercelli, avevano già adunato i primi armati nel Borgomanerese.<br />
Nel Medio novarese, sorsero piccoli nuclei di reclutamento locale per iniziativa di Arrigo Gruppi, “Moro”,<br />
nella zona di Borgomanero, e di Alessandro Boca, il comandante “Andrei”, a Fontaneto d’Agogna. Questi<br />
gruppi, cresciuti di numero e con l’apporto di altri capi partigiani, avrebbero dato vita nei mesi successivi a<br />
diverse brigate, fra le quali la “Volante Loss”, la “Strisciante Musati” e l’“Osella”, che estesero la loro azione in<br />
pianura e nella zona collinare, agendo come “punta avanzata” <strong>del</strong>le unità di montagna.<br />
Per quanto riguarda più particolarmente il territorio <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, sulle alture sopra Arona, Stresa, Baveno,<br />
sin dall’autunno <strong>del</strong> 1943, operavano diversi gruppi, prima autonomi, poi in via di collegamento all’interno<br />
di formazioni più ampie e regolari. A Sovazza, frazione di Armeno, s’installò, con una radio rice-trasmittente,<br />
Enzo Boeri, che raccolse intorno a sé, per la difesa <strong>del</strong>la postazione, alcuni uomini al comando <strong>del</strong> fratello<br />
Renato, detto “Renatino”. I primi gruppi di una certa consistenza furono quelli di “Tom Mix” (Giulio Lavarini) e di<br />
“Franco” (Franco Abrami), operanti nell’entroterra fra Baveno e Stresa e sugli opposti versanti <strong>del</strong> Mottarone.<br />
Più in giù, lungo il lago, nella direzione di Arona, operava il gruppo guidato da Giuseppino Beldì, “Peppino”,<br />
che contava circa una settantina di uomini. Dopo la morte di “Peppino” a Nebbiuno e <strong>del</strong> comandante<br />
“Franco” a Loita di Baveno tra il giugno e il luglio 1944, si costituirono nella zona <strong>del</strong> Mottarone la brigata<br />
“Paolo Stefanoni” e la brigata “Franco Abrami”, legate alla divisione “Valtoce” di Alfredo Di Dio.<br />
Contemporaneamente, nella zona collinare sovrastante Arona e Meina, tra Nebbiuno, Invorio e Paruzzaro,<br />
si erano andati radunando alcuni nuclei di resistenti. Uno dei primi in ordine di tempo fu il gruppo che<br />
si riunì, intorno ai due fratelli Carabelli, Leopoldo Bruno,“Mitra”, e Carlo,“Jonson”, nella zona compresa fra<br />
Ghevio, Silvera e l’Alpe Verdina. Questo primo gruppo di combattenti andò poi a costituire il 1° battaglione<br />
“Fusaro” <strong>del</strong>la 118 a brigata garibaldina “Remo Servadei”. Suddivisa in tre battaglioni, intitolati ai caduti Odilio<br />
Fusaro, Peppino Beldì e al georgiano Pore Musoliscvili, la brigata “Servadei”, guidata dal comandante militare<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Armando Caldara e dal commissario di guerra Aldo Tuto, raccolse nuclei e reparti di varia provenienza, tra<br />
cui erano anche molti giovani <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>.<br />
Un altro gruppo di giovani <strong>del</strong> luogo si riunì intorno ai fratelli Peppino e Fortunato Zanè (“Farfallino”) di Arona,<br />
che, dopo l’8 settembre 1943, scelsero di salire «i pendii che portano a Invorio e qui, al riparo di quei boschi<br />
cha da bambini li avevano visti compagni di giochi, si misero a raggruppare sbandati e sfollati per creare<br />
un’unità combattente». In breve tempo gli Zanè riuscirono a organizzare una squadra partigiana, che in<br />
seguito si aggregò al battaglione “Volante Azzurra” che operava tra Colazza e Massino Visconti.<br />
Nella stessa zona, un’altra unità si formò intorno a Italo Zanotti “Tito” di Invorio, cui aderirono alcuni giovani<br />
<strong>del</strong>la zona. Attivo nel territorio fra i due laghi, il Maggiore e il Cusio, fra Ameno e Ghevio, era anche il gruppo<br />
guidato da Neris Santini, “Aries”, che assunse poi il nome di “Veloce Bariselli”. Nei mesi successivi, la “Veloce<br />
Bariselli”, parte degli uomini <strong>del</strong>la “Volante Azzurra” e il gruppo guidato da “Tito” confluirono insieme nella X a<br />
brigata “Rocco”. A questa brigata, guidata dal comandante militare Andrea Cascella, “Andrea”, aderirono<br />
molti dei partigiani provenienti dai comuni di Invorio e Paruzzaro.<br />
In modi e tempi diversi – attraverso una lenta evoluzione dalle prime bande a formazioni più regolari,<br />
suddivise in brigate, battaglioni, plotoni e squadre – nacquero, in Valsesia, sotto la guida di Vincenzo Moscatelli,<br />
“Cino”, e di Eraldo Gastone, “Ciro”, le due divisioni d’assalto garibaldine, intitolate ai fratelli “Varalli” e “Pajetta”,<br />
che raggrupperanno molte <strong>del</strong>le formazioni autonome operanti nel territorio novarese. Nel Verbano-Cusio-<br />
Ossola, si formarono la divisione Garibaldi “Redi” (da cui dipendeva la X a brigata “Rocco”), le divisioni<br />
autonome “F.M. Beltrami” e “Valdossola” e la “Valtoce”. Al piano, infine, si svilupparono le divisioni “Rabellotti”<br />
e le brigate “Dellavecchia” e “Campagnoli”. Complessivamente alla fine <strong>del</strong>la guerra, si contavano nel<br />
territorio novarese, sette divisioni, cinque brigate e altre formazioni di minore consistenza numerica.<br />
6. I rastrellamenti e gli eccidi nazifascisti<br />
Durante i venti mesi di resistenza, queste formazioni diedero vita a un’attività di guerriglia costante e in<br />
continuo sviluppo per numero e qualità <strong>del</strong>le azioni, cui si contrappose una repressione sempre più spietata<br />
da parte nazifascista. Nella zona compresa fra le colline <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>, i due laghi e il Ticino, il ruolo strategico<br />
svolto dalle bande partigiane fu quello di “fare scottare il terreno sotto i piedi dei nazifascisti”. Tutto ciò si<br />
traduceva in una tattica fatta di piccole imboscate e sabotaggi, di veloci colpi di mano e rapide ritirate, che<br />
si susseguivano incalzanti, costringendo i fascisti e i tedeschi a uno snervante controllo <strong>del</strong> territorio.<br />
Di fronte all’impossibilità di debellare il movimento resistenziale operante nella provincia di Novara –<br />
la “Vandea piemontese”, come la definì Mussolini – lo sforzo dei nazifascisti si fece imponente e grandi<br />
rastrellamenti interessarono tutto il territorio, dall’Ossola al <strong>Vergante</strong>, a partire dal maggio <strong>del</strong> 1944 sino alla<br />
primavera <strong>del</strong> 1945. Nonostante l’impiego di forze sempre più ingenti e la nomina di funzionari sempre<br />
più spietati – come il prefetto Enrico Vezzalini, giunto da Ferrara con una fama di inflessibilità e cru<strong>del</strong>tà – i<br />
nazifascisti non riuscirono a debellare la resistenza, anzi, macchiandosi di eccidi nefandezze di ogni genere,<br />
finirono col rinsaldare i legami fra la popolazione e i partigiani.<br />
37
38<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Numerosi furono i crimini commessi dai nazifascisti in questo periodo, come la fucilazione dei quarantadue<br />
prigionieri avvenuta a Fondotoce il 20 giugno 1944 o gli eccidi perpetrati, per rappresaglia, a Borgoticino il 13<br />
agosto e alla frazione “Cacciana” di Fontaneto d’Agogna, data alle fiamme il 20 settembre. Il 17 settembre,<br />
anche a Invorio, in piazza Roma, l’attuale piazza Martiri, furono fucilate due persone: Arturo Pelizzoni, padre<br />
<strong>del</strong>la staffetta partigiana Edvige, e Dorina Bertona, uccisi come rappresaglia contro gli attacchi partigiani e<br />
per ritorsione contro le diserzioni dei militi <strong>del</strong>la “Folgore” che si erano uniti alle formazioni partigiane locali.<br />
Tra l’estate e l’autunno <strong>del</strong> 1944 si consumò anche l’esperienza <strong>del</strong>la libera Repubblica partigiana<br />
<strong>del</strong>l’Ossola, cui diedero il proprio contributo, occupando le forze nemiche con azioni diversive, anche uomini<br />
<strong>del</strong>le formazioni partigiane operanti nel territorio <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> e <strong>del</strong> Medio Novarese. Questi stessi uomini<br />
furono poi coinvolti in attacchi contro i presidi fascisti sparsi nella zona. Così accadde a Invorio il 12 ottobre<br />
<strong>del</strong> 1944 – quando il presidio dei paracadutisti <strong>del</strong>la “Folgore”, collocato nel palazzo municipale, fu attaccato<br />
da squadre <strong>del</strong>la “Servadei”.<br />
L’inverno seguente (1944-1945) fu molto duro per le formazioni partigiane che, ormai aumentate di numero<br />
nel corso degli anni precedenti, formavano una massa da spostare assai notevole. Per sfuggire ai continui<br />
rastrellamenti dei nazifasciti e ai rigori <strong>del</strong>l’inverno in montagna, i partigiani alternavano continui spostamenti<br />
