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università degli studi di salerno

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seconda metà <strong>degli</strong> anni Settanta, si configura come una prosecuzione coerente <strong>degli</strong><br />

<strong>stu<strong>di</strong></strong> harrisiani sulle nozioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione e <strong>di</strong> trasformazione. Già in Harris (1952)<br />

ritroviamo il tentativo <strong>di</strong> sviluppare una procedura formalizzata per l’analisi del<br />

<strong>di</strong>scorso, un metodo che possa essere applicato <strong>di</strong>rettamente ad un testo, senza che<br />

debba essere utilizzata alcuna conoscenza linguistica sul testo stesso. L’obiettivo è<br />

quello <strong>di</strong> collocare in un’unica classe gli elementi che presentano la stessa <strong>di</strong>stribuzione,<br />

ovvero che compaiono negli stessi contesti linguistici, in modo tale da poter <strong>di</strong>scutere<br />

della <strong>di</strong>stribuzione dell’intera classe, piuttosto che <strong>di</strong> ogni elemento considerato<br />

singolarmente. Sono equivalenti, da un punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>stribuzionale, non soltanto gli<br />

elementi linguistici che compaiono in contesti identici, ma anche quelli che compaiono<br />

in contesti a loro volta equivalenti. Dunque, se A è equivalente a B e B è equivalente a<br />

C, allora risulterà anche A equivalente a C (e, quin<strong>di</strong>, A, B e C potranno essere collocati<br />

in una stessa classe <strong>di</strong> equivalenza). In sintesi, Harris (1952) sostiene che due elementi<br />

(morfemi o sequenze <strong>di</strong> morfemi) si <strong>di</strong>cono equivalenti se compaiono negli stessi<br />

contesti oppure in contesti equivalenti. Ogni insieme <strong>di</strong> elementi mutuamente<br />

equivalenti è detto classe <strong>di</strong> equivalenza. Quin<strong>di</strong>, secondo Harris, ogni frase <strong>di</strong> un testo<br />

può essere rappresentata come una sequenza <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> equivalenza.<br />

Soffermiamoci brevemente anche sul concetto <strong>di</strong> trasformazione. Harris (1955)<br />

afferma che “se due o più costruzioni (o sequenze <strong>di</strong> costruzioni) contengono le stesse<br />

classi n (qualunque altro elemento esse possano contenere), ricorrono con gli stessi<br />

gruppi <strong>di</strong> n membri <strong>di</strong> quelle classi, nello stesso contesto <strong>di</strong> frase, <strong>di</strong>remo che le due<br />

costruzioni sono ‘trasformate’ l’una dell’altra e che ciascuna <strong>di</strong> esse può essere derivata<br />

da qualsiasi altra attraverso una particolare trasformazione”. Harris in<strong>di</strong>vidua due tipi <strong>di</strong><br />

trasformazioni:<br />

- Trasformazioni bi<strong>di</strong>rezionali o reversibili<br />

- Trasformazioni uni<strong>di</strong>rezionali o irreversibili<br />

Facciamo un esempio <strong>di</strong> trasformazione bi<strong>di</strong>rezionale:<br />

20. Il bambino ha rotto la finestra<br />

20a. La finestra è stata rotta dal bambino<br />

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