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Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM

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Il terzo <strong>della</strong> triade serafica è s. Bonaventura. Egli è la luce.<br />

Si distinse per il suo prodigioso ingegno, per la sua elevata dottrina e per la sua<br />

seraficità. Era di una così squisita bontà e purezza angelica, di una così profonda umiltà<br />

e colombina semplicità che Alessandro d'Ales ebbe a dire di lui: « Sembra che Adamo<br />

non abbia peccato in Bonaventura ».<br />

Entrò nell’Ordine nel fior <strong>della</strong> giovinezza: contava appena ventidue anni. La<br />

mamma sua glielo aveva votato, ancora tenero pargoletto, quando, colpito da grave<br />

malattia, fu strappato dalle fauci <strong>della</strong> morte, per intercessione di s. Francesco. Prima di<br />

entrare nell’Ordine aveva studiato a Parigi; vi ritornò, dopo l’anno di noviziato, per<br />

riprendere e completare brillantemente i suoi studi filosofici e teologici. Ordinato<br />

sacerdote e conseguiti i gradi accademici, insegnò teologia ai frati nello Studio generale<br />

dell’Ordine che aveva sede in Parigi. Nel 1248 gli fu affidata una cattedra d’insegnamento<br />

nella celebre e rinomata università <strong>della</strong> Sorbona.<br />

Quanto luminosi i suoi insegnamenti, altrettanto improntati di pietà. « Donde hai<br />

appreso tanta sapienza ? » — gli chiese un giorno s. Tommaso d'Aquino, suo amico. E<br />

l'umile frate, indicandogli il devoto Crocifisso che teneva sul tavolo: «Ecco - rispose -<br />

l’unica sorgente <strong>della</strong> mia dottrina: da queste piaghe sacratissime assorbo tutta quanta la<br />

mia luce ». Se profonda era dunque la sua dottrina, altrettanto ardente e devota, la sua<br />

pietà. Come scriveva, così operava. Nei suoi profondi studi non perdé mai di vista il suo<br />

Dio a cui teneva costantemente rivolto lo sguardo e il pensiero.<br />

Nel 1587, Sisto V, dichiarandolo «Dottore serafico» con la bolla «Triumphantis<br />

Ecclesiae», così lo elogiava: « Bonaventura non solo risplendeva per la sottigliezza<br />

delle sue argomentazioni, per il suo modo facile di porgere le cose, per l’abilità delle<br />

sue dichiarazioni, ma anche per il dono particolare che possedeva di commuovere gli<br />

animi con una forza quasi divina. Ad un grande sapere univa 1’ardore di un’altrettanta<br />

grande pietà. Egli istruisce i suoi lettori e li entusiasma; egli penetra nelle più intime<br />

pieghe dell’anima, trafigge il cuore col pungiglione del serafico amore e lo riempie di<br />

una devozione mirabilmente soave».<br />

Anche s. Bonaventura amava ritirarsi di quando in quando in luoghi solitari, come<br />

alla Verna e a Greccio. Eletto ministro generale di tutto l’Ordine a trentasei anni,<br />

cardinale e vescovo di Albano a cinquantun anni, pur nell’altezza delle cariche,<br />

continuò a vivere da vero frate minore: povero, umile, austero, devoto.<br />

Quando gli fu mandato dal Papa il cappello cardinalizio, lo trovarono nel solitario<br />

convento del Bosco, in Mugello (Toscana), mentre lavava le stoviglie <strong>della</strong> cucina.<br />

All’arrivo dei due legati, che glielo avevano portato, non interruppe il suo umile lavoro;<br />

ma, avendoli pregati di aspettare, fece appendere il cappello ai rami di un albero e<br />

continuò a lavare i piatti. A lavoro finito, così disse ai religiosi presenti: « Dopo avere<br />

adempiuto gli uffici del frate minore, andiamo a provarne altri più difficili. Credetemi,<br />

fratelli miei, questi sono più salutari e più sicuri, quelli al contrario, che vanno congiunti<br />

a grandi dignità, sono pesanti e pieni di pericoli ».<br />

Morì a 52 anni, durante la celebrazione del Concilio di Lione, a cui egli aveva preso<br />

tanta parte attiva. Gli atti del Concilio così lo elogiano: « S. Bonaventura è unico per<br />

santità, per scienza e per eloquenza, per condotta esemplare, per carità, per finezza di<br />

tratto, cortese, affabile, pio, caritatevole, ricco di virtù, caro a Dio e agli uomini ».<br />

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