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Dal disegno archeologico alla documentazione grafica ...

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<strong>Dal</strong> <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong> <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong><br />

tridimensionale: lo sviluppo delle<br />

tecnologie di <strong>grafica</strong> multimediale al servizio<br />

dell’archeologia, del restauro e della fruizione<br />

E.Remotti * , E.Cerami * , F.Gennai **<br />

* CNAP<br />

** SBAT - CRLB<br />

Il ruolo della tecnologia nella <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong><br />

archeologica<br />

In una fase in cui lo sviluppo tecnologico ci ha abituati,<br />

nella vita quotidiana come nella professione, ad apprendere,<br />

utilizzare e velocemente abbandonare nuove metodiche<br />

e nuovi strumenti, presto sorpassati ed obsoleti,<br />

mi sembra giunto il momento di ripensare a quello che,<br />

nel campo della <strong>documentazione</strong> dei beni archeologici,<br />

è stato il nostro recentissimo passato. Lo scopo è quello<br />

di poter giungere ad una serena valutazione del rapporto<br />

tra vantaggi e svantaggi, nell’esponenziale accelerazione<br />

dello sviluppo tecnologico, che può essere apportato ad<br />

una disciplina, come l’archeologia, ancora spesso molto<br />

legata a metodologie tradizionali.<br />

Da un lato, infatti, si ha l’impressione che alcune metodiche,<br />

collegate ad esempio all’utilizzo dell’informatica,<br />

siano state utilizzate più nella foga di cavalcare l’innovazione<br />

a tutti i costi, che nell’oggettivo beneficio di un miglioramento<br />

della qualità delle informazioni ottenute, in<br />

termini di risultati interpretativi e/o in termini di mole<br />

di dati processati.<br />

Spesso, soprattutto in ambienti in cui la dimestichezza con<br />

il mezzo informatico non è particolarmente alta, sembra<br />

si sia caduti nell’equivoco per il quale l’utilizzo del computer<br />

“semplifichi” il lavoro del tecnico o dello studioso.<br />

Ed a mio parere è il concetto stesso di “semplificazione”<br />

che forse necessita di un chiarimento.<br />

Incontrovertibile è il fatto che, grazie alle enormi<br />

possibilità elaborative di un computer e grazie a programmi<br />

sempre più specialistici, è oggi possibile non solo gestire<br />

una mole enorme di dati che, solo fino a 15 anni fa, dovevano<br />

essere processati mnemonicamente, ma anche il<br />

fatto che tale gestione permette di “scoprire” interazioni<br />

tra i dati stessi prima mai ipotizzabili. In questo senso allora<br />

l’impiego delle tecnologie si può considerare una “semplificazione<br />

del lavoro”.<br />

Al contrario, l’esponenziale crescita del bagaglio di<br />

know-how necessario per maneggiare con sicurezza tali<br />

tecnologie rende tutt’altro che “semplice” il loro impiego.<br />

Entrando nel merito del tema trattato, negli ultimi 20 anni<br />

si è assistito ad una impressionante progressione nello sviluppo<br />

delle tecnologie per il rilevamento. Anche nel campo<br />

della <strong>documentazione</strong> archeologica, campo tradizionalmente<br />

piuttosto “conservatore”, non è più possibile, a mio<br />

avviso, prescindere da alcuni capisaldi che garantiscano<br />

un livello qualitativo diffuso accettabile.<br />

Naturalmente il metodo di rilievo classico manuale, da<br />

sempre utilizzato sul campo, non verrà mai abbandonato,<br />

per ovvie motivazioni che vanno d<strong>alla</strong> prassi consolidata,<br />

<strong>alla</strong> praticità ed <strong>alla</strong> economicità dei mezzi strumentali impiegati<br />

ad altre considerazioni delle quali non è possibile<br />

discutere in questa sede per motivi di tempo.<br />

Grazie all’impiego diffuso della stazione totale, oggi il rilievo<br />

planimetrico tradizionale è comunque sempre<br />

riferito ad una cartografia di base. L’introduzione di sistemi<br />

di gestione dell’intera <strong>documentazione</strong> di scavo attraverso<br />

