MSNM Atti 22.indd - Museo di Storia Naturale della Maremma

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100 (Stephens), Cortodera humeralis, Leiopus nebulosus (L.), Pogonocherus hispidulus (Pillert et Mitterpacher), Prionus coriarius, Saperda punctata e Xylotrechus antilope), 5 legate alla vegetazione ripariale (Obrium cantharinum, Aegomorphus clavipes (Schrank), Saperda populnea (L.), Morimus asper (Sulzer) e Aromia moschata), una specie esclusiva dei castagneti (Pachytodes erraticus), 12 di margine (tra cui Plagionotus fl oralis (Pallas), Agapanthia spp., Phytoecia spp., Pedestredorcadion etruscum (Rossi), Chlorophorus trifasciatus (Fabricius)) e 12 specie su 12 per i rimboschimenti (tra le quali Ergates faber, Arhopalus spp., Oxypleurus nodieri, Hylotrupes bajulus (L.), Monochamus galloprovincialis, Pogonocherus spp., Acanthocinus griseus). Questi dati mettono ancora una volta in luce l’importanza del complesso forestale per il contingente di specie legate alle essenze mesofi le, che risultano in numero superiore addirittura rispetto a quelle tipiche e esclusive della macchia mediterranea. Ruolo chiave viene svolto anche dalle formazioni dominate dalle conifere, che nelle Bandite sono rappresentate esclusivamente dai rimboschimenti, ma che, come abbiamo visto, non sono per questo meno importanti; oltre agli ecosistemi sopra menzionati dobbiamo citare quelli di margine e agro-silvo-pastorali che, per tutto quel contingente di specie legato ad essenze erbacee ed anche alle piante coltivate, rappresentano un ambiente unico. Le varie cenosi presenti nell’area di studio sono state evidentemente raggruppate per affi nità, vista la grande eterogeneità di ambienti che il complesso racchiude al proprio interno; questi garantiscono un numero incredibile di habitat per moltissime specie, che si ritagliano, magari su di uno stesso albero, una propria nicchia ecologica, spartendosi talvolta la stessa fonte trofi ca in momenti diversi, o su diverse scale spaziali, essendo legate a micro-habitat differenti per caratteristiche termiche, di luce, di umidità, ecc. A tal proposito, è stato possibile osservare una pianta di Pinus halepensis colonizzata nella parte medio-bassa dal coleottero buprestide Phaenops cyanea (Fabricius) e dai cerambicidi Arhopalus syriacus e Acanthocinus griseus, mentre in quella medio-alta dal cerambicide Monochamus galloprovincialis; i rami più sottili sono stati attaccati da Pogonocherus perroudi Mulsant (Coleoptera: Cerambycidae) e dal buprestide Chrysobothris solieri Gory et Laporte. Si tratta di specie corticicole o cortico-lignicole che si sviluppano in concomitanza della morte della pianta e che sfruttano per la maggior parte la zona fl oematica della stessa. Osservazioni bio-ecologiche condotte durante lo studio hanno permesso di mettere in relazione queste ed altre specie, con la presenza di materiale legnoso a diverso grado di alterazione; è stato così possibile individuare il momento di intervento delle varie entità a partire dai primi squilibri fi siologici della pianta, fi no alla totale decomposizione dei suoi tessuti legnosi. Attacchi a piante in vegetazione si sono registrati ad opera di Saperda populnea, Arhopalus syriacus e Cerambyx welensii. Decisamente più consistente è il gruppo di cerambici che interviene subito dopo la morte della pianta utilizzandone il fl oema e le sostanze maggiormente assimilabili dell’alburno; tra questi ricordiamo Acanthocinus griseus, Icosium tomentosum, Monochamus galloprovincialis, Phoracantha semipunctata (Fabricius), Phymatodes testaceus (L.) e Plagionotus arcuatus. Successivamente a queste specie possono intervenire quelle entità in grado di sfruttare lo xilema vero e proprio. Si tratta di cerambicidi che talvolta sono in grado di compiere parecchie generazioni sullo stesso materiale; tra questi, alcuni si sviluppano nel legno secco (Prinobius myardi, Trichoferus spp., Hesperophanes sericeus, Clytus arietis (L.), Pseudosphegesthes cinerea,), mentre altri intervengono solo a seguito dell’attacco di funghi (Ergates faber, Prionus coriarius, Aegosoma scabricorne). Dall’analisi dei dati raccolti è possibile poi notare che fanno parte della coleotterofauna del complesso forestale ben 24 specie di cerambicidi (il 26% circa del totale) che solitamente ritroviamo in collina o addirittura, per molte di queste specie, in montagna. In un ambiente forestale così prossimo al mare e che non presenta rilievi di una certa importanza, questo è decisamente un fatto non co-

