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Periodico <strong>del</strong>l’omonima Associazione Anno IV N° 2, dicembre 2011 Registrato presso il Tribunale di Padova in data 28 marzo 2008, n° 2126 Registro Stampa Direttore Responsabile: Giuseppe Iori<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong><br />
<strong>del</strong><br />
<strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
“L’amicizia è una virtù […] assolutamente<br />
necessaria alla vita. Infatti, senza amici, nessuno<br />
sceglierebbe di vivere, anche se possedesse<br />
tutti gli altri beni […] Quando si è amici, non c’è<br />
alcun bisogno di giustizia, mentre, quando si è<br />
giusti, c’è ancora bisogno di amicizia e il più<br />
alto livello <strong>del</strong>la giustizia si ritiene che consista<br />
in un atteggiamento di amicizia. E non solo è<br />
una cosa necessaria, ma è anche una cosa<br />
bella: infatti, noi lodiamo coloro che amano gli<br />
amici, anzi, si ritiene che l’avere molti amici sia<br />
qualcosa di bello; ed inoltre si pensa che sono<br />
gli stessi uomini che sono buoni ed amici.”<br />
Cari <strong>Amici</strong>, abbiamo voluto premettere<br />
questo elogio <strong>del</strong>l’amicizia, tratto dall'Etica<br />
Nicomachea, per ricordare, qualora ce ne fosse<br />
bisogno, lo spirito più autentico degli “<strong>Amici</strong><br />
<strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>”. Sta per chiudersi il nostro<br />
secondo mandato e ci piace lasciare il ricordo<br />
di quello che consideriamo lo scopo fondante<br />
<strong>del</strong>l’Associazione: ricreare un gruppo di amici<br />
che in un momento più o meno lontano <strong>del</strong>la<br />
loro vita hanno incrociato il loro cammino e<br />
ora desiderano far rinascere il piacere di<br />
rivivere momenti comuni e riscoprire – parafrasando<br />
Schopenhauer – la pura, semplice, non<br />
remunerata gioia <strong>del</strong>lo stare assieme.<br />
Abbiamo già quattro anni di storia alle<br />
spalle, un’età non più infantile per<br />
un’Associazione socio-culturale. Segno che,<br />
senza pretese di grandi e blasonati traguardi,<br />
abbiamo saputo individuare i giusti percorsi,<br />
avendo cura che ogni iniziativa fosse occasione<br />
d’incontro tra generazioni che dialogano e<br />
progettano assieme attorno a un’idea di<br />
Cultura & incontri pag. 2<br />
Viaggi pag. 4<br />
Storia & racconti pag. 8<br />
www.amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
IN NOME DELL’AMICIZIA<br />
(In alto a destra: una foto dal viaggio ad Assisi <strong>del</strong>lo scorso maggio)<br />
In questo numero:<br />
cultura maturata negli anni <strong>del</strong> “<strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>”. Le<br />
scelte attuate sono state dettate, sempre, dal<br />
proposito di creare occasioni che facciano<br />
riscoprire il piacere di riannodare legami forse<br />
sopiti, ma mai recisi, in nome di quella “virtù”,<br />
l’amicizia, che non si cura di dare soluzioni o<br />
risposte, ma sa solo ascoltare e condividere le<br />
gioie e qualche timore, soprattutto non chiede<br />
nulla, ma lascia sempre qualcosa. Non traccia<br />
limiti, ma apre spazi. Spiace solo che la ridotta<br />
partecipazione ad alcune iniziative, dovuta, ci<br />
auguriamo, ai numerosi impegni di ciascuno di<br />
noi, abbia limitato la possibilità di realizzare<br />
pienamente gli obiettivi <strong>del</strong>l’Associazione.<br />
Non ci rimane che esprimere alla nuova<br />
Direzione, che sarà eletta nella prossima<br />
assemblea dei Soci, l’augurio di saper interpretare<br />
e realizzare al meglio le aspettative di tutti,<br />
in particolare quelle che, per i nostri limiti,<br />
sono state disattese.<br />
Riflessioni & attualità pag. 12<br />
Varie ed eventuali pag. 14<br />
Contatti pag. 16<br />
Mario Simonato
CULTURA & INCONTRI<br />
Il 15 settembre scorso, nell’Aula Magna <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, si<br />
è tenuta una interessantissima conferenza che ha riscosso un<br />
grande successo. In veste di oratore, Enrico Facco, Professore<br />
di Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università di Padova;<br />
è inoltre specialista in Neurologia ed esperto di terapia <strong>del</strong><br />
dolore, agopuntura ed ipnosi clinica e autore di oltre 200<br />
pubblicazioni scientifiche, molte <strong>del</strong>le quali sul coma, sullo stato<br />
vegetativo persistente, sulla morte cerebrale. Come se non<br />
bastasse, conoscendolo personalmente da parecchi anni, mi<br />
permetto di aggiungere che ritengo sia una <strong>del</strong>le menti più<br />
brillanti e geniali <strong>del</strong>la nostra Facoltà medica. Il suo ultimo libro,<br />
Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra<br />
fisica e metafisica, oltre ad essere un’approfondita trattazione<br />
di quell’insieme di esperienze che precedono la nostra dipartita,<br />
è spunto di riflessione su quegli aspetti filosofici e metafisici che<br />
racchiudono il significato ultimo e vero <strong>del</strong>la nostra esistenza.<br />
Questa brevissima intervista è<br />
solo assaggio di quanto si è discusso<br />
nella conferenza e di quanto si trova nel<br />
libro. Speriamo di riuscire ad organizzare,<br />
per la prossima primavera, un weekend<br />
<strong>del</strong> pensiero, in cui poter approfondire<br />
queste tematiche.<br />
Carissimo Professore, leggendo il<br />
Suo libro ed ascoltandoLa ci si ritrova a<br />
ragionare sui valori più elevati e trascendentali<br />
<strong>del</strong>la mente. Pensa sia possibile la<br />
rinascita di una Medicina che non sia<br />
basata sulla radicale separazione cartesiana<br />
<strong>del</strong>la mente dal corpo? Se sì, in che<br />
modo?<br />
Penso che sia non solo possibile<br />
ma necessario e qualche elemento comincia<br />
a <strong>del</strong>inearsi all’orizzonte. In primo<br />
luogo si deve considerare che le scienze<br />
galileiane, quindi anche la medicina moderna,<br />
sono nate da una situazione di conflitto con l’Inquisizione<br />
e non da una riflessione epistemologica libera. La psiche e<br />
l’anima, competenza <strong>del</strong>la teologia, sono state escluse a priori<br />
dal campo <strong>del</strong>la scienza per secoli: l’osservatore è stato quindi<br />
rigidamente separato dal fenomeno osservato e la psiche dal<br />
corpo, ma questo paradigma è stato messo in crisi dalla stessa<br />
fisica <strong>del</strong> XX secolo. In ambito neurologico si sta manifestando<br />
nell’ultimo decennio un’insoddisfazione crescente per la visione<br />
tradizionale ancora prevalente, di matrice fisicalista e riduzionista,<br />
e sta emergendo la necessità di ricomprendere nella scienza<br />
il mondo <strong>del</strong>la soggettività: è oggi presente nella letteratura<br />
scientifica internazionale un numero crescente di ricerche autorevoli<br />
sulla neurologia <strong>del</strong>la coscienza, <strong>del</strong>l’autocoscienza,<br />
<strong>del</strong>l’ipnosi, <strong>del</strong>la meditazione, <strong>del</strong>le esperienze di premorte e in<br />
generale <strong>del</strong>le attività <strong>del</strong>la mente fondamentali, relegate alla<br />
filosofia fino al secolo scorso.<br />
Veniamo ora al tema <strong>del</strong> Suo libro, le esperienze di<br />
premorte (NDE). Potrebbe spiegarci brevemente in cosa<br />
consistono?<br />
Ne NDE sono esperienze soggettive intense e profonde<br />
di aspetto trascendente che si verificano in condizioni critiche<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
“Esperienze di premorte”<br />
Intervista al Prof. Enrico Facco<br />
2<br />
associate a perdita di coscienza (quali arresto cardiaco, traumi<br />
cranici e politraumi, stati di shock) e caratterizzate dalla netta<br />
percezione di essere in una dimensione diversa da quella<br />
ordinaria <strong>del</strong>la vita terrena, di avere abbandonato il corpo fisico<br />
ed oltrepassato i limiti <strong>del</strong> proprio io e <strong>del</strong>la dimensione<br />
spazio-temporale <strong>del</strong> mondo fisico ordinario. I contenuti <strong>del</strong>le<br />
NDE possono essere così sintetizzati: a) percezione di una luce<br />
e/o di una voce con caratteristiche non naturali; b) sensazione<br />
di grande pace e tranquillità; c) attraversamento di un tunnel,<br />
con o senza luce alla sua fine; d) fuoriuscita dal proprio corpo<br />
(Out of Body Experience, OBE), spesso associata alla visione<br />
dall’esterno <strong>del</strong> proprio corpo giacente inanimato; e) incontro di<br />
altri esseri, spesso persone care decedute o, a volte, Entità,<br />
Spiriti o Esseri di Luce, spesso indefiniti; f) revisione panoramica<br />
<strong>del</strong>la propria vita; g) percezione di un limite, che impedisce di<br />
proseguire il viaggio e porta il paziente a rientrare nel proprio<br />
corpo; h) sentimento di disagio alla ripresa<br />
<strong>del</strong>la coscienza ordinaria e non di rado<br />
rimpianto per la condizione di grande<br />
serenità vissuta durante la NDE.<br />
Tra i casi da Lei analizzati, vi è la<br />
predominanza di un certo genere di soggetti<br />
rispetto ad altri (per esempio donneuomini;<br />
credenti-atei)?<br />
Le NDE sono relativamente frequenti,<br />
con un’incidenza che nell’arresto<br />
cardiaco oscilla tra il 10 e il 18%, e hanno<br />
una chiara epidemiologia e caratteristiche<br />
cliniche precise, quindi sono fenomeno<br />
studiabile con il metodo scientifico. Sono<br />
esperienze universali, i cui elementi essenziali<br />
sono costanti in tutte le culture,<br />
mentre possono esservi differenze in elementi<br />
per lo più secondari. Non vi sono<br />
grossolane differenze relative al genere,<br />
ma c’è una incidenza lievemente superiore<br />
nelle donne e inferiore nelle persone anziane; esse prescindono<br />
inoltre dalle convinzioni filosofiche e religiose precedenti<br />
all’insulto e talora contrastano con esse.<br />
Nei soggetti che hanno avuto esperienze di premorte, vi<br />
è poi un differente approccio alla vita?<br />
L’aspetto interessante è che, pur essendo collegate a<br />
eventi traumatizzanti, spesso con pericolo di vita, esse non solo<br />
non danno generalmente origine a disordini post-traumatici da<br />
stress, ma portano ad un migliore adattamento con la vita e al<br />
superamento <strong>del</strong>la paura <strong>del</strong>la morte.<br />
A Suo parere, vi può essere qualche analogia tra<br />
esperienze di premorte e sogno?<br />
Assolutamente no: le esperienze di premorte hanno un<br />
linguaggio e contenuti totalmente diversi da quelli <strong>del</strong> sogno,<br />
come anche dei fenomeni allucinatori e di <strong>del</strong>irium prodotti da<br />
lesioni organiche, da tossici o da farmaci. Esse si caratterizzano<br />
infatti per la lucidità, la coerenza e chiarezza <strong>del</strong> racconto, la<br />
loro costanza e universalità, l’essere chiaramente ricordate<br />
come esperienze di assoluta consapevolezza, anche superiore<br />
a quella <strong>del</strong>le condizioni ordinarie.<br />
Durante la Sua conferenza, osservando un oggetto
osso, ha stuzzicato la nostra mente invitandoci a pensare in<br />
che cosa consistesse l'idea di "rossità" nel nostro cervello. Lei<br />
che idea si è fatto? E' solo questione di neurotrasmettitori?<br />
Il problema è quello dei cosiddetti qualia, ovvero gli<br />
elementi <strong>del</strong>l’esperienza, problema che non solo non ha ancora<br />
trovato una chiara spiegazione scientifica, ma non sembra<br />
nemmeno indagabile, almeno nel modo classico. E’ il dilemma<br />
