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Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM

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aperto contrasto con la s. Regola: il privilegio, cioè, di potere possedere in comune,<br />

ottenuto dal papa Giulio II.<br />

La disciplina regolare, l’unione e la concordia tra le varie provincie osservanti<br />

venivano pure seriamente compromesse e impedite dal fatto che il generale era sempre<br />

spagnolo o proveniente da provincie soggette alla Spagna (come Milano e Napoli). Ciò<br />

era causa di animosità e di disunione tra la Spagna e i suoi domini da una parte, e le<br />

altre provincie dall’altra.<br />

Altri detestabili abusi pregiudicavano molto la disciplina dell’Ordine intero: come il<br />

ricorso ai secolari per avere favori, cariche e privilegi, e l’insubordinazione di molti<br />

religiosi.<br />

Diversi generali intervennero energicamente per estirpare tali deplorevoli disordini<br />

e soffocare ogni movimento separatista che avrebbe nuovamente scisso e diviso<br />

l’Ordine; ma la loro opera ebbe scarsa efficacia, perché l’instabilità delle leggi, dovuta<br />

al continuo rifacimento delle Costituzioni (un generale stabiliva, mentre un altro aboliva<br />

o riformava), anziché eliminare, accentuava lo sbandamento e la confusione.<br />

Fu nella seconda metà del secolo che il generale Ildefonso Salizanes, con una<br />

Lettera enciclica, introduceva nell’Ordine per la riforma dei costumi gli esercizi<br />

spirituali annuali: dapprima obbligatori per i soli novizi e neo-professi, poi estesi a tutti i<br />

religiosi. Essi operarono un grande bene nelle anime e diedero un forte impulso al<br />

rifiorimento dell’Ordine.<br />

58<br />

La Riformella<br />

Poiché è purtroppo nella natura delle cose umane che il fervore religioso si rallenti,<br />

se non è stimolato da uomini santi, ecco, a un cinquantennio di distanza dalla Riforma,<br />

un moto di raccoglimento e di penitenza nel cuore <strong>della</strong> riforma stessa, suscitato in gran<br />

parte da un povero laico, il b. Bonaventura da Barcellona.<br />

Nel 1657 egli aveva ottenuto dai suoi superiori il permesso di ritirarsi nell’eremo di<br />

s. Agnese in Catalogna, per vivere nella solitudine una vita molto più penitente e<br />

raccolta.<br />

Un giorno, pregando fervorosamente davanti al ss. Sacramento, sentì dirsi dalla<br />

Vergine (e poi anche dal Crocifisso) di recarsi a Roma, per la fondazione di una casa di<br />

Ritiro tra i Riformati.<br />

Venne, quindi, in Italia. Mentre visitava i santuari di Loreto e di <strong>Assisi</strong>, sentì<br />

ripetersi lo stesso divino comando: a Loreto è ancora la Madonna che gli parla e lo<br />

incoraggia; ad <strong>Assisi</strong> è il serafico Padre che si compiace con lui dell’opera intrapresa; a<br />

S. Damiano è Gesù Cristo stesso che nuovamente gli comanda: « Va a Roma, a<br />

rallegrare la mia casa ».<br />

Animato ed incoraggiato dalle suddette visioni, si diresse verso Roma, fermandosi<br />

di passaggio a Fonte Colombo. Quivi ebbe un’altra visione di s. Francesco, che lo<br />

rassicurava del felice esito dell’opera; dopo di che stese una supplica ad Alessandro VII,<br />

perché gli concedesse la fondazione di un s. Ritiro.<br />

Poté vedere realizzato il suo grande sogno, dopo due anni di permanenza a Roma<br />

nei conventi di Aracoeli, di S. Isidoro e di Capranica. Nel 1662 mediante l’appoggio e<br />

la mediazione del cardinale protettore, Barberini, che per lui aveva scritto una lettera<br />

alla santa Congregazione dei Vescovi e Regolari, l’umile frate poté ottenere quanto

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