sistemi informatici di tipo SIT (Sistemi Informativi Territoriali),<br />

ha inoltre ulteriormente favorito la diffusione<br />

del rilievo digitalizzato e georeferenziato secondo sistemi<br />

di coordinate condivisi (Figura 1).<br />

Figura 1: Rilievo di Unità Stratigrafiche: esempio di planimetrie<br />

realizzate manualmente sullo scavo e, successivamente, digitalizzate<br />

e georeferenziate. Grazie a questa metodologia è possibile<br />

l’immediata sovrapposizione delle diverse planimetrie<br />

A partire dai primi anni ’90 è inoltre entrata in uso la tecnica<br />

fotogrammetrica basata su software di fotoraddrizzamento,<br />

dapprima con applicazioni in grado di gestire<br />

l’informazione bidimensionale e, solo successivamente,<br />

in 3D 1 .<br />

Il maggior sviluppo di queste tecniche resta sicuramente<br />

legato al rilievo di tipo architettonico, ed anche in<br />

campo <strong>archeologico</strong> il suo impiego si diffonde principal-<br />

E.Remotti, E.Cerami, F.Gennai <strong>Dal</strong> <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong> <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong>... pp. 31 - 38 31


mente nella pratica del rilievo di strutture, piuttosto che nell’ambito<br />

della <strong>documentazione</strong> di scavo.<br />

L’inizio del XXI secolo ha visto la nascita ed un rapido sviluppo<br />

della tecnologia di rilevamento basata sull’impiego di<br />

strumentazioni Scanner Laser. Dapprima frenata da elevati<br />

costi soprattutto strumentali, l’impiego di questa tecnologia<br />

ha comunque soppiantato almeno in parte il fotoraddrizzamento<br />

ed il rilievo fotogrammetrico classico. In realtà, la sommatoria<br />

tra l’impiego di scansione laser per il rilevamento dei<br />

volumi e il foto raddrizzamento, per la riproduzione analitica<br />

dei dettagli, è forse lo strumento metodologico più adatto<br />

per il campo specifico del rilievo stratigrafico in<br />

archeologia(Figura 2).<br />

Figura 2: Rilievo di Unità Stratigrafiche: a. Ripresa con scanner<br />

laser a tecnologia TOF, b. digitalizzazione dell’immagine, c. la planimetria<br />

digitalizzata e georeferenziata<br />

Di pari passo con il progressivo abbassamento dei costi è andato<br />

lo sviluppo di strumenti atti a garantire uno standard<br />

sempre più elevato di precisione, o meglio di accuratezza, nel<br />

rilevamento dei punti che andranno a formare i volumi tridimensionali<br />

del rilievo. In particolare ci si trova oggi di fronte<br />

a due diverse categorie di strumenti, quelli maggiormente idonei<br />

ad un rilievo di tipo architettonico, con ampi angoli di<br />

32 GRadus –2010/ 5.1<br />

a<br />

b<br />

c<br />

ripresa e, di conseguenza, una minore, ma sempre più che<br />

accettabile, accuratezza, e una categoria di strumenti ottici<br />

dedicati al rilevamento su scala dimensionale ridotta, ma con<br />

accuratezze elevatissime 2 . Fino a poco tempo fa le attrezzature<br />

del secondo tipo avevano dei costi tali da precluderle, in modo<br />

quasi assoluto, al mondo dell’archeologia di scavo, notoriamente<br />

afflitto da cronica limitatezza di budget. Ma, come si<br />

è accennato, oggi questo limite è in gran parte superato o superabile.<br />

L’esperienza personale in questo campo mi induce tuttavia<br />

ad affermare che la riflessione su una certa fatica, che pare<br />

ancora oggi radicata, nell’adeguare le metodiche di registrazione<br />

della <strong>documentazione</strong> di scavo a standard tecnici più<br />

al passo con i tempi, debba soffermarsi anche su un altro aspetto<br />

del problema, meno noto o comunque meno discusso.<br />

Infatti strumentazioni sempre più precise, ed in grado di registrare<br />

informazioni di grande qualità, producono prodotti<br />

informatici problematici, generalmente difficili da gestire per<br />

utenti non dedicati, gravosi da un punto di vista delle specifiche<br />

tecniche dell’hardware e dei costi e del know-how del<br />

software gestionale.<br />

Si sta in effetti creando una spaccatura sempre più ampia tra<br />

le enormi potenzialità già in atto nello sviluppo della<br />

tecnologia e l’utenza finale dei prodotti, sempre meno preparata<br />

<strong>alla</strong> elaborazione ed <strong>alla</strong> gestione di questi stessi prodotti.<br />