<strong>del</strong>la relazione mente-cervello, ancora irrisolto: come dice David<br />
Chalmers, non è infatti chiaro come quella sorta di budino<br />
untuoso e grigiastro <strong>del</strong> peso di circa 1400 g (il cervello) possa<br />
tradurre attività elettrica e neurotrasmettitori in qualia, pensieri,<br />
esperienze e nelle attività più elevate <strong>del</strong>la mente umana, come<br />
la musica, l’arte, la poesia, la stessa scienza, manifestazioni<br />
che, inoltre, mi sembra si collochino ben oltre le necessità<br />
imposte dall’adattamento all’ambiente e dalla selezione<br />
naturale.<br />
Le domande sarebbero tante, ed ogni risposta richiederebbe<br />
pagine su pagine di trattazione. Sarebbe disponibile ad<br />
accompagnarci in un weekend <strong>del</strong> pensiero, per approfondire<br />
È un piacere per chi scrive ricordare il pomeriggio <strong>del</strong> giorno<br />
4 ottobre scorso, durante il quale, nella cornice <strong>del</strong>l’Aula<br />
Magna <strong>del</strong> Liceo <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong> di Padova, si è svolta la presentazione<br />
<strong>del</strong> volume Studi e sogni di letteratura di Francesca Favaro,<br />
ex studentessa di tale istituto e ora docente di italiano e latino al<br />
liceo classico <strong>Tito</strong> Lucrezio Caro di Citta<strong>del</strong>la.<br />
Tale piacere nasce nel ricordare sia gli argomenti affrontati<br />
durante la serata sia l’atmosfera entro la<br />
quale l’incontro si è svolto: il clima di intensa<br />
condivisione (come fra amici accomunati<br />
dalle medesime inclinazioni e dai medesimi<br />
interessi) ha reso infatti la presentazione<br />
simile a una sorta di seminario, di cenacolo<br />
di poesia. A contribuire all’effetto di amichevole<br />
naturalezza <strong>del</strong> pomeriggio sono state<br />
sia la scelta, compiuta con l’autrice, di proporre<br />
la serata non nella forma di un monologo,<br />
ma piuttosto di un’intervista (articolata,<br />
al momento, sulla scorta <strong>del</strong>le suggestioni<br />
nate dalla precedente lettura <strong>del</strong> libro), e la<br />
partecipazione <strong>del</strong> giovane attore Gian Marco<br />
Maffei quale interprete di alcuni passi<br />
scelti dall’opera.<br />
Di un volume composito, suddiviso in<br />
tre sezioni – Di miti e di poesia, Seduzioni e<br />
inquietudini, Prose libere – che, con svariate<br />
sfaccettature e commistioni, includono prove<br />
di saggistica, articoli brevi e pezzi di scrittura<br />
creativa, la conversazione ha indagato in<br />
primo luogo il titolo – Studi e sogni di letteratura – affascinante<br />
perché sembra intrinsecamente ossimorico. L’autrice ha dunque<br />
diffusamente spiegato quanto da lei esposto in sintesi nella<br />
nota ad apertura <strong>del</strong> volume, ossia che, nella sua interpretazione,<br />
gli ‘studi’ e i ‘sogni’ letterari costituiscono due realtà compenetrantesi,<br />
due modi differenti di avvicinarsi alla stessa bellezza<br />
<strong>del</strong>la parola poetica: il sogno, in qualche modo, nasce dalla<br />
ferrea disciplina <strong>del</strong>lo studio, ne è il distillato; pertanto, sulla<br />
base <strong>del</strong>l’etimologia latina, secondo cui il significato originario<br />
<strong>del</strong> termine studium è quello di ‘amore, dedizione’, «la parola<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
“Studi e sogni di letteratura”<br />
3<br />
CULTURA & INCONTRI<br />
insieme la materia?<br />
Con grande piacere. L’unica mia certezza è che la realtà<br />
è diversa e molto più ampia rispetto a come la codifichiamo e<br />
questo risulta evidente dalla storia <strong>del</strong>l’umanità compresa quella<br />
<strong>del</strong>la scienza stessa. Come afferma Ibn ‘Arabi, grande mistico<br />
Sufi <strong>del</strong> XIII secolo, percepiamo la realtà con gli organi di senso<br />
e con la nostra mente, quindi disponiamo solo <strong>del</strong>le immagini<br />
mentali <strong>del</strong>la realtà (composte di qualia…); anche gli strumenti<br />
<strong>del</strong>la scienza sono solo prolungamenti degli organi di senso. La<br />
realtà è quindi immaginazione e la conoscenza è immaginazione<br />
nell’immaginazione. Immaginazione non vuol dire qui fantasia<br />
priva di relazione con la realtà, ma solo che l’idea di poter<br />
conoscere la realtà in sé è più illusoria che reale e che la cosiddetta<br />
oggettività rimane per lo più entro i limiti <strong>del</strong>la soggettività<br />
condivisa. Questa mi sembra una buona base da cui partire per<br />
muoversi alla ricerca di una conoscenza un po’ meno egocentrica,<br />
antropocentrica ed etnocentrica di quella finora acquisita.<br />
Intervista a cura di Alessandro Zanella<br />
“studi” viene posta accanto al termine “sogni”, nel titolo <strong>del</strong> volume,<br />
a suggerire uno sprofondamento, entro la dimensione letteraria,<br />
mosso e guidato da un amoroso desiderio di conoscenza<br />
e nel contempo proteso verso l’abbandono estetico».<br />
Il secondo tema che si è affrontato (e che <strong>del</strong> libro costituisce<br />
l’essenza, la struttura profonda, anche alla luce degli studi<br />
di comparatistica consueti all’autrice) è stato l’indagine di alcune<br />
fra le corrispondenze ravvisabili fra una<br />
sezione e l’altra; tali corrispondenze, quasi<br />
una filigrana, confermano che, nella scrittura<br />
di Francesca Favaro, la medesima suggestione<br />
si può declinare ora nella forma di un<br />
capitolo saggistico, ora in un frammento<br />
lirico.<br />
Un tema caro all’autrice, e che si snoda<br />
attraverso differenti pagine, concerne quelle<br />
che durante l’incontro sono state definite le<br />
‘figure <strong>del</strong>la nostalgia’: le immagini<br />
<strong>del</strong>l’antico – le ninfe fuggenti, le Esperidi che<br />
custodiscono, all’estremo Occidente, meravigliosi<br />
giardini – nella cui plastica linea sembra<br />
concretizzarsi il senso e il valore di<br />
un’epoca di cui spesso pochi conservano,<br />
oggi, vera memoria, e che spetta dunque<br />
alle arti, alla poesia e agli studi mantenere in<br />
vita. Attraverso l’esplorazione di molteplici<br />
esempi, suggeriti dal libro di Francesca, che<br />
mostrano come l’antico, attraversando i<br />
secoli, riesca non solo a sopravvivere ma a<br />
farsi nuovo, a intrecciarsi, in feconda dialettica, con il nuovo, si<br />
è di fatto perorata la causa <strong>del</strong> Bello, a noi trasmesso in primo<br />
luogo dalla classicità, che si carica di un profondo valore etico e<br />
diviene anche Buono.<br />
Il pubblico presente è intervenuto, al termine <strong>del</strong>l’incontro,<br />
con domande che hanno dimostrato l’interesse che può suscitare<br />
a qualsiasi livello l’indagine amorosa <strong>del</strong>la dimensione letteraria,<br />
antica o moderna che sia: la perenne attualità dei classici.<br />
Giuseppe Iori
VIAGGI<br />
Anche quest’anno gli <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong> hanno<br />
organizzato un viaggio a sfondo culturale; questa<br />
volta, la meta principale <strong>del</strong> nostro weekend <strong>del</strong> pensiero<br />
è stata la città di Perugia. L’avventura è cominciata<br />
venerdì 27 maggio: partiti presto dalla stazione<br />
di Padova, dopo aver percorso in treno le due tratte<br />
tra Padova a Firenze prima e tra Firenze e Perugia<br />
poi (sfruttando il cambio per mettere qualcosa sotto i<br />
denti), siamo arrivati a destinazione nel primo pomeriggio<br />
e ad accoglierci è venuto il prof. Ugo Mazzucato,<br />
ex titoliviense nonché compagno di scuola <strong>del</strong> nostro<br />
Toto La Rosa e docente all’Università di Perugia<br />
(come leggerete meglio nelle pagine seguenti).<br />
Lasciate le nostre cose in albergo, ci siamo<br />
rimessi in moto per arrivare in orario all’appuntamento<br />
in centro con una guida turistica che, nel corso <strong>del</strong><br />
pomeriggio, ci avrebbe illustrato le principali attrazioni<br />
artistico-culturali <strong>del</strong>la città. Poiché Perugia non sorge<br />
esattamente in una zona pianeggiante e raggiungere<br />
il centro a piedi è alquanto impegnativo (soprattutto<br />
da una certa età in su), abbiamo approfittato <strong>del</strong>la<br />
presenza di una stazione <strong>del</strong>la minimetro (una sorta di<br />
piccola funicolare sopraelevata) nelle vicinanze<br />
<strong>del</strong>l’hotel per salire comodamente fino al capolinea.<br />
In centro, oltre alla guida, abbiamo incontrato<br />
anche Gustavo Reichenbach, altro docente<br />
<strong>del</strong>l’Università di Perugia che ha condiviso i banchi di<br />
scuola con Toto La Rosa; insieme abbiamo attraversato<br />
con la mente i secoli passati <strong>del</strong>la città, visitando<br />
la Rocca Paolina (fortezza papale <strong>del</strong> Rinascimento<br />
che sorge letteralmente sopra il borgo medioevale,<br />
trasformandolo in una piccola città sotterranea) ci è<br />
sembrato di rivivere alcuni degli episodi salienti <strong>del</strong>la<br />
sua storia.<br />
Dopo una breve visita al Collegio <strong>del</strong> Cambio,<br />
ci siamo avventurati nei vari saliscendi <strong>del</strong>la città, da<br />
cui era possibile godere di una vista spettacolare <strong>del</strong>la<br />
campagna circostante.<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> a Perugia e Assisi<br />
4<br />
La sera, dopo una sosta in albergo, siamo tornati<br />
in cima alla città per cenare in uno splendido<br />
ristorante con belvedere, a pochi passi dal capolinea<br />
<strong>del</strong>la minimetro.<br />
La mattina dopo è stata dedicata all’oggetto, se<br />
vogliamo, <strong>del</strong> percorso <strong>del</strong> pensiero: dopo le varie<br />
occasioni in cui il tema è stato di carattere filosofico o<br />
storico, ci siamo spostati sul campo <strong>del</strong>le scienze<br />
naturali e abbiamo assistito ad una interessantissima<br />
conferenza sulla chimica, tenuta dallo stesso Ugo<br />
Mazzucato insieme a Gianna Favaro e Aldo Romani<br />
(come meglio illustrato a pagina 6).<br />
Dopo un buon pranzo in albergo, nel primo pomeriggio<br />
ci siamo incamminati per la tappa<br />
“secondaria” <strong>del</strong> nostro percorso <strong>del</strong> pensiero: Assisi.<br />
Arrivati con un breve viaggio in treno, abbiamo riempito<br />
in sala d’aspetto il tempo d’attesa per la navetta<br />
che ci avrebbe portati dalla stazione in centro, ascoltando<br />
un interessante excursus <strong>del</strong> nostro Bepi Iori su<br />
“Dante, San Francesco e Madonna Povertà”.<br />
Il tempo è peggiorato rapidamente e ci si è<br />
scaraventato addosso un brutto acquazzone, che è<br />
cominciato esattamente quando siamo scesi dalla<br />
navetta e (manco a dirlo) si è placato esattamente<br />
quando siamo entrati nella Basilica di San Francesco.<br />
Sotto la guida esperta di un gentile confratello,<br />
abbiamo sentito sia la storia <strong>del</strong> Poverello d’Assisi e<br />
<strong>del</strong>le conseguenze <strong>del</strong> suo insegnamento, ammirando<br />
(tra l’altro) gli splendidi affreschi di Giotto.<br />
Il resto <strong>del</strong> pomeriggio è stato dedicato a percorrere<br />
le caratteristiche viuzze <strong>del</strong>la cittadina, anche<br />
qui con interessantissimi scorci panoramici (di nuovo<br />
illuminati dal sole) che apparivano all’improvviso.<br />
Il terzo giorno, domenica 29, è stato diviso in<br />
due parti: alla mattina, un approfondimento <strong>del</strong>la nostra<br />
conoscenza di Perugia; al pomeriggio, il viaggio<br />
di ritorno verso Padova, che si è concluso verso l’ora<br />
di cena.