dal monte al piano, di cascina in cascina, muovendosi lungo le pendici <strong>del</strong>le vallate, di notte, potendo<br />
contare sull’appoggio <strong>del</strong>la popolazione.<br />
Tra novembre e febbraio, prima la zona <strong>del</strong> Mottarone e successivamente la zona fra Agrate Conturbia,<br />
Veruno e Invorio, dove si erano andati affollando i partigiani calati dalla montagna, furono sottoposte a<br />
pesanti rastrellamenti. Nel mese di febbraio 1945, fu la barbara uccisione dei due partigiani <strong>del</strong>la “Volante<br />
Loss”, Ernesto Mora ed Ezio Gibin, torturati e trucidati dai fascisti di Borgomanero, a riempire di orrore la<br />
popolazione, costretta ad assistere inerme alle sevizie inferte ai due prigionieri.<br />
Nonostante i numerosi caduti e lo sconforto, causato dalla stagnazione <strong>del</strong>la guerra sul fronte interno e dal<br />
proclama <strong>del</strong> generale inglese Harold Alexander (che aveva invitato i partigiani a smobilitare per l’inverno, in<br />
attesa <strong>del</strong>l’offensiva primaverile), anche nei mesi più duri, continuarono le azioni di sabotaggio e di guerriglia<br />
in tutto il territorio <strong>del</strong>la provincia. I comandanti partigiani iniziavano ormai a intravedere la fine <strong>del</strong> conflitto<br />
e l’insurrezione nazionale, meditando di impiegare le formazioni in massa per l’attacco dei numerosi presidi<br />
dislocati nella zona. Tuttavia, si dovette attendere l’arrivo <strong>del</strong>la primavera perché tale strategia potesse essere<br />
attuata.<br />
7. L’alba tragica di San Marcello e gli ultimi mesi <strong>del</strong>la lotta partigiana<br />
Il mese di marzo <strong>del</strong> 1945 fu ricco di attività e iniziative e fu uno dei mesi più difficili vissuto dagli abitanti<br />
<strong>del</strong> <strong>Vergante</strong>. É in questo contesto che si inquadra l’episodio più noto <strong>del</strong>la lotta resistenziale avvenuto nel<br />
territorio tra Invorio e Paruzzaro: l’eccidio compiuto dai nazifascisti nella località di San Marcello, al confine<br />
tra i due comuni, la mattina <strong>del</strong> 28 marzo 1945.<br />
L’episodio di San Marcello si colloca all’interno <strong>del</strong>l’ultimo grande rastrellamento operato nella zona, cui<br />
Invorio e la Resistenza<br />
parteciparono contingenti fascisti espressamente giunti anche da Torino. L’intenzione dei nazifascisti era quella<br />
di vendicarsi contro i partigiani che agivano nel triangolo compreso fra Arona, Borgomanero e Gozzano e<br />
che, negli ultimi tempi, avevano inferto duri colpi e perdite ai contingenti fascisti. Già il 16 marzo 1945, nove<br />
partigiani <strong>del</strong> battaglione “Bariselli”, convinti di andare a un incontro per una consegna di armi e munizioni,<br />
erano caduti in un’imboscata a Montrigiasco. Il successivo 28 marzo, alle prime luci di un’alba piovigginosa,<br />
verso le 6:10, fu sferrato l’attacco contro i partigiani stanziati nella zona tra Invorio e Paruzzaro.<br />
Qui, la sera <strong>del</strong> 27 marzo, il battaglione “Emilio”, guidato da Italo Zanotti, “Tito”, si era accampato sulla<br />
collina di San Marcello. Tutt’intorno, nella zona tra Invorio e Paruzzaro, quella sera erano dislocate altre squadre<br />
di partigiani in movimento tra Armeno e il Montebarro: oltre ad alcuni gruppi <strong>del</strong>la brigata “Servadei”, c’erano<br />
anche altri gruppi appartenenti alla divisone “Beltrami”, alla “Volante Dom” e al 2° battaglione “Bariselli” <strong>del</strong>la<br />
X a brigata “Rocco”.<br />
A nulla valsero i tentativi di resistenza messi in atto dai partigiani dislocati nella cascina di San Marcello. Gli<br />
spari furono uditi anche dalle altre formazioni presenti nella zona che, però, non poterono intervenire in tempo<br />
e furono costrette a ritirarsi rapidamente verso la zona <strong>del</strong> Montebarro o verso il Cusio o il Borgomanerese.<br />
Con il sedicenne Amleto Livi,“Matteotti”, caddero così: “Generale”, Edmondo Negri di Quinto Vercellese: i<br />
garibaldini Mario Bertona, “Vento”; Carlo Garzonio, “Nuvola”, di Gallarate; Giacomo Godio, “Tom”, di Oleggio<br />
Castello; Angelo Piantanida, “Brighin”; l’invoriese Filippo Vincenzo Leggeri, “Memo”, commissario politico<br />
<strong>del</strong>la “Volante Dom”, che continuò a sparare fino all’ultimo col suo mitragliatore proteggendo la fuga dei<br />
compagni; Ugo Ballerini di Invorio e Piero Quirini, “Quiri”, anch’essi <strong>del</strong>la “Volante Dom”. Nelle operazioni di<br />
rastrellamento, rimase ucciso anche il civile Carlo Padrini, tabaccaio di Barquedo. Altri tre partigiani restarono<br />
feriti, fra i quali “Burtul”, Bortolo Consoli, uno dei primi partigiani <strong>del</strong> Cusio, appartenente alla divisione “Beltrami”<br />
e “Tigre” <strong>del</strong>la brigata “Rocco”, trasportato al sicuro dal compagno “Sparviero”.<br />
I cadaveri, abbandonati nei boschi di San Marcello, furono raccolti e pietosamente ricomposti dagli<br />
abitanti <strong>del</strong> luogo, parte alla chiesa <strong>del</strong> cimitero di Paruzzaro, parte alla chiesa di Invorio. Il monumento,<br />
dedicato nel dopoguerra alla loro memoria, resta ancora oggi a testimonianza di questi fatti (e di quelle<br />
responsabilità) ed è ormai divenuto un luogo simbolo <strong>del</strong>la memoria per gli abitanti di Paruzzaro, di Invorio e<br />
di tutto il <strong>Vergante</strong>, e non soltanto per loro.<br />
Raccontato più volte da testimoni diretti e dai protagonisti sopravvissuti all’assalto dei fascisti, l’eccidio<br />
di San Marcello ha trovato forse la sua descrizione migliore nel romanzo autobiografico, Che importa se ci<br />
chiaman banditi, di Guido Petter, che col nome di “Nemo-Tre” si era aggregato a un plotone <strong>del</strong>la X a brigata<br />
“Rocco” di stanza a Invorio verso la fine <strong>del</strong>l’inverno 1944-1945, riuscendo fortunosamente a scampare<br />
all’eccidio. Questo libro, orami divenuto un classico <strong>del</strong>la letteratura sulla Resistenza, è capace di parlare ai<br />
più giovani in quanto offre una rappresentazione autentica <strong>del</strong> mondo partigiano, in cui i toni avventurosi e<br />
ironici si alternano a quelli dolorosi, senza nascondere gli aspetti più problematici e controversi <strong>del</strong> fenomeno<br />
resistenziale.<br />
All’indomani di San Marcello, la lotta partigiana riprese e le formazioni <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> furono coinvolte, tra il<br />
39
Antonella Braga è responsabile<br />
<strong>del</strong>la sezione didattica <strong>del</strong>l’<strong>Istituto</strong><br />
storico <strong>del</strong>la Resistenza e <strong>del</strong>la<br />
Società contemporanea «Piero<br />
Fornara» di Novara. Il testo qui<br />
riprodotto è una sintesi <strong>del</strong> saggio<br />
<strong>del</strong>l’autrice, rielaborato per<br />
l’occasione, apparso con il titolo<br />
Guerra e Resistenza nel territorio<br />
di Paruzzaro e dintorni, in Renato<br />
Negro (a cura di), Parruzzaro.<br />
Storia, arte, terra e società,<br />
Comune di Paruzzaro, 2001, pp.<br />
213-240. A questo testo si rinvia<br />
anche per ulteriori riferimenti<br />
bibliografici che qui si sono limitati<br />
al minimo.<br />
Bibliografia sintetica: C. PAVONE,<br />
Una guerra civile. Saggio storico<br />
sulla moralità <strong>del</strong>la Resistenza,<br />
Torino 1991; E. MASSARA, Antologia<br />
<strong>del</strong>l’antifascismo e <strong>del</strong>la resistenza<br />
novarese. Uomini ed episodi <strong>del</strong>la<br />
lotta di liberazione, Novara 1984;<br />
M. GIARDA, La resistenza nel Cusio<br />
Verbano Ossola, Milano 1975; M.<br />
BEGOZZI, “Non preoccuparti … che<br />
muoio innocente”. Lettere di resistenti<br />
novaresi condannati a morte,<br />
Novara 1995; A. MIGNEMI, Guerriglia<br />
nel territorio di Gattico e nel Medio<br />
Novarese, in Gattico- Maggiate.<br />
Presenze storiche nel Medio Novarse,<br />
a cura di E. LOMAGLIO, Gattico 1994,<br />
pp. 387-411; C. BERTINOTTI, Ma la<br />
fortuna dei poveri dura poco. Storia<br />
<strong>del</strong>la mia vita (diario 1883-1945), a<br />
cura di G.A. CERUTTI, Novara 2005; G.<br />
PETTER, Che importa se ci chiaman<br />
banditi, Firenze 1976 (e la più<br />
recente edizione: Id., Ci chiamavano<br />
banditi, Firenze 1995).<br />
40<br />
Invorio e la Resistenza<br />
marzo e l’aprile <strong>del</strong> 1944, in azioni coordinate e di ampio respiro dal punto<br />
di vista militare, il cui episodio più significativo, anche se sfortunato, fu la<br />