A questo naturalmente và aggiunto un fattore intrinseco<br />

<strong>alla</strong> crescente complessità delle innovazioni tecnologiche in<br />

genere, ovvero la necessità dell’impiego di tecnici sempre più<br />

specializzati che si identificano in soggetti “altri” rispetto agli<br />

utenti finali. E gli archeologi, come anche gli studiosi di altre<br />

discipline cosiddette umanistiche, ben sanno come sia<br />

difficile far dialogare chi formula le domande, con chi dovrebbe<br />

fornire le risposte, quando il background formativo<br />

dei due soggetti è estremamente distante.<br />

L’esperienza del Cantiere delle Navi Antiche di Pisa nasce<br />

d<strong>alla</strong> felice circostanza della compresenza, in un’area di scavo,<br />

tra elementi di grandi dimensioni, come i relitti delle navi di<br />

estrema deperibilità ed articolazione strutturale, e una complessità<br />

strati<strong>grafica</strong> eccezionale, la cui corretta decodifica è<br />

chiaramente legata <strong>alla</strong> puntuale individuazione e registrazione<br />

di tutti gli elementi costitutivi dell’Unità Strati<strong>grafica</strong>.<br />

Dunque la necessità di disporre di una <strong>documentazione</strong> digitale<br />

di tipo tridimensionale è apparsa evidente sin dall’inizio<br />

delle operazioni di scavo. Infatti sin dagli anni 1998-2002 sono<br />

stati realizzati rilievi 3D degli scafi delle imbarcazioni, dapprima<br />

con l’impiego del rilevamento con mire, tramite stazione<br />

totale, degli elementi strutturali poi rielaborati con software<br />

di tipo CAD.<br />

Nell’ottica di operare un confronto tra questi primi<br />

esperimenti e l’attuale tecnologia laser scanner, i pregi di questo<br />

tipo di rilievo riguardano la possibilità di ottenere direttamente<br />

un esploso dei singoli elementi, la creazione di un modello<br />

tridimensionale completo ed affidabile per lo studio<br />

scientifico e la riproduzione virtuale o reale degli oggetti.<br />

Di contro bisogna osservare che la precisione effettiva del


ilievo è in questo caso direttamente influenzata d<strong>alla</strong> abilità<br />

dell’operatore nella scelta del posizionamento delle mire, è<br />

necessario prevedere lunghi tempi di rilevamento sul campo<br />

e, come sopra accennato, in questa prima fase il rapporto tra<br />

costi delle lavorazioni (intese come costo strumentale e ore<br />

lavorative/uomo) e precisione del rilievo era notevolmente<br />

sbilanciato. Questo dato di fatto ha naturalmente pesato sulle<br />

scelte di quali situazioni rilevare con queste metodiche (gli<br />

scafi dei relitti) e quali demandare al rilievo tradizionale (la<br />

<strong>documentazione</strong> prettamente “di scavo”).<br />

Negli anni 2003-2005 si è potuti passare al rilievo tridimensionale<br />

tramite strumentazione laser del tipo a “Tempo di<br />

Volo” (Figure 3 e 4).<br />

Figura 3: Rilievo della nave A tramite laser scanner: a. nuvola di<br />

punti e b. suo dettaglio<br />

Figura 4: Rilievo della nave A tramite laser scanner:<br />

a. mesh<br />

b<br />

a<br />

a<br />

Figura 4: Rilievo della nave A tramite laser scanner: b. modello texturizzato<br />

