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La maternità nel Veneto - Consiglio Regionale Veneto

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aggiungere risultati sempre migliori. Le pagine che seguono presentano dapprima<br />

l’evoluzione della mortalità materna durante il ‘900, mettendo a confronto il nostro Paese<br />

e, quando fattibile, il <strong>Veneto</strong> con altre nazioni, e quindi sintetizzano i progressi tecnologici<br />

e sociali che hanno reso possibili progressi senza precedenti. Fino a tempi recenti, i dati<br />

sulla mortalità materna riguardavano solo i decessi precoci e diretti, cioè quelli che<br />

insorgono dal concepimento al 42 mo giorno dopo il parto o l’aborto e derivano da<br />

complicanze ostetriche. <strong>La</strong> discussione sul progresso <strong>nel</strong> corso del novecento considera<br />

unicamente questa componente della mortalità materna.<br />

5.3.1.2.1. Evoluzione <strong>nel</strong>l’ultimo secolo<br />

Nel corso dei millenni la morte di una donna per cause legate alla gravidanza, al parto<br />

ed al puerperio ha rappresentato una circostanza i<strong>nel</strong>uttabile e tragicamente frequente,<br />

pari a oltre l’1 per cento dei parti. <strong>La</strong> dimensione drammatica del problema si riflette nei<br />

riti, comuni a varie tradizioni culturali e religiose millenarie, del ringraziamento a Dio da<br />

parte delle donne che hanno dato alla luce. Nei paesi attualmente avanzati 46 , questo<br />

dramma è perdurato fino a tempi molto recenti, distanti da noi poco più di tre<br />

generazioni, cioè verso la fine degli anni ’30 del secolo scorso. Ancora oggi in nazioni<br />

poco sviluppate, soprattutto quelle coinvolte in guerre, la mortalità materna è<br />

estremamente frequente, simile a quella di un secolo fa in Italia e <strong>nel</strong> <strong>Veneto</strong> 47 .<br />

Fin dalla seconda metà dell’800, i progressi socio-economici, in particolare i miglioramenti<br />

<strong>nel</strong>la disponibilità alimentare, la salubrità delle abitazioni, la fornitura d’acqua e<br />

l’eliminazione dei rifiuti, insieme all’educazione ed a redditi più stabili e con maggiore<br />

potere d’acquisto, spiegano la riduzione della mortalità infantile, della tubercolosi e delle<br />

malattie infettive in generale. Tale sviluppo non è però riuscito a ridurre le dimensioni<br />

funeste della mortalità materna. Solamente i progressi scientifici e tecnologici della<br />

medicina e la loro progressiva diffusione, attraverso servizi ostetrici a domicilio ed<br />

ospedalieri, hanno repentinamente e drasticamente diminuito, dalla fine degli anni ’30, i<br />

decessi di gravide, partorienti e puerpere.<br />

Il Graf. 26 mostra come la frequenza delle morti materne all’interno dei Paesi considerati<br />

sia rimasta costante tra l’inizio del ‘900 fino verso la fine degli anni ’30 48 per poi precipitare<br />

nei due decenni successivi. Le difformità <strong>nel</strong>la frequenza dei decessi materni tra nazioni<br />

industrializzate scompaiono entro l’inizio degli anni ’50 convergendo verso dimensioni<br />

molto simili tra loro.<br />

46 In questo testo i Paesi avanzati o industrializzati sono identificati <strong>nel</strong>le 33 nazioni caratterizzate da regimi<br />

democratici, economie di mercato ed elevato reddito pro capite appartenenti all’Organizzazione per la<br />

Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).<br />

47 Tuttora 14 nazioni hanno mortalità materne pari o superiori all’uno per cento. Tutte queste si trovano<br />

<strong>nel</strong>l’Africa sub-Sahariana ad eccezione dell’Afghanistan.<br />

48 Il picco di morti materne negli USA alla fine degli anni ’10 corrisponde all’epidemia di influenza spagnola.<br />

Questa malattia colpì con particolare virulenza le donne gravide uccidendo tra un quinto e la metà delle<br />

malate. L’influenza spagnola ha afflitto duramente anche il <strong>Veneto</strong> e l’Italia <strong>nel</strong>l’inverno 1918 -19. Il primo<br />

allarme <strong>nel</strong> nostro Paese venne lanciato a Sossano, in provincia di Vicenza, <strong>nel</strong> settembre del 1918 da un<br />

capitano medico che sospettava un’epidemia di tifo petecchiale.<br />

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