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fotoappunti - immac.it

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«Privo di una macchina fotografica, voi camminate allegramente e notate le cose essenziali.<br />

Corredato di una macchina fotografica voi entrate in un singolare ordine di idee.<br />

«Vedete un gatto: "Oh! un gatto!" esclamate, e siete commossi come se vedeste un dinosauro.<br />

Fotografate il gatto.<br />

«Vedete un mattone posato su una cassa da imballaggio: "Oh, un mattone su una cassa da<br />

imballaggio!" esclamate presi da profonda emozione come se aveste scorso un cacciatorpediniere su<br />

un campanile. E sparate fotografie al mattone.<br />

«Poi scopr<strong>it</strong>e l'inquadratura, il controluce, il particolare. Alla fine sviluppate le negative, considerate<br />

con disgusto le riproduzioni e le seppell<strong>it</strong>e sotto qualche catasta di cartacce.<br />

«La macchina fotografica è un arnese pericoloso: quando l'avete a tracolla ogni povera cosa vi<br />

sembra originale e interessante. Meglio quindi lasciare a casa questo dannato meccanismo: almeno<br />

potrete esclamare ogni tanto: "Oh se avessi la macchina fotografica!"»<br />

«Il cicloturista saggio chiuda nella ghiacciaia di casa la macchina fotografica e parta a mani vuote.<br />

Allora gli accadrà, arrivato a un lago, di veder affiorare un mostro antidiluviano e si morderà a<br />

sangue le mani per non aver portato seco la macchina fotografica...»<br />

Questo consigliava nostro padre agli appassionati di fotografia: in realtà non chiuse mai la sua<br />

macchina fotografica nella ghiacciaia e fotografò parecchio, con risultati che, a nostro parere,<br />

dimostrano quanto bene abbia fatto a non seguire questa sua strampalata teoria. A distanza di più di<br />

trent'anni dalla sua scomparsa, vogliamo farli conoscere questi "risultati", e questo libro ci permette<br />

di mostrarlo ai suoi "vent<strong>it</strong>ré lettori" in una nuova veste. Scopriamo così assieme un lato nuovo della<br />

sua produzione di artista "multimediale".<br />

Al Giovannino scr<strong>it</strong>tore, giornalista e polemista, disegnatore e sceneggiatore, si affianca un altro<br />

Giovannino, nuovo di zecca: il fotografo dei sentimenti, attento testimone oculare del suo tempo e<br />

della sua gente.<br />

Carlotta e Alberto Guareschi<br />

LE SUE FOTOGRAFIE DAL 1934 AL 1952<br />

Giovannino si diverte 1934<br />

Parma, 1934, vigilia della partenza di Giovannino per il servizio mil<strong>it</strong>are. Destinato alla Scuola Allievi<br />

ufficiali di complemento di Potenza, prima di salire in treno,<br />

Giovannino cattura le sue ultime immagini in borghese.


Melfi (PZ), 1935. V<strong>it</strong>a al campo.<br />

Un gruppo di mil<strong>it</strong>ari sta stendendo lungo una strada sterrata le linee di collegamento per le<br />

trasmissioni.<br />

il servizio mil<strong>it</strong>are: 1934-1935, Potenza & dintorni<br />

Giovannino parte per la Scuola Allievi ufficiali di complemento di Potenza nel novembre 1934.<br />

Porta con sé la sua Voigtlander riportandone un "servizio" di immagini sulla v<strong>it</strong>a mil<strong>it</strong>are, sulla gente<br />

e sui luoghi che lo hanno osp<strong>it</strong>ato: Potenza, Melfi e dintorni.<br />

Commenta molte delle foto mil<strong>it</strong>ari con frasi e sonetti scherzosi (anche se pieni di nostalgia per<br />

Parma e per l'Ennia) scr<strong>it</strong>ti in calce o sul retro, oppure nell'album che li raccoglie.<br />

Li riportiamo nei t<strong>it</strong>olini e sotto le foto, tra virgolette. Poche foto per documentare la v<strong>it</strong>a di<br />

caserma di Giovannino<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Cambio della guardia. In primo piano, a sinistra, un marziale Giovannino.<br />

«La foto è veramente brutta assai<br />

E per vedermi tu faticherai.<br />

Ma io spero che assai più facilmente<br />

Tu mi riveda dentro la tua mente…»


Di sentinella all'entrata della caserma<br />

La "Domenica del Cortile"<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

La Patria è al sicuro con Giovannino di guardia.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino e colleghi alle "grandi manovre".


Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino ha la s<strong>it</strong>uazione sotto controllo.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Realtà quotidiana oltre il muro della caserma.<br />

Giovannino in libera usc<strong>it</strong>a<br />

Giovannino in libera usc<strong>it</strong>a con la sua fedele Voigtlander si guarda attorno con curios<strong>it</strong>à.<br />

Appena fuori dalla recinzione della caserma, s<strong>it</strong>uata alla periferia della c<strong>it</strong>tà, riprende il piccolo<br />

commercio della gente dei dintorni accompagnata dai loro mezzi di trasporto e di sostentamento:


pecore, maiali, asini. Viene colp<strong>it</strong>o dalla realtà locale e i commenti alle foto di gente e s<strong>it</strong>uazioni<br />

umane sono essenziali e tradiscono la sua partecipazione emotiva.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

L’economia della c<strong>it</strong>tà è legata alla agricoltura e alla pastorizia


Potenza: l'ingresso trionfale alla c<strong>it</strong>tà<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

La chiesa di fronte alla caserma<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Allievi ufficiali a passeggio entrano in c<strong>it</strong>tà e vengono fermati da un vend<strong>it</strong>ore ambulante.


Giovannino sale la strada che conduce alla c<strong>it</strong>tà, più in alto, e vi entra assieme ai suoi commil<strong>it</strong>oni<br />

attraverso la grande porta.<br />

Sale lungo la scalinata e poi lungo una strada innevata che passa a fianco di due punti nevralgici<br />

Novembre. Entrata alla c<strong>it</strong>tà con cessi pubblici<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Ingresso della c<strong>it</strong>tà. Sulla destra si nota una scr<strong>it</strong>ta illuminante.<br />

3 febbraio. Piazzetta con monumento più importante<br />

Potenza, febbraio 1935.<br />

Il posto di Vespasiano. Le strade, i vicoli, paiono residui di un secolo fa.


Asino al sole<br />

La prigione<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Il r<strong>it</strong>mo della v<strong>it</strong>a nei vicoli è scand<strong>it</strong>o dal passo di asini e muli.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino riprende le bocche di lupo delle celle.


Il sole tiepido richiama sulle soglie delle case la gente. I vicoli e le anguste piazzette sono<br />

maleodoranti e con la biancheria stesa fuori come nei vicoli e negli angiporti di Parma.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Sopra e a sinistra: i vicoli pieni di panni stesi e di bambini.


Potenza, 1934-1935.<br />

Vecchi e bambini si scaldano al sole invernale. A destra: immortalata anche l'ombra di Giovannino.


Potenza, 1934-1935.<br />

Incurios<strong>it</strong>i ma diffidenti, i bambini accennano un sorriso.<br />

I bambini sono i padroni dei vicoli e dei borghi. Come a Parma. Giovannino li fotografa con<br />

attenzione.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Dopo aver conquistato la vetta della soglia di casa uno sguardo indagatore verso il fotografo.<br />

Tradisce la sua pena fotografando i bambini del brefotrofio: per non spaventarli si abbassa fino a<br />

terra con l'obiettivo per mettersi alla loro altezza.<br />

La foto è un documento toccante.


Potenza, 1934-1935.<br />

I bambini del brefotrofio: tutti uguali, senza un sorriso. Alcuni accennano a un saluto romano...<br />

Gli uomini hanno il tabarro come alla Bassa: Giovannino, rinfrancato, si sente un po' più vicino a<br />

casa.<br />

3 febbraio. Riunione elegante in un pomeriggio domenicale all'entrata della c<strong>it</strong>tà


Il fotografo in gonnella<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

La fotografa ambulante con la sua attrezzatura.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Una vend<strong>it</strong>rice di latte con la sua attrezzatura e l'aiutante.<br />

Nelle strade importanti la gente par venuta fuori dal secolo precedente, vest<strong>it</strong>a con antichi costumi e<br />

intenta a professioni che contraddistinguono una dign<strong>it</strong>osa povertà.<br />

Sedici armi dopo, a un pol<strong>it</strong>ico che gli rimproverava il suo disinteresse per il problema della povera<br />

gente, ricorderà questa tappa nella c<strong>it</strong>tà lucana add<strong>it</strong>ando al «severo giudizio della storia» un certo<br />

sergente dell'approvvigionamento il quale, secondo lui, sarebbe stato la causa del suo


«disinteresse»:<br />

«E non sfugga al severo giudizio della storia quel sergente che, alla Scuola Allievi ufficiali di Potenza,<br />

mi ha assegnato un paio di scarpe così larghe da impedirmi ogni scioltezza di movimento.<br />

Trovandomi nella infelice (economicamente) zona della Lucania avrei potuto agevolmente scoprire<br />

fin dal 1935 il problema del Mezzogiorno. Cosa che non mi fu possibile appunto per la scarsissima<br />

autonomia di marcia che le calzature mi permettevano»<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Una donna della campagna viene al mercato con tutta la sua merce in testa e nelle mani.<br />

Potenza, 1934-1935.


Un allievo osserva una anziana donna che procede cauta con un secchio in mano sul lastricato bagnato di pioggia.<br />

Come si intuisce guardando le foto di Potenza, le scarpe di Giovannino erano invece strette al punto giusto da<br />

permettergli di accorgersi dei «problemi della povera gente».<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Donna in costume locale: deve essere molto antico e, già in quegli anni, raro da vedersi. Giovannino lo annota<br />

sulla fotografia<br />

Gente di montagna<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Sopra: il fascino del tabarro è troppo forte per Giovannino. Di fianco: probabile ingresso di un locale<br />

pubblico frequentato dai mil<strong>it</strong>ari.


La Grotta Azzurra<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Una donna della campagna al mercato in attesa dei compratori con la sua merce per terra.


Potenza, 1934-1935.<br />

Residenza ai "piani bassi" del palazzo.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Questo pastore, con le gambe coperte dalle fasce, forse ha ricordato a Giovannino le statuette del<br />

Presepe.


Potenza, 1934-1935.<br />

Una donna della campagna attende, con il grosso ombrello in mano, di r<strong>it</strong>ornare a casa dopo il<br />

mercato.<br />

L’acqua e il pane<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino riesce a trovare una pianta gabbata come alla Bassa e, con la scusa della fontana, la<br />

fotografa. Sul retro della foto Giovannino ha scr<strong>it</strong>to: «L'acqua e il pane». La donna, infatti, mentre<br />

attende che il secchio si riempia d'acqua, mangia un pezzo di pane.<br />

La foto di una anziana donna alla fontana ci ricorda che Giovannino parlava sempre dell'acqua<br />

buonissima e altamente diuretica di Potenza che obbligava gli allievi ufficiali a lunghe corvée<br />

notturne...


Potenza, 1935.<br />

Scorcio tra le rovine.<br />

Dopo questo giro tra gente e cose ferme nel tempo, Giovannino rientra gradualmente nel Ventesimo<br />

secolo. Fotografa il mercato di Potenza ricordando certamente quello della Ghiaia a Parma.<br />

Riprende il contatto con la parte moderna della c<strong>it</strong>tà il cui traffico di veicoli viene disciplinato con<br />

autor<strong>it</strong>à da un pizzardone col pennacchio sul cappello e la sciabola al fianco. Ai muri sono appiccicati<br />

manifesti e locandine che inv<strong>it</strong>ano al cinema.


Potenza, 1934-1935.<br />

Il pizzardone, appena usc<strong>it</strong>o dalla tabaccheria e con il sigaro acceso, chiacchiera con un c<strong>it</strong>tadino.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Questa sera nella Sala Roma: Il re dell'arena con Eddie Cantor. Poi il Giornale Luce e I tre porcellini.


Potenza, 1934-1935.<br />

Danno La principessa della Czarda.<br />

Siamo nella parte più elegante della c<strong>it</strong>tà: il palazzo del Governo e il «Modern Hotel»<br />

Palazzo del Governo<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Donne in costume tradizionale.


Potenza, 1934-1935.<br />

Anche Potenza ha sub<strong>it</strong>o il fascino della modern<strong>it</strong>à<br />

"Vedi? E' supremamente molto bello<br />

il Gran Modern Hotel di Pecoriello<br />

La limousine che c'è ferma dinnante<br />

non ti par d'una grazia affascinante?<br />

Ebbene, questa gran magnificenza<br />

è la cosa più bella di Potenza!<br />

Ti spieghi quindi ben perchè io adesso<br />

pensi con nostalgia a borgo del Gesso!"<br />

La libera usc<strong>it</strong>a si conclude con la ricerca di un po' di "calore"<br />

"Con la neve in cerca di un po' di fuoco. Potenza, la strada delle -case da tè-"


Potenza: piazzetta del centro<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino e due colleghi, visti dall'alto, guardano in su.<br />

Potenza, 1934-1935.<br />

Giovannino e collega, fermi per strada, guardano in alto.


Potenza, 1934-1935.<br />

Ultima tappa prima del rientro in caserma<br />

"Non sapendo più dove andare a sbattere il capo entri in uno di quei salotti in cui si sa come si va<br />

dentro e non si sa mai come si viene fuori..."


Marzo: si avvicina il caporalato<br />

Potenza, marzo 1935.<br />

Dal palco che sta preparando per la festa del "caporalato", Giovannino in fremente attesa dei gradi<br />

di caporale, saluta romanamente (col pugno chiuso...).


Potenza, marzo 1935.<br />

Giovannino, maestoso e fiero caporale, è pronto per il campo e invia la foto, con dedica, a Ennia...<br />

"Fior di mortadella:<br />

Eccomi caporale diventato.<br />

Speriam, però, che la<br />

mia Rossa bella,<br />

Non trovi il modo di farmi -soldato-.<br />

Nino, 14 febbraio 1935<br />

"Il cappotto (...) attillato sul torace e stretto nelle spalle abbandonava arrivato al colletto la sua<br />

avarizia in modo da permettermi di rimanere tuffato fino alla bocca nel soffice panno del bavero.<br />

Indiscutibilmente corto sul davanti, tanto che le ginocchia lavoravano allo scoperto, dietro però,<br />

pent<strong>it</strong>o della sua tirchieria, si abbandonava allo scialo e arriciatosi in piegoni e contropieghe arrivava<br />

ad accarezzarmi i talloni."<br />

"Oltre a tutto questo portavo uno sciabolone da cavalleria che mi arrivava con l'elsa allo sterno."<br />

"quando dovevo sguainarlo ero costretto a farmi aiutare da qualche amico."<br />

Giovanino: al campo<br />

"Un giovanino, malpompato, malbardato e maldisposto assieme a due commil<strong>it</strong>oni alla stazione di<br />

Potenza in partenza per il campo. Non si tratta più del Giovannino marziale della foto precedente.


"Con lo schioppo ed il -bottino-<br />

Con borraccia e tascapan<br />

Se ne parte il vecchio Nino<br />

Verso il campo Melf<strong>it</strong>àn".<br />

Melfi (PZ), 1935.<br />

Si intuisce già quale sarà la meta della prossima libera usc<strong>it</strong>a di Giovannino.


Melfi (PZ), 1935.<br />

Sopra: traffico notevole per quel tempo nel centro della c<strong>it</strong>tà: due macchine, tre camioncini e un<br />

carretto Sotto: il lavatoio pubblico pieno di lavandaie.<br />

Melfi (PZ), 1935.<br />

Sulla strada il sal<strong>it</strong>a per il campanile si vedono due donne che portano al forno le micche di pane da<br />

cuocere.


Melfi (PZ), 1935.<br />

Mil<strong>it</strong>ari con maschera antigas a tracolla o ancora indosso.<br />

Melfi (PZ), 1935.<br />

Una pausa durante l'eserc<strong>it</strong>azione per scrivere all'Ennia.<br />

Finalmente<br />

"L'esplosione di gioia per la fine del servizio mil<strong>it</strong>are è immortalata con un probabile autoscatto.<br />

L'euforia ha reso approssimativa l'inquadratura e risultano eliminati arti inferiori e superiori.<br />

Il messaggio tuttavia rimane intatto: Giovannino non vede l'ora di spiccare il volo per Parma


Melfi (PZ), 1935.<br />

Ultimo giorno di campoUna pausa durante l'eserc<strong>it</strong>azione per scrivere all'Ennia.<br />

borgo del Gesso a Parma: 1934-1935, un poco di bohème...<br />

"Io allora ab<strong>it</strong>avo in un appartamento sistemato nella stanza d'angolo di un ultimo piano"<br />

"Grazie a un ingegnoso gioco di telai ricoperti di carta da tapezzeria l'unica stanza era divisa in tre<br />

graziosi vani: camra da letto, salotto e gabinetto, se non proprio da bagno, almeno da catinella<br />

dove, misurando i movimenti cercando di mantenermi ben dir<strong>it</strong>to, riuscivo agevolmente a farmi la<br />

barba e a lavarmi la faccia senza sconfinare nel locale adiacente."<br />

Parma, 1934.<br />

Ennia nella stanza soff<strong>it</strong>ta di Giovannino in borgo del Gesso.