I tempi di ripresa si sono drasticamente ridotti, il rapporto<br />

tra costi ed accuratezza del rilievo si è radicalmente<br />

capovolto e, particolare non secondario dal punto di<br />

vista dello studio scientifico dei reperti, è possibile, grazie<br />

a telecamere integrate <strong>alla</strong> strumentazione di rilievo,<br />

l’applicazione diretta sul modello tridimensionale delle<br />

strutture, della texture originale. Nel caso specifico delle<br />

imbarcazioni di Pisa, questo vuol dire la possibilità di<br />

studiare le superfici, ed identificarne con grande precisione<br />

i dettagli morfologici, direttamente nella loro<br />

posizione spaziale originale. Il limite di questa tecnica<br />

risiede nella impossibilità di ottenere automaticamente<br />

gli esplosi dei singoli elementi, per i quali sono<br />

necessari delle elaborazioni successive tramite software<br />

dedicati.<br />

Naturalmente tutti i modelli ottenuti con queste tecnologie,<br />

oltre a poter essere sezionati secondo i piani desiderati,<br />

sono sempre traducibili in normali planimetrie<br />

bidimensionali digitalizzate, più “familiari” all’utente<br />

archeologo ed integrabili con la <strong>documentazione</strong><br />

relativa alle unità di scavo.<br />

Quanto fin qui detto non riguarda, a mio avviso, solo reperti<br />

complessi e strutturalmente molto articolati, come<br />

gli scafi delle imbarcazioni. Infatti anche per alcune classi<br />

particolari di reperti archeologici, è necessario un ripensamento<br />

sugli standard qualitativi della <strong>documentazione</strong><br />

che viene comunemente realizzata.<br />

Una delle particolarità del Cantiere delle Navi è quella<br />

di aver permesso il ritrovamento di un notevole numero<br />

di manufatti in materiale organico, quali cuoio, fibre vegetali<br />

ed animali, oltre che naturalmente legno.<br />

La <strong>documentazione</strong> tradizionale di questo tipo di materiali<br />

prevede, in genere, il <strong>disegno</strong> manuale, la schedatura<br />

e la fotografia.<br />

Non va dimenticato che il <strong>disegno</strong> dei reperti archeologici<br />

non ha puro valore documentale dell’oggetto “in<br />

se”, ma piuttosto, con l’ausilio di una serie di accorgimenti<br />

tecnici e l’applicazione di simbologie più o meno<br />

codificate 3 , è spesso una vera e propria ricostruzione<br />

E.Remotti, E.Cerami, F.Gennai <strong>Dal</strong> <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong> <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong>... pp. 31 - 38 33<br />

b


della forma globale originaria dell’oggetto, che diviene<br />

strumento indispensabile per l’interpretazione tipologica<br />

del reperto.<br />

Queste tecniche grafiche spesso non possono essere applicate<br />

con successo a materiali non rigidi ed altamente<br />

deformati. Sono dunque insufficienti a chiarire i<br />

dettagli morfologici di reperti così complessi e delicati<br />

spesso al punto di non essere manipolabili 4 .<br />

Il laser scanner ottico ad alta precisione costituisce un<br />

modo completamente nuovo di documentare, i vantaggi<br />

sono innumerevoli e non si limitano <strong>alla</strong> velocità di ripresa:<br />

l’estrema precisione permette di valutare, in sede<br />

di studio, dettagli tecnici e di manifattura degli oggetti<br />

non pensabili con un <strong>disegno</strong> tradizionale, soprattutto<br />

su oggetti divenuti asimmetrici e molto deformati. La<br />

possibilità di ruotare l’immagine tridimensionale nello<br />

spazio virtuale, sottoponendo il manufatto a tutte le viste<br />

desiderate ed all’ingrandimento necessario, rende il <strong>disegno</strong><br />

3D incomparabilmente più adatto <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong><br />

di questa classe di reperti.<br />

Inoltre non va sottovalutato che con la scansione si possono<br />

ottenere prodotti che corrispondo ad esigenze anche<br />

molto diversificate quali la <strong>documentazione</strong> scientifica,<br />

la valorizzazione e la fruizione del grande<br />

pubblico e più specifiche esigenze di didattica.<br />

Le tecniche sopra citate a proposito della <strong>documentazione</strong><br />

<strong>grafica</strong> dedicata allo scavo <strong>archeologico</strong> possono<br />

inoltre integrarsi <strong>alla</strong> scansione ad alta accuratezza. Una<br />

esemplificazione mostrata in questa stessa sede 5 , utilizza<br />

tecniche di fotoraddrizzamento, integrate <strong>alla</strong> scansione,<br />

nello scavo microstratigrafico in laboratorio di un oggetto<br />

complesso. Da questa tecnica sono stati tratti diversi<br />

prodotti: la <strong>documentazione</strong> di scavo, quali planimetrie<br />

stratigrafiche e l’assonometria dell’oggetto con<br />

la posizione spaziale dei reperti al momento del rinvenimento,<br />

e vari prodotti multimediali per la fruizione,<br />

tra cui un video didattico.<br />

E.R.<br />

Trattamento conservativo di parti della Nave D e loro<br />

rimontaggio con l’ausilio di modelli 3D<br />

Nell’ambito dell’intervento conservativo del legno bagnato,<br />

una corretta applicazione della metodologia riguardante l’utilizzo<br />

della Kauramina ® , necessita di una serie di operazioni<br />

preliminari propedeutiche al trattamento vero e proprio.<br />

SELEZIONE DIMENSIONALE<br />

Poiché i tempi di permanenza del legno nella soluzione a base<br />

di Kauramina ® , sono in stretta relazione con lo spessore dei<br />

reperti da trattare, è necessario operare una sorta di selezione<br />

dimensionale in questo senso. Nel caso di oggetti compositi,<br />

quale, ad esempio una nave (la nave tardo-romana detta nave<br />

D) è necessaria la sua scomposizione in ogni singolo<br />

34 GRadus –2010/ 5.1<br />

elemento costitutivo.<br />

PULITURA<br />

Ogni singolo elemento viene, quindi, sottoposto ad una accurata<br />

pulitura, preventiva al trattamento con la Kauramina ® ,<br />

provvedendo <strong>alla</strong> rimozione dalle superfici tutti i depositi incoerenti<br />

