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31.05.2013 Views

l’attenzione dei membri della famiglia sarà stata attratta dagli atti, dalle parole o semplicemente dalla persona di quel parente: essi non dimenticheranno mai ciò che egli è stato a tutta prima, quando è entrato nel loro gruppo e questo ricordo o questa nozione determinerà il corso che seguiranno poi tutte le impressioni che egli potrà suscitare in loro. Così non c’è evento o persona di cui la famiglia conservi il ricordo che non presenti questi due caratteri: da un lato esso costituisce un quadro singolarmente ricco e dotato di profondità, dal momento che vi ritroviamo le realtà che conosciamo personalmente grazie all’esperienza più intima; dall’altro ci obbliga a considerarlo dal punto di vista del nostro gruppo, a ricordarci cioè dei rapporti di parentela che spiegano il suo interesse per tutti i nostri cari. Accade per le persone e gli eventi della famiglia è ciò che si verifica in molti altri casi. Sembra che li si ricordi in due modi, sia che si evochino delle immagini particolari, che corrispondono ognuna ad un solo fatto, ad un’unica circostanza: nel nostro caso, o l’intera serie delle impressioni che serbiamo di ognuno dei nostri familiari e che spiega che noi gli attribuiamo una fisionomia originale e non lo confondiamo con nessun altro; sia che pronunciando invece i loro nomi si provi un senso di familiarità, come in presenza di esseri di cui conosciamo bene il posto all’interno di un insieme, la posizione relativa agli esseri ed agli oggetti vicini: nel nostro caso, la nozione di gradi di parentela, come si esprime in parole. Ma la memoria familiare non si riduce, lo abbiamo visto, alla riproduzione pura e semplice di una serie di impressioni individuali, così come passarono un tempo per la nostra coscienza. Né d’altra parte essa consiste semplicemente nella ripetizione di parole, nella ripresa di gesti. Essa non risulta, infine, neppure da una semplice associazione di questi due tipi di dati. Quando la famiglia ricorda essa usa certo, delle parole e fa, certo, riferimento a degli eventi o a delle immagini che furono unici nel loro genere: ma né queste parole, che non sono che movimenti materiali, né questi eventi o immagini remote, che non sono che oggetti virtuali di sensazione o di pensiero, costituiscono l’essenza della memoria: un ricordo di famiglia deve essere altro: e deve però orientarci verso quelle immagini e quegli eventi e, contemporaneamente fondarsi su quei nomi. Nulla ci dà meglio l’idea di questo tipo di ricordi dei nomi propri, che non sono né nozioni generali né immagini individuali e che indicano al tempo stesso un rapporto di parentela ed una persona. I nomi propri somigliano ai nomi di cui ci si serve per designare gli oggetti per il fatto di presupporre un accordo tra i membri del gruppo familiare. Quando penso, ad esempio, al nome di mio fratello, mi servo di un segno materiale che non è di per sé privo di significato. Non soltanto è scelto in un repertorio di nomi stabilito dalla società, ognuno dei quali evoca nel pensiero comune taluni ricordi (santi del calendario, personaggi storici che l’hanno portato), ma anche, per la sua lunghezza, per i suoni che lo compongono, la frequenza o la rarità dell’uso, desta delle impressioni caratteristiche. Ne deriva che i nomi propri, benché scelti senza tener conto dei soggetti ai quali vengono dati, sembrano far parte della loro natura; non soltanto un nome cambia per noi per il fatto di essere portato da un fratello, ma nostro fratello stesso, per il fratto di portare quel nome ci sembra diverso da come sarebbe se si chiamasse in un altro modo. Come potrebbe questo verificarsi 14

