RACCONTI DEL MISTERO E DEL RAZIOCINIO.pdf - nat russo

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31.05.2013 Views

firmamento. E si conteneva molta scienza nelle sentenze che furono profferite dalle Sibille; e sante, sante cose furono udite dalle fosche foglie fruscianti attorno a Dodona. Ma com'è vero che Allah vive, quella fiaba che il Demonio mi narrò mentre sedeva al mio fianco, nell'ombra del sepolcro, io confido sia la più meravigliosa di tutte. E come il Demonio ebbe terminata la sua fiaba, ricadde nel cavo del sepolcro e rise. Io non potei ridere con lui e il Demonio mi maledisse perché io non potei ridere. E la lince che dimora nel sepolcro, ne uscì fuori e si distese ai piedi del Demonio e lo spiò fissa, nel volto.

RE PESTE (STORIA CHE CONTIENE UN'ALLEGORIA) Ai re gli dei di buon grado consentono quel che aborriscono nella vile canaglia. Buckhurst, Ferrex e Porrex Poteva essere la mezzanotte, all'incirca, d'una sera del mese d'ottobre, durante il cavalleresco regno di Edoardo III, allorché due marinai della Free and Easy - una goletta che commerciava tra Sluys ed il Tamigi e che in quel momento era all'àncora nel suddetto fiume - ebbero non poco a meravigliarsi d'esser seduti in una birreria della parrocchia di St. Andrews, a Londra, la quale recava nell'insegna un ritratto di Jolly Tar, come a dire dell'Allegro Marinaio. Per quanto fosse mal costrutta, avesse il soffitto basso e fosse completamente annerita dal fumo - come del resto qualsiasi altra bettola in quell'epoca - la sala, a giudicare almeno dalle opinioni che correvano frammezzo ai gruppi di bevitori, grottescamente distribuiti qua e là, sembrava sufficientemente adatta al suo scopo. Il più interessante, se non il più rimarchevole, tra quei gruppi era formato dal nostri due marinai. Quello, tra i due, che pareva il più anziano e che era chiamato, dal collega, col caratteristico nomignolo di Legs (come a dir Cianche), era oltremodo il più alto e non poteva misurare meno di sei piedi e mezzo in altezza, e si può credere che fosse appunto quella sua prodigiosa altezza a costringerlo a tenere le spalle un po' curve. È da rilevare, nondimeno, che tutto ciò ch'egli aveva in soprappiù per l'altezza era compensato a dovere da varie deficienze altrove. Egli era, così, straordinariamente magro, per modo che, secondo affermavano i suoi compagni, avrebbe saputo sostituire, quand'era ubriaco, una fiamma d'albero, come pure l'asta del fiocco, al momento d'esser digiuno. Cotesti scherzi ed altri di consimile natura, era però da credere che non avessero mai agito con efficacia sui muscoli risori del nostro lupo di mare, dacché la sua fisionomia, dagli zigomi prominenti, dal gran naso a becco di falco, dal mento sfuggente, dalla mascella inferiore rilasciata e dagli enormi occhi bianchi che sembravano schizzar fuori dall'orbite, ancorché fosse ispirata a una sorta di cagnesca indifferenza, era talmente solenne e seriosa che ogni tentativo per descriverla o imitarla riuscirebbe infruttuoso. Il più giovane, almeno all'aspetto esterno, era l'esatto opposto del suo amico. Per la statura, arrivava sì e no ai quattro piedi. Un paio di gambe, tozze ed arcuate, aveva l'ufficio di reggere un corpicciattolo pesante e massiccio dal quale penzolavano, corte e grosse fuori di misura, terminate da due pugni smisurati, le braccia che parevano le zampette d'una tartaruga di mare. Profondamente infissi nella testa, gli lustravano due occhietti d'un colore non precisabile, uno di qua e l'altro di là d'un naso il quale era rimasto come seppellito nella massa di carne della sua faccia rotonda e rubizza. Il rigonfio