un campo di concentramento e la carita - Associazione culturale ...

"L'opera svolta dal padre Cortese a Chiesanuova è sovrumana ( ... ).
Con il suo operare dimostra quanto generosa sia
la vera carità cristiana" .
(Fortunat Zorman al vescovo di Ljubljana.
Padova, 27 marzo 1943)

Il Materiale fotografico della presente pubblicazione proviene
dagli archivi del P. Placido Cortese, della famiglia Caporali,
di Majda Mazovec, del P. Atanasio Cociani, del P. Apollonio
Tottoli , di Ivo Jevnikar e di Franco Biasia.
Gabriele Toso
fotografo & videomarker
www.gabrieletoso.com
info@gabrieletoso.com
cell.3286722558

PADOVA-CHIESANUOVA
UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO
E LA CARITA' DI UN FRATE
a cura di
IVO JEVNIKAR e APOLLONIO TOTTOLI
Padova 2009

Presentazione
di Don Alberto Celeghin
INDICE
"Mi sento onorato di essere parte di quel processo ... "
del Ten. Col. Carlo Libanori
Il campo di concentramento di Chiesanuova
di Franco Biasia
Padre Placido Cortese martire della carità
di Apollonio Tottoli
Appendice "Frammenti di corrispondenza"
P. Placido Cortese e il soccorso agli internati di Chiesanuova
in alcuni documenti del 1943 di Ivo Jevnikar
"Relazione del Tenente Colonnello Dante
Caporali, ex comandante del campo di concentramento per
internati civili di Chiesanuova (Padova)"
pag.9
pag. l1
pag.13
pag.27
pag.47
pag.63
pag.81

Presentazione
Chiesanuova. Un campo di concentramento e la carità di un frate. Questo titolo
sintetizza quanto il presente fascicolo vuole comunicare al lettore.
Tra gennaio e febbraio si è fatta memoria della Shoah e delle Foibe. Il 7 marzo
ricorre l'anniversario della nascita del padre Placido Cortese (7 marzo 1907),
martire della carità, il quale, prima di offrire la sua vita per salvare perseguitati
dal nazismo, si è dedicato all'aiuto degli internati nei campi di concentramento
del regime fascista, in particolare in quello di Chiesanuova.
Il Comune di Padova quel giorno farà memoria del santo frate presso la Caserma
Romagnoli e gli dedicherà un cippo. Come rettore del Tempio dell'Internato
Ignoto (voluto da don Giovanni Fortin, ex-internato a Dachau), penso
sia doveroso per noi italiani ricordare quanti hanno sofferto nei nostri campi di
internamento, deportati soprattutto dalla Slovenia.
Fa riflettere il fatto che le grandi opere di carità cristiana e di eroismo, anche se
realizzate all'ombra di strutture maestose come la Basilica di Sant' Antonio, si
siano sviluppate nell'umiltà evangelica e nel silenzio. Così è stata l'attività e la
figura del padre Placido Cortese, che recentemente ha cominciato a splendere
come la lucerna di cui parla Gesù.
Nel 2000 il confratello del padre Placido, padre Antonio Vitale Bommarco, arcivescovo
emerito di Gorizia, chiede al padre Apollonio Tottoli e al giornalista
Ivo Jevnikar di ricomporre l'immagine di Cortese, con i frammenti raccolti tra
i familiari, gli amici e collaboratori dell'eroico frate e nei faldoni degli archivi.
La biografia (prima edizione: gennaio 2001) permetterà di aprire a Trieste il
processo di beatificazione, dal quale arrivano a Roma volumi e volumi di testimomanze.
Intanto il suo nome comincia a occhieggiare nei monumenti a lui dedicati in
Italia, Slovenia e Croazia. Anche nel Giardino dei Giusti del Mondo a Padova,
ilS ottobre 2008, è stato piantato un ciliegio in sua memoria.
Gli amici del padre Placido hanno messo insieme queste quattro pagine. Nessuno
ha commissionato il lavoro, che viene presentato in veste povera e semplice,
come la corrispondenza che, grazie anche al nostro frate, arrivava e partiva dal
campo di internamento di Chiesanuova.
Don Alberto Celeghin
Rettore del Tempio
dell'Internato Ignoto
9

Franco Biasia
UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO
PER INTERNATI CIVILI SLOVENI
E CROATI IN CHIESANUOVA DI PADOVA
13

Un campo di concentramento per internati civili
sloveni e croati in Chiesanuova di Padova
La storia dell'occupazione fascista della Jugoslavia rimane avvolta da
silenzi e rimozioni. Le poche opere reperibili nella storiografia italiana
sulle guerre di aggressione fasciste trattano nel modo peggiore la deportazione
e l'internamento dei civili quando non li passano del tutto sotto
silenzio, salvo recenti pubblicazioni di A. Kersevan, C.S . Capogreco, T.
Ferenc, D. Rodogno, D. Conti, F. Scattolin, M. Trinca, A. Manesso.
In Jugoslavia il soldato italiano" oltre che quello del normale combattente,
ha svolto anche il ruolo dell'aguzzino facendo ricorso non di rado a
metodi tipicamente nazisti quali l'incendio dei villaggi, la fucilazione di
ostaggi e la deportazione in massa di civili in campi di concentramento.
Non c'è dubbio che la mancanza di una "Norimberga italiana" sia stata
determinante nel far sì che le nostre responsabilità restassero estranee
al nostro bagaglio culturale e in buona parte al campo della storiografia
nazionale. Più di 800 italiani, tra civili e militari, sono stati denunciati
per crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale, alla
World Crimes Commission della Società delle Nazioni Unite. Se c'è una
questione di cui la Repubblica deve farsi carico, è il non aver mai fatto
entrare nella propria memoria collettiva i crimini di guerra di cui l'Italia
monarchico-fascista si è macchiata in Jugoslavia, e il non aver mai processato
alti ufficiali e gerarchi del regime fascista che emanarono ordini
criminali di rappresaglia contro la popolazione civile. (Dichiarazione-appello,
marzo 1998, di 400 storici e non addetti ai lavori italiani in seguito
all'incontro a Trieste tra Luciano Violante e Gianfranco Fini, 14 marzo
1998.)
Il comportamento duramente repressivo delle truppe italiane in Jugoslavia
non può essere compreso pienamente se non considerando la ventennale
politica di violenza messa in atto dal "fascismo di frontiera" nei
confronti di Sloveni e Croati in Italia (circa 500.000 persone); fu sempre
violata infatti la loro minima dignità culturale tanto che lo storico triestino
Elio Apih ha definito questa politica "genocidio culturale".
Proprio nei provvedimenti di snazionalizzazione, dispersione e confino
che avevano colpito duramente gli "allogeni slavi" della Venezia Giulia
15

..
possono cogliersi gli antecedenti dell' occupazione militare violenta ed
esplicitamente razzista avviata in Jugoslavia nell'aprile 1941. Un vecchio
proposito fascista che oggi potremmo definire di "pulizia etnica", fu
che in Slovenia allora si pensò di realizzare attraverso la semplice sostituzione
delle popolazioni autoctone con "coloni italiani" provenienti da
altre province del Regno d'Italia. L'attacco al Regno di Jugoslavia iniziò
domenica 6 aprile 1941, quando le truppe italiane e tedesche (B ulgari e
Ungheresi si sarebbero aggregati alcuni giorni dopo) senza alcuna preventiva
dichiarazione di guerra, violarono le frontiere di uno stato sovrano.
Dopo lo sfaldamento della monarchia dei Karadjordjevié, capitolata
il 17 aprile, la Slovenia invasa venne smembrata secondo il volere di
Hitler con una ripartizione che diede a Mussolini le nuove "province italiane"
di Lubiana e inoltre Spalato e Cattaro, l'ingrandimento di quelle di
Fiume e Zara, l'occupazione de] Montenegro, l'annessione del Kosovo.
Dopo la disfatta rapida dell'esercito jugoslavo, non tardarono a costituirsi
i due poli di quello che sarebbe divenuto il più combattivo ed eroico
fronte di resistenza dell'Europa occupata: da un lato l'esercito di liberazione
facente capo al partito comunista di Tito, dall'altro il movimento
cetnico di Dragoljub Mihailovié.
La Slovenia venne dunque divisa in 3 zone d'occupazione, la tedesca,
l'ungherese e l'italiana (4.550 Kmq con una popolazione di 340.000 abitanti
ai quali si aggiunsero 17.000 profughi dalla zona d'occupazione
tedesca). Il 3 maggio 1941 questo territorio venne dichiarato Provincia
di Lubiana, in violazione del diritto internazionale, e annessa al Regno
d'Italia. Dopo l'avvio morbido gli Italiani passarono ad un regime di occupazione
che, quanto ad atrocità, non sarebbe stato secondo a nessuno.
Nell'autunno 1941 l'attività dei partigiani jugoslavi assumeva ormai
basi di massa con azioni realmente incisive. In Slovenia il comandante
dell'XI Corpo d'armata generale Mario Robotti richiedeva misure pronte
ed energiche, addebitando alle autorità civili fasciste italiane (all'Alto
commissario per la provincia di Lubiana Emilio Grazioli) la responsabilità
della mancata normalizzazione e fascistizzazione del territorio sloveno
riuscendo infine ad ottenere dal governo centrale di Mussolini una smisurata
possibilità di intervento a "difesa dell' ordine pubblico".
Nel gennaio 1942 per l'intensificarsi della lotta partigiana al comando
della Seconda Armata italiana (dislocata in Slovenia e in Dalmazia) ven-
17

ne designato il gen. Mario Roatta, ritenuto tra gli alti ufficiali come il più
sensibile e preparato alla lotta anticomunista. Nella famigerata Circolare
3C del 1. marzo 1942 che rappresenta un salto nevralgico nella politica
fascista italiana di occupazione, Roatta delineò la summa tattico operativa
del comportamento delle truppe fasciste e dell'atteggiamento da
tenere verso le popolazioni sottomesse. Nella Circolare 3C si prevedeva
una feroce legge del taglione: "Non dente per dente, ma testa per dente".
Questa Circolare 3C sarebbe stata la principale causa in base alla quale
nel dopoguerra la Jugoslavia pretese dall'Italia l'estradizione di Roatta
come criminale di guerra. Alla testa dei servizi di informazione militari
(SIM) dell'esercito fascista italiano dal 1934 Mario Roatta è stato tra
i principali collaboratori di Mussolini nella spietata lotta tesa a colpire
l'antifascismo internazionale (assassinio di Carlo e Nello Rosselli nel
1937 in Francia).
In Slovenia e nel Fiumano il potere dei militari divenne assoluto. Alla
repressione affidata da Mussolini all'esercito per "la difesa dell'ordine
pubblico" presero parte 65.000 soldati con il ricorso frequente all'accoppiata
incendio-distruzione dei villaggi/deportazione degli abitanti,
determinando lo spopolamento di intere zone abitate (vedi: don Pietro
Brignoli, Santa messa per i miei fucilati. Le spietate rappresaglie italiane
contro i partigiani in Croazia dal diario di un cappellano, ed. Longanesi,
Milano 1973).
Il lO giugno 1941 Mussolini aveva affermato che quando l'etnia non
va d'accordo con la geografia, è l'etnia che deve muoversi e che quindi
scambi di popolazioni e l'esodo di parti di esse sono provvidenziali
perché portano a far coincidere i confini politici con quelli razziali; e
così Mario Robotti il 2 agosto 1942 a Koèevje affermava: "Le autorità
superiori non sono aliene dall'internare tutti gli Sloveni e mettere alloro
posto degli Italiani, in altre parole far coincidere i confini razziali con
quelli politici", mentre il triestino Aldo Vidussoni, segretario del Partito
nazionale fascista, secondo quanto scritto da Galeazzo Ciano nei suoi
diari, nei confronti degli Sloveni espresse propositi di sterminio totale.
Furono decine di migliaia i cittadini jugoslavi che, senza alcuna plausibile
imputazione se non quella di essere sospetti, vennero strappati alle loro
case, alloro lavoro, depredati, saccheggiati e deportati in enormi campi
di tende e/o baracche, dispersi in tutto il territorio italiano.
19

