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RACCONTI DEL MISTERO E DEL RAZIOCINIO.pdf - nat russo

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moda nella più dissoluta delle università europee.<br />

Si stenterà a credere che mi fossi abbassato al segno da tentare di familiarizzarmi coi più infami artifici della<br />

professione del giocatore, da farmi seguace di quella equivoca scienza e dal praticarla infine, abitudinariamente, come<br />

un mezzo per accrescere le mie rendite - già di per se stesse enormi - alle spese dei miei colleghi meno astuti. E fu così<br />

invece. L'enormità medesima d'un siffatto attentato ai danni dei miei stessi sentimenti di onore e dignità costituì, senza<br />

dubbio, la prima se non la sola ragione della mia impunità. Quale dei miei perversi camerati non avrebbe rifiutato di<br />

prestar fede anche alla più lampante testimonianza, piuttosto che sospettare di scorrettezza il gioviale, il leale, il<br />

generoso William Wilson, il più nobile e prodigo studente di Oxford, del quale le pazzie, secondo la voce messa in giro<br />

dai suoi stessi parassiti, non provenivano da altro se non da una giovinezza e da un'immaginazione sfre<strong>nat</strong>e? Del quale<br />

gli errori altro non erano se non inimitabili capricci e i più sordidi vizi non potevano che implicare una sregolata,<br />

accesa, appassionante bizzarria?<br />

Menavo una vita di tal sorta, da due anni ormai, allorché giunse all'Università un giovane parvenu, un<br />

Glendinning, straricco, si mormorava, come Erode Attico, e come questi pervenuto alla ricchezza senza fatica alcuna.<br />

Non misi molto ad accorgermi che la sua intelligenza era torpida e ottusa e, tamburo battente, lo destinai ad essere<br />

vittima del mio industre talento. Presi, così, a invitarlo al giuoco e, com'è costume d'un giuocatore che sappia il<br />

mestiere, a lasciare ch'egli vincesse delle considerevoli somme per meglio irretirlo. Maturato che ebbi, di poi, il mio<br />

piano, mi disposi a coglierne il frutto nell'alloggio d'un nostro comune amico, il signor Preston, il quale - per la verità -<br />

non nutriva il minimo sospetto su quelli che erano, realmente, i miei intendimenti. Perché la mia vincita riuscisse più<br />

clamorosa, avevo provveduto a far convitare meco altre otto o dieci persone, e che la comparsa delle carte avvenisse in<br />

maniera tutt'affatto incidentale, e solo dopo che la vittima stessa l'avesse sollecitata. Non trascurai, insomma, per dirla<br />

in breve, alcuna delle astute abbiezioni che si praticano in consimili circostanze e che sono ormai talmente di<br />

prammatica da far considerare, per lo meno, molto strano che si trovi sempre della gente pronta ad abboccare.<br />

La nostra riunione s'era prolungata fino a notte alta e ad un dato momento procurai che il Glendinning fosse il<br />

mio unico avversario. il giuoco era quello da me preferito: l'écartè. Gli altri, attirati dalle inusitate proporzioni che<br />

aveva assunto la nostra posta, s'erano distratti dalle loro partite ed eran venuti a sedersi tutti attorno a noi. Il parvenu,<br />

ch'io avevo indotto, fin dall'inizio della serata, ad alzare, come suol dirsi, il gomito, s'era lasciato dominare, a quel punto<br />

del giuoco, da un tale nervosismo che nessuna ubriachezza, al certo, avrebbe giustificato. In un lasso di tempo<br />

estremamente breve egli m'era divenuto debitore d'una somma ingentissima. Ed al momento che avevo freddamente<br />

preveduto, dopo aver tracan<strong>nat</strong>o d'un sol sorso, alla barbara, un bicchiere colmo di porto, propose di raddoppiare quella<br />

già altissima posta. Io simulai di resistergli, e fu soltanto dopo che il mio osti<strong>nat</strong>o rifiuto lo fece trasmodare a parole<br />

quasi ingiuriose - tanto ch'io potevo ben darmi le arie di persona piccata - che accettai quella sua folle proposta. Il<br />