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
La gita a Perugia<br />
Ugo Mazzucato, Toto La Rosa e Gustavo Reichenbach<br />
5<br />
VIAGGI<br />
A una certa età (la mia, per esempio) certe fatiche non si dovrebbero fare. E’ vero, agli<br />
sforzi si contrappone il divertimento, vedere o rivedere luoghi quasi dimenticati negli anni, e<br />
paesi e città e capolavori <strong>del</strong>la natura e degli uomini. Ma, a una certa età (la mia, per esempio)<br />
molte cose si sono già fatte. Io non sono mai stato alle Maldive, ma non è difficile sentire<br />
qualcuno che si vanta di esserci stato almeno tre volte. Se poi gli chiedi se ha visto la Cappella<br />
Sistina o magari quella degli Scrovegni ti senti rispondere: “Dove sono? Alle Seychelles? Se non<br />
posso rilassarmi non ci vado”.<br />
Certo i tempi sono cambiati, specie quelli <strong>del</strong>la mia schiena o <strong>del</strong>le mie gambe; così,<br />
quando si è parlato di gita a Perugia e Assisi, non ho neppure preso in considerazione la<br />
proposta di parteciparvi. Ma quando ho saputo che a Perugia ci aspettavano Ugo Mazzucato e<br />
Gughi Reichenbach, già professori all’università perugina, ma soprattutto miei compagni di<br />
classe o addirittura di banco (di ieri o di sessant’anni fa, è lo stesso), ho caricato il mio trolley di<br />
pillole e pastiglie e mi sono imbarcato per quella lunga crociera terrestre. Ne valeva la pena.<br />
L’incontro, ritrovare quei vecchi amici, abbracciarli è stato di grande emozione. In pochi<br />
momenti abbiamo rivissuto la vita di molti anni fa, che ci aveva visti tra i banchi di scuola,<br />
timorosi ma orgogliosi, impegnati ma felici. E felici lo siamo stati anche in questi due giorni<br />
trascorsi a Perugia: l’amicizia vera, quella appunto nata tra i banchi, quando si condividevano<br />
speranze e progetti, confidenze e desideri, è difficile che finisca. Chi ha detto che i ricordi sono<br />
solo rimpianti e nostalgia? Ritrovarsi è stato rinnovare episodi di una gioventù sana, serena,<br />
colma di momenti di crescita intellettuale e affettiva.<br />
Le finalità culturali <strong>del</strong>la gita, pur molto stimolanti, non mi hanno interessato più di tanto;<br />
ritrovare ricordi è stato certamente più affascinante, consapevoli che il passato, ancorché già<br />
vissuto, è fondamenta e stimolo per il futuro. Così, con Ugo e Gughi ci siamo salutati non con la<br />
speranza, ma con la certezza di rivederci ancora, magari tra cinquant’anni, se la mia schiena e le<br />
mie gambe me lo consentiranno.<br />
Toto La Rosa
VIAGGI<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
Le chiacchierate su chimica e dintorni fatte a Perugia il 28 maggio<br />
Articolo a cura di Ugo Mazzucato<br />
Prendendo spunto dal fatto che l’ONU ha dichiarato<br />
il 2011 “Anno Internazionale <strong>del</strong>la Chimica”, gli<br />
amici perugini (tutti di origine veneta) ci hanno intrattenuto<br />
su alcune tematiche che hanno in qualche modo<br />
a che fare con la ricerca scientifica e con la Chimica<br />
in generale.<br />
Ugo Mazzucato (maturità al <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong> nel 1949)<br />
ha cercato di mostrare la Chimica in una luce diversa<br />
da quella negativa con cui spesso è vista dal grande<br />
pubblico, evidenziando i contributi che essa offre per<br />
vincere alcune sfide globali come la lotta<br />
all’inquinamento, la sicurezza alimentare, le energie<br />
alternative, la qualità <strong>del</strong>la vita e lo sviluppo sostenibile.<br />
Gianna Favaro ha quindi esposto una serie di<br />
“Divagazioni sul colore”.<br />
Il colore è una proprietà degli oggetti o <strong>del</strong>la<br />
luce ? Oggetto e radiazione illuminante giocano nella<br />
percezione <strong>del</strong> colore un ruolo fondamentale, ma imprescindibile<br />
dalla lettura <strong>del</strong> sistema visivo <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Il colore è una realtà complessa, in cui si sono imbattuti<br />
filosofi e scienziati, artisti e poeti, dove fondamentale è<br />
la distinzione tra il mondo fisico (oggettivo e misurabile)<br />
e il mondo <strong>del</strong>la percezione (soggettivo e non misurabile).<br />
La luce non è colorata ma è in grado di generare<br />
la percezione <strong>del</strong> colore quando stimola l'occhio<br />
<strong>del</strong>l’uomo. In natura, senza l'occhio <strong>del</strong>l'osservatore,<br />
non esiste il colore, c'è solo la luce.<br />
Per l’artista il colore è una continua ricerca per<br />
realizzare le creazioni <strong>del</strong>la sua fantasia, per<br />
l’imprenditore uno strumento per rendere più commerciabili<br />
i propri prodotti (tessuti, oggetti, alimenti, farmaci,<br />
ecc.). Inizialmente offerte dalla natura, sostanze colorate<br />
sono state poi prodotte dall’uomo, sviluppando<br />
settori <strong>del</strong>l’industria chimica di interesse economico<br />
primario. La chimica è in grado non solo di sintetizzare<br />
i coloranti, ma anche di giocare con il colore, generandolo<br />
o modulandolo in materiali speciali mediante perturbazioni<br />
esterne, quali la temperatura, la pressione, la<br />
luce. Così, ad esempio, gli occhiali fotocromici, che si<br />
6<br />
colorano reversibilmente in misura proporzionale alla<br />
radiazione che li colpisce e le cosiddette "vetrate intelligenti"<br />
che sono in grado di controllare la quantità di<br />
radiazione solare che entra in edifici, veicoli, aerei, navi,<br />
ecc..., secondo uno schema di gestione razionale<br />
<strong>del</strong>l’energia e <strong>del</strong> comfort ambientale.<br />
Ha chiuso la serie di relazioni Aldo Romani con<br />
la sua presentazione “Il portale chimico: un modo<br />
diverso per entrare dentro un’opera d’arte”, che ha<br />
messo in luce, con aspetti prevalentemente divulgativi,<br />
il ruolo <strong>del</strong> chimico nel continuo processo di conservazione<br />
dei beni culturali. Partendo dalla ormai inevitabile<br />
necessità di conoscere la costituzione materica di un<br />
oggetto artistico prima di effettuarvi qualsiasi intervento<br />
conservativo o di restauro, ha illustrato l’evoluzione,<br />
negli ultimi vent’anni, <strong>del</strong>le metodologie chimiche volte<br />
al raggiungimento di questo obbiettivo. Particolare<br />
attenzione è stata rivolta alle tecniche di indagine spettroscopiche,<br />
metodi diagnostici completamente non<br />
invasivi, che permettono una caratterizzazione pressoché<br />
completa dei materiali presenti in un opera senza<br />
che questa venga modificata e/o minimamente lesa<br />
nella sua integrità e natura. Questi metodi investigativi<br />
rappresentano, ad oggi, la frontiera più tecnicamente e<br />
scientificamente avanzata raggiunta nel settore con<br />
una continua evoluzione indotta dalle nuove tecnologie<br />
e da una fervente attività di ricerca scientifica a livello<br />
nazionale ed internazionale. Nella seconda parte<br />
<strong>del</strong>l’intervento sono stati presentati numerosi casi di<br />
studio su opere di inestimabile valore, condotte dal<br />
laboratorio mobile <strong>del</strong> Centro di Eccellenza SMAArt<br />
<strong>del</strong>l’Università di Perugia in diversi paesi europei.<br />
Studiosi e ricercatori <strong>del</strong> Centro di Eccellenza SMAArt<br />
<strong>del</strong>l’Università di Perugia all’opera sul trittico di Hans Memling<br />
“Christ surrounded by Angels” con la strumentazione portatile nel<br />
Royal Museum of Fine Arts di Anversa
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
La seconda crociera degli <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
Raccontata da Tino Siviero<br />
Si è svolta anche la seconda crociera organizzata<br />
mirabilmente da Alessandro e Chiara, con la<br />
partecipazione di un numero più ristretto di amici<br />
<strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, rispetto alla precedente.<br />
Al gruppo ben affiatato e collaudato composto<br />
da Alessandro e Chiara, Gian Paolo e Mapi, Tino<br />
e Tita, si sono aggiunte Miriam e Antonia, con le<br />
quali si è legato immediatamente e di cui ci ha colpito<br />
la vivacità e la voglia di vivere appieno la nuova<br />
esperienza.<br />
Pensavamo di esserci abituati alla mastodontica<br />
mole <strong>del</strong>la nave, ma anche questa seconda volta<br />
essa ci ha impressionato, nonostante la Costa Victoria<br />
che ci ha ospitato fosse sensibilmente più<br />
“piccola” <strong>del</strong>la Costa Fortuna con la quale avevamo<br />
viaggiato l’anno scorso.<br />
La dimensione più ridotta <strong>del</strong>la nave ci ha fatto<br />
beneficiare di una significativa riduzione dei tempi<br />
di attesa in coda per il self service <strong>del</strong> pranzo ed<br />
anche la qualità <strong>del</strong>la cena era migliore rispetto<br />
all’anno precedente.<br />
L’organizzazione <strong>del</strong>la struttura Costa non ha<br />
<strong>del</strong>uso; le operazioni di imbarco e sbarco legate alle<br />
escursioni si sono svolte con ordine e con tempi di<br />
attese contenuti, grazie al minor numero di passeggeri,<br />
circa 2.000, rispetto agli oltre 3.000 <strong>del</strong>l’anno<br />
scorso.<br />
La situazione meteorologica ci è stata clemente<br />
per tutta la durata <strong>del</strong>la navigazione e <strong>del</strong>le escursioni,<br />
permettendoci di godere appieno <strong>del</strong> mare e<br />
<strong>del</strong> sole durante le traversate.<br />
La prima escursione ad Ancona ci ha consentito<br />
di entrare nell’atmosfera <strong>del</strong> viaggio. La visita ai<br />
monumenti più significativi <strong>del</strong>la città e quella ai<br />
suoi dintorni esaurientemente illustrata dalle guide<br />
si è svolta serenamente.<br />
L’inevitabile vento che ci ha accompagnato<br />
7<br />
VIAGGI<br />
durante la navigazione ci ha tormentato nella escursione<br />
a Mykonos ed ha gonfiato il mare nella prosecuzione<br />
a Delo, ma l’imponenza e lo stato di conservazione<br />
<strong>del</strong>le rovine di Delo, il curiosare nelle viuzze<br />
di Mykonos concluso con una piacevole cena tra<br />
amici hanno fatto dimenticare qualsiasi disagio.<br />
La programmazione <strong>del</strong>la visita ad Atene ha<br />
destato iniziali preoccupazioni causate dallo stato di<br />
agitazione in Grecia per la crisi che devasta il paese.<br />
Esse si sono rivelate <strong>del</strong> tutto infondate. Il fascino<br />
<strong>del</strong>l’Acropoli è stato forse superato dalla visita al<br />
modernissimo Museo ai piedi <strong>del</strong>l’Acropoli stessa e<br />
dalla mirabile presenza dei reperti in esso esposti.<br />
L’isola di Corfù ci ha affascinato per la stupefacente<br />
bellezza <strong>del</strong> paesaggio, la mitezza <strong>del</strong> clima<br />
e l’eleganza <strong>del</strong> centro storico.<br />
Affascinante anche Dubrovnik, nonostante i<br />
croati continuino a manifestare ostilità nei confronti<br />
degli italiani: non intendevano, tra l’altro, accettare<br />
l’Euro in pagamento di servizi di accoglienza prestati<br />
malvolentieri e con arroganza.<br />
Chi ha voluto effettuare l’escursione molto<br />
tecnica nei settori <strong>del</strong>la nave adibiti ai servizi ha potuto<br />
apprezzare l’organizzazione, la pulizia,<br />
l’efficienza e l’imponenza dei vari settori che regolano<br />
i servizi, dal teatro, alle cucine, alla propulsione, la<br />
plancia di comando. In particolare le signore sono<br />
rimaste affascinate dai modi <strong>del</strong> giovane comandante.<br />
Infine, il ritrovarci tutte le sere insieme in un unico<br />
tavolo ci ha dato l’opportunità di scambiarci idee ed<br />
impressioni ed ha rafforzato piacevolmente<br />
l’affiatamento <strong>del</strong> gruppo.<br />
Concludendo, l’esperienza Crociera va tenuta in seria<br />
considerazione anche per il futuro.<br />
Bravi Alessandro e Chiara!