E' stato accertato da parte della Commissione d'indagine jugoslava un
numero complessivo di 110.000 civili internati. In questi campi fascisti,
detti anche campi del duce, per la carenza di cibo, il freddo e le pessime
condizioni igienico-sanitarie, la situazione dei reclusi fu in genere
terribile con indici di mortalità elevati. Si pensi al "campo della morte"
dell'isola di Rab/Arbe ove morirono di stenti 1.465 persone, una mortalità
superiore a quella dellager nazista di Buchenwald.
n nunzio papale presso la corte d'Italia mons. Francesco Borgongini
Duca che visitò quasi tutti i campi d'internamento della penisola non
fece il giro al campo di Arbe. Lo fece invece il vescovo di VeglialKrk
Giuseppe Srebrnic che riferì: "Ad Arbe, nel territorio della mia diocesi,
ove all'inizio del mese di luglio '41 si aprì un campo di concentramento
nelle condizioni più miserabili che si possono immaginare, morirono
fino all'aprile '42 più di 1.200 internati, ma la cifra secondo le testimonianze
degli addetti alle fosse di sepoltura parlavano di una cifra di oltre
3.000 persone. Particolarmente grave fu la condizione delle partorienti
che spesso diedero alla luce bimbi già morti."
In questa contingenza storica scellerata e densa di scempi l'intendenza
della II Armata nel giugno 1942 istituisce il campo di concentramento
per soli uomini di Chiesanuova in una caserma di artiglieria costruita
da poco, inaugurata nel gennaio 1941 dal ministro della guerra generale
Ugo Cavallero e dal generale Valle, il progettista, su un'area di 25 ettari.
Sarà uno dei 120 campi fascisti d'internamento istituiti dalla dittatura
di Mussolini. La caserma è stata nel dopoguerra dedicata a Mario Romagnoli,
medaglia d'oro, ucciso a Cefalonia dai nazisti per aver rivolto
l'artiglieria contro di loro.n campo disponeva di 6 grandi padiglioni in
muratura, di lO locali minori ed era circondato da un muro perimetrale
alto 4 metri, con ai 4 angoli garitte per le sentinelle.
Nell'agosto '42, comandante il colonnello dei regi carabinieri Dante Caporali,
il campo che era pianificato per 5.500 internati, riceve la prima
coorte di 1.429 deportati provenienti dal campo di Monigo, scaricati alla
stazione di Campo di Marte e scortati a piedi fino alla caserma. Erano
Sloveni e Croati: contadini, braccianti, boscaioli, operai, artigiani , studenti.
n loro numero salì progressivamente fino a 3.410 nel luglio '43.
Su un totale di internati civili nei campi di concentramento fascisti di
32.200 unità ne passarono per Chiesanuova circa 10.500. Nell'autunno
21

Il tenente colonnello dei regi carabinieri Dante Caporali (al centro) di
fronte al vescovo di Padova Carlo Agostini all'ingresso del campo di
. Chiesanuova

'42 accolse anche ufficiali, sottoufficiali e soldati dello sfaldato esercito
regio jugoslavo provenienti dallager fascista di Gonars. Questi internati
venivano spesso spostati, con destinazione segreta, al campo di Renicci
(Arezzo), isola di Rab/Arbe e altri campi sul territorio italiano. Immediatamente
si posero gravi problemi di cibo" vestiario, pacchi, posta, assistenza
sanitaria e religiosa; il problema più grave fu sempre il cibo e
ovunque la fame.
Gli internati civili erano suddivisi in repressi vi , sospetti di essere favorevoli
al movimento di liberazione jugoslavo e/o comunisti e quindi dichiarati
banditi e briganti dalla disinformazione fascista, come è avvenuto a
Chiesanuova, e protettivi che richiedevano l'internamento da anticomunisti
e potevano essere bersaglio di rappresaglie in patria.
Per i problemi della fame ricordati anche da alcune testimonianze di anziani
di Chiesanuova e dal parroco locale don Ettore Silvestri gli internati
crearono due associazioni: il Mutuo Soccorso che riceveva fondi dal
Vaticano, dai vescovadi di Lubiana, Gorizia e Padova e l'Actio Socialis
di tendenza comunista, organismi che suddividevano parte dei pacchi tra
gli internati che ne avevano più bisogno (era una goccia nell'oceano!).
A queste raccolte di cibo e denaro contribuirono in modo sostanziale fra'
Placido Cortese del Messaggero di Sant' Antonio e 3 studentesse universitarie
slovene, oltre al cappellano del campo fra' Atanasio Cociani.
A proposito della fame c'è un drammatico rapporto sanitario (15 gennaio
1943) di 14 ufficiali medici sloveni prigionieri sulle condizioni precarie
di molti internati civili. "Dei 3.115, 1.500 sono quelli che non ricevono
nessun aiuto da casa, 101 a causa del completo esaurimento non possono
più reggersi in piedi, 338 quelli che mostrano segni evidenti di affamamento,
529 quelli che presentano segni latenti di affamamento; sino ad
oggi sono morti 31, la grande maggioranza a causa della fame. Qui non
sono calcolati i 300 arrivati in questi giorni da Arbe i quali si trovano
ancora in uno stato più pietoso. Segni evidenti di affamamento si manifestano
nella scomparsa totale di forze fisiche e nella comparsa di un
edema fortissimo che la mattina si presenta alla faccia, di giorno migra
alle estremità (gambe). A causa dell'edema degli organi interni, specialmente
dei reni e dell'intestino, abbiamo numerosi casi di albuminuria
e diarrea ... Elenchiamo i dati di insufficienza qualitativa e quantitativa
della razione del campo: secondo la tabella spetta a ogni internato gior-
23

nalmente una razione che contiene nei giorni senza carne 890 calorie e
nei giorni con carne 920 calorie senza sottrarre i rifiuti, cosicchè il valore
effettivo in calorie è ancora minore. Un uomo adulto normale necessita
secondo la scienza medica di 2.200 calorie. Perciò risulta che gli mancano
giornalmente 1.300 calorie oppure che riceve solo il 40% delle calorie
necessarie ... Oltretutto è subentrato un inverno rigoroso, le stanze
sono fredde e umide. In queste condizioni il consumo calorico è ancora
più forte. Riteniamo che lasciando le cose come sono significherebbe
sacrificare centinaia di internati. Preghiamo il signor comandante di intraprendere
tutte le misure per un aiuto urgente perché in caso contrario
sarà troppo tardi ... "
Anche il nunzio papale Francesco Borgongini Duca nel corso di una visita
all'interno della caserma di Chiesanuova fu duramente contestato da
internati che chiedevano "pane, pane, pane".
Durante l'inverno moltto rigido del 1942-43 gli internati trascorrevano
le giornate nei cameroni rannicchiati l'uno accanto all'altro sui letti a
castello, per difendersi dal freddo.In seguito all'armistizio (8 settembre
1943) gli internati più politicizzati predisposero un piano, non riuscito,
con l'obbiettivo di impossessarsi delle armi dei soldati per assumere il
controllo del campo. Il lO settembre' 43 la struttura venne occupata dai
nazisti che in seguito, con due convogli ferroviari, trasferirono gli internati
a Zagabria via Brennero-Vienna. Di loro alcuni vennero arruolati
nelle milizie anticomuniste (domobranci) altri invece furono rilasciati.
Dei 72 internati civili deceduti a Chiesanuova sono da ricordare: il primo
morto Anton Troha di anni 42 di Goraca morto il21 ottobre 1942 e l'ultimo
Milenko Erega di anni 28 ucciso l' 11 settembre 1943 da una fucilata
alla testa di una sentinella nazista mentre tentava la fuga con altri 4 compagni.
(Dati derivanti da un controllo completo delle schede di sepoltura
dell' Archivio del comune di Padova.)
E' infine da ricordare un illustre superstite del campo di Chiesanuova,
l'accademico filosofo dottor Anton Vratusa che è passato attraverso 5
campi, dalla caserma dei Belgi di Lubiana a Gonars, Monigo, Chiesanuova
e infine l'isola di Rab/Arbe ove partecipò alla liberazione 1'8 settembre
'43. Il dottor Vratusa fu responsabile, dall'ottobre '43 all'ottobre
'44, del collegamento tra movimento di liberazione sloveno e il CLNAI
(Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia).
25

Apollonio Tottoli
PADRE PLACIDO CORTESE
MARTIRE DELLA CARITÀ
27

Padre Placido Cortese martire della carità
Una lapide ricorda
Si chiama Chiostro della Magnolia il cortile che accoglie lo sciame dei
pellegrini all'uscita della Basilica del Santo a Padova. La magnolia è
l'antico albero gigante fermo lì nel mezzo a contemplare la vita che ondeggia
ai suoi piedi.
La marea dei fedeli, quando lascia la chiesa, lambisce ogni angolo del
chiostro: gli uffici del Messaggero di Sant' Antonio assicurano le comunicazioni
irradiate dalle riviste in tutto il mondo; il negozio degli oggetti
religiosi offre un piccolo ricordo personale, e quelle celle allineate nella
penombra permettono di parlare con il confessore.
Vicino all'ingresso del negozio posano il busto di bronzo di un frate e
una scritta:
Padre Placido Cortese
(1907 - 1944)
Frate Minore Conventuale
Martire della carità.
Qui fu tradito da finti amici
e consegnato alla barbarie nazista.
Un nome, una data e la vita di un sacerdote francescano così riassunta:
carità e amicizia contro tradimento e barbarie, fino al martirio.
L'interesse dei passanti non sembra eccessivo di fronte a questo monumento,
come se il ricordo di ieri fosse qualcosa di superfluo. Eppure
camminiamo nell' ancor giovane bosco del dopoguerra e certi frutti che
oggi assaporiamo, quali la libertà e la pace, non possono essere separati
dall'humus che li ha generati e dalla linfa che li ha nutriti.
29