101 mune. Del resto, un numero così elevato di specie non potrebbe essere presente in un ambiente privo di peculiarità stazionali come quelle dell’area in oggetto, che permettono a specie dalle caratteristiche e dalle esigenze ecologiche così diverse di vivere a contatto tra loro. SAMA (1988) defi nisce specie “montane” o comunque prevalentemente montane: Prionus coriarius, Dinoptera collaris (L.), Cortodera humeralis, Alosterna tabacicolor (De Geer), Pseudovadonia livida (Fabricius), Stictoleptura scutellata (Fabricius), Stenurella melanura (L.), Callimus angulatum (Schrank), Xylotrechus arvicola (Olivier) e Phytoecia cylindrica (L.). Altre specie defi nite “collinari” o “collinari-montane” sono: Grammoptera abdominalis, Pachytodes erraticus, Anoplodera sexguttata, Glaphyra umbellatarum (Schreber), Cerambyx scopolii, Plagionotus arcuatus, Parmena unifasciata, Pogonocherus hispidulus, Anaesthetis testacea (Fabricius), Leiopus nebulosus, Exocentrus adspersus, Exocentrus punctipennis e Saperda punctata. Ad incrementare ancor più l’importanza dell’area indagata, ci sono le specie “rosse”, ovvero quelle inserite nel Libro Rosso degli Insetti della Toscana e quindi protette dalla Legge Regionale toscana n. 56/2000 (SFORZI & BARTOLOZZI 2001). Tra queste risultano presenti nell’area di studio: Ergates faber, Prionus coriarius, Necydalis ulmi, Oxypleurus nodieri, Icosium tomentosum tomentosum e Saperda punctata, che rappresentano il 50% delle specie di cerambicidi protetti in tutta la Regione. Altre specie che meriterebbero maggiore attenzione perché in forte rarefazione in tutta Italia sono per la fauna del complesso Aromia moschata e Purpuricenus kaehleri, ma anche quelle specie particolarmente localizzate, rare o sporadiche come Prinobius myardi, Pedosatrangalia revestita L., Obrium cantharinum, Xylotrechus arvicola, Pseudosphegesthes cinerea e Deroplia genei. Un signifi cato del tutto particolare assumono quelle entità che rappresentano veri e propri indicatori biologici e che sono in alcuni casi relitti delle antiche foreste vergini planiziali. A tal proposito dobbiamo chiamare in causa tutti i grandi cerambicidi, primo dei quali è indubbiamente Prionus coriarius, che testimoniano, con la loro presenza, un buono stato di equilibrio e di conservazione del bosco. Oltre ai sopracitati cerambici, spicca per importanza Necydalis ulmi. Questa specie, infatti, è più di altre legata a cenosi forestali mature e ben conservate e la sua presenza è sicuramente testimone del valore e dell’importanza dei boschi del complesso. Risultati ancora più rilevanti potrebbero essere ottenuti defi nendo delle zone di protezione, anche di dimensioni limitate, nelle quali il bosco viene lasciato alla propria evoluzione naturale. Le piante avrebbero modo di raggiungere dimensioni ragguardevoli, invecchiando e divenendo così l’habitat per una varietà innumerevole di forme di vita, tra cui moltissime specie di insetti, aggiungendo indubbiamente valore in termini di biodiversità all’area. Le indagini di carattere fi tosanitario effettuate a riguardo di specie potenzialmente dannose non hanno rilevato situazioni particolarmente a rischio. Le stesse popolazioni degli scolitidi, principali responsabili del declino di molti sistemi forestali, risultano in equilibrio con il bosco, contribuendo alla morte delle sole piante deperenti e quindi accelerando le dinamiche di successione. È il caso di Tomicus destruens, il quale non sembra raggiungere livelli di densità demografi ca tali da compromettere le pinete di Pinus halepensis all’interno dell’area di studio. Ad ogni modo, in seguito a particolari eventi meteorici, o di altra natura, che sottopongono a stress fi siologico interi popolamenti di Pino, lo scolitide è in grado di avviare infestazioni su larga scala, con ingenti danni alla popolazione arborea. A fronte di ciò è opportuno monitorare nel tempo le popolazioni di T. destruens al fi ne di programmare in modo tempestivo le eventuali procedure di contenimento. Per quanto riguarda le altre famiglie studiate, emergono alcune entità di grande valore naturalistico, ed in particolare si citano altre 4 specie inserite nella Lista Rossa degli Insetti della Toscana: Lucanus cervus (Lucanidae), Chalcophora detrita, Meliboeus violaceus (Kiesenwetter) (Buprestidae) e Gnorimus variabilis (Scarabaeidae). Le ricerche su M. violaceus all’interno dell’area di studio sono state effettuate