STORIA & RACCONTI<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
“Terra dura”<br />
Pubblichiamo l’introduzione <strong>del</strong>l’ultimo lavoro di Mario Simonato, a cura di Pasquale Natali<br />
“Queste pagine vogliono essere un umile, rispettoso<br />
omaggio ai cantori <strong>del</strong>la mia terra”. Così Mario Simonato ha<br />
cura di puntualizzare nella breve premessa al suo libro. Costanti,<br />
infatti, sono i riferimenti agli autori veneti, richiamati direttamente<br />
all’inizio di ogni capitolo. Su tutti Luigi Meneghello, a cui<br />
l’autore sembra dedicare l’opera – fatti salvi gli affetti familiari –<br />
con quella splendida citazione d’apertura: il piano inferiore <strong>del</strong><br />
mondo / ha un orlo di monti celesti / ed è colmo di paesi.<br />
Ma, come si procede nella lettura, i rimandi si aprono al<br />
panorama di tutta la letteratura italiana, e non solo. A partire<br />
dalla grande stagione poetica trecentesca, passando attraverso<br />
la tradizione novellistica e la divertita poesia popolareggiante<br />
e giocosa (ricordiamo, a tal proposito, i chiari riferimenti<br />
negli episodi <strong>del</strong>la compagnia dei selvadeghi e in certe<br />
ridanciane storie d’amore), si arriva<br />
agli autori <strong>del</strong>la poesia e <strong>del</strong>la<br />
narrativa <strong>del</strong>l’Ottocento e <strong>del</strong> Novecento.<br />
S’intersecano, così, liberamente,<br />
generi e stili di ieri e di oggi, dando<br />
origine a un impasto linguistico dagli<br />
esiti spesso divertiti, a volte apparentemente<br />
dissacratori, in realtà sempre<br />
rispettosi per la calda partecipazione<br />
<strong>del</strong>l’autore alle vicende <strong>del</strong> protagonista.<br />
Orbene, su questo dotto tessuto<br />
Simonato innesta la lingua viva e<br />
palpitante <strong>del</strong>la sua infanzia: il dialetto,<br />
che gli riporta alla luce le care<br />
memorie. Perché una lingua è anche il<br />
deposito <strong>del</strong>la memoria. Da quel sottofondo<br />
linguistico, infatti, scaturiscono<br />
le fantasime incapsulate di un tempo<br />
che i rapidi mutamenti di questi anni<br />
hanno reso lontanissimo. Le parole <strong>del</strong><br />
dialetto irrompono nel testo come lampi<br />
improvvisi, esigendo con forza diritto<br />
di cittadinanza, accanto a elementi colti, forbite forme letterarie,<br />
evasioni lirico-descrittive, in un disinvolto trascorrere dalla disinibizione<br />
vernacola al sussiego dotto e letterario.<br />
C’è, forse, in questo impasto linguistico una<br />
presa di posizione polemica nei confronti d’una lingua ufficiale<br />
piuttosto approssimativa, “inquinata dai meccanismi e dalle<br />
grossolanità dei mass media” e dal mondo dei consumi.<br />
L’autore sembra suggerire che il dialetto s’avvicini maggiormente<br />
alla lingua colta <strong>del</strong>la letteratura che all’italiano snervato <strong>del</strong>la<br />
comunicazione orale (illuminante l’episodio <strong>del</strong>l’arrivo in città <strong>del</strong><br />
protagonista). La lingua italiana è rigida, inerte, priva di espressività,<br />
mentre il dialetto palpita nei ricordi, vibra nelle<br />
sensazioni, vive nelle cose, nei volti, anche se articolato in<br />
strutture più essenziali, in “una sintassi prelogica, fatta di associazioni<br />
libere e, in qualche misura, folli” (indicativo l’esempio<br />
dei liberi pensieri <strong>del</strong> protagonista durante la processione <strong>del</strong>le<br />
rogazioni; esempio che, tra l’altro, costituisce un chiaro riferimento<br />
alla narrativa <strong>del</strong> flusso di coscienza e <strong>del</strong> monologo<br />
interiore).<br />
Simonato non propone, certo, un ritorno al dialetto,<br />
8<br />
perché ogni lingua è figlia <strong>del</strong> suo tempo; sente, però, il bisogno<br />
d’una lingua viva, che sappia incarnare la realtà, come lo<br />
sapeva essere la lingua <strong>del</strong> protagonista, fatta di parole<br />
terragne e sanguigne, una lingua non soggetta alle ipocrisie<br />
d’una educazione di perbenismo tutto esteriore, una lingua che<br />
ha il coraggio di dire anche quello che “non sta bene dire” se si<br />
deve dire, che esprime tutta la sua carica vitale, anche se può<br />
apparire dissacrante (si veda l’esempio <strong>del</strong>la confessione <strong>del</strong><br />
protagonista).<br />
Parole e immagini, dunque, che richiamano le amate<br />
frequentazioni letterarie e si sono sedimentate nell’animo. Sono<br />
diventate carne e vita, assieme alle parole e alle immagini <strong>del</strong><br />
buon tempo antico <strong>del</strong>l’infanzia. Da questa miscellanea nasce il<br />
significato e il messaggio più autentico <strong>del</strong> libro: il valore eterno<br />
<strong>del</strong>l’opera d’arte, in specie <strong>del</strong>l’opera<br />
letteraria, che vive e parla a suo modo<br />
in ciascuno di noi, e che “colora di<br />
luce” anche le memorie, facendole<br />
rivivere di nuove ed arcane suggestioni.<br />
Così, i cari ricordi d’infanzia, che<br />
nelle frenesie di oggi corrono il rischio<br />
di perdersi in uno smarrito iperuranio,<br />
sono riportati alla luce per vivere e<br />
parlare in un mondo e in un’età che<br />
appaiono segnati dal tramonto.<br />
A questo punto, ecco emergere,<br />
a mio parere, l’altro messaggio che<br />
l’autore intende lasciare. Anche se<br />
l’uomo colto che narra rimane catturato<br />
dai cascami <strong>del</strong> passato e d’una<br />
lingua sepolta, ove allignano le care<br />
radici, il suo sguardo va oltre. Anche<br />
se, nei richiami poetici, indulge<br />
all’idillio, il suo animo è proteso al<br />
futuro, perché non ci si può cullare con<br />
obsolete armonie <strong>del</strong> passato se non<br />
per qualche momento di estraniato<br />
riposo. Quel tanto o quel poco di passato che vive ancora,<br />
serve per motivare il presente. In questa prospettiva acquista<br />
un particolare significato la figura di Arminio, un personaggio<br />
che sembra provenire da un ultramondo, ma da risultare<br />
talmente importante e pervasivo da sconvolgere quel piccolo<br />
orizzonte agreste e spingere il protagonista a lasciare definitivamente<br />
la sua terra. Considerata la problematicità degli<br />
argomenti affrontati da questo strano uomo “dalla barba da<br />
circasso”, il capitolo a lui dedicato potrebbe apparire <strong>del</strong> tutto<br />
estraneo all’universo narrato nelle pagine precedenti. A guardar<br />
bene, però, è fin troppo evidente che le problematiche affrontate<br />
da Arminio traducono la sensibilità morale e culturale <strong>del</strong><br />
protagonista fatto adulto. Poiché tutta l’opera è uno sguardo<br />
sull’infanzia attraverso gli occhi d’un adulto. E l’autore ci vuole<br />
suggerire che le convinzioni <strong>del</strong>l’età adulta sono il frutto di un<br />
tirocinio, spesso sofferto, che affonda le radici anche<br />
nell’infanzia e nella fanciullezza, legandosi a volti, incontri, voci,<br />
stupori e incanti di quell’età.<br />
Così le “care memorie” non sono un ripiegamento su un<br />
nostalgico passato, ma, attraverso un severo, severissimo mo-
nito all’incuria <strong>del</strong> presente, un invito a sfidare coraggiosamente<br />
il futuro.<br />
Sarebbe, pertanto, limitante, e forse fuorviante, considerare<br />
quest’opera come un semplice recupero di memorie<br />
d’altri tempi, filtrate attraverso parole e immagini di autori antichi<br />
e moderni. Né il sorriso e la divertita ironia, che trascorrono in<br />
tante pagine, sono il segno d’un disimpegnato abbandono al<br />
divertissement fine a se stesso. Come nelle sue opere teatrali,<br />
Mario Simonato ama spesso intrecciare il riso al pianto, perché<br />
questo è il tessuto <strong>del</strong>la vita: un trascolorare di gioie e fatiche<br />
che intessono la trama <strong>del</strong> quotidiano. Ma, ancor più, tra le<br />
pieghe di questa divertita o disincantata affabulazione, emerge<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
9<br />
STORIA & RACCONTI<br />
costante l’impegno <strong>del</strong>la riflessione e l’intento, a volte ostinato,<br />
di sfarinare certezze di comodo. Perché questa è la grande<br />
lezione che l’autore ha appreso dall’incontro con i “maestri” <strong>del</strong><br />
passato. Grande parodia, se vogliamo, quella di Simonato, ma<br />
in senso etimologico: controcanto e riscrittura che svaga nel<br />
tempo e nello spazio <strong>del</strong>l’infanzia, per trarre qualcosa di sempre<br />
nuovo e stimolante, seppur da un legname vegio, come diceva<br />
un grande autore figlio di questa terra, guarda caso, anche lui<br />
dialettale: “sté parole, che serà sté parole, serà ancora parole, e<br />
vu ve parerà d’averle aldù, con ve pare anche adesso.”<br />
(Ruzante)<br />
PASQUALE NATALI<br />
Aspasia milesia, donna sapiente<br />
di Daniela Mazzon<br />
La costituzione <strong>del</strong>la città-stato greca, in particolare di<br />
Atene nell’età periclea, rappresenta la realizzazione di un<br />
progetto politico che esclude la donna; la testimonianza più<br />
chiara e inequivocabile si trova nelle parole che Pericle rivolge<br />
alle vedove dei caduti nel discorso commemorativo recitato nel<br />
430 a. C., alla fine <strong>del</strong> primo anno <strong>del</strong>la guerra <strong>del</strong> Peloponneso:<br />