e coerenti ed eventuali concrezioni sedimentarie di<br />

qualsivoglia genere ed origine.<br />

L’applicazione di queste specifiche metodologiche, segnatamente<br />

la selezione dimensionale, rendono fondamentale, in<br />

previsione di una ricomposizione corretta e puntuale dell’oggetto<br />

sottoposto al trattamento con la Kauramina ® , una preventiva<br />

ed accurata <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong> e foto<strong>grafica</strong> del<br />

reperto tutto e di ogni suo singolo elemento costitutivo. In<br />

questo caso è stato utilizzato un apparecchio laser scanner<br />

a tempo di volo che ci ha permesso di realizzare un modello<br />

tridimensionale della Nave D fornendoci uno strumento di<br />

sussidio al rimontaggio dei singoli elementi dell’imbarcazione<br />

di grande precisione.<br />

Riesaminiamo, quindi, in modo più approfondito ed<br />

articolato la realizzazione delle singole fasi dell’intervento (Figura<br />

5).<br />

Figura 5: Nave D: a. lo scavo con la nave in situ, in parte resinata<br />

b. dopo il sollevamento nel laboratorio dello CNAP<br />

a<br />

b


La prima fase prevede l’eliminazione del guscio in vetro<br />

resina realizzato preventivamente in situ, con resina poliestere<br />

e fibra di vetro, che ha reso possibile il sollevamento<br />

ed il trasporto della nave D nel laboratorio del<br />

CNAP (Figura 6).<br />

Figura 6: Nave D, eliminazione del guscio in VTR<br />

Segue la rimozione, da tutte le superfici del reperto, dei depositi<br />

incoerenti e viene realizzata meccanicamente, mediante<br />

l’utilizzo di acqua demineralizzata e pennelli a setola<br />

morbida. Il fine è quello di eliminare eventuali interferenze<br />

materiche (accumuli di sedimenti, residui terrosi dello<br />

scavo, frammenti lignei non pertinenti) e permettere una corretta<br />

lettura per una <strong>documentazione</strong> puntuale dell’oggetto<br />

nella sua interezza prima dello smontaggio dei singoli<br />

elementi costitutivi (Figura 7).<br />

Figura 7: Nave D, rimozione dei depositi incoerenti ed incrostazioni<br />

dal ponte di poppa: prima (a) e dopo (b) l’operazione<br />

a<br />

b<br />

Completata la <strong>documentazione</strong> realizzata mediante<br />

riprese eseguite con scanner laser (Figura 8), si procede<br />

con la <strong>documentazione</strong> foto<strong>grafica</strong> dei singoli elementi<br />

numerati (Figura 9).<br />

Figura 8: Integrazione della <strong>documentazione</strong> mediante ripresa con<br />

scanner laser TOF delle porzioni di relitto non rilevabili prima<br />

dello smontaggio<br />

Figura 9: Numerazione dei singoli elementi del ponte di poppa<br />

della Nave D<br />

La fase successiva prevede la creazione di supporti sagomati,<br />

(Figura 10) su cui adagiare ciascun elemento costitutivo,<br />

realizzati in poliuretano espanso o in materiale ligneo,<br />

in questo caso, ricoperto da una pellicola in polietilene.<br />

Figura 10: Diversi tipi di supporti utilizzati per il sostegno dei<br />

pezzi durante le fasi di impregnazione: (a) supporto in poliuretano,<br />

E.Remotti, E.Cerami, F.Gennai <strong>Dal</strong> <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong> <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong>... pp. 31 - 38 35<br />