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(Stephens), Cortodera humeralis, Leiopus nebulosus (L.), Pogonocherus hispidulus<br />

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5 legate alla vegetazione ripariale (Obrium cantharinum, Aegomorphus clavipes<br />

(Schrank), Saperda populnea (L.), Morimus asper (Sulzer) e Aromia moschata), una<br />

specie esclusiva dei castagneti (Pachytodes erraticus), 12 <strong>di</strong> margine (tra cui Plagionotus<br />

fl oralis (Pallas), Agapanthia spp., Phytoecia spp., Pedestredorca<strong>di</strong>on etruscum<br />

(Rossi), Chlorophorus trifasciatus (Fabricius)) e 12 specie su 12 per i rimboschimenti<br />

(tra le quali Ergates faber, Arhopalus spp., Oxypleurus no<strong>di</strong>eri, Hylotrupes bajulus<br />

(L.), Monochamus galloprovincialis, Pogonocherus spp., Acanthocinus griseus).<br />

Questi dati mettono ancora una volta in luce l’importanza del complesso forestale<br />

per il contingente <strong>di</strong> specie legate alle essenze mesofi le, che risultano in numero<br />

superiore ad<strong>di</strong>rittura rispetto a quelle tipiche e esclusive <strong>della</strong> macchia me<strong>di</strong>terranea.<br />

Ruolo chiave viene svolto anche dalle formazioni dominate dalle conifere, che nelle<br />

Ban<strong>di</strong>te sono rappresentate esclusivamente dai rimboschimenti, ma che, come abbiamo<br />

visto, non sono per questo meno importanti; oltre agli ecosistemi sopra menzionati<br />

dobbiamo citare quelli <strong>di</strong> margine e agro-silvo-pastorali che, per tutto quel contingente<br />

<strong>di</strong> specie legato ad essenze erbacee ed anche alle piante coltivate, rappresentano un<br />

ambiente unico.<br />

Le varie cenosi presenti nell’area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sono state evidentemente raggruppate<br />

per affi nità, vista la grande eterogeneità <strong>di</strong> ambienti che il complesso racchiude al<br />

proprio interno; questi garantiscono un numero incre<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> habitat per moltissime<br />

specie, che si ritagliano, magari su <strong>di</strong> uno stesso albero, una propria nicchia ecologica,<br />

spartendosi talvolta la stessa fonte trofi ca in momenti <strong>di</strong>versi, o su <strong>di</strong>verse scale<br />

spaziali, essendo legate a micro-habitat <strong>di</strong>fferenti per caratteristiche termiche, <strong>di</strong> luce,<br />

<strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà, ecc.<br />

A tal proposito, è stato possibile osservare una pianta <strong>di</strong> Pinus halepensis colonizzata<br />

nella parte me<strong>di</strong>o-bassa dal coleottero buprestide Phaenops cyanea (Fabricius)<br />

e dai cerambici<strong>di</strong> Arhopalus syriacus e Acanthocinus griseus, mentre in quella<br />

me<strong>di</strong>o-alta dal cerambicide Monochamus galloprovincialis; i rami più sottili sono<br />

stati attaccati da Pogonocherus perrou<strong>di</strong> Mulsant (Coleoptera: Cerambycidae) e dal<br />

buprestide Chrysobothris solieri Gory et Laporte.<br />

Si tratta <strong>di</strong> specie corticicole o cortico-lignicole che si sviluppano in concomitanza<br />

<strong>della</strong> morte <strong>della</strong> pianta e che sfruttano per la maggior parte la zona fl oematica<br />

<strong>della</strong> stessa. Osservazioni bio-ecologiche condotte durante lo stu<strong>di</strong>o hanno permesso<br />

<strong>di</strong> mettere in relazione queste ed altre specie, con la presenza <strong>di</strong> materiale legnoso a<br />

<strong>di</strong>verso grado <strong>di</strong> alterazione; è stato così possibile in<strong>di</strong>viduare il momento <strong>di</strong> intervento<br />

delle varie entità a partire dai primi squilibri fi siologici <strong>della</strong> pianta, fi no alla totale<br />

decomposizione dei suoi tessuti legnosi.<br />

Attacchi a piante in vegetazione si sono registrati ad opera <strong>di</strong> Saperda populnea,<br />

Arhopalus syriacus e Cerambyx welensii. Decisamente più consistente è il gruppo <strong>di</strong><br />

cerambici che interviene subito dopo la morte <strong>della</strong> pianta utilizzandone il fl oema e le<br />

sostanze maggiormente assimilabili dell’alburno; tra questi ricor<strong>di</strong>amo Acanthocinus<br />

griseus, Icosium tomentosum, Monochamus galloprovincialis, Phoracantha semipunctata<br />

(Fabricius), Phymatodes testaceus (L.) e Plagionotus arcuatus. Successivamente<br />

a queste specie possono intervenire quelle entità in grado <strong>di</strong> sfruttare lo xilema vero<br />

e proprio. Si tratta <strong>di</strong> cerambici<strong>di</strong> che talvolta sono in grado <strong>di</strong> compiere parecchie<br />

generazioni sullo stesso materiale; tra questi, alcuni si sviluppano nel legno secco<br />

(Prinobius myar<strong>di</strong>, Trichoferus spp., Hesperophanes sericeus, Clytus arietis (L.),<br />

Pseudosphegesthes cinerea,), mentre altri intervengono solo a seguito dell’attacco <strong>di</strong><br />

funghi (Ergates faber, Prionus coriarius, Aegosoma scabricorne).<br />

Dall’analisi dei dati raccolti è possibile poi notare che fanno parte <strong>della</strong> coleotterofauna<br />

del complesso forestale ben 24 specie <strong>di</strong> cerambici<strong>di</strong> (il 26% circa<br />

del totale) che solitamente ritroviamo in collina o ad<strong>di</strong>rittura, per molte <strong>di</strong> queste<br />

specie, in montagna. In un ambiente forestale così prossimo al mare e che non<br />

presenta rilievi <strong>di</strong> una certa importanza, questo è decisamente un fatto non co-

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