battaglia di Arona, combattuta il 14 aprile 1945, al comando di Albino<br />
Calletti, il capitano “Bruno”.<br />
Dopo aver compiuto le ultime azioni per contrastare l’avanzata <strong>del</strong>la<br />
colonna tedesca Stamm verso Milano, nei giorni precedenti la liberazione<br />
– con scontri e caduti lungo tutta la dorsale <strong>del</strong> lago Maggiore sino al<br />
Ticino – i partigiani <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong> seguirono le altre formazioni vittoriose a<br />
Milano, dove entrarono trionfalmente anche reparti <strong>del</strong>la “Servadei” e<br />
<strong>del</strong>la X a brigata “Rocco”. Nel frattempo, reparti partigiani provenienti dalla<br />
Valsesia, prima di dirigersi verso Milano, completavano la liberazione <strong>del</strong><br />
territorio novarese, liberando anche la città di Novara.<br />
Prima <strong>del</strong>la resa, l’ultimo atto <strong>del</strong> fascismo repubblicano nel capoluogo<br />
fu una colossale rapina perpetrata nei confronti dei depositi <strong>del</strong>la Banca<br />
d’Italia, presso la sede locale <strong>del</strong>la Banca popolare di Novara.<br />
Cimitero di Invorio, monumento ai caduti per la libertà<br />
Antonella Braga<br />
Resistenza invoriese<br />
Invorio e la Resistenza<br />
15 Settembre 1943 Tra la provinciale per Gozzano ed il bivio di Orio Basso viene assassinata una bionda<br />
ragazza ebrea (poi sepolta sotto il fogliame) dalle S.S. provenienti forse da Arona.<br />
Primavera 1944 Nascita <strong>del</strong> primo gruppo di resistenza invoriese fondato da Zanotti Italo (Tito) e Zanè<br />
Fortunato (Farfallino).<br />
Giugno 1944 Imboscata partigiana all’ultima curva <strong>del</strong>la “Torba” contro i tedeschi. Le case vicine<br />
vengono evacuate; gli uomini si nascondono in Manzasca. Si temono rappresaglie che però non<br />
avvengono.<br />
Luglio 1944 Arresto dei genitori di Tito.<br />
14 Luglio 1944 La controffensiva nazifascista contro la “Valsesia Libera” si conclude ad Alagna con la<br />
fucilazione di 8 partigiani e 8 carabinieri tra cui Vedani Felice di Invorio Superiore.<br />
12 Settembre 1944 Forze fasciste provenienti da Arona passano per Invorio e puntano su Gozzano. Si<br />
insedia un presidio di paracadutisti <strong>del</strong>la “Folgore” nel municipio di Invorio per circa 3 mesi.<br />
17 Settembre 1944 Fucilati in piazza Roma, ora piazza Martiri, Arturo Pelizzoni e Dorina Bertona Bellosta,<br />
dalla Brigata Nera d’Arona per rappresaglia. Dorina Bertona, ferita gravemente, muore all’ospedale<br />
di Borgomanero il 19 settembre.<br />
Settembre 1944 Numerosi invoriesi vengono presi e incarcerati a Novara dalla Brigata Nera di Arona;<br />
verranno rilasciati in novembre.<br />
12 Ottobre 1944 I partigiani attaccano il presidio <strong>del</strong>la Folgore.<br />
16 Ottobre 1944 Durante un’azione di vettovagliamento in paese da parte <strong>del</strong>la squadra <strong>del</strong>la “Rocco”<br />
avviene uno scontro a fuoco nel quale viene ferito mortalmente Martinoli Franco, partigiano di Omegna.<br />
1 Novembre 1944 Fucilato a Castelletto Ticino il giovanissimo Gamarra Sergio (Tom) con altri 4<br />
partigiani.<br />
18 Novembre 1944 II partigiano milanese Vignola Gianni (Majo) catturato nei pressi di Ghevio viene<br />
ucciso, massacrato a pugnalate nella zona di Santa Croce, a Invorio.<br />
Natale 1944 Azione fascista contro il distacco <strong>del</strong>la “Emilio” -X Rocco- alla cascina Castellazzo.<br />
31 Gennaio 1945 Dopo I’Epifania inizia un grande rastrellamento nella zona.<br />
18 Marzo 1945 Muore Borsa Luigi (Gigi) in uno scontro con una pattuglia fascista.<br />
20 Marzo 1945 Viene trucidato il garibaldino Ebro Nardo (Gim) in un’imboscata a Valpiana di Valduggia.<br />
28 Marzo 1945 Eccidio di San Marcello: 9 partigiani vengono uccisi nei pressi di Paruzzaro dai<br />
nazifascisti. Anche un civile, Padrini Carlo, perde la vita.<br />
25 Aprile 1945 Zaninetti Angelo <strong>del</strong>la -X Rocco- viene ucciso a Silvera di Ghevio da una spia che teneva<br />
in custodia.<br />
26 Aprile 1945 Contrastando la ritirata <strong>del</strong>la colonna Stamm, cade Merlini Candido a Motta Grande di<br />
Dagnente.<br />
41
42<br />
Vedani Felice<br />
Pelizzoni Arturo<br />
Bertona<br />
Bellosta<br />
Dorina<br />
(Marietta)<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Invorio, 1943-1945<br />
Caduti per la libertà<br />
N.N. Ragazza ebrea Trucidata ad Invorio 15.9.1943<br />
Vedani Felice Fucilato ad Alagna (VC) 14.7.1944<br />
da Invorio Sup. (Carabiniere)<br />
Pelizzoni Arturo Fucilato ad Invorio 17.9.1944<br />
da Invorio (civile)<br />
Bertona Dorina ved. Bellosta (Marietta) Fucilata il 17.9.1944 ad Invorio e<br />
da Invorio (civile) deceduta all’Osp. di Borgomanero<br />
19.9.1944<br />
Martinoli Franco - da Omegna Caduto ad Invorio 16.10.1944<br />
Gamarra Sergio (Tom) Fucilato a Castelletto Ticino<br />
da Invorio 1.11.1944<br />
Vignola Gianni (Maio) Trucidato ad Invorio 18.11.1944<br />
da Milano<br />
Borsa Luigi (Gigi) Caduto ad Invorio 18.3.1945<br />
da Oleggio Castello<br />
Ebro Nardo (Gim) Caduto a Valpiana di Valduggia<br />
da Invorio (VC) 20.3.1945<br />
Negri Edmondo (Generale) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Quinto Vercellese<br />
Godio Giacomino (Tom) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Oleggio Castello<br />
Ebro Nardo<br />
(Gim)<br />
Leggeri<br />
Filippo<br />
Vincenzo<br />
(Memo)<br />
Bertona Mario<br />
(Vento)<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Livi Amleto (Matteotti) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Milano<br />
Quirini Piero (Quiri) - da Crusinallo Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
Piantaninda Angelo (Brighin) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Briga Novarese<br />
Garzonio Carlo (Nuvola) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Mezzana di Somma Lombarda (VA)<br />
Bertona Mario (Vento) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Invorio<br />
Leggeri Filippo Vincenzo (Memo) Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
da Invorio<br />
Ballerini Ugo - da Invorio Caduto ad Invorio 28.3.1945<br />
Padrini Carlo Caduto a Barquedo di Invorio<br />
da Barquedo d’Invorio (civile) 28.3.1945<br />
Zaninetti Angelo Caduto a Silvera di Ghevio<br />
da Orio Basso d’Invorio 25.4.1945<br />
Merlini Candido (Merlo) - da Invorio Caduto a Dagnente 26.4.1945<br />
Leoni Franco (Asso) Caduto a Invorio 26.4.1945<br />
da Arona<br />
Ferrari Francesco (Bomba) Deceduto nel campo di sterminio<br />
dalla Mescia di Invorio di Gusen (Germania) 26.4.1945<br />
Catilina Mario Deceduto nell’Osp. Marino di<br />
(Partigiano in Yugoslavia) Gelsenkirchen Essen (Germania)<br />
6.5.1945<br />
Ballerini Ugo<br />
Zaninetti<br />
Angelo<br />
Padrini Carlo<br />
Catilina Mario<br />
Ferrari<br />
Francesco<br />
(Bomba)<br />
Merlini<br />
Candido<br />
(Merlo)<br />
43
Sergio Gamarra, arrestato dai<br />
fascisti, scrisse questa lettera poco<br />
prima <strong>del</strong>la condanna a morte<br />
e <strong>del</strong>la fucilazione avvenuta a<br />
Castelletto Ticino il 1 novembre<br />
<strong>del</strong> 1944.<br />
La lettera fu affidata ad un<br />
cappellano militare che la<br />
consegnò, a fucilazione avvenuta,<br />
alla mamma.<br />
Castelletto S. Ticino, il monumento<br />
ai cinque Partigiani (fra i quali<br />
Sergio Gamarra) fucilati dai nazisti<br />
il 1 novembre 1944.<br />
44<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Gamarra Sergio<br />
(Tom)<br />
28 marzo 1945<br />
Eccidio di San Marcello<br />
Caduti per la libertà<br />
Ballerini Ugo<br />
Bertona Mario (Vento)<br />
Leggeri Filippo Vincenzo (Memo)<br />
Garzonio Carlo (Nuvola)<br />
Godio Giacomo (Tom)<br />
Livi Amleto (Matteotti)<br />
Negri Edmondo (Generale)<br />
Piantanida Angelo (Brighin)<br />
Quirini Piero (Quiri)<br />
Padrini Carlo (civile)<br />
Invorio e la Resistenza<br />
“Per i morti <strong>del</strong>la resistenza”.<br />
Qui<br />
vivono per sempre<br />
gli occhi<br />
che furono chiusi alla luce<br />
perché tutti<br />
li avessero aperti<br />
per sempre<br />
alla luce<br />
Giuseppe Ungaretti<br />
(Epigrafe per una lapide <strong>del</strong> Parco<br />
Monumentale alla Resistenza di<br />
Bossolasco, Cuneo).<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
45
Mitra: nome di battaglia di Primo<br />
Travaglini, commissario <strong>del</strong> II<br />
Battaglione “Emilio” <strong>del</strong>la Brigata<br />
“X Rocco”, protagonista con il suo<br />
gruppo <strong>del</strong> drammatico evento di<br />
San Marcello.<br />