“Il sommo onore per voi donne – ammonisce lo stratega in<br />
chiusura <strong>del</strong>l’orazione – è che, nel biasimo e nella lode, il vostro<br />
nome sia pronunciato il meno possibile in pubblico”.<br />
Eppure il leader, che fu l’uomo politico più autorevole e<br />
potente <strong>del</strong>l’epoca, quando disse ciò, aveva accanto a sé una<br />
compagna il cui nome correva sulla bocca di tutti: Aspasia.<br />
Non sappiamo bene come e perché l’affascinante<br />
milesia si fosse trasferita dalla sua città natale ad Atene né<br />
conosciamo il luogo in cui nacque la love<br />
story fra la giovane straniera e il maturo<br />
statista. La cosa certa è che nel 446 a. C.<br />
Pericle, quasi cinquantenne, divorziò consensualmente<br />
dalla moglie legittima, da cui<br />
aveva avuto due figli, e prese in casa<br />
l’amante ventenne, con la quale condivise il<br />
resto dei suoi giorni.<br />
Naturalmente fu uno scandalo,<br />
quando si vide entrare nella dimora <strong>del</strong><br />
primo cittadino una giovane straniera dai<br />
costumi equivoci, la quale faceva tutto ciò<br />
che a una donna perbene era vietato, ossia<br />
flirtava con Pericle sulla porta di casa e<br />
quando lo accompagnava ai banchetti e ai<br />
simposi; dimostrava di essere colta e<br />
insegnava a uomini e a donne, nella scuola<br />
che aveva aperto all’interno <strong>del</strong>l’abitazione,<br />
arte erotica, retorica e una nuova disciplina, l’economia, <strong>del</strong>la<br />
quale, secondo la testimonianza diretta di Senofonte, era stata<br />
lei stessa fondatrice.<br />
Poiché l’opinione pubblica era divisa e sconcertata di<br />
fronte alle vicende sentimentali di Pericle, i suoi avversari<br />
politici, dopo aver preso di mira alcune <strong>del</strong>le persone a lui più<br />
vicine – primi fra tutti lo scultore Fidia, che sovraintendeva<br />
ai lavori che lo statista aveva progettato per abbellire l’Acropoli<br />
di Atene, e il filosofo Annassagora, – tentarono d’indebolirlo<br />
ulteriormente, muovendo contro Aspasia le pesanti accuse<br />
di empietà e di corruzione di donne oneste, per le quali<br />
era prevista la pena capitale.<br />
Il processo si risolse con l’assoluzione <strong>del</strong>l’imputata,<br />
poiché si presentò a difenderla Pericle stesso, che usò, per<br />
convincere i giudici, tutta la sua abilità oratoria, accompagnata<br />
da lacrime e suppliche.<br />
Lo statista, <strong>del</strong> resto, già abilissimo per natura nell’arte<br />
<strong>del</strong>la parola, si era ulteriormente affinato proprio sotto la guida<br />
di Aspasia, la quale sembra che fosse anche l’autrice di alcuni<br />
discorsi pubblici <strong>del</strong> suo illustre compagno, oltre che sua<br />
insostituibile consigliera nelle scelte politiche.<br />
Anche per ottenere l’iscrizione nelle fratrie <strong>del</strong> figlio<br />
bastardo avuto con la sua concubina, Pericle il Giovane, lo<br />
stratega dovette usare tutte le sue capacità persuasive e<br />
ottenne ciò che voleva dal popolo ateniese poco prima di morire<br />
di peste nel 429 a. C.<br />
Rimasta vedova, Aspasia nel giro di<br />
pochi mesi trovò un altro compagno, Lisicle,<br />
persona rozza e incolta, di bassa origine e<br />
d’indole volgare che, stando alla testimonianza<br />
<strong>del</strong> commediografo Aristofane e <strong>del</strong>lo<br />
storico Plutarco, assunse il ruolo di guida di<br />
Atene solo perché era l’amante di colei che<br />
ormai era diventata una “donna di potere”.<br />
Di quel che successe in seguito di<br />
Aspasia sappiamo ben poco: ebbe un figlio<br />
da Lisicle; rimase nuovamente vedova;<br />
studiò retorica con Gorgia di Lentini che era<br />
giunto ad Atene nel 427; continuò a<br />
insegnare a uomini e a donne le molteplici<br />
arti di cui era maestra riconosciuta da molti<br />
intellettuali <strong>del</strong>l’epoca. Probabilmente assistette<br />
nel 406 a. C. all’esecuzione di Pericle<br />
il Giovane, condannato assieme agli altri<br />
strateghi, dopo la battaglia <strong>del</strong>le Arginuse, per non aver prestato<br />
soccorso ai naufraghi; non è invece nominata da Platone fra<br />
le persone presenti nella cella di Socrate, suo allievo devoto,<br />
ammiratore e forse innamorato, quando questi bevve la cicuta,<br />
per cui si può ipotizzare che fosse morta prima di tale evento.<br />
È evidente che le notizie su questa donna sapiente<br />
subirono manipolazioni, nel corso dei secoli, che si cercò di<br />
cancellarne la memoria. Nonostante ciò il ricordo persiste,<br />
legato a opere poetiche immortali, come il Ciclo di Aspasia di<br />
Giacomo Leopardi e, perché no, grazie ai botanici, che<br />
coniugarono spesso il nome di quest’affascinante donna con<br />
fiori d’incantevole bellezza.
STORIA & RACCONTI<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
Un Achille <strong>del</strong>le praterie<br />
Storia e leggenda di Tashunka Witko (“Cavallo Pazzo”) - A cura di REMO GALASSI<br />
Tra storia e leggenda<br />
Non esiste popolo o civiltà senza i suoi personaggi epici ed eroici.<br />
Il popolo dei Sioux Oglala non si sottrae a questo storico e leggendario<br />
destino. Infatti tra essi, in un anno compreso tra il 1840<br />
e il 1845 (circa cento anni prima di chi scrive) nacque un bambino<br />
“strano”, o, come dice S. A. Ambrose, un bambino «...diverso dagli<br />
altri bambini Oglala. Aveva i capelli chiari e ricciuti e la carnagione<br />
anch’essa chiara. Dato che non avrebbe ricevuto il suo vero nome<br />
fino a quando non avesse compiuto un’impresa degna di nota o<br />
avesse avuto un sogno di grande importanza, gli indiani cominciarono<br />
a designarlo con vari soprannomi, che si richiamavano<br />
alle sue particolari caratteristiche fisiche. A volte il soprannome<br />
era “Capelli ricciuti”, a volte “Ragazzo dai Capelli Chiari”; quando<br />
fu più grande venne chiamato abitualmente “Ricciuto”» (Ambrose<br />
1978: 48) [1].<br />
Il padre di Ricciuto era uno<br />
dei sacerdoti <strong>del</strong>la tribù e il suo<br />
nome era Tashunka Witko, ovvero,<br />
secondo la traduzione inglese,<br />
Crazy Horse - in italiano viene normalmente<br />
tradotto con Cavallo<br />
Pazzo; in realtà Tashunka Witko<br />
andrebbe piuttosto tradotto con<br />
“Cavallo che si Impenna” o con<br />
“Cavallo Rampante”, o con “Cavallo<br />
Imbizzarrito”. Il padre di Ricciuto,<br />
inoltre, aveva fama di guaritore<br />
(uomo di medicina), aveva spesso<br />
“visioni” (cioè sogni) di cui era<br />
esperto interprete. Detto en passant<br />
il mondo “visionario” degli<br />
Oglala (e di tutti gli Indiani <strong>del</strong>le<br />
praterie) avrebbe fatto la gioia di...<br />
Sigmund Freud.<br />
Diventato un ragazzo, Ricciuto<br />
ebbe a sua volta una “visione”<br />
che avrebbe segnato la sua intera<br />
(anche se breve) vita e il suo destino<br />
zeppo di eroismo, altruismo e di<br />
spessore epico straordinario. S. A. Ambrose così descrive la<br />
“visione” di Ricciuto: «Un uomo a cavallo uscì dal lago... L’uomo<br />
disse a Ricciuto di non indossare mai un copricapo di guerra... Poi<br />
l’uomo gli disse che non sarebbe mai stato ucciso da un proiettile<br />
o da un nemico» (Id.: 79, c.vo ns.). Ecco, il suo destino di invincibile,<br />
di invulnerabile era stato definitivamente segnato, poiché le<br />
“visioni” non mentono mai [2] .<br />
La Prova che Ricciuto fosse un guerriero invulnerabile si<br />
ebbe quando alcuni giovani Oglala si scontrarono con una banda<br />
di Arapaho: «Improvvisamente Ricciuto lanciò un grido e sferrò<br />
un attacco contro le posizioni nemiche... Ricciuto ripeté l’assalto<br />
più volte. La sua medicina, a quanto pare, era efficace; come<br />
l’uomo <strong>del</strong> sogno cavalcava attraverso nugoli di frecce e pallottole<br />
senza rimanere colpito» (Id.: 93, c.vo ns.). Ecco, l’impresa era<br />
compiuta, e Ricciuto ora poteva cambiare il suo nome. Suo padre<br />
intonò una canzone che diceva:<br />
Mio figlio è andato contro il popolo dalla<br />
lingua sconosciuta.<br />
Ha compiuto un gesto coraggioso,<br />
per questo gli darò un nuovo nome,<br />
10<br />
il nome di suo padre<br />
e di molti padri prima di lui;<br />
gli darò un grande nome.<br />
Lo chiamerò Cavallo Pazzo.<br />
Inutile dire che, da quel momento, i guerrieri Oglala cominciarono<br />
a provare, verso quel giovane, una sorta di vera e propria venerazione:<br />
per lui, che poteva permettersi, cavalcando a pelo, di andare<br />
a sventolare la sua coperta rossa davanti al fuoco di fucileria<br />
<strong>del</strong> nemico senza subire nemmeno una scalfittura, essi erano<br />
disposti ad accettare anche la morte.<br />
Tashunka Witko divenne per gli Oglala un simbolo, un<br />
emblema, un mito, a maggior ragione dopo che il 25 giugno 1876<br />
egli sconfisse, annientandolo, G. A. Custer con i suoi squadroni di<br />
cavalleria sul crinale <strong>del</strong> Little Bighorn: e non si deve pensare che<br />
quella vittoria sia stata casuale. Tashunka Witko aveva studiato<br />
attentamente e più volte il comportamento<br />
tattico <strong>del</strong>le giacche blu in<br />
battaglia e ne aveva tratto vantaggiose<br />
conclusioni strategiche degne<br />
dei più illustri condottieri. È assolutamente<br />
sbagliato, in termini rigorosamente<br />
storici, pensare che gli<br />
