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31.05.2013 Views

Opinioni a confronto contributo dell’informatica ed alla disponibilità di risposte specifi che fornite in automatico dal Laboratorio di riferimento della nostra zona, cioè quello della Asl n. 8. Si tratta in questo caso, della disponibilità della VFG calcolata con formula MDRD e della determinazione del rapporto proteine/creatinina urinario. Un ulteriore impulso è stato offerto dall’attività di un pool di medici generali che sperimentando il modulo del “Chronic Care Model”, hanno iniziato a seguire in maniera strutturata coorti di pazienti ben defi nite come ipertesi, diabetici e scompensati di cuore, rendendosi conto del reale impatto della malattia renale cronica. Il percorso che abbiamo individuato, centrato essenzialmente sul paziente, delinea con precisione i compiti del medico di base e dello specialista, partendo dalla identifi cazione sul territorio dei soggetti affetti da patologia renale cronica. Il passo successivo è quello della costruzione di liste di pazienti arruolabili, perché già affetti da malattia renale cronica o perché a rischio, e la loro collocazione all’interno di percorsi ben defi niti, con il ricorso alla consulenza specialistica del nefrologo in casi selezionati secondo le indicazioni dei Consensus internazionali. TOSCANA MEDICA – Come si fa quindi a livello di medicina generale a formulare una diagnosi il più precoce possibile di malattia renale cronica? Ed ancora, come si può utilmente coinvolgere il medico di famiglia nella prevenzione del danno renale in un soggetto obeso, iperteso o diabetico? UCCI – Ad entrambe le domande si può rispondere dicendo che la medicina di iniziativa ed i registri per patologia del “Chronic Care Model” ben si adattano a questo tipo di esigenze, nell’interesse sia dei pazienti che dei medici che li hanno in cura. ARNETOLI – Facendo seguito a quello che ha detto adesso il dottor Ucci, io penso che il PDTA del paziente nefropatico attivato ad Arezzo possa davvero rappresentare un’utile implementazione di alcuni percorsi e rientrare a pieno titolo nel “Chronic Care Model”. BIANCHI – Prendiamo in esame per un attimo la storia naturale della nefropatia diabetica. Nelle prime fasi di malattia l’impegno renale è praticamente inesistente. In seguito, come segno di sofferenza renale, compaiono la microalbinuria e la proteinuria che continueranno a caratterizzare il decorso della malattia fi no alle forme più gravi di insuffi cienza renale che richiedono il trattamento dialitico oppure il trapianto d’organo. Si tratta di una condizione che evolve in un 10 Toscana Medica 4/11 lungo periodo di tempo, mediamente due decenni, e che quindi offre numerose opportunità di diagnosi e di intervento terapeutico, attuabile attraverso modifi che degli stili di vita ed adeguati interventi farmacologici. La diagnosi e la sorveglianza nel tempo di questi soggetti può essere realizzata in tutte le strutture sanitarie, anche le più periferiche del territorio e con costi molto contenuti. Anche il laboratorio più periferico è in grado di fornire risposte rapide, economicamente sostenibili ed esaurienti che ci consentono di stadiare le varie fasi dell’evoluzione clinica del danno renale, permettendo di mettere in pratica tutte le necessarie iniziative terapeutiche. TOSCANA MEDICA – Il PDTA aretino per il paziente nefropatico potrebbe essere utilmente applicato alle situazioni di cronicità in senso generale? DIDONI – Analizzando l’esperienza di Arezzo dal punto di vista farmacoeconomico e della sostenibilità del sistema secondo me sono da sottolineare due aspetti fondamentali. Il primo è rappresentato dalla necessità assoluta di conoscere le reali dimensioni del problema con le conseguenti necessità di diagnosi e cura. In secondo luogo, se il PTDA viene considerato metodologicamente uno strumento per ottimizzare la qualità delle prestazioni erogate, è necessario individuare al suo interno gli eventuali interventi correttivi gestionali, clinici e soprattutto economico-fi nanziari, utilizzando adeguati supporti informatici ed effi - caci indicatori di diversa natura. TOSCANA MEDICA – L’esperienza di Arezzo è stata “costruita” anche con il contributo importante dell’industria farmaceutica. Dottoressa Vuiovic, quali sono gli strumenti per defi nire l’eticità di questa collaborazione? VUJOVIC – A livello aziendale in molti casi la realizzazione di nuove iniziative e progetti innovativi viene limitata dalla carenza di risorse economiche disponibili. Per questo la collaborazione con l’industria appare di fondamentale importanza, secondo quando previsto anche da alcune leggi specifi che (n.449 del 1997 e n. 488 del 1999) che consentono alle aziende pubbliche, secondo la propria mission, di instaurare rapporti con quelle private per identifi care specifi ci ambiti di ricerca e sviluppo di nuove iniziative. Ad Arezzo per quanto riguarda il paziente nefropatico abbiamo sfruttato questa opportunità e dopo avere analizzato le esigenze avanzate dai clinici, abbiamo creato un tavolo di discussione attorno al quale riunire i rappresentanti sia del settore pubblico che di quello privato, ovviamente

