premio tesi di laurea sull'economia trevigiana - Camera di ...
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possono restare tali per sempre, senza dare luogo alla stratificazione di livelli che contraddistingue il distretto (Rullani 1997). Nell’impostazione di Rullani, le imprese che convivono nello stesso luogo ed in esso intrecciano esperienze di divisione del lavoro e di comunicazione, “generano un distretto solo quando sintonizzano i loro processi cognitivi e decisionali, mettendosi a sistema attraverso: la formazione di una identità collettiva; la costruzione di circuiti di autoreferenza che la riproducono nello spazio e nel tempo” (Rullani 1997, p. 64). E’ il senso d’appartenenza al sistema, condiviso fra gli attori, ad accomunarne le percezioni circa le realtà circostanti, a facilitarne le interazioni, la “spinta” divisione del lavoro, il coordinamento di attività distributive e di conseguenza la formazione di un tessuto fiduciario (Marchi 1999; Bellandi 1987). In più opere Marshall fa riferimento alla “industrial atmosphere”, quale risorsa fondamentale del distretto industriale. Essa è il frutto di un lento processo evolutivo spontaneo che vede, “in un territorio nel quale, per tradizione, si concentrano mestieri e i lavoratori sono specializzati in uno stesso genere di attività, una maggior facilità nell’educarsi a vicenda poiché l’abilità e il gusto necessari per il loro lavoro sono nell’aria e i ragazzi li respirano crescendo” (Maccabelli 1997, p. 8). Secondo Becattini, nel distretto comunità di persone e sistema delle imprese sono indivisibili; la comunità condivide un insieme di valori, accumulatisi nel corso dei secoli, che dà vita ad una particolare etica di aspetti quali: lavoro, famiglia, rischio e cambiamento (Becattini, Rullani 1993, p. 26-28; Guenzi 1997, p. 21, Russo 1997). E’ il “milieu locale” a fornire all’organizzazione produttiva alcuni input essenziali, quali il lavoro, l’imprenditorialità, le infrastrutture materiali e immateriali, la cultura sociale e l’organizzazione istituzionale, il risultato è un intreccio di aspetti tecnici ed economici con quelli sociali, culturali e istituzionali (Becattini, Rullani 1993). L’analisi di un sistema locale non deve però valutare staticamente i diversi aspetti (morfologia territoriale, valori e conoscenze, istituzioni, ecc.) prodotti dalla storia e i loro effetti immediati sui processi produttivi come se il sistema locale fosse un mero “contenitore di varietà storiche”. “Molti contesti locali costituiscono veri e propri laboratori cognitivi, in cui nuove varietà vengono continuamente sperimentate, selezionate, conservate” (Becattini, Rullani 1993, p. 29). Il sistema locale accumula esperienze produttive e di vita e al tempo stesso produce nuova conoscenza. Una delle chiavi del successo di questi sistemi locali ad industrializzazione diffusa, sta nell’accumularsi storico di un know-how tecnico, di conoscenze trasmesse attraverso meccanismi informali o direttamente “on the job”, ossia sul posto di lavoro (Viesti 1992, p. 13). 110
Il distretto industriale non è concepibile come forma tendenzialmente chiusa in sé stessa, esso riceve dall’esterno molti impulsi che inducono il sistema locale ad un continuo cambiamento della propria struttura interna che può portarlo a perdere la propria identità o mantenerla, a seconda che venga intaccato o rimanga invariato “un nucleo di entità appartenenti all’area dei valori, delle conoscenze e delle istituzioni e/o al sistema dei loro rapporti” (Becattini, Rullani 1993, p. 32). I sistemi locali che hanno dimostrato una maggiore vitalità e capacità di conservare la propria identità tradizionale, sono stati proprio quelli che hanno accettato la sfida dell’apertura all’esterno e della valorizzazione del loro sapere contestuale in reti globali, anziché chiudersi in loro stessi. Tradizioni ed esperienze produttive di questi sistemi sono così entrate in circolo all’interno di queste reti, sotto forma sia di prodotti che di idee organizzative del processo produttivo. Paradossalmente perciò la capacità di mantenere la propria identità distrettuale implica un continuo cambiamento, adattamento che allontana il distretto dalla sua forma originaria (Becattini, Rullani 1993). 