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RACCONTI DEL MISTERO E DEL RAZIOCINIO.pdf - nat russo

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ho paura di ciò che è per venire, è solo per i suoi risultati. Mi dà i brividi pensare che un accidente qualsiasi, anche il più<br />

banale, può avere incalcolabili conseguenze su questa anima mia agitata e tremebonda. Io non provo timore del pericolo<br />

ma solo per la sua conseguenza <strong>nat</strong>urale e sicura: il terrore. In questo mio triste stato, impotente come sono, io sento<br />

d'andare incontro, presto o tardi, a quell'istante in cui la vita e la ragione m'abbandoneranno a un tempo dibattendosi<br />

entrambe contro il lugubre fantasma PAURA».<br />

Attraverso confidenze balbettate ed ambigue, seppi, a poco a poco, anche d'un altro strano aspetto della sua<br />

condizione mentale. Egli si sentiva legato a superstiziose impressioni circa la sua dimora, dalla quale non aveva più<br />

osato uscire da anni ormai, circa un influsso della cui potenza egli mi disse con parole troppo oscure perché io le possa<br />

riferire, ma del quale compresi che era come ema<strong>nat</strong>o da talune caratteristiche della forma e della materia stessa della<br />

casa avita, un influsso che, tormentandolo a poco a poco, con lunghe, snervanti agonie, pioveva nel suo spirito, dal<br />

fisico delle grige mura, dalle torri e dal livido stagno in cui si riflettevano.<br />

Egli ammetteva, nondimeno, esitando, che una gran parte della sua stravagante melanconia gli proveniva da<br />

una causa assai più semplice e <strong>nat</strong>urale, dalla malattia cioè, lenta e feroce, dall'evidente avvicinarsi della morte d'una<br />

sua sorella adorata, unica compagna per molti anni, unica parente rimasta in terra. «La sua morte», egli proseguì, con<br />

tale accento amaro che non m'avverrà mai di scordarlo, «mi lascerà ultimo e solitario della razza degli Usher: io solo,<br />

fragile e disperato». Mentr'egli parlava, Lady Madeline - questo era il nome della sorella - passò lentamente nel fondo<br />

della stanza e scomparve poco appresso come se non m'avesse neppur visto. Fui preso insieme da gran meraviglia e<br />

timore: né riuscii a rendermi conto esatto di queste sensazioni. Un senso di stupore s'impadroniva di me, intanto, mentre<br />

io seguivo i passi di lei che s'allontanava ed allorché, alle sue spalle, una porta fu chiusa, i miei occhi ricercarono, con<br />

istintiva ansia, quelli del fratello; ma egli aveva seppellito il volto tra le mani e solo potei accorgermi d'una anormale<br />

bianchezza che gli s'era appresa alle dita affilate e bag<strong>nat</strong>e di pianto.<br />

La malattia di Lady Madeline si burlava, da tempo ormai, della scienza medica. Le sue caratteristiche più<br />

strane consistevano in una osti<strong>nat</strong>a apatia, in un progressivo deperimento e sfinimento dello spirito, interrotti da rapide e<br />

frequenti crisi d'una sorta di catalessi parziale. Ella aveva portato con fermezza il suo peso fino a quel momento e non<br />

s'era rasseg<strong>nat</strong>a a porsi in letto. E tuttavia, alla fine della mia prima serata nella casa - come suo fratello mi disse, la<br />

notte, con immensa agitazione - le bisognò cedere alla potenza del male. Ed io seppi, così, che non sarebbe,<br />

probabilmente, mai più comparsa alla mia vista e che almeno, da viva, non l'avrei più riveduta.<br />

Durante alcuni giorni, né Usher né io pronunciammo il suo nome. Non mi risparmiai, in questo frattempo, per<br />

tentare di confortare l'amico mio e così leggevamo, ovvero dipingevamo ed io ho ascoltate, più d'una volta, come<br />

perduto in sogno, le selvagge e sfre<strong>nat</strong>e improvvisazioni della sua eloquente chitarra. E più la nostra crescente intimità<br />

mi permetteva di conoscere l'animo di lui, più mi rendevo conto di quanto amaramente inutili fossero gli sforzi per<br />

restituire la salute a un'anima dalla quale il buio, come una sua peculiare e positiva caratteristica, si riversava all'intorno,<br />

in una irradiazione luttuosa e incessante, sopra tutti gli oggetti del mondo fisico e morale.<br />

