Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
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la Riforma). Gli uni e gli altri, però, avrebbero voluto che la scelta fosse fatta dalla propria famiglia. I dissensi, quindi, si accentuarono al punto che dovette intervenire il Papa, stabilendo nuovamente un vice-commissario per l’una e l’altra parte, fino al prossimo Capitolo. Fu allora che i Riformati tentarono o di separarsi completamente dall’Osservanza, sull’esempio dei Cappuccini e dei Conventuali, o di fare eleggere il generale dalla loro Riforma. Si temeva una nuova spaccatura nell’Ordine serafico, ma fu scongiurata. Sigismondo Neudker, provinciale dei Riformati della Baviera, vi si oppose decisamente: egli non approvò questo nuovo distacco dalla madre Osservanza, perché, secondo lui, non vi erano motivi sufficientemente gravi. Scrivendo, infatti, a Giovanni da Pietrafitta, vice-commissario dei Riformati, diceva che era necessario riformare i propri costumi, piuttosto che scindersi, perché quel disordine interno era provocato non tanto dalla rilassatezza disciplinare degli uni e degli altri (Osservanti e Riformati), quanto massimamente dalle continue contese sorte dalla disunione delle due famiglie. Proponeva, quindi, una nuova bolla d’unione, come quella del 1517, con la compilazione di nuove Costituzioni generali vincolanti sia per i Riformati che per gli Osservanti, pur restando gli usi propri di ciascuna provincia. Sosteneva, inoltre, che nella scelta del generale si dovesse tenere presente la capacità e l’idoneità dell'individuo più che la sua nazionalità o famiglia religiosa. Tra i Conventuali e gli Osservanti si discuteva, invece, sulla precedenza: quale, cioè, dei due Ordini fosse il più antico e quale delle due grandi basiliche (S. Francesco e S. Maria degli Angeli) fosse la chiesa madre di tutto l’Ordine. Benedetto XIII impose silenzio sulla prima questione, perché fonte di gravi urti e disordini; mentre dichiarava che tutte e due le Basiliche, sebbene per motivi diversi, potessero ritenersi chiese madri di tutto l’Ordine: quella di S. Francesco, perché racchiude il corpo del serafico Padre; quella di S. Maria degli Angeli, perché fu la prima culla della famiglia francescana. Anche i rapporti con i frati spagnoli erano un tesi. L’ingerenza del re di Spagna nel governo dell’Ordine, e l’ininterrotta elezione di generali, scelti dalla Spagna o da provincie ad essa soggette, con conseguente trascuratezza della visita al resto dell'Ordine (perché non appena eletto, il generale si ritirava nella sua patria), avevano fortemente eccitato gli animi, fomentando discordie, alterchi ed accuse contro i frati spagnoli. I disordini, quindi, si allargano, gli abusi si moltiplicano, la disciplina regolare si rallenta. Al dilagare di tanti mali intervennero, è vero, zelanti generali, ma con scarsa efficacia. Così il generale Politi ottenne da Benedetto XIV di eleggere di propria autorità non solo i provinciali, ma anche i definitori, per eliminare l’abuso delle cattive elezioni; fu anche autorizzato a poter disporre delle cose come meglio avesse creduto per il bene dell’Ordine, senza attenersi, se fosse il caso, neppure alle Costituzioni. Il generale Frosconi fu poi severissimo nell’accettazione dei novizi. Ma questi tentativi di restaurazione venivano potentemente ostacolati dall’opposizione aperta dei sovrani, che limitavano o impedivano del tutto qualsiasi azione riformatrice dei generali. 60
61 Ingerenze e angherie dei sovrani Oltre che dagli ostacoli interni, la compagine dell’Ordine veniva sconvolta e disgregata dalle vessazioni dei sovrani, con persecuzioni aperte e subdole, con dispersioni violente dei religiosi, con depredazione dei conventi: insomma con ogni sorta di angherie. Questa lotta antireligiosa, così deleteria e brutale, si era diffusa in tutta l’Europa. Nella Spagna il re aveva proibito ai capitolari spagnoli d’intervenire al Capitolo generale, qualora fosse stato celebrato fuori del suo regno. In Francia Luigi XV diede la stessa proibizione; istituì inoltre la cosiddetta Commissione dei Regolari, composta