Clicca qui per visualizzare il documento allegato - Valdinievole Oggi
Clicca qui per visualizzare il documento allegato - Valdinievole Oggi
Clicca qui per visualizzare il documento allegato - Valdinievole Oggi
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
PARLIAMO DI...<br />
QUANDO A “CANTARLE” ERANO I BEFANARI<br />
di Michela Camm<strong>il</strong>li<br />
Un tempo, nella tradizione popolare toscana, la vig<strong>il</strong>ia<br />
dell’Epifania era la notte delle “befanate”<br />
e dei “befanari”, che salutavano l’anno appena<br />
concluso esprimendo in rima tutta la loro ironia e inventiva.<br />
Qualcuno tra i nostri lettori forse ricorderà i modi,<br />
i tempi e gli autori (anche se ufficialmente rimanevano<br />
anonimi…) delle ultime “befanate” nel nostro paese, tra<br />
gli anni Cinquanta e Sessanta, ma questa usanza ha assunto<br />
tali forme in seguito a secoli di evoluzioni, avendo<br />
origini addirittura quattrocentesche.<br />
Parlando di “befanata”, ci si poteva<br />
riferire a due usanze che rispondevano<br />
a questo nome: la cosiddetta<br />
“befanata itinerante” e quella “lirica”.<br />
La prima vedeva un gruppo<br />
di giovani girare di podere in podere<br />
e cantare sotto le finestre dei<br />
casolari allegri stornelli in cambio<br />
di ricompense (cibo o doni) oppure<br />
con <strong>il</strong> solo scopo di canzonare i <strong>per</strong>sonaggi<br />
malcapitati. La “befanata<br />
lirica” era invece più tipica del<br />
Montalbano e si richiamava a una<br />
<strong>il</strong>lustre tradizione che nel Quattrocento<br />
aveva le forme di un gioco di<br />
società.<br />
Nei salotti e nelle accademie fiorentine<br />
rinascimentali, la vig<strong>il</strong>ia di<br />
Epifania, venivano messi di fronte a<br />
un gruppo di “giocatori” due vasi: uno, detto “d’oro”,<br />
conteneva le “sventure e sorti”; quello detto “d’argento”<br />
conteneva i nomi degli invitati. Una ragazza bendata<br />
estraeva a sorte da entrambi i vasi, combinando <strong>il</strong><br />
soggetto e la “sorte” che avrebbero dato origine a una<br />
storia. Uno dei presenti o un gruppetto di <strong>per</strong>sone erano<br />
chiamati a improvvisare una rima, secondo <strong>il</strong> tema che<br />
22 - Orizzonti - n. 46 - Dicembre 2012<br />
era casualmente nato. Alcune volte si<br />
accompagnava <strong>il</strong> poemetto con arie<br />
d’orchestra o con un prologo.<br />
Dai circoli letterari questo cantare in rima uscì all’a<strong>per</strong>to<br />
e la “befanata” cominciò a essere recitata in pubblico.<br />
La notte tra <strong>il</strong> 5 e <strong>il</strong> 6 gennaio le <strong>per</strong>sone del paese,<br />
ritrovandosi a veglia, improvvisavano sui <strong>per</strong>sonaggi e<br />
le storie più “appetitosi” dell’anno appena terminato.<br />
Per tradizione la vig<strong>il</strong>ia dell’Epifania era una notte in<br />
cui sarebbe stato lecito ogni giudi-<br />
1<br />
zio sugli uomini, fino a capovolgere<br />
i ruoli e le classi sociali. Anche<br />
un animale avrebbe potuto cantarle<br />
al proprietario, un servo al padrone,<br />
un suddito a un re. Come poetava <strong>il</strong><br />
poeta Antonio Petrei (1498-1570):<br />
«In questo dì di Befana di voi parlin<br />
stanotte gli animali, secondo i merti<br />
[meriti n.d.r.], le lodi o ‘l dispregio».<br />
Con giochi di parole si dissacravano<br />
i <strong>per</strong>sonaggi del paese, con<br />
astuzia e anche un po’ di quella divertita<br />
cattiveria tipica dei toscani.<br />
A questa usanza non sfuggivano i<br />
<strong>per</strong>sonaggi con buffe caratterizzazioni<br />
fisiche, passioni amorose che<br />
non erano andate a buon fine, episodi<br />
divertenti, matrimoni tra <strong>per</strong>sone<br />
di una certa età, seconde nozze<br />
<strong>per</strong> vedovi e vedove, tradimenti...<br />
<strong>per</strong> non parlare dei <strong>per</strong>sonaggi pubblici,<br />
quali professori e consiglieri comunali. Gli autori<br />
delle “befanate” potevano essere improvvisatori, poeti<br />
affermati o semplici d<strong>il</strong>ettanti, che <strong>per</strong> tradizione dovevano<br />
restare anonimi, ma solitamente facevano capo<br />
sempre alla solita combriccola. Fino all’Ottocento la<br />
linea di demarcazione tra la poesia colta e quella popolare<br />
era infatti molto sott<strong>il</strong>e; basti pensare ai nomi