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MAURICE HALBWACHS Les cadres sociaux de la mémoire Paris ...

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l’attenzione <strong>de</strong>i membri <strong>de</strong>l<strong>la</strong> famiglia sarà stata attratta dagli atti, dalle parole o<br />

semplicemente dal<strong>la</strong> persona di quel parente: essi non dimenticheranno mai ciò che<br />

egli è stato a tutta prima, quando è entrato nel loro gruppo e questo ricordo o questa<br />

nozione <strong>de</strong>terminerà il corso che seguiranno poi tutte le impressioni che egli potrà<br />

suscitare in loro. Così non c’è evento o persona di cui <strong>la</strong> famiglia conservi il ricordo<br />

che non presenti questi due caratteri: da un <strong>la</strong>to esso costituisce un quadro<br />

singo<strong>la</strong>rmente ricco e dotato di profondità, dal momento che vi ritroviamo le realtà<br />

che conosciamo personalmente grazie all’esperienza più intima; dall’altro ci obbliga<br />

a consi<strong>de</strong>rarlo dal punto di vista <strong>de</strong>l nostro gruppo, a ricordarci cioè <strong>de</strong>i rapporti di<br />

parente<strong>la</strong> che spiegano il suo interesse per tutti i nostri cari.<br />

Acca<strong>de</strong> per le persone e gli eventi <strong>de</strong>l<strong>la</strong> famiglia è ciò che si verifica in molti<br />

altri casi. Sembra che li si ricordi in due modi, sia che si evochino <strong>de</strong>lle immagini<br />

partico<strong>la</strong>ri, che corrispondono ognuna ad un solo fatto, ad un’unica circostanza: nel<br />

nostro caso, o l’intera serie <strong>de</strong>lle impressioni che serbiamo di ognuno <strong>de</strong>i nostri<br />

familiari e che spiega che noi gli attribuiamo una fisionomia originale e non lo<br />

confondiamo con nessun altro; sia che pronunciando invece i loro nomi si provi un<br />

senso di familiarità, come in presenza di esseri di cui conosciamo bene il posto<br />

all’interno di un insieme, <strong>la</strong> posizione re<strong>la</strong>tiva agli esseri ed agli oggetti vicini: nel<br />

nostro caso, <strong>la</strong> nozione di gradi di parente<strong>la</strong>, come si esprime in parole. Ma <strong>la</strong><br />

memoria familiare non si riduce, lo abbiamo visto, al<strong>la</strong> riproduzione pura e semplice<br />

di una serie di impressioni individuali, così come passarono un tempo per <strong>la</strong> nostra<br />

coscienza. Né d’altra parte essa consiste semplicemente nel<strong>la</strong> ripetizione di parole,<br />

nel<strong>la</strong> ripresa di gesti. Essa non risulta, infine, neppure da una semplice associazione<br />

di questi due tipi di dati. Quando <strong>la</strong> famiglia ricorda essa usa certo, <strong>de</strong>lle parole e fa,<br />

certo, riferimento a <strong>de</strong>gli eventi o a <strong>de</strong>lle immagini che furono unici nel loro genere:<br />

ma né queste parole, che non sono che movimenti materiali, né questi eventi o<br />

immagini remote, che non sono che oggetti virtuali di sensazione o di pensiero,<br />

costituiscono l’essenza <strong>de</strong>l<strong>la</strong> memoria: un ricordo di famiglia <strong>de</strong>ve essere altro: e<br />

<strong>de</strong>ve però orientarci verso quelle immagini e quegli eventi e, contemporaneamente<br />

fondarsi su quei nomi.<br />

Nul<strong>la</strong> ci dà meglio l’i<strong>de</strong>a di questo tipo di ricordi <strong>de</strong>i nomi propri, che non sono<br />

né nozioni generali né immagini individuali e che indicano al tempo stesso un<br />

rapporto di parente<strong>la</strong> ed una persona. I nomi propri somigliano ai nomi di cui ci si<br />

serve per <strong>de</strong>signare gli oggetti per il fatto di presupporre un accordo tra i membri <strong>de</strong>l<br />

gruppo familiare. Quando penso, ad esempio, al nome di mio fratello, mi servo di un<br />

segno materiale che non è di per sé privo di significato. Non soltanto è scelto in un<br />

repertorio di nomi stabilito dal<strong>la</strong> società, ognuno <strong>de</strong>i quali evoca nel pensiero comune<br />

taluni ricordi (santi <strong>de</strong>l calendario, personaggi storici che l’hanno portato), ma anche,<br />

per <strong>la</strong> sua lunghezza, per i suoni che lo compongono, <strong>la</strong> frequenza o <strong>la</strong> rarità <strong>de</strong>ll’uso,<br />

<strong>de</strong>sta <strong>de</strong>lle impressioni caratteristiche. Ne <strong>de</strong>riva che i nomi propri, benché scelti<br />

senza tener conto <strong>de</strong>i soggetti ai quali vengono dati, sembrano far parte <strong>de</strong>l<strong>la</strong> loro<br />

natura; non soltanto un nome cambia per noi per il fatto di essere portato da un<br />

fratello, ma nostro fratello stesso, per il fratto di portare quel nome ci sembra diverso<br />

da come sarebbe se si chiamasse in un altro modo. Come potrebbe questo verificarsi<br />

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