Due etnie in tensione
La vita di Placido Cortese (Nicolò è il suo nome di battesimo) si colloca
in un ambiente e in un momento tra i più tragici della storia. A osservarla
bene, essa sembra l'umile e splendido fiore, sbocciato sulle macerie della
prima guerra mondiale, per dire che la vita continua.
Nasce nell'isola di Cherso (Istria) il 7 marzo 1907; giusto in tempo per
osservare il momento di agitazione che scosse l'isola nell'ottobre 1918,
al crollo dell' impero austro-ungarico: per alcuni giorni croati e italiani si
contesero il predominio delle proprie insegne; poi prevalse la bandiera
italiana.
Così, nuove facce e nuove voci apparvero nella pubblica amministrazione,
nella scuola e, pochi mesi dopo, anche nella Chiesa di S. Francesco,
dove i frati giunti dall'Italia sostituirono quelli croati. Ma Nicolò con la
sua banda di coetanei continuano le incursioni allegre presso il convento,
e parlano la lingua internazionale del!' amicizia, che solo i ragazzi conoscono.
Vocazione francescana
Poi, il 22 ottobre 1920, entra nel seminario dei Frati Minori Conventuali
a Camposampiero (PD). Il giorno dopo scrive alla famiglia, iniziando
così la stesura di una preziosa autobiografia epistolare che curerà con
fedeltà fino al suo martirio. Essa è arrivata miracolosamente fino a noi
attraverso la sorella Nina, che l'ha raccolta in un gran fascio di lettere
gelosamente custodite. Così possiamo seguire giorno per giorno la breve
vita del nostro frate.
Nell'ottobre 1923 veste l'abito religioso, assume il nome di Placido e inizia
il noviziato presso la Basilica di Sant' Antonio a Padova. Si consacra
al Signore nella professione religiosa (lO ottobre 1924), con tanto fervore
da esclamare: "La Religione è un peso che non ci si stanca mai di portare
ma che sempre più innamora l'anima verso maggiori sacrifici, fino anche
a dare la vita per la difesa della fede e della Religione Cristiana, fino a
morire tra i tormenti come i martiri del Cristianesimo in terre lontane e
straniere" (Padova, 7 ottobre 1924).
Terminati gli studi umanistici, approda a Roma per la teologia, che PIa-
31

cido associa all'esplorazione costante della Città, attratto specialmente
dalle catacombe e dalle memorie dei martiri.
Dopo l'ordinazione sacerdotale (6 giugno 1930), svolgerà il suo apostolato
nella Basilica del Santo e , dal dicembre 1933, nella parrocchia di
Viale Corsica a Milano.
Nel febbraio 1937 viene richiamato a Padova come direttore del Messaggero
di Sant'Antonio, opera editoriale molto preziosa in quegli anni di
obnubilamento della cultura per il quasi totale asservimento della stampa
al regime. Con grande zelo e abilità porta gli abbonati da 200.000 a
800.000.
Angelo di carità nella "Piccola Jugoslavia di Chiesanuova"
Ma l'interesse maggiore del padre Placido è costituito dal ministero sacerdotale
in Basilica e dalla carità. Questa si estende dal mendicante agli
internati nei campi di concentramento, prigionieri per lo più sloveni, deportati
in seguito all'occupazione italiana di una parte della Iugoslavia
dopo il6 aprile 1941 e ai conseguenti movimenti di resistenza.
Quando in Slovenia, nel maggio 1942, nascono le Vaske straze (Guardie
dei villaggi) in opposizione all'Osvobodilna fronta (Fronte di liberazione,
monopolizzato dai comunisti), divampa una cruenta guerra civile.
Questo clima di violenze e repressioni favorisce le deportazioni nei campi
di internamento italiani e l'espatrio di vari giovani, i quali, per sottrarsi
al dramma di un conflitto quotidiano, vengono in Italia, dove studiano
all ' università, con preferenza a Padova, specialmente per la facoltà di
medicina.
Il luogo di internamento di maggiori dimensioni è quello di Arbe/Rab,
sottoposto all'Intendenza della II Armata ("Supersloda": Comando Superiore
Slovenia Dalmazia), dalla quale dipendono cinque campi: Gonàrs
(Udine), Visco (Udine), Monigo a Treviso, Chiesanuova a Padova e Renicci
di Anghiari (Arezzo).
Per aiutare gli internati di Chiesanuova tre universitarie slovene della
facoltà di medicina fanno ricorso al padre Placido. Sono Marija Slapsak,
malata di tisi, morta prima della fine della guerra, che trascorreva il tempo
tra lo studio e l'aiuto agli internati; Majda Mazovec, la quale si è
trovata, con paura, a trasportare da Ljubljana a Padova valige piene di
33

anconote, pacchetti di viveri e lettere per gli internati, e viene incoraggiata
dal padre Cortese; Marija Ujcié, la quale ricorderà il nostro frate
che entrava nel campo di internamento trainando con la bicicletta un carrettino
carico.
La candida e eroica carità cristiana di quelle tre ragazze colpisce Placido
e lo mette in crisi. Come ricorderà l'amico Vojko Arko, egli era convinto
che gli internati fossero tutti partigiani comunisti; aveva sempre in mente
le atrocità della recente guerra di Spagna, mentre dall 'Est gli giungevano
in redazione al Messaggero di Sant' Antonio continue notizie degli orrori
perpetrati dai comunisti contro i cristiani.
Quando, dopo avere pregato e riflettuto tutta la notte, accoglie la richiesta
di aiuto di quelle tre universitarie, forse non si rende conto che sta accendendo
quel fuoco ricevuto nel battesimo e nella consacrazione religiosa,
la cui fiamma continuerà a divampare fino al martirio.
Frate Placido si immerge così nel mondo dei campi di concentramento,
definito "il peggiore marchio di infamia del secolo XX". Dai piccoli aiuti
che egli portava a Chiesanuova nascosti sotto il saio francescano, la sua
attività si amplia in una rete che coinvolge anche i campi di Gonàrs, Monigo
e Renicci. È sostenuto da mons. Francesco Borgongini Duca (nunzio
apostolico in Italia e delegato pontificio della Basilica di Sant' Antonio a
Padova), dall'opera Pane dei Poveri del Santo, dai vescovi di Padova, di
Ljubljana, di Gorizia e di Treviso. Non si spaventa neppure quando, accompagnando
il nunzio apostolico in visita agli internati, passa attraverso
un coro di insulti contro il papa e contro Dio.
Uno squarcio di luce sull'orizzonte inquieto dei campi di concentramento
ci è offerto dalla "Piccola Jugoslavia di Chiesanuova", come la definisce
l'ex internato Stanko Kociper, il quale parla di una vivace attività caritativa
tra quelle baracche.
Varie descrizioni ci permettono di osservare l'opera dell'amore cristiano
alla quale lavorò soprattutto il padre Placido. Il nunzio apostolico, nella
sua relazione al segretario di stato vaticano cardinal Luigi Maglione,
parla della sua visita a Chiesanuova il 14 febbraio 1943, della situazione
osservata nell'ambiente, dell'aiuto economico lasciato a nome del papa.
Il frate francescano padre Fortunat Zorman, che è arrivato a Chiesanuova
il 27 ottobre 1942 e vi rimane per alcuni mesi, aiuta come catechista, ma
lavora con passione anche a nutrire fisicamente gli internati. Egli riferi-
35

, .
Visita a Chiesanuova del vescovo di Padova Mons. Carlo Agostini. Nella
foto , da sinistra: il cappellano Padre Cristiano Cociani e il comandante
del campo Ten. Col. dei Carabinieri Dante Caporali
36

sce di una singolare iniziativa caritativa interna volta all' aiuto imparziale
a tutti i più deboli.
Il cappellano militare padre Atanasio Cociani (Cristiano è il suo nome
di battesimo; KocjanCic, il suo cognome sloveno), che viene accusato di
simpatizzare per i comunisti, nella sua dichiarazione a monsignor Carlo
Rusticoni, ordinario militare generale (27 febbraio 1943) descrive dettagliatamente
l'opera caritati va da lui sostenuta.
Ovviamente il dissidio civile della Slovenia si riproduce aspro nel recinto
del campo. I comunisti organizzano la Socialna akcija (Actio socialis),
che avrebbe dovuto distribuire equamente il contenuto dei pacchi personali
provenienti dalla patria. In realtà ci si accorge presto che viene
attuata una evidente sperequazione di stampo vistosamente ideologico.
A questo punto i frati francescani Zorman, Cociani e Cortese costituiscono
la Samopomoc, che Cociani nel suo rapporto traduce con Sussidio
caritatevole, o Mutuo soccorso: un'opera, volta a tutti senza distinzioni
ideologiche.
Come fosse possibile provvedere l'enorme quantitativo di viveri e vestiario
lo spiega lo stesso Cociani: la carità del papa (attraverso il nunzio
apostolico), i vescovi di Ljubljana, Gorizia e Padova, la Basilica di
Sant' Antonio (Il Pane dei Poveri). Lo stesso comandante del campo Dante
Caporali contribuisce con le proprie offerte.
Il 27 marzo 1943 il padre Fortunat Zorman invita il Vescovo di Ljubljana
Mons. Gregorij Rozman a esprimere la riconoscenza degli sloveni al
padre Cortese: "Dalla presente relazione risulta che l'opera svolta dal P.
Cortese è sovrumana. Possiamo dire che lavora letteralmente giorno e
notte per gli internati sloveni. Dubito che qualche sloveno possa gareggiare
con lui quanto all'aiuto dei più derelitti. Con il suo operare dimostra
quanto generosa sia la vera carità cristiana. E con quale gioia fa tutto
questo! È necessario dargli in qualsiasi modo un chiaro segno di riconoscenza"
.
Il Vescovo di Ljubljana, il 4 giugno 1943 invia al padre Placido una lettera,
nella quale afferma: "Ho ricevuto una comunicazione sull'attività
di soccorso nel campo di concentramento, dove si trovano in gran parte i
fedeli della Diocesi di Lubiana. In questa relazione risplende con il massimo
fulgore l'opera vostra, così piena di amore disinteressatissimo e di
enormi sacrifici, tanto che non trovo parole adatte per esprimervi la mia
37