Tratto da “La Squilla Alpina”, n. 8<br />
deI 4 novembre 1945.<br />
“La Squilla Alpina” era il foglio di<br />
combattimento <strong>del</strong> IV settore<br />
<strong>del</strong>la Federazione comunista<br />
milanese.<br />
Cimitero di Paruzzaro, Chiesa di<br />
San Marcello vista da sud.<br />
46<br />
Invorio e la Resistenza<br />
San Marcello e un giorno di lotta<br />
Un battaglione fe<strong>del</strong>e al suo nome: l’“Emilio”<br />
28 Marzo 1945. L’alba sorgente dietro la catena dei monti fa risplendere<br />
le prime foglie bagnate dal diluvio di ieri. Un’alba stranamente silenziosa:<br />
un vagare nell’aria di un non so che di misterioso. Nella cascina ai piedi<br />
<strong>del</strong>la collina una trentina di uomini dormono, i panni freddi, avvoltolati<br />
fra le coperte umide. Non posso dormire, non sono tranquillo. Da tre<br />
giorni sulla sponda <strong>del</strong> Cusio «si rastrella». Son venuti da Torino ed hanno<br />
incominciato in grande stile. Siamo tra Gozzano-Arona-Borgomanero: tre<br />
presidi, da tempo minacciati ed insidiati. Dieci giorni fa, a un chilometro<br />
di qua lasciarono venticinque morti. Verranno?<br />
Fuori Poldo di sentinella, appollaiato sulla mensola di una cappella,<br />
vigila il sonno dei compagni. É un buon ragazzo e ci si può fidare.<br />
Improvvisamente uno sparo, due, tre, Il segnale d’allarme. Vien da<br />
lnvorio, esattamente dalla parte <strong>del</strong> cimitero. Guardo l’ora: le 6:10. Non<br />
può essere che il distaccamento di Rosso a Moredo. Il segnale viene<br />
di là, ed è esatto. Due minuti e gli uomini sono in piedi. Le scarpe non<br />
calzano e i legacci si rompono. Si scende così dal fienile, in cortile dò<br />
qualche ordine. Quella brava gente ospitale s’affanna, teme, corre<br />
fuori, incita. Si nasconde il materiale da cucina: gli zaini sono affar<strong>del</strong>lati.<br />
Faccio uscire la prima squadra, con obiettivo la Testa-Maggiate. Dieci<br />
uomini mi sfilano davanti. Nessuno parla, ci guardiamo negli occhi: ci<br />
salutiamo così. Può essere l’arrivederci, come anche l’ultimo addio.<br />
Verso lnvorio sparano ancora: seguo la squadra con gli occhi e col<br />
cuore: sono andati. Più tardi saprò che alla Testa han dovuto aprirsi il<br />
varco col fuoco: e son passati, ma il buon Tom vi rimase, proprio là,<br />
sopra il suo paese, a guardare la casa che lo avrebbe atteso invano.<br />
Esco con il resto <strong>del</strong> plotone. Ormai ci bersagliano alle spalle, da<br />
Paruzzaro, ed è giocoforza gettarsi verso la Testa. Troveremo gli altri due<br />
plotoni, Nicola, Tito, il Comando?<br />
Tutti assieme daremo battaglia. Illusione! «si rastrella» in grande stile e<br />
tutta la zona è bloccata. Ad una curva, sopra la cascina, l’imboscata.<br />
E Nuvola cade in avanti, la tuta da meccanico rossa di sangue, fulminato<br />
al petto. Cade anche Eros, ma non morrà e ritornerà alle sue ferramenta.<br />
Cade invece Brighin, tanto giovane ed esuberante. Son le prime vittime<br />
Invorio e la Resistenza<br />
con il sedicenne Matteotti e Generale le prime vittime di questo giorno,<br />
il più nero <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong> Battaglione “Emilio”. Ci si butta nel prato, sui<br />
costoni. Tito e Zambo in piedi, coi loro Brenn sono da ammirare. Vedo<br />
ancora Vento stramazzare al suolo. Lo chiamo ma il buon Mario non<br />
risponde più. Ho un nodo alla gola, la bava alla bocca. Franz, sempre<br />
fe<strong>del</strong>e e vicino, la canna <strong>del</strong>lo Sten arroventata comprende. Grida lui<br />
per me: “Sparate, fuoco, per Dio”. É un inferno! Riparato dietro un tronco,<br />
straccio le note che posseggo. Un buco con le unghie, e il segreto è<br />
sicuro. Se cadrò anch’io non sapranno nulla, nulla dei miei uomini. Nella<br />
battaglia, Bull e Merlo, inseparabili, fanno miracoli, saranno poi citati<br />
all’ordine <strong>del</strong> giorno, e un mese più tardi Merlo cadrà vicino alla sua<br />
arma ed al suo capo arma Leoni sulla rocca di Arona.<br />
Ci sganciamo verso le otto. Altre armi ci inseguono: son quelle stesse<br />
che qualche ora prima han finito Ballerini, è la mitraglia <strong>del</strong> cimitero che<br />
qualche minuto fa ha colpito l’indimenticabile Memo che solo contro<br />
sette, ha sparato fino all’ultimo.<br />
E si ripara in Val Sesia. Insanguinati, stanchi, ma poi coi giovani <strong>del</strong>la<br />
Curiel ci si rifà. Arriva anche Sparviero, che sotto il fuoco s’è fermato a<br />
raccogliere Tigre e l’ha trascinato lontano, al sicuro. Ne mancano dieci:<br />
sette caduti, tre feriti.<br />
(…) “Mitra”<br />
Invorio, cippo collocato nel luogo<br />
dove è caduto Vincenzo Leggeri.<br />
Sulla lapide si legge:<br />
“A perenne ricordo <strong>del</strong> volontario<br />
P. Lib. Vincenzo Leggeri (Memo)<br />
d’anni 20 trucidato dai nazifacisti il<br />
28/3/1945”.<br />
Sul medesimo cippo è stata<br />
collocata una targa a ricordo <strong>del</strong><br />
sacrificio avvenuto nelle stesse ore<br />
di Ugo Ballerini.<br />
47
Il giovane partigiano Nemo<br />
(Guido Petter), dopo essere<br />
giunto ad Invorio (marzo 1945)<br />
con gli altri compagni ed essere<br />
sfuggito fortunosamente ad un<br />
rastrellamento compiuto dai<br />
tedeschi, apprende che “ci sono<br />
dei morti, giù a Paruzzaro”.<br />
(brano tratto da G. Petter<br />
“Ci chiamavano banditi”)<br />
Chiesa di San Marcello al cimitero<br />
di Paruzzaro.<br />
48<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Come nella tenda<br />
(…) Mi hanno detto che giù a Paruzzaro...<br />
(…) Laggiù, da una stradicciola a bordo <strong>del</strong> bosco, viene avanti un<br />
carro a due ruote, tirato a mano da un uomo e spinto, ai lati da altri<br />
due. (…) Getto uno sguardo oltre il bordo <strong>del</strong> carro. C’è sul fondo un<br />
corpo disteso, nascosto da una coperta, solo le mani spuntano, e sono<br />
terree. Guardo in faccia gli uomini. Uno, in silenzio, allunga il braccio,<br />
scosta un lembo <strong>del</strong>la coperta sino a scoprire un viso incorniciato da<br />
lunghi capelli biondi, i corti baffi sporchi di sangue raggrumato, uscito<br />
dalla bocca, dal naso, e ormai nero.<br />
— Ma è Vento!<br />
— Sì. Lo portiamo a casa.<br />
— Ma... come?<br />
— Nel bosco. Lo abbiamo trovato nel bosco. Ce lo portiamo a casa.<br />
Ce n’erano altri, li hanno messi nella chiesa <strong>del</strong> cimitero.<br />
(…) Il contadino ricopre il volto di Vento, poi il carro si rimette in cammino,<br />
sussultando nei solchi. Resto immobile a guardare. In quel carro che va<br />
via c’è Vento, Non Io ascolterò più parlare, né più lo vedrò ridere, Vento.<br />
La sua vita è finita in questo bosco, all’alba.<br />
(…) Torno a camminare, col passo improvvisamente più pesante. Al<br />
di là <strong>del</strong>la curva, fra gli alberi che si intagliano nitidi nel cielo rosso <strong>del</strong><br />
tramonto, ecco il piccolo campanile, (…) Sotto, già nell’ombra, la<br />
chiesa, (…) Dentro, la piccola chiesa è ormai quasi buia, per chi viene<br />
da fuori; (…) A destra e a sinistra due file di banchi, massicci, cinque per<br />
fila, con gli schienali di legno pieno, i lunghi sedili, gli inginocchiatoi.<br />
(…) All’estremità di ogni banco, quella rivolta verso il centro <strong>del</strong>la chiesa,<br />
ho scorto un paio di piedi. Piedi contro piedi, alcuni con le scarpe, altri<br />
senza, con in mezzo un breve corridoio, come quando si dormiva<br />
insieme sotto quella tenda. Solo che questi non sono piedi di compagni<br />
addormentati, pronti a balzare su ad un rumore, ad un richiamo, ad un<br />
piccolo scherzo; sono piedi di miei compagni morti.<br />
— Sono compagni tuoi — mi conferma qualcuno. (…) — Li abbiamo<br />
trovati qui intorno, oggi pomeriggio. Prima non si poteva. Li abbiamo<br />
portati qui. Se vuoi vederli, vieni.<br />
Mi muovo con lui, avanzo nel corridoio fra i banchi, mi fermo accanto<br />
Invorio e la Resistenza<br />
al primo. L’uomo alza la lampada e getta luce su un lungo corpo in<br />
posizione innaturale, con le braccia quasi attorcigliate al torace e il<br />
capo rivolto da un lato. É la divisa marrone ben nota, strappata: ma il<br />
volto è di un giovane che mi sembra di non aver mai visto prima.<br />
(…) Scorgo adesso un paio di piedi con scarpe di cuoio giallo, a stivaletto,<br />
la lampada li illumina passando. E trasalgo. Scarpe così le portava il<br />
tedesco ucciso in pineta, ed erano toccate a Primula, che era quasi<br />
a piedi nudi. E Primula è oltre la spalliera <strong>del</strong> banco, eccolo là disteso,<br />
