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In merito al destino del siero di <strong>la</strong>tte e simili, è risaputo che una quota significativa viene destinata<br />

all’alimentazione dei suini, <strong>la</strong>ddove c’è vicinanza tra allevamenti e stabilimenti di trasformazione<br />

del <strong>la</strong>tte. In proposito anche ISTAT per il 2006 cita una quantità destinata a tale uso, pari a 2,6 milioni<br />

di tonnel<strong>la</strong>te; complessivamente è emersa una buona corre<strong>la</strong>zione tra <strong>la</strong> quantità totale di siero<br />

stimata nel presente <strong>la</strong>voro e quel<strong>la</strong> fornita da ISTAT, che distingue i flussi in funzione del<strong>la</strong> destinazione<br />

finale (tabel<strong>la</strong> 3.27). Se per il siero sotto forma concentrata si ipotizza un tenore di sostanza<br />

secca media del 22-23%, <strong>la</strong> quantità residua avviata al<strong>la</strong> produzione di siero in polvere e altri derivati<br />

ammonta a poco più di 3 milioni di tonnel<strong>la</strong>te. L’industria <strong>la</strong>ttiero-casearia tradizionale ha<br />

sempre considerato il siero di <strong>la</strong>tte un sottoprodotto da reimpiegare, <strong>la</strong> cui destinazione usuale è<br />

stata per lungo tempo l’alimentazione del bestiame. In virtù di questa tradizione il siero è un componente<br />

importante delle razioni dei suini utilizzati per le produzioni salumiere DOP.<br />

In effetti, il siero di <strong>la</strong>tte contiene sostanze di grande interesse, non solo per l’alimentazione animale,<br />

ma anche alimentare e farmaceutico, quali proteine e derivati proteici, zuccheri, sali minerali<br />

e vitamine. Nell’industria alimentare infatti l’uso di sieroderivati è sempre più diffuso, tanto<br />

che si arriva ad importarne quantità significative. All’estero infatti, il siero è prevalentemente avviato<br />

al trattamento industriale, mentre in Italia l’industria ha sempre prestato poca attenzione a<br />

tale sottoprodotto, anche se ci sono segnali di cambiamento, legati al rialzo del prezzo del siero in<br />

polvere, dovuto al<strong>la</strong> maggiore domanda sia per uso zootecnico che alimentare. In ogni caso, al momento<br />

in Italia sono pochi gli impianti che possono trattare quantità elevate ed essere quindi competitivi<br />

sul mercato; a ciò si aggiunga che l’industria <strong>la</strong>ttiero-casearia non sempre è attrezzata per<br />

gestire il siero come richiesto per <strong>la</strong> cessione all’industria di trasformazione (raffreddamento velocissimo<br />

e adeguato). In sintesi, ai fini degli obiettivi del presente studio, il recupero del siero è comunque<br />

<strong>la</strong> pratica prevalente (alimentazione animale, industria); <strong>la</strong> sua gestione come “rifiuto” non<br />

è frequente. Esso potrà essere una biomassa disponibile per <strong>la</strong> digestione anaerobica soprattutto in<br />

quelle zone in cui, a fronte di produzioni elevate, non vi è <strong>la</strong> connessione con l’allevamento suinicolo<br />

e/o <strong>la</strong> distanza dai siti di recupero è tale da rendere non conveniente il conferiemento.<br />

3.4 Scarti e sottoprodotti dell’industria di trasformazione delle produzioni<br />

vegetali<br />

3.4.1 Premessa<br />

I comparti industriali oggetto del<strong>la</strong> presente indagine sono i seguenti:<br />

<strong>la</strong> trasformazione del pomodoro<br />

<strong>la</strong> trasformazione del<strong>la</strong> frutta (succhi, confetture, marmel<strong>la</strong>te, ecc.)<br />

<strong>la</strong> trasformazione di ortaggi (legumi, patate)<br />

<strong>la</strong> trasformazione delle olive per <strong>la</strong> produzione di olio;<br />

<strong>la</strong> produzione di vino.<br />

Anche per <strong>la</strong> trasformazione industriale dei prodotti vegetali, l’attenzione è concentrata su quei<br />

comparti produttivi che generano con rego<strong>la</strong>rità flussi significativi di scarti e sottoprodotti di elevata<br />

qualità, che non sempre assumono i connotati di “rifiuti” per vari motivi e che di conseguenza<br />

non sono rego<strong>la</strong>rmente dichiarati annualmente nel MUD. Nell’industria delle conserve<br />

vegetali, infatti, <strong>la</strong> stessa tipologia di “sottoprodotto di natura organica” può uscire dall’azienda<br />

produttrice come “rifiuto”, oppure seguire percorsi diversi di “recupero”. Ne sono un esempio<br />

tanti scarti vegetali (ad es. buccette di pomodoro, sansa di olive, scarti di mais dolce, ecc.) destinati<br />

all’alimentazione zootecnica come “materia prima per mangimi” (vi è una normativa spe-<br />

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