sentita riconoscenza ( ... )".
Senz'altro S. Antonio in tanti secoli di storia a Padova non ha mai visto
una scena più evangelica di questa: tre suoi confratelli francescani, che si
dedicano insieme a salvare gli oppressi, come faceva lui stesso nel Duecento,
quando difendeva i poveri contro i potenti.
La fuga disperata
Poi i tre fraticelli vengono dispersi. Dopo l'armistizio dell'8 settembre
1943 (la resa incondizionata dell'Italia agli alleati), i carri blindati fanno
irruzione del campo di Chiesanuova e le truppe tedesche assumono il
servizio di vigilanza. L'ambiente è dominato dalla confusione, mancano
acqua e luce, i recinti si fanno evanescenti e sembrano contorcersi e
lacerarsi sotto la gragnuola di ombre in fuga. Diverse guardie sono più
spaventate dei detenuti, e insieme cercano una via di scampo. Simile scenario
occupa tutti i campi di concentramento italiani.
Peggiore è però la situazione degli ebrei. La conferenza di Wannsee (20
gennaio 1942), che ha deciso la soluzione finale, ha fatto sorgere i campi
di sterminio (tra i principali: Treblinka, Sobibor, Chelmno, Majdanek,
Belzec e Auschwitz), dai quali si diramano tentacoli di morte in tutta
l'Europa occupata dalla Germania: sono i treni piombati che trasportano
le vittime nelle camere a gas e nei forni crematori.
Molti ebrei si rifugiano in Italia, nella speranza di emigrare oltreoceano.
Ma in seguito all'armistizio, con l'occupazione tedesca di mezza Italia,
la situazione si fa drammatica. Tra il 16 e il 18 ottobre più di mille ebrei
romani vengono trasportati a Auschwitz.
A Padova il nostro eroico frate è gravato ora da una attività che possiamo
definire sovrumana, se si pensa che la sua opera caritativa si affianca al
suo lavoro ordinario di direttore del Messaggero di Sant'Antonio e al
ministero in Basilica del Santo.
Per coloro che vogliono espatriare si organizza una trafila di servizi
clandestini, con accompagnatori, che in genere sono frati o signorine
dell' Azione Cattolica. Da Padova la via per la Svizzera passa da Milano,
tramite padre Cortese, padre Carlo Varischi e il prof. Ezio Franceschini
dell'Università Cattolica. La collaborazione tra Concetto Marchesi
all 'Università di Padova e Franceschini all'Università Cattolica fa nasce-
39

e l'organizzazione FRA-MA.
Don Mario Zanin, che lavorò sotto la direzione di Placido dall'armistizio
fino al 5 dicembre 1943, dichiarerà alla Commissione Alleata di Indagine:
"Padre Cortese era il corpo e l'anima dell' organizzazione di assistenza"
("was the body and soul": vedi nota n° 3). Tra le numerose persone
che operavano in questa rete di salvezza particolare rilievo ebbero le sorelle
Martini (Teresa, Lidia, Liliana), Milena Zambon e Maria Borgato.
La concitazione della fuga è bene raffigurata nell' ormai nota testimonianza
del cappuccino padre Carlo Variscru, assistente ecclesiastico dell'Associazione
"Ludovico Necchi" presso l'Università Cattolica: «Ricordo
la giornata drammatica dell'8 dicembre 1943. Mentre dovevo seguire
l'Assemblea della "Neccru" all'Università, mi piombavano da Padova
sei o sette comitive di ebrei, terrorizzati per la caccia delle SS tedesche,
indirizzati a me da quel sant'uomo di padre Cortese dei Conventuali della
Basilica del Santo»!.
Il padre Cortese si trova contemporaneamente a proteggere la fuga degli
ebrei, dei soldati che lasciano l'esercito, dei civili e militari alleati evasi
dai campi di concentramento 2 . Come sempre, il frate rivolge la sua opera
di soccorso in tutte le direzioni, senza differenze ideologiche o politiche,
tanto che i salvati ricorderanno: "era il pastore delle nostre catacombe"3.
Ivo Gregorc, che incontrò Cortese nell'estate 1944, ripete anche oggi:
"Sono sicuro che quell' angelico fraticello, se avesse trovato un tedesco
in difficoltà, avrebbe aiutato anche lui!".
Placido, uomo giusto, il cui amore ignora confini etnici, religiosi, ideologici.
In suo ricordo è stato piantato un ciliegio nel Giardino dei Giusti del
Mondo, a Padova, il5 ottobre 2008.
Rapimento torture e morte
In questa straordinaria e pericolosa attività caritativa il padre Placido Cortese
si trova ad agire sempre più in solitudine, nell'ansia di chi non può
spiegare alla comunità la sua opera (conosciuta solo dal suo superiore
maggiore, il padre provinciale Andrea Eccher). Si aggiunge l'angoscia di
una morsa nemica che va stringendosi attorno a lui. Alcuni suoi collaboratori
scompaiono; si verificano strane visite nel chiostro e un'incursione
della Gestapo dentro il convento. NeWestate 1944 Padova è diventata
41

un inferno tra esecuzioni capitali e rastrellamenti. Eppure, nell 'eroismo
della carità cristiana, questo frate si muove con la semplicità di una colomba,
dimenticando la prudenza del serpente suggerita da Gesù.
L'8 ottobre 1944 è rapito da due agenti delle SS tedesche. Con l'inganno
viene fatto uscire dal Chiostro della Magnolia (il territorio della Basilica
di S. Antonio in Padova godeva di extraterritorialità dal 18 ottobre 1943)
e caricato a forza su un'auto alla volta di Trieste.
Il Rettore della Basilica, P. Lino Brentari denuncia alla Questura la scomparsa
del frate: "Il sottoscritto p. rettore della Pontificia Basilica del Santo
fa presente a codesta Spett. Questura che dalle prime ore del pomeriggio
di ieri per cause del tutte ignote risulta assente dal nostro Convento
del Santo il Padre Placido Cortese, religioso sacerdote del nostro Ordine.
Debbo precisare che verso le ore 13 di ieri due sconosciuti chiesero del
suddetto padre con rozza insistenza. Circa i connotati di quegli individui
posso dire che uno era media statura, faccia piena, carnagione bruna e
giacca marrone oscuro. L'altro che si teneva in disparte, slanciato, magro
e senza il braccio destro, con un impermeabile ... " (Padova, 9 ottobre
1944).
Ma Trieste è la capitale dell' Adriatisches Ki..istenland (Litorale Adriatico),
territorio annesso di fatto al Reich. Nel bunker di Piazza Oberdan,
sede della Gestapo, si consuma la passione e la morte del padre Cortese,
che viene eliminato, dopo lunghe e atroci torture, nella prima metà di
novembre.
Nel dopoguerra arrivano in suo onore riconoscimenti dagli Alleati e dalla
Cecoslovacchia. Nei libri che documentano il dramma di quegli anni il
nome di Placido Cortese sfavilla continuamente come lucerna di amore e
di pace, ma non emergono dati precisi sulla sua fine.
L'eco del martire
Il 19 aprile 1995, a Padova, mentre si celebra una commemorazione nella
Chiesa di S. Francesco, la signora Adele Lapanje racconta di avere
ascoltato il frate poco prima del martirio: "La voce di P. Placido che ci
perveniva da quella cella era un filo, stentato, pieno di sofferenza. Era
sottoposto, disse, a torture giornaliere. Si capiva che era molto provato,
quasi allo stremo. Una settimana circa dopo, per mezzo del tam tam car-
42

cerario, sono stato informata che padre Cortese era appena morto sotto
tortura, senza che fossero riusciti a fargli dire i nomi dei suoi collaboratori.
Il suo corpo è finito probabilmente al forno crematorio della Risiera".
Presto si aggiungono le testimonianze dei compagni di prigionia sopravvissuti,
che lo hanno visto ridotto a una larva umana dalle torture.
Janez Ivo Gregorc afferma: "Padre Cortese era letteralmente massacrato,
era stato bastonato, picchiato, col vestito lacerato, colla faccia insanguinata.
Ancora oggi vedo vive davanti ai miei occhi le sue mani deformate,
giunte come in preghiera. Ci siamo riconosciuti: lui poi mi infondeva
coraggio, perché rimanessi costante, confidando in Dio e che non tradissi
nessuno C .. . ) . Il pittore Anton Zoran Music mi raccontava delle torture
subite da padre Cortese e della fame: gli spezzavano le dita, ciò che ho
visto anch'io allorché ci eravamo incontrati nell'atrio di Zimmer. Music
mi raccontò pure che udiva sempre il padre pregare, a mezza voce; ciò
che lo colpì poi era la sua volontà, la fermezza e la fede del piccolo fragile
frate, che non si arrese e non tradì nulla".
Man mano che il martirio di Cortese si allontana nel tempo, i suoi personaggi
vanno spegnendosi. Anche Fritz Werdnik, il sottufficiale del controspionaggio
tedesco che ha rapito Cortese è morto il 4 marzo 2002 a
Salisburgo 4.
Sono vive ancora una decina di persone che hanno lavorato assieme
a Cortese nei momenti eroici della carità cristiana. Ad essi si è rivolta
la Nova-T di Torino per un DVD, edito dall'editrice Messaggero di
Sant' Antonio nel 2006.
Le testimonianze di altri sono nascoste nel viluppo dei faldoni d'archivio
, che sembrano illuminarsi ogni volta che mostrano il nome Cortese a
chi li setaccia con pazienza.
Il giornalista I vo Jevnikar fin da ragazzo sta esplorando gli archivi d'Europa
ed' America per ascoltare la voce di coloro che non è riuscito a
interrogare quando erano in vita. Così, all' Archivio Nazionale Britannico
di Kew Gardens a Londra ha trovato la testimonianza scritta del sergente
Ernest Charles Roland Barker, compagno di prigionia di Cortese a
Trieste; è un 'impressionante conferma di quanto ci avevano trasmesso
le voci che i torturatori non sono riusciti a soffocare: "lo stesso ho visto
molti prigionieri, croati, italiani e di altra nazionalità, che sono stati maltrattati,
hanno avuto le membra spezzate ed hanno ricevuto il cosiddetto
43