con le braccia incrociate sul ventre, gli occhi semiaperti, appannati.<br />
— É Primula! — urlo. Ma l’urlo è solo dentro di me, la mia voce è un<br />
mormorio, (…)<br />
Passiamo accanto a un altro morto, che non riconosco. E poi ecco,<br />
proprio nel primo banco, Omero. La grande barba gli copre il petto, una<br />
gamba è piegata in modo innaturale. Il volto è sereno, solo un piccolo<br />
foro nella fronte, sopra l’occhio destro. Se non fosse per quella strana<br />
posizione <strong>del</strong>la gamba sembrerebbe dormire. Lo guardo impietrito, non<br />
parlo neppure più. (…) E sento le lacrime che mi scorrono sul viso e<br />
scendono fino ad entrarmi negli angoli <strong>del</strong>la bocca.<br />
«Ma non è finita, Nemo» mi dico. «Ti resta l’altra fila, forse c’è ancora<br />
qualcuno che conosci, qualcuno con il quale sino a ieri parlavi, col<br />
quale hai vissuto, scherzato, camminato».<br />
Ecco, infatti in prima fila, Generale, così lungo che i piedi sporgono dal<br />
banco, e magro, più di quando, ieri sera, era ancora vivo. É lì disteso<br />
nel suo maglione bianco, e io so che quel maglione continua sotto i<br />
pantaloni fino ai piedi, ma non basta più a vincere il freddo che ora lo<br />
tiene. Non ha più gli occhiali, Generale, e una pallottola deve essergli<br />
uscita dalla bocca, dove c’è una ferita che lascia vedere i denti spezzati,<br />
scardinati.<br />
E più in là, sotto la luce <strong>del</strong>la lampada, il volto infantile di Matteotti. Mi<br />
appoggio al banco, la testa mi si annebbia, sento che sto per cadere.<br />
Riesco a restare in piedi, forse nessuno si è accorto di quel momento di<br />
smarrimento estremo. Non ho il coraggio di tornare a guardarlo, il mio<br />
giovane amico, spensierato e insieme malinconico.<br />
Il mio sguardo è fisso ai piedi, alle gambe, quelle <strong>del</strong> “percorso di guerra”<br />
che non è bastato a salvarlo; poi sale alle dita chiuse a pugno accanto<br />
alle tasche, da una <strong>del</strong>le quali sporge l’estremità <strong>del</strong>l’armonica. E poi<br />
Guido Petter (1927-Luino).<br />
Professore di Psicologia <strong>del</strong>l’età<br />
evolutiva all’università di Padova,<br />
giovanissimo partecipò alla<br />
lotta partigiana, inizialmente ad<br />
Invorio, poi in Valdossola, nella<br />
X Brigata Rocco. Proprio ad<br />
Invorio, giungendo da Milano<br />
in una giornata invernale, in<br />
cerca di partigiani ai quali unirsi,<br />
incontra i primi compagni “Mitra,<br />
Omero, Nuvola, Tigre, Primula…”<br />
al Castellaccio, la cascina dei<br />
grandi ciliegi. Ha raccontato <strong>del</strong>la<br />
sua partecipazione alla Resistenza<br />
in vari testi: “Ci chiamavano<br />
Banditi”, “Una banda senza<br />
nome”, “Nel rifugio segreto” e<br />
“Sempione 45”.<br />
La cascina Castellaccio oggi.<br />
49
Scorci <strong>del</strong>l’interno <strong>del</strong>la Chiesa<br />
di San Marcello al cimitero di<br />
Paruzzaro.<br />
50<br />
Invorio e la Resistenza<br />
più su, al petto. Anche Matteotti ha un maglione bianco; è solo un<br />
maglione, non una tuta, e ha due grandi macchie nere, quasi rotonde,<br />
quasi eguali, intorno a due piccoli strappi, il segno <strong>del</strong>le due pallottole in<br />
agguato che lo hanno colpito all’alba, e forse il maglione bianco che<br />
andava via pei campi è stato un bersaglio. Su, su, fino al viso. Non puoi<br />
rifiutarti di guardarlo, Nemo, è l’ultima volta che lo fai. Ricordi quello che<br />
ti ha detto ieri sera? Ci vediamo, domani. Il volto è quello di un ragazzo,<br />
le labbra sembrano schiuse come a uno strano sorriso, lasciano vedere<br />
i denti bianchi, ma questi sono serrati.<br />
Gli sfioro una mano; vedo le mie lacrime che cadono dalla mia faccia<br />
china, la lanterna le illumina come rade gocce di pioggia. Prendo<br />
l’armonica e la sfilo <strong>del</strong>icatamente. Che qualcosa mi rimanga, di lui.<br />
— Basta — dico piano, e mi volto. Ci sono altri banchi e altri morti,<br />
ma non voglio vedere più, restino lì nell’ombra, domani mi diranno chi<br />
erano, ora non sono più in grado di sopportare. Vado quasi correndo<br />
verso la porta ed esco, nella penombra <strong>del</strong>la sera.<br />
É una sera dolce, quasi tiepida; nell’aria immobile scivola già, con<br />
volo obliquo, qualche pipistrello uscito dalle tane invernali; nel prato<br />
accanto, di là dal muro, c’è un grande mandorlo fiorito. É una <strong>del</strong>le<br />
ultime sere di marzo.<br />
Respiro l’aria pura <strong>del</strong> bosco, fermo presso lo stipite, dove ho deposto la<br />
mia roba, e la consapevolezza di essere ancora vivo mi dà un oscuro<br />
senso di colpa, che si mescola al dolore e alla pietà per i compagni<br />
uccisi. «Che cosa ho fatto di diverso da loro per meritare, io, di restare<br />
vivo? Che cosa ho fatto, oltre a stare nascosto, chiuso dentro una stalla?»<br />
(…) Alcuni contadini tornano dal bosco e portano una scala usandola<br />
come barella. (…) La scala viene appoggiata per terra. Si incrociano<br />
domande, notizie.<br />
— É l’ultimo — dice qualcuno. Non ce ne sono altri, qui intorno.<br />
— Dove l’avete trovato?<br />
— Era impigliato nel filo spinato, dove comincia il bosco. Forse era<br />
già ferito; si è impigliato e gli sono piombati addosso. L’hanno finito a<br />
pugnalate. (…)<br />
— Abbiamo fatto fatica a liberarlo — dice ancora uno. — La tuta era<br />
attorcigliata, non voleva venir via.<br />
Ecco. Ora so chi sta disteso su quella scala, e un’onda di nuovo dolore<br />
Invorio e la Resistenza<br />
mi sale in gola. Non ho bisogno di guardare dove guardano gli altri, chini<br />
intorno alla lampada. So già che cosa vedrei: la tuta azzurra di Nuvola,<br />
troppo grande, troppo grande per lui; così grande che gli si è impigliata<br />
nel filo, e lo ha trattenuto là, al bordo <strong>del</strong> bosco, mentre cercava di<br />
andar via anche lui verso la salvezza, disperatamente, come gli altri.<br />
È il 28 marzo 1945.<br />
Guido Petter<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
Rappresenta l’interno <strong>del</strong>la chiesa<br />
di San Marcello con i corpi dei<br />
Partigiani caduti.<br />
51
(a lato) Atto notorio attestante<br />
l’avvenuta fucilazione per<br />
rappresaglia di Pelizzoni Arturo.<br />
(in basso) Invorio, piazza Martiri,<br />
lapide in memoria di Pelizzoni<br />
Arturo e Bertona Dorina fucilati il 17<br />
settembre 1944 e (sopra) la lapide<br />
a ricordo di tutti i martiri invoriesi<br />
per la libertà.<br />
52<br />
Invorio e la Resistenza<br />
1 2 3<br />
2<br />
4<br />
4 5<br />
6<br />
3<br />
Invorio e la Resistenza<br />
5<br />
1<br />
1945: Partigiani <strong>del</strong> 2° battaglione<br />
P. Beldì, Brigata Servadei.<br />
Nelle immagini a lato si<br />
riconoscono gli invoriesi:<br />
1 - Oreste Martelli (Nello)<br />
2 - Angelo Barozzi (Baciccia)<br />
3 - Ugo Bassetti<br />
4 - Luigi Cristina (Runcasc)<br />
5 - Giovannangelo Bassetti<br />
(Valanga)<br />
6 - il Comandante Edo, barbuto,<br />
al centro<br />
53
Invorio, febbraio 1945.<br />
Partigiani georgiani che<br />
combattevano a fianco dei nostri.<br />
1 - Darbiashvili Kolia (Cioceti)<br />
2 - Vacheishvili Kolia (Batumi)<br />
3 - Gastone = Commissario btg<br />
Peppino (Cattaneo Enrico -<br />
Milano + 1986)<br />
4 - Gobekishvili Iralla = Cogolo<br />
5 - Pazkaladze Shota (Tbilisi)<br />
6 - Vacheishvili Shaliko<br />
7 - Shonia Lusiane<br />
8 - Gaghiladze Ghiorghi = dottore<br />
(Sokumi)<br />
9 - Gabisonia Platoni<br />
10 - Siai (Vaprio d’Agogna)<br />
11 - Vitorino (Vaprio d’Agogna)<br />
12 - Kapanade Davit<br />
13 - Valanga = Bassetti Gio. Angelo<br />
(Invorio)<br />
Invorio, 1946: insieme al<br />
“monumento dei Partigiani”, per<br />
ricordare chi è caduto per la<br />
libertà.<br />
Monumento inaugurato nel<br />
novembre <strong>del</strong> 1945.<br />
54<br />
Invorio e la Resistenza<br />
6<br />
1<br />
7<br />
2<br />
3<br />
10 11 12 13<br />
8<br />
4<br />
9<br />
5<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Documento realizzato dal<br />
Comitato Liberazione Nazionale di<br />
Invorio a ricordo dei combattenti<br />
<strong>del</strong>la seconda Guerra Mondiale.<br />
Invorio, il monumento a ricordo<br />
<strong>del</strong>la battaglia di San Marcello,<br />
così come è oggi, dopo la<br />
ristrutturazione <strong>del</strong> 1990.<br />
55
Pergamena con il timbro ufficiale<br />
<strong>del</strong> “C.L.N. Arona”, che i membri<br />
si sono reciprocamente donata<br />
a ricordo <strong>del</strong> loro impegno nella<br />
Resistenza.<br />
Un corteo a Milano per festeggiare<br />