a


Figura 10: Diversi tipi di supporti utilizzati per il sostegno dei<br />

pezzi durante le fasi di impregnazione: (b) supporto in legno con<br />

pellicola in polietilene<br />

Questi supporti di sostegno sono necessari in quanto il<br />

legno bagnato presenta caratteristiche fisico-meccaniche<br />

totalmente alterate. Questa tipologia di alterazione rende<br />

la materia lignea, particolarmente soggetta a fratturazioni<br />

anche in caso di piccoli spostamenti o movimentazioni.<br />

I singoli elementi (Figura 11) vengono sistemati sui supporti<br />

e sottoposti ad una approfondita pulitura di tutte<br />

le superfici, mediante la rimozione dei depositi incoerenti<br />

e coerenti, di eventuali concrezioni di origine sedimentaria<br />

e dei residui ferrosi dovuti <strong>alla</strong> presenza di chiodi<br />

metallici. L’operazione viene realizzata con acqua demineralizzata<br />

e mezzi meccanici quali bisturi e specilli e pennelli<br />

a setola morbida.<br />

Figura 11: Pulitura dei singoli elementi del ponte di poppa<br />

Figura 12: Vasche per la desalinizzazione dei reperti ed il<br />

trattamento con la Kauramina ®<br />

36 GRadus –2010/ 5.1<br />

b<br />

Una volta selezionati in base al loro spessore i singoli elementi<br />

lignei vengono sistemati dentro delle vasche appositamente<br />

realizzate (Figura 12) e lasciati immersi in acqua<br />

demineralizzata fino al raggiungimento di un PH neutro.<br />

E.C.<br />

TRATTAMENTO DI IMPREGNAZIONE<br />

Il consolidamento del legno avviene mediante immersione<br />

in una miscela a base di Kauramina ® , il cui tempo di trattamento<br />

è calcolato in misura proporzionale alle dimensioni<br />

del reperto (ad es. per un elemento di cm 5 di diametro<br />

e cm 100 di lunghezza si prevede un tempo determinato<br />

di circa due mesi e mezzo), dunque la penetrazione<br />

del trattamento è circa valutabile nell’ordine di cm 1 di<br />

spessore al mese, considerando che l’ingresso del liquido<br />

avviene su tutta la superficie.<br />

Il liquido di trattamento viene monitorato rilevando i valori<br />

di PH, densità e temperatura. Le vasche vengono<br />

ricoperte con del telo di nylon ombreggiante, in modo da<br />

non consentire sviluppo e proliferazione di alghe e<br />

batteri. Il monitoraggio dei parametri avviene periodicamente,<br />

nel corso del tempo di impregnazione e quando<br />

il liquido di trattamento raggiunge un PH 6-6,5 (Figura<br />

13) la soluzione deve essere dismessa o nel caso che il tempo<br />

di trattamento non sia sufficiente, sostituita con una<br />

nuova.<br />

Figura 13: Monitoraggio del PH della soluzione di impregnazione<br />

Una volta terminata questa fase, i reperti vengono puliti<br />

con acqua demineralizzata, pennelli e spazzolini a setola<br />

morbida, poi avvolti in cellulosa imbibita di acqua e sigillati<br />

con pellicola di polietilene.<br />

CATALIZZAZIONE<br />

La miscela impregnante deve a questo punto essere sottoposta<br />

ad un processo di catalizzazione per ottenere la<br />

quale i reperti verranno posti in un forno a 50°C,<br />

insieme ad un contenitore con del liquido campione.<br />

Quando quest’ultimo avrà raggiunto una consistente densità,<br />

indicherà l’avvenuta catalizzazione della miscela di<br />

Kauramina ® all’interno dei manufatti.