labbro superiore posava su quello inferiore che era anche più rigonfio e dava a quella fisionomia un'aria di soddisfatto compiacimento di se stessa la quale era non poco accresciuta dall'abitudine che aveva il suo proprietario di leccarseli di tanto in tanto. Era indubitato che egli contemplasse il suo lungo compagno con un sentimento il quale, per una metà aveva della meraviglia, e della burla per l'altra. In certi momenti poi, lo guardava in viso al modo stesso con cui il sole rossastro del crepuscolo s'affissa in cima alle scoscese rupi di Ben Nevis. Le peregrinazioni di quella degna coppia nelle varie osterie circonvicine, nelle prime ore della serata erano state diverse e ricche d'avvenimenti eccezionali. E nulladimeno, poiché i fondi, anche i più copiosi, finiscono coll'esaurirsi, i nostri eroi, nell'avventurarsi in quella nuova taverna, s'eran trovati colle tasche vuote. Nell'istante preciso in cui s'inizia questa storia, Legs ed il suo compagno Hugh Tarpaulin stavano seduti, nel bel mezzo della sala, e ciascuno aveva i propri gomiti puntati sull'enorme tavola di legno e il capo tra le mani. Essi occhieggiavano, da dietro un'enorme bottiglia di humming-stuff che s'eran ben guardati dal pagare, le imponenti parole: «No chalk» le quali, a significar che non vi sarebbe stato gesso a segnare i loro debiti, si vedevano poi, con loro indignato stupore, iscritte sulla porta a caratteri cubitali proprio con quell'istesso minerale di cui si negava, in esse, l'esistenza. Non che si avesse ragione d'attribuire ai nostri due discepoli del mare la dote di decifrare i caratteri iscritti - la quale era considerata, a quel tempo, poco meno cabalistica che non fosse l'arte del poetare - ma è che nella formazione delle cifre essi non potevano fare a meno di notare, ad esser sinceri, un cotale attortigliamento e un'agitazione di complicata descrizione, le quali davano a prevedere tutta un'infilata di pessime stagioni. Per modo che d'un subito essi ebbero adottata la decisione, per ripetere le allegoriche parole dello stesso Legs, di «preparare le pompe, caricare l'intero velame e fuggir via innanzi al vento». Ingoiato che ebbero quel che restava della birra, e allacciati che si furono i corti farsetti, si buttarono a scapicollo verso la strada. Nonostante Tarpaulin, nell'avviarsi speditamente alla porta, non potesse impedirsi di rotolar ben due volte in terra, la loro fuga finì coll'essere felicemente effettuata, a mezz'ora appresso la mezzanotte i nostri due compari, evitata la bufera, stavan decisamente filando lungo un'oscura straduzza diritto verso St. Andrews Stair, con alle calcagna l'ardimentosa ostessa del «Jolly Tar». Qualche anno innanzi, come pure qualche anno appresso all'odierna movimentata storia, l'Inghilterra tutta, ed in special modo la metropoli, aveva periodicamente risonato del pauroso grido: «La peste!». La città era, per una gran parte, disabitata e negli orribili quartieri lungo il Tamigi, da cui negri e immondi angiporti era opinione che si riversasse, ogni volta, il Dèmone dell'Epidemia, non avveniva che s'incontrasse alcuno fuori che la Paura, il Terrore e la Superstizione in maestoso corteo. Per ordine sovrano quei quartieri furono messi al bando e fu proibito, sotto pena di morte, l'avventurarsi nella loro orrida e desolata solitudine. E nulladimeno non valse il decreto sovrano, non le alte barriere innalzate agli sbocchi delle strade, non la prospettiva d'una morte atroce che con ogni sicurezza avrebbe abbattuto l'incauto cui nessun pericolo era riuscito a dissuadere dall'avventura; nulla valse insomma, a che le case, senza più mobili e abitanti, non

