Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
delinquente che, con la professione di false teorie, tentava incrinare l’unità religiosa e disturbare la tranquillità dello Stato. Totalmente diversa è, poi, l’Inquisizione spagnola, istituita da Ferdinando ed Isabella nel 1473 per vigilare sui Mori e sugli Ebrei, che continuamente tramavano contro la sicurezza del Regno; gli abusi dell’inquisizione spagnola furono ripetutamente condannati anche dai Papi). Solo cinque non vollero pertinacemente sottomettersi: furono, perciò, consegnati dall’Inquisizione al braccio secolare che li condannò a morte. Così si chiudeva infelicemente il dramma degli Spirituali-Fondamentalisti, che, con le loro stravaganze e riprovevoli ostinazioni, finirono col cadere nell'eresia, divelti dall’Ordine e dalla Chiesa. 46 Nuovo attacco alla povertà Si era appena chiusa questa triste parentesi nella evoluzione interna dell’Ordine, che un’altra se ne apriva ancora più grave e dolorosa. Non si trattava più di mitigare l'eccessivo rigore spiritualistico; ma addirittura di difendere la povertà da nuovi e più violenti assalti che ne minavano l’essenza stessa, alterandola e modificandola in modo da non avere più quella caratteristica fisonomia, lasciataci in eredità dal serafico Padre. Una forte controversia sulla povertà ebbe inizio in Francia nel 1321. A Narbona, l'inquisitore domenicano Giovanni di Belna, mentre esaminava un beghino catturato, lo dichiarava eretico, perché, tra l’altro, sosteneva che Gesù e gli Apostoli nulla avevano posseduto né in privato né in comune. In difesa della povertà assoluta di Gesù Cristo e degli Apostoli, si schierarono i Francescani, i quali, invece, ritenevano essere eretico chi osasse sostenere il contrario. Nacque così un dibattito tra i Francescani e i Domenicani. La questione fu portata dinanzi al Papa in Concistoro: alcuni cardinali affermavano altri negavano: I Francescani, però, senza attendere la decisione della S. Sede, nel Capitolo generale di Perugia del 1322, imprudentemente si pronunziarono col dichiarare sana dottrina l’opinione della povertà assoluta in Cristo e negli Apostoli, e comunicavano il loro giudizio a tutto l'Ordine e a tutti i fedeli del mondo con Lettera enciclica Il Papa emanò allora due Bolle in punizione della loro prematura e inconsiderata soluzione. La prima bolla «Ad Conditorem canonum» del 1322, annullava la Dichiarazione di Nicolò III («Exiit» ), rinunziando di prendere in dominio della S. Sede i conventi e gli altri beni ad uso dei frati, ed aboliva i sindaci apostolici (La suddetta bolla « Ad Conditorem » fu, poi, abolita da Martino V solo nel 1428, rinnovando quella di Martino IV sui sindaci apostolici). In questo modo l’Ordine si trovò a possedere i propri beni come gli ordini monastici: questa lettera è considerata come il fondamento del Conventualesimo giuridico in quanto creava per i frati il ‘diritto di possedere contro ‘il diritto di espropriazione ‘ previsto dalla Regola. La seconda bolla « Cum inter nonnullos», dichiarava essere eretico il sostenere che Gesù e gli Apostoli nulla possedessero né in privato né in comune: non che il Papa non ammettesse in Gesù e negli Apostoli una vita molto povera; ma intendeva dire che dal Vangelo non risultasse che essi avessero fatto voto di povertà con rinunzia giuridica ad ogni diritto di proprietà. La Dichiarazione di Giovanni XXII non era quindi in contrasto con la Bolla di Nicolò III, come erroneamente fu giudicata da alcuni. L’Ordine ricevette un colpo fatale
da quella condanna pontificia. Sobillati da Ludovico il Bavaro, un gruppo di frati, tra cui lo stesso generale Michele da Cesena, non volle sottomettersi alla sentenza del Papa, passando dalla parte dell’imperatore che aveva dichiarato eretico lo stesso Giovanni XXII. Michele da Cesena fu poi deposto e scomunicato: ma la maggioranza, grazie a Dio, rimase con la Chiesa e col Papa. Vi fu, è vero, il frate Pietro Rinalducci, che nel 1328 infelicemente si lasciava creare antipapa col nome di Nicolò V da Ludovico il Bavero, ma fu per necessità politica del momento: andò a prostrarsi ai piedi del santo Padre, chiedendogli umilmente perdono. Dopo questi gravi e luttuosi avvenimenti sembrava che fosse ritornata la calma; ma ecco che veniva nuovamente intaccata la serafica povertà. Il generale Gerardo Oddoni, successore di Michele da Cesena, osò chiedere a Giovanni XXII, credendo di fargli cosa grata, l’abolizione delle Dichiarazioni pontificie e del precetto della proibizione del denaro. Nel 1336 ebbe, anzi, l’infelice idea di imporre all’Ordine le ‘Costituzioni benedettine’, le quali prescrivevano molte usanze monastiche, senza parlare né di povertà né di denaro dando così all’Ordine una fisonomia, più che francescana, benedettina. Sembrava che tutte le forze infernali avessero congiurato contro l’Ordine serafico e la sua gemma più preziosa: la povertà; ma anche questa volta ne uscì vittorioso, grazie all’aiuto e alla protezione della Provvidenza divina. Quelle lotte, anziché distruggere, intensificarono l’amore per la purezza della santa Regola; fecero meglio conoscerla, apprezzarla e più fedelmente praticarla. Inizi dell’Osservanza Dalla seconda metà del Trecento comincia un moto di ritorno verso l'integrità della Regola