ASCIUGATURA<br />

Terminata la prima fase di asciugatura gli oggetti verranno<br />

estratti dal forno, tolta la pellicola e la cellulosa, pesati,<br />

stesi su dei tavoli in una stanza a temperatura controllata<br />

(20°C) e protetti con dei teli di polietilene. Periodicamente<br />

verrà monitorato il calo di peso ed il grado di umidità contenuto,<br />

giornalmente i reperti verranno scoperti e<br />

ricoperti per far rilasciare gradualmente l’umidità (Figura<br />

14).<br />

Figura 14: La seconda fase di asciugatura<br />

Raggiunto il 15% di umidità avranno terminato il<br />

proprio iter di asciugatura. Per l’ incollaggio di eventuali<br />

fratture verranno usate colle viniliche ed epossidiche, per<br />

il rifacimento delle parti mancanti o la stuccatura delle<br />

fessurazioni più ampie, verrà applicato dello stucco<br />

epossidico per legno. Per quanto riguarda la fase di protezione<br />

e finitura, sono in atto approfondimenti di<br />

studio sulle metodologie da applicare.<br />

F.G.<br />

RIMONTAGGIO<br />

Una volta terminato il delicato intervento sui singoli elementi<br />

del ponte, si è proceduto al rimontaggio utilizzando,<br />

come strumento di supporto, la scansione tridimensionale<br />

eseguita in precedenza.<br />

Come già accennato, nel caso della nave D le operazioni<br />

di scansione si sono svolte a più riprese.<br />

La prima scansione eseguita è stata quella in situ, in questo<br />

caso sono state documentate quelle porzioni del relitto<br />

visibili al momento dello scavo 6 , in particolare, vista la posizione<br />

capovolta e la prua completamente mancante, sono<br />

stati oggetto di rilievo il fasciame esterno, una minima parte<br />

delle ordinate, il fasciame interno del vano di carico<br />

centrale, delimitato dalle paratie interne di prua e di poppa,<br />

e parte dei bagli, oltre che ad alcuni elementi<br />

strutturali come il castello della pompa di sentina.<br />

Questa fase di scansione, effettuata per sezioni progressive,<br />

man mano che procedeva lo scavo stratigrafico dei sedimenti<br />

successivi all’affondamento dello scafo, ha documentato<br />

il reperto prima della realizzazione del guscio di<br />

vetroresina, permettendo anche il monitoraggio di even-<br />

tuali deformazioni che sarebbero potute intervenire durante<br />

le delicate operazioni di sollevamento e trasporto<br />

del relitto. Questo rilievo ha inoltre integrato l’ordinaria <strong>documentazione</strong><br />

<strong>grafica</strong> e foto<strong>grafica</strong> di scavo del relitto.<br />

Una seconda fase si è aperta al momento del trasporto del<br />

relitto nel Centro di restauro di Pisa (CRLB). Durante lo<br />

smontaggio della poppa, sono emersi nuovi elementi lignei,<br />

prima non visibili in quanto racchiusi tra le tavole del doppio<br />

fasciame o pertinenti al tavolato del ponte di poppa,<br />

non rilevato in situ in quanto allora collocato in posizione<br />

irraggiungibile per la strumentazione.<br />

Le due diverse campagne di rilevamento sono state oggetto<br />

di registrazioni, in modo da ottenere più di un modello<br />

tridimensionale del relitto, georeferenziato in riferimento<br />

ai rilievi operati in situ, ma riferito a diverse fasi dello<br />

smontaggio (Figura 15).<br />

Figura 15: Rilievo in situ della Nave D<br />

In questo modo, oltre ad una univoca <strong>documentazione</strong><br />

complessiva del relitto, si è potuto mantenere uno<br />

storico delle varie fasi dello smontaggio dei singoli elementi.<br />

A questo punto, con un controllo incrociato eseguito attraverso<br />

il confronto con la <strong>documentazione</strong> foto<strong>grafica</strong><br />

e cartacea realizzata nelle fasi di smontaggio, è stato ottenuto<br />

un file tridimensionale che, opportunamente<br />

salvato in formato compatibile, fosse gestibile con un normale<br />

programma CAD.<br />

I vari elementi sono stati distinti in differenti layer , codificati<br />

con le nomenclature utilizzate per identificarli durante<br />

lo smontaggio (Figura 16).<br />

Figura 16: Gestione dei layer riferiti ai singoli elementi della Nave<br />

E.Remotti, E.Cerami, F.Gennai <strong>Dal</strong> <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong> <strong>alla</strong> <strong>documentazione</strong> <strong>grafica</strong>... pp. 31 - 38 37


In questo modo il modello 3D è utilizzabile come strumento<br />

interattivo di supporto alle fasi di rimontaggio, in<br />

quanto è possibile un doppio tipo di interrogazione: dal<br />

nome del layer (cioè dal numero del pezzo) è possibile<br />

ottenere una sua immediata selezione nell’immagine tridimensionale<br />

dello schermo, localizzandone la posizione<br />

rispetto all’insieme del relitto e agli elementi adiacenti;<br />

al contrario, una selezione operata direttamente sul<br />

video riporta, attraverso il nome del layer selezionato, al<br />

numero dell’elemento da ricercare per progredire nel rimontaggio.<br />

Risulta a questo punto evidente una ulteriore funzione<br />

svolta d<strong>alla</strong> scansione con strumentazione laser, che non<br />

può essere solo ricondotta <strong>alla</strong> semplice funzione di documento<br />

grafico, ma piuttosto strumento interattivo di<br />

collegamento tra aspetti diversi della gestione del bene<br />

culturale.<br />

E.R.<br />

Note<br />

1 Le prime sperimentazioni possono essere ricondotte al 1997,<br />

quando la Nikon sperimenta la fotoricostruzione tridimensionale delle<br />

vele della volta della Basilica Superiore di Assisi, distrutte dal terremoto<br />