2.2 Caratteristiche del distretto industriale Uno dei tratti emergenti del distretto è dato dall’influenza protettiva che esso esercita nei confronti delle imprese, esso rappresenta “un habitat ottimale per la formazione di nuova imprenditorialità” (Ferrucci 1996, p. 64). Questo incubator, supportato dalle basse barriere all’entrata, stimola la proliferazione e lo sviluppo del sistema tramite gemmazione di nuove imprese, le quali andranno ad invigorire il distretto e andranno poi a sostituirsi a quelle meno vitali ed efficienti (Ferrucci, Varaldo 1993; Ferrucci 1996). L’impresa che nasce nel distretto, presenterà dei caratteri e assumerà dei comportamenti diversi rispetto alle imprese non distrettuali. Il distretto infatti agisce in profondità all’interno dell’impresa, plasmandola e condizionandola nei suoi caratteri fondamentali (Ferrucci, Varaldo 1993). Un aspetto peculiare del distretto è dato dall’intreccio di relazioni fra soggetti, più o meno formali, che s’instaurano al suo interno e che spesso sono alla base di processi di miglioramento. In un distretto infatti “l’interazione è favorita dalla facilità di contatti faccia a faccia, ed è regolata dalla rete di rapporti di concorrenza e cooperazione” (Bellandi 1994, p. 34; Pozzana 1994). Le relazioni economiche e sociali tra le imprese di un distretto sono piuttosto complesse e includono la subfornitura, gli intrecci nelle relazioni proprietarie, la formazione di consorzi di servizi che offrono informazioni tecniche ed economiche, lo scambio di informazioni, nonché le relazioni individuali quali amicizia e parentela (Russo 1997). Mentre tra le imprese che fanno lavori diversi vi è in genere una forte disponibilità alla collaborazione, per quanto riguarda le imprese che svolgono 111
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Il <strong>di</strong>stretto industriale non è concepibile come forma tendenzialmente chiusa in<br />
sé stessa, esso riceve dall’esterno molti impulsi che inducono il sistema locale<br />
ad un continuo cambiamento della propria struttura interna che può portarlo a<br />
perdere la propria identità o mantenerla, a seconda che venga intaccato o<br />
rimanga invariato “un nucleo <strong>di</strong> entità appartenenti all’area dei valori, delle<br />
conoscenze e delle istituzioni e/o al sistema dei loro rapporti” (Becattini,<br />
Rullani 1993, p. 32).<br />
I sistemi locali che hanno <strong>di</strong>mostrato una maggiore vitalità e capacità <strong>di</strong><br />
conservare la propria identità tra<strong>di</strong>zionale, sono stati proprio quelli che hanno<br />
accettato la sfida dell’apertura all’esterno e della valorizzazione del loro<br />
sapere contestuale in reti globali, anziché chiudersi in loro stessi. Tra<strong>di</strong>zioni ed<br />
esperienze produttive <strong>di</strong> questi sistemi sono così entrate in circolo all’interno<br />
<strong>di</strong> queste reti, sotto forma sia <strong>di</strong> prodotti che <strong>di</strong> idee organizzative del processo<br />
produttivo. Paradossalmente perciò la capacità <strong>di</strong> mantenere la propria identità<br />
<strong>di</strong>strettuale implica un continuo cambiamento, adattamento che allontana il<br />
<strong>di</strong>stretto dalla sua forma originaria (Becattini, Rullani 1993).<br />
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Uno dei tratti emergenti del <strong>di</strong>stretto è dato dall’influenza protettiva che esso<br />
esercita nei confronti delle imprese, esso rappresenta “un habitat ottimale per<br />
la formazione <strong>di</strong> nuova impren<strong>di</strong>torialità” (Ferrucci 1996, p. 64). Questo<br />
incubator, supportato dalle basse barriere all’entrata, stimola la proliferazione<br />
e lo sviluppo del sistema tramite gemmazione <strong>di</strong> nuove imprese, le quali<br />
andranno ad invigorire il <strong>di</strong>stretto e andranno poi a sostituirsi a quelle meno<br />
vitali ed efficienti (Ferrucci, Varaldo 1993; Ferrucci 1996).<br />
L’impresa che nasce nel <strong>di</strong>stretto, presenterà dei caratteri e assumerà dei<br />
comportamenti <strong>di</strong>versi rispetto alle imprese non <strong>di</strong>strettuali. Il <strong>di</strong>stretto infatti<br />
agisce in profon<strong>di</strong>tà all’interno dell’impresa, plasmandola e con<strong>di</strong>zionandola<br />
nei suoi caratteri fondamentali (Ferrucci, Varaldo 1993).<br />
Un aspetto peculiare del <strong>di</strong>stretto è dato dall’intreccio <strong>di</strong> relazioni fra soggetti,<br />
più o meno formali, che s’instaurano al suo interno e che spesso sono alla base<br />
<strong>di</strong> processi <strong>di</strong> miglioramento.<br />
In un <strong>di</strong>stretto infatti “l’interazione è favorita dalla facilità <strong>di</strong> contatti faccia a<br />
faccia, ed è regolata dalla rete <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> concorrenza e cooperazione”<br />
(Bellan<strong>di</strong> 1994, p. 34; Pozzana 1994).<br />
Le relazioni economiche e sociali tra le imprese <strong>di</strong> un <strong>di</strong>stretto sono piuttosto<br />
complesse e includono la subfornitura, gli intrecci nelle relazioni proprietarie,<br />
la formazione <strong>di</strong> consorzi <strong>di</strong> servizi che offrono informazioni tecniche ed<br />
economiche, lo scambio <strong>di</strong> informazioni, nonché le relazioni in<strong>di</strong>viduali quali<br />
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