Toscana Medica 4/11 Opinioni a confronto Attività - Elaborazione P.A.I. (1) Screening soggetti a rischio: Anamnesi, Esame urine : Stadiazione della malattia renale: Il MMG individua i soggeti che sono a rischio di sviluppare una MRC fra coloro che non sono mai stati oggetto di valutazione. Valutazione anamnestica e valutazione dell’esame urine da parte del MMG. I pazienti vengono inviati dal MMG alla visita nefrologica. L’accesso alla visita nefrologica avverrà attraverso prenotazione CUP con impegnativa. Il nefrologo sulla base del valore di VGF individuerà lo stadio della malattia renale. Compilazione P.A.I.: Il nefrologo individuerà le conseguenti possibilità di intervento attraverso l’elaborazione del programma individuale d’assistenza del paziente comprensivo di cure farmacologiche, visite, test diagnostici e dispositivi medici necessari per l’erogazione dell’assistenza Condivisione PAI con MMG: Elaborazione piano organizzativo implementazione PAI: Presa in carico del paziente da parte del MMG o del nefrologo: senza mai perdere di vista gli obiettivi peculiari della nostra attività aziendale e la sostenibilità economica complessiva dell’iniziativa. Una volta programmato l’intervento, il progetto è stato sottoposto alla valutazione del Comitato Etico dell’Azienda che ha espresso il proprio parere favorevole. A questo punto il progetto viene reso pubblico ed inserito sul sito aziendale per ottenere la massima visibilità e permettere agli interessati, tramite apposito bando, di proporsi per sostenere la progettualità proposta. In caso di Il nefrologo condivide il piano di assistenza individuale con il medico di medicina generale che ha in carico il paziente L’UTD/ADI, in collaborazione con il centro di coordinamento, redige il piano organizzativo finale per la messa in opera del PAI precedentemente definito, garantendo l’esecuzione degli esami necessari nel corso del PAI, nonché l’erogazione dei farmaci ottenuti dalla farmacia aziendale del centro di riferimento di malattie infettive di appartenenza I pazienti in stadio 1 si fermano alla fase di screening e se indicato sono tenuti sotto controllo dallo specialista. I pazienti in stadio 2 e 3 sono gestiti congiuntamente dal MMG e dal negrologo. I pazienti in stadio 4 e 5 sono gestiti direttamente dal nefrologo che inizia un programma di predialisi con timing personalizzato a seconda della velocità di progressione e che comprende, oltre al percorso educativo, la creazione dell’accesso dialitico e l’inserimento in lista di trapianto pre-emptive se il paziente è giudicato idoneo. 11 più di un candidato è stato attivato un Comitato di garanzia aziendale con lo scopo di valutare le diverse soluzioni presentate. TOSCANA MEDICA – Dottor Didoni perché la Bristol-Myers Squibb ha deciso di impegnarsi nel progetto di Arezzo? DIDONI – La sponsorizzazione del progetto di Arezzo da parte della nostra Azienda deriva dalla considerazione che in un sistema sanitario a ri-