Il ricordo delle lunghe ore ch'io ho passate, a faccia a faccia, col padrone della casa Usher, non m'abbandona<br />

più. Eppure invano tenterei di riferire esattamente la <strong>nat</strong>ura degli studi e delle occupazioni nelle quali egli mi trascinava.<br />

Una morbosa spiritualità illuminava gli oggetti come d'una luce sulfurea, mentre Usher improvvisava delle lunghe nenie<br />

che risoneranno eternamente alle mie orecchie. Rammento, in modo del tutto particolare, tra queste, una singolare<br />

perversione e amplificazione del selvaggio tema nell'ultimo valzer di Weber. Quanto, poi, alla pittura che nasceva<br />

dall'ardore e dal tormento della sua immaginazione e che io scorgevo, man mano, concretarsi in tocchi e pennellate<br />

successive, in forme bizzarre che più non riuscivo a comprendere e più mi mettevano i brividi, quanto alla sua pittura,<br />

quantunque io ne ritenga tuttavia l'immagine viva nella rètina, non sarei capace di ridurne che una parte, nel giro di<br />

compasso della parola scritta. Quel pittore afferrava e teneva avvinta l'attenzione con una estrema semplicità e<br />

addirittura nudità di mezzi. Se mai un mortale riuscì a dipingere un'idea, quel mortale fu Roderick Usher. È indubitato,<br />

comunque, che per me - in quelle particolari circostanze - dalle astrazioni che il mio triste amico si accaniva a dipingere<br />

si sprigionava una irresistibile impressione di terrore, tale che io non ho nemmeno provata nel contemplare le pur<br />

incandescenti ma troppo concrete fantasticherie di Fuseli.<br />

Una soltanto, forse, tra queste rappresentazioni fantastiche di Usher, perché meno rigorosamente astratta, può<br />

venire, in certo modo, adombrata nelle parole. Era una piccola tela che figurava un interno di cantina, ovvero d'un<br />

sotterraneo rettangolare, lunghissimo, dalle pareti basse, bianco, liscio, senza interruzioni né veruno ornamento. Alcuni<br />

particolari servivano a far capire che esso era situato a una enorme profondità sotto la superficie della terra: non c'erano<br />

uscite, lungo quell'interminabile canale, né torce, né altre sorgenti di luce ma un fiume d'imcomprensibili raggi lo<br />

riempiva tutto d'uno splendore spaventevole e assurdo.<br />

Ho già detto come il nervo auditivo dell'infelice mio compagno non tollerasse altra musica che quella di certi<br />

strumenti a corda. Io credo, così, che i limiti appunto cui questa affezione lo costringeva gli avevano imposto la chitarra<br />

che, a sua volta, provocava la bizzarria delle sue composizioni. Eppure ciò non spiegava la fervida felicità dei suoi<br />

impromptus. Così la musica, come le parole, delle sue selvagge fantasie - giacché egli usava spesso accompagnarsi alla<br />

chitarra con dei versi - dovevano essere, ed erano infatti, il risultato d'una intensa concentrazione delle forze dello<br />

spirito la quale, come ho detto sopra, si ottiene in alcuni particolarissimi istanti della acuta eccitazione artificiale. Nella<br />

mia memoria, ho potuto facilmente ricostruire le parole d'una di coteste rapsodie. Esse, al momento che furono udite da<br />

me la prima volta, mi impressionarono oltre misura poiché, nel loro profondo o, per così dire, mistico significato<br />

credetti sentire per la prima volta, una piena coscienza, da parte di Usher, che la sua ragione si stava oscurando. Quella<br />

composizione era intitolata Il palazzo stregato e i suoi versi, se non proprio alla lettera, sonavano press'a poco così:

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