"trattamento elettrico" che ha spesso prodotto bruciature ed altre lesioni
del corpo. C'è stato in particolare un prete italiano, frate della chiesa di
S. Antonio a Padova, al quale avevano strappato le unghie, spezzato le
braccia, bruciato i capelli e che portava sul suo corpo i segni di ripetute
bastonate. Mi fu detto in seguito che gli avevano sparato"5.
Queste testimonianze che arrivano via via a Roma sono preziose per il
processo di beatificazione del Servo di Dio, che è iniziato a Trieste il 20
gennaio 2002 e si è concluso, a livello diocesano, il 15 ottobre 2003 alla
Risiera di San Sabba.
La casa costruita sulla roccia della fede
Di fronte alla figura di questo frate la prima impressione è di vedere impazzire
tutti i parametri e le coordinate della logica umana, proprio come
di fronte alle beatitudini evangeliche o alla croce.
Poi, contemplando attentamente l'intera vita del padre Placido, si percepisce
il senso della compiutezza di un'esistenza tutta donata. Sembra
di sentire le parole di Gesù in croce: "Consummatum est", "tutto è compiuto",
"ho donato tutto". È esattamente questo l'ultimo sussurro della
tenera fiaccola brutalmente soffocata dai nazisti.
Questa compiutezza spiega anzitutto la carica straordinaria di umanità
con la quale Placido fonde cuore e ragione. In questo frate trovi tutte
le componenti e i risvolti dell'animo umano vissuti e espressi con tanta
freschezza da farcelo sentire vicinissimo a noi. Dal velo di inquietudine e
timore che passa sul cielo del suo animo, al coraggio eroico. Dall'attenzione
al suo esile corpo, che Placido cura e vuole bello, alla impressionante
austerità nel cibo e nel vestire. Dall'affetto fedele e incondizionato,
alla ferita della solitudine e del tradimento.
Si può allora intuire come Placido, da una umanità così ricca, si sia inabissato
nel mistero di Cristo e della croce.
In noviziato Placido scriveva alla sorella Nina: "Il cuore è fatto per amare
( ... ) prega per me che io impari sempre più ad amare e servire il Signore"
(Padova, 16 aprile 1924). Si avverte in queste parole l'esperienza
dell' adolescente che ha intuito la bellezza dell' amore del Signore e vuole
lasciarsi guidare da questa nostalgia divina.
Leggendo le moltissime lettere scritte alla sorella, sua confidente spiri-
44

tuale, si nota una progressiva e dichiarata ricerca della perfezione, che
Placido identifica con l'amore, espresso nella preghiera, nel ministero
sacerdotale e nella carità.Preghiera: le testimonianze dei confratelli lo
dipingono in adorazione fino a tarda notte nella cappella del convento.
I compagni di prigionia lo ricordano in "continua sommessa preghiera".
Ministero: fedele nel ministero della riconciliazione, a chi gli ricordava
gli impegni editoriali rispondeva: "Prima sono sacerdote, poi direttore
del Messaggero di S. Antonio" .
Carità: quando passa dalla preghiera e dall'apostolato alla contemplazione
del Signore nel fratello che ha fame, ha sete, è forestiero, perseguitato,
nudo, malato, carcerato, Placido ri- mane smarrito: come soccorrere il
Signore in tutte queste situazioni? Sente quanto è arduo raggiungere la
perfezione nell'amore al prossimo.
Confidando a Nina la crescente mole delle proprie opere caritative osserva:
"È duro il programma di bene e di virtù che vogliamo e che dobbiamo
compiere ( ... ). E tu mi sproni e tu mi richiami alle promesse fatte, all'ideale
di perfezione che già avrei dovuto raggiungere" (Padova, 29 settembre
1942).Rimane per molti un mistero come questo frate esile e gracile,
poverissimo nel vitto e nel vestire, sia divenuto il porto di salvezza dei
sofferenti di Padova e dintorni, tanto da essere considerato il frate santo,
protettore dei profughi e dei perseguitati.
Tutta la vita del padre Cortese è percorsa dall'eroismo di quel martirio
che si consumerà poi in croce a Trieste, dove alcuni amici lo rivedono
come Gesù, sfinito dalle torture, con la schiena flagellata e le mani distrutte,
inchiodate tra loro in preghiera. Ha salvato tante persone, ora nessuno
può salvare lui; ha donato tutto, ora consegna le sue ultime parole:
"Prega e taci!".
I) A. L. CARLOTTI. Il memoriale di padre Carlo, fonte autentica per la storia della Cattolica nella Resistenza,
in "Vita e Pensiero", 58 (1975), p. 99.
2) Nell'agosto 1943 nei campi di internamento italiani c'erano circa 80.000 prigionieri alleati. Vedi R. AB­
SALOM,A strange alliance, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1991, p. 23.
3) Vedi A. TOTIOLI, P. Placido Cortese vittima del nazismo. Edizioni Messaggero. Padova 2002, pp. 127-
156. Sull'aiuto ai prigionieri alleati vedi: Allied Screening Commission , Confidential Report on investigation
made in Padova by Captain J. Litta (Claim N. 53032). Archivi di Maryland (USA). In questo documento, tra
l'altro, si afferma: "Padre Cortese diede tutto ciò che poté per l'assistenza ai prigionieri di guerra iugoslavi e
agli internati prima dell'armistizio e ai prigionieri di guerra alleati dopo l'armistizio".
4) Per il profilo biografico di questa misteriosa figura , vedi TOTTOLI, P. Placido Cortese. cit., pp. 170-172.
5) Affidavit di Barkerdel13 novembre 1945. TNA, WO 310/23.
45

Per saperne di più
Apollonio Tottoli, Padre Placido Cortese vittima del nazismo, Edizioni Messaggero Padova,
2002.
Paolo Damosso, Padre Placido Cortese. TI coraggio del silenzio, (libro e DVD), Edizioni Messaggero
Padova, 2006.
Il coraggio del silenzio. Padre Placido Cortese, (DVD con documentario di Paolo Damosso
ed extra in italiano, inglese, sloveno e croato), NOVA-T e Messaggero di Sant' Antonio, 2007,
(distribuito anche da Mladika, Via Donizetti 3,34133 Trieste, e-mai!: uprava@mladika.com).
Postulazione. Santuari Antoniani - 35012 CAMPOSAMPIERO E-mail: camposampiero@ppfmc.it
; ,

Appendice
IL DRAMMA DELLA FAMIGLIA CORTESE
IN ATTESA DI NOTIZIE
SULLA SCOMPARSA DI PLACIDO
FRAMMENTI DI CORRISPONDENZA
47

Una delle ultime lettere scritte dal padre Placido Cortese alla famiglia .
Come si vede dalla fotocopia della busta, la lettera è stata sottoposta a
censura.
PAXETBONUM
Padova,3 marzo 1944
Nina, almeno tu non mi rimproveri ma mi richiami e le tue parole sono
un ponte gettato nel vuoto tra anima ed anima. Piccole anime le nostre ma
atte a comprendersi. Benché breve il soggiorno e tristi la giornate pure ho
portato con me tanta dolcezza. Non cesserò di ringraziare il Signore che
m'ha donato una così buona sorella. Ora che sono qui quasi mi pento di
essere venuto via troppo presto, ma pensa che anche oggi, che sono uscito
dalle 4 alle 5, m'hanno cercato, nel breve spazio di un 'ora, sette persone,
anche il signore della Vittoria per il pacchetto che ritirerà domani.
Non ti voglio dire con questo che sono una persona importante, ma solo
che non sono più libero di me stesso e devo fare un po' di bene agli altri.
Se tu vuoi venire mi darai una mano e vedrai con i tuoi occhi che non
dico bugie. Ieri ho parlato con il Sig. Montesco direttore delle Ricevitorie
della Provo di Padova e mi ha detto che hanno assunto quattro o cinque
persone della Pro. di Pola (c'è circolare di assumerli anche se manca lavoro).
Venendo avresti dalle 850 alle 900 lire. Ma la nostra madre come
lascerebbe i due "palazzi", S. Francesco e i viaggi in pescheria?! Se altri
si metteranno in viaggio, non aspettate l'ultimo momento! Dirai che
lontano ho voglia di scherzare, ma cosa vuoi: posso sognare di giorno
(perché sarebbe un bel sogno vedervi qui) io che di notte dormo profondamente.
lo sono qui vivo e sano. Non ti dirò di quanti m'hanno chiesto come sta
la mamma e la sorella perché ti offenderesti ... Eppure è così, ma devo
ritornare a Cherso per vedere negli occhi se sei arrabbiata. Ma una buona
sorella non può avere questo peccato!
Con molto affetto ti abbraccio
Tuo Placido
49

La madre del padre Placido ,
Antonia Battaia

Lettera inviata dalla madre Antonia Battaia Cortese al ministro provinciale,
padre Andrea Eccher. Manca la data (probabilmente, primavera
1945); la minuta conservata è scritta in matita su un foglio della Cassa
Rurale ed Artigiana di Cherso.
Reverendo Padre, so di insistere un po' troppo, ma perdonerà ad una povera
madre che con ansia attende da tanto tempo notizie del figlio.
Vorrei sapere, anche se la notizia è cattiva, vorrei sapere la verità o almeno
vorrei essere a conoscenza di tutto ciò che è a vostra conoscenza. So
che pietosamente, per non avvilirmi maggiormente, avete sempre taciuto;
d'altronde in passato dissi che ho tutto il diritto di sapere e vi chiedo, ve
ne supplico, ditemi apertamente quanto sapete del mio povero figliuolo .
Quest'ansia, quest'attesa così prolungata, uccidono me e la figlia. Nel
nome del Signore, fatemi sapere tutta la verità, perdonando l'insistenza
di una madre. Sembra che un benedettino di Praglia abbia detto qualcosa
di mio figlio. Vi sarei gratissima se vorrete informarmene.
Con fervidi ossequi
Antonia Cortese
56

CURIA PROVINCIALE
DEI FRATI MINORI CONVENTUALI
BASILICA Da SANTO
PADOVA

I vo J evnikar
ALLEGATO PRIMO
P. PLACIDO CORTESE E IL SOCCORSO
AGLI INTERNATI DI CHIESANUOVA
IN ALCUNI DOCUMENTI DEL 1943
63