Parma, 1934.<br />

Ennia, comodamente seduta su un banchetto di legno coperto con un sacco e ingentil<strong>it</strong>o con un<br />

cuscino, guarda verso Giovannino, l'artefice della maschia e gran<strong>it</strong>ica sedia in primo piano.<br />

«Dove non riuscivo a ev<strong>it</strong>are lo sconfinamento era nella camera da letto: per rimanere nella<br />

giurisdizione dell'ambiente avrei dovuto disporre verticalmente il letto: non potendolo fare, ero<br />

costretto a dormire con le gambe in salotto.<br />

«Confesso con rossore che qualche ragazza veniva a farmi vis<strong>it</strong>a. A onor del vero posso assicurare<br />

però che avevo cura di scegliere sempre ragazze molto snelle e di statura non eccessiva. E poi chi<br />

poteva preoccuparsene allora? Io a quel tempo ero giovane, magro, romantico e l'amore era una<br />

cosa tanto importante per il mio piccolo cuore che anche il più grave sconfinamento non sarebbe<br />

riusc<strong>it</strong>o a turbare il mio ordine spir<strong>it</strong>uale.<br />

«Ricordo che, una sera, una graziosa ragazza venuta a farmi vis<strong>it</strong>a, colta da non so quale angoscioso<br />

pensiero, singhiozzò: "Signor Giovannino! Cosa d<strong>it</strong>e mai?".<br />

«E si appoggiò timorosa come una pecorella contro la tramezza della stanza da letto. La vidi<br />

scomparire e la r<strong>it</strong>rovai che, sfondata anche la tramezza del salotto, stava seduta nella catinella<br />

piena d'acqua nel gabinetto appunto da catinella. Oh, dolci e lontane follie d'amore...»


Parma, 1934.<br />

Ennia, per poter vedere il cielo dalla finestra a pavimento,<br />

si è seduta per terra.<br />

notizie da Zavattini<br />

Il corso a Potenza è terminato e Giovannino torna a Parma nel maggio del 1935 in licenza in attesa<br />

di andare alla Scuola di Applicazione di Modena per la nomina al 6° Reggimento di Artiglieria di<br />

Corpo d'Armata (partirà nel febbraio del '36). Durante l'attesa due grossi avvenimenti: il<br />

licenziamento dal Corriere Emiliano e - pochi giorni dopo il suo rientro a Parma - la pubblicazione<br />

della prima di una lunga serie di strips sul settimanale di Rizzoli Il Secolo Illustrato, che aveva la<br />

caratteristica di essere inchiostrato color marrone. La segnalazione a Filippo Piazzi, il direttore,<br />

l'aveva fatta l'amico Cesare Zavattini al quale Giovannino, appena rientrato da Potenza, scrive:<br />

«Caro Za,<br />

«appena di r<strong>it</strong>orno dalla Scuola di Artiglieria - verso il 20 del mese scorso - sono venuto a Milano


Parma, 1934.<br />

Ennia appare seduta su una soffice poltrona costru<strong>it</strong>a da Giovannino ma il suo sguardo intenso e<br />

preoccupato ne tradisce la durezza e la scomod<strong>it</strong>à.<br />

È evidente il tentativo di rendere accogliente la stanza ma l'insieme non risulta particolarmente<br />

sfarzoso.<br />

con l'intenzione di ringraziarti di persona per quanto hai fatto per me. Ma tu non c'eri. Ora che sono<br />

in possesso del tuo indirizzo posso finalmente scriverti ed esprimerti la mia più sincera riconoscenza.<br />

Capirai se non sono contento! Ho segu<strong>it</strong>o alla lettera il tuo consiglio e mando solo lavori "sudati".<br />

Peccato che il rotocalco non mi permetta di esprimere tutto quello che mi sento.<br />

«Io fatico moltissimo a disegnare con tratto pesante: se potessi lavorare in punta di penna potrei<br />

fare due volte di più ed essere personale. Giusta l'osservazione della somiglianza con Camerini<br />

(Augusto, noto illustratore del Becco Giallo e del Travaso, N.d.A.). Ma non me ne addoloro: il<br />

modello è tanto grande che è già un pregio poterlo im<strong>it</strong>are. Ma credi che io "sento" questo genere e<br />

che, caso mai, non sono influenzato dal segno e dalla maniera ma dallo spir<strong>it</strong>o dell'umorista<br />

suddetto.<br />

«Ho a casa qualcosa che non potrà essere riprodotto in rotocalco e che rivela un altro spir<strong>it</strong>o. Te la<br />

farò vedere. (...) Gradirei qualche tua parola e qualche consiglio. Se hai tempo, si capisce. Io te ne<br />

sarò sempre molto riconoscente...».<br />

La poltrona di Montanelli<br />

Parma, 1935.<br />

Giovannino è tornato da Potenza ed Ennia r<strong>it</strong>orna nella stanza-soff<strong>it</strong>ta di borgo del Gesso.<br />

In primo piano la poltrona calunniata da Montanelli.


«"Tutto fatto in casa, ragazzi, con le mie mani: muri, mobili, impianto elettrico, fornelli, sedie".» Con<br />

queste parole Giovannino, secondo Indro Montanelli (I rapaci in cortile, Longanesi, Milano, 1952),<br />

riesce a far sedere l'amico Andrea Rizzoli sulla poltrona di legno che lui ha fabbricato. Il risultato,<br />

secondo Montanelli, è questo:<br />

«Come di colpo lo vediamo ruzzolare per terra in un groviglio di assi, di chiodi e di v<strong>it</strong>i»...<br />

La poltrona esiste ancora, è indistruttibile. Diamole un'occhiata nella foto qui sopra: siamo nel 1935<br />

in borgo del Gesso nell'appartamento-stanza-soff<strong>it</strong>ta di Giovannino. L'artigiano è talmente fiero di<br />

fotografare la "sua" poltrona da sacrificare un intero piede di Ennia.<br />

Nel febbraio del '36 l'aspirante ufficiale Giovannino parte per il 6° Reggimento d'Artiglieria di Modena<br />

e, durante il campo estivo a Villa Minozzo, viene raggiunto dalla rombante «Augusta» di Andrea<br />

Rizzoli. Il resto della vicenda è già leggenda...<br />

Sambuco (CN), 1939.<br />

Giovannino e i m<strong>it</strong>raglieri al campo.<br />

il richiamo alla armi - 1939-1940, Sambuco & dintorni<br />

«Nel 1939 il cielo d'Europa diventò cupo. Pareva che dovesse scoppiare la guerra da un momento<br />

all'altro e il Regio eserc<strong>it</strong>o decise: "È necessario richiamare d'urgenza il tenente d'artiglieria<br />

Giovannino Guareschi e mandarlo a presidiare i confini con la Francia".<br />

«Mi spedirono in Piemonte, in un paesino chiamato Sambuco...»


«La mia v<strong>it</strong>a è una continua milizia. Febbraio-luglio 1936: campagna di Modena e dintorni. Maggio<br />

1939: campagna di Acqui con visione della Bollente e del castello di Castelletto d'Erro. Luglio-agosto<br />

1939: campagna di Carcare, Spotorno, Albisola, Finale Ligure e Alassio...»<br />

Sambuco<br />

«Forse è anche inutile che io vi parli di Sambuco: ma a me piacciono le cose inutili, perché le cose<br />

inutili sono il sale della v<strong>it</strong>a: e se un uomo volesse esclusivamente fare le cose utili, dovrebbe<br />

soltanto cercare di morire il più presto possibile. (...)<br />

«Parliamo tanto di Sambuco perché è dolce parlare del ridente paesino che sembra mandare le sue<br />

casette sulle pendici del Bersajo turr<strong>it</strong>o.»<br />

Sambuco (CN), 1939.<br />

Il monte Bersajo è forse la prima alta vetta che Giovannino incontra.<br />

Tre anni dopo arrancherà tra le vette del bellunese con la sua Dei superleggera.<br />

«Oh, Sambuco, paesino sperduto<br />

Là, tra i monti del sempre e del mai,<br />

Oh, Sambuco, a te levo il saluto,<br />

E al tuo fido turr<strong>it</strong>o Bersaj...<br />

Sì benigna ti fu la natura<br />

Che i piè lieve ti lambe la Stura<br />

E ti affianca massiccio il Nebiùs...<br />

A l'è bin dulurus...<br />

A l'è bin dulurus...


Sambuco (CN), 1939.<br />

Si vedono le tende dell'accampamento sulla china erbosa<br />

che scende da sinistra verso la strada.<br />

Di giorno si sentono le raffiche delle m<strong>it</strong>ragliatrici,<br />

di notte quelle della Olivetti di Giovannino.<br />

«Io non posso fare una conferenza su Sambuco: sarebbe letteratura perché dovrei dire dei tramonti<br />

di fuoco e dei monti che si stagliano contro il cielo come torri possenti, dovrei dirvi delle vaccherelle<br />

al pascolo e dei dolci canti dei rudi montanari. Sarebbe letteratura e poi non starebbe bene: ci sono<br />

gli enti turistici che sono creati apposta per raccontare queste dolci, tenui, flebili bugie...»


Sambuco (CN), 1939.<br />

Giovannino, con la scusa di riprendere il Nebiùs,<br />

fotografa il suo primo mulino.<br />

Il secondo sarà il «mulino fantasma» sul Po.<br />

come si può fare dello sport<br />

con una semplice formaggiera<br />

«Mia carissima e adorata Peppina, ho ricevuto l'ultima tua, l'ultima per modo di dire perché chissà<br />

quante volte riceverò le tue lettere, ho ricevuto l'ultima tua e sono profondamente commosso. Mi<br />

chiedi se è possibile venirmi a trovare quassù! Sì, mia dolce Peppina: venire quassù è possibile. Il<br />

difficile è riuscire ad andarsene. Quindi ti consiglio nel modo più reciso di non fare la scappatella<br />

progettata, approf<strong>it</strong>tando del biglietto festivo.<br />

«Soffrirò da solo. (...)<br />

«R<strong>it</strong>ornando alla tua lettera vedo che mi chiedi, sempre in previsione di una tua scappata quassù,<br />

come si mangia. Ti confesso che non so come mangino gli altri; io so solo come mangiamo noi: ho<br />

detto "come" e non "quello" che mangiamo. D'altra parte non bisogna mai essere troppo curiosi<br />

nella v<strong>it</strong>a.<br />

«Devi dunque sapere che noi, due volte al giorno, ci troviamo attorno a una porta. Una comune<br />

porta di legno tolta dai cardini e appoggiata su due cavalletti mod. 1906 (tutta roba di complemento<br />

richiamata).<br />

«Fra panche e sedie assort<strong>it</strong>e si arriva a sederci tutti: anche io, che è già una bella v<strong>it</strong>toria dell'uomo<br />

sulle forze brute della natura. E, un po' grazie alla tovaglia, un po' grazie alle assicurazioni<br />

categoriche del direttore di mensa e un po' grazie alla fame che abbiamo, ci sembra proprio di<br />

essere seduti a una tavola. Si parla del più e del meno, educatamente, si fanno dei complimenti<br />

scambievoli, si ricordano gli episodi gentili della nostra v<strong>it</strong>a, si tratta con molta semplic<strong>it</strong>à e serietà<br />

dei problemi pol<strong>it</strong>ici del momento, quindi si apre una porta e appare un giovanotto in maniche di<br />

camicia che reca una bracciata di piatti.<br />

«Pastasciutta. Il che, cara Peppina, è un'altra bella v<strong>it</strong>toria.<br />

«Rapidamente, in poche decine di quarti d'ora, ognuno ha il suo piatto fumante davanti e il signor<br />

Cap<strong>it</strong>ano dà il segnale d'inizio della part<strong>it</strong>a di formaggiera.<br />

«Respinta con deciso colpo di mano, la formaggiera passa dal Cap<strong>it</strong>ano al tenente Bellanti: il tenente<br />

Bellanti si serve rapidamente e lancia al tenente Pretti. Pretti passa a Rossi, Rossi lancia a Levrero,<br />

ma Brero intercetta, batte di misura Graglia che tenta di portare a lato, si serve e rilancia con


precisione a Rossi, per un secondo prelievo. Ma ecco, fulmineo, interviene Farnetti, la violenta ala<br />

sinistra che carica Brero duramente, scavalca Levrero lanciato al contrattacco e si serve con<br />

precisione. Comincia la fase emozionante della part<strong>it</strong>a. Sorpreso da Levrero che compie una<br />

rapidissima azione di recupero, Farnetti abbandona la formaggiera che passa successivamente da<br />

Levrero a Graglia e da Graglia a Piazza per poi finire a lato. Rimessa in gioco a favore dei tigrotti del<br />

tenente Pianelli. Su un allungo di Bellanti la formaggiera passa a Darò, il serafico terzino destro, ma,<br />

in una entrata prodigiosa, Cacciabue intercetta e tenta di sfruttare vantaggiosamente l'azione di<br />

sorpresa. Ma Pianelli, con un balzo da giaguaro, si porta dall'ala sinistra a metà campo e gli r<strong>it</strong>oglie<br />

la formaggiera.<br />

Sambuco (CN), 1939<br />

Giovannino percorre di malavoglia questa strada<br />

«Comincia un'azione invano ostacolata da passaro e da Frixione.<br />

«L'azione di Pianelli è giudicata scorretta: rimessa in gioco a favore di Darò che però si lascia<br />

soffiare la formaggiera da Passaro. Passaro passa a Frixione, Frixione passa a Guggino, Guggino a<br />

Costa. Intervento di Cacciabue che passa involontariamente a Pianelli. Pianelli rimanda con un colpo<br />

meraviglioso a Rossi, Rossi a Brero, Brero a Pianelli: palleggio, o meglio formaggiereggio, fra Pianelli<br />

e Brero. Poi intervento di Farnetti che rimanda a Piazza, Piazza a Pretti, Pretti a Levrero, Levrero a<br />

Piazza, Piazza a Bellanti, Bellanti a Cacciabue, Cacciabue a Guggino, Guggino a Frixione, Frixione a<br />

Passaro. Siamo ormai alla fine del primo tempo: con un'entrata fulminea finalmente Guareschi ha la<br />

sua formaggiera.<br />

«Vuota!<br />

«Fine del primo tempo.<br />

«Secondo tempo: Fegato in padella.<br />

«Il secondo tempo è caratterizzato da azioni frazionarie e completamente personali il che conferisce<br />

all'incontro un carattere di grande disorganic<strong>it</strong>à. Al 10' il Cap<strong>it</strong>ano, dopo avere inutilmente tentato di<br />

avere ragione dell'avversario, abbandona il piatto e la part<strong>it</strong>a e chiede preoccupato se il cemento in<br />

carico al gruppo continui a essere esclusivamente prelevato con buono firmato dallo stesso


comandante del gruppo, o se invece detto cemento venga distribu<strong>it</strong>o liberamente. Frixione protesta<br />

energicamente.<br />

«Piazza disgustato abbandona il campo e si r<strong>it</strong>ira negli uffici del comando. Pianelli accusa il colpo<br />

irregolare allo stomaco, Cacciabue rivolge al direttore della part<strong>it</strong>a frasi poco sportive e viene<br />

penalizzato. Il secondo tempo non finisce neppure. Entra in campo la frutta.<br />

«Il pubblico sfolla le tribune e il parterre commentando severamente l'accaduto. Fine della<br />

trasmissione.<br />

«Ecco, cara Peppina, come stanno le cose; ti consiglio quindi di rimanertene a Milano: questi<br />

spettacoli violenti non sono fatti per le donne. Anch'io che sono uomo e guerriero ne sono<br />

profondamente scosso.<br />

«Per quanto concerne le cinquecento lire che ha mandato il signor Luigi e che tu gentilmente mi hai<br />

inviato, guarda che l'ufficio postale non ha voluto darmi un soldo in più di quattrocento lire. Capisco<br />

che adesso hai tante cose per la testa: a ogni modo stai attenta per l'avvenire. E questo lo dico per il<br />

tuo bene.»<br />

Sambuco (CN), ottobre 1939.<br />

Foto d'abil<strong>it</strong>à nella stanza di Giovannino.<br />

L'unica cosa valida che appare nella foto è la Voigtliinder che il collega di Giovannino fa scattare.<br />

«Carissima Peppina,<br />

«Sono quassù lontano da te e il mio cuore è pieno di nostalgia. Oh, se tu fossi qua e io a Milano,<br />

come sarebbe dolce la v<strong>it</strong>a! (...) Fortunatamente funziona già una mensa ufficiali cosicché ho dovuto<br />

arrangiarmi a mangiare qualche cosa all'Albergo della Posta, se non volevo morir di fame. (...)


