università degli studi di salerno
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Anche in questo caso, esiste, tra le due frasi proposte, una relazione sintattica <strong>di</strong><br />
scambio tra il soggetto della costruzione intransitiva e l’oggetto della costruzione<br />
transitiva; quin<strong>di</strong>, saremmo tentati, ancora una volta, <strong>di</strong> utilizzare l’etichetta<br />
terminologica <strong>di</strong> “neutralità”. In realtà, in questo secondo caso, l’ipotesi formulata sulla<br />
base dei dati sintattici non trova alcun riscontro sul piano semantico, dal momento che<br />
le due costruzioni non sono in relazione <strong>di</strong> sinonimia. Infatti, nell’esempio 82,<br />
“crescere” significa “allevare, educare”, mentre in 82a. esso assume il significato <strong>di</strong><br />
“<strong>di</strong>ventare grande per naturale e progressivo sviluppo”. Quin<strong>di</strong>, piuttosto che parlare <strong>di</strong><br />
“<strong>di</strong>atesi neutra” è preferibile parlare <strong>di</strong> due usi verbali autonomi.<br />
Quando Boons, Guillet e Leclere hanno cominciato ad analizzare i verbi intransitivi<br />
della lingua francese, con l’obiettivo <strong>di</strong> fornirne una descrizione lessico-grammaticale<br />
esaustiva, si sono imme<strong>di</strong>atamente resi conto <strong>di</strong> una cosa fondamentale: la questione<br />
della neutralità interessava molti <strong>degli</strong> usi verbali analizzati. A questo punto, dunque,<br />
sorgeva un problema: quali criteri bisognava utilizzare per classificare questi particolari<br />
usi verbali? Bisognava collocare i due usi dello stesso verbo in classi <strong>di</strong>fferenti senza<br />
preoccuparsi <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la questione oppure bisognava <strong>stu<strong>di</strong></strong>are la natura delle<br />
relazioni sintattiche e semantiche esistenti tra le due costruzioni? Nonostante la prima<br />
possibilità fosse sicuramente la più economica e consentisse un notevole risparmio <strong>di</strong><br />
tempo, Boons, Guillet e Leclere concordarono sulla necessità <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>are la questione in<br />
modo approfon<strong>di</strong>to per poter, innanzitutto, in<strong>di</strong>viduare le <strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong><br />
collegamento tra struttura transitiva e struttura intransitiva (es. uso assoluto, relazione<br />
pronominale, <strong>di</strong>atesi neutra, oggetto <strong>di</strong>retto interno) e, in secondo luogo, per poter<br />
presentare una classificazione lessico-grammaticale che non soltanto fosse il più<br />
possibile completa, ma che soprattutto prendesse in considerazione le <strong>di</strong>namiche<br />
relazionali esistenti tra usi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> uno stesso verbo e non rischiasse, dunque, <strong>di</strong><br />
fornire una descrizione priva <strong>di</strong> una qualsiasi vali<strong>di</strong>tà conoscitiva e metodologica.<br />
In questa sede non ci soffermeremo su tutte le possibili relazioni in<strong>di</strong>viduabili tra<br />
uso transitivo ed uso intransitivo <strong>di</strong> uno stesso lessema verbale, ma, sulla base <strong>di</strong> quanto<br />
detto in precedenza, ci soffermeremo solo sulla relazione <strong>di</strong> neutralità, caratterizzata<br />
dalla equivalenza, sia sintattica che semantica, tra le strutture N1 V N0 W e N0 V W.<br />
Secondo Boons, Guillet e Leclere si ha neutralità se e solo se:<br />
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