MAURICE HALBWACHS Les cadres sociaux de la mémoire Paris ...

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31.05.2013 Views

Indubbiamente si può essere impegnati nel pubblico solo a metà, o solo in apparenza. Ma si gioca allora un doppio ruolo e nella misura in cui si è parte della società si accetta di ricordare come lei. Questa è indubbiamente l’evoluzione della maggior parte degli uomini che si mescolano e si confondono con il gruppo sociale all’interno del quale svolgono la loro attività solo nel periodo corto ed occupato nel quale la loro vita professionale e mondana è al culmine. Allora, a differenza del bambino, che non ha ancora dove perdersi e dell’anziano, che ha ripreso possesso di sé, essi non si appartengono più. Scorrete le memorie nelle quali un amministratore, un uomo di affari o di stato che svolse coscienziosamente la sua funzione, racconta i fatti che resero faticosi ed agitati i suoi anni: più che la sua storia è la storia di un gruppo sociale, professionale o pubblico. Non è tanto il contenuto quanto il tono e qualche osservazione (nelle quali d’altra parte ritroviamo spesso le reazioni di una cerchia di persone e l’animo di una cricca) e forse la scelta degli avvenimenti che distinguono questo racconto individuale o quest’autobiografia da un lavoro storico che ha per oggetto il racconto dei fatti così come sono stati visti da un gruppo di uomini e col significato che essi ebbero per loro. Quando si dice di uno scrittore che la sua storia si confonde con quella delle sue opere, ciò significa che egli non esce affatto dal mondo interiore che si è creato: ma quando si dice di un guerriero o di un medico o di un prete che la sua storia si confonde con quella delle sue imprese, delle sue guarigioni, delle sue conversioni, si lascia intendere, al contrario, che egli non ebbe il tempo di rientrare in se stesso e che le preoccupazioni comuni alle quali egli fu più specificamente preposto o esposto per la sua funzione, furono sufficienti a riempirne l’animo. In molte circostanze in cui uomini e famiglie diverse partecipano in comune alle stesse distrazioni, agli stessi lavori, alle stesse cerimonie, l’evento li colpisce meno per quel che di esso resta nella vita della famiglia che per quello che ne resta esterno; essi lo ricordano come un fatto impersonale. Ma lo stesso accade quando in un gruppo di famiglie vicine si moltiplicano le relazioni, sia, che, come nei villaggi contadini, esse siano riunite dal luogo in cui abitano, sia che, come nelle classi alte, esse si fondino sulla stima delle altre ed abbiano bisogno di mantenere e rinnovare attraverso il contatto con queste ultime, il senso della loro superiorità. Allora i membri di ogni famiglia introducono incessantemente nel pensiero del proprio gruppo relazioni, interpretazioni e giudizi presi a prestito dalle famiglie vicine. Cosa diviene la memoria della famiglia? Essa deve comprendere al suo interno non uno ma più gruppi la cui importanza, e anche l’aspetto e le relazioni reciproche, cambiano ad ogni istante. Dal momento che essa considera gli eventi abbastanza notevoli da venir conservati e raccontati spesso dal punto di vista degli altri, oltre che dal suo, essa li traduce in termini generali. Il quadrò di eventi che le permette di ritrovare i ricordi specifici della famiglia della quale è la memoria potrebbe forse distinguersi facilmente dai quadri specifici delle altre famiglie, se ci si limitasse alle figure, alle immagini: si potrebbe così delimitare nello spazio il campo di ognuna e le si potrebbero assegnare solo quei corsi di eventi che vi si sono verificati, come in tante caselle distinte. Ma, lo abbiamo già detto, il quadro della memoria familiare è fatto, più che di figure o d’immagini, di nozioni, nozioni di persone o nozioni di fatti, 22

singolari e storiche, certo, ma che hanno d’altra parte tutti i caratteri dei pensieri comuni a tutto un gruppo ed anche a diversi gruppi. Così le tradizioni proprie di ogni famiglia si stagliano su di un fondo di nozioni generali impersonali e non è d’altronde facile indicare il limite che separa le une dalle altre. Si capisce che una famiglia che è appena nata ed avverte soprattutto il bisogno di adattarsi all’ambiente sociale nel quale è chiamata a vivere volga le spalle alle tradizioni dei gruppi parentali dai quali si è appena emancipata e venga ispirandosi soprattutto a quella logica generale che determina le relazioni delle famiglie tra di loro. Ma dal momento che ogni famiglia ha presto una sua storia, dal momento che la sua memoria si arricchisce di giorno in giorno, i suoi ricordi, nella loro forma personale, vengono precisandosi e fissandosi, essa tende progressivamente ad interpretare a suo modo le concezioni che prende a prestito dalla società. Finisce per avere la sua logica e le sue tradizioni che somigliano a quelle della società più ampia, perché derivano da essa e perché le stesse continuano a regolare i suoi rapporti con quest’ultima, ma che si distinguono, anche, da quelle perché si impregnano a poco a poco della sua esperienza specifica ed hanno, il ruolo di assicurare sempre più la sua coesione e garantire la sua continuità. NOTE I) Durkheim, Corso inedito sulla famiglia. 2) Lo schiavo ed il cliente facevano parte della famiglia ed erano sepolti nella tomba comune. Fustel de Coulanges, La cité antique, 20° ed., p. 67, n. ed anche p. 127 e ss. 3) Lacombe (Paul), La famille dans la société romaine, étude de moralité comparée, 1889, p. 208 e ss. 4) Fustel de Coulanges, loc. cit., p. 64 e ss. 5) Ibid., p. 68: “il diritto romano esige che se una famiglia vende il campo ove è la sua tomba, essa resta almeno proprietaria di quella tomba e conserva in eterno il diritto di traversare il campo per andare a compiere le cerimonie del culto. L’uso antico era di seppellire i morti non in cimiteri o sul bordo di una strada, ma nel campo di ogni famiglia”. 6) lbid.,p.73. 7) Usener, Gòtternamen, p. 75. 8) Usener riporta da Bahrios la storia di un contadino che si reca in città per implorare i grandi dei, perché sono più potenti di quelli della campagna. Ibid., p. 247. Fustel de Coulanges, spiegando come la plebe “un tempo folla senza culto, ebbe da un certo punto in poi le sue cerimonie religiose e le sue feste”, dice che “ora una famiglia plebea si costruì un focolare... ora il plebeo, senza culto domestico, ebbe accesso ai templi della città”. La cité antique, p. 328. 9) Durkheim, cit. 10) Fustel de Coulanges, op. cit., p. 47. 23