Opinioni a confronto<br />

contributo dell’informatica ed alla disponibilità<br />

di risposte specifi che fornite in automatico dal<br />

Laboratorio di riferimento della nostra zona, cioè<br />

quello della Asl n. 8. Si tratta in questo caso, della<br />

disponibilità della VFG calcolata con formula<br />

MDRD e della determinazione del rapporto proteine/creatinina<br />

urinario.<br />

Un ulteriore impulso è stato offerto dall’attività<br />

di un pool di medici generali che sperimentando<br />

il modulo del “Chronic Care Model”, hanno<br />

iniziato a seguire in maniera strutturata coorti<br />

di pazienti ben defi nite come ipertesi, diabetici e<br />

scompensati di cuore, rendendosi conto del reale<br />

impatto della malattia renale cronica.<br />

Il percorso che abbiamo individuato, centrato<br />

essenzialmente sul paziente, delinea con precisione<br />

i compiti del medico di base e dello specialista,<br />

partendo dalla identifi cazione sul territorio dei<br />

soggetti affetti da patologia renale cronica. Il passo<br />

successivo è quello della costruzione di liste di<br />

pazienti arruolabili, perché già affetti da malattia<br />

renale cronica o perché a rischio, e la loro collocazione<br />

all’interno di percorsi ben defi niti, con il<br />

ricorso alla consulenza specialistica del nefrologo<br />

in casi selezionati secondo le indicazioni dei Consensus<br />

internazionali.<br />

TOSCANA MEDICA – Come si fa quindi a livello<br />

di medicina generale a formulare una diagnosi il<br />

più precoce possibile di malattia renale cronica?<br />

Ed ancora, come si può utilmente coinvolgere il<br />

medico di famiglia nella prevenzione del danno<br />

renale in un soggetto obeso, iperteso o diabetico?<br />

UCCI – Ad entrambe le domande si può rispondere<br />

dicendo che la medicina di iniziativa ed i registri<br />

per patologia del “Chronic Care Model” ben si<br />

adattano a questo tipo di esigenze, nell’interesse<br />

sia dei pazienti che dei medici che li hanno in cura.<br />

ARNETOLI – Facendo seguito a quello che ha<br />

detto adesso il dottor Ucci, io penso che il PDTA<br />

del paziente nefropatico attivato ad Arezzo possa<br />

davvero rappresentare un’utile implementazione<br />

di alcuni percorsi e rientrare a pieno titolo nel<br />

“Chronic Care Model”.<br />

BIANCHI – Prendiamo in esame per un attimo la<br />

storia naturale della nefropatia diabetica. Nelle<br />

prime fasi di malattia l’impegno renale è praticamente<br />

inesistente. In seguito, come segno di sofferenza<br />

renale, compaiono la microalbinuria e la<br />

proteinuria che continueranno a caratterizzare il<br />

decorso della malattia fi no alle forme più gravi di<br />

insuffi cienza renale che richiedono il trattamento<br />

dialitico oppure il trapianto d’organo.<br />

Si tratta di una condizione che evolve in un<br />

10<br />

Toscana Medica 4/11<br />

lungo periodo di tempo, mediamente due decenni,<br />

e che quindi offre numerose opportunità di<br />

diagnosi e di intervento terapeutico, attuabile attraverso<br />

modifi che degli stili di vita ed adeguati<br />

interventi farmacologici. La diagnosi e la sorveglianza<br />

nel tempo di questi soggetti può essere<br />

realizzata in tutte le strutture sanitarie, anche<br />

le più periferiche del territorio e con costi molto<br />

contenuti. Anche il laboratorio più periferico è in<br />

grado di fornire risposte rapide, economicamente<br />

sostenibili ed esaurienti che ci consentono di<br />

stadiare le varie fasi dell’evoluzione clinica del<br />

danno renale, permettendo di mettere in pratica<br />

tutte le necessarie iniziative terapeutiche.<br />

TOSCANA MEDICA – Il PDTA aretino per il paziente<br />

nefropatico potrebbe essere utilmente applicato<br />

alle situazioni di cronicità in senso generale?<br />

DIDONI – Analizzando l’esperienza di Arezzo dal<br />

punto di vista farmacoeconomico e della sostenibilità<br />

del sistema secondo me sono da sottolineare<br />

due aspetti fondamentali. Il primo è rappresentato<br />

dalla necessità assoluta di conoscere le reali<br />

dimensioni del problema con le conseguenti necessità<br />

di diagnosi e cura. In secondo luogo, se il<br />

PTDA viene considerato metodologicamente uno<br />

strumento per ottimizzare la qualità delle prestazioni<br />

erogate, è necessario individuare al suo<br />

interno gli eventuali interventi correttivi gestionali,<br />

clinici e soprattutto economico-fi nanziari,<br />

utilizzando adeguati supporti informatici ed effi -<br />

caci indicatori di diversa natura.<br />

TOSCANA MEDICA – L’esperienza di Arezzo è stata<br />

“costruita” anche con il contributo importante<br />

dell’industria farmaceutica. Dottoressa Vuiovic,<br />

quali sono gli strumenti per defi nire l’eticità di<br />

questa collaborazione?<br />

VUJOVIC – A livello aziendale in molti casi la<br />

realizzazione di nuove iniziative e progetti innovativi<br />

viene limitata dalla carenza di risorse economiche<br />

disponibili. Per questo la collaborazione<br />

con l’industria appare di fondamentale importanza,<br />

secondo quando previsto anche da alcune<br />

leggi specifi che (n.449 del 1997 e n. 488 del 1999)<br />

che consentono alle aziende pubbliche, secondo la<br />

propria mission, di instaurare rapporti con quelle<br />

private per identifi care specifi ci ambiti di ricerca<br />

e sviluppo di nuove iniziative.<br />

Ad Arezzo per quanto riguarda il paziente nefropatico<br />

abbiamo sfruttato questa opportunità<br />

e dopo avere analizzato le esigenze avanzate dai<br />

clinici, abbiamo creato un tavolo di discussione<br />

attorno al quale riunire i rappresentanti sia del<br />

settore pubblico che di quello privato, ovviamente

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