2 GUIDI ET ALII 2007<br />

3 Sul tema della formazione delle simbologie grafiche del <strong>disegno</strong> <strong>archeologico</strong><br />

molto si potrebbe discutere, sicuramente in una sede più<br />

specifica ed appropriata. Per alcuni spunti BORTOLOTTI 2006<br />

4 In realtà esistono dei sistemi di codifica studiati anche per rappresentare<br />

materiali di tipo organico, come, ad es., particolari grafismi<br />

per illustrare i tipi di cuciture eseguite sul cuoio o gli schemi che vengono<br />

comunemente impiegati per descrivere la trama e l’ordito delle<br />

stoffe. Tuttavia si tratta di espedienti studiati per descrivere dettagli,<br />

più che per illustrare interi manufatti. Alcuni esempi in: GANSSER –<br />

BURCKHARDT 1942, GROENMAN – VAN WAATERINGE 1967, CARLSON<br />

1996-2002 (cuoi) eCARLSON 1996-2002 (graficizzazione dei tessili)<br />

5 In questo stesso volume, Remotti, Fiesoli, Gennai, pp. 17-22<br />

6 Lo scavo del relitto D, e la relativa <strong>documentazione</strong>, sono stati realizzati<br />

nel corso della Campagna di Scavo 2004 – 2006 da S. Giannini<br />

e D. Barreca per la Cooperativa Archeologia. La Campagna di scansioni<br />

in situ da A. de Vuono e M. Faccone per TECSETTE s.r.l., le operazioni<br />

di smontaggio nel corso del 2008 da F. Minucci per Cooperativa ARA<br />

e nel 2009-2010 da E. Cerami; le scansioni presso il CRLB da V. De<br />

Troia per TECSETTE s.r.l.<br />

Bibliografia<br />

BORTOLOTTI 2006: I. Bortolotti, Grafica al computer per il restauratore,<br />

Il Prato ed., Saonara (PD), 2006<br />

CARLSON 1996-2002: I. M. Carlson, Footwear of the Middle Ages - Roman<br />

Shoes, Copyright 1996, 2001, 2002,<br />

http://www.personal.utulsa.edu/~marc-carlson/shoe/SHOES/ROME/romelist.htm<br />

DE FRANCESCO 2007: G. De Francesco (a cura di), Linee guida tecniche<br />

per I programmi di creazione di contenuti digitali. Edizione italiana 2.0,<br />

Un. of BATH, Roma, 2007<br />

GANSSER – BURCKHARDT 1942: A. Gansser – Burckhardt, Das Leder<br />

38 GRadus –2010/ 5.1<br />

und seine Verarbeitung im römischen Legionslager Vindonissa, Basel,<br />

1942<br />

GROENMAN – VAN WAATERINGE 1967: W. Groenman – van Waateringe,<br />

Romeins lederwerk uit Valkenburg Z.H., Groningen, 1967<br />

GUIDI ET ALII 2007: G. Guidi, F .Remondino, G. Morlando, A. Del<br />

Mastio, F. Uccheddu, A . Pelagotti, Performances evaluation of a low<br />

cost active sensor for cultural heritage documentation, in 8th Optical<br />

3D, Zurich, 9-12 Luglio, 2007, pp. 59 – 69<br />

KARASIK, SMILANSKY 2008: A. Karasik, U. Smilansky, 3D scanning technology<br />

as a standard archaeological tool for pottery analysis: practice and<br />

theory, in Journal of Archaeological Science, 35, 2008, pp. 1148 – 1168<br />

PERIPIMENO, SALVATORI 2007, M. Peripimeno, F. Salvatori, Lo<br />

sviluppo di nuovi percorsi di <strong>documentazione</strong> archeologica, in Introduzione<br />

allo studio della ceramica, Dip. di Archeologia e Storia delle Arti,<br />

Un. di Siena, 2007, pp. 101 - 114<br />

WILD 1970: J. P. Wild, Textile Manufacture in the Northen Roman<br />

Provinces, Cambridge, 1970<br />

REILLY,RAHTZ 1992: P. Reilly, S. Rahtz (eds.), Archaeology and the Information<br />

Age. A global perspective, Routledge, London-New York,<br />

1992

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