per mezzo di generali buoni e zelanti, di prelati protettori, di papi favorevoli… e soprattutto di quei silenziosi uomini di preghiera, che, come predisse s. Francesco, saranno sempre il vivaio dell’Ordine e la forza dei militanti. Mentre si pensava di sopprimere la proibizione del denaro e disciplinare i Francescani nientemeno che sulla Regola benedettina, come se fosse impossibile osservare la Regola di san Francesco, l'amore per il Poverello e per la povertà risorgeva nel suo paese nativo: nella valle spoletana . Suscitatore di questa rinascita serafica, in Italia, fu il b. Paoluccio dei Trinci (1368). E' vero che un primo tentativo si ebbe con Giovanni della Valle nel 1334 e con Gentile da Spoleto: entrambi discepoli del Clareno, ritiratisi nell'eremo di s. Bartolomeo di Brogliano (Umbria) assieme a molti altri compagni, assetati anch’essi della perfezione francescana; ma il loro movimento fu soppresso per le solite singolarità nel vestire, e principalmente per colpa di elementi poco sicuri, che si erano infiltrati nelle loro file. La riforma, invece, di Paoluccio continuò e prosperò, perché agiva sotto la completa dipendenza dei superiori, in perfetta uniformità di vita francescana, osservando la Regola secondo le dichiarazioni pontificie. La sua riforma iniziata nell’eremo di s. Bartolomeo di Brogliano, passò, poi, nelle Marche e in Toscana, favorita dai superiori e ben accolta dappertutto, perché penetrava con umiltà, senza ostentazione di singolarità e senza richiesta di privilegi. Nel 1390 47
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da quella condanna pontificia. Sobillati da Ludovico il Bavaro, un gruppo di frati, tra<br />
cui lo stesso generale Michele da Cesena, non volle sottomettersi alla sentenza del Papa,<br />
passando dalla parte dell’imperatore che aveva dichiarato eretico lo stesso Giovanni<br />
XXII. Michele da Cesena fu poi deposto e scomunicato: ma la maggioranza, grazie a<br />
Dio, rimase con la Chiesa e col Papa.<br />
Vi fu, è vero, il frate Pietro Rinalducci, che nel 1328 infelicemente si lasciava<br />
creare antipapa col nome di Nicolò V da Ludovico il Bavero, ma fu per necessità<br />
politica del momento: andò a prostrarsi ai piedi del santo Padre, chiedendogli<br />
umilmente perdono.<br />
Dopo questi gravi e luttuosi avvenimenti sembrava che fosse ritornata la calma; ma<br />
ecco che veniva nuovamente intaccata la serafica povertà.<br />
Il generale Gerardo Oddoni, successore di Michele da Cesena, osò chiedere a<br />
Giovanni XXII, credendo di fargli cosa grata, l’abolizione delle Dichiarazioni pontificie<br />
e del precetto <strong>della</strong> proibizione del denaro. Nel 1336 ebbe, anzi, l’infelice idea di<br />
imporre all’Ordine le ‘Costituzioni benedettine’, le quali prescrivevano molte usanze<br />
monastiche, senza parlare né di povertà né di denaro dando così all’Ordine una<br />
fisonomia, più che francescana, benedettina.<br />
Sembrava che tutte le forze infernali avessero congiurato contro l’Ordine serafico e<br />
la sua gemma più preziosa: la povertà; ma anche questa volta ne uscì vittorioso, grazie<br />
all’aiuto e alla protezione <strong>della</strong> Provvidenza divina.<br />
Quelle lotte, anziché distruggere, intensificarono l’amore per la purezza <strong>della</strong> santa<br />
Regola; fecero meglio conoscerla, apprezzarla e più fedelmente praticarla.<br />
Inizi dell’Osservanza<br />
Dalla seconda metà del Trecento comincia un moto di ritorno verso l'integrità <strong>della</strong><br />
Regola per mezzo di generali buoni e zelanti, di prelati protettori, di papi favorevoli… e<br />
soprattutto di quei silenziosi uomini di preghiera, che, come predisse s. Francesco,<br />
saranno sempre il vivaio dell’Ordine e la forza dei militanti. Mentre si pensava di<br />
sopprimere la proibizione del denaro e disciplinare i Francescani nientemeno che sulla<br />
Regola benedettina, come se fosse impossibile osservare la Regola di san Francesco,<br />
l'amore per il Poverello e per la povertà risorgeva nel suo paese nativo: nella valle<br />
spoletana .<br />
Suscitatore di questa rinascita serafica, in Italia, fu il b. Paoluccio dei Trinci (1368).<br />
E' vero che un primo tentativo si ebbe con Giovanni <strong>della</strong> Valle nel 1334 e con Gentile<br />
da Spoleto: entrambi discepoli del Clareno, ritiratisi nell'eremo di s. Bartolomeo di<br />
Brogliano (Umbria) assieme a molti altri compagni, assetati anch’essi <strong>della</strong> perfezione<br />
francescana; ma il loro movimento fu soppresso per le solite singolarità nel vestire, e<br />
principalmente per colpa di elementi poco sicuri, che si erano infiltrati nelle loro file.<br />
La riforma, invece, di Paoluccio continuò e prosperò, perché agiva sotto la<br />
completa dipendenza dei superiori, in perfetta uniformità di vita francescana,<br />
osservando la Regola secondo le dichiarazioni pontificie. La sua riforma iniziata<br />
nell’eremo di s. Bartolomeo di Brogliano, passò, poi, nelle Marche e in Toscana,<br />
favorita dai superiori e ben accolta dappertutto, perché penetrava con umiltà, senza<br />
ostentazione di singolarità e senza richiesta di privilegi. Nel 1390<br />
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