la Liberazione. In prima fila i capi<br />
<strong>del</strong> C.L.N.<br />
56<br />
Invorio e la Resistenza<br />
Sapemmo di essere soli e vivi<br />
E allora noi vili<br />
che amavamo la sera<br />
bisbigliante, le case,<br />
i sentieri sul fiume,<br />
le luci rosse e sporche<br />
di quei luoghi, il dolore<br />
addolcito e taciuto<br />
noi strappammo le mani<br />
dalla vile catena<br />
e tacemmo, ma il cuore<br />
ci sussultò di sangue,<br />
e non fu più dolcezza,<br />
non fu più abbandonarsi<br />
al sentiero sul fiume<br />
non più servi, sapemmo<br />
di essere soli e vivi.<br />
Cesare Pavese<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
Cesare Pavese (1908-1950).<br />
Poeta e narratore, è uno dei<br />
maggiori scrittori italiani <strong>del</strong> ‘900;<br />
condannato al confino per le sue<br />
idee antifasciste, partecipò alla<br />
lotta partigiana. Il poeta, nella<br />
lirica, afferma che quando inizia<br />
la Resistenza, la lotta partigiana, i<br />
migliori sentono di voler e di dover<br />
riconquistare per sé e per gli altri<br />
la libertà perduta, sanno che,<br />
liberi dalla schiavitù spirituale in cui<br />
sono vissuti per anni, sono soli e<br />
vivi, responsabili <strong>del</strong>le loro azioni.<br />
I fratelli Menicatti, partigiani <strong>del</strong>la<br />
zona di Alba, vengono condotti<br />
alla fucilazione.<br />
57
Salvatore Quasimodo (1901-1968).<br />
Nel 1959 gli fu conferito il<br />
premio Nobel per la letteratura.<br />
Nella prima fase <strong>del</strong>la sua<br />
produzione, fino al 1942 può<br />
essere considerato un poeta<br />
ermetico. Con lo scoppio <strong>del</strong>la<br />
seconda guerra mondiale, la<br />
sua poesia subisce un profondo<br />
cambiamento passando a un<br />
forte impegno civile e sociale.<br />
“Alle fronde dei salici”.<br />
La lirica rievoca uno dei momenti<br />
più tragici <strong>del</strong>la seconda guerra<br />
mondiale, quando i tedeschi<br />
divennero “stranieri” sul nostro<br />
territorio e cercarono di imporre<br />
con la forza e la violenza la loro<br />
oppressione.<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
58<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Alle fronde dei salici<br />
E come potevamo noi cantare<br />
con il piede straniero sopra il cuore,<br />
fra i morti abbandonati nelle piazze<br />
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento<br />
d’agnello dei fanciulli, all’ urlo nero<br />
<strong>del</strong>la madre che andava incontro al figlio<br />
crocifisso sul palo <strong>del</strong> telegrafo?<br />
Alle fronde dei salici, per voto,<br />
anche le nostre cetre erano appese,<br />
oscillavano lievi al triste vento.<br />
Salvatore Quasimodo<br />
Milano, agosto 1943<br />
Invano cerchi tra la polvere,<br />
povera mano, la città è morta.<br />
É morta: s’è udito l’ultimo rombo<br />
sul cuore <strong>del</strong> Naviglio. E l’usignolo<br />
è caduto dall’antenna, alta sul convento,<br />
dove cantava prima <strong>del</strong> tramonto.<br />
Non scavate pozzi nei cortili:<br />
i vivi non hanno più sete.<br />
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:<br />
lasciateli nella terra <strong>del</strong>le loro case:<br />
la città è morta, è morta.<br />
Salvatore Quasimodo<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
“Milano, agosto 1943”.<br />
Questa lirica fu scritta dopo uno<br />
dei più tremendi bombardamenti<br />
su Milano.<br />
Tutto sembra inutile; regna<br />
ormai sovrano un cupo senso di<br />
desolazione e di morte, una morte<br />
che non è solo <strong>del</strong>la città ma è<br />
morte cosmica.<br />
Milano, Piazza Fontana<br />
bombardata1943.<br />
59
“Uomo <strong>del</strong> mio tempo”.<br />
Al termine <strong>del</strong>la seconda guerra<br />
mondiale ancora sconvolto<br />
dagli orrori cui ha assistito, lancia<br />
un appello perché un futuro di<br />
pace, di umana fratellanza possa<br />
prospettarsi alle future generazioni.<br />
L’esplosione <strong>del</strong>la bomba atomica<br />
su Nagasaki il 9 agosto 1945.<br />
Nagasaki: la devastazione dopo<br />
il lancio <strong>del</strong>la seconda bomba<br />
atomica.<br />
60<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Uomo <strong>del</strong> mio tempo<br />
Sei ancora quello <strong>del</strong>la pietra e <strong>del</strong>la fionda,<br />
uomo <strong>del</strong> mio tempo. Eri nella carlinga,<br />
con le ali maligne, le meridiane di morte,<br />
- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,<br />
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,<br />
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,<br />
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,<br />
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero<br />
gli animali che ti videro per la prima volta.<br />
E questo sangue odora come nel giorno<br />
quando il fratello disse all’ altro fratello:<br />
“andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,<br />
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.<br />
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue<br />
salite dalla terra, dimenticati i padri:<br />
le loro tombe affondano nella cenere,<br />
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.<br />
Salvatore Quasimodo<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
Veduta di Hiroscima distrutta dalla<br />
bomba atomica sganciata dagli<br />
americani il 6 agosto 1945.<br />
Auschwitz, 1944: ragazzi internati<br />
di un campo di concentamento.<br />
61
“La guerra di Piero”.<br />
Fabrizio De Andrè si ispira alla<br />
figura <strong>del</strong>lo zio Francesco.<br />
Il ricordo <strong>del</strong> suo ritorno dal<br />
campo di concentramento,<br />
i suoi racconti sulla guerra e<br />
la sua partecipazione alla<br />
campagna d’Albania segnano<br />
profondamente la sensibilità <strong>del</strong><br />
cantautore.<br />
62<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
La guerra di Piero<br />
Dormi sepolto in un campo di grano,<br />
non è la rosa non è il tulipano<br />
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,<br />
ma sono mille papaveri rossi.<br />
Lungo le sponde <strong>del</strong> mio torrente<br />
voglio che scendano i lucci argentati,<br />
non più cadaveri dei soldati<br />
portati in braccio dalla corrente.<br />
Così dicevi ed era d’inverno<br />
e come gli altri verso l’inferno<br />
te ne vai triste come chi deve,<br />
il vento ti sputa in faccia la neve.<br />
Rit. Fermati Piero,fermati adesso,<br />
lascia che il vento ti passi un po’ addosso,<br />
dei morti in battaglia ti porti la voce,<br />
chi diede la vita ebbe in cambio una croce.<br />
Ma tu non lo udisti e il tempo passava<br />
con le stagioni a passo di “java”<br />
ed arrivasti a varcar la frontiera<br />
in un bel giorno di primavera.<br />
E mentre marciavi con l’anima in spalle<br />
vedesti un uomo in fondo alla valle<br />
che aveva il tuo stesso identico umore<br />
ma la divisa di un altro colore.<br />
Rit. Sparagli Piero, sparagli ora,<br />
e dopo un colpo sparagli ancora<br />
fino a che tu non lo vedrai esangue,<br />
cadere in terra e coprire il suo sangue.<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
E se gli spari in fronte o nel cuore,<br />
soltanto il tempo avrà per morire,<br />
ma il tempo a me resterà per vedere,<br />
vedere gli occhi di un uomo che muore.<br />
E mentre gli usi questa premura<br />
quello si volta, ti vede, ha paura<br />
ed imbracciata l’artiglieria<br />
non ti ricambia la cortesia.<br />
Rit. Cadesti a terra senza un lamento<br />
e ti accorgesti in un solo momento<br />
che il tempo non ti sarebbe bastato<br />
a chieder perdono per ogni peccato.<br />
Cadesti a terra senza un lameto<br />
e ti accorgesti in un solo momento<br />
che la tua vita finiva quel giorno<br />
e non ci sarebbe stato ritotno.<br />
Ninetta mia, crepare di Maggio<br />
ci vuole tanto, troppo coraggio,<br />
Ninetta bella, dritto all’inferno<br />
avrei preferito andarci d’Inverno.<br />
E mentre il grano ti stava a sentire<br />
dentro le mani stringevi il fucile,<br />
dentro a la bocca stringevi parole<br />
troppo gelate per sciogliersi al sole.<br />
Rit.Dormi sepolto i n un campo di grano,<br />
non è la rosa, non è il tulipano<br />
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,<br />
ma sono mille papaveri rossi.<br />
F. De Andrè<br />
Le truppe italiane in ritirata dopo<br />
la battaglia di Stalingrado (2<br />
febbraio 1943), nella quale i<br />
sovietici sconfissero i nazifascisti.<br />
63
Giuseppe Ungaretti (1888- 1970)<br />
É considerato l’iniziatore <strong>del</strong>la<br />