RE PESTE<br />

(STORIA CHE CONTIENE UN'ALLEGORIA)<br />

Ai re gli dei di buon grado consentono quel che aborriscono nella vile canaglia.<br />

Buckhurst, Ferrex e Porrex<br />

Poteva essere la mezzanotte, all'incirca, d'una sera del mese d'ottobre, durante il cavalleresco regno di Edoardo<br />

III, allorché due marinai della Free and Easy - una goletta che commerciava tra Sluys ed il Tamigi e che in quel<br />

momento era all'àncora nel suddetto fiume - ebbero non poco a meravigliarsi d'esser seduti in una birreria della<br />

parrocchia di St. Andrews, a Londra, la quale recava nell'insegna un ritratto di Jolly Tar, come a dire dell'Allegro<br />

Marinaio.<br />

Per quanto fosse mal costrutta, avesse il soffitto basso e fosse completamente annerita dal fumo - come del<br />

resto qualsiasi altra bettola in quell'epoca - la sala, a giudicare almeno dalle opinioni che correvano frammezzo ai gruppi<br />

di bevitori, grottescamente distribuiti qua e là, sembrava sufficientemente adatta al suo scopo. Il più interessante, se non<br />

il più rimarchevole, tra quei gruppi era formato dal nostri due marinai. Quello, tra i due, che pareva il più anziano e che<br />

era chiamato, dal collega, col caratteristico nomignolo di Legs (come a dir Cianche), era oltremodo il più alto e non<br />

poteva misurare meno di sei piedi e mezzo in altezza, e si può credere che fosse appunto quella sua prodigiosa altezza a<br />

costringerlo a tenere le spalle un po' curve. È da rilevare, nondimeno, che tutto ciò ch'egli aveva in soprappiù per<br />

l'altezza era compensato a dovere da varie deficienze altrove. Egli era, così, straordinariamente magro, per modo che,<br />

secondo affermavano i suoi compagni, avrebbe saputo sostituire, quand'era ubriaco, una fiamma d'albero, come pure<br />

l'asta del fiocco, al momento d'esser digiuno. Cotesti scherzi ed altri di consimile <strong>nat</strong>ura, era però da credere che non<br />

avessero mai agito con efficacia sui muscoli risori del nostro lupo di mare, dacché la sua fisionomia, dagli zigomi<br />

prominenti, dal gran naso a becco di falco, dal mento sfuggente, dalla mascella inferiore rilasciata e dagli enormi occhi<br />

bianchi che sembravano schizzar fuori dall'orbite, ancorché fosse ispirata a una sorta di cagnesca indifferenza, era<br />

talmente solenne e seriosa che ogni tentativo per descriverla o imitarla riuscirebbe infruttuoso.<br />

Il più giovane, almeno all'aspetto esterno, era l'esatto opposto del suo amico. Per la statura, arrivava sì e no ai<br />

quattro piedi. Un paio di gambe, tozze ed arcuate, aveva l'ufficio di reggere un corpicciattolo pesante e massiccio dal<br />

quale penzolavano, corte e grosse fuori di misura, termi<strong>nat</strong>e da due pugni smisurati, le braccia che parevano le zampette<br />

d'una tartaruga di mare. Profondamente infissi nella testa, gli lustravano due occhietti d'un colore non precisabile, uno di<br />

qua e l'altro di là d'un naso il quale era rimasto come seppellito nella massa di carne della sua faccia rotonda e rubizza.<br />

Il rigonfio labbro superiore posava su quello inferiore che era anche più rigonfio e dava a quella fisionomia un'aria di<br />

soddisfatto compiacimento di se stessa la quale era non poco accresciuta dall'abitudine che aveva il suo proprietario di<br />

leccarseli di tanto in tanto.<br />

Era indubitato che egli contemplasse il suo lungo compagno con un sentimento il quale, per una metà aveva<br />

della meraviglia, e della burla per l'altra. In certi momenti poi, lo guardava in viso al modo stesso con cui il sole<br />

rossastro del crepuscolo s'affissa in cima alle scoscese rupi di Ben Nevis.<br />

