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RACCONTI DEL MISTERO E DEL RAZIOCINIO.pdf - nat russo

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tetto, come una stoffa finemente trapunta. Tutto ciò non aveva provocato alcun deterioramento straordinario. Nessuna<br />

parte della costruzione era diroccata e sembrava che vi fosse una strana contraddizione tra la consistenza generale<br />

dell'insieme e il deterioramento delle singole i pietre, la quale mi rammentava, al tutto, l'integrità speciosa d'un qualche<br />

vecchio tavolo lasciato a imputridire in una cantina dimenticata, lungi dal soffio dell'aria esterna. A parte l'indizio di<br />

questa corrosione, l'edificio non dava alcuna sensazione di fragilità: soltanto l'occhio, forse, d'un minuzioso osservatore<br />

avrebbe scoperto una fessura, appena visibile, la quale, partendo dal tetto, correva a zig-zag il muro della facciata e<br />

andava a perdersi nelle lugubri acque dello stagno.<br />

Avevo cavalcato, così, osservando tali fenomeni, lungo un breve rialzo del terreno che menava all'entrata. Un<br />

guardiano che aspettava mi prese in quel punto il cavallo ed io passai sotto l'arco gotico dell'atrio. Un domestico dal<br />

passo furtivo mi condusse, senza dir parola, attraverso un labirinto di passaggi oscuri e intricati verso lo studio del suo<br />

padrone. Gran parte di ciò ch'io incontravo avanzando, serviva, non so bene in che modo, a confermare le vaghe<br />

impressioni di prima, quantunque gli oggetti framezzo a cui dirigevo il passo, - i cupi arazzi che pendevano dalle pareti,<br />

i pavimenti d'ebano, i soffitti intarsiati, i fantasmagorici trofei le cui armature cigolavano al mio passaggio - fossero<br />

quelli, ovvero del tutto simili a quelli, cui avevo l'abitudine fin dall'infanzia. Quantunque io non esitassi a riconoscere<br />

tutto ciò che vedevo per familiare, esso, per contro, destava in me delle immagini che non lo erano affatto ed erano anzi,<br />

per me, causa continua di stupore. Incontrai lungo una scala il medico di casa. Ebbi l'impressione che la sua fisionomia<br />

esprimesse una maligna furberia, bassa e trepida insieme, e al momento di passarmi dinanzi, prima di scomparire, che<br />

esitasse incerto. Il domestico, in quell'istante, aprì una porta e m'introdusse alla presenza del suo padrone.<br />

La stanza in cui mi trovai era assai ampia, e il soffitto molto distante. Le lunghe sottili finestre gotiche erano<br />

così rialzate dal nero pavimento di quercia ch'era assolutamente impossibile accedervi. Deboli bagliori d'una luce<br />

vermiglia si facevano strada attraverso i graticci delle impan<strong>nat</strong>e e lasciavano a malapena distinguere gli oggetti<br />

all'intorno. L'occhio frugava, invano, per quella tenebra, a ricercare gli angoli remoti della stanza o i recessi della vòlta<br />

intagliata. Oscuri arazzi pendevano anche qui dalle pareti. Il mobilio era profuso ma freddo, antico, ingombrante e<br />

logoro. Libri e strumenti musicali erano sparsi numerosi da per tutto e pur non riuscivano a ravvivare in nulla<br />

l'ambiente. M'accorsi allora ch'io respiravo un'aria addolorata. Un'aria di profonda, cupa, irrimediabile tristezza che<br />

sovrastava e invadeva tutto.<br />

Al mio entrare, Usher si levò di su un divano sul quale era sdraiato e mi accolse con una vivace effusione che lì<br />

per lì mi seppe di cordialità esagerata, dello sforzo penoso dell'uomo di mondo ennuyé. E bastò, nondimeno, ch'io lo<br />

guardassi in volto per convincermi ch'era sincero. Sedemmo, e per un certo tratto, poich'egli taceva, lo contemplai con<br />

un misto di paura e di commiserazione. In così poco tempo, non c'è dubbio, a nessun uomo è mai accaduto di operare<br />

un tal mutamento nell'aspetto come quello, orribile, ch'era occorso a Roderick Usher! Ed io potevo persuadermi a stento<br />

