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Tempo e predicazione nella sintassi delle frasi copulari (tesi di laurea)

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"In seno ali "enunciato assertivo, la funzione verbale è<br />

duplice: funzione coesiva, cioè organizzare in una<br />

struttura completa gli elementi dell"enunciato; la<br />

funzione assertiva consistente nel dotare l"enunciato <strong>di</strong><br />

un pre<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> realtà" (Benveniste (1966), p.182>.<br />

E" facile riconoscere in questo pensiero l"equivalente<br />

sostanziale della definizione fregeana <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cato<br />

come <strong>di</strong> "funzione insatura".<br />

Altrove si ha pure l"ammissione <strong>di</strong> carattere<br />

tipologico per cui il verbo non sarebbe un universale<br />

linguistico mentre la <strong>pre<strong>di</strong>cazione</strong> sì: " ••• non è necessario<br />

che un i<strong>di</strong>oma <strong>di</strong>sponga <strong>di</strong> un verbo morfologicamente<br />

<strong>di</strong>fferenziato perchè si realizzi una funzione verbale,<br />

poichè ogni lingua, qualunque sia la struttura è<br />

in grado <strong>di</strong> produrre asserzioni finite" (Benveniste<br />

( 1966), p. 183) •<br />

Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Benveniste, quin<strong>di</strong>, che era partito<br />

dalla ricerca <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stinzione tra nome e verbo,<br />

approda in realtà alla definizione "<strong>di</strong> funzione verbale"<br />

(o, come s"è visto "pre<strong>di</strong>cativa") in modo tale che una<br />

spaccatura tra le due categorie non è più ammissibile<br />

dal momento che si ammette che una frase nominale è un<br />

enunciato assertivo e che non vi compare un verbo: la<br />

funzione verbale sarebbe in questo caso svolta dal nome<br />

mentre il più <strong>delle</strong> volte è appannaggio del verbo.<br />

La <strong>di</strong>stinzione morfologica, che secondo Benveniste<br />

non è un metodo perseguibile per <strong>di</strong>stinguere le due<br />

categorie in modo inequivocabile per l"intero insieme<br />

<strong>delle</strong> lingue, <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> solo un"eventualita e<br />

"viene dopo rispetto alla <strong>di</strong>stinzione sintattica" anche<br />

se, come nota Benveniste, "può capitare e capita spesso<br />

che tali forme abbiano inoltre particolari caratteristiche<br />

morfologiche. La <strong>di</strong>stinzione tra verbo e nome emerge<br />

allora a livello formale, e la forma verbale può essere<br />

suscettibile <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stinzione strettamente morfologica.<br />

E"il caso <strong>delle</strong> lingue in cui verbo e nome hanno<br />

strutture <strong>di</strong>fferenti, e la funzione verbale, quale l"inten<strong>di</strong>amo<br />

noi, ha per supporto una forma verbale. Ma<br />

questa funzione non ha bisogno <strong>di</strong> una specifica forma<br />

verbale per manifestarsia nell"enunciato" (Benveniste<br />

(1966), p.183) (L"intera questione è molto delicata;<br />

per un esame approfon<strong>di</strong>to si legga Ramat (1984), pp.16<br />

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