se il nome non fosse che una specie di etichetta materiale attaccata all’immagine di una persona o ad una serie di immagini che ci ricordano quella persona? Bisogna che, al di là del segno materiale, noi pensiamo, a proposito del nome, a quello che esso simboleggia e da cui è d’altronde inseparabile. Ora se i nomi contribuiscono tanto a differenziare i componenti di una famiglia, è perché essi rispondono al bisogno che prova in effetti il gruppo di distinguerli per sé e di intendersi al tempo stesso sul principio ed il mezzo ditale distinzione. Il principio è la parentela che fa sì che ogni membro della famiglia vi occupi una posizione fissa ed irriducibile ad ogni altra. Il mezzo è l’abitudine di designare colui che occupa questa posizione con un nome. Il segno materiale in quanto tale gioca dunque un ruolo del tutto accessorio: l’essenziale è che il mio pensiero si accordi allora con quelli che, nell’animo dei miei parenti, rappresentano mio fratello: il nome non e che il simbolo di questo accordo, di cui posso fare ad ogni istante, o di cui ho fatto da tempo l’esperienza: è a quest’accordo che penso, molto più che alla parola stessa, sebbene la parola sia compresa in questo accordo. Il mio pensiero, dunque, e in tal caso singolarmente ricco e complesso, perché è il pensiero del gruppo alle cui dimensioni si allarga per un attimo la mia coscienza. Sento allora che mi basterebbe pronunciare questo nome in presenza degli altri parenti perché ognuno di essi sappia di chi sto parlando e si prepari a dirmi tutto ciò che sa di lui. Poco importa che io non svolga realmente quest’inchiesta: l’essenziale è che io la sappia possibile, che io resti, cioè, in contatto con i membri della mia famiglia. La maggior parte delle idee che ci passano per la mente non si rifà al sentimento più o meno preciso che potremmo, se volessimo, analizzarne il contenuto? Raramente, però, si giunge al termine di tale analisi, e in genere neppure la si porta molto avanti. Immaginando tuttavia di esaurire tale indagine, so bene che essa mi permetterà di sostituire al nome quell’insieme di impressioni particolari concrete che in epoche successive i miei parenti e io stesso abbiamo avuto di mio fratello, nella misura in cui è possibile ricostruirle. Ci sono dunque davvero, dietro il nome proprio, delle immagini che potremmo, in certe condizioni, far riaffiorare: ma questa possibilità deriva dall’esistenza del nostro gruppo, dal suo persistere, dalla sua integrità. E questo il motivo per cui, in momenti diversi, sebbene nome continui a designare per noi la stessa persona unita a noi dagli stessi rapporti di parentela, per le trasformazioni del gruppo, per il fatto che la su esperienza di uno stesso parente al tempo stesso arricchisce di molte impressioni nuove e si impoverisce nei suoi contenuti, per la scomparsa di taluni testimoni, per le lacune che crivellano la memoria quelli che sopravvivono, il ricordo di un parente non racchiude, in momenti successivi, lo stesso insieme di tratti personali. Cosa succederebbe se tutti i membri della mi famiglia sparissero? Conserverei per qualche tempo l’abitudine di attribuire un senso ai loro nomi. I effetti quando un gruppo, ci ha a lungo profondamente influenzati, noi ne veniamo talmente satura che anche quando siamo soli, agiamo e pensiamo come se fossimo ancora sotto la sua pressione. È un sentimento naturale perché una perdita recente solo alla lunga manifesta tutti i suoi effetti. Del resto, quand’anche la mia famiglia si fosse estinta, non potrei forse trovare dei parenti sconosciuti, o delle persone che hanno conosciuto i miei parenti e per i quali questi nomi propri e questi cognomi potrebbero ancora 15

se il nome non fosse che una specie di etichetta materiale attaccata all’immagine di<br />

una persona o ad una serie di immagini che ci ricordano quel<strong>la</strong> persona? Bisogna che,<br />

al di là <strong>de</strong>l segno materiale, noi pensiamo, a proposito <strong>de</strong>l nome, a quello che esso<br />

simboleggia e da cui è d’altron<strong>de</strong> inseparabile. Ora se i nomi contribuiscono tanto a<br />

differenziare i componenti di una famiglia, è perché essi rispondono al bisogno che<br />

prova in effetti il gruppo di distinguerli per sé e di inten<strong>de</strong>rsi al tempo stesso sul principio<br />

ed il mezzo ditale distinzione. Il principio è <strong>la</strong> parente<strong>la</strong> che fa sì che ogni<br />

membro <strong>de</strong>l<strong>la</strong> famiglia vi occupi una posizione fissa ed irriducibile ad ogni altra. Il<br />

mezzo è l’abitudine di <strong>de</strong>signare colui che occupa questa posizione con un nome. Il<br />

segno materiale in quanto tale gioca dunque un ruolo <strong>de</strong>l tutto accessorio: l’essenziale<br />