singo<strong>la</strong>ri e storiche, certo, ma che hanno d’altra parte tutti i caratteri <strong>de</strong>i pensieri<br />

comuni a tutto un gruppo ed anche a diversi gruppi. Così le tradizioni proprie di ogni<br />

famiglia si stagliano su di un fondo di nozioni generali impersonali e non è d’altron<strong>de</strong><br />

facile indicare il limite che separa le une dalle altre. Si capisce che una famiglia che è<br />

appena nata ed avverte soprattutto il bisogno di adattarsi all’ambiente sociale nel<br />

quale è chiamata a vivere volga le spalle alle tradizioni <strong>de</strong>i gruppi parentali dai quali<br />

si è appena emancipata e venga ispirandosi soprattutto a quel<strong>la</strong> logica generale che<br />

<strong>de</strong>termina le re<strong>la</strong>zioni <strong>de</strong>lle famiglie tra di loro. Ma dal momento che ogni famiglia<br />

ha presto una sua storia, dal momento che <strong>la</strong> sua memoria si arricchisce di giorno in<br />

giorno, i suoi ricordi, nel<strong>la</strong> loro forma personale, vengono precisandosi e fissandosi,<br />

essa ten<strong>de</strong> progressivamente ad interpretare a suo modo le concezioni che pren<strong>de</strong> a<br />

prestito dal<strong>la</strong> società. Finisce per avere <strong>la</strong> sua logica e le sue tradizioni che<br />

somigliano a quelle <strong>de</strong>l<strong>la</strong> società più ampia, perché <strong>de</strong>rivano da essa e perché le<br />

stesse continuano a rego<strong>la</strong>re i suoi rapporti con quest’ultima, ma che si distinguono,<br />

anche, da quelle perché si impregnano a poco a poco <strong>de</strong>l<strong>la</strong> sua esperienza specifica ed<br />

hanno, il ruolo di assicurare sempre più <strong>la</strong> sua coesione e garantire <strong>la</strong> sua continuità.<br />

NOTE<br />

I) Durkheim, Corso inedito sul<strong>la</strong> famiglia.<br />

2) Lo schiavo ed il cliente facevano parte <strong>de</strong>l<strong>la</strong> famiglia ed erano sepolti nel<strong>la</strong> tomba<br />

comune. Fustel <strong>de</strong> Cou<strong>la</strong>nges, La cité antique, 20° ed., p. 67, n. ed anche p. 127 e ss.<br />

3) Lacombe (Paul), La famille dans <strong>la</strong> société romaine, étu<strong>de</strong> <strong>de</strong> moralité comparée,<br />

1889, p. 208 e ss.<br />

4) Fustel <strong>de</strong> Cou<strong>la</strong>nges, loc. cit., p. 64 e ss.<br />

5) Ibid., p. 68: “il diritto romano esige che se una famiglia ven<strong>de</strong> il campo ove è<br />

<strong>la</strong> sua tomba, essa resta almeno proprietaria di quel<strong>la</strong> tomba e conserva in eterno il<br />

diritto di traversare il campo per andare a compiere le cerimonie <strong>de</strong>l culto. L’uso<br />

antico era di seppellire i morti non in cimiteri o sul bordo di una strada, ma nel<br />

campo di ogni famiglia”.<br />

6) lbid.,p.73.<br />

7) Usener, Gòtternamen, p. 75.<br />

8) Usener riporta da Bahrios <strong>la</strong> storia di un contadino che si reca in città per<br />

implorare i grandi <strong>de</strong>i, perché sono più potenti di quelli <strong>de</strong>l<strong>la</strong> campagna. Ibid., p. 247.<br />

Fustel <strong>de</strong> Cou<strong>la</strong>nges, spiegando come <strong>la</strong> plebe “un tempo fol<strong>la</strong> senza culto, ebbe da<br />

un certo punto in poi le sue cerimonie religiose e le sue feste”, dice che “ora una<br />

famiglia plebea si costruì un foco<strong>la</strong>re... ora il plebeo, senza culto domestico, ebbe<br />

accesso ai templi <strong>de</strong>l<strong>la</strong> città”. La cité antique, p. 328.<br />

9) Durkheim, cit.<br />

10) Fustel <strong>de</strong> Cou<strong>la</strong>nges, op. cit., p. 47.<br />

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