di laici e di ecclesiastici, in massima parte infetti di Giansenismo, la quale, con lo specioso pretesto di riformare gli Ordini, fece chiudere molti conventi, cambiare gli Statuti, e ridusse al minimo il numero dei religiosi, tanto che, nel giro di pochi anni, i frati da ventiseimila scesero a sei mila. Quest’odio, divenuto sempre più atroce, sfociò poi nella triste ed orrenda Rivoluzione francese del 1789, durante la quale, molti Francescani furono condannati alla ghigliottina, uccisi e deportati ed i loro conventi furono in massima parte soppressi e distrutti con una violenza e barbarie inaudita. Anche in Germania fu interdetto al ministro generale ogni atto di giurisdizione. Lo stesso avvenne nei Paesi Bassi con Giuseppe II e nel regno delle due Sicilie con Ferdinando IV. In Italia, dove la massoneria da tempo preparava il terreno, l’ondata demolitrice si avventò con le milizie napoleoniche, le quali non solo occuparono i chiostri e dispersero i religiosi, ma anche saccheggiarono conventi e chiese, rubarono immagini votive, dilapidarono mosaici, reliquari e vasi sacri con una furia da predoni. E distrussero barbaramente le antiche biblioteche claustrali. Valga per tutti l’esempio di Aracoeli. Durante quella Repubblica Tiberina, che tra il 1798 e 1799 desolò Roma e abbandonò tesori di arredi sacri in mano agli Ebrei, prima 2500 francesi, poi 3000 Polacchi stazionarono nel convento di Aracoeli, agognato per la sua posizione comoda e forte sul Campidoglio. I frati alla prima occupazione dovettero abbandonarlo nello spazio di tre ore e si rifugiarono parte a S. Bartolomeo all’Isola, parte a San Francesco a Ripa, parte ai Santi Quaranta, parte a S. Bonaventura; più tardi vennero incorporati nei conventi delle Marche e dell’Umbria. Gli occupatori non rispettarono nulla: svaligiarono la sagrestia, la chiesa, il convento; nella spezieria, nella cucina, nella biblioteca non rimase neppure una tavola, e nemmeno cancelli, porte, finestre, tubi di conduttura d’acqua; nulla rimase di quello che poteva essere asportato. Aprirono i sepolcri e li frugarono per spogliare anche i morti. Dopo cinquecentoquarantasette anni di fervida vita francescana, il convento di Aracoeli era ridotto alle mura e ad una parte del tetto. La sorte di Aracoeli nel 1799 rappresenta, in grande, quella che toccò a tutti i conventi che si trovavano sulla via dei « Liberatori ».
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Nella Spagna il re aveva proibito ai capitolari spagnoli d’intervenire al Capitolo<br />
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In Francia Luigi XV diede la stessa proibizione; istituì inoltre la cosiddetta<br />
Commissione dei Regolari, composta di laici e di ecclesiastici, in massima parte infetti<br />
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Anche in Germania fu interdetto al ministro generale ogni atto di giurisdizione. Lo<br />
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Ferdinando IV.<br />
In Italia, dove la massoneria da tempo preparava il terreno, l’ondata demolitrice si<br />
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i religiosi, ma anche saccheggiarono conventi e chiese, rubarono immagini votive,<br />
dilapidarono mosaici, reliquari e vasi sacri con una furia da predoni. E distrussero<br />
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Valga per tutti l’esempio di Aracoeli.<br />
Durante quella Repubblica Tiberina, che tra il 1798 e 1799 desolò Roma e<br />
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forte sul Campidoglio. I frati alla prima occupazione dovettero abbandonarlo nello<br />
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conduttura d’acqua; nulla rimase di quello che poteva essere asportato. Aprirono i<br />
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di fervida vita francescana, il convento di Aracoeli era ridotto alle mura e ad una parte<br />
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La sorte di Aracoeli nel 1799 rappresenta, in grande, quella che toccò a tutti i<br />
conventi che si trovavano sulla via dei « Liberatori ».