è che il mio pensiero si accordi allora con quelli che, nell’animo <strong>de</strong>i miei parenti,<br />

rappresentano mio fratello: il nome non e che il simbolo di questo accordo, di cui<br />

posso fare ad ogni istante, o di cui ho fatto da tempo l’esperienza: è a quest’accordo<br />

che penso, molto più che al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> stessa, sebbene <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> sia compresa in questo<br />

accordo. Il mio pensiero, dunque, e in tal caso singo<strong>la</strong>rmente ricco e complesso,<br />

perché è il pensiero <strong>de</strong>l gruppo alle cui dimensioni si al<strong>la</strong>rga per un attimo <strong>la</strong> mia<br />

coscienza. Sento allora che mi basterebbe pronunciare questo nome in presenza <strong>de</strong>gli<br />

altri parenti perché ognuno di essi sappia di chi sto par<strong>la</strong>ndo e si prepari a dirmi tutto<br />

ciò che sa di lui. Poco importa che io non svolga realmente quest’inchiesta:<br />

l’essenziale è che io <strong>la</strong> sappia possibile, che io resti, cioè, in contatto con i membri<br />

<strong>de</strong>l<strong>la</strong> mia famiglia. La maggior parte <strong>de</strong>lle i<strong>de</strong>e che ci passano per <strong>la</strong> mente non si rifà<br />

al sentimento più o meno preciso che potremmo, se volessimo, analizzarne il<br />

contenuto? Raramente, però, si giunge al termine di tale analisi, e in genere neppure<br />

<strong>la</strong> si porta molto avanti. Immaginando tuttavia di esaurire tale indagine, so bene che<br />

essa mi permetterà di sostituire al nome quell’insieme di impressioni partico<strong>la</strong>ri<br />

concrete che in epoche successive i miei parenti e io stesso abbiamo avuto di mio<br />

fratello, nel<strong>la</strong> misura in cui è possibile ricostruirle. Ci sono dunque davvero, dietro il<br />

nome proprio, <strong>de</strong>lle immagini che potremmo, in certe condizioni, far riaffiorare: ma<br />

questa possibilità <strong>de</strong>riva dall’esistenza <strong>de</strong>l nostro gruppo, dal suo persistere, dal<strong>la</strong> sua<br />

integrità. E questo il motivo per cui, in momenti diversi, sebbene nome continui a<br />

<strong>de</strong>signare per noi <strong>la</strong> stessa persona unita a noi dagli stessi rapporti di parente<strong>la</strong>, per le<br />

trasformazioni <strong>de</strong>l gruppo, per il fatto che <strong>la</strong> su esperienza di uno stesso parente al<br />

tempo stesso arricchisce di molte impressioni nuove e si impoverisce nei suoi<br />

contenuti, per <strong>la</strong> scomparsa di taluni testimoni, per le <strong>la</strong>cune che crivel<strong>la</strong>no <strong>la</strong><br />

memoria quelli che sopravvivono, il ricordo di un parente non racchiu<strong>de</strong>, in momenti<br />

successivi, lo stesso insieme di tratti personali.<br />

Cosa succe<strong>de</strong>rebbe se tutti i membri <strong>de</strong>l<strong>la</strong> mi famiglia sparissero? Conserverei<br />

per qualche tempo l’abitudine di attribuire un senso ai loro nomi. I effetti quando un<br />

gruppo, ci ha a lungo profondamente influenzati, noi ne veniamo talmente satura che<br />

anche quando siamo soli, agiamo e pensiamo come se fossimo ancora sotto <strong>la</strong> sua<br />

pressione. È un sentimento naturale perché una perdita recente solo al<strong>la</strong> lunga<br />

manifesta tutti i suoi effetti. Del resto, quand’anche <strong>la</strong> mia famiglia si fosse estinta,<br />

non potrei forse trovare <strong>de</strong>i parenti sconosciuti, o <strong>de</strong>lle persone che hanno conosciuto<br />

i miei parenti e per i quali questi nomi propri e questi cognomi potrebbero ancora<br />

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