Sambuco (CN), ottobre 1939.<br />

Giovannino fotografa il contrasto tra la placida vegetazione<br />

dell'altopiano e l'asprezza delle rocce del Bersajo.<br />

«Mentre mangiavo mi sono venute le lagrime agli occhi dalla malinconia perché ho pensato tanto a<br />

te: patate lesse, minestra troppo cotta, uova dure come il ferro, proprio le dolci cose che mi prepari<br />

tu, mezzogiorno e sera. (...) Le calze che mi hai messo nella valigia andavano benissimo: le ho<br />

perse sub<strong>it</strong>o e spero che durino molto. Anche il Santino che mi hai messo nel portafoglio va<br />

benissimo: però, secondo me, ci stava dentro perfettamente anche senza che tu togliessi quel<br />

biglietto da 500.<br />

«Oggi faceva tanto freddo nella mia cantina che la mia padrona di casa si ostina a chiamare camera<br />

da letto. È vecchia, la mia padrona di casa, e siccome le hanno detto che io scrivo sui giornali, mi<br />

chiede sempre notizie e pareri sulla pol<strong>it</strong>ica internazionale. Ma io non le posso mai dire niente perché<br />

tratto solo cose umoristiche e non posso quindi interessarmi di cose tanto poco serie. Ma non<br />

pensiamo più alla mia padrona di casa. (...) Essa dorme serena, senza sogni, forse, certamente<br />

senza incubi: io pago sempre la pigione anticipata.»<br />

Sambuco (CN), ottobre 1939.<br />

Giovannino, per riprendere il viottolo d'accesso alla Centrale,<br />

ha sacrificato la punta del campanile.<br />

Giovannino, nel tempo che gli lascia libero il lavoro in batteria, continua a collaborare col Bertoldo.<br />

Giovanni Mosca gli scrive: «Manda la roba che puoi, e io o Manzoni faremo o completeremo quello


che manca, naturalmente - per quello che riguarda l'amministrazione - a nome tuo. Con la v<strong>it</strong>a che<br />

fai, credo che sia impossibile trovare il tempo di scrivere o di pensare. (...) Si farà l'Arcibertoldo<br />

della guerra. (...) Già son state fatte metà delle battute. Ti spediremo sub<strong>it</strong>o le tue. Collabora con<br />

quanti pezzi vuoi in modo da poter guadagnare qualche cosa. Se puoi fare la copertina, mandacela<br />

immediatamente.»<br />

Giovannino mantiene fede a ogni impegno: la copertina dell'A rcibertoldo della guerra, Il Cannone,<br />

però arriva troppo tardi, dopo che, in fretta, è stata preparata da Carletto Manzoni. Così, viene<br />

utilizzata come retro di copertina.<br />

Pietraporzio<br />

Pietraporzio (CN), 1939<br />

Giovannino, durante le eserc<strong>it</strong>azioni della 2 a batteria,<br />

cattura questa e altre belle immagini dei dintorni.<br />

Giovannino nel tempo che gli lascia libero il lavoro in batteria, continua a collaborare col Bertoldo.<br />

Giovanni Mosca gli scrive "Manda la roba che puoi e io o Manzoni faremo o completeremo quello che<br />

manca, naturalmente - per quello che riguarda l'amministrazione - a nome tuo. Con la v<strong>it</strong>a che fai,<br />

credo che sia impossibile trovare il tempo di scrivere o di pensare (...) Si farà l'Arcibertoldo della<br />

guerra (...) Già sono state fatte metà delle battute. Ti spediremo sub<strong>it</strong>o le tue. Collabora con quanti<br />

pezzi vuoi in modo da poter guadagnare qualche cosa. Se puoi fare la copertina, mandacela<br />

immediatamente".<br />

Giovannino mantiene fede a ogni impegno: la copertina dell'Arcibertoldo della guerra, Il Cannone,<br />

però arriva troppo tardi, dopo che, in fretta, è stata preparata da Carletto Manzoni. Così, viene<br />

utilizzata come retro di copertina.


Pietraporzio (CN), 1939.<br />

La stanza di Giovannino. Al centro la sua fedele Olivetti.<br />

Dalla finestra si vede la balaustra in legno del terrazzino che guarda sul paese.<br />

«Il mio mezzo attendente Raffatellu (l'altro mezzo Raffatellu è del sottotenente Passaro) (...) deve<br />

aver trovato e letta qualche frase dei pezzi che io scrivo per il mio Bertoldo. Infatti l'ho incontrato e<br />

non mi ha salutato.»<br />

L'Olivetti di Giovannino lo ha segu<strong>it</strong>o fedele anche a Pietraporzio. Quando Giovannino sarà al campo<br />

in tenda, ce lo ha raccontato il compagno d'armi Nilo Lenzi, di notte si sentiranno per tutto<br />

l'accampamento le sue raffiche sparate pigiando sui tasti dell'Olivetti.


Pietraporzio (CN), 1939.<br />

Giovannino, dopo aver piazzato l'autoscatto, è corso ad appoggiarsi<br />

alla balaustra in legno del terrazzino di fianco all'Ennia.<br />

«Nella catapecchia che avevo scelto a mia dimora, trovai due meravigliose sorprese: la stufa rovente<br />

nella quale ardeva, segato in giusti pezzi, uno degli abeti del glorioso osservatorio sceso al piano, e,<br />

seduta davanti alla stufa, Margher<strong>it</strong>a.»


Pietraporzio (CN), 1939.<br />

Forse una delle due anziane signore è la padrona di casa di Giovannino.<br />

«Arrivò l'ordine di sost<strong>it</strong>uire immediatamente le granate in dotazione ai pezzi. Racimolati gli uomini,<br />

andai con essi, sotto la tormenta, a cambiare le munizioni. E questa fu una seria impresa dalla quale<br />

tornai v<strong>it</strong>torioso, ma bagnato da capo a piedi. (...)<br />

«Margher<strong>it</strong>a, come mi vide così fradicio, disse:<br />

«"L'immaginavo". Poi trasse dalla valigia un grosso pacco di matasse di lana verde-cupo e stabilì:


Pietraporzio (CN), 1939.<br />

Una nuova inquilina nella stanza di Giovannino: Ennia.<br />

«"La Patria ha bisogno di me. Di qui non vado via se non ti ho fin<strong>it</strong>o il maglione!".<br />

«Ero un rude soldataccio ma mi commossi: Chi mai avrebbe potuto attentare alla sovran<strong>it</strong>à d'un<br />

paese che possiede donne così eroiche?<br />

«"Margher<strong>it</strong>a!" urlai con voce da colonnello: "No pasaran!"»


Milano, 1939.<br />

Ennia in cucina e al balconcino del quarto piano<br />

del numero 18 di via Ciro Menotti, angolo Gustavo Modena.<br />

Si nota traffico convulso in via Gustavo Modena.<br />

un poco di famiglia 1939-1942, via Ciro Menotti a Milano<br />

«Ora che posseggo, a trimestri anticipati, seicentodieci metri cubi di Milano, ora che un<br />

mascalzoncello milanese ha invaso i miei seicentodieci metri cubi di Milano, io non so più con<br />

precisione come stia la faccenda. Mi sento come l'uomo che, trovatosi a camminare accidentalmente<br />

in piena notte vicino alla linea di confine, con una ghirba piena di tabacco e di saccarina in spalla, a<br />

un tratto si chiede: "Sono di qua o sono di là?".»<br />

Giovannino sa benissimo di essere dalla parte giusta nei suoi «seicentodieci metri cubi di Milano» e<br />

gli ispiratori dei suoi racconti, la sua «merce» di cui è piena la bricolla, ab<strong>it</strong>ano con lui e danno un<br />

senso nuovo alla sua v<strong>it</strong>a.<br />

In questo brano tratto dalle «Osservazioni di uno qualunque» (Bertoldo n. 41, 1941) Giovannino fa<br />

dire all'amico Filippo cose perfide sull'Ennia (non ancora Margher<strong>it</strong>a).<br />

Non è la prima volta che «calca la mano». La cosa buffa è che, la volta in cui la descrive zoppa e con<br />

un occhio leggermente strabico, alcuni lettori vanno apposta a Igea Marina per vedere il fenomeno<br />

r<strong>it</strong>ornando molto delusi.<br />

«Oggi ho ricevuto una lettera dall'amico Filippo, dal vecchio, caro, ottimo Filippo, il mio antico<br />

compagno di scuola:<br />

«"Carissimo Giovannino,<br />

«" (...) non so quando potrò rivedere te e la tua simpatica signora. Parlavamo di lei una decina di<br />

giorni fa io e mia moglie e io dicevo: 'La bellezza non conta, cara mia, e poi è sempre meglio che la<br />

donna sia leggermente più attempata dell'uomo; una donna che si sposa non occorre che porti<br />

nell'amministrazione familiare una dote in danaro o delle lenzuola, o quattro camicie da notte, o un<br />

paio di fazzoletti! Basta che porti quei dieci o dodici anni di esperienza che mancano all'uomo ancora<br />

giovane e quindi incapace di un ragionamento serio e pacato e soprattutto quello che conta in una<br />

donna è il senso dell'economia e l'ingegnos<strong>it</strong>à.


Milano, 1940.<br />

Fastosa cornice di presentazione per il nuovo inquilino.<br />

«"'Quando una madre di famiglia come tua moglie è capace di cavar fuori da quattro pezzacci di bue<br />

avanzati la sera prima uno stufatino di v<strong>it</strong>ello delizioso come quello che ho gustato in casa tua<br />

l'ultima volta che sono venuto, questa donna, preziosa in tempi normali, diventa indispensabile in<br />

tempi d'emergenza come oggi in cui, anche a darsi da fare, com'è capace un uomo della tua tempra,<br />

anche a correre dal mercato di Porta Ticinese a quello di Porta Nuova, da quello di Porta Venezia a<br />

quello di Porta Sempione pur di risparmiare qui un soldo sulle patate, qui due centesimi sull'insalata,<br />

un onesto padre di famiglia vede sfumare quotidianamente per il solo v<strong>it</strong>to, quelle tre-quattro lire<br />

che rappresentano i tre quarti della sua paga giornaliera.<br />

Milano, 1940.<br />

Ennia nel salotto-sala-da-pranzo-sala di soggiorno.


«"'Impara dalla moglie di Giovannino!' dico sempre alla mia Antonietta. Ma cosa vuoi che impari! Il<br />

principale difetto di queste ragazze di buona famiglia, che non possono vivere se non fanno il bagno<br />

ogni quindici giorni, che storcono il naso se la carne puzza un po' o se la pasta ha qualche<br />

camoletta, sta proprio nella mancanza del senso del risparmio.<br />

«"Per vivere avrebbero dovuto adattarsi a lavare pile così di piatti, o a spalare la neve come fanno le<br />

altre! Quelle sì che sono donne! Io ti invidio caro Giovannino!".»<br />

Milano, 1940.<br />

Giuliana, la figlia dei vicini.<br />

«La bambina del mio vicino entra di corsa in cucina a portarmi un soffio di primavera. Fa<br />

rapidissimamente la cacca vicino alla ghiacciaia, poi se ne va di corsa, stridendo come una<br />

rondinella.»<br />

Milano, 1940.<br />

Ennia, Albertino e Giuliana nella «sala-salotto-stanza di soggiorno».


«Oggi, approf<strong>it</strong>tando della giornata festiva, mi sono trasfer<strong>it</strong>o presso la mia famiglia dislocata in<br />

qualche parte d'Italia, per rendermi personalmente conto del grado di addestramento raggiunto dal<br />

bambinello che è venuto, quattro mesi fa, a complicare notevolmente le mie faccende domestiche.<br />

«Ho trovato l'illustre personaggio che, sdraiato in mezzo a un grande letto, stava succhiandosi<br />

alcune d<strong>it</strong>a della mano sinistra: i suoi parenti più importanti, disposti in cerchio attorno al letto in<br />

questione, seguivano la interessante scena con viva attenzione.<br />

«Da più parti mi è stato fatto cenno di star z<strong>it</strong>to e io, appressatomi in punta di piedi, mi sono un<strong>it</strong>o<br />

al gruppo degli osservatori. Dopo qualche minuto di silenzio profondo, il piccolo personaggio, tolte<br />

con un gesto deciso le mani dalla bocca, ha emesso un breve vag<strong>it</strong>o. Un mormorio di meraviglia si è<br />

alzato dalla folla: "Senti?" ha sussurato al mio orecchio lo zio Luigi con voce emozionata. "Canta!<br />

Questo bambino è un fenomeno: ha una disposizione enorme per la musica".<br />

«"Questo non è niente" ha interrotto la signora che mi rese padre. "Stai attento!"<br />

«Io sono stato attento e ho visto l'egregia donna scomparire e r<strong>it</strong>ornare, di lì a poco, armata di un<br />

macinino da caffè: l'esimia signora, appressatasi al letto, ha fatto funzionare per un certo tempo<br />

l'arnese, cosa questa che ha destato un indubbio interesse nel pargolo.<br />

«"Questo bambino è un fenomeno" ha spiegato allora la zia Filippa. "Ha una disposizione enorme per<br />

la meccanica."<br />

«A questo punto è intervenuta la nonna del fenomeno che, dopo avermi lanciato uno sguardo<br />

eloquente, ha afferrata una copia del Bertoldo e l'ha sventolata davanti al naso del nipotino.<br />

«Il bambinello ha abbozzato con l'estrema sinistra delle labbra un sorriso.<br />

«"Questo bambino è un fenomeno!" ha comunicato allora la vecchia signora. "Ha una disposizione<br />

semplicemente eccezionale per il disegno!"<br />

«Si è fatto avanti il nonno del fenomeno che, inforcati gli occhiali e lanciato un severo sguardo agli<br />

astanti, come per avvertire che la cosa stava per diventare solenne, ha tratto lentamente di tasca la<br />

scatola dei fiammiferi e con rapida decisione ha accesa la candela che stava sul comodino. E, mentre<br />

tutti trattenevano il respiro, è avvenuto il miracolo: il pargolo ha guardato la fiammella, ha ag<strong>it</strong>ato il<br />

braccio destro e ha lanciato un acuto gua<strong>it</strong>o.<br />

«"Questo bambino è un fenomeno!" ha spiegato il vecchio signore. "Ha una disposizione eccezionale<br />

per il fuoco!"<br />

«Il congresso ha deciso che non bisogna mai affaticare con esperienze prolungate il cervello di un<br />

bambino e ci siamo r<strong>it</strong>irati nella stanza vicina per deliberare.<br />

«Dopo una vivace discussione, durante la quale lo zio Luigi, la madre, il nonno e la nonna hanno<br />

cercato di imporre rispettivamente la tesi del canto, della meccanica, del disegno e del fuoco, io ho<br />

trovato una soddisfacente soluzione: si sarebbe potuto fare del pargolo un ingegnere capo dei<br />

pompieri collaboratore di giornali illustrati e dilettante di canto.<br />

«R<strong>it</strong>ornati nella stanza da letto, abbiamo osservato che il pargolo stava succhiandosi il pollice del<br />

piede destro. Ma considerato che un ingegnere capo dei pompieri, se può essere<br />

contemporaneamente collaboratore di giornali illustrati e dilettante di canto, non può essere in modo<br />

assoluto anche pedicure, abbiamo deciso di lasciar perdere.»


Milano, 1940.<br />

Albertino «lavora» sulla Olivetti del babbo.<br />

«Esistono delle cose semplici, al mondo, e fra queste la più semplice è senz'altro quella d'uscir di<br />

casa. Però qualora non si verifichino contingenze anormali. Non è facile uscir di casa quando venga a<br />

crollare improvvisamente il sistema di scale che collega il vostro settimo piano alla strada.<br />

Difficilissimo addir<strong>it</strong>tura qualora, mentre state per eclissarvi in punta di piedi, veniate avvistato da<br />

qualche Albertino il quale sembrava affaccendatissimo attorno alla sistemazione della vostra<br />

macchina da scrivere. (...) "Il signor padre esce? Esca pure" pensa Albertino. "però esco anch'io."<br />

(...) Si viene alla conclusione che il signor padre, quando vuol uscire di casa, deve caricarsi Albertino<br />

sulle spalle e andare in tram con lui.<br />

un giretto al parco<br />

Milano, 1940.<br />

La «piccola vedetta lombarda» sta marcando stretto il babbo<br />

che vorrebbe uscire senza di lui.<br />

«Oggi la dolce signora che, come il famoso cavallo, si insinuò sotto la specie del curioso gingillo,<br />

nella cerchia delle mie mura domestiche, per poi svelare l'insidia di un piccolo invasore tristanzuolo,<br />

poppante e urlante, mi ha comunicato che un uomo (...) alla domenica deve fare ogni cosa meno<br />

che quella di attaccarsi alle sottane della consorte per il bel gusto di accompagnare a spasso in<br />

carrozzino un marmocchietto e, arrivato al Parco, scattargli 8 istantanee 8, destinate a tradurre ai<br />

posteri le ancora incerte sembianze.


Milano, 1940.<br />

Pomeriggio domenicale: è in programma una usc<strong>it</strong>a<br />

del «piccolo invasore tristanzuolo» con tutta la troupe.<br />

«Le ho risposto che aveva perfettamente ragione. La scenetta festiva del coniuge che, macchina ad<br />

armacollo, si alterna con la consorte alla trazione di un trabiccolo contenente bambini, è così usata,<br />

abusata e convenzionale, nelle strade di questa straordinaria c<strong>it</strong>tà, che è almeno opportuno, se non<br />

addir<strong>it</strong>tura necessario, ev<strong>it</strong>are ogni cosa che possa avere attinenza con essa.<br />

«"Detesto queste manifestazioni piccolo-borghesi" ho concluso.<br />

«Così la dolce compagna della mia ex-v<strong>it</strong>a, approf<strong>it</strong>tando del pomeriggio festivo e assolato, è usc<strong>it</strong>a<br />

di casa spingendo verso sud la carrozzella contenente il figliolo.<br />

«E io, salutati i due, sono andato a spasso verso nord.<br />

«Ho fatto delle osservazioni interessanti sull'orientamento della arch<strong>it</strong>ettura, sul Novecento e sul<br />

novecentismo, trovando modo di intercalare alle mie indagini delle considerazioni argute sulla<br />

incertezza che regna oggi nel campo musicale.<br />

Milano, 1940.<br />

Ennia, accoccolata vicino a mezzo Albertino, in una delle 32 istantanee 32 che Giovannino<br />

ha scattato per immortalare il figlio e la «pelliccia nera» di Margher<strong>it</strong>a.