P. PLACIDO CORTESE E IL SOCCORSO
AGLI INTERNATI DI CHIESANUOVA IN UN
DOCUMENTO DEL 1943
Nello scritto del padre Apollonio Tottoli troviamo una concisa ed efficace
descrizione di quanto il padre Placido Cortese ha fatto per soccorrere
gli internati del Campo di concentramento di Chiesanuova. L'autore
ha menzionato anche l'operato del cappellano militare, padre Atanasio
Cociani (Kocjancic), e del padre Fortunat Zorman, frati francescani
minori, come pure i dissidi politici tra gli internati.
Ritroviamo tutti questi personaggi e i dolorosi problemi del periodo
trattato in un interessante ed appassionato documento inedito, citato dal
padre Tottoli. Si tratta della Relazione del padre Fortunat Zorman, l scritta
il 27 marzo 1943 a Ljubljana e conservata nell'Archivio dell'Arcidiocesi
di LjubUana (Slovenia). Il documento, reperito e tradotto in italiano dal
sottoscritto, viene qui pubblicato in forma integrale.
L'estensore della Relazione tra l'altro riporta testualmente due lettere
a lui consegnate da qualche corriere clandestino, una del P. Cortese,
ricevuta il 13 marzo 1943, ed una del fratello Ivan Zorman,2 internato a
Chiesanuova, ricevuta il 26 marzo 1943.3
Vista la calorosa lettera di elogio al P. Cortese, scritta il31 maggio 1943 4
dal vescovo di Ljubljana mons. Gregorij Rozman,5 e tenuto conto del
1) Franc (P. FOltunat) Zorman, OFM (Metl ika , 2 dico 1914 - Lemont, USA, 5 ott. 1998) nell' autunno del 1942
era stato inviato, per un accordo tra il vescovo di Ljubljana mons. Gregorij Rozman ed il provinciale sloveno
dell 'Ordine P. Gracijan Heric e grazie ad un ' autorizzazione delle autorità militari italiane, ad assistere per un
certo periodo gli internati sloveni a Chiesanuova (Padova), dove ha operato assieme al P. COltese con il quale
è rimasto in contatto anche in seguito.
2) Ivan (o Janez) Zorman, quarto dei sei figli dei coniugi Franc Zorman e Ernestina Kosir. era nato il15 setto
1916 a Metlika. Impiegato, dopo l'occupazione della Jugoslavia era stato prima incarcerato a Ljubljana e poi
internato a Chiesanuova dalle autorità italiane, in seguito , nel vortice della guerra civile scoppiata in Slovenia,
si è aggregato alle unità anticomuniste slovene ed è riparato con esse, alla fine della guerra, in Austria. Negli
ultimi giorni di maggio del 1945 ven ne consegnato dagli inglesi con dette unità alla Jugoslavia dove sparì
senza traccia.
3) I due originali non sono conservati. La lettera del P. COltese è stata probabilmente scritta in italiano e tradotta
per la sua Relazione dal P. Zorman.
4) Conservata nell'Archivio della Repubblica di Siovenia (ARS,AS 1515, Dokumenti o nasprotnikih partizanstva,
a. e. 281 , Vloge za izpustitev internirancev).
5) Mons. Gregorij Rozman è nato il 9 mar. 1883 a Dnihel nell'odierna Carinzia austriaca ed è morto in esilio
il 16 nov. 1959 a Cleveland, USA.
65

fatto che il documento riportato in seguito è stato trovato tra le carte
di questo vescovo,6 appare verosimile che la Relazione sia stata scritta
proprio per il vescovo mons. Rozman.
P. Fortunat Zorman
Relazione sull' aiuto agli internati sloveni in Italia
Il 13-1II-1943 ho ricevuto dal P. Cortese, direttore della tipografia di S.
Antonio, il seguente messaggio:
Egregio P. Fortunat!
Ho voluto scriverle tante volte, ma non ho mai trovato il tempo. Non
voglio però farmi sfuggire quest' occasione. Frequento liberamente il
Campo ed opero seguendo il Suo esempio. Conosco degli ottimi ragazzi
- Suo fratello,7 Stare, Veble,8 Kociper 9 ed altri. L'aiuto quotidiano nel
Campo è organizzato sempre meglio. Le statistiche le lascio alla buona
signorina Marija (SlapCàk) che è di nuovo sana come una volta ed
alla quale l'entusiasmo non viene mai a mancare. 1O Abbiamo quaderni
e simili, ma io scrivo poco e faccio scrivere gli altri. Mi scuso con la
suora Il se non ho mantenuto la promessa. Nel Campo c'è una stanza che
ho attrezzato con dei giochi per raccogliere i ragazzini. "L'Azione
6) La relazione è conservata nell' Archivio dell' Arcidiocesi di Ljubljana (NSAL, Skof dr. Gregorij Rozman,
fase. 7, a. e. 115 (PoroCila o izgnancih in internirancih), PoroCilo o pomoci slovenskim internirancem v Italiji).
7) I van Zorman, vedi nota n. 2.
8) Su questi nominativi non si hanno ulteriori notizie.
9) Il dotto Stanko Kociper (Maribor, 30 apr. 1917 - Buenos Aires, 24 giu. 1998) , arrestato a Ljubljana il 1.
lug. 1942, era stato internato prima a Monigo (Treviso) e poi, dal 14 ago. 1942 al 26 ago. 1943 , a Chiesanuova
dove con il P. Cortese ed altri aveva organizzato il Mutuo Soccorso di cui parla nelle sue memorie (Stanko
Kociper, Kar sem zivel, Spomini, Ljubljana 1996, pp. 28-30).
lO) Studentessa di medicina a Padova, Marija Slapsak è stata fin dall ' inizio tra le più strette collaboratrici del
P. Cortese nelle opere di carità a favore degli internati. A causa dell ' aggravarsi della sua tubercolosi ha dovuto
però abbandonare gli studi ed è tornata a Ljubljana dove è morta il 14 apr. 1945.
11) [n sloveno: »Marijina Sestra«, cioè Suora di Maria della Medaglia Miracolosa, ordine nato in Slovenia,
dedito alla cura dei malati a domicilio o negli ospedali.
66

sociale" 12 è in crisi e trionfa il "Mutuo soccorso" P Suo fratello è un
mago. Ieri ho incominciato a distribuire i libri. Grazie al dotto BlatnikJf4
Dovreste vedere come li bramano. Anche Koci)anCic 15 si è convertito
ed ha capito di essere solo un giocattolo nelle mani dei rossi che solo
approfittano di lui. Con le 50.000 Lire lasciate qui da S. E. il nunzio 16 sono
state comperate le patate ed ora abbiamo qui in tipografia 20 quintali di
fagioli e di farina. Sforneremo il pane. Ho visitato una volta Moniga
ed i bambini mi hanno fatto pena, perciò ho consegnato gli zuccherini
che mi avete mandato per il Campo di Padova al nuovo cappellano
(mi ha fatto una buona impressione e gli ho dato delle istruzioni - sto
diventando esperto!), affinchè li distribuisca ai bisognosi. Sono stato a
Renicci dove l'aiuto funziona benissimo. La sede degli aiuti è nel nostro
convento di S. Francesco ad Arezzo ed il Padre guardiano mi ha scritto
che le cose procedono bene. Gli ho lasciato i soldi affinchè ne faccia uso
e l'aiuto arrivi ai bisognosi. Tornerò lì per sincerarmene di persona.
Oggi il nunzio apostolico è qui e lo pregherò di procurarmi ulteriori e
più ampie autorizzazioni. A Gonars vengono ancora mandati i pacchi e
forse ci andrò di persona per portare degli aiuti. A Renicci ho mandato
dei medicinali all'indirizzo del maggiore che nel corso della mia unica
visita è diventato mio grande amico e che ora li conserva e distribuisce.
Mi ha scritto di averli distribuiti agli ospedali di tutti e due i settori.
Posso dirle che il Campo a Renicci è il meglio organizzato benchè sia
il più povero. Ci sono due settori: 1500 persone a settore. Due ospedali
per 20-25 persone, due uffici interni dove gli internati ricevono tutte le
informazioni. Hanno una buona cartoteca con gli appunti e le relazioni
su ciascuno. Mi aiuta molto il giovane Lakner Alo)zi). Spero che possa
illustrarle meglio il tutto. La lettera della Slaprilk Le farà sapere meglio
della mia che il poco che è stato fatto è stato comunque fatto con
grande amore ed entusiasmo. Grazie delle Sue preghiere. Anch'io non
La dimenticherò sulla tomba del nostro grande confratello S. Antonio.
fra Placido Cortese
12) L'organizzazione degli internati di orientamento comunista.
13) La prima organizzazione degli internati sloveni a Chiesanuova, nata con l'aiuto del P. Zorman e guidata da suo
fratello I van.
14) Il sacerdote salesiano dotto Franc Blatnik (Konjsko, 30 genn. 1899 - Paterson, USA, 23 dico 1977) si occupava
anche di assistenza agli internati ,
15) Recte: Kocjanciè. Kristjan (P. Atanazij) Kocjancic, OFM (Hrastovlje , 20 apr. 1911 - [zola. 29 ago. 1996) a!l'epoca
faceva parte della Provincia veneta, era conosciuto con il nome italianizzato di Cristiano (P. Atanasio) Cociani ed era
cappellano militare nel campo di concentramento di Chiesanuova.
67

32 kg di formaggio da Lire 50
8 kg di ricotta da Lire 20
5,80 kg di grasso puro da Lire 100
5,5 kg di farina rosolata da Lire 40 18
4.023 kg di patate da Lire 4
81 8 kg di fagioli da Lire 12
4 kg di riso da Lire 18
21 0 kg di castagne da Lire J O
223 kg di arance da Lire 8
8 kg di cipolle da Lire 50
1 kg di aglio da Lire 5
882 kg di rape da Lire 2
8 kg di caramelle da Lire 70
19 kg di pescia lini salati da Lire 40
4 kg di olive da Lire 5
2 kg di sangue di vitello conservato da Lire 10
138 scatole di sarde Ile al pomodoro da Lire 14
20 scatole di sarde Ile salate dal peso netto di 1,400 kg da Lire 95
8,5 kg di sardelle all'olio da Lire 110
J 02 scatole di antipasto da Lire 18
2 scatole di filetti da Lire 30
2.840 kg di tonno all'olio da Lire 11 O
90 conserve di verdura da Lire 7
97 scatole di latte condensato (liquido) da Lire 16
14 litri di latte condensato (liquido) da Lire 60
72 sacchetti di latte in polvere da Lire 4
1.5 kg di salame da Lire 40
4.430 dadi Maggi da Lire 0.30
Oltre a questo il "Mutuo soccorso" ha distribuito 849 pacchi del valore
di 100 Lire a pacco (contenevano viveri diversi) e
8.600 sigarette da ca. Lire 0.40.
(I prezzi di alcuni alimenti sono stati arrotondati poichè vemvano
acquistati alimenti di diversa qualità.)
18) Questa e le due voci precedenti sono state inserite con scritta a mano.
69