poetica <strong>del</strong>l’ermetismo, incentrata<br />
sull’essenzialità <strong>del</strong>la parola. Il<br />
poeta coinvolto nella realtà di<br />
dolore e massacro <strong>del</strong>la I guerra<br />
mondiale riflette sulla fragilità<br />
<strong>del</strong>l’uomo, la precarietà e il dolore<br />
<strong>del</strong>l’esistenza. In questa lirica<br />
avverte i significati più profondi<br />
<strong>del</strong>la parola “Fratelli”: un senso<br />
di ribellione alla violenza e la<br />
consapevolezza che ogni guerra,<br />
in qualsiasi luogo o periodo sia<br />
combattuta, accomuna il destino<br />
di tutti coloro che la combattono.<br />
Gennaio 1943, battaglia di<br />
Stalingrado.<br />
64<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Di che reggimento siete<br />
Fratelli?<br />
Parola tremante<br />
nella notte<br />
Foglia appena nata<br />
nell’aria spasimante<br />
involontaria rivolta<br />
<strong>del</strong>l’uomo presente alla sua<br />
fragilità<br />
Fratelli<br />
Fratelli<br />
Mariano il 15 luglio 1916<br />
Giuseppe Ungaretti<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
Anna Frank (1929-1945).<br />
Ebrea olandese morta nel campo<br />
di concentramento nazista di<br />
Bergen Belsen, autrice di un<br />
famoso Diario, ritrovato, dopo<br />
la fine <strong>del</strong>la guerra, nell’alloggio<br />
segreto dove la famiglia Frank<br />
viveva in clandestinità dal 1942;<br />
consegnato al padre, Otto Frank,<br />
unico superstite <strong>del</strong>la famiglia,<br />
fu pubblicato nel 1947 ad<br />
Amsterdam. Questa pagina,<br />
considerata il testamento spirituale<br />
di Anna Frank, è una <strong>del</strong>le ultime<br />
pagine <strong>del</strong> Diario, scritta poco<br />
prima che la polizia irrompesse<br />
nell’alloggio segreto ed arrestasse<br />
i Frank.<br />
65
Pablo Neruda (1904- 1973)<br />
É lo pseudonimo di Ricardo<br />
Neftali Reys. Grande poeta cileno,<br />
ottenne già agli esordi, molti<br />
consensi. La partecipazione alla<br />
guerra civile spagnola segnò il<br />
passaggio alla poesia sociale e<br />
politica. Nel 1945 abbandonò<br />
il Cile per un lungo esilio. Nel<br />
1971 ebbe il premio nobel per la<br />
letteratura. Il poeta, in quest’ode,<br />
annuncia con accenti commossi<br />
e profetici, un’epoca nuova non<br />
più intrisa di sangue e violenza,<br />
ma tutta pervasa da sentimenti di<br />
pace, di tranquillità, di fratellanza<br />
fra gli uomini.<br />
66<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Ode alla pace<br />
Sia pace per le aurore che verranno<br />
E pace per le ceneri di questi morti,<br />
pace per tutto il grano<br />
che deve nascere,<br />
pace per tutti i vivi,<br />
pace per tutte le terre e le acque.<br />
E ora vi saluto,<br />
torno alla mia casa, ai miei sogni,<br />
[…]<br />
Nessuno pensi a me.<br />
Pensiamo a tutta la terra, battendo<br />
dolcemente le nocche sulla tavola.<br />
Io non voglio che il sangue<br />
torni a inzuppare il pane,<br />
i legumi, la musica:<br />
ed io voglio che vengano a me<br />
la ragazza, il minatore,<br />
l’avvocato, il marinaio,<br />
il fabbricante di bambole e che entrino<br />
con me in un cinema e che escano a bere<br />
con me il vino più rosso.<br />
Io qui non vengo a risolvere nulla.<br />
Sono venuto solo per cantare<br />
E per farti cantare con me.<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
Pablo Neruda,<br />
Poesie<br />
Pensa<br />
Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine<br />
Appunti di una vita dal valore inestimabile<br />
Insostituibili perché hanno denunciato<br />
Il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato<br />
Uomini o angeli mandati sulla Terra per combattere una guerra<br />
Di faide e di famiglie sparse come tante biglie<br />
Su un’ isola di sangue che fra tante meraviglie<br />
Fra limoni e fra conchiglie... massacra figli e figlie<br />
Di una generazione costretta a non guardare<br />
A parlare a bassa voce a spegnere la luce<br />
A commentare in pace ogni pallottola nell’aria<br />
Ogni cadavere in un fosso<br />
Ci sono stati uomini che passo dopo passo<br />
Hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno<br />
Con dedizione contro un’istituzione organizzata<br />
Cosa nostra...cosa vostra... cos’è vostro?<br />
É nostra... la libertà di dire<br />
Che gli occhi sono fatti per guardare<br />
La bocca per parlare le orecchie ascoltano...<br />
Non solo musica non solo musica...<br />
La testa si gira e aggiusta la mira ragiona...<br />
A volte condanna a volte perdona...<br />
Semplicemente Pensa<br />
Prima di sparare<br />
Pensa<br />
Prima di dire e di giudicare... prova a pensare...<br />
Pensa che puoi decidere... tu<br />
Resta un attimo soltanto... un attimo di più<br />
Con la testa fra le mani<br />
Ci sono stati uomini che sono morti giovani<br />
Ma consapevoli che le loro idee<br />
Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole<br />
Invorio Canti, e poesie la Resistenza e testi<br />
La canzone, cantata da Fabrizio<br />
Moro, ha vinto il Festival di San<br />
Remo nel 2007 nella sezione<br />
Giovani. Le parole e la musica<br />
<strong>del</strong> brano sono <strong>del</strong>lo stesso Moro.<br />
Il testo, come ha dichiarato il<br />
cantante stesso, è stato scritto<br />
di getto, subito dopo la visione<br />
di un film sulla vita di Paolo<br />
Borsellino. La canzone è un invito<br />
alla riflessione e a pensare, contro<br />
ogni forma di violenza e contro la<br />
mafia.<br />
segue alla pagina successiva<br />
67
68<br />
Invorio Canti, poesie e la Resistenza e testi<br />
Intatte e reali come piccoli miracoli<br />
Idee di uguaglianza idee di educazione<br />
Contro ogni uomo che eserciti oppressione<br />
Contro ogni suo simile contro chi è più debole<br />
Contro chi sotterra la coscienza nel cemento<br />
Pensa<br />
Prima di sparare<br />
Pensa<br />
Prima di dire e di giudicare... prova a pensare<br />
Pensa che puoi decidere... tu<br />
Resta un attimo soltanto... un attimo di più<br />
Con la testa fra le mani<br />
Ci sono stati uomini che hanno continuato<br />
Nonostante intorno fosse tutto bruciato<br />
Perché in fondo questa vita non ha significato<br />
Se hai paura di una bomba o di un fucile puntato<br />
Gli uomini passano e passa una canzone<br />
Ma nessuno potrà fermare mai la convinzione<br />
Che la giustizia no... non è solo un’illusione<br />
Pensa prima di sparare<br />
Pensa prima di dire e di giudicare... prova a pensare<br />
Pensa che puoi decidere... tu<br />
Resta un attimo soltanto... un attimo di più<br />
Con la testa fra le mani...<br />
Pensa...<br />
Pensa che puoi decidere... tu<br />
Resta un attimo soltanto... un attimo di più<br />
Con la testa tra le mani...<br />
Fabrizio Moro<br />
Disegno realizzato dagli alunni.<br />
Invorio Riflessioni e la dei Resistenza ragazzi<br />
Secondo i ragazzi, la<br />
Resistenza ha generato,<br />
giustizia, libertà,<br />
pace, democrazia,<br />
collaborazione,<br />
sconfiggendo, cru<strong>del</strong>tà,<br />
morte, odio, violenza.<br />
69
Gli alunni <strong>del</strong>le tre classi in visita<br />
al Museo Storico <strong>del</strong>la Resistenza<br />
di Fondotoce.<br />
70<br />
Invorio Riflessioni e la dei Resistenza ragazzi<br />
Ci sono state tante guerre<br />
Per il potere e per le terre<br />
Tribù e popoli si sono esaltati<br />
Altri invece sono affondati<br />
Mete lontane da conquistare<br />
Valori e armi da barattare<br />
Ogni ordine veniva eseguito<br />
l’amico veniva tradito<br />
Noi ragazzi studiamo la storia<br />
ma non sappiamo cos’è la vittoria<br />
non la possiamo immaginare<br />
perché siamo di fretta e dobbiamo andare<br />
Tutto questo a me sembra strano<br />
dormi sepolto in un campo di grano...<br />
sarà perché non l’ho vissuto?<br />
là si moriva per uno starnuto<br />
Bianche e nere le foto<br />
sempre più scavato ogni volto<br />
per tutti il futuro sarebbe stato uguale<br />
proiettato in un destino fatale<br />
Noi ragazzi studiamo la storia<br />
ma non sappiamo cos’è la vittoria<br />
non la possiamo immaginare<br />
perché siamo di fretta e dobbiamo andare<br />
Varrebbe la pena aspettare un momento<br />
e ascoltare quel che dice il vento<br />
riflettere sull’accaduto<br />
e niente andrà perduto<br />
Noi ragazzi studiamo la storia<br />
ma non sappiamo cos’è la vittoria<br />
non la possiamo immaginare<br />
perché siamo di fretta e dobbiamo andare<br />
Ilaria B.<br />
Invorio Riflessioni e la dei Resistenza ragazzi<br />
Ricordare è la cosa più importante, testimoniare quello che è successo<br />
con tanta cru<strong>del</strong>tà ed orrore.<br />