Le peregrinazioni di quella degna coppia nelle varie osterie circonvicine, nelle prime ore della serata erano<br />

state diverse e ricche d'avvenimenti eccezionali. E nulladimeno, poiché i fondi, anche i più copiosi, finiscono<br />

coll'esaurirsi, i nostri eroi, nell'avventurarsi in quella nuova taverna, s'eran trovati colle tasche vuote.<br />

Nell'istante preciso in cui s'inizia questa storia, Legs ed il suo compagno Hugh Tarpaulin stavano seduti, nel<br />

bel mezzo della sala, e ciascuno aveva i propri gomiti puntati sull'enorme tavola di legno e il capo tra le mani. Essi<br />

occhieggiavano, da dietro un'enorme bottiglia di humming-stuff che s'eran ben guardati dal pagare, le imponenti parole:<br />

«No chalk» le quali, a significar che non vi sarebbe stato gesso a segnare i loro debiti, si vedevano poi, con loro<br />

indig<strong>nat</strong>o stupore, iscritte sulla porta a caratteri cubitali proprio con quell'istesso minerale di cui si negava, in esse,<br />

l'esistenza. Non che si avesse ragione d'attribuire ai nostri due discepoli del mare la dote di decifrare i caratteri iscritti -<br />

la quale era considerata, a quel tempo, poco meno cabalistica che non fosse l'arte del poetare - ma è che nella<br />

formazione delle cifre essi non potevano fare a meno di notare, ad esser sinceri, un cotale attortigliamento e<br />

un'agitazione di complicata descrizione, le quali davano a prevedere tutta un'infilata di pessime stagioni. Per modo che<br />

d'un subito essi ebbero adottata la decisione, per ripetere le allegoriche parole dello stesso Legs, di «preparare le pompe,<br />

caricare l'intero velame e fuggir via innanzi al vento».<br />

Ingoiato che ebbero quel che restava della birra, e allacciati che si furono i corti farsetti, si buttarono a<br />

scapicollo verso la strada. Nonostante Tarpaulin, nell'avviarsi speditamente alla porta, non potesse impedirsi di rotolar<br />

ben due volte in terra, la loro fuga finì coll'essere felicemente effettuata, a mezz'ora appresso la mezzanotte i nostri due<br />

compari, evitata la bufera, stavan decisamente filando lungo un'oscura straduzza diritto verso St. Andrews Stair, con<br />

alle calcagna l'ardimentosa ostessa del «Jolly Tar».<br />

Qualche anno innanzi, come pure qualche anno appresso all'odierna movimentata storia, l'Inghilterra tutta, ed<br />

in special modo la metropoli, aveva periodicamente riso<strong>nat</strong>o del pauroso grido: «La peste!». La città era, per una gran<br />

parte, disabitata e negli orribili quartieri lungo il Tamigi, da cui negri e immondi angiporti era opinione che si<br />

riversasse, ogni volta, il Dèmone dell'Epidemia, non avveniva che s'incontrasse alcuno fuori che la Paura, il Terrore e la<br />

Superstizione in maestoso corteo.<br />

Per ordine sovrano quei quartieri furono messi al bando e fu proibito, sotto pena di morte, l'avventurarsi nella<br />

loro orrida e desolata solitudine. E nulladimeno non valse il decreto sovrano, non le alte barriere innalzate agli sbocchi<br />

delle strade, non la prospettiva d'una morte atroce che con ogni sicurezza avrebbe abbattuto l'incauto cui nessun<br />

pericolo era riuscito a dissuadere dall'avventura; nulla valse insomma, a che le case, senza più mobili e abitanti, non

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