Abbiamo messo a disposizione degli internati anche 3 valigie di
medicinali del valore di 15.000 Lire. Abbiamo pure distribuito 48 litri di
vino da 8 Lire.
Il valore complessivo di tutto ciò ammonta a 190.456,50 Lire.
Vestiario:
338 camicie da Lire 50
338 magliette lavorate a maglia o di lana da Lire 70
249 mutande da Lire 50
25 pantaloni da Lire 60
25 giacche da Lire 60
4 cappotti da Lire 100
26 paia di scarpe da Lire 100
179 berretti da Lire 12
361 paia di calze da Lire 12
19 fazzoletti da Lire 4
73 paia di pantofole da Lire 40
Il valore di tutto il vestiario dunque ammonta a 69.486 Lire.
(Il vestiario, se acquistato, è stato acquistato a prezzi scontati.)
Il denaro liquido è stato distribuito per l'ammontare di Lire 932,50.
Articoli sportivi Lire 748.
Nel nostro Campo il "Mutuo soccorso" ha dunque acquistato dei beni
per il valore complessivo di 261.623 Lire e li ha distribuiti tra i compagni
in questa stagione invernale. Questi beni sono stati distribuiti con l'aiuto
dei fiduciari di settore e con procedimenti rapidi a favore dei compagni
veramente bisognosi.
Il "Mutuo soccorso" non si è limitato però all'aiuto concreto in questo
Campo, bensì si è fatto carico anche dei compagni negli altri Campi
dove ha mandato in questa stagione del cibo, vestiario e medicinali per
la somma complessiva di 230.000 Lire.
Pertanto il nostro "Mutuo soccorso H ha distribuito tra gli internati
sloveni nel corso della stagione invernale 491.623 Lire.
Oltre a questa attività di stretto sostegno il "Mutuo soccorso" fin
dall'inizio ha cercato di risollevare moralmente i compagni. Abbiamo
70

osservato che l'ozio ha un influsso negativo, a volte distruttivo, perciò
abbiamo cercato di riempire il tempo dei nostri compagni con delle
buone letture. Abbiamo raccolto finora 450 libri e molte riviste che sono
a disposizione di tutti. Con l'arrivo delle giornate di sole abbiamo sentito
la necessità del moto alt' aria aperta e siccome la migliore occupazione
per i giovani è lo sport, abbiamo pregato il Comando di approntare dei
campi sportivi ed abbiamo acquistato delle attrezzature sportive. Ogni
giorno possiamo constatare di non aver sbagliato. Abbiamo pregato il
Comando di concedere ai soldati di raccogliere i resti del loro cibo e di
portarli nel Campo affinchè venga distribuito nei vari edifici a chi ne ha
veramente bisogno.
A questo punto a nome di chi è stato aiutato ringrazio di cuore tutti i
benefattori noti ed ignoti, tutti i collaboratori e tutti coloro che hanno
resa possibile la nostra opera. Sarà nostra cura conservare la loro
benevolenza anche in futuro.
Per il Comitato:
Ivan Zorman
PS: Se qualcuno volesse ulteriori delucidazioni, può presentarsi
nell'ufficio del "Mutuo soccorso", IV/2.
Allegato e spiegazioni
A questi resoconti devo aggiungere quanto non vi è ancora compreso.
Devo sottolineare che per mancanza di tempo non ho potuto tenere dei
conti molto accurati.
Ho distribuito tra gli internati .............................................. Lire 2200
Bustarelle ............................................................................. ca. Lire 2000
Cioccolato per internati .............................................................. Lire 80
Facchino .................... ............... .. .................. .............................. Lire 200
2 pentole elettriche ...... ......... .................... ............................. ..... Lire. 220
Viaggio ....................................................................................... Lire 650
Taxi ....................... ...................................... ................................ Lire 50
71

Tram ed autobus ................................................................. ......... Lire 150
Alloggio e vitto ............................................................................ Lire 750
Carta da lettera ............... ....... .. ..................................................... Lire 100
Lire 6.400
491.623
6.400
498.023 Lire
Di queste somme sono pervenute da Ljubljana:
Dott. Gregorij Rozman (per le spese personali) ...................... Lire 1.500
Ufficio di beneficenza I 9 •••••••••••• • •••••••••••••••••••••••••••••• • ••••••••••••••• Lire 40.400
Ditta Bonac (per quanto ne sono a conoscenza) .. .................... Lire 4.000
NarJl sloga 20 •••••••• • ••• • ••••••••••• • •••••• • •• •••••••••••••••••••••• •••••• ••••••••••••••• Lire 2.000
P. Roman .................................................................................. Lire 3.000
Raccolta di P. Fortunat.. ........................................................... Lire 9.000
59.900
Ufficio di beneficenza: 5 pacchi di vestiario e l pacco di medicinali.
Per Ljubljana questa somma è comunque troppo modesta. I bisogni in
Patria sono certamente tanti, la somma di 60.000 Lire non è di poco conto
e non si raccoglie facilmente, ma dobbiamo avere presenti i moltissimi
internati che sarebbero destinati a morte sicura senza degli aiuti sostanziosi.
A Padova è stato fatto tanto che non ci sono più casi di morte ed
anche lo stato di salute è migliorato. Ma questo vale in generale. Ci sono
ancora tanti individui per i quali anche l'aiuto prestato non basta o perchè
sono ormai sfiniti o perchè non siamo in grado di aiutarli nei modi
adeguati ai loro bisogni.
La relazione del "Mutuo soccorso" è stata letta nel Campo alcuni giorni
fa per dimostrare a tutti come noi cattolici siamo consapevoli dei nostri
doveri e adempiamo al supremo comandamento sulla carità.
Nel Campo infatti è già organizzata la cosiddetta "Azione sociale", creata
prima di Natale. L'Azione sociale a Ljubljana è molto nota. In gennaio
sono pervenute da Padova innumerevoli notizie su come avrebbe arginato
72

i casi di morte, aiutato gli ammalati ecc. Nessuno invece ha menzionato il
nostro lavoro in merito , ben più efficace, tanto che l'operato dell'Azione
sociale non può nemmeno venir comparato al nostro. L'Azione sociale
è un ' organizzazione comunista, sebbene abbia saputo ottenere la collaborazione
di alcuni elementi positivi. L' Azione sociale ha fatto di tutto
affincbè fossero i suoi fiduciari a distribuire quanto il Padre curato, 21 il
P. Cortese ed io abbiamo portato nel Campo. lo ho naturalmente sempre
protestato e con successo. Nel Campo c'era una forte opposizione al mio
operato e contro di me. Due volte ho tenuto un discorso a mia difesa
contro i comunisti ed i loro intrighi contro di me. Ho tenuto il primo discorso
il lO gennaio per spiegare le ragioni del mio arrivo nel Campo e
per ribattere alle accuse di cui sotto:
1. I comunisti si burlavano di me dicendo di avermi raggirato in quanto
avevo aiutato anche loro. (L'avevo fatto tenendo ben presente il precetto
di Cristo di amare il prossimo e perché mi rendo conto che le opere di
carità in tali circostanze rappresentano la base di ogni sforzo pastorale.
L' esempio del Papa Pio XII che ha mandato il suo aiuto in tutti i Campi
senza distinzione di nazionalità e di credo religioso mi conferma di aver
agito bene. È noto a tutti il suo sostegno agli internati ed ai prigionieri
ortodossi, menzionato molto volentieri dagli stessi ortodossi. Il Papa Pio
XII invia nei Campi dei santini con le scritte nelle varie lingue nazionali,
agli ortodossi li ha mandati stampati in cirillico.)
2. Ho condannato il fatto che i partigiani siano arrivati nel Campo con
3.000,4.000 o perfino 30.000 Lire a testa. Con questi soldi avremmo potuto
aiutare immediatamente i più bisognosi, e invece si sono sperperati
quando è arrivato il vino.
3. Ho condannato il fatto che tra i messaggi che ho portato in patria abbiano
intrufolato dei messaggi senza indirizzo e senza firma e qualcuno
in uno dei messaggi abbia chiesto delle armi.
4. Ho risposto all'accusa di osare di parlare e di fare gli auguri a nome
del popolo sloveno. Mi hanno infatti autorizzato i parenti ed i conoscenti
degli internati che mi facevano visita in gran numero.
5. Ho condannato l'ultimatum impostomi da un internato: se il Padre
non mi dà 50 Lire lo denuncio al Comando per aver portato dei soldi nel
Campo (ho dovuto dargli le 50 Lire).
6. Ho spiegato perché ho fatto pubblicamente gli auguri agli ortodossi e
73

ho fatto dei doni per il loro Natale.
Siccome gli intrighi dei comunisti contro di me si sono moltiplicati ancora,
il 12 gennaio ho tenuto un'arringa presso Kociper in presenza dei
comunisti più attivi che ho sfidato a combattere lealmente ed ai quali ho
fatto presente la viltà dei loro perfidi intrighi e delle loro delazioni al Comando.
Ho rigettato pure l'accusa di un comunista che mi rinfacciava di
aver rubato 30.000 Lire ed ho smascherato le nefandezze comuniste nella
cucina e nell'ambulatorio di Arbe. 22
Nonostante queste dure lotte non abbiamo mai fatto distinzioni nella distribuzione
degli aiuti. Con questo atteggiamento, il solo atteggiamento
giusto, abbiamo conquistato più di qualcuno, molti hanno dovuto invece
chinare il capo e riconoscere che la nostra opera caritatevole era onesta
e giusta.
Quando ci si adopera per alleviare il peso della miseria nelle nostre campagne
si corre il pericolo di dimenticare le migliaia di internati che non
sono tornati alle loro case. Sarebbe errato considerarli tutti comunisti. 23
Possiamo dire che sono tornati a casa tanti fanatici comunisti quanti dei
nostri. Ma anche se tutti gli internati fossero comunisti, sarebbe nostro
dovere aiutarli se non vogliamo alienarceli per sempre. La storia della
carità cristiana e della cristiana misericordia ci conferma che è questa
l'unica via che conduce alle anime corrotte e perdute. Proprio non occorre
temere di aver per questo ceduto nei riguardi dei nostri principi.
L'esempio più bello in questa guerra ci viene dal Papa Pio XII che ha
saputo congiungere i principi cristiani con la generosità cristiana che nel
suo amore abbraccia tutti, anche i più grandi nemici.
Oggi ho ricevuto da Padova nuove informazioni sulla nostra efficace
opera di carità e nuove richieste di aiuto in denaro. Nonostante le somme
già mandate a Padova (perlopiù dal Vaticano) in ogni lettera chiedono
soldi ed altri soldi. Il Padre Cortese in una lettera chiede di fare di tutto a
Ljubljana affinchè vengano rimandati a casa gli innocenti, però non solo
quelli che sono innocenti "de auditu", bensì "de visu" .
(Il "Mutuo soccorso" a Ljubljana ha un debito di 300-400 Lire. Quando
mi stavo approntando per il quarto viaggio a Padova in genere non accettavo
più soldi per dei singoli. Per alcuni però ho dovuto farlo. Ed è
successo che ho ricevuto per questo delle mance che peraltro ho cercato
di rifiutare. Molti mi dicevano che non mi davano la mancia per il favore
74

