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Codice di buone pratiche per la viticoltura e l'enologia ... - Infowine

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Trattamento del mosto:<br />

Quando si vuole effettuare un trattamento del mosto in riduzione, si devono bloccare i processi <strong>di</strong> ossidazione<br />

enzimatica. Alcuni enzimi (<strong>per</strong>ossidasi, polifenolossidasi) sono in grado <strong>di</strong> trasferire l’ossigeno<br />

atmosferico su alcuni costituenti del vino, portando ad una riduzione dell’espressione aromatica e ad<br />

un imbrunimento del mosto. Piccole quantità <strong>di</strong> anidride solforosa, ma anche tem<strong>per</strong>ature molto basse<br />

possono inibire questa attività. In generale il mosto <strong>di</strong> uve bianche è molto sensibile all’ossidazione poiché<br />

l’aroma dei mosti e dei vini bianchi è più delicato <strong>di</strong> quello dei mosti e dei vini rossi. Per quanto<br />

riguarda <strong>la</strong> chiarifica, una tecnica poco <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>osa che viene comunemente utilizzata è <strong>la</strong> se<strong>di</strong>mentazione<br />

statica. Poiché <strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> particelle solide in sospensione nel mosto è<br />

spesso associata ad effetti negativi sul<strong>la</strong> qualità del vino, si raccomanda <strong>di</strong> chiarificare il mosto fino a<br />

un valore <strong>di</strong> torbi<strong>di</strong>tà che si aggiri intorno ai 200 NTU (Ribéreau-Gayon et al, 2006). Anche in questo<br />

caso le basse tem<strong>per</strong>ature favoriscono <strong>la</strong> se<strong>di</strong>mentazione dei soli<strong>di</strong> sospesi nel mosto. L’eliminazione<br />

dei se<strong>di</strong>menti può anche ridurre <strong>la</strong> quantità <strong>di</strong> enzimi ossidasici (attività ossidasica). L’attività ossidasica<br />

può essere ridotta eliminando il se<strong>di</strong>mento o inattivando gli enzimi me<strong>di</strong>ante un trattamento termico.<br />

Il calore causa <strong>la</strong> denaturazione degli enzimi e <strong>per</strong>mette quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ridurre <strong>la</strong> quantità <strong>di</strong> anidride solforosa<br />

necessaria in questa fase del processo produttivo (Troost, 1988).<br />

Tem<strong>per</strong>atura <strong>di</strong> fermentazione:<br />

Poiché lo sviluppo dei microrganismi <strong>di</strong>pende sempre dal<strong>la</strong> tem<strong>per</strong>atura dell’ambiente circostante, l’attività<br />

fermentativa dei lieviti Saccharomyces è influenzata dal<strong>la</strong> tem<strong>per</strong>atura del mosto. Dal punto <strong>di</strong><br />

vista metabolico tem<strong>per</strong>ature comprese tra 20-25°C favoriscono lo svolgimento del<strong>la</strong> fermentazione.<br />

Ma a queste tem<strong>per</strong>ature si corre il rischio che l’attività fermentativa <strong>di</strong>venti troppo intensa e alcuni<br />

composti aromatici potrebbero essere <strong>per</strong>si. Per questo motivo <strong>la</strong> fermentazione alcolica dovrebbe<br />

essere condotta a tem<strong>per</strong>ature comprese tra 15-18°C in modo da garantire il completamento del processo<br />

fermentativo senza <strong>di</strong>fficoltà. Se <strong>la</strong> fermentazione è condotta a tem<strong>per</strong>ature <strong>di</strong> 10°C o anche<br />

inferiori si devono utilizzare ceppi specifici <strong>di</strong> lieviti selezionati che sono in grado <strong>di</strong> portare a termine <strong>la</strong><br />

fermentazione a queste tem<strong>per</strong>ature. Fermentazioni spontanee con lieviti in<strong>di</strong>geni richiedono normalmente<br />

tempi più lunghi, soprattutto a basse tem<strong>per</strong>ature. Le basse tem<strong>per</strong>ature inibiscono <strong>la</strong> crescita<br />

dei lieviti in<strong>di</strong>geni e comportano quin<strong>di</strong> un ritardo nell’inizio del<strong>la</strong> fermentazione.<br />

Stabilizzazione:<br />

Anche se il consumo energetico è piuttosto elevato, <strong>la</strong> stabilizzazione a freddo del vino è una tecnica<br />

comunemente utilizzata. Il raffreddamento del vino a tem<strong>per</strong>ature vicine al punto <strong>di</strong> conge<strong>la</strong>mento<br />

causa due tipi fondamentali <strong>di</strong> precipitazione. Si ha innanzi tutto <strong>la</strong> precipitazione dei cristalli<br />

<strong>di</strong> tartrato. In secondo luogo si ha <strong>la</strong> precipitazione <strong>di</strong> sostanze colloidali, sostanze colorate instabili<br />

e proteine. Questo trattamento previene <strong>la</strong> successiva precipitazione in bottiglia in quanto si presuppone<br />

che <strong>la</strong> tem<strong>per</strong>atura a cui può essere conservato il vino durante <strong>la</strong> fase successiva all’imbottigliamento<br />

non sia mai inferiore a quel<strong>la</strong> raggiunta durante il trattamento <strong>di</strong> stabilizzazione. L’attività<br />

microbica non viene bloccata dal<strong>la</strong> stabilizzazione a freddo. I microrganismi devono essere eliminate<br />

me<strong>di</strong>ante una filtrazione sterile. Un’ulteriore stabilizzazione si ottiene attraverso un corretto dosaggio<br />

dell’anidride solforosa prima dell’imbottigliamento; in questo modo si prevengono le <strong>per</strong><strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

aroma e i cambiamenti <strong>di</strong> colore durante <strong>la</strong> fase <strong>di</strong> invecchiamento in bottiglia. La conservazione a<br />

tem<strong>per</strong>ature basse e costanti rallenta i processi <strong>di</strong> invecchiamento che avvengono durante lo stoccaggio<br />

in bottiglia.<br />

Riferimenti bibliografici: Troost, G. (1988): Technologie des Weines (Handbuch der Lebensmitteltechnologie), 6 Auf<strong>la</strong>ge, Ulmer<br />

Ver<strong>la</strong>g Stuttgart, p. 318. Ribéreau-Gayon, P., Dubour<strong>di</strong>eu, D., Donèche, B., Lonvaud, A. (2006): Handbook of Enology Volume<br />

1, John Wiley and Sons, Eng<strong>la</strong>nd, p. 407-408<br />

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