Indiani andassero in battaglia a<br />
casaccio (come certa becera cinematografia<br />
ci ha invece mostrato).<br />
Va detto poi, a onor <strong>del</strong> vero, che<br />
gli Indiani che parteciparono alla<br />
battaglia <strong>del</strong> Little Bighorn non<br />
considerarono mai la loro vittoria<br />
come un evento particolarmente<br />
glorioso; la ragione era semplice:<br />
poiché quasi una intera compagnia<br />
di soldati blu, vistasi circondata,<br />
morì suicidandosi, ciò venne interpretato<br />
dagli Indiani come una<br />
forma di vigliaccheria. Per gli Indiani<br />
un vero guerriero doveva vendere<br />
cara la pelle e morire in battaglia.<br />
Vincere contro dei vigliacchi e contro<br />
un comandante così stolto da portarseli dietro non era certo<br />
un fatto glorioso: a maggior ragione se si pensa che la pratica <strong>del</strong><br />
suicidio, per gli Indiani, era pressoché sconosciuta e, comunque,<br />
era considerata una forma di pazzia.<br />
Dopo circa una decina di anni dal Little Bighorn, segnata<br />
da cruenti e cru<strong>del</strong>i scontri contro lo strapotere bellico dei Wasichu<br />
(i Visi Pallidi, l’uomo bianco), Tashunka Witko si lasciò convincere<br />
ad arrendersi e a recarsi a Camp Robinson (Nebraska) per<br />
trattare una resa onorevole per sé e per il suo popolo. Qui, con<br />
l’inganno (i Wasichu dovevano tener fede alla loro fama di “lingue<br />
biforcute”), accompagnato da Piccolo Grande Uomo e fiancheggiato<br />
da alcuni soldati (tra i quali un Indiano in divisa), si tentò di<br />
spingerlo dentro una prigione anziché portarlo dal colonnello<br />
Bradley per un colloquio. Appena accortosi <strong>del</strong> tranello Tashunka<br />
Witko estrasse un coltello che teneva nascosto e cercò disperatamente<br />
di liberarsi di coloro che nel frattempo avevano tentato di<br />
immobilizzarlo. Ne nacque un furioso tafferuglio, durante il quale<br />
«...l’ufficiale di giornata si mise a urlare: “Pugnalate quel figlio di<br />
puttana! Pugnalatelo!”» (Id. : 521) [3] . A quel punto, secondo la<br />
leggenda, cioè secondo il racconto dalla parte degli Indiani testi-
moni <strong>del</strong> fatto, l’Indiano in divisa (<strong>del</strong> quale non si è mai saputo il<br />
nome) colpì Tashunka Witko al fianco con la baionetta inastata.<br />
Sempre secondo la leggenda, si racconta che Tashunka Witko<br />
fosse “strano” anche per il fatto che era nato senza una costola: e<br />
la baionetta lo trafisse, ferendolo mortalmente, proprio in quel<br />
punto. Anche Tashunka Witko, l’invincibile, l’invulnerabile, aveva il<br />
suo “tallone d’Achille”.<br />
Portato da Tocca-le-Nuvole (così chiamato per la sua alta<br />
statura) e adagiato su un letto nell’ufficio <strong>del</strong>l’ufficiale aiutante,<br />
assistito dal padre che, nel frattempo, aveva assunto il nome di<br />
Bruco, Tashunka Witko cessò di vivere dopo aver esclamato:<br />
«Padre, ormai non si può più fare assegnamento su di me. Sto per<br />
morire» (Id.: 522). Era il 5 settembre 1877.<br />
Fuori, al di là <strong>del</strong>le palizzate <strong>del</strong> forte, due donne aspettavano<br />
il suo ritorno: Scialle Nero, la moglie taciturna e fe<strong>del</strong>e e<br />
Donna <strong>del</strong> Bisonte Nero; quest’ultima teneva in braccio una bambina<br />
oglala “strana”, una bambina dalla pelle chiara e dalla capigliatura<br />
ricciuta e quasi bionda...<br />
Il corpo di Tashunka Witko venne “sepolto” secondo le<br />
usanze sioux, cioè su una impalcatura e con il corpo ricoperto di<br />
una pelle di bisonte, in un luogo segreto. Ma molti Indiani, ancora<br />
oggi, sanno dove andare a deporre un fiore il 5 di settembre...<br />
Hoka-hey.<br />
Qualche osservazione di metodo sul rapporto tra<br />
Storia e Leggenda<br />
Nei paragrafi precedenti<br />
ho “raccontato” fatti e vicende<br />
relative a Tashunka Witko, che<br />
odorano ambiguamente di Storia<br />
e di Leggenda: oltre al fatto<br />
che, volutamente, ho tentato (si<br />
vedano al proposito i corsivi<br />
inseriti in alcune citazioni) di<br />
istituire ad arte alcune analogie<br />
tra il pelide Achille e lo “strano”<br />
uomo degli Oglala (l’essere invulnerabili<br />
tranne che in un certo<br />
punto <strong>del</strong> corpo, l’essere coraggiosi<br />
guerrieri, l’essere implicati con il divino e/o con il soprannaturale,<br />
ecc). Tuttavia, tra i due, è l’Indiano a sembrare più “storico”<br />
rispetto ad Achille: ciò forse perché quest’ultimo appartiene ed un<br />
mondo lontano nel tempo, sebbene attore concreto di un evento<br />
sicuramente “storico” come la guerra di Troia.<br />
Agli inizi <strong>del</strong> Novecento lo svizzero F. de Saussure si occupò<br />
<strong>del</strong> problema <strong>del</strong> rapporto tra Storia e Leggenda: in quel caso<br />
l’oggetto di indagine era la nascita e la caduta <strong>del</strong> Regno burgundo.<br />
Ma le osservazioni di Saussure sono tuttora valide.<br />
Per Saussure è improponibile la perfetta coincidenza tra i<br />
fatti narrati nella Leggenda e i fatti <strong>del</strong>la Storia: la Leggenda, infatti,<br />
si pone come “parafrasi” di una serie di fatti storici. Rispetto<br />
a questi la Leggenda è una forma di fiction, un adattamento, un<br />
ritratto, ma non ne è mai una copia. Ciononostante la Leggenda,<br />
come ogni forma di testo narrativo, può essere pensata come<br />
“...un’entità autonoma di dipendenze interne o, in breve, come una<br />
struttura» (Hjelmslev 1988: 197). Si noti, a questo proposito, che<br />
solo nei testi narrativi sono riscontrabili proposizioni vere (v. Eco<br />
2009): la proposizione storica “Hitler morì suicida” che attualmente<br />
è considerata vera, potrebbe essere falsificata domani; mentre<br />
la proposizione “Anna Karenina morì suicida sotto un treno” è<br />
eternamente vera: ciò perché i mondi possibili, i mondi <strong>del</strong>la<br />
fiction, sono immutabili, mentre il mondo reale è un organismo<br />
perennemente in divenire.<br />
Ci si trova, a questo punto, di fronte a un dilemma: quanto,<br />
di quel che si è raccontato su Achille e su Tashunka Witko,<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
11<br />
STORIA & RACCONTI<br />
appartiene alla Storia e quanto alla Leggenda? È un dilemma<br />
irrisolvibile, anche perché la Storia intesa come insieme di eventi è<br />
un fatto irripetibile, mentre la Storia “raccontata”, proprio perché<br />
raccontata, è a sua volta una forma di fiction. Questo allora potrebbe<br />
spingere a dire che l’humanitas è meno agganciata al reale<br />
di quanto non si pensi? Significa che ogni Weltanschauung, cioè<br />
ogni concezione <strong>del</strong> mondo possiede, sempre, qualcosa di fittizio?<br />
Che l’uomo, dunque, ha un sentimento “leggendario” <strong>del</strong>la<br />
propria esistenza? Forse si, e forse anche per questo l’uomo è<br />
costruttore di epos. Per dirla con Veselovskij, la Leggenda sembra<br />
rapportarsi alla Storia come un monomio schematico figurativo (e<br />
sulla “figuratività” si veda Garroni 2005).<br />
Come suggerisce Garroni, ogni “immagine” (oggetto<br />
dinamico) viene plasmata dal linguaggio (strumento di formazione<br />
logica <strong>del</strong> pensiero e di classificazione <strong>del</strong> mondo) e viene<br />
trasformata in “figura” (oggetto finito non dinamico) .<br />
Se facciamo nostre queste osservazioni, allora possiamo<br />
affermare che Achille e Tashunka Witko, come Giano bifronte,<br />
guardano contemporaneamente alla Storia e alla Leggenda e per<br />
questo essi sono due Figure storiche e leggendarie allo stesso<br />
titolo.<br />
Hoka-hey.<br />
Bibliografia essenziale<br />
Ambrose, S. A. , 1978, Cavallo<br />
Pazzo e Custer, Milano, Rizzoli.<br />
Brown, D. , 1975, Seppellite il<br />
mio cuore a Wounded Knee,<br />
Milano, Mondadori.<br />
Eco, U, 2009, La realtà <strong>del</strong>la<br />
finzione, in “La Repubblica”,<br />
30 giugno.<br />
Galassi, R., 1979-80, Note<br />
intorno ad alcuni inediti di F. de<br />
Saussure, “Quaderni <strong>del</strong>l’Istituto<br />
d i F i l o l o g i a M o d e r n a<br />
<strong>del</strong>l’Università di Lecce”,<br />
1: 221-240.<br />
Garroni, E. , Immagine, Linguaggio, Figura, 2005, Roma-Bari,<br />
Laterza.<br />
Hjelmslev, L. , 1988, Saggi linguistici, vol. I, Milano, Unicopli.<br />
Hyde, G. E. , 1996, Nuvola Rossa, Milano, Rusconi.<br />
Miller, D. H. , 1966, La fine <strong>del</strong> Gen. Custer, Milano, Rizzoli.<br />
Pictet, J. , 2000, La grande storia degli Indiani d’America, Milano,<br />
Mondolibri.<br />
Sandoz, M, 1992, Cavallo Pazzo, Milano, Rusconi.<br />
Veselovskij, A. , 1981, Poetica storica, Roma, Edizioni e/o.<br />
[1] Sul rapporto tra Storia e Leggenda cfr. Galassi 1979-80.<br />
[2] Sul concetto di “verità” cfr. Eco 2009.<br />
[3] Si noti, anche in questo caso en passant, che l’espressione “figlio<br />
di puttana” sembra essere assai frequente negli USA;<br />
se in un film qualsiasi la si sente pronunciare, poco o tanto, si può<br />
essere certi al novanta per cento che si tratta di un film<br />
statunitense o, comunque, ambientato negli USA.<br />
Sarebbe davvero interessante, ritengo, compiere uno studio<br />
statistico sul lessico di frequenza <strong>del</strong>le “espressioni di violenza”<br />
presenti nei testi cinematografici statunitensi degli ultimi decenni.
