Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
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per paesi da lupi o da orsi, ovvero navigando l’Arno, il Po, il Tevere, su navicelli lenti;<br />
la fatica del parlare tre, quattro volte in un giorno, con un solo tozzo di pane in corpo, o<br />
un po' di acqua, e poi la fatica di confessare fino a notte fonda, per riprendere al canto<br />
del gallo...<br />
Non faceva miracoli, eppure il popolo accorreva a lui come ad un Taumaturgo,<br />
perché miracolo era la sua virtù, il suo ardore, la forza <strong>della</strong> sua parola viva e giovane,<br />
nonostante il corpo cadente » . Estenuato dalle fatiche apostoliche, andava poi a<br />
ritemprarsi nella preghiera, nel silenzio e nella austerità del Ritiro dell’Incontro. « Fin<br />
qui - soleva dire - ho dato le missioni agli altri, ora vo a darne una a frate Leonardo ».<br />
L’elenco di questi ardenti apostoli di Cristo potrebbe continuare; ma ci fermiamo a<br />
questi, come ai più rinomati. Dietro questa gloriosa schiera vi sono molti altri valorosi,<br />
che anch’essi hanno saputo unire all’ardore del dire la santità <strong>della</strong> vita.<br />
89<br />
I penitenti e contemplativi<br />
Possiamo dire che tutti i santi francescani sono stati penitenti e contemplativi:<br />
amanti, cioè, <strong>della</strong> mortificazione e dell’orazione. Alcuni, però, si distinsero in una<br />
maniera tutta singolare, come un san Pietro Regalato (sec. XV), un s. Pietro d'Alcantara<br />
e un s. Giuseppe da Copertino (sec. XVI), un s. Pacifico da S. Severino e un s. Gian<br />
Giuseppe <strong>della</strong> Croce (sec. XVIII).<br />
Quello che maggiormente martoriò la propria carne, con spaventevoli<br />
macerazioni, fu s. Pietro d’Alcantara. Talmente mortificò il suo gusto con le continue<br />
astinenze, che non distingueva più di che sapore fossero i cibi. La penitenza fu la sua<br />
virtù caratteristica. « Per quarant'anni - scrive s. Teresa d'Avila nella sua vita al c. 27 -<br />
non aveva mai dormito, tra il giorno e la notte, più di un’ora e mezzo. Di tutte le<br />
mortificazioni quella che fin da principio gli era costata di più, era di vincere il sonno. Il<br />
poco riposo, concesso alla natura, lo prendeva sedendo col capo appoggiato ad un pezzo<br />
di legno, fissato nel muro. Non si metteva il cappuccio in capo né al sole né alla<br />
pioggia, non usava nessun calzatura; portava un rozzo abito e un piccolo mantello dello<br />
stesso panno. Spessissimo gli avveniva di non mangiare che una volta ogni tre giorni; e<br />
uno dei suoi compagni mi assicurò che qualche volta passava otto giorni senza prendere<br />
cibo: il che probabilmente accadeva in quelle grandi estasi, nelle quali era rapito dagli<br />
ardori del divino amore. Nella sua gioventù aveva passato tre anni - mi disse - in un<br />
convento dell’Ordine, senza conoscere alcun religioso, fuorché dalla voce, perché non<br />
alzava mai gli occhi. Egli era già vecchio, quando ebbi la fortuna di conoscerlo. Il suo<br />
corpo era talmente estenuato che pareva di radiche di albero ».<br />
Anche s. Pietro Regalato fu un eroe <strong>della</strong> penitenza: si disciplinava a sangue,<br />
andava sempre a piedi scalzi, si cibava molto scarsamente e digiunava spessissimo.<br />
S. Pacifico da S. Severino digiunava rigorosamente: oltre il venerdì, il sabato e le<br />
vigilie <strong>della</strong> Madonna, digiunava a pane ed acqua tutte le quaresime di s. Francesco. Un<br />
po' di minestra annacquata e cosparsa di cenere era tutto il suo cibo ordinario. Ai lombi<br />
portava abitualmente un cilizio di ferro e si disciplinava da tre a quattro volte al giorno.<br />
S. Gian Giuseppe <strong>della</strong> Croce fu un fedele imitatore di s. Pietro d’Alcantara.<br />
Tormentò il suo corpo con terribili macerazioni. Oltre ad altri cilizi e catenelle, portava<br />
due crocette <strong>della</strong> lunghezza di un piede, guarnite di acute punte. Ne teneva una alle<br />
spalle e l’altra al petto, facendo aderire le punte alla carne. Nei sandali, se era costretto a