Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
icchi monili, di cui era fregiata; si scalza, si veste di una rozza tonaca di bigello e si cinge i fianchi di una rude corda di canapa. Il miracolo è compiuto: è rinnovata in Cristo, tutta trasfigurata dall’amore divino, ripiena della grazia celeste. Parlando di questa eroina, Tommaso da Celano la presenta con queste scultoree parole: « Convertitasi al Signore per incoraggiamento del Santo, poco dopo l’inizio dell’Ordine dei Frati Minori, fu esempio e causa di profitto spirituale a moltissimi. Nobile di nascita, ma più nobile per grazia; vergine nel corpo, purissima nello spirito; giovinetta d’anni, ma anziana per senno; costante nel proposito e ardente d’entusiasmo nel divino amore, ricca di sapienza e di umiltà. Chiara di nome, più chiara per vita, chiarissima per virtù. Sopra di lei s’innalzò il nobile edificio di preziosissime gemme, la cui lode non può dirsi dagli uomini, ma solo da Dio ». Fu affidata da Francesco alle Benedettine di S. Paolo in Bastia Umbra; passò, poi, nel monastero di S. Angelo sul Subasio; e finalmente andò a stabilirsi definitivamente in S. Damiano. Trapiantata in questo fecondo e serafico giardino, la tenera pianticella di Francesco d’Assisi crebbe e si sviluppò rigogliosa. Quivi trascorse il resto della sua vita con grande abnegazione e spirito di sacrificio. Si mortificò con severe e rigorosissime penitenze: portava addosso una camicia di pelle di porco con le setole pungenti rivolte verso la carne; cingevasi i fianchi di un cilizio di crini di cavallo, intrecciati ed annodati; dormiva non su di un morbido letto, ma sopra uno strato di sarmenti di vigna, con una pietra o un pezzo di legno per guanciale. Nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, non prendeva cibo alcuno, digiunava a pane ed acqua nelle due quaresime. Serviva spessissimo a tavola ed era solita lavare e baciare i piedi delle suore che tornavano di fuori. Premurosa e materna sempre, con tutte, ma specialmente con le ammalate. La prima ad alzarsi, l’ultima a coricarsi. Dopo quarantadue anni di una vita così fervorosa ed austera, spirava soavemente nel Signore. Due anni dopo la sua morte, veniva innalzata agli onori degli altari. 96 Le sorelle povere di s. Damiano Ritto sulle mura di S. Damiano, Francesco, esortando i passanti ad aiutarlo nella restaurazione della piccola cappella, prediceva loro in francese: « Venite, fratelli, ed aiutatemi in questa costruzione, perché qui, fra poco, verranno ad abitare molte sante donne, la cui fama e santità di vita, glorificherà il nostro Padre Celeste ». La profezia si è pienamente avverata. Accanto alla pianticella serafica, altri teneri virgulti si videro subito germogliare. Dopo Chiara ecco altre giovani abbandonare i loro agi, le loro case, i loro castelli, per seguirla nella via del sacrificio, della penitenza e dell’umiliazione. Prima fra tutte, la seguì la sorella Agnese. Anche lei aveva segretamente spiccato il volo dalla casa paterna, sedici giorni dopo Chiara, andando a raggiungerla nel monastero di S. Angelo. La nuova fuga di Agnese irritò maggiormente l’ira furibonda dei parenti, che con bastoni e minacce si mossero per andarla a strappare dal monastero. La bastonarono e la calpestarono; fu presa per i capelli e trascinata fin fuori; ma non si arrese l’eroica fanciulla. All’improvviso diventò pesante come un blocco di pietra. La scuotono, tentano di tirarla e portarla via; ma invano. Lo zio Monaldo, inferocitosi, è sul punto di percuoterla con un pugno inguantato di ferro; ma si arresta anche lui
pietrificato, col braccio rimasto sospeso in aria. Atterriti da tali prodigi, gli aggressori, umiliati e confusi, sono costretti a scappare, lasciando libera, ma mezza morta, la povera Agnese. Pochi giorni dopo si trasferiva con l’amata sorella nel silenzioso eremo di S. Damiano. Qui, in questo minuscolo e povero asilo di alta spiritualità francescana, altre mistiche colombe vengono ben presto a rifugiarsi: Ortolana, la pia e fortunata madre di Chiara ed Agnese; Beatrice, la sorella più piccola; e poi Pacifica, Amata, Balbina, parenti anch’esse. Corrono Cristina e Benvenuta, le fedeli amiche di Chiara; Illuminata, Agata ed altre ancora, attratte ed affascinate tutte dagli esempi luminosi, che si sprigionavano da quel nido serafico, nascosto tra i pini e gli ulivi. Quali mirabili effusioni spirituali in quei cuori verginali! Chi potrà indovinare i soavissimi trasporti di quelle anime assetate di pace e di bene? Avevano rinunziato con generosità ai loro agi, ai privilegi della loro nobiltà ed aristocrazia, e volevano vivere sconosciute al mondo, ma care a Dio. Non cibi squisiti e delicati sulla loro povera e nuda mensa; ma legumi e pane ed acqua. Non sfoggio di vesti e di preziose pellicce; ma rozze tuniche di lana e piedi nudi e capo tosato, coperto di un bianco velo. Lavoravano e pregavano, senza stancarsi mai: pregavano per se stesse, per i peccatori, per la redenzione del mondo. Qui, a S. Damiano, Chiara mise in fuga i Saraceni con l’Ostensorio in mano. Qui moltiplicò il pane e l’olio ed operò molti altri prodigi. Qui, in questo misero e sconnesso tugurio, la madre Ortolana, con un segno di croce, diede la vista ad un bambino cieco. E chi potrà, poi, enumerare le estasi e i dolci colloqui con Dio; gli eroismi e le sofferenze di queste sante Recluse? La loro vita era un continuo e nascosto olocausto a Gesù Cristo. Frati, vescovi, cardinali e pontefici si preoccupano della loro delicata esistenza, vogliono mitigare le loro strettezze, soprattutto la loro estrema povertà; ma loro restano salde e fedeli nel santo proposito. 