RIFLESSIONI & ATTUALITÀ<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
RIFLESSIONI CRITICHE IN MERITO ALLA PROPOSTA DI<br />
RIFORMA COSTITUZIONALE DELLA GIUSTIZIA<br />
Il principale elemento di novità <strong>del</strong>la<br />
proposta costituzionale di riforma costituzionale<br />
<strong>del</strong>la giustizia è indubbiamente quello previsto<br />
dall’art. 104 che stabilisce la separazione <strong>del</strong>le<br />
carriere dei giudici e dei pubblici ministeri. Sul<br />
punto va detto che già da tempo l’avvocatura ne<br />
ha sollecitato l’introduzione ed è indubbio che in<br />
linea di principio la stessa appaia difficilmente<br />
contestabile.<br />
La separazione dei ruoli si ricollega direttamente<br />
all’art. 111 <strong>del</strong>la Costituzione che prevede la terzietà <strong>del</strong> giudice, sinonimo di<br />
autonomia <strong>del</strong>lo stesso dalle parti, autonomia non compatibile con l’essere inserita una<br />
parte <strong>del</strong> processo, il Pubblico Ministero, nello stesso ruolo <strong>del</strong> giudicante.<br />
La separazione attua in definitiva una garanzia ordinamentale <strong>del</strong>l’imparzialità <strong>del</strong><br />
giudice. Non è neppure da sottovalutare il fatto che dalla separazione dei ruoli ne tragga<br />
vantaggio la stessa professionalità <strong>del</strong> pubblico ministero: altro è indagare e formulare una<br />
ipotesi accusatoria, altro è giudicare sulla base <strong>del</strong>le prove assunte in contraddittorio.<br />
L’adesione alla riforma in linea di principio non può nondimeno non rilevarne i punti<br />
critici. Se la presenza di membri laici nei relativi consigli superiori appare opportuna sotto<br />
il profilo <strong>del</strong>la coordinazione dei poteri <strong>del</strong>lo Stato che non è in contrasto con il principio<br />
<strong>del</strong>la loro divisione, la presenza di metà dei membri eletti dal parlamento appare eccessiva<br />
ed in contrasto con la natura di organi di autogoverno che a garanzia <strong>del</strong>l’indipendenza<br />
dalla magistratura i due consigli debbano tutelare, nell’esercizio <strong>del</strong>le loro funzioni previste<br />
dall’art. 105 nel testo proposto di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni.<br />
Ancora va detto come non sia logicamente spiegabile il divieto previsto di atti di indirizzo<br />
politico e <strong>del</strong>l’esercizio di funzioni diverse.<br />
In realtà non c’è bisogno di un espresso divieto a che i consigli non usurpino le<br />
funzioni <strong>del</strong> potere esecutivo o <strong>del</strong> potere legislativo. La norma si risolve in effetti in un<br />
divieto di manifestazione <strong>del</strong> pensiero in contrasto con il fondamentale diritto ex art. 21<br />
<strong>del</strong>la Costituzione spettante non solo ai singoli ma anche ai collegi. Non è dato poi vedere<br />
il perché di escludere in via assoluta l’esercizio di attività collaterali quali seminari di studio<br />
e di approfondimento.<br />
Il problema di fondo peraltro che deriva dalla separazione <strong>del</strong>le carriere è, in realtà,<br />
peraltro quello <strong>del</strong>la indipendenza e dei poteri <strong>del</strong> pubblico ministero.<br />
Su ciò il progetto è <strong>del</strong> tutto ambiguo rimettendo alla legge ordinaria la regolamentazione<br />
<strong>del</strong>l’autonomia (art. 104) <strong>del</strong>lo stesso, la disponibilità <strong>del</strong>la polizia giudiziaria<br />
(art. 109), l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale definita obbligatoria (art. 111).<br />
Sono evidenti i pericoli di fondo, e, cioè, che attraverso la legislazione ordinaria si<br />
privi in realtà il pubblico ministero <strong>del</strong>l’autonomia dall’Esecutivo, lo si renda comunque<br />
dipendente dallo stesso nell’esercizio <strong>del</strong>le sue funzioni in quanto non fornito di un potere<br />
di gerarchia funzionale nei confronti <strong>del</strong>la Polizia Giudiziaria, si rende discrezionale<br />
12
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
13<br />
RIFLESSIONI & ATTUALITÀ<br />
l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale. In realtà la costituzionalizzazione <strong>del</strong>la separazione <strong>del</strong>le<br />
carriere viene a rendere indispensabile la costituzionalizzazione <strong>del</strong>l’autonomia <strong>del</strong><br />
pubblico ministero e dei suoi poteri.<br />
E’ un contrappeso necessario salvo che non si voglia passare a sistemi di discrezionalità<br />
propri di altri paesi, dove peraltro sussiste una diversa sensibilità politica e sociale.<br />
In particolare, va costituzionalizzato il potere <strong>del</strong> pubblico ministero di ricercare la<br />
notizia di reato, di dare impulso alle indagini, e, va riaffermata senza ambiguità la<br />
dipendenza diretta dallo stesso <strong>del</strong>la Polizia Giudiziaria.<br />
Un aspetto particolarmente problematico è quello <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale.<br />
Nei fatti l’azione penale e l’attività servente alla stessa di indagine è largamente<br />
discrezionale. Vi è una discrezionalità tecnica relativa alla valutazione <strong>del</strong>l’utilità <strong>del</strong>le<br />
indagini e <strong>del</strong>l’elevazione <strong>del</strong>l’imputazione, sotto la quale può celarsi anche in qualche<br />
ipotesi una discrezionalità di mera opportunità. Vi è poi la discrezionalità legata all’eccesso<br />
di carichi pendenti rispetto alle concrete possibilità <strong>del</strong>l’ufficio comportante la scelta di<br />
priorità che si risolvono spesso nella prescrizione di molti reati.<br />
Non di meno residua un significato <strong>del</strong> principio di obbligatorietà <strong>del</strong>l’esercizio<br />
<strong>del</strong>l’azione penale legato all’art. 3 <strong>del</strong>la Costituzione.<br />
Tale significato è nella circostanza che una volta superate le valutazioni tecniche, una<br />
volta superate le urgenze e le priorità, l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale non può fermarsi<br />
innanzi a valutazioni di opportunità.<br />
Una volta che si affermi il carattere di obbligatorietà <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale<br />
invero la legge non potrebbe che stabilire criteri di priorità. Ma è da chiedersi: avrebbe<br />
una qualche utilità tale meccanismo? Le priorità sono insite in primo luogo nelle pene<br />
edittali previste per i reati, salvo che non le si voglia vedere nel pericolo di prescrizione dei<br />
reati dando la precedenza alla separazione dei fatti meno gravi rispetto a quelli più gravi.<br />
E’ da considerare inoltre che i reati non vengono commessi omogeneamente nel paese. Le<br />
priorità in effetti sono un fatto locale ed è inevitabile lasciare al buon senso <strong>del</strong>la Procura<br />
le linee di azione.<br />
In realtà l’espressione “esercizio <strong>del</strong>l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla<br />
legge ordinaria” è qualche cosa di superfluo o di inutile, ovvero, in concreto, è volta ad<br />
aprire una breccia nel principio di obbligatorietà <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong>l’azione penale, nel<br />
senso di offrire spazio a valutazioni di<br />
mera opportunità, che nel clima di<br />
illegalità diffuso nel nostro paese non<br />
sono certo auspicabili.<br />
Un’ulteriore osservazione va<br />
fatta circa la possibilità (art. 106), di<br />
nomina elettiva dei magistrati<br />
onorari.<br />
Tale disposizione appare in<br />
netto contrasto con i principi di<br />
terzietà e imparzialità <strong>del</strong> giudice e va<br />
decisamente respinta.<br />
Avv. Prof. RODOLFO BETTIOL
VARIE ED EVENTUALI<br />
I l c onc ors o fotogr afico<br />
<strong>del</strong>l’Associazione è giunto, nel 2011,<br />
alla sua seconda edizione, superando la<br />
precedente per numero e varietà di concorrenti.<br />
Tra le proposte <strong>del</strong> Comitato<br />
Cultura, l’iniziativa si conferma tra le più<br />
apprezzate: il nostro obiettivo è stato sin<br />
dall’inizio quello di spingere i soci, gli<br />
studenti <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong> e la cittadinanza a<br />
partecipare attivamente e con creatività<br />
alla vita <strong>del</strong>la nostra Associazione,<br />
cercando di coinvolgere anche chi ancora<br />
non era mai entrato in contatto con le<br />
nostre diverse attività – conferenze, gite,<br />
viaggi e momenti conviviali. Per questo motivo abbiamo<br />
deciso che la partecipazione al concorso sarebbe stata<br />
gratuita: vogliamo porre il minor numero possibile di<br />
ostacoli per spingere i fotografi a mettersi in gioco.<br />
Lo scorso anno abbiamo iniziato con un tema<br />
giudicato impegnativo, scegliendo<br />
come titolo “Panta Rei”: il sottotitolo<br />
“il cambiamento” è stato aggiunto<br />
per dare uno spunto interpretativo<br />
ai partecipanti (non certo come<br />
possibile traduzione, dubbio che<br />
ha tormentato alcuni docenti di<br />
lettere…).<br />
Nella prima edizione abbiamo<br />
avuto il piacere di visionare le<br />
opere di 22 partecipanti, scoprendo<br />
il talento <strong>del</strong> neo–maturato Vito Alberto Amendolara,<br />
vincitore <strong>del</strong> primo premio con la fotografia “Dignità in<br />
vendita: un cielo così non potrà mai risplendere”.<br />
Nell’edizione di quest’anno abbiamo mantenuto<br />
il tema classico, scegliendo il motto latino “Festina<br />
Lente”.<br />
Il sottotitolo da noi proposto per<br />
dare una linea guida ai fotografi – considerata<br />
la difficoltà di riprodurre in<br />
un’immagine un concetto così particolare<br />
– era “luoghi, oggetti, persone che ci<br />
ricordano il lusso <strong>del</strong> tempo”, intendendo<br />
identificare gli spazi di serenità che<br />
ancora riusciamo (possiamo, dobbiamo!)<br />
ritagliarci nelle giornate frenetiche<br />
che studio e lavoro ci impongono. Il<br />
tempo dedicato alla lettura di un libro<br />
piuttosto che alla navigazione online,<br />
una panchina nascosta in un bosco, un<br />
angolo antico <strong>del</strong>la propria città: queste<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
FESTINA LENTE<br />
14<br />
erano le cose che avevamo in mente<br />
noi, ma è stato molto interessante e<br />
stimolante vedere cosa richiamava alla<br />
mente altrui quest’idea di lentezza.<br />
La giuria quest’anno era composta<br />
da Marta De Santis, Michele Ruol,<br />
Marina Bertolini – membri <strong>del</strong> comitato –<br />
e Roberto Giaretta, ospite fisso dei nostri<br />
incontri. Presidente di giuria è stato<br />
Mario Dal Molin, che anche quest’anno<br />
non ci ha fatto mancare il suo amichevole<br />
