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SCOUT Proposta educativa - Anno XXXVII - n. 01 - 10 ... - Agesci

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senso lato può essere considerata<br />

come l’insieme degli aspetti spirituali,<br />

materiali, intellettuali ed emozionali<br />

unici nel loro genere che contraddistinguono<br />

una società o un gruppo<br />

sociale. Essa non comprende solo l’arte<br />

e la letteratura, ma anche i modi di<br />

vita, i diritti fondamentali degli esseri<br />

umani, i sistemi di valori, le tradizioni<br />

e le credenze”.<br />

Qualcuno direbbe che tutto ciò<br />

che costituisce una cultura dà vita a<br />

quella che si usa definire anche “identità”<br />

di un gruppo, di un’etnia, di una<br />

nazione, di un popolo. Ecco, qui ci si<br />

addentra in un campo irto d’insidie.<br />

Infatti prima di proseguire dovremmo<br />

ammettere che spesso quando parliamo<br />

di “popolo” o “nazione” facciamo<br />

uso di termini che poi non sappiamo<br />

definire. Sono un po’ delle finzioni. E<br />

a volte mentono. “Popolo” e “nazione”<br />

(ma anche etnia e gruppo etnico)<br />

sono concetti che danno per scontata<br />

una certa misura di omogeneità. Le<br />

persone che compongono questi<br />

aggregati umani avrebbero, secondo<br />

l’opinione più diffusa, una comune<br />

identità. Ovvero dei tratti che le rendono<br />

“identiche” e che rimangono<br />

“identici” nel tempo e nello spazio.<br />

Ma è davvero così?<br />

Se guardiamo i nostri vicini (proprio<br />

per non dover andare lontano<br />

chissà dive), se li incontriamo nelle<br />

loro abitudini e nei loro stili di vita, ci<br />

accorgiamo che ciò che prevale non è<br />

l’essere tutti uguali quanto piuttosto<br />

l’essere tutti “diversi”. Insomma:<br />

anche tra i membri di uno stesso<br />

popolo, nazione, etnia, sulle uguaglianze<br />

prevalgono le differenze (fisiche,<br />

caratteriali, attitudinali, ideologiche,<br />

di gusto, di sensibilità). È forse da<br />

preoccuparsi per questo?<br />

Ancora l’Unesco, nella sua<br />

“Dichiarazione sulla diversità culturale”,<br />

dice che “la cultura assume forme<br />

diverse nel tempo e nello spazio. La<br />

diversità si rivela attraverso gli aspetti<br />

originali e le diverse identità presenti<br />

nei gruppi e nelle società che com-<br />

pongono l’Umanità. Fonte di scambi,<br />

d’innovazione e di creatività, la diversità<br />

culturale è, per il genere umano,<br />

necessaria quanto la biodiversità per<br />

qualsiasi forma di vita. In tal senso,<br />

essa costituisce il patrimonio comune<br />

dell’Umanità e deve essere riconosciuta<br />

e affermata a beneficio delle<br />

generazioni presenti e future”.<br />

C’è dunque una relazione importante<br />

tra identità e diversità. Pensiamo<br />

ancora ad un gruppo di persone.<br />

Ognuno ha una propria personalità,<br />

un suo modo di vedere e di sentire,<br />

dei ricordi, dei valori che nascono da<br />

esperienze uniche e irripetibili.<br />

Ognuno è in primo luogo se stesso e<br />

dunque diverso dagli altri. Non ci<br />

sono sulla terra due persone assolutamente<br />

uguali. Ma è proprio questa<br />

unicità, che certo è necessaria e va salvaguardata,<br />

che ci impone di entrare<br />

in relazione. Di più: noi siamo quello<br />

che siamo, nella nostra unicità, grazie<br />

all’incontro con gli altri. Fin dalla<br />

nascita la nostra personalità si forma<br />

in modo originale a seconda delle<br />

persone con cui abbiamo a che fare.<br />

Così avviene anche per le culture.<br />

Ognuna di esse si trasmette di<br />

generazione in generazione. Ma non<br />

in modo meccanico. Ogni generazione<br />

mantiene molto di ciò che ha ricevuto<br />

e ci mette del suo. Inoltre: ogni<br />

cultura si arricchisce dei contributi<br />

che riceve dall’“esterno” e non è mai<br />

statica. Chi di noi non ha sentito questa<br />

celebre citazione (di cui esistono<br />

varie altre versioni)? “Il tuo Cristo è<br />

ebreo. La tua democrazia greca. Il tuo<br />

caffè brasiliano. I tuoi numeri arabi. Il<br />

tuo alfabeto latino. Solo il tuo vicino è<br />

straniero”. Ma potremo anche parlare<br />

di pomodori, patate e polenta. O di<br />

musica, tecnologia e informazione. La<br />

nostra cultura – che qualcuno chissà<br />

perché ritiene “pura” e incontaminata<br />

– si compone dei contributi “stranieri”<br />

che nei secoli abbiamo saputo recepire,<br />

accogliere, fare nostri. Per usare il<br />

linguaggio dell’Unesco: ogni elemen-<br />

culture<br />

to culturale è “patrimonio dell’umanità”.<br />

Ciò non vuol dire che tutto ciò<br />

che appartiene al modo di vivere<br />

nostro e degli altri sia in sé positivo e<br />

da salvaguardare. Ci sono aspetti disumanizzanti<br />

in ogni realtà (anche nella<br />

nostra cosiddetta “civiltà”) che richiedono<br />

un atteggiamento critico e<br />

responsabile. Il dialogo tra le culture<br />

è possibile perché tutte contengono<br />

risposte alle grandi domande che<br />

l’uomo si pone. Le domande ci accomunano<br />

spesso più delle risposte.<br />

Educare alla libertà significa anche<br />

questo. Saper dare qualcosa di buono<br />

agli altri, riconoscere negli altri ciò<br />

che c’è di buono ed essere grati, insieme,<br />

per avere la possibilità della<br />

comunicazione autentica e di uno<br />

scambio fruttuoso. È un discorso che<br />

vale tanto per le persone quanto per<br />

le culture.<br />

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