che facevo loro, bensì per il fatto che mi occupavo degli internati e così
con questi soldi ho acquistato dei beni per gli internati oppure li ho mandati
a Padova. Siccome poi non sono stato autorizzato a partire, ho restituito
i soldi ai mittenti. Molti hanno voluto indietro anche il denaro che
mi avevano dato pur avendo detto che non era dovuto al favore che loro
stavo facendo. Deriva da ciò il debito del "Mutuo soccorso" a Ljubljana.)
Nota: In questo resoconto non sono compresi i pacchi mandati dall'Ufficio
di beneficenza a tutti i Campi ed il denaro mandato per gli altri Campi
in Italia.
Ljubljana, 27 marzo 1943
P. Fortunat Zorman
ofm
Allegato alla relazione sull'aiuto agli internati
Dalla relazione risulta che 1'opera svolta dal P. Cortese è sovrumana.
Possiamo dire che lavora letteralmente giorno e notte per gli internati
sloveni. Dubito che qualche sloveno possa gareggiare con lui quanto
all' aiuto materiale ai più derelitti. Con il suo operare dimostra quanto
generosa sia la vera carità cristiana. E con quale gioia fa tutto questo! Il
suo superiore l'ha già rimproverato di trascurare i suoi compiti, essendo
direttore della tipografia. Il nunzio apostolico ha fatto presente al superiore
che ora è questa l'opera più importante e più necessaria, cosicchè il
Padre può tranquillamente sacrificare le sue forze per gli internati sloveni,
senza attendersi alcuna ricompensa in questo mondo. Le studentesse
cattoliche slovene di medicina a Padova gli hanno donato l'opera omnia
di Usenicnik 24, io gli ho regalato alcuni fascicoli della Nasa pot 25 e lo
ringrazio in ogni occasione per la sua abnegazione. Non ha avuto finora
altro riconoscimento dalla Slovenia. È vero che non se l'aspetta, ma è
75

nostro dovere ringraziarlo. È nel nostro interesse. Temo che un giorno
potrà dimostrare, numeri alla mano, quanto hanno fatto per gli sloveni gli
italiani (s'intende gli italiani che concepiscono il cristianesimo nel modo
corretto). Per questo motivo è necessario avere con lui i contatti più stretti
affinchè non sembri che faccia tutto di sua iniziativa (anche se in realtà
è proprio così), bensì su nostra richiesta e in quanto noi non siamo in
grado di aiutare quanto vorremmo. È necessario dargli in qualsiasi modo
un chiaro riconoscimento 26.
19) Nome per esteso: Skofijska dobrodelna pisarna (Ufficio diocesano di beneficenza), opera di assistenza
creata dalla diocesi di Ljubljana il 30 luglio 1942. Fin dall'inizio attivò una sezione per gli internati e le loro
famiglie.
20) Ente "La nostra concordia" .
21) Vedi nota n. 15.
22) Sull'isola di Arbe (Rab, Croazia) era stato istituito il più tenibile dei campi di concentramento italiani.
23) Su intervento delle autorità religiose e dei gruppi anticomunisti degli internati erano stati già rilasciati.
24) Ales Usenicnik (Poljane, 31ug. 1868 - Ljubljana, 30 mar. 1952), sacerdote, teologo e filosofo neotomista,
i suoi lzbrani spisi (Scritti scelti) sono usciti in lO volumi negli anlli 1939-41.
25) Nasa pot (Il nostro cammino) - serie di pubblicazioni dell' Azione cattolica studentesca slovena.
26) La calorosa lettera del vescovo mons Rozman, di cui alla nota n. 4, non tiene conto di queste "osservazioni
utilitaristiche" del P. Zorman che peraltro mettono ancora più in luce l'operato disinteressato del P.
Placido Cortese.
76

NON SOLO CHIESANUOVA
Dopo aver conosciuto le sofferenze degli internati di Chiesanuova, il P.
Placido Cortese ha contribuito a creare una vasta rete di solidarietà a favore
degli internati sloveni e croati nei campi di concentramento italiani.
Lo testimoniano anche alcuni documenti conservati nell'Archivio della
Curia arcivescovile di Gorizia.
Da uno scambio di lettere tra il vicario generale dell' Arcidiocesi mons.
Giovanni Buttò ed il P. Cortese (agosto 1943) si evince che la Curia di
Gorizia ha aiutato gli internati di Chiesanuova con somme di denaro tramite
il P. Cortese che a sua volta ha procurato - su richiesta dell' Arciùiocesi
di Gorizia - ùei viveri per gli internati di Gonars (campo sito nel
territorio dell' Arcidiocesi di Udine ma vicino a Gorizia).
Nel fondo "Arcivescovo Margotti Carlo", b. 2 (1938 - giugno 1946), fasc.
58 (Carteggio cancelleresco dal 4 marzo 1943 all'l1 dicembre 1943) si
trovano i seguenti documenti riguardanti questi contatti:
Doc. n. 9: "Conto spese per gli internati", dd. 22 luglio 1943, a firma del
vicario generale mons. Giovanni Buttò. Si rileva che il vicario generale
nel periodo maggio-luglio 1943 ha visitato di versi campi di internamento
e carceri in Italia e che in luglio è stato pure a Padova.
Doc. n. 12: "Lettera da parte dell'Ordinariato Principesco Arcivescovile
di Gorizia concernente l'invio di un assegno al Padre Cortesi (l) - Opera
Pontificia - Convento del Santo, Padova, 4-8-43." Minuta manoscritta
sulle due facciate di un biglietto di carta intestata dell'Ordinariato con
attaccata la matrice di un assegno per Lire 763.
Il testo di non facile lettura è il seguente:
N.ro 2892/43
Gorizia, 4 agosto J 943
Al Rev. Padre Cortesi
Opera Pontificia
Convento del Santo
77

Padova
Rev. Padre, Le mando gli acclusi assegni con la lista delle destinazioni
- pregandola a mandarmi un cenno di ricevuta per giustificarmi presso
gli offerenti.
Mi sono permesso di spedire al Campo di Gonars - quintali cinquanta di
pesche - a nome dell'Opera Pontificia assistenza ai Campi di Concentramento,
e la spedizione andò bene!
Ossequi.
Msgr. Buttò
Doc. n. 20: "Lettera del Padre Placido Cortese del Messaggero di S. Antonio,
diretta a mons. Buttò, concernente l'invio di viveri ai reclusi nei
campi di concentramento, 13-8-43." Lettera manoscritta del P. Cortese
sulle due facciate di un biglietto di carta intestata de Il Messaggero di S.
Antonio.
Il testo di non sempre facile lettura è il seguente:
Padova, 13 agosto 1943
Rev.mo Monsignore,
sono ritornato da Milano e scrivo infretta consegnando alle buone Suore
di Gorizia. Ho ricevuto il denaro IL. 11.000 consegnato dalle Suore Orsoline
e mandato a Padova attraverso la (?) e farò in modo di consegnarlo
quanto prima agli interessati. Penso di andare quanto prima in nuova
visita ai Campi. Qui ho mandato entro altri q.li (126) di patate. Ne potrei
avere delle altre. Sa Lei se a Gonars si possono avere o a Gorizia così da
poterle con più facilità spedire? Sono dietro interessarmi ma se da costi
la cosa viene facilitata lascierei. Qui ho le patate a L. 140 il quintale, i
fagioli a L. 10 il kg. - Tanti ossequi
P. Placido Cortese
78

»L'OPERA VOSTRA, COSÌ PIENA
DI AMORE ... «
Nelle note che accompagnano il documento del Padre Fortunat Zorman
viene menzionata una lettera scritta dal vescovo di Ljubljana, mons. Gregorij
Rozman, per esprimere al padre Placido Cortese la gratitudine degli
Sloveni per le opere di carità svolte a favore degli internati a Chiesanuova
e in altri luoghi di sofferenza.
Non abbiamo l'originale di tale lettera e non sappiamo se sia veramente
pervenuta al P. Cortese, negli archivi però è conservata la minuta in
lingua slovena, scritta di suo pugno dal presule di Ljubljana e datata 31
maggio 1943, con a lato una traduzione in italiano, scritta a mano da un
suo collaboratore e datata 4 giugno 1943.
Il documento che qui presentiamo in forma integrale e senza correzioni, è
stato verosimilmente sottratto dalla polizia politica jugoslava negli uffici
della Curia della Diocesi di Ljubljana durante una delle numerose perquisizioni
postbelliche in quanto risulta conservato nei fondi dell'ex Archivio
del Comitato Centrale del Partito Comunista Sloveno, versati dopo la
caduta del regime comunista all' Archivio della Repubblica di Slovenia. 1
Rev.mo P. Placido Cortese O .F.Conv.
Padova
Basilica di S. Antonio
Reverendo Padre,
Ho ricevuto una comunicazione sull'attività di beneficenza nel Campo
di concentramento dove si trovano in gran parte i fedeli della Diocesi
di Lubiana. In questo comunicato risplende col massimo fulgore l'opera
Vostra, così piena di amore disinteressatissimo e di grandissimi sacrifizi,
che non trovo parole addatte per esprimerVi la mia più sentita ricono-
79

scenza. Vi ringrazio infinitamente.
Il Signore che tiene nota di ogni opera buona, anche della più piccola, ha
iscritto anche queste Vostre opere di carità nel libro della vita. Gesù che
aveva detto che abbiamo fatto a Lui ciò che abbiamo fatto al minimo dei
suoi fratelli, Vi rimunererà secondo la Sua promessa. Maria Ausiliatrice,
alla quale ieri il nostro popolo si è consacrato con incredibile ardore ed
amore, Vi ottenga dal Suo benedetto e divin Figlio tutto quello che desiderate,
ma specialmente abbondanti grazie, con le quali cooperate con
tanto ardore.
Vi assicuro la più sentita riconoscenza mia e dei numerosi famigliari de ­
gli internati, come pure le nostre preghiere più riconoscenti. Che il buon
Dio Vi conceda forza, salute e possibilità di poter anche in avvenire sviluppare
la Vostra benefica attivitàfra gli internati,finchè non giungerà a
noi tutti la pace tanto desiderata.
Vi saluto e benedico.
1) ARS. AS 1515, Dokumenti o nasprotnikih paI1izanstva. a. e. 281 , Vloge za izpustitev internirancev.ll documento
viene segnalato nel volume di Tamara Griesser Pecar e di France MaI1in Dolinar Rozmanov proces,
ed. Druzina, Ljubljana 1996, p. 263
80

ALLEGATO SECONDO
Relazione del Tenente Colonnello Dante Caporali, ex comandante
del Campo di concentramento per internati civili di Chiesanuova
(Padova) l
1) Aussme, H8 Crimini di guerra, b. 104, Relaz ione del l7 febbraio J 947 . (Ringraziamo il capo ufficio
dell'Ufficio Stori co dello Stato Maggiore dell ' Esercito Col. Matteo Paesano per la cortese di sponibilità).
81