«Ho camminato parecchio, alla ventura, ed essendo, alfine, arrivato in un largo arioso e soleggiato,<br />

mi sono seduto su una panchina, a fianco di una signora che stava parlottando con una carrozzina<br />

«Io ho guardato, nel cielo azzurro, a che punto del suo cammino fosse arrivato il sole, e la signora,<br />

dopo aver frugato nella carrozzina, mi ha posto tra le mani la macchina fotografica.<br />

«Allora io, una dopo l'altra, ho scattato 32 istantanee della carrozzina con o senza signora, della<br />

signora e della carrozzina, con me stesso o senza autoscatto.<br />

«Poi siamo tornati a casa nostra e mi sono divert<strong>it</strong>o molto a spingere io stesso la carrozzina «Il che<br />

è bello e istruttivo.»<br />

la pelliccia nera<br />

Milano, 1940.<br />

La prima della famosa serie delle 32 istantanee 32:<br />

si prega di fare attenzione alla pelliccia nera di Ennia.<br />

«Stamattina, appena riaperti gli occhi, mi sono ricordato di una cosa: allora ho detto alla donna che<br />

divide in parti quasi uguali con me il mio stipendio e il mio letto:<br />

«"Guarda che ieri sera Luigi mi ha rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o quel denaro famoso: quindi ho deciso di comprarti la...".<br />

«L'egregia signora non mi ha lasciato finire: è balzata fuori dal letto, senza pronunciar parola, ha<br />

infilata, correndo, una vestaglia azzurrastra, poi è scomparsa. (...) Sul pianerottolo ho incontrato<br />

l'esimia signora che usciva visibilmente ag<strong>it</strong>ata dall'appartamento dei miei vicini e diceva convinta:


Milano, 1941,<br />

Piazza del Duomo. Ennia sfoggia il suo renard.<br />

La signora Maestra è in alta uniforme.<br />

«"No, no, cara signora: nera! Nera va bene per tutto: per il mattino, per la sera e anche per il<br />

lutto!".(...) «In fondo alle scale ho incontrato la portinaia la quale in tono molto cordiale mi ha<br />

consigliato:<br />

«"Io, se fossi nella vostra signora, la prenderei marrone: è più giovanile e poi, all'occorrenza, la si<br />

può<br />

tingere benissimo". Le ho date due lire di mancia e, appena fuori dal portone, la fruttivendola che<br />

stava<br />

riordinando certe sue patate novelle ha interrotto un istante il suo lavoro e mi ha assicurato:<br />

«"Per conto mio, nera è una bestial<strong>it</strong>à: grigia è cento volte meglio e, non sembra, ma si sporca<br />

ancora meno di quella nera. A ogni modo la sua signora può fare come meglio crede". (...) Appena<br />

arrivato in ufficio, l'usciere<br />

mi ha comunicato che avevano telefonato cercando di me. Poi, sottovoce, con quella delicatezza che<br />

è la sua principale dote, l'egregio personaggio ha aggiunto:<br />

Milano, 1941,<br />

Piazza del Duomo.<br />

«"Cosa vi ho detto io, tre anni fa, quando siete entrato qui per la prima volta, con quella foglia di<br />

verza di impermeabile che vi si vedevano le costole tremare dal freddo? Fate benissimo, adesso, e<br />

che crepino dalla rabbia: a ogni modo sono d'accordo con la vostra signora. Nera va bene per tutto".<br />

(...)


«Arrivato in casa la compagna della mia v<strong>it</strong>a, appena le sei o sette donne che stavano discutendo<br />

con lei se ne sono andate, mi ha detto con grande circospezione:<br />

«"Giovannino, mi raccomando: non dire niente a nessuno. Voglio che sia una sorpresa per tutti!".»<br />

Guardando la volpe argentata di Ennia pensiamo a quella che indossa Maria, la moglie di Peppone,<br />

nel giro clandestino che fanno a Milano travest<strong>it</strong>i da "signori". Anche Maria si è avvicinata al portone<br />

del Duomo e ha toccato il Bambinello obbligando a farlo anche Peppone...<br />

«Peppone si mise in guardia alla porta, fingendo di leggere un giornale. Allora la donna aperse il<br />

valigione che aveva con sé, ne tolse un paio di calze e un paio di scarpe di camoscio, alla moda. Si<br />

cambiò le calze e le scarpe. Poi cavò dal valigione una scatola e dentro c'era un cappellino. Lavorò<br />

un sacco di tempo per metterselo. Alla fine guardò interrogativamente Peppone.<br />

«"Bene" rispose Peppone. (...)<br />

«La donna si p<strong>it</strong>turò leggermente di rosso le labbra. Dopo ripose nel valigione la sciarpa di lana e<br />

tirò fuori una volpe argentata. (...)


Milano, 1941.<br />

II «costumino di lana» che piace tanto alla signora Marietta, «l'ochetta di gomma e la comoda<br />

bigoncia» che piacciono tanto alla signora Giuseppina.<br />

Le «belle mattonelle pul<strong>it</strong>e e lucide del magnifico cortile» e l'«intonaco stupendo» che piacciono alla<br />

signora Celestina.<br />

«Girarono in su e in giù per la Galleria. Poi arrivarono a San Babila e fecero per dieci minuti la corte<br />

al caffè<br />

del Motta. Alla fine si decisero ed entrarono. Presero un liquore e delle paste. Peppone sparava<br />

mance da<br />

miliardario e la moglie di Peppone, quando una signora elegante le guardò la volpe, a momenti<br />

scoppiava di gioia. «Salirono fin sulla guglia del Duomo e, sotto di loro, c'era l'inverno milanese.<br />

«R<strong>it</strong>ornarono al piano stord<strong>it</strong>i. La moglie di Peppone andò a toccare sulla porta di bronzo il<br />

Bambinello. «"Toccalo anche tu!"<br />

«Peppone si guardò attorno e lo toccò con la mano enorme.»<br />

«Oggi Albertino è stato pubblicato in prima pagina e la cosa non deve originare perpless<strong>it</strong>à perché si<br />

tratta di una storia breve e semplice.<br />

«La direzione di un pregiato settimanale di moda e attual<strong>it</strong>à femminile, volendo presentare alle sue<br />

lettrici un certo modello d'ab<strong>it</strong>uccio a maglia per bambino, ed essendo mia compagna d'ufficio, mi ha<br />

chiesto a prest<strong>it</strong>o Albertino allo scopo di usarlo in qual<strong>it</strong>à di indossatore.<br />

«Perciò detto Albertino, trasportato in un certo cortile, vicino a una determinata bigoncia e paludato<br />

del nominato costumino, ha acconsent<strong>it</strong>o a lasciarsi fotografare nell'atto di lavare una innocente<br />

ochetta di pezza.<br />

«Ha fatto pure un'altra cosuccia non richiesta dalla direzione della rivista e, in ver<strong>it</strong>à, poco<br />

riguardosa verso il modellino: ma questo non ha imped<strong>it</strong>o la perfetta riusc<strong>it</strong>a della fotografia e così,<br />

oggi, Albertino è stato pubblicato nella prima pagina di Annabella.<br />

«Appena in possesso della rivista, la dolce confezionatrice di Albertino ha cominciato a camminare<br />

ag<strong>it</strong>atissima in su e in giù per il salotto-sala da pranzo e io, allo scopo di offrirle maggiori possibil<strong>it</strong>à<br />

turistiche, le ho spalancate tutte le porte di comunicazione con le altre stanze esclusa quella del<br />

bagno per non creare nel circu<strong>it</strong>o un vicolo cieco che avrebbe costretto la esimia e peripatetica<br />

signora a segnare il passo o a eseguire un dietro-front, cose, queste, che avrebbero certamente<br />

influ<strong>it</strong>o dannosamente sulla media generale.<br />

«Alla fine del sesto giro la importante personaggia si è fermata decisamente davanti a me e mi ha<br />

comunicato che, a ogni costo, bisognava far qualcosa.


«Per quanto un po' generica, l'idea ha trovato la mia approvazione incondizionata e mi sono<br />

affrettato ad avanzare una proposta che mi sembrava ragionevole:<br />

«"Si potrebbe mandare la ragazza a comprare una bottiglia di Carpano, fa fresco quassù".<br />

«Evidentemente io sono un superficiale: cosa può entrarci il Carpano con un avvenimento quale la<br />

pubblicazione di Albertino in prima pagina? Se in un caso come questo occorre far qualcosa, non si<br />

deve certamente pensare a bevande: si deve invece, per esempio, pensare alla vicina signora<br />

Marietta. In un caso grave come il presente l'intelligenza di un uomo deve sforzarsi per trovare uno<br />

stratagemma, grazie al quale far salire immediatamente detta signora Marietta onde essa, per caso,<br />

veda la prima pagina di Annabella e resti fulminata.<br />

«"Non c'è che il Carpano" ho sugger<strong>it</strong>o io dopo aver lungamente pensato. "Si telefona alla signora<br />

Marietta se vuol gradire un bicchiere di Carpano."<br />

«L'idea, in funzione di richiamo della signora Marietta, è stata accettata.<br />

«Il giornale è stato, dopo attento studio, sciorinato in un punto strategico e quando la signora<br />

Marietta è arrivata si poteva essere sicuri del risultato. «La signora marietta ha gustato molto il<br />

Carpano, ha espresso idee originali sul tempo, sul razionamento<br />

e sulla incoscienza delle giovani domestiche, quindi ha lasciato cadere gli occhi sul giornale.<br />

«"Che magnifico costumino a maglia" ha sospirato la signora Marietta. "Non può costare meno di<br />

trecentocinquanta lire. Fortunato chi lo può comprare!"<br />

«Era perfettamente inutile far notare alla signora Marietta che si trattava di Albertino.<br />

«La signora Marietta avrebbe certamente chiesto di vedere il costumino. Non si poteva confessarle la<br />

storia: la signora Marietta sarebbe andata a raccontare che noi diamo a nolo Albertino ai fotografi.<br />

«Usc<strong>it</strong>a la signora Marietta, la dolce amministratrice delle mie disgrazie domestiche ha ricominciato<br />

a camminare nervosamente in su e in giù per la casa. Alla fine del settimo giro si è fermata davanti<br />

a me e, con molta decisione, mi ha comunicato per la seconda volta:<br />

«"Bisogna fare qualcosa".<br />

«Sarebbe stato sciocco tirare in ballo ancora la proposta del Carpano. Ci voleva un'idea più pos<strong>it</strong>iva.<br />

«E poco dopo (a segu<strong>it</strong>o di telefonate, mance, una lunga corsa in tassi e la consegna di lire<br />

trecentoventi a una commessa di negozio) Albertino poteva sfoggiare il meraviglioso costumino che<br />

la signora Marietta aveva ammirato nella fotografia.<br />

«La dolce amministratrice dei miei affetti e dei miei effetti, costretto Albertino a camminare in bella<br />

vista nella sala-salotto-stanza di soggiorno, mi induceva quindi a convocare la signora Giuseppina.<br />

«La signora Giuseppina è sal<strong>it</strong>a, ha gustato il Carpano, poi, cadutole l'occhio sul giornale con la foto<br />

di Albertino, ha sospirato:<br />

«"Che magnifica ochetta e che comoda bigoncia!".<br />

«Inutile ripetere la storia: il fatto è che, allontanatasi la signora Giuseppina, io dovevo precip<strong>it</strong>armi a<br />

comprare un'ochetta di pezza e una comoda bigoncia uguali a quelle della fotografia.<br />

«Albertino, legato convenientemente con spaghi e fil di ferro, veniva poi costretto a giocare con<br />

l'ochetta vicino alla bigoncia, collocata nella sala-salotto-stanza di soggiorno.<br />

«"I bambini hanno i loro capricci" ha spiegato la dolce signora del mio quarto piano, appena è<br />

entrata la signora Celestina.<br />

«La signora Celestina ha mostrato di gradire molto il Carpano è si è degnata di sorridere ad<br />

Albertino poi, cadutole per forza l'occhio sulla fotografia del giornale ha sospirato:<br />

Milano, 1941.<br />

Giovannino, ricuperato Albertino che non molla l'ochetta di gomma, lo riporta a casa.<br />

Lungo la strada del rientro scatta 2 delle 32 istantanee 32 nei prati di Milano.<br />

«"Che magnifico cortile! Che belle mattonelle pul<strong>it</strong>e e lucide, che intonaco stupendo. Altro che il<br />

nostro cortilaccio pieno di topi!".


«Usc<strong>it</strong>a la signora Celestina, la dolce fabbricatrice di Albertino ha ripreso per la quarta volta a<br />

camminare furiosamente lungo il circu<strong>it</strong>o dell'appartamento. Alla fine del decimo giro si è fermata di<br />

scatto davanti a me.<br />

«"No" le ho detto allora calmo ma deciso. "Non cambio casa neanche se mi uccidono! Non mi sento<br />

di trovare una nuova casa dove ci sia un cortile a mattonelle. E poi occorre troppo tempo. L'attual<strong>it</strong>à<br />

della foto passerebbe."<br />

«La insigne compatriota ha abbassato il capo.<br />

«"Hai ragione: queste piccole van<strong>it</strong>à borghesi non bisogna averle" ha ammesso. "Tutt'al più<br />

possiamo comprare poche migliaia di copie del giornale per spedirle a qualche conoscente e per far<br />

tappezzare la sala, l'anticamera, la cucina, la camera da letto e magari il bagno e la stanzetta della<br />

cameriera. Nella cantina e nel solaio quando ce ne sono venti o trenta copie attaccate qua e là è<br />

sufficiente."<br />

Questa seconda istantanea, in particolare,<br />

rivela a un occhio attento che uno spiacevole incidente idraulico è venuto a turbare l'eleganza<br />

del completino.<br />

Milano, 1942.<br />

Albertino al Parco: al suo fianco biondeggia<br />

il frumento "autarchico" di guerra.


«In quel preciso istante Albertino, sal<strong>it</strong>o decisamente sull'ochetta, è entrato col costumino nuovo nel<br />

bigoncio pieno d'acqua rovesciandolo, e io, vedendo le estrem<strong>it</strong>à inferiori dei mobili accarezzate dalle<br />

onde, ho pensato con nostalgia a Venezia.<br />

«Il che è bello e istruttivo.»<br />

Milano, 1942.<br />

Caseggiato di c<strong>it</strong>tà con parete cieca affrescata con il sistema del trompe-l'oeil.<br />

la scoperta di Milano 1942, le strade, le case<br />

Milano, 1942.<br />

Le strade, le case invadono la periferia. L'ultima immagine di un prato.<br />

Sul fondo una grande fabbrica con una ciminiera - simile a un minareto - che inizia ad avvelenare la<br />

c<strong>it</strong>tà.<br />

Sulla nuova strada che fiancheggia il prato, patetico, un carrettino tirato a mano.


Milano, 1942.<br />

Tra le nuove costruzioni, in primo piano, le carovane<br />

e la baracca del Tirassegno.<br />

Milano, 1942.<br />

Immagini surreali di una nuova c<strong>it</strong>tà senza volto che non ha più<br />

le caratteristiche della vecchia e non ha ancora quelle della nuova.


Milano, 1942.<br />

Giovannino ha posato l'angioletto violinista della Val Gardena sul violino del fratello,<br />

mil<strong>it</strong>are in Russia che, dato per disperso, tornerà incolume a casa.


le "nature morte"<br />

Milano, 1942.<br />

Albertino dorme e la macchina da scrivere di Giovannino riposa: l'angioletto della Val Gardena tiene<br />

sotto controllo la s<strong>it</strong>uazione.<br />

Sono gli anni di Casorati, Sironi, De Chirico e Carrà. Giovannino subisce l'influsso creativo di questi<br />

nuovi maestri e non avendo il tempo per la p<strong>it</strong>tura si affida all'occhio delle sue macchine<br />

fotografiche, dopo avere affiancato alla piccola vecchia Zeiss e alla Voigtlnder una fiammante<br />

Rolleiflex.<br />

Tra le foto di un Alberto "di professione neonato" tra le braccia di Ennia, nell'appartamentino del<br />

quarto piano del numero 18 di via Ciro Menotti compaiono oggetti apparentemente disparati ma<br />

perfettamente intonati fra di loro. L'oggetto più importante per Giovannino è il leggerissimo<br />

angioletto della Val Gardena intagliato nel cirmolo. Lo seguirà nei Lager tedeschi e nel duro carcere<br />

<strong>it</strong>aliano:<br />

«Intanto avevo ricuperato il mio angioletto e, vedendolo, il Giovannino fatto d'aria sorrise: «"È<br />

sempre lo stesso che avevamo nel Lager?".<br />

«"Sì" spiegai. "Ma in carcere non riusciva a volare."<br />

«"Nel Lager era bello perché, se mancava il pane, riuscivamo a far volare anche gli angioletti di<br />

legno...".»<br />

Milano, 1942.<br />

"Natura morta" con La Stampa, una bottiglia di latte e la Beretta d'ordinanza di Giovannino.<br />

Quando Giovannino ha posato quell'angioletto sul carrello della macchina forse pensava a<br />

Giacomino:


«Un bambinello alto una spanna, con un camicino bianco che gli arrivava fin sui piedini, con la<br />

testolina ricciuta e con due aluzze sulle spalle. (...) Per due mesi mi fece compagnia. Ogni notte lo<br />

toglievo dalla tasca della mia vestaglia e lo mettevo a sedere sul carrello della macchina da scrivere.<br />

E Giacomino se ne stava fermo, immobile, e, quando il campanello suonava, alzava il braccio, mi<br />

guardava e sorrideva».<br />

Quando la madre, «una giovane donna con un candido camicione e due alette sulle spalle», è venuta<br />

a riprendersi il bambino che si era perduto dopo la loro morte improvvisa, «che fatica a metter giù<br />

due parole che Giacomino non mi guarda più, seduto sul carrello della macchina». (...)<br />

Milano, 1942.<br />

Ancora La Stampa. Un macinino nasconde una notizia di guerra: «Attiv<strong>it</strong>à di artiglieria e di pattuglie<br />

nelle zone di Tobruck e di Giarabub».


Milano, 1942.<br />

Una lucerna a petrolio e una mela posate ancora sulla Stampa: il "Pronto Soccorso"<br />

per le discese precip<strong>it</strong>ose nel rifugio quando suona la sirena d'allarme aereo.