risultato fu quale, appunto, avrebbe dovuto essere e fu chiaro, cioè, che la vittima era totalmente irretita. Non era<br />

passata per intero un'ora che egli mi doveva una somma quattro volte maggiore. Il suo volto aveva perduto già da<br />

qualche tempo la cera fiorente che il vino gli aveva prestata, ma solo in quel punto mi accorsi con grande meraviglia<br />

che era sbiancato come per un pallore di morte. E ciò, come ho detto, non fu senza meraviglia dal momento che le<br />

accurate indagini da me condotte in precedenza m'avevano appreso come la ricchezza del Glendinning fosse talmente<br />

vasta che le somme perdute fino a quel momento, per quanto ingenti potessero essere, non avrebbero dovuto<br />

sconvolgerlo né tanto meno deprimerlo a quel modo. Credetti, così, che fosse il vino bevuto. Più per salvarmi, come<br />

suol dirsi, la reputazione di fronte ai miei compagni, che per alcun altro interessato motivo, io m'apprestavo, intanto, ad<br />

insistere in modo più deciso perché il gioco fosse interrotto, allorché alcune parole, dette al mio fianco tra i presenti e un<br />

grido di disperazione sfuggito al Glendinning mi resero noto come io avessi operata la sua totale rovina, e lo avessi<br />

ridotto a tanto da essere, per tutti, oggetto di stupita pietà, a tanto che nemmeno il demonio in persona avrebbe ormai<br />

potuto più nulla contro di lui.<br />

A quale linea di condotta potei pensare allora d'attenermi è difficile dire. Lo stato, comunque, veramente<br />

pietoso In cui sembrava ridotta la vittima aveva suscitato, oltre l'imbarazzo, una sorta di melanconico disagio. Il più<br />

assoluto silenzio regno, per alcuni minuti, durante i quali gli sguardi, a metà sdeg<strong>nat</strong>i e inquisitori per l'altra metà, che<br />

mi venivano dai meno corrotti della compagnia, mi fecero bruciare il rossore sulle guance. Mi sembrò, così, di provare,<br />

dapprima, come un senso di liberazione per lo straordinario avvenimento che si diede, improvviso, di lì a poco, a<br />

interrompere quell'insoffribile situazione. I battenti della porta, infatti, s'apersero con tale improvvisa violenza che tutte<br />

le candele intorno si spensero come se vi alitasse sopra un soffio incantato. Io avevo fatto in tempo, però, ad avvedermi<br />

che nella stanza s'era introdotto uno sconosciuto - un individuo che aveva, a un di presso, la mia stessa statura - il quale<br />

appariva strettamente avvolto in un mantello. L'oscurità era, per l'intanto, completa ed a noi era concesso soltanto<br />

sentire che egli era là, in mezzo a noi. E prima che potessimo riaverci dalla profonda meraviglia in cui ci aveva<br />

piombati quella brutale intrusione, si levò la voce dello sconosciuto.<br />

«Signori», egli disse con un leggero ma ben chiaro e indimenticabile mormorio che mi punse il midollo delle<br />

ossa; «io non farò le mie scuse per la strana condotta che sono costretto a tenere, dal momento che, portandomi in<br />

questo modo, non mi attengo che a uno stretto dovere. Voi non conoscete, al certo, la vera <strong>nat</strong>ura della persona che ha<br />

vinto, stanotte, un'enorme somma di danaro a Lord Glendinning. Vi propongo, quindi, un modo sicuro e sbrigativo<br />

d'apprendere la verità su di lui. Abbiate la bontà di esaminare, se v'aggrada, il risvolto della sua manica sinistra, come<br />

pure le tasche, capaci, della sua trapunta vestaglia».<br />

Mentr'egli parlava, il silenzio della stanza era così profondo che si sarebbe udito cadere uno spillo sul tappeto.<br />

E com'egli ebbe termi<strong>nat</strong>o di parlare, scomparve nella stessa improvvisa maniera con la quale era venuto. In qual modo

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