che l'immagine spettrale che stava dinanzi a me e il compagno della mia infanzia eran tutt'uno. Il carattere della sua<br />

faccia era stato peraltro, fin d'allora, singolare. Il pallore cadaverico, l'occhio largo, liquido e luminoso al di là d'ogni<br />

paragone, le labbra sottili e smorte, eppur meravigliosamente incurvate, il naso di stampo ebraico, ma assai delicato e<br />

dalle narici ampie che s'accordano raramente con quella forma, il mento modellato con eleganza, ma che, per essere un<br />

tantino sfuggente, tradiva una mancanza d'energia morale, i capelli d'una morbidezza e d'una sottigliezza da sembrare<br />

fili di ragno; tutti questi tratti, insomma, ai quali bisogna aggiungere uno sviluppo frontale eccessivo, gli conferivano<br />

una fisionomia che non era più possibile dimenticare. E tuttavia il cambiamento intervenuto, ora, in quelle<br />

caratteristiche già di per se stesse esagerate, era così intenso ch'io dubitavo persino di parlare proprio a lui. Il pallore,<br />

ora, del suo volto, simile a quello d'una parvenza di fantasma e il sorprendente splendore dello sguardo, mi colpirono e<br />

mi intimorirono sopra tutto il resto. Egli aveva lasciato, inoltre, che i suoi capelli, morbidi e setosi, crescessero a piacer<br />

loro, in una sorta di spuma filacciosa e selvaggia che gli aleggiava attorno al capo, così che io non ero capace di riferire<br />

quella immagine d'arabesco, per quanti sforzi facessi, a una qualsiasi idea di semplice umanità.<br />

Così, nel comportamento del mio amico, ravvisai subito alcunché d'incoerente ovvero di inconsistente, e ben<br />

presto mi accorsi d'onde proveniva e cioè da un tentativo continuato, ma debole ormai e senza speranza, di dominare e<br />

ammansire un'abituale tremore, una angosciata agitazione nervosa. A questo mi aveva preparato, del resto, non solo la<br />

sua lettera: alcun ricordo, bensì, della sua infanzia, oltre a tutto ciò che si poteva dedurre dalla sua particolare<br />

conformazione fisica e dal suo temperamento. Vivacità e fiacchezza s'erano sempre alter<strong>nat</strong>e nei modi di Usher. La sua<br />

voce, che si perdeva, spesso, come in un tremito d'incertezza - allorché sembrava che l'avessero abbando<strong>nat</strong>o persino gli<br />

spiriti vitali - saliva e si consolidava in tono energico e stringato e la sua pronuncia diveniva dura e tagliente, compatta e<br />

insieme sorda, e l'articolazione dei suoni riusciva perfettamente modulata, simile a quella che si osserva nei più<br />

disperati bevitori, negli oppiomani più incorreggibili, all'epoca dei loro più intensi eccitamenti.<br />

Egli m'intrattenne, allora, attorno alle ragioni della mia visita e al desiderio prepotente che l'aveva preso di<br />

rivedermi e al conforto che confidava di trovare in me. E discorse anche, a lungo, di ciò che costituiva, secondo lui, la<br />

<strong>nat</strong>ura del suo male. Egli riteneva che fosse un'atavica irrimediabile malattia. Poi soggiunse, immediatamente, che era<br />

una semplice affezione nervosa e che sarebbe ben presto guarita. Si manifestava in una quantità di sensazioni anormali.<br />

Mentre egli me le elencava, io ne rimanevo interessato e insieme turbato: ma forse solo per il tono della sua voce, e il<br />

modo di narrarle. Egli soffriva d'una iperacutezza dei sensi addirittura morbosa: riusciva a tollerare soltanto taluni cibi<br />

quasi privi di sapore, a vestirsi soltanto di certe determi<strong>nat</strong>e stoffe; il profumo dei fiori lo soffocava, la più debole luce<br />

gli torturava gli occhi e qualsiasi suono - salvo, forse, certuni di strumenti a corda - lo agghiacciava di spavento.<br />

Compresi che era lo schiavo impotente d'una strana forma di terrore.<br />

«Io morirò», disse, «io devo morire di questa pazzia maledetta. Così, così e non altrimenti io sarò perduto. Se

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