Giovannino, suggestionato dai pupazzi di Bruno Barilli, si autocaricatura assieme a Ennia<br />

confezionando due pupazzi in panno e gesso con le sembianze di vecchietti. Fotografa i due pupazzi<br />

usando come sfondo uno scorcio di binari di Parma dipinto da Bandieri: si tratta di quei famosi binari<br />

della curva del casello 107 vicino al cavalcavia di San Giuseppe che Giovannino ed Ennia<br />

attraversavano di corsa per andare a sedersi sul prato dall'altra parte.<br />

Giovannino utilizza quella foto nel 1958 per illustrare nel «Corrierino delle famiglie» «Il segno sul<br />

muro»: in questa puntata Giovannino, osservando i figli, si sente improvvisamente vecchio.<br />

«Qualcuno si ferma ancora davanti al cancello di casa mia e io me ne accorgo sub<strong>it</strong>o perché Amleto<br />

smette di abbaiare.<br />

«Amleto abbaia soltanto quando non c'è nessuno. La sol<strong>it</strong>udine e il silenzio lo deprimono e abbaia<br />

per farsi compagnia.<br />

«Vado a spiare dalla finestra del tinello e se, davanti al cancello verde, vedo qualcuno che non<br />

conosco, esco in cortile a fare due chiacchiere. Si tratta spesso di lettori del "Corrierino delle<br />

famiglie": papà e mamme che r<strong>it</strong>rovano in quelle cronachette se stessi e i loro ragazzi. Mi dicono che<br />

Amleto va bene, che io sono come mi pensavano ma un po' più piccolo, che Margher<strong>it</strong>a, molte volte,<br />

dimostra di avere più spir<strong>it</strong>o di me. Domandano come sta Albertino e chiedono di conoscere la<br />

Pasionaria.<br />

Milano, 1942.<br />

Giovannino subisce il fascino del '900.


Milano, 1942.<br />

Giuseppe Verdi, dalla copertina dell'Illustrazione Italiana, ricorda a Giovannino la loro Bassa.<br />

«Rispondo immancabilmente che è a scuola o a casa di qualche compagna. Se la sciagurata<br />

sopraggiunge caracollando sulla sua bicicletta, o se viene sulla soglia di casa per informarsi se l'ho<br />

chiamata e mi vedo costretto a mostrarla ai vis<strong>it</strong>atori, accade sempre che i vis<strong>it</strong>atori si mostrano<br />

profondamente delusi.<br />

«"Non è più una bambina" borbottano. "Sta facendosi una signorina." "Si capisce che sta facendosi<br />

una signorina, però contro la mia espressa volontà..."»<br />

Marore (PR), settembre 1940.<br />

Lina Maghenzani e Primo Augusto Guareschi in posa per il figlio Giovannino assieme a Ennia e<br />

Albertino.


Marore, via Solari la famiglia si unisce<br />

Marore (PR), settembre 1940.<br />

Un filare ricco di uva «pisón'na» (chissà se ce n'è ancora qualche v<strong>it</strong>e in giro)<br />

fa da sfondo e incornicia la Gioventù <strong>it</strong>aliana, Capo centuria e "abusiva" comprese.<br />

Settembre 1940 Ennia è in lutto per la morte della mamma. Con Albertino di pochi mesi (foto a<br />

sinistra), è a Marore osp<strong>it</strong>e della signora Maestra.<br />

Settembre 1941. La scuola non è ancora iniziata e la signora Maestra, Capo centuria, può seguire<br />

l'istruzione delle Giovani <strong>it</strong>aliane. Giovannino fotografa la centuria, la Capo centuria e l'abusiva:<br />

Ennia.<br />

Marore (PR), giugno 1941.<br />

L'ultimo giorno in campagna. Domani si rientra a Milano.


L'aria di campagna è più leggera che a Milano perché qui non si avvertono ancora le prime<br />

conseguenze del vento di guerra: la tessera e il razionamento. Qui ci sono tanti amici ed è più facile<br />

trovare della "materia prima". Giovannino, dopo le sol<strong>it</strong>e 32 istantanee 32, riporta la famiglia a<br />

Milano.<br />

«Oggi, approf<strong>it</strong>tando della giornata festiva, mi sono recato in una amena local<strong>it</strong>à dei dintorni a<br />

prelevare una distinta madre di famiglia e un Albertino i quali, adducendo la scusa di andarsi a<br />

scaldare al rozzo focolare dei nonni, si erano allontanati dal freddo domestico. (...) Sono rimasto nel<br />

corridoio vicino alla porta dello scompartimento in modo da poter sorvegliare agevolmente il<br />

valigione, tenendolo a stretto contatto delle mie gambe, e in modo da poter offrire al ricordato<br />

Albertino lo spettacolo interessante del mio viso ogni qual volta mi pervenisse dall'interno dello<br />

scomparto la richiesta della mia persona: "Babài".<br />

«Il buon Dio perdoni il mio orgoglio, ma Albertino è un essere eccezionale. Alla sola età di anni uno e<br />

mesi sei, sa già pronunciare tre parole: "mamma", "Babài" e "Maba". La quale ultima voce,<br />

significante "mamma-babbo", dà una idea della singolare facoltà di sintesi del nominato<br />

personaggio. (...)<br />

«A un bel momento mi sono detto: "Giovannino: noi sappiamo che la valigia è un recipiente di<br />

cartone il quale serve per trasportare da una local<strong>it</strong>à all'altra oggetti vari. Sotto questo punto di vista<br />

si potrebbe addir<strong>it</strong>tura definire la valigia come un veicolo: in fondo una carrozza ferroviaria non è<br />

forse una valigia con ruote?."<br />

Marore (PR), giugno 1941.<br />

Albertino nel prato dei vicini, la famiglia amica Rastelli.<br />

Sul fondo si vede il palazzo delle scuole dove ab<strong>it</strong>ano i nonni.<br />

«"Ma questo non c'entra. Piuttosto consideriamo un altro fatto: perché, invece di stare in piedi, non<br />

ti siedi sulla valigia? Il Tommaseo esclude che la valigia possa essere defin<strong>it</strong>a un sedile: ma il<br />

Tommaseo evidentemente non si è mai trovato a dover viaggiare in piedi".<br />

«Ho deciso di sedermi sulla valigia e, per far questo, afferrata per le maniglie la valigia, l'ho spostata<br />

adeguatamente. E mi sono accorto che la valigia sembrava piena di piombo. (...)<br />

«Ricordavo che, alla partenza da Milano, la valigia era piuttosto leggera. Una vesticciola, due<br />

ciabatte, qualche magliettina non hanno un peso eccessivo. Anche ammettendo che l'aria salubre


della campagna avesse irrrobust<strong>it</strong>o i già detti indumenti, non si poteva credere che fossero tanto<br />

aumentati di peso.<br />

«Ho scarabocchiato su un foglietto: "Che cos'hai dentro la valigia?" poi ho passato la missiva alla<br />

distinta utente delle ferrovie.<br />

«La dolce compagna dei miei sogni di scapolo e del mio risveglio di coniugato, per tutta risposta ha<br />

mosso in un certo modo una mano come per dire: "Giovannino, lo vedrai quando saremo giunti a<br />

casa".<br />

«Ho formulato mentalmente un elenco: burro, formaggi, olio, carni insaccate, uova, caffè, patate,<br />

farine alimentari, lardo, strutto, pasta, cuoio, pellami, lana, stoffe. Ecco quello che doveva essere<br />

contenuto nella valigia.<br />

«Un uomo ha ben presente che la legge gli vieta di rubare fino a quando non gli 'cap<strong>it</strong>i sotto le mani<br />

qualcosa che è possibile rubare. Figuriamoci una donna.<br />

«Mi sono sent<strong>it</strong>o profondamente a disagio: se avessi avuto fra i piedi una valigia di dinam<strong>it</strong>e non mi<br />

sarei trovato peggio.<br />

«Istintivamente mi sono staccato dalla valigia appoggiandomi all'altra parete del corridoio. Intanto il<br />

treno volava verso Milano e io ho pensato a Le mie prigioni e all'abate Faria.<br />

«Non potevo farne niente. Una sola persona stava con me nel corridoio e fumava un grosso sigaro<br />

affacciato al finestrino. Questo mi ha sugger<strong>it</strong>o un'idea: mi sono affacciato anch'io e ho preso a<br />

fumare.<br />

«Poco dopo mi sono sent<strong>it</strong>o chiamare: "Signore, è vostra quella valigia?".<br />

«Un uomo in divisa mi indicava il mio valigione che, nel frattempo, era caduto.<br />

«Eravamo soli, nel corridoio: il signore che prima fumava era tornato nel suo scompartimento.<br />

Un'altra valigia pressappoco uguale della mia era li presso; ho preso un'ard<strong>it</strong>a risoluzione.<br />

«"No: la mia valigia è quella là."<br />

"Nessuno na rivendicato la proprietà dell'insigne fagotto e, alla fine, l'uomo in divisa, raddrizzato la<br />

valigia, si è messo a chiacchierare con me:<br />

«"Vediamo di chi è quell'arnese".<br />

«Oramai stavamo entrando nella stazione. Dovevo per forza afferrare la valigia che avevo<br />

riconosciuto come mia e scendere. Ho affidato il valigione a un facchino e ho recuperato la famiglia.<br />

«A casa ho urlato: il buon Dio mi perdoni, ma ho urlato. Ho affermato che certe cose non si fanno,<br />

non si debbono fare, che la ghiottoneria non deve mai far dimenticare la legge, e una donna, quando<br />

occorra, deve saper essere un uomo e adeguarsi serenamente alle contingenze.<br />

«La insigne coautrice di Albertino ha approvato con il capo. «"Cosicché tu hai salvato tutto<br />

scambiando la valigia?" «"Sì."<br />

«"Peccato: oltre agli indumenti miei e di Albertino conteneva un ferro da stiro elettrico, una pendola<br />

e una scatola di torroni che mi avevano regalato i nonni. Vedi almeno di rest<strong>it</strong>uire la valigia che tu<br />

hai presa in cambio: potrebbero accusarti di furto."<br />

«Ho abbassato il capo e ho aperto il valigione sconosciuto per vedere se ci fosse qualche cosa che<br />

servisse alla identificazione del proprietario.<br />

«Il buon Dio mi perdoni se ho urlato una parolaccia. Ma era piena di burro, salumi, formaggi, lardo,<br />

olio, patate, lana, caffè, pollami, uova, zucchero.<br />

«Poi ci hanno telefonato dalla stazione che era colà giacente una valigia la quale, da carte r<strong>it</strong>rovate<br />

nell'interno, risultava nostra.<br />

«Il che è bello e istruttivo.»<br />

(1 ) Dio mi perdoni se, pur di concludere decentemente l'articolo, ho raccontato una bugia così<br />

sfacciata. A ogni modo prometto che non lo farò più.


Marore (PR), giugno 1941.<br />

Ennia e Albertino con Gina Rastelli, il figlio Gianni e la nipote.<br />

Marore, sede di fortuna, lo sfollamento<br />

Giovannino ha vissuto in famiglia nel palazzo delle scuole di Marore dal 1921 al 1930 e poi si è<br />

trasfer<strong>it</strong>o a Parma in borgo del Gesso. Ma anche in quel periodo Giovannino ha tenuto i contatti<br />

stretti con la famiglia e i numerosi amici di gioventù.<br />

Marore (PR), giugno 1941.<br />

La famiglia Rastelli al completo.<br />

Fra questi amici un particolare affetto lo lega alla famiglia Rastelli che conduce a mezzadria un<br />

podere confinante con le scuole.


Questo legame che unisce la famiglia di Giovannino con la famiglia Rastelli, e che si cementa nel<br />

periodo dello sfollamento, raggiunge il suo apice nel periodo della sua prigionia in Germania. In quel<br />

periodo nasce Carlotta e anche in campagna si sentono i disagi del razionamento.<br />

Ma non per Carlotta e Albertino che vengono amorevolmente segu<strong>it</strong>i dalle donne di casa Rastelli che<br />

ogni giorno portavano un pentolino di latte della loro mucca migliore e pane bianco.<br />

Giovannino non dimenticherà questa loro affettuosa e tangibile presenza. Anni dopo, nel racconto "I<br />

c<strong>it</strong>tadini" si ispirerà alla famiglia Rastelli parlando della famiglia di Anselmo Bognattl che ha aiutato<br />

in tempo ai guerra la famiglia di un c<strong>it</strong>tadino, l'avvocato Antonio, sfollata in campagna.<br />

L'avvocato Antonio, però, d'accordo con la moglie, passato il periodo di difficoltà, ha volutamente<br />

dimenticato chi lo ha aiutato. Ma non la figlia che la pensa come Giovannino: in poche righe piene di<br />

amicizia e riconoscenza, ricorda il bene e l'affetto ricevuto dalla "rezdóra" e dai familiari:<br />

«"Io la chiamavo nonna perché le volevo bene sul serio. E quando è morta me ne è dispiaciuto come<br />

se fosse mia nonna davvero. Mi faceva le focacce, mi regalava le ova fresche, la marmellata di<br />

prugne che mi piace tanto, mi raccontava le storie di quando era ragazza. Non mi ha mai fatto<br />

pagare niente, poverina. E anche Anselmo e sua moglie erano pieni di gentilezze con me. Quante<br />

volte mi hanno tenuto a desinare con loro? Puoi dire quasi tutti i giorni, mamma. (...)<br />

«"Io mangiavo con un appet<strong>it</strong>o che vorrei avere adesso: scodellone così di minestra col lardo,<br />

piattoni così di patate fr<strong>it</strong>te con lo strutto... Che meraviglia. E quando andavo ad aiutare Anselmo a<br />

voltare l'erba falciata, o a caricarla sul carro. E il giorno della trebbiatura, e i giorni della<br />

vendemmia. E quando lavoravano la carne del maiale... Chi se ne accorgeva allora che si era in<br />

guerra?"».<br />

Nel febbraio del 1943 l'appartamento di Giovannino in via Ciro Menotti viene distrutto dal<br />

bombardamento alleato. La famiglia è già da mesi a Marore e Giovannino, richiamato alle armi e in<br />

licenza di convalescenza, 'abbandona le macerie di Milano e la raggiunge nella sede di fortuna di<br />

Marore dove si dedica al figlio e alla p<strong>it</strong>tura.<br />

Nella foto che segue si riconoscono, sull'armadio, l'olio su legno «L'allarme» (a sinistra) «Il cappello<br />

matrimoniale» (al centro) e «Prete che mangia l'anguria in riva al Po» (a destra). Non si hanno<br />

notizie del quadro sul cavalletto che raffigura Giovannino con la famiglia sulla mano e neppure del<br />

quadretto al muro.<br />

«Sarà bene tener presente che io, mentre da un lato ho il difetto di possedere una cassetta<br />

completa di colori a olio, dall'altro (pur chiamandomi Giovannino ed essendo m<strong>it</strong>e come un farfallo)<br />

ho il difetto di prediligere le cose in "accio".<br />

«Più che un pezzo di pane, mi piace di pensare che sto mangiando un "pezzaccio di pane"; più che<br />

andare in bicicletta amo figurarmi di "dare due pedalatacce". Le cose in "accio" danno un po' l'idea<br />

dello stramaledetto, del diotifulmini, e tutto questo mi seduce.<br />

«Cosicché, nel pomeriggio di ieri, scoperto il "pioppaccio", sono sceso di bicicletta e ho esclamato:<br />

"Giovannino, agguanta un pezzaccio di cartone e con quattro bottacce di verde e di cilestrino ferma<br />

questa immagine stramaledetta".<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Giovannino ha trasformato lo stanzone-ricovero dei mobili in atelier d'artista.


«Una carrareccia si inoltrava in mezzo a un prato nudo e immenso e, al principio di essa, come un<br />

gigante a guardia di un Sahara coltivato a spinaci, si levava un altissimo pioppo.<br />

«Ho allegger<strong>it</strong>o la mia bicicletta dalla zavorra, prima di schizzar via verso casa: e ciò vuol dire che<br />

quel famoso Albertino era con me; per la qualcosa, toltolo di peso dal suo sediolo e legatolo per un<br />

piede, con un lungo fil di ferro, al tronco del pioppaccio, l'ho pregato di non allontanarsi che sarei<br />

tornato sub<strong>it</strong>o. (...)<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Un carro trainato da due buoi fermo in mezzo alla strada con un contadino probabilmente ha ispirato<br />

il nostro racconto.<br />

Il contadino pare tranquillo: si capisce che non è ancora stato assal<strong>it</strong>o e morsicato da Albertino...<br />

«Al mio r<strong>it</strong>orno ho trovato Albertino in mezzo alla carrareccia ancora legato per il piede al tronco del<br />

pioppaccio. Ma la faccenda non era poi tanto regolare come potrebbe sembrare: un vecchio<br />

contadino, infatti, fermo davanti ai buoi del suo carro, stava imprecando:<br />

«"I bambini non si abbandonano!".<br />

«"Ma è legato" ho obiettato io.<br />

«"Quando si hanno dei bambini così, non basta legarli, bisogna mettergli anche la museruola come<br />

dicono i regolamenti! Intanto, perché io volevo passare, mi sono preso una morsicata nella gamba!<br />

E se è idrofobo?"<br />

Marore (PR), 1943.<br />

L'assedio è stato tolto e il carro riprende la sua strada.


Marore (PR), 1943.<br />

La voce si è sparsa e tutta la comun<strong>it</strong>à è allertata: «Albertino in vista!».<br />

«Ho rassicurato l'agricoltore, e il buonuomo è passato finalmente col suo carro. Poi ho rimproverato<br />

severamente Albertino:<br />

«"I bambini per bene non devono morsicare le gambe ai contadini".<br />

«"No bambino, io tàne!" ha risposto Albertino indicando il fil di ferro che lo assicurava al f<strong>it</strong>tone. «Ho<br />

abbassato il capo confuso. Quale terribile lezione per un padre!»<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Un pastore con l'ombrellone aperto e una contadina con una fascina di legna sulle spalle sospingono<br />

un gruppo di capre.