97 Le spose del Re celeste La fama delle povere Dame aveva varcato le soglie della clausura di S. Damiano; la loro santità s’imponeva all’ammirazione di tutti. Ogni giorno, si moltiplicavano e diventavano sempre più numerose le spose di Cristo. Tra queste elette schiere di vergini, quante anime eroiche! Quante nobili giovani! Sono figlie di re e di principi, che si umiliano e si assoggettano ad ogni privazione e sacrificio al pari delle popolane; forse, anzi, con maggiore eroismo di queste, perché cresciute ed abituate in famiglia ad una vita molto agiata e più comoda. La beata Salomea, la b. Isabella, la s. Agnese di Boemia, la b. Cunegonda, la b. Iolanda sono tutte di famiglia regale. La s. Filippa Mareri, la beata Elena Enselmini, la b. Margherita Colonna appartengono anch’esse all’alta aristocrazia. Le une e le altre sbocciarono e fiorirono nel secolo XIII. La b. Isabella portò nel chiostro un eccezionale spirito di penitenza e di preghiera. Fin dai teneri anni ebbe a noia la vita sontuosa di corte: bramava vivere in solitudine, mortificarsi e flagellarsi con aspri cilizi e lunghi digiuni. Fattasi clarissa, visse nella più assoluta povertà; digiunava tre volte la settimana e si cibava molto scarsamente, dando
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Pochi giorni dopo si trasferiva con l’amata sorella nel silenzioso eremo di S.<br />
Damiano. Qui, in questo minuscolo e povero asilo di alta spiritualità francescana, altre<br />
mistiche colombe vengono ben presto a rifugiarsi: Ortolana, la pia e fortunata madre di<br />
Chiara ed Agnese; Beatrice, la sorella più piccola; e poi Pacifica, Amata, Balbina,<br />
parenti anch’esse. Corrono Cristina e Benvenuta, le fedeli amiche di Chiara; Illuminata,<br />
Agata ed altre ancora, attratte ed affascinate tutte dagli esempi luminosi, che si<br />
sprigionavano da quel nido serafico, nascosto tra i pini e gli ulivi.<br />
Quali mirabili effusioni spirituali in quei cuori verginali! Chi potrà indovinare i<br />
soavissimi trasporti di quelle anime assetate di pace e di bene?<br />
Avevano rinunziato con generosità ai loro agi, ai privilegi <strong>della</strong> loro nobiltà ed<br />
aristocrazia, e volevano vivere sconosciute al mondo, ma care a Dio. Non cibi squisiti e<br />
delicati sulla loro povera e nuda mensa; ma legumi e pane ed acqua. Non sfoggio di<br />
vesti e di preziose pellicce; ma rozze tuniche di lana e piedi nudi e capo tosato, coperto<br />
di un bianco velo. Lavoravano e pregavano, senza stancarsi mai: pregavano per se<br />
stesse, per i peccatori, per la redenzione del mondo.<br />
Qui, a S. Damiano, Chiara mise in fuga i Saraceni con l’Ostensorio in mano. Qui<br />
moltiplicò il pane e l’olio ed operò molti altri prodigi. Qui, in questo misero e sconnesso<br />
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chi potrà, poi, enumerare le estasi e i dolci colloqui con Dio; gli eroismi e le sofferenze<br />
di queste sante Recluse? La loro vita era un continuo e nascosto olocausto a Gesù<br />
Cristo. Frati, vescovi, cardinali e pontefici si preoccupano <strong>della</strong> loro delicata esistenza,<br />
vogliono mitigare le loro strettezze, soprattutto la loro estrema povertà; ma loro restano<br />
salde e fedeli nel santo proposito.<br />
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Le spose del Re celeste<br />
La fama delle povere Dame aveva varcato le soglie <strong>della</strong> clausura di S. Damiano; la<br />
loro santità s’imponeva all’ammirazione di tutti. Ogni giorno, si moltiplicavano e<br />
diventavano sempre più numerose le spose di Cristo.<br />
Tra queste elette schiere di vergini, quante anime eroiche! Quante nobili giovani!<br />
Sono figlie di re e di principi, che si umiliano e si assoggettano ad ogni privazione e<br />
sacrificio al pari delle popolane; forse, anzi, con maggiore eroismo di queste, perché<br />
cresciute ed abituate in famiglia ad una vita molto agiata e più comoda. La beata<br />
Salomea, la b. Isabella, la s. Agnese di Boemia, la b. Cunegonda, la b. Iolanda sono<br />
tutte di famiglia regale. La s. Filippa Mareri, la beata Elena Enselmini, la b. Margherita<br />
Colonna appartengono anch’esse all’alta aristocrazia. Le une e le altre sbocciarono e<br />
fiorirono nel secolo XIII.<br />
La b. Isabella portò nel chiostro un eccezionale spirito di penitenza e di preghiera.<br />
Fin dai teneri anni ebbe a noia la vita sontuosa di corte: bramava vivere in solitudine,<br />
mortificarsi e flagellarsi con aspri cilizi e lunghi digiuni. Fattasi clarissa, visse nella più<br />
assoluta povertà; digiunava tre volte la settimana e si cibava molto scarsamente, dando