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IL VI CENTENARIO DANTESCO - World eBook Library

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mandassero quale valga di più, nostro padre o<br />

nostra madre, avrebbe ad ogni modo imposto<br />

alla lingua sua il divieto di Tommaso:<br />

Non siati le genti ancor troppe sicure<br />

A giudicar<br />

I caratteri individuali dei Santi non gli do-<br />

vevano parere se non un elemento estetico,<br />

atto a dar rilievo alla descrizione poetica di<br />

essi. Così si spiega a parer mio, che il canto<br />

di S. Francesco gli sia riuscito più omogenea-<br />

mente animato che non quello di S. Domenico.<br />

Nella vita del primo vi erano più singolarità<br />

plastiche che nella vita del secondo. Fu quindi<br />

un affare d'arte, non di giudizi agiografici.<br />

Tant'è vero che appena spunta in Domenico<br />

alcuna di queste singolarità, e ciò avviene nella<br />

puerizia di lui. Dante, che di San Francesco<br />

narrò soltanto gli anni posteriori all'adolescenza,<br />

perchè unicamente questi erano stati singolari,<br />

si trattiene a lungo sulla puerizia del santo<br />

spagnuolo, e lo fa così felicemente da pareg-<br />

giare in quelle strofe le migliori del suo canto<br />

francescano.<br />

Del resto perchè avrebbe Dante preferito<br />

incondizionatamente l'uno o l'altro dei due<br />

santi? Se forse egli frequentò le scuole dei<br />

Minori, se forse cinse il cordone dei terziari<br />

francescani, se forse finalmente vagheggiò un<br />

istante d'ascriversi all'ordine d'Assisi con voti<br />

più stretti, se cioè, per quelle circostanze di<br />

luogo e quelle propensioni di cuore che non<br />

richiedevano un giudizio critico comparativo<br />

sull'eccellenza dei due « principi », potè di<br />

fatto esser più vicino a Francesco che a Do-<br />

menico, non conciliava in sé le tendenze fran-<br />

cescane e quelle domenicane? Ebbe una fe-<br />

lice intuizione, a parer mio, Antonio Fogaz-<br />

zaro, quando nel leggere a Roma il canto ven-<br />

titreesimo del Paradiso, disse che Dante fu un<br />

mistico dell'amore umano e un teologo del-<br />

l'amor divino. In Dante il celebratore di Bea-<br />

trice deriva da San Francesco, il celebratore<br />

di Dio da San Domenico. E difatti la sua<br />

mente professò la « cherubica luce », virtù do-<br />

menicana, più che il suo cuore non esercitasse<br />

il « serafico ardore », virtù francescana.<br />

<strong>IL</strong> <strong>VI</strong> <strong>CENTENARIO</strong> <strong>DANTESCO</strong> 19<br />

Dante, quale fu e quale si comportò coi<br />

due Santi, può ritenere o richiamare alla via<br />

giusta la nuova ammirazione, grandissima, che<br />

i tempi nostri professano per Francesco d'As-<br />

sisi. Poiché questa non nasce tutta dal vedersi<br />

oggi più compiutamente d'allora i caratteri e<br />

gli effetti della « mirabil vita » : ma<br />

nasce anche<br />

da un moto spirituale individualista, che di<br />

mezzo ai singolari entusiasmi di Renan e alla<br />

dotta storiografia di Sabatier, tende, pur incon-<br />

sapevolmente talvolta, ad isolare il Poverello<br />

dalla comunione universale in cui visse e per<br />

cui fruttificò, esaltandolo come contrapposto o<br />

vittima di essa. Quel moto, non riuscendo<br />

sempre ad intendere le armonie religiose tra<br />

la spontaneità e l'obbedienza, tra la libertà e<br />

l'autorità, tra il sentimento e la ragione, tra<br />

l'amore e la fede, e personificando in Francesco<br />

la prima serie, ossia tutto ciò che l'anima cri-<br />

stiana può avere di suo, di franco, di lieto,<br />

di ardente, viene in qualche modo, e quasi<br />

per necessità a porre Innocenzo come la po-<br />

testà esteriore che soggioga e deforma, e Do-<br />

menico come la controversia, che rattrista ed<br />

assidera. Pian piano, non in mezzo agli uomini<br />

veramente colti, ma a quelli che parlano per<br />

sentito dire, gli effetti del novissimo culto fran-<br />

cescano si alterano e si esagerano in modo,<br />

le tre figure di Francesco, di Domenico, d'In-<br />

nocenzo ne vanno prendendo una diversità<br />

così rigida, stilizzata e incomunicabile, che se<br />

di qui a qualche tempo si ricorderà alla gente,<br />

come da questi Ordini religiosi sorgessero, fra<br />

gli altri, due Papi, l'uno tutto ministero di<br />

pace, come Benedetto XI, l'altro tutto severità<br />

e terribilità, come Sisto V, la gente crederà<br />

francescano il primo e domenicano il secondo,<br />

né saprà capacitarsi che sia avvenuto precisa-<br />

mente il rovescio. Se le si dirà ancora, come<br />

da un frate d'uno dei due Ordini fosse scritto<br />

l'inno del terrore cristiano, il Dies irae, e dal<br />

pennello di un frate dell'altro Ordine, uscissero<br />

i volti più rapiti e soavi, che mano d'uomo<br />

abbia dipinto mai, la gente non riuscirà a per-

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