Giovannino, dopo aver scoperto l'ultimo disastro perpetrato da Albertino con un certo timbro<br />

malefico, è infuriato. Intanto Albertino, di soppiatto, rest<strong>it</strong>uisce l'arma del del<strong>it</strong>to.<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Il volto innocente di Albertino non deve trarre in inganno: ha appena fin<strong>it</strong>o di timbrare tutto,<br />

nonni compresi, e cerca di "far su" un Giovannino infuriato.<br />

«R<strong>it</strong>rovo il timbro sul tavolo. C'era un po' d'acqua per terra e ora, sui mattoni chiari, si vedono le<br />

impronte di piccolissimi piedi dirette verso l'uscio della stanza da letto. (...)<br />

«Ma le impronte di quei piedini sono così piccole, sembrano fiorellini sbocciati sullo squallido<br />

mattone, e io le guardo e mi commuovo come un Giovannino qualunque. «Il che è bello e<br />

istruttivo.»<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Ultimi giorni di seren<strong>it</strong>à estiva. A destra: la foto di Albertino che farà compagnia a Giovannino nel<br />

Lager assieme a quella, clandestina,<br />

di Carlotta scattata da Pino, il fratello, e inviatagli mascherata dentro un gom<strong>it</strong>olo di lana da Ennia.


Estate serena di Giovannino assieme alla famiglia sfollata a Marore. Tra pochi giorni rientrerà in<br />

caserma e tra due mesi partirà per l'internamento in Germania. Giovannino scatta le ultime 32<br />

istantanee 32 facendo il pieno di sole, di fiori e di colori. Il loro ricordo gli scalderà il cuore nei due<br />

lunghi anni freddi e grigi nei Lager di Polonia e Germania.<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Albertino nel parco della villa dell'arch<strong>it</strong>etto ducale<br />

Ennemond de Pet<strong>it</strong>ot<br />

(Lione 1727 - Parma 1801).<br />

Giovannino, quando scatta queste foto, ha già fatto i suoi foto-ciclo-reportage sulle Alpi e lungo la<br />

Via Emilia. Osservando le fotografie scattate in quelle occasioni scopriamo che i suoi foto-appunti


servono per illustrare s<strong>it</strong>uazioni particolari: sono rare le foto di scorci p<strong>it</strong>toreschi o monumenti storici<br />

che, in quelle foto, funzionano solo da sfondo o conten<strong>it</strong>ore.<br />

A Marore Giovannino scopre la sua terra e la sua gente. Fotografa gruppi familiari, scorci, case di<br />

campagna e il campanile con in cima la palla di ghisa che lui ha portato fin lassù da ragazzo.<br />

Fotografa filari di v<strong>it</strong>i, piante gabbate, pali della luce: li r<strong>it</strong>roveremo tutti nei disegni che lui farà per<br />

illustrare i racconti del Mondo piccolo.<br />

ABBONDANZA E CARESTIA<br />

Giovannino riprende la pianta gabbata in questo disegno<br />

in Don Camillo e il suo gregge nel 1953, illustrando<br />

il racconto «Abbondanza e carestia».<br />

LA PAURA CONTINUA<br />

Un pedone preoccupante cammina sulle strade di Marore nel disegno fatto<br />

da Giovannino per illustrare un racconto del Don Camillo.


Marore (PR), 1943.<br />

Giovannino ha usato questa foto per illustrare su Candido il racconto «Il fischio».<br />

Quando Giovannino era ragazzo, il parroco di Marore era don Lamberto Torricelli. Siamo andati a<br />

salutarlo nel cim<strong>it</strong>ero di Marore.<br />

La foto della lapide ci ha mostrato un specie di gigante con la faccia da buono e con «mani grosse<br />

come badili». Proprio come quelle di don Camillo.


Don Lamberto è stato il primo parroco di campagna al quale ha pensato nostro padre descrivendo il<br />

suo pretone della Bassa: lo conferma la «Lettera a Sua Sant<strong>it</strong>à Pio XII» apparsa su Candido nel<br />

1947, sei mesi dopo la nasc<strong>it</strong>a di don Camillo.<br />

«Io sono un piccolo borghese della Cristian<strong>it</strong>à: "Una specie di cavallo il quale, invece di venire<br />

almeno due volte al giorno in chiesa per ringraziare Sant'Antonio Abate di avergli imped<strong>it</strong>o fino a ora<br />

di violare dichiaratamente i Comandamenti, approf<strong>it</strong>ta del fatto per santificare soltanto la festa del<br />

Natale".<br />

«Così diceva il mio vecchio parroco il quale assomigliava molto a don Camillo.<br />

«E aggiungeva: "Ma ci sarò io sulla porta del Purgatorio, caso mai tu ci arrivassi per sbaglio, a<br />

cacciarti all'Inferno a pedate!". "Risparmiatevi il disturbo, reverendo" rispondevo allora. "Io vado<br />

dir<strong>it</strong>to in Paradiso." Dopo di questo il parroco mi allentava uno scapaccione e poi mi insegnava a fare<br />

il comp<strong>it</strong>o di latino.»<br />

Castelmassa (RO), 1941.<br />

«Guardando questa foto mi sono venute alla mente le storie di Mondo piccolo.»<br />

Così Giovannino, nel 1948, la incornicia e la mette sulla copertina di Mondo piccolo.<br />

Don Camillo assieme a due angioletti e a n diavoletto.<br />

Milano, luglio 1940.<br />

Giovannino, in partenza per il suo giro ciclistico, in posa davanti alla fontana<br />

del Castello Sforzesco a cavallo della sua Dei superleggera.<br />

"E, inforcata la bicicletta, sono fugg<strong>it</strong>o. In mutande, sì, in mutande. E così hpcominciato quello<br />

straordinario giro ciclistico che dovrebbe farmi trans<strong>it</strong>are, pedalando trionfalmente sulla mia


superleggera, per Parma, Bologna, Cesena, Riccione, Rimini, Ravenna, Ferrara, Verona, Brescia,<br />

Bergamo".<br />

Così scrive Giovannino ai Cestinieri che chiedono sue notizie nella rubrica "Il Cestino" del Bertoldo.<br />

Lo stile è telegrafico: i suoi lettori possono saperne di più leggendo le sue ciclocorrisponaenze sul<br />

Corriere della Sera - Edizione del pomeriggio:<br />

«"Per combattere i malefici effetti della v<strong>it</strong>a sedentaria" ho spiegato alla signora che fino a un certo<br />

tempo perfettamente a me sconosciuta, diventò poi mia parente "occorre fare molto moto. Perciò<br />

quest'estate mi darò principalmente al turismo." Le ho accennato l'<strong>it</strong>inerario di un mio progettato<br />

viaggetto: Milano, Parma, Bologna, Cesena; San Marino, Riccione, Ravenna, Ferrara, Verona, lago di<br />

Garda, lago d'Iseo, lago di Lecco, lago Maggiore, lago d'Orta, Sesto Calende, Milano Un complesso di<br />

milleduecento chilometri saggiamente rallegrato da convenienti soste di uno o più giorni.<br />

«"Vie Consolari, ponti, monumenti illustri, acque azzurre dolci o salate, luna, tramonti, albe rosate,<br />

repubbliche, pescheti, Promessi sposi, Francesca da Rimini, paludi, autostrade, Re Teodorico, orridi<br />

di Bellano, funicolari: quante mirabili cose in questi milleduecento chilometri!" ho esclamato alla<br />

fine. "E quanta salute."<br />

«"Combattere la v<strong>it</strong>a sedentaria stando seduti in treno per milleduecento chilometri non mi sembra<br />

una cosa straordinariamente felice" ha notato la esimia signora.<br />

«"Certamente" ho ammesso "qualora io viaggiassi in treno la tua obiezione sarebbe saggia. Ma io<br />

non viaggerò in treno: viaggerò servendomi esclusivamente di una bicicletta." (...)<br />

«Si può addir<strong>it</strong>tura affermare che la bicicletta è la mia seconda patria. Per l'amore che porto a<br />

questo popolare, economico e fascinoso mezzo di locomozione, io ho abbandonato la dolce signora<br />

che inventò Albertino (altro piccolo, popolare, divertente ma dispendioso mezzo di locomozione) e<br />

mi sono sparso per le sconosciute strade dell'Italia superiore, sfidando pianure, mari, monti, paludi,<br />

fiumi, laghi e paracarri».<br />

sulla Via Emilia<br />

«Di case coloniche che si affacciano sulla Via Emilia ce ne sono a migliaia, ma non dicono niente.<br />

Questa invece ha qualcosa di molto interessante da comunicare, e lo comunica per mezzo di una<br />

scr<strong>it</strong>ta di metri tre per uno, ornamento e decoro della facciata: "In questa casa non si bestemmia".<br />

«L'informazione è senz'altro grad<strong>it</strong>a e riveste alto significato morale. Non si fanno, perciò, commenti<br />

arguti o meno. Anzi si pensa che sarebbe confortevolissimo percorrere strade sconosciute lungo le<br />

quali si allineassero case con le note informative sulla facciata.<br />

«"In questa casa non si ruba"; "In questa villetta si rispettano le mogli degli amici"; "In questo<br />

negozio di sali e tabacchi non si rifilano monete false da cinque lire"; "In questo albergo non si<br />

dicono bugie". Sarebbe confortevole e comodo. Ma si dub<strong>it</strong>a che la cosa possa venire realizzata: è<br />

facile infatti - come nel caso della bestemmia - prendere un impegno davanti al buon Dio, ma<br />

assumere un impegno davanti agli uomini è tutt'un'altra faccenda. Con gli uomini, infatti, gli impegni<br />

occorre mantenerli.<br />

Via Emilia, luglio 1941.<br />

Nel podere «Liguria» in casa non si bestemmia.<br />

"Ecco: il cicloturista, anche se grasso, sudato e cigolante, mentre macina il suo asfalto può sempre<br />

eseguire delle eleganti considerazioni d'indole morale e filosofica. L'automobilista e il motociclista<br />

non ne avrebbero invece il tempo. E questo è un altro lato della superior<strong>it</strong>à che ha la bicicletta sul<br />

motore. (...)


Emilia, luglio 1941.<br />

Giovannino, attraversato «il mare dei prati», approda, tra covoni di frumento già mietuto,<br />

al campo sperimentale di frumento «Comandante Baudi» e «Tiriamo dir<strong>it</strong>to».<br />

«Non so cosa mi consigliò, durante una sosta dopo una lunga tappa, a spingermi col biciclo in aperta<br />

campagna. "Non bisogna lasciar arrugginire i muscoli" forse mi sono detto allora. A ogni modo non<br />

lo garantisco. Il fatto è che mi trovai a un bel momento nel mare dei prati.»<br />

Modena<br />

«I principali mer<strong>it</strong>i turistici di Modena sono mirabilmente riassunti in una cartolina che si può<br />

facilmente acquistare da qualsiasi tabaccaio. Nella cartolina, convenientemente disposti, si<br />

ammirano: la torre della Ghirlandina, uno zampone e una bottiglia di lambrusco.<br />

«Riconosco che sia la Ghirlandina, sia lo zampone, si sono comportati correttamente nei miei<br />

riguardi. Il lambrusco meno. Altrimenti non avrei avuta la peregrina idea di inforcare, alle tredici e<br />

quaranta, la bicicletta per raggiungere con una bella volata Bologna.»<br />

Modena, luglio 1941.<br />

Giovannino, reso ard<strong>it</strong>o dal lambrusco, è pronto per il grande balzo verso Bologna.


verso Bologna<br />

«Guai al cicloturista che si avventura lungo la Via Emilia in un assolato pomeriggio di luglio. Egli si<br />

accorge improvvisamente di odiare la civiltà che ha inventato la proprietà privata, i fossi, le reti<br />

metalliche e le siepi. Si accorge che non occorre essere in un deserto per sentirsi sperduti.<br />

«L'infelice pedala disperatamente aggrappato al manubrio: egli è certo che se si fermasse, il sole gli<br />

spaccherebbe in pochi secondi il cervello, i pneumatici e farebbe squagliare la saldatura del telaio.<br />

«Pedala in cerca disperata di un'ombra, di un po' d'erba fresca, ma tutto è chiuso, ogni ombra è<br />

difesa da un fosso, da una rete metallica, da una siepe.»<br />

Via Emilia, luglio 1941.<br />

Il prototipo di Menelik arranca sull'Emilia che, per l'occasione, Giovannino ha ripreso in sal<strong>it</strong>a,<br />

forse per far risaltare ancora di più lo sforzo del cavallo.<br />

Giovannino fotografa il cavallo di un carrettiere. Forse è il primo "personaggio" del suo Mondo<br />

piccolo che lui incontra: il prototipo di Menelik, il fedele cavallo di Giarón, e lo incasella nel<br />

magazzino della sua memoria.<br />

Gli altri, lo scriverà a un suo lettore, li incontrerà più avanti, sulla riva sinistra del Po, tra Ficarolo e<br />

Castelmassa.<br />

vis<strong>it</strong>a a un Rifugio<br />

Pontelungo (BO), luglio 1941.<br />

Un sorriso e un tegame di zuppa per i trentacinque osp<strong>it</strong>i del «Rifugio del cane» in riva al Reno.


«Dopo queste pregevoli constatazioni non mi rimaneva che vis<strong>it</strong>are il «Rifugio del cane». È un ampio<br />

recinto alberato e sorge sulla riva del Reno, a Pontelungo, a destra di chi crede, in buona fede, di<br />

entrare in Bologna.<br />

«Possiede una cucina dove vengono confezionate ottime zuppe, un ambulatorio nel quale, ogni<br />

domenica, un san<strong>it</strong>ario vis<strong>it</strong>a i ricoverati, delle casette di legno per la notte, dei praticelli per il giorno<br />

e un recinto coperto per l'inverno.<br />

Pontelungo (BO), luglio 1941.<br />

Pensiamo che l'osp<strong>it</strong>e nero tosato sia Bill, il «piccolo scozzese nero come il carbone», e il cane in<br />

primo piano sia Lampo, «grosso cane di razza» che, «se uno si avvicina al suo recinto, ringhia. Non<br />

per cattiveria, però: fa la guardia».<br />

«I trentacinque ricoverati sono divisi in tre categorie, a seconda del loro peso. Pare infatti che il peso<br />

influisca molto sull'indole dei cani e che il più pesante tenda con ogni sforzo ad appropriarsi della<br />

zuppa del meno pesante. Anche agli uomini, in fondo, succede così. Però, qui, le varie categorie non<br />

sono divise da recinti e le cose si complicano maledettamente.<br />

«I ricoverati sono trentacinque: cani abbandonati, cani affidati al rifugio da proprietari che se ne<br />

volevano disfare. Trentacinque diverse specie di cani, trentacinque tragedie canine e profondamente<br />

umane.<br />

«C'è il cane di razza, un tempo ricchissimo e rovinatosi giocando in Borsa; c'è il cagnolino che, una<br />

mattina, ha tentato invano di risvegliare la vecchia signora, che egli aveva adottato; c'è il cane<br />

cacciato da casa con una pedata; c'è il cane v<strong>it</strong>tima dell'urbanesimo.<br />

«Tutto questo è molto triste, perché ogni cane ha il suo passato, una storia, una dign<strong>it</strong>à. Bill è un<br />

piccolo scozzese nero come il carbone. Tosato, ha perso molto della sua distinzione, come un conte<br />

dell'Ottocento cui venissero rapati a zero i capelli ondulati. È orgoglioso e non vuole essere<br />

fotografato: solo la gente di bassa origine, gli americani e gli artisti di cinematografo amano la<br />

pubblic<strong>it</strong>à.<br />

«Lampo è un grosso cane di razza e, se uno si avvicina al suo recinto, ringhia. Non per cattiveria,<br />

però: fa la guardia. E sembra uno di quegli uomini che hanno avuto nella v<strong>it</strong>a funzioni importanti e<br />

che, pure vecchi e rovinati, vogliono fare qualcosa a ogni costo, per illudersi di contare ancora<br />

qualcosa. Così come le vecchie decrep<strong>it</strong>e parlano, anche a vanvera, per convincersi di essere ancora<br />

vive.<br />

«La brava signora V<strong>it</strong>toria che amministra amorosamente i trentacinque rifugiati mi narra di un<br />

grosso cane, un magnifico animale il quale, per tutto il tempo che è stato osp<strong>it</strong>e del rifugio, non ha<br />

fatto che camminare e camminare in cerchio, come un leone in gabbia. Una tempesta in un cranio.<br />

«"E per mangiare, signora, come faceva?"<br />

«"Si fermava un momentino."<br />

«Anche le grandi tragedie canine hanno dei punti di contatto con le grandi tragedie umane.<br />

«Nel "Rifugio del cane" sono ricoverati pure cinquanta gatti: la miseria che livella ogni cosa umana,<br />

canina o gattesca.<br />

«Però sono in gabbia, altrimenti si scannerebbero coi cani: la miseria che non riesce a distruggere gli<br />

odi e i rancori personali.<br />

«Volendolo classificare, questo si chiamerebbe cicloturismo a sfondo filosofico.»


la sal<strong>it</strong>a a San Marino<br />

Sal<strong>it</strong>a per San Marino, luglio 1941.<br />

Giovannino sulla strada (ferrata) che conduce alla piccola Repubblica.<br />

«Per portarsi da Rimini a San Marino conviene pedalare fin che si può usando la massima moltiplica.<br />

Si adotta quindi la media e, alla fine, fattasi più forte la sal<strong>it</strong>a, invece di innestare la minima<br />

moltiplica, si affida la macchina a un uomo dall'aspetto onesto e si prende la ferrovia elettrica.<br />

Con undici lire di ferrovia elettrica, da Rimini si va all'estero e si torna.<br />

a Ferrara<br />

Ferrara, agosto 1941.<br />

Sotto la moscheruola dell'albergo di Ferrara Giovannino sogna la libertà.<br />

Giovannino giunge a Ferrara dove alloggia la notte. Dialogando nella rubrica «Il Cestino» con i<br />

giovani talenti sconosciuti scrive una nota per il Cestiniere Normanno, forse di Ferrara:


«Ferrara è una bellissima c<strong>it</strong>tà, però la faccenda di dormire con la zanzariera addosso non mi va: mi<br />

sembra di essere un cotechino sotto la moscarola». Nella cronaca del Corriere della Sera aggiunge:<br />

«La mia stanza è in fondo a un sistema complicato di corridoi semibui: mi vengono alla mente gli<br />

alberghi di Saverio di Montepin. (...)<br />

«Vorrei avere vicino la mia bicicletta: con la sua sfacciata modern<strong>it</strong>à di cromature, di alluminio, di<br />

fanalerie elettriche, mi ricorderebbe che io sono un uomo di questo mondo e che, al di là della notte<br />

e delle muraglie, c'è la strada asfaltata coi pali del telegrafo, con le enormi bottiglie verdi dell'acqua<br />

minerale, col grassone fatto di pneumatici, con i grandi cartelli rossi gialli e blu degli oli lubrificanti».<br />

di là da Po<br />

In riva al Po, agosto 1941.<br />

La Dei superleggera di Giovannino sulla soglia dell'«ingresso d'onore dall'argine» di un paese in riva<br />

al Po.<br />

«I paesi in riva al Po hanno il loro ingresso d'onore dall'argine: due colonne di ghisa con le lampade,<br />

una scaletta di pietra con ringhiere di ferro. Le case basse si rannicchiano attorno ai campanili<br />

altissimi, così, come sul tavolo di cucina, accade che i dadi per il brodo si raggruppino attorno alla<br />

bottiglia dell'olio.»<br />

Castelmassa (RO), agosto 1941.<br />

Il paese, visto oggi dall'argine, non è molto differente da quello visto nel '41 da Giovannino.<br />

Giovannino, sull'argine, fotografa anche l'«ingresso d'onore» di Castelmassa.