appoggio e la sua competenza, che<br />
rende la fase valutativa un momento per<br />
noi ricco di valore.<br />
Ottimo e cordiale il sostegno di<br />
RCE, che ha provveduto alla stampa <strong>del</strong>le fotografie<br />
partecipanti, continuando a dare fiducia alla nostra<br />
iniziativa nonostante i temi “bizzarri” che proponiamo<br />
di anno in anno. D’altra parte, non possiamo che continuare<br />
su questa strada, dal momento che siamo stati<br />
noi stessi premiati dalla partecipazione<br />
di ben 39 fotografi – quasi il<br />
doppio di quelli <strong>del</strong>l’anno scorso –<br />
cosa che ci fa ben sperare per il<br />
futuro <strong>del</strong>l’iniziativa, che ci piacerebbe<br />
far diventare una tradizione<br />
degli <strong>Amici</strong>.<br />
Il terzo premio di quest’anno<br />
è stato assegnato alla fotografia<br />
“Intermezzo veneziano” di<br />
Giorgia Giraldo, che ha ritratto un<br />
gondoliere intento nella lettura <strong>del</strong> giornale. Il nostro<br />
socio Riccardo Conte si è classificato secondo con una<br />
fotografia di riposo estivo dal titolo “Pennichella”. Il<br />
vincitore, scelto anche per l’insieme <strong>del</strong>le opere presentate,<br />
è stato Adriano Favero con il bel contrasto colto<br />
nella fotografia “L’urlo”. A loro vanno i<br />
nostri complimenti e l’invito a partecipare<br />
ai nostri prossimi concorsi!<br />
A voi tutti, un augurio per un<br />
ottimo 2012, con particolare riguardo<br />
per il Fotoclub di Padova che compie i<br />
suoi primi 50 anni.<br />
Speriamo vorrete sfogliare i nuovi<br />
366 giorni sulle pagine <strong>del</strong> calendario<br />
degli <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, che raccoglie<br />
12 fotografie degli autori di quest’anno.<br />
Marina Bertolini
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
Il Comitato Cultura Informa<br />
15<br />
VARIE ED EVENTUALI<br />
Le pagine <strong>del</strong> nostro periodico riportano fe<strong>del</strong>mente le cronache degli incontri e <strong>del</strong>le attività passate,<br />
ma forniscono anche l’occasione per fornire alcune anticipazioni sui prossimi appuntamenti!<br />
Nella mattinata <strong>del</strong> 3 dicembre l’associazione visiterà i sotterranei di Palazzo <strong>del</strong>la Ragione, aperti<br />
lo scorso anno dopo il restauro: l’accesso ai sotterranei è limitato a gruppi di 15 persone, e per permettere<br />
una più ampia partecipazione sono stati organizzati due turni.<br />
Il 28 gennaio è prevista la visita guidata alla mostra “Il simbolismo in Italia”: abbiamo deciso di<br />
riconfermare così il nostro appuntamento con Palazzo Zabarella e la Fondazione Bano, che ormai da qualche<br />
anno dà il via alla ripresa <strong>del</strong>le attività associative dopo la pausa natalizia.<br />
È importante segnalare poi gli appuntamenti teatrali che allieteranno i soci nelle serate di quattro<br />
venerdì tra gennaio e marzo e che vedranno protagonisti il gruppo teatrale <strong>del</strong>la nostra Associazione, il gruppo<br />
<strong>del</strong> Caffè Letterario <strong>del</strong> Pedrocchi e un ospite a sorpresa.<br />
Nei mesi primaverili, le conferenze saranno superate dalle gite, favorite dall’avanzare <strong>del</strong>la bella stagione.<br />
Tuttavia, vorrei sottolineare particolarmente l’incontro con alcuni dei familiari <strong>del</strong>le vittime <strong>del</strong>la<br />
strage di Ustica, incontro che è in programma per aprile: sarà un’occasione per ricostruire i fatti e ricordare<br />
le tappe di una vicenda che ancora oggi, a più di trent’anni dal suo accadimento, non è <strong>del</strong> tutto chiara.<br />
A sostegno <strong>del</strong> periodico scolastico <strong>del</strong> Liceo <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, Agorà, nei mesi a venire gli <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong><br />
<strong>Livio</strong> si attiveranno insieme agli studenti <strong>del</strong> comitato di redazione al fine di organizzare iniziative destinate<br />
a raccogliere fondi per finanziare la stampa <strong>del</strong>lo storico giornalino d’istituto.<br />
Tutti gli appuntamenti verranno trasmessi attraverso i canali abituali (lettere ed e-mail); per informazioni<br />
rivolgetevi al Comitato Cultura:<br />
cultura@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
3467537878 (numero attivo al sabato)<br />
www.amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
Marina Bertolini<br />
Ustica: perché ricordare?<br />
Il 27 giugno 1980, 81 persone persero la vita in seguito al disastro aereo che ha<br />
coinvolto il velivolo Douglas DC-9 I-TIGI, di proprietà <strong>del</strong>la compagnia aerea Itavia,<br />
precipitato tra le acque di Ustica e Ponza per cause ancora da chiarire.<br />
È impressionante vedere il numero di ipotesi e documenti prodotti nel corso<br />
<strong>del</strong>la ricerca <strong>del</strong>la verità, e ancor più lo è la fitta rete di avvenimenti connessi con la<br />
strage che difficilmente potranno essere completamente chiariti.<br />
In casi simili, non possiamo non sentirci smarriti e inermi di fronte alle ragioni<br />
di Stato che evidentemente hanno portato ad occultare la realtà dei fatti, lasciando ai<br />
cittadini una pesante eredità di incertezza e diffidenza.<br />
Noi tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona nella ricerca <strong>del</strong>la<br />
chiarezza che, in qualità di cittadini, ci sembra dovuta: la certezza che non<br />
sempre ciò avvenga deve renderci consapevoli nei nostri rapporti con il mondo che<br />
ci circonda.<br />
Il nostro impegno nel diffondere il racconto <strong>del</strong>la strage di Ustica e<br />
nell’illustrare gli sviluppi <strong>del</strong>la vicenda deriva però soprattutto dal dovere che sentiamo<br />
nei confronti dei familiari <strong>del</strong>le vittime, che nel corso di una battaglia trentennale<br />
corrono il rischio di sentirsi soli: Padova ha perso sette suoi cittadini nel disastro<br />
aereo, e tre di questi erano bambini.<br />
Nel giugno scorso, in un’intervista al Gazzettino, Elisabetta Lachina (che nella<br />
strage ha perso entrambi i genitori) ha sottolineato la difficoltà di portare la testimonianza<br />
<strong>del</strong>la strage di Ustica nelle scuole, già impegnate in numerose attività:<br />
l’attività di supporto che “<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>” desiderano attuare in favore <strong>del</strong>la<br />
scuola trova piena realizzazione nel dare voce a questi testimoni.
Membri <strong>del</strong> Consiglio Direttivo<br />
Mario Simonato (Presidente),<br />
Giuseppe Iori (Vicepresidente),<br />
Leonardo Bruni (Segretario),<br />
Marina Bertolini (Tesoriere),<br />
Roberto de Luca,<br />
Salvatore La Rosa,<br />
Carlo Alberto Lentola,<br />
Fabio Orpianesi,<br />
Gian Paolo Prandstraller,<br />
Alessandro Zanella<br />
COMITATO PER LE ATTIVITA CULTURALI:<br />
Michele Ruol, Marta De Santis, Marina Bertolini, Silvia<br />
Scarso, Valentina Masin, Anna Balagion<br />
cultura@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
tel. 346/7537878<br />
COMITATO STAMPA - REDAZIONE DEL PERIODICO:<br />
Giuseppe Iori, Carlo Alberto Lentola, Michele Ruol<br />
periodico@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
COMITATO PER LE ATTIVITA ARTISTICHE E LO<br />
SPETTACOLO: Mario Simonato, Massimo F. Palombi,<br />
Elisabetta Mazzucato, Giacomo A. Rolma<br />
COMITATO PER LE RELAZIONI COL “TITO LIVIO”:<br />
Claudia Visentini, Daniela Del Sero, Camilla Marcato,<br />
Fabio Orpianesi<br />
COME EFFETTUARE L'ISCRIZIONE AGLI "AMICI DEL TITO LIVIO"<br />
Per far parte <strong>del</strong>l’Associazione, è necessario compilare il modulo d’iscrizione e versare la quota associativa. E’ possibile<br />
iscriversi recandosi presso l'aula di lettura o l’antibiblioteca <strong>del</strong> Liceo <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, ogni primo e terzo sabato <strong>del</strong> mese dalle 11.00 alle<br />
12.30 (festività escluse), dove membri <strong>del</strong>l'Associazione saranno a disposizione per fornire ogni dato informativo richiesto.<br />
In alternativa, è possibile versare la quota associativa al c./c. intestato a "<strong>Gli</strong> amici <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>"<br />
IBAN IT 36 B 05040 12112 000000148869 e inviare il modulo (scaricabile dal sito) e fotocopia <strong>del</strong>la ricevuta <strong>del</strong> bonifico per posta<br />
all'indirizzo "<strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>", Liceo Classico <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong>, Riviera <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong> 9, 35123 PADOVA o via e-mail a<br />
tesoriere@amici<strong>del</strong>titolivio.it .<br />
LA QUOTA ASSOCIATIVA ANNUALE E' DI €25.00<br />
(RIDOTTA A €10.00 PER I SOCI CHE NON ABBIANO COMPIUTO IL 30° ANNO D’ETÀ)<br />
Per informazioni generali sulla nostra<br />
associazione, visitate il sito web:<br />
www.amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
Potete anche contattarci a questo indirizzo di<br />
posta elettronica:<br />
segreteria@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
<strong>Gli</strong> <strong>Amici</strong> <strong>del</strong> <strong>Tito</strong> <strong>Livio</strong><br />
Membri <strong>del</strong> Collegio<br />
dei Revisori dei Conti<br />
Mario Saggin (Presidente),<br />
Giulia Riondato,<br />
Nicolò Sgueglia Della Marra,<br />
Filippo Lagrasta (sostituto),<br />
Sara Ricciardini (sostituto)<br />
COMITATI CONSULTIVI<br />
Membri <strong>del</strong> Consiglio dei Probiviri<br />
Armida Carbognin,<br />
Gherardo Piovesana, Claudia Visentini<br />
Gruppo informatico<br />
Matteo Riondato,<br />
Paolo Sacerdoti,<br />
Carlo Alberto Lentola,<br />
Francesco Murer, Leo Citelli<br />
COMITATO PER LE RELAZIONI CON IL PUBBLICO:<br />
Leonardo Bruni, Roberto de Luca<br />
relazioni@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
COMITATO VIAGGI: Claudia Visentini, Alessandro<br />
Zanella, Chiara Ruberto<br />
viaggi@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
COMITATO PER LE INIZIATIVE CONVIVIALI:<br />
Isabella Pirolo, Emanuela Tessari, Carlotta Lazzarini,<br />
Elisa Fassanelli<br />
convivialita@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
COMITATO PER LE ATTIVITA’ SPORTIVE:<br />
Andrea Todeschini Premuda, Nicolò Sgueglia <strong>del</strong>la Marra<br />
Per qualsiasi segnalazione inerente al sito<br />
web o agli indirizzi e-mail sopra citati, potete<br />
contattare lo staff tecnico all’indirizzo e-mail:<br />
web@amici<strong>del</strong>titolivio.it<br />
Il periodico è disponibile anche in formato PDF sul nostro sito web<br />
Stampato presso Flyeralarm S.r.l., Bolzano