Mi sono sentita angosciata e turbata: come si può in pochi minuti<br />
uccidere 43 persone, come se niente fosse?!? Non si può, si non si può!<br />
Bisogna ricordare… non dimenticare! Claudia L.<br />
Mi ha colpito l’urna <strong>del</strong>le ceneri simbolo di fratellanza perchè in esse<br />
sono contenute le ceneri di persone di nazioni diverse, ma che hanno<br />
subito le stesse atrocità.<br />
Persone uccise ingiustamente dai nazisti che nella loro follia hanno<br />
dimenticato che siamo tutti fratelli. Mattia G.<br />
Mi si è stretto il cuore in quella stanza in cui ho visto un filmato sugli<br />
orrori <strong>del</strong> ‘900, le immagini erano angoscianti, ma è stato ancora più<br />
angosciante pensare che l’uomo non abbia imparato nulla e continui<br />
ad uccidere. Simone N.<br />
Guardando la divisa <strong>del</strong> partigiano sporca di sangue ho ripensato al mio<br />
bisnonno e alla fortuna che ha avuto a non essere ucciso nell’attentato<br />
di Castelletto Ticino. Leonardo B.<br />
Mi ha colpito molto il monumento che rappresenta un tronco intrecciato<br />
e alcuni germogli, simbolo <strong>del</strong>la vita, perché la guerra nonostante tutte le<br />
sue atrocità non è riuscita a distruggere la speranza nella vita. Marta V.<br />
Mi hanno colpito molto i 42 alberi piantati in memoria dei 42 partigiani<br />
fucilati dai nazisti. Gli alberi sono esseri viventi e fanno capire che la<br />
morte di quei giovani, non è stata inutile, perché la vita vince sulla<br />
morte. Costanza V.<br />
Ho provato stupore nel vedere fin dove la cru<strong>del</strong>tà <strong>del</strong>l’uomo si possa<br />
spingere, paura che tutto questo possa riaccadere in un futuro. Marco B.<br />
Ho provato mille emozioni diverse: tristezza, dolore, rabbia, incredulità…<br />
ho capito solo in parte cos’è la guerra, perchè non riesco ancora a capire<br />
la ragione <strong>del</strong> suo esistere in quanto porta solo morte. Matteo C.<br />
Mi ha colpito il video <strong>del</strong>la galleria <strong>del</strong>la memoria. Che paura vedere<br />
l’orrore <strong>del</strong>le guerre, quello che è successo, in un passato neanche<br />
troppo lontano: importante è vedere, ricordare perché queste cose<br />
non vanno dimenticate. Marco P.<br />
Riflessioni dei ragazzi scaturite<br />
dopo la visita al Museo Storico<br />
<strong>del</strong>la Resistenza di Fondotoce.<br />
A fronte, Poesia di Ilaria B.<br />
71
A sinistra il giudice Giovanni<br />
Falcone, ucciso dalla mafia<br />
a Capaci, il 23 maggio 1992,<br />
assieme alla moglie e agli agenti<br />
<strong>del</strong>la scorta. A destra il giudice<br />
Paolo Borsellino, ucciso con tutta<br />
la scorta, con l’esplosione di<br />
un’autobomba sotto la casa <strong>del</strong>la<br />
madre, in Via D’Amelio, il 19 luglio<br />
1992.<br />
72<br />
Invorio e la Resistenza<br />
“La Resistenza è stata, nei migliori, riacquisto <strong>del</strong>la fede nell’uomo, e<br />
in quei valori razionali e morali coi quali l’uomo si è reso capace nei<br />
millenni di dominare la stolta cru<strong>del</strong>tà <strong>del</strong>la belva che sta in agguato<br />
dentro di lui”.<br />
Piero Calamandrei<br />
“E la Resistenza è viva anche oggi, e non solo dove perdurano condizioni<br />
di oppressione,di misconoscimento dei diritti dei popoli e dei singoli.<br />
Essa è infatti, essenzialmente, un atteggiamento morale: è<br />
l’atteggiamento di chi non è disposto a tollerare ingiustizie, sopraffazioni,<br />
violenze (pensiamo ad es. ,alla violenza <strong>del</strong>la mafia, o <strong>del</strong>la camorra,<br />
in questi anni), e sente il “dovere d’iniziativa”, il dovere cioè di prendere<br />
posizione, di intervenire contro i guasti che ha modo di contrastare nella<br />
vita pubblica, senza attendere che altri lo sollecitino a farlo.<br />
É l’atteggiamento di chi si batte giorno per giorno, anche a livello <strong>del</strong><br />
suo comune, <strong>del</strong> suo quartiere, <strong>del</strong> suo luogo di lavoro, <strong>del</strong>la sua scuola,<br />
perché i valori <strong>del</strong>la libertà, <strong>del</strong>la solidarietà, <strong>del</strong>la giustizia, <strong>del</strong> reciproco<br />
rispetto, <strong>del</strong>l’uguaglianza nelle opportunità per un pieno sviluppo <strong>del</strong>la<br />
persona, <strong>del</strong> rifiuto <strong>del</strong>la violenza come metodo di lotta in un regime<br />
democratico, siano sempre salvaguardati.<br />
É l’atteggiamento di chi, anche quando su questo terreno le cose<br />
sembrano andare a rovescio, la partita sembra perduta, non abbandona<br />
mai la speranza e non cessa mai di operare e lottare”.<br />
Guido Petter, Sempione ‘45<br />
La storia siamo noi<br />
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso<br />
Siamo noi questo prato di aghi sotto al cielo.<br />
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.<br />
La storia siamo noi,<br />
siamo noi queste onde nel mare,<br />
Questo rumore che rompe il silenzio,<br />
questo silenzio così duro da raccontare.<br />
E poi ti dicono: “Tutti sono uguali,<br />
Tutti rubano alla stessa maniera”<br />
Ma è solo un modo per convincerti<br />
A restare chiuso dentro casa quando viene la sera.<br />
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone<br />
La storia entra dentro le stanze, le brucia,<br />
La storia dà torto e dà ragione.<br />
La storia siamo noi.<br />
Siamo noi che scriviamo le lettere<br />
Siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da precedere.<br />
E poi la gente - Perché è la gente che fa la storia -<br />
Quando si tratta di scegliere e di andare<br />
Te la ritrovi tutta con gli occhi aperti<br />
Che sanno benissimo cosa fare:<br />
Quelli che hanno letto milioni di libri<br />
E quelli che non sanno nemmeno parlare;<br />
Ed è per questo che la storia dà i brividi,<br />
Perché nessuno la può cambiare.<br />
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,<br />
Siamo noi, bella ciao, che partiamo<br />
La storia non ha nascondigli,<br />
La storia non passa la mano.<br />
La storia siamo noi,<br />
Siamo noi questo piatto di grano.<br />
Invorio Invorio e e la la Resistenza Resistenza<br />
Francesco De Gregori<br />
Francesco De Gregori (Roma,<br />
1951) è considerato uno dei<br />
cantautori più importanti <strong>del</strong>la<br />
scena musicale italiana; molti lo<br />
ritengono sia un cantautore, sia un<br />
poeta.<br />
Nei testi fa ampio uso <strong>del</strong>la<br />
metafora, spesso di non<br />
immediata interpretazione, con<br />
liriche di ispirazione intimista,<br />
letterario-poetica, ed<br />
etico-politica in cui trovano spazio<br />
riferimenti all’attualità e alla storia.<br />
“La storia siamo noi”<br />
La canzone è stata pubblicata<br />
nel 1985, all’ interno <strong>del</strong>l’album<br />
“Scacchi e tarocchi”.<br />
73
74<br />
Invorio e la Resistenza<br />
INDICE<br />
Testi introduttivi pag. 4<br />
Presentazioni (Dario Piola, Alberto Rollini e Michela Bolla,<br />
Alessandro Canelli, Paolo Cattaneo, Nicola Fonzo)<br />
Prefazione di Guido Petter pag. 7<br />
Introduzione (Danila Minuti e M. Laura Oioli) pag. 9<br />
Libertà e democrazia pag. 10<br />
La Resistenza pag. 20<br />
Canti, poesie e testi pag. 24<br />
(autori vari, F. Fortini)<br />
Resistenza in Piemonte pag. 30<br />
Cronologia <strong>del</strong>la Liberazione <strong>del</strong> Piemonte<br />
dal 25 aprile al 2 maggio 1945<br />
Invorio e la Resistenza pag. 31<br />
Invorio nella Resistenza Novarese di Antonella Braga<br />
Resistenza Invoriese<br />
Invorio 1943-1945: Caduti per la libertà<br />
28 marzo 1945: Eccidio di San Marcello<br />
Testimonianze pag. 44<br />
“San Marcello e un giorno di lotta” di “Mitra”<br />
“Come nella tenda” di G. Petter<br />
Canti, poesie e testi pag. 55<br />
(C. Pavese, S. Quasimodo, F. De Andrè,<br />
G.Ungaretti, A. Frank, P. Neruda, F. Moro)<br />
Noi: riflessioni dei ragazzi pag. 68<br />
Testi di P. Calamandrei e di G. Petter pag. 70<br />
La Storia siamo noi di F. De Gregori pag. 71<br />
Invorio e la Resistenza<br />
75
<strong>Istituto</strong> <strong>Comprensivo</strong> Statale <strong>del</strong> <strong>Vergante</strong><br />
Scuola Secondaria di I grado di Invorio<br />
<strong>Istituto</strong><br />
<strong>Comprensivo</strong><br />
Statale<br />
<strong>del</strong> <strong>Vergante</strong><br />
Con il patrocinio di:<br />
<strong>Istituto</strong> storico<br />
<strong>del</strong>la resistenza<br />
e <strong>del</strong>la società contemporanea<br />
NEL NOVARESE E NEL VERBANO - CUSIO - OSSOLA<br />
P i e r o F o r n a r a