Utilizzerà questa foto anni dopo per il frontespizio di Mondo piccolo Don Camillo dopo aver coperto,<br />

con un pennellino intinto di biacca, la scr<strong>it</strong>ta sulla prima casa di sinistra: «Solo Iddio può piegare la<br />

nostra volontà: gli uomini e le cose mai!».<br />

Al maestro castelmassese Parmeggiani che gli chiederà come mai ha scelto proprio quel paese e<br />

quella piazza, Giovannino risponderà:<br />

«Nel 1941 io feci una crocera ciclistica e fotografai parecchio. Fotografai anche Castelmassa che io<br />

conosco soltanto per aver visto il paese stando sull'argine. Guardando quella foto mi sono venute<br />

alla mente le storie di Mondo piccolo. La foto è del '41, l'idea del Don Camillo è del 1946. Ho covato<br />

Castelmassa per cinque anni, ecco tutto...».<br />

il mulino fantasma<br />

«A qualche chilometro da Ficarolo ecco un incontro di sapore letterario bacchelliano: il mulino sul Po.<br />

La casetta a cavalcioni delle due grandi chiatte affiancate è dipinta a losanghe bianche e nere. Il Po<br />

passa senza strep<strong>it</strong>o fra le due chiatte e la grande ruota si muove. Sul fianco della casetta una<br />

grande scr<strong>it</strong>ta: "Dio mi salvi".<br />

«Nel mulino galleggiante non c'è nessuno ma le mole girano e macinano frumento.<br />

«Sull'argine l'erba è alta e piena di fiori rossi, gialli, bianchi, rosa, blu: i fiori dei libri di lettura e della<br />

fanciullezza. Lasciamo che la bicicletta vi si tuffi dentro e cominciamo a sparare fotografie.<br />

«Una voce mi sorprende:<br />

«"Bello, è vero?".<br />

«È un vecchio contadino che mi parla dall'alto dell'argine. «"Bello" convengo io.<br />

«"È uno degli ultimi" spiega il vecchio. "Presto anche questo scomparirà e rimarrà soltanto il mulino<br />

fantasma."<br />

«La faccenda mi incuriosisce e mi avvicino. «Il vecchio parla con naturalezza.<br />

«"Quando il Po si gonfia, nelle notti dei temporali invernali, appare il mulino fantasma: è tutto<br />

bianco e non c'è scr<strong>it</strong>to niente. Naviga un po' lungo la corrente poi si ferma davanti a qualche paese.<br />

Chi lo vede corre a casa, prende un sacchettino di frumento e lo porta sull'argine. Allora dal mulino<br />

fantasma esce il mugnaio fantasma che prende il grano e lo macina. Poi il mulino fantasma riprende<br />

la corrente e scompare."<br />

«Chiedo al vecchio perché occorra portare il sacchettino di frumento.<br />

«"Il mulino fantasma deve macinare per forza grano nel paese davanti al quale si ferma: se non<br />

trova il sacchettino, il mugnaio si inquieta, va a cavare il frumento seminato e lo macina. Così il<br />

raccolto è cattivo. Non bisogna fare inquietare il mugnaio del mulino fantasma."<br />

«Il vecchio se ne va: risaliamo sulla bicicletta e vediamo di pedalare molto alla sveltina. Perché io<br />

penso, ogni pedalata di più, di aver incontrato il vecchio contadino fantasma che va in giro a<br />

raccontare la leggenda del il mulino fantasma.<br />

Tutto è possibile in riva a questo meraviglioso Po.<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Olio su cartone di Giovannino tratto dalla fotografia scattata<br />

nell'agosto del '41 a Ficarolo.


Ficarolo (RO), agosto 1941.<br />

Giovannino, risalendo la riva sinistra, incontra un mulino sul Po. Il cielo coperto da cupi nuvoloni e<br />

l'acqua grigia e melmosa piena di schiuma di caolino trasformano l'improvvisa comparsa del mulino<br />

gallaggiante in una apparizione irreale.<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Olio su cartone di Giovannino tratto dalla fotografia scattata nell'agosto del '41 a Ficarolo.<br />

Ficarolo (RO), agosto 1941.<br />

«Dio mi salvi»: la scr<strong>it</strong>ta sul fianco della casetta non riesce a togliere la sensazione inquietante<br />

provata da Giovannino.


Forse, osservando tra le due chiatte la grande ruota che l'acqua del Po fa girare, ha pensato ai corpi<br />

degli annegati che si sono incagliati fra le pale.<br />

Ficarolo (RO), agosto 1941.<br />

Giovannino, prima di riprendere la sua risal<strong>it</strong>a del Po, fotografa per l'ultima volta il mulino<br />

«fantasma».<br />

Siamo convinti che, fotografando la riva del fiume, abbia pensato al suo pretone della Bassa e pare<br />

di vederlo arrivare nero, sudato mentre mangia una grande fetta d'anguria. Così, infatti, Giovannino<br />

lo disegnerà nel 1943, mettendolo al centro della foto, al posto del mulino.<br />

Marore (PR), 1943.<br />

Olio su cartone di Giovannino tratto dalla fotografia scattata nell'agosto del '41 a Ficarolo.


Ostiglia<br />

«Ostiglia è in pieno mercato e vedo con piacere che gli immensi campi di canapa, fra i quali ho<br />

navigato sul mio sottile naviglio, non vengono coltivati invano. Il mercato di Ostiglia è pieno di<br />

corda: dallo spago alla fune grossa come un palo. Fa venir voglia di impiccarsi.<br />

«Sulla piazza mi attende una piacevole sorpresa. Incontro una vecchia, simpatica conoscenza di<br />

giovinezza: Cornelio Nepote. L'ottimo Cornelio Nepote non ci ha davvero affl<strong>it</strong>to obbligandoci a<br />

studiare i particolari della sua esistenza. Egli ha scr<strong>it</strong>to un sacco di v<strong>it</strong>e ma non la sua. Forse non<br />

amava, come amano invece gli scr<strong>it</strong>tori d'oggi, l'autobiografia. Forse non ha fatto in tempo a<br />

raccogliere le sue memorie dato il pessimo scherzo venefico giocatogli dal liberto Callistene. (...)<br />

«L'ottimo Cornelio è passato attraverso il nostro ginnasio con una discrezione ammirevole: soltanto<br />

oggi, proprio perché sono stato io a cercarlo, si è permesso di farmi presente, dall'alto del suo<br />

piedestallo, che, forse, è nato a Ostiglia.»<br />

Ostiglia (MN), agosto 1941.<br />

L'incontro con Cornelio Nenote. "una vecchia simpatica conoscenza", avviene sotto lo stesso cielo<br />

coperto<br />

da cupi nuvoloni dell'apparizione del mulino "fantasma" a Ficarolo<br />

Ostiglia (MN), agosto 1941.<br />

Forse Giovannino si è fermato qui a pranzo: «Alla prima trattoria entro. Certamente è l'unica<br />

trattoria di Ostiglia dove si mangia male».


a Verona<br />

«Sul castello di Verona il sole non batte soltanto a mezzogiorno: batte anche alle 15 e picchia sodo<br />

straordinariamente. Gelati, birra e fotografie. Fotografie della porta di Bra, di Piazza delle Erbe,<br />

dell'Arena, della tomba di Giulietta senza Romeo.<br />

Verona, agosto 1941.<br />

Giovannino è stato colp<strong>it</strong>o dalla "costola di balena" dell'Arco della costa che dà sulla Piazza delle<br />

Erbe.<br />

«Dozzine di pessime fotografie: somme dilapidate in orribili fotografie quando esistono delle<br />

magnifiche cartoline "Vera fotografia" in vend<strong>it</strong>a in tutti i cantoni.<br />

«La massima parte della sosta la trascorro sdraiato comodamente in un letto dell'albergo: Quindi,<br />

ripartendo all'alba del giorno dopo, io sono in grado di affermare che Veroana ha un magnifico<br />

materasso di lana e la peretta per la luce a siistra.<br />

Verona, agosto 1941.<br />

Un'improbabile Giulietta si affaccia sul vicolo dalla bifora di un voltone. Forse questo angolo di<br />

Verona non esiste più.<br />

la locomotiva merlata<br />

«A Peschiera di buon'ora. Constatato che il lago di Garda c'è, si riparte per Desenzano e cammin<br />

facendo ci si accorge che tutte le strade conducono a San Martino della Battaglia. Ogni settanta


metri si incontra una stradetta, un viottolo, un sentiero corredati da cartello indicatore il quale<br />

assicura, in bianco su nero, che San Martino della Battaglia è lì a due passi.<br />

Desenzano (BS), agosto 1941.<br />

Uno sguardo sul viadotto ferroviario, verso l'alto. La strada è spopolata a causa dell'agosto,<br />

dell'orario e dei venti di guerra.<br />

«A Desenzano tutti dormono ancora. Dopo Desenzano un viadotto ferroviario altissimo e lunghissimo<br />

con archi gotici a sesto acutissimo. Un treno passa sul viadotto e vedo con stupore che non ha la<br />

locomotiva merlata come un castello<br />

l'orologio di Brescia<br />

Brescia, agosto 1941.<br />

Giovannino continua a guardare verso l'alto, forse per non rivedere Piazza della V<strong>it</strong>toria,<br />

novecentistico centro della c<strong>it</strong>tà realizzato da Marcello Piacentini nel 1932 dopo la demolizione di un<br />

quartiere antico.<br />

La «grande piazza ricca di marmi» che «può anche darsi che sia bellissima».<br />

«A Brescia si arriva come un nembo nel comodo risucchio di un autotreno. Vedo una grande piazza<br />

ricca di marmi: non me ne intendo di arch<strong>it</strong>ettura moderna e può anche darsi che sia bellissima.


«Mi impressiona favorevolmente un antico orologio con tutte e ventiquattro le ore; uno di quei<br />

meravigliosi orologi che segnano tutto: il giorno, il mese, l'anno, la luna, la stagione, lo smistamento<br />

delle costellazioni. Uno di quegli orologi straordinari attorno ai quali un ingegnoso artigiano lavora<br />

tutta la v<strong>it</strong>a: dai venti ai quarant'anni per costruirlo e dai quaranta ai cento per imparare a leggerlo.<br />

Iseo (BS), agosto 1941.<br />

La «placida mucca» che Giovannino, chissà perché, ha fotografato. Forse stava già pensando alla<br />

Bionda e alle sue fantasie.<br />

«Io amo questi vecchi artigiani ingegnosi: quasi sempre muoiono infelici perché non riescono a<br />

capire a che cosa servano le macchine straordinarie che essi hanno costru<strong>it</strong>o.<br />

Si pedala verso iseo e la bicicletta, superleggera alla partenza, sta diventando superpesante.<br />

da Iseo in rotta verso Bergamo<br />

«Quando arrivo a Iseo e fermo il biciclo sull'orlo del lago, una placida mucca scende dal vaporetto<br />

assieme a un folto gruppo di rivieraschi e di villeggianti. L'avvenimento mi sembra degno di un paio<br />

di fotografie, ma poi, ragionandoci sopra, non riesco a spiegarmi il perché.<br />

«Fra i congegni più malefici, sta certo la macchina fotografica. Privo di macchina fotografica, voi<br />

camminate allegramente e notate le cose essenziali. Corredato di una macchina fotografica voi<br />

entrate in un singolare ordine di idee.<br />

«Vedete un gatto:<br />

«"Oh, un gatto!" esclamate, e siete commossi come se vedeste un dinosauro. Fotografate il gatto.<br />

«Vedete un mattone posato su una cassa da imballaggio:<br />

«"Oh, un mattone su una cassa da imballaggio!" esclamate presi da profonda emozione come se<br />

aveste scorso un cacciatorpediniere su un campanile. E sparate fotografie al mattone.<br />

«Poi scopr<strong>it</strong>e l'inquadratura, il controluce, il particolare. Alla fine, sviluppate le negative, considerate<br />

con disgusto le riproduzioni e le seppell<strong>it</strong>e sotto qualche catasta di cartacce.<br />

«La macchina fotografica è un arnese pericoloso: quando l'avete a tracolla ogni più povera cosa vi<br />

sembra originale e interessante. Meglio quindi lasciare a casa questo dannato meccanismo: almeno<br />

potrete esclamare ogni tanto: "Oh se avessi la macchina fotografica!".»


Iseo (BS), agosto 1941<br />

Sotto: Giovannino cattura, sul fondo, un gruppo di seminaristi su un piazzetto sul lago. Sopra: un<br />

vaporetto all'attracco.<br />

una tappa a Lovere<br />

«Lovere è un paesone simpaticissimo e le sue case si affastellano una sull'altra con indubbia grazia.<br />

Val la pena di camminare per le sue stradette che si arrampicano su per il monte. Si scoprono degli<br />

angoletti interessanti e un androne rustico e buio che inquadra un cortiletto pieno di luci e di<br />

porticine fa spalancare l'occhio della mia macchina fotografica.


«Disgraziatamente lo spettacolo di un signore apparentemente in mutande che fotografa un portone<br />

deve avere un fascino irresistibile: parecchie donne, anziane o vecchie, mi si affollano attorno. Sono<br />

tutte garbate ma curiose.<br />

«"Fotografate quell'affare lì?" mi chiede una incredula.<br />

«"Sì" rispondo e la brava massaia scuote il capo.<br />

«"E perché lo fotografate? È una vecchia bicocca scalcinata" si stupisce un'altra. «"È bello" spiego io.<br />

«La giustificazione non è sufficiente. Si pretende qualche precisazione: «"Credete che sia roba<br />

storica? È un'antich<strong>it</strong>à?".<br />

«La gente umile ha un enorme rispetto per le antich<strong>it</strong>à: se voi vedete una massaia dei rioni popolari<br />

con in mano un secchiaccio di zinco e, passando, osservate: "Quel secchio è antico", la brava donna<br />

comincerà a rispettare il suo povero recipiente: non lo userà più, lo terrà in mostra nella sua cucina.<br />

Lo vedrà brutto e ammaccato ma l'accenno a quel passato che essa non conosce lo rivestirà ai suoi<br />

occhi di misterioso fascino.»<br />

Lovere (BG), agosto 1941.<br />

Dopo questa foto Giovannino deve giustificarsi:<br />

«Fotografate quell'affare lì?» gli chiederà una donna incredula. «E perché?» Difficile rispondere.


Lovere (BG), agosto 1941.<br />

Sopra: il portone «inquis<strong>it</strong>o» dal com<strong>it</strong>ato di donne di Lovere.<br />

Sotto: alle 10 e 10 il sole picchia già forte e la folla di donne ha tolto l'assedio a Giovannino.<br />

Lovere (BG), agosto 1941.<br />

La trebbiatrice sul molo è stata adattata a tribuna per le autor<strong>it</strong>à che festeggeranno la fine della<br />

«battaglia del grano» del 1941.


Lovere (BG) e dintorni, agosto 1941.<br />

Giovannino riprende la bicicletta per raggiungere Bergamo e scatta queste foto per finire il rullino.<br />

Non lo sa ancora ma il ciclofurgone in primo piano è il «Nembo» dello Smilzo: questa foto,<br />

dodici anni dopo, illustrerà su Candido il racconto del Mondo piccolo «Il Nembo».<br />

Bergamo, agosto 1941.<br />

Dall'«ampio divano all'ombra del giardino» di Donizetti...<br />

«Ecco finalmente Bergamo e gli altri laghi<br />

e il signor Gaetano Donizetti che, seduto su un ampio divano all'ombra del giardino, riceve la vis<strong>it</strong>a<br />

di una bella signora in camicia con la cetra in mano.<br />

Così sono nate le più importanti opere liriche: mentre il maestro sta pensando a chissà che cosa,<br />

entra la signara in camicia con la lira in mano, e nasce la Lucia di Lammermoor (teatro San Carlo di<br />

Napoli, 26 settembre 1835)


Como, agosto 1941.<br />

... alla scomoda poltrona di Manzoni in mezzo alla confusione.<br />

Lasciamo il maestro Donizetti sul suo «ampio divano all'ombra del giardino» e partiamo, assieme a<br />

Giovannino, verso gli ultimi laghi del suo giro in bicicletta.<br />

«Ecco il lago di Lecco e Manzoni in poltrona sullo sfondo del secondo periodo del primo cap<strong>it</strong>olo. Ad<br />

Acquate c'è la casa di Lucia, anzi due case di Lucia, e il paese completo dei primi otto cap<strong>it</strong>oli. (...) A<br />

Lecco io ho invest<strong>it</strong>o un piccione e mi sembrava di essere la folgore.<br />

«Dopo Lecco, alcuni piccoli laghi privati dove è proib<strong>it</strong>o tutto, poi l'infernale sal<strong>it</strong>a di Erba: poi Como<br />

che afferra l'altro corno del lago.»<br />

in viaggio verso Laveno<br />

Lago Maggiore, agosto 1941.<br />

Giovannino gioca con il controluce.<br />

Una serie di romantiche fotografie lungo la costa del lago prima di raggiungere il traghetto.<br />

Giovannino, scontento per le inutili fotografie di routine scattate a Verona (ne ha fatte stampare<br />

pochissime), dà questo consiglio al fotografo dilettante:


Lago Maggiore, agosto 1941.<br />

Giovannino, appoggiata la bicicletta al muretto, mentre attende pazientemente<br />

che affiori il «mostro antidiluviano» modello Loch Ness, fotografa distrattamente il lago.<br />

«Il cicloturista saggio chiuda nella ghiacciaia di casa la macchina fotografica e parta a mani vuote.<br />

Allora gli accadrà, arrivato a un lago, di veder affiorare un mostro antidiluviano e si morderà a<br />

sangue le mani per non aver portato seco la macchina fotografica».<br />

Lago Maggiore, agosto 1941.<br />

La sosta è stata più lunga del previsto, grazie al riparo che le iante hanno forn<strong>it</strong>o a Giovannino.


Traghetto sul lago Maggiore, agosto 1941<br />

La partenza...<br />

Traghetto sul lago Maggiore, agosto 1941<br />

... un ultimo sguardo (sinistra) alla costa che si allontana.<br />

A destra: il traghetto è a metà strada...


Traghetto sul lago Maggiore, agosto 1941<br />

... la traversata sta per terminare.<br />

là in fondo è Milano<br />

«Laveno, il vaporetto, Stresa, Pallanza, indi il lago d'Orta. Un'orgia di laghi e, alla fine, a Sesto<br />

Calende, l'autostrada.<br />

«L'autostrada percorsa in bicicletta e da soli è qualcosa di terribile. Sembra di camminare lungo un<br />

corridoio di un castello abbandonato, lungo le strade di una c<strong>it</strong>tà morta, e le poche automobili che<br />

passano sembrano fantasmi.<br />

«Non mi stupirei, r<strong>it</strong>rovando, a un tratto, i resti di una spedizione: qualche tandem arruggin<strong>it</strong>o,<br />

quattro cenci di tenda, delle scatolette di viveri in conserva, un barometro, una carabina, qualche<br />

foglio ingiall<strong>it</strong>o dal tempo.<br />

«Il cicloturista è avido di birra, di cartoline illustrate, di gatti che attraversano improvvisamente la<br />

strada. (...) Sull'autostrada non c'è niente.<br />

«Oramai ci siamo: quella nebbiolina grigia, laggiù in fondo, è Milano. Il giretto è fin<strong>it</strong>o: i nostri<br />

novanta chilogrammi r<strong>it</strong>ornano a occupare la casella che il destino ha loro assegnato in questo<br />

straordinario casellario milanese.


Sesto Calende (VA), agosto 1941<br />

Dato il traffico ridotto dovuto alla guerra in corso, anche le biciclette hanno dir<strong>it</strong>to di percorrere<br />

l'autostrada.<br />

In primo piano si vede in cruscotto della macchina di Giovannino ferma davanti al "casello".<br />

Sesto Calende (VA), agosto 1941<br />

Si vedono altre macchine sulle corsie.<br />

Verso Milano, agosto 1941<br />

Giovannino percorre l'ultimo tratto dell'autostrada deserta tra due ali di cartelloni pubblic<strong>it</strong>ari.<br />

«Si possono trarre delle conclusioni pos<strong>it</strong>ive?<br />

«Si può trarre una specie di decalogo del cicloturista.<br />

«1) Non viaggiate mai solo: viaggiando solo non sai mai se cammini tropo forte o troppo piano.<br />

L'ideale è, per il giovane, viaggiare con un anziano, e viceversa: il giovane sprona l'anziano,


l'anziano modera il giovane. Dopo quaranta chilometri il giovane e il vecchio hanno una<br />

appassionata discussione al termine della quale r<strong>it</strong>ornano a casa, ognuno per conto suo, in treno.<br />

«2) Fate, prima di partire, un progetto d'<strong>it</strong>inerario preciso e dettagliato: lo rifarete poi<br />

completamente dopo la prima tappa.<br />

«3) Fate un preventivo di spese con una certa larghezza. Poi raddoppiatelo: otterrete circa la metà<br />

di quello che spenderete effettivamente.<br />

«4) Sped<strong>it</strong>e molte cartoline: indurrete gli amici a sospettare che voi avete viaggiato in treno e che<br />

cercate di fabbricarvi un alibi.<br />

«5) Una tappa di cento chilometri dividetela sempre in due frazioni: la prima di novantotto<br />

chilometri, la seconda (dopo il pasto di mezzogiorno) di due chilometri. Per i tempi non<br />

preoccupatevi: impiegherete lo stesso tempo a percorrere sia i novantotto chilometri antimeridiani<br />

che i due pomeridiani.<br />

«6) Serv<strong>it</strong>evi di carte topografiche a grandissima scala: vi daranno una più esatta idea della<br />

distanza. Diffidate della scala in se stessa: non è vero che un centimetro sia uguale a cinque<br />

chilometri. Cinque chilometri sono sempre uguali a cinquemila metri.<br />

«7) Le medie orarie stabil<strong>it</strong>ele compiuto l'intero percorso. Poi non credeteci.<br />

«8) Mettetevi bene in testa che, anche forn<strong>it</strong>i di un cambio perfezionatissimo, per avanzare bisogna<br />

sempre pedalare.<br />

«9) In caso di guasti o bucature, apr<strong>it</strong>e la borsetta degli arnesi e buttate gli arnesi in essa contenuti<br />

oltre la siepe: potrete raggiungere il primo meccanico con la bicicletta in spalla, senza accollarvi pesi<br />

superflui. Gli utensili per le riparazioni devono cost<strong>it</strong>uire semplicemente la zavorra della bicicletta.<br />

«10) Non fumate e non bevete durante la marcia: potrebbe non farvi male e questo dispiacerebbe<br />

molto agli igienisti.<br />

«Non ho più niente da aggiungere: l'assennata amministratrice dei nostri beni e dei miei mali mi ha<br />

comunicato che l'anno venturo inforcherà anche lei una bicicletta e mi seguirà nel mio prossimo giro<br />

turistico. Le assennate massaie soffrono quando il compagno della loro v<strong>it</strong>a naviga solo, su strade<br />

sconosciute e pericolose.<br />

«Hanno una terribile paura che si diverta.»<br />

Iseo, 1941<br />

La c<strong>it</strong>tadina invasa dalle biciclette.<br />

quindicimila biciclette in riva al lago Iseo, 1941<br />

Giovannino, durante il suo lungo giro, fa una deviazione, in treno, fino a Iseo in occasione di un<br />

cicloraduno particolare. Ci passerà ancora tra un mese con la bicicletta, che, «superleggera alla<br />

partenza, sta diventando superpesante».<br />

La cronaca di questo raduno compare il 21 luglio sul Corriere della Sera - Edizione del pomeriggio col<br />

t<strong>it</strong>olo «Salubr<strong>it</strong>à del cicloturismo - Quindicimila biciclette in riva al lago».


«Iseo si affaccia sul lago educatamente. Le sue case non si arrampicano una sull'altra - malvezzo<br />

comune a tanti paesi di lago - per cacciar fuori la testa a curiosare come fanno le signore dalla<br />

finestra quando nelle strade succede qualcosa.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

La piazza di Iseo dalla stanza d'albergo dove si è rifugiato Giovannino.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Autor<strong>it</strong>à e banda sulla tribuna galleggiante.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Invaso anche il Lungolago.<br />

«Le case d'Iseo se ne stanno sempre una dietro all'altra, tranquille, senza alzarsi in punta di piedi.<br />

Le case di prima fila guardano per forza il lago. Con discrezione. Iseo è un caro borgo, ed era perciò<br />

logico pensare che,<br />

saputo del cicloraduno, si sarebbe fatto in quattro per accogliere i vis<strong>it</strong>atori cicloturistici. I vis<strong>it</strong>atori,<br />

da parte loro, si sono fatti in quindicimila per ricambiare la cortesia, e tutto ha funzionato benone.<br />

«Scrosci di cicloescursionisti si sono abbattuti sull'Iseo. Ne sono piovuti a catinelle dai Dopolavoro di<br />

Brescia, Mantova, Bergamo, Milano, Pavia, Cremona. Un uragano di biciclette. Quindicimila biciclette<br />

sono tante, sono un mare di biciclette.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Impressionante depos<strong>it</strong>o di bici.<br />

«E biciclette di quelle autentiche, non quelle gonfie di rubinetti, manovelle, leve, sportelli, fili, tubi e<br />

ringhiere; non le mirabili biciclette alla moda predilette dalle signore per il passeggio. Biciclette che<br />

scricchiolano, fischiano, raschiano, ma vanno a lavorare tutte le mattine.<br />

«Giovinetti, vecchi con grandi baffi, belle raga<br />

zze, famigliole, bambini sistemati sul telaio o nella sporta, squadre con maglie azzurre, arancione,<br />

verdi, marrone, rosse, bianche; con tute grigie, blu.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Commovente e spontanea offerta del cicloturista anonimo per la salute dei tre compari, «i signori<br />

Roosevelt, Churchill e Stalin».<br />

«Quasi tutte le squadre recavano grandi cartelli di un facile simbolismo, piacevoli per noi, ma non<br />

per i signori Roosevelt, Churchill e Stalin.<br />

«Un cicloturista, materializzando l'allegoria, ha collocato sul davanti del suo ciclo una enorme<br />

bottiglia di cartapesta contenente - avvertiva l'etichetta - una famosa e battagliera qual<strong>it</strong>à di olio<br />

vegetale destinato ai tre personaggi già accennati.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Il presidente dell'Opera Nazionale Dopolavoro, in bicicletta, dopo aver tirato il gruppo delle autor<strong>it</strong>à<br />

al completo, lo ha distanziato in volata raggiungendo per primo la tribuna galleggiante.<br />

«Rino Parenti, presidente dell'Opera Nazionale Dopolavoro, arrivato alle ore 11, è sal<strong>it</strong>o in bicicletta<br />

insieme a tutte le autor<strong>it</strong>à venute a riceverlo all'ingresso del paese, e ha passato in rivista i tre o<br />

quattro chilometri di schieramento, fra alte acclamazioni.


Iseo (BS,) luglio 1941.<br />

Giovani Italiane "torreggiano" sul presidente dell'OND,<br />

attorniato, sul palco, dalle autor<strong>it</strong>à e dalla banda.<br />

«Arrivato poi al palco costru<strong>it</strong>o sul lungolago, ha assist<strong>it</strong>o alla sfilata delle squadre cicloturistiche,<br />

alla quale hanno presenziato anche i fer<strong>it</strong>i di guerra che, al loro apparire, sono stati salutati da<br />

commossi applausi.<br />

«Parenti è rimasto a Iseo fino al termine delle manifestazioni, comprendenti cori, gare di palla a<br />

volo, di nuoto, di canottaggio e infine di pattinaggio artistico.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Il presidente dell'Opera Nazionale Dopolavoro, dopo il discorso,<br />

comanda di dar fiato alle trombe e aria alle fisarmoniche.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

La banda inizia a suonare in chiave di «Vincere» e di «Tacere»<br />

(vedi il guidone sugli strumenti).<br />

Milano, 1952.<br />

Giovannino ha riprodotto a mat<strong>it</strong>a, carboncino e biacca, questa foto per illustrare<br />

su Candido (n. 10 del 1952) i suonatori della «Banda» del Marchese, racconto di Mondo piccolo.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

La ragazza in costume ascolta la musica: ma quando si balla?<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Inizia la sfilata e passano davanti alla tribuna d'onore i primi partecipanti al cicloraduno.<br />

«Non mancavano nella sfilata un antico velocipede e un modernissimo biciclo "ultra autarchico"<br />

come informava con un cartello il costruttore.<br />

«Si trattava infatti di una costruzione in legno alta circa due metri e mezzo e del peso probabile di<br />

qualche quintale. Però, pedalando di lassù, la faccenda si muoveva allegramente e rimaneva sempre<br />

verticale. Iseo ha vissuto così la sua gran giornata.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Il cap<strong>it</strong>ano della d<strong>it</strong>ta Massetti di iseo sfila col suo "ciclo ultra autarchico" in legno davanti alla<br />

tribuna delle autor<strong>it</strong>à col gran pavese sul ponte di comando.


Iseo (BS), luglio 1941.<br />

L'asse Roma-Berlino-Tokio, convenientemente armato, parte a piedi per la sfilata, con Tokio in coda.<br />

Iseo (BS), luglio 1941.<br />

Il gagliardetto del Part<strong>it</strong>o Nazionale Fascista accompagna l'incedere solenne della «multipla».<br />

Giovannino, privandoci della parte finale della «multipla», ci lascia nel dubbio sul numero dei<br />

componenti dell'equipaggio.<br />

«Sul fare della sera, quindicimila cicloescursionisti sono risal<strong>it</strong>i sulle loro biciclette. Un po' tristi<br />

perché dispiace lasciare un così dolce paese e tanta brava gente; e poi perché la tessera del<br />

Dopolavoro, se dà dir<strong>it</strong>to allo sconto sui prezzi dei cinematografi, non dà dir<strong>it</strong>to a nessuno sconto sui<br />

chilometri di strada da percorrere per r<strong>it</strong>ornare a casa.»


Alpi, luglio 1942.<br />

Giovannino in autoscatto pensa al traguardo di Igea Marna.<br />

Igea Marina (FO), luglio 1942.<br />

Ennia e Albertino al traguardo dell'Albergo Nettuno.<br />

in bicicletta 1942, un giro sulle Alpi con meta Igea Marina<br />

«Buon Dio: lo sapete che oggi debbo fare quattro puntate del "Cestino" in una sola volta? Altrimenti<br />

non posso inforcare la mia stupenda superleggera e slanciarmi per le belle strade che mi porteranno<br />

al Passo Sella, a Cortina, poi a Venezia fino a Igea Marina dove mi attende Albertino?<br />

Compiangetemi, amici!»<br />

Nel luglio del 1942 Ennia e Albertino sono in partenza per Igea Marina. Grandi preparativi in casa:<br />

Giovannino lo racconta nelle «Osservazioni di uno qualunque» sul Bertoldo del 17 luglio:<br />

«Oggi r<strong>it</strong>ornando dal lavoro ho trovato la casa piena di gente. Con maggior precisione dirò che in<br />

anticamera - all'infuori dei dieci o dodici ragazzini che stavano intrattenendo piacevolmente Albertino


- non c'era anima viva, ma si udivano tutti i suoni e i rumori caratteristici di una animata discussione<br />

provenire dai recessi della sala-salotto-stanza di soggiorno.<br />

«Qui appunto ho trovato la gente che dicevo prima. Si trattava di una dozzina di signore dello<br />

stabile: la tavola grande era stata spinta in un angolo in modo da permettere alle insigni personagge<br />

di sistemarsi correntemente in cerchio attorno a una donna seminuda. (...)<br />

«Un giorno Albertino - presentemente di anni due e illetterato - scorrerà queste mie povere note e<br />

arrossirà di vergogna apprendendo che, mentre egli ignaro si dava a innocenti trastulli in<br />

anticamera, nella stanza vicina sua madre mostrava la spina dorsale a un consesso di signore.<br />

«La seminuda era appunto la donna che mi rese peccatore e padre.<br />

«A onor del vero debbo riconoscere che, appena mi ha scorto, la esimia signora ha sollevato di<br />

scatto l'asciugamani fino alla radice del collo ma questa operazione le ha naturalmente scoperto una<br />

parte notevole degli arti inferiori al disopra del ginocchio. Della qual cosa accortasi (incerta su quello<br />

che fosse più conveniente togliere allo sguardo di un uomo) la sciagurata ha continuato per un pezzo<br />

ad alzare e riabbassare l'asciugamani.<br />

«"Suvvia! Chi sa quante volte vi ha vista così" ha commentato ironica la signora Piera. «Questa<br />

infame insinuazione mi ha fatto arrossire.<br />

«Nel frattempo la fabbricatrice di Albertino aveva trovato una ingegnosa soluzione dell'assillante<br />

problema accoccolandosi per terra: accorciandosi cioè di quanto non si poteva allungare<br />

l